galliani è suo cliente da anni e gli ha chiesto di

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galliani è suo cliente da anni e gli ha chiesto di
CRACCO
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di Maurizio Bertera
GALLIANI È SUO CLIENTE
DA ANNI E GLI HA CHIESTO
DI ORGANIZZARE IL PRANZO
PER GLI OSPITI, IN OCCASIONE
DELLE GARE DI CHAMPIONS.
ANCHE IBRA È UN ABITUALE
FREQUENTATORE DEL SUO
LOCALE: “È L’UNICO CHE
FA ALZARE LE SIGNORE PER
UNA FOTO O UN AUTOGRAFO”.
TIFOSO GIRAMONDO, COSÌ
CONCLUDE L’INTERVISTA:
“SE LA CUCINA ITALIANA
FOSSE FAMOSA E APPREZZATA
NEL MONDO COME IL MILAN
PER IL CALCIO, NON CI
SAREBBE SPERANZA PER
TUTTE LE ALTRE”.
I
gourmet lo conoscono bene: è uno dei veri geni della
cucina italiana. Preciso quanto Seedorf, fantasioso quanto Robinho, sicuro come Thiago Silva. Ma Carlo Cracco
è diventato famoso quanto Ibrahimovic (“l’unico che fa
alzare le signore per una foto o un autografo quando viene a
mangiare da me”) quando invece di inventare ai fornelli ha
fatto l’arbitro a Masterchef, il più popolare talent-show culinario
della stagione. Ora lo conoscono tutti: piace alle signore come
ai bambini ma soprattutto continua a creare piatti straordinari
nell’atelier milanese che porta il suo nome e di anno in anno sta
assumendo forti tinte rossonere. Niente di strano: l’eccellenza –
che sia culinaria o calcistica – si sposa in maniera quasi naturale.
La storia inizia qualche tempo fa…
- Cinque o sei anni fa, quando andavo in Spagna a trovare i miei
colleghi, ho scoperto una tradizione legata ai match di Champions
League. I dirigenti di Real Madrid, Barcellona o Valencia invitavano a pranzo quelli delle squadre ospiti in uno dei migliori locali
cittadini. Io avevo già Galliani tra i miei clienti e iniziammo a parlarne. All’inizio era perplesso. Mi ricordo che diceva “ma possibile
che ogni volta che vado là, i cuochi mi invitino a organizzare da
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lei il pranzo?”. E io – dal 2006 – l’ho convinto a seguire la loro bella
abitudine, destinando la mia sala con il tavolo unico dove trovano
posto una ventina di persone al massimo e pensando a un menu
particolare. Adesso è proprio contento dell’idea.
Parliamo del menu. Dicono che Galliani non vuole cambiarlo mai.
- È un fatto di scaramanzia e di gusto personale: lui è tradizionalissimo. Quando viene a trovarmi, dice sempre “Cracco, non
mi cambi i piatti sennò non li trovo più nel menu”. Io amo la
creatività ma in questo caso sono d’accordo con lui: abbiamo
ospiti stranieri ed è giusto far loro conoscere le specialità cittadine.
Quindi risotto allo zafferano, costoletta alla milanese, un dolce a
base di mascarpone. Mi concedo solo il piacere di aprire l’evento
con il “mio” tuorlo d’uovo marinato. I vini sono sempre di Cà del
Bosco, scelti dal patron Maurizio Zanella, grande tifoso rossonero.
Vi assicuro che l’atmosfera è davvero piacevole e gli avversari
gradiscono.
Come sono (o erano) i rossoneri alla sua tavola?
- Ibrahimovic è curioso, ha girato parecchio e conosce bene la
cucina spagnola: vero che dopo venti minuti comincia ad annoiarsi… Kaká e Ronaldo venivano spesso in coppia e si divertivano
con i miei piatti. Leonardo mi dava grande soddisfazione: da cittadino del mondo non ha prevenzioni culinarie e assaggiava tutto,
con interesse. Mi fa piacere che tra i clienti più recenti ci sia Allegri,
persona squisita e che mangia di gusto. Ma in assoluto, penso che
il più competente su cibo e vino sia Pirlo.
Lei ha iniziato la carriera lavorando giovanissimo nella cucina
di Gualtiero Marchesi. Molti lo considerano vicino per filosofia
e impatto sul proprio mondo ad Arrigo Sacchi. Concorda?
- Assolutamente. Sono stati entrambi rivoluzionari, tanto da aver
fatto da spartiacque nel loro settore. Nella cucina c’è un prima e
dopo Marchesi come nel calcio italiano penso ci sia un prima e
dopo Sacchi: il suo Milan con i tre olandesi mi ha fatto tornare la
voglia di calcio, oltre che fare felice mia madre, sfegatata tifosa
rossonera. Ovvio che tutto scorre ma senza dubbio ci si ricorderà
sempre di loro.
Lo chef è anche e sempre più un allenatore. È sacchiano anche
in questo?
- No, mi piacerebbe essere uno come Fabio Capello: persona concreta mentre Sacchi a un certo punto mi è sembrato prigioniero
delle sue visioni. Capello che ricordo già come ottimo giocatore
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arinato con fon d uta
ha vinto tantissimo, in periodi e posti diversi: credo sia unico in
questo, fermo restando che ogni tanto sbaglia come tutti noi. Tra
l’altro ho avuto il piacere di conoscerlo a Londra: parla di cibo e
vino con grande competenza.
Come si gestisce una brigata di un grande locale come il suo?
- Esattamente come una squadra di calcio. Se puoi permetterti di
prendere i migliori lo fai ma poi devi sapere che il livello elevato
di questi pone dei problemi ai più giovani o a quelli che non sono
fenomeni. I malumori complicano il lavoro, non lo scopro io. Ecco
perché ci vogliono persone esperte, capaci di essere da riferimento
agli altri e che li migliorino. Penso al mio vice Matteo Baronetto,
da 18 anni con me, che è un vero capitano come agli altri veterani,
fondamentali per la mia brigata.
E cucinare al suo livello non è complicato?
- La gestione resta comunque l’impegno fondamentale. Preparare
i piatti è un piacere, quasi uno scherzo: come ritrovarsi davanti
alla porta e segnare. Però bisogna fare in modo che la palla arrivi
lì, al momento giusto e all’uomo giusto.
Per lo speciale Sport & Cucina di SportWeek ha creato un antipasto di forte impatto chiamandolo Rossonero. Ci rinfresca la
memoria?
- Un nuovo mix di Brasile e Italia, lo stesso che caratterizza il Milan.
Polvere di nero di seppia disidratata per rendere il fondo del piatto
totalmente nero. Carne di fassona tagliata a strisce sottili per creare il rosso. E la noce di Macadamia, grattugiata sopra: un piccolo
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TUTTO EBBE INIZIO
CON PAOLO ROSSI
Non è mai stato un uomo di calcio (“ci giocavo pochissimo e
non ne capisco molto pure oggi”, confessa) ma il football era
un po’ nel suo destino. Era giovanissimo ai fornelli presso Da
Remo – storico ristorante di Vicenza – quando si risolse nel 1978
l’incredibile battaglia tra il Lanerossi e la Juventus che volevano
a titolo definitivo Paolo Rossi, non ancora Pablito ma già idolo
biancorosso. Vinse alle buste la prima società, tra la sorpresa
generale. “A quel punto, scoppiò la festa nel locale: crostacei e
champagne come se piovesse. Cuochi e camerieri a battere le
mani: erano tutti super tifosi”, ricorda ridendo.
Da quel giorno, Carlo Cracco – vicentino, classe 1965 – ha fatto
una carriera formidabile lavorando con maestri come Gualtiero
Marchesi (prima a Milano, poi in Franciacorta), Alain Ducasse,
Lucas Carton. È stato cuoco presso l’Enoteca Pinchiorri a Firenze
(tre stelle), poi è tornato a Milano, aprendo il ristorante su invito
della famiglia Stoppani, proprietaria del famoso Peck, rapporto
che si è concluso nel 2007. Oggi è chef patron di Cracco (via
Victor Hugo, tel. 02. 876774), elegante locale a due passi (reali)
dal Duomo di Milano. Un ambiente da 60 posti, ai vertici nelle
guide nazionali: attualmente vale due stelle per la Michelin, 18/20
per l’Espresso e 88/100 per il Gambero Rosso.
Nel 2011 è rientrato nella S. Pellegrino Worlds 50 Best Restaurant,
la classifica più seguita dai ristoratori: è 33° al mondo. Alcuni suoi
piatti sono un must della Nuova Cucina Italiana e conquistano
subito: insalata russa caramellata; musetto di maiale fondente
con scampi e pomodori verdi; risotto alla milanese con midollo
alla plancia; tuorlo d’uovo marinato… Ma il genio si spinge sino a
proporre – per palati più fini e coraggiosi – la tartare di rognone e
ostrica o la zuppa di castagne affumicate, lenticchie, frutto della
passione e caviale o ancora l’astice blu alla spuma di caprino.
Comunque sia, mai una vita da mediano.
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miracolo di gusto, oli e vitamine coltivata nel Paese di Pato. Poi
olio extravergine, sale e pepe. Semplice, suggestivo, buonissimo.
Lei è uno tra gli chef italiani più noti nel mondo e spesso viaggia.
Le chiediamo conferma della fama internazionale del Milan.
- Domanda inutile. In Giappone tre quarti degli appassionati
tifano Milan e si tengono informati come matti. In Cina, quando
ti chiedono in taxi da dove vieni e rispondi Milano, subito dicono
“ah, AC Milan!”. In Brasile sanno tutto grazie ai campioni che sono
venuti qui. E i colleghi inglesi, francesi e spagnoli spesso mi chiedono notizie su come giocano Robinho o Ibrahimovic. Se la cucina
italiana fosse famosa e apprezzata nel mondo come il Milan per il
calcio, non ci sarebbe speranza per tutte le altre. ■
In queste pagine, Carlo Cracco nel suo ristorante milanese
in via Victor Hugo, a due passi dal Duomo.
Sopra, non lascia dubbi sulla sua fede calcistica.
In basso, la sua dedica ai lettori di “Forza Milan!”
sotto lo sguardo divertito del caporedattore Stefano Melegari.
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