zuccarello analisi genetica gameti e embrioni
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Analisi genetica su gameti e embrioni Daniela Zuccarello Dipartimento di Istologia, Microbiologia e Biotecnologie Mediche, Sezione di Patologia Clinica, Centro di Crioconservazione dei Gameti Maschili, Università di Padova La diagnosi genetica pre-impianto (PGD, pre-implantation genetic diagnosis) è la forma più precoce di diagnosi prenatale e può essere effettuata sul primo globulo polare (PB) (ed in questo caso prende il nome di diagnosi genetica pre-concezionale [PCGD, pre-conceptional genetic diagnosis]), sul primo e secondo globulo polare (post-concepimento ma prima della fusione dei due pronuclei), e sul blastomero embrionario. Dal momento che la PGD è sottoposta a restrizioni legali in diversi Paesi, la PCGD sui PB ha assunto una speciale rilevanza essendo l’unica possibilità di test genetico prima della formazione dell’embrione. La biopsia del PB come strumento per l’analisi numerica delle patologie cromosomiche è stata per la prima volta introdotta da Verlinsky et al. nel 1990 (1) ed è stata successivamente utilizzata per la rilevazione di malattie monogeniche (2). I PBs, sia il primo che il secondo, rappresentano materiale extra embrionale, poiché essi sono estrusi durante la fase di meiosi 1 (1PB) e dopo la fertilizzazione dell’ovocita (2PB), ma prima della fusione dei due pronuclei. Inoltre, è noto che la loro rimozione non interferisce con la fertilizzazione e sembrano non avere alcun ruolo durante lo sviluppo embrionale. L’analisi del solo 1PB permette di diagnostica il 70% delle aneuploidie ovocitarie e circa il 60% delle anomalie geniche. Le restanti anomalie cromosomiche e geniche richiedono l’analisi del 2PB. L’analisi dei PBs non risente del fenomeno del mosaicismo. Al contrario, il blastomero è una cellula che deriva dalla segmentazione dell'uovo fecondato e che costituisce la blastula, e si tratta dunque di materiale appartenente all’embrione. E’ noto inoltre che la rimozione di un singolo blastomero non interferisce con il successivo sviluppo embrionario, poiché i blastomeri sono cellule staminali totipotenti. L’analisi del blastomero consente di diagnosticare sia anomalie geniche che cromosomiche, anche se quest’ultime risentono molto del fenomeno del mosaicismo embrionario che può arrivare anche a percentuali del 15-20% (3). Tali metodiche, eseguite durante un normale ciclo di procreazione medico-assistita (PMA), consentono alle coppie portatrici di malattia genetica (genica o cromosomica) di avere figli sani, senza ricorrere alla diagnosi prenatale invasiva (analisi dei villi coriali o amniocentesi) e all’interruzione di gravidanza in caso di feto affetto. Infatti, solo gli ovociti e gli embrioni risultati non affetti o portatori sani (in caso di patologia trasmessa per via autosomica recessiva) vengono rispettivamente fecondati o trasferiti in utero. Una ulteriore applicazione di tale tecnica, la PGS (pre-conceptional genetic screening o pre-implantation genetic screening, se condotta rispettivamente su globulo polare o su blastomero), mediante analisi cromosomica, mira invece ad aumentare il tasso di gravidanza e a ridurre il tasso di aborto spontaneo, soprattutto nelle pazienti in età avanzata. Indicazioni Le coppie che chiedono di accedere alla PGD sono in genere caratterizzate da una storia ostetrica traumatica: nascita di un figlio con malattia genetica o interruzione di gravidanza dopo analisi dei villi coriali o amniocentesi. Ancora, ci sono coppie con malattia genetica nota, sia per precedenti casi familiari che per anomalie scoperte durante le analisi per infertilità (aneuploidie cromosomiche o mutazioni di CFTR). Inoltre, poiché molte anomalie cromosomiche numeriche originano dalla meiosi femminile, si utilizza l’analisi del PB per aumentare l’efficacia delle tecniche di PMA mediante la selezione positiva degli ovociti euploidi (tecnica PGS) per la successiva fecondazione e trasferimento in utero. Dal momento che la possibilità di errore meiotico negli ovociti aumenta con l’età, l’analisi delle aneuplodie mediante PBs viene principalmente condotta su donne con età materna avanzata. La PGS può anche essere effettuata su blastomero embrionario tenendo sempre in considerazione l’elevato grado di mosaicismo embrionario. Un altro gruppo di pazienti su cui viene eseguita l’analisi è quello con ricorrente impianto fallito in PMA. Altre indicazioni alla PGD sono eticamente controverse, in particolare quelle riguardanti la predisposizione ereditaria ad alcuni tipi di tumore, la tipizzazione dell’HLA (human leukocyte antigen) al fine di selezionare solo embrioni compatibili per un eventuale donazione di cellule staminali (in caso di precedente figlio affetto) (4), e la selezione del sesso per ragioni sociali non-mediche, pratica vietata nella maggior parte dei paesi in cui viene effettuata questa diagnostica (5). Comunque, le principali indicazioni alla PGD riguardano le anomalie cromosomiche, le malattie legate al cromosoma X e le malattie monogeniche. Tra le anomalie cromosomiche, le più frequenti sono le traslocazioni Robertsoniane o le reciproche, ma spesso si riscontrano anche inversioni, inserzioni e mosaicismi germinali. Le più comuni indicazioni per quanto riguarda le malattie autosomiche recessive sono la fibrosi cistica, la beta-talassemia, l’anemia falciforme e l’atrofia muscolare spinale; per le malattie autosomiche dominanti sono la distrofia miotonica tipo 1, la sindrome di Huntington e la neurofibromatosi tipo 1; per le malattie legate alla X sono la distrofia muscolare di Duchenne e l’emofilia. Il numero delle malattie testate aumenta di giorno in giorno, in base alla richieste dei pazienti, in particolare in quei centri in cui la PGD viene effettuata su richiesta e personalizzata sulla singola coppia. Recentemente la PGD è stata effettuata anche per allo-immunizzazione materno-fetale (6) e per le malattie mitocondriali (7). Epidemiologia In Europa, secondo l’ultima raccolta dati del PGD consortium data collection dell’ESHRE (European Society of Human Reproduction and Embryology) relativa al 2006-2007, sono stati sottoposti a PGD 5858 cicli di recupero ovocitario, portando a 1437 gravidanze e 1206 bambini nati. Le indicazioni sono state: anomalie cromosomiche in 812 cicli, malattie X-linked in 133 cicli, malattie monogeniche in 931 cicli, screening di aneuplodie in 3900 e analisi del sesso per scopi sociali in 82 (8). Questi dati inoltre confermano che non c’è differenza tra le percentuali di gravidanza e di bambini nati nei cicli di ICSI effettuati con o senza l’applicazione della PGD (9). Esistono pochi studi riguardanti il follow-up pediatrico dei bimbi nati dopo PGD. I dati disponibili mostrano uno sviluppo mentale e psicomotorio a 2 anni simile a quello dei bambini concepiti tramite FIVET-ICSI (10). Al momento, i bambini nati dopo PGD non sembrano essere esposti a un più elevato tasso di problemi neonatali o malformazioni, neppure quelli sottoposti alla biopsia di 2 blastomeri embrionali (11-12). Tecniche di biopsia Poiché il recupero dei PBs o del blastomero è il pre-requisito fondamentale per il successivo procedimento diagnostico e un’eventuale danneggiamento dell’ovocita o del blastomero durante la biopsia comporterebbe una mancata fertilizzazione o un alterato sviluppo embrionario, sono state sviluppate diverse tecniche bioptiche, al fine di ottenere la massima precisione nel minor tempo possibile. Sebbene l’apertura meccanica della zona pellucida (ZP) sia la preferita dal gruppo di Verlinsky, precursore in questo settore, molti centri che effettuano PGD usano tecniche differenti, qui di seguito brevemente dettagliate. In particolare, la metodica di dissezione meccanica (PZD, partial zona dissection) produce, mediante un microago affilato o una micropipetta smussata, una fessura longitudinale nella ZP di circa 30-40 micrometri. L’utilizzo della micropipetta è spesso preferito in quanto permette l’uso della stessa pipetta per le due procedure di dissezione della ZP e recupero del PB o del blastomero. Un perfezionamento di tale tecnica è la PZD tridimensionale, oggi largamente utilizzata, che produce due fessure perpendicolari l’una all’altra nella ZP, e che consente, in caso di biopsia dell’ovocita, il recupero di entrambi i PBs anche se molto distanti tra di loro (figura 1) (13). Alcune delle critiche mosse a tale metodica riguardano l’inadeguata grandezza della fessura ottenuta e il suo indurimento durante il processo di fertilizzazione, che potrebbe intrappolare l’embrione durante il processo di hatching (14). Figure 1. Biopsia simultanea del primo e secondo globulo polare. a) l’ovocita viene orientato in modo che i globuli polari siano localizzati alle ore “una” dell’orologio. b) viene eseguita una perforazione tra l’una e le due. c-d) il recupero dei due globuli polari avviene mediante aspirazione e scivolamento degli stessi nel capillare. In contrasto alla dissezione meccanica, la tecnica “chemical zona drilling” utilizza tampone Tyrode acido (pH 2.3) e crea un grande foro circolare nella ZP, la cui dimensione non è sempre facilmente prevedibile e controllabile. Inoltre, è necessario lavare immediatamente l’ovocitao l’embrione dopo il trattamento, per evitare un danno cellulare causato dalla differenza di pH. Infine, la metodica alternativa alle precedenti che viene sempre più spesso scelta a livello mondiale è la “laser-assisted dissection” , che è stata introdotta per la prima volta all’inizio degli anni ’90 per la biopsia dell’embrione e successivamente ulteriormente affinata per il suo utilizzo per i PBs (15). La tecnica odierna utilizza un laser infrarosso senza contatto, ritenuto più sicuro dell’iniziale laser a UV che poteva indurre mutagenesi nel DNA cellulare (16). Il laser induce solo un minimo danno superficiale alla ZP e consente di scegliere con precisione la grandezza del foro, modulando il tempo di esposizione e l’intensità. Per quanto concerne l’efficacia e la sicurezza di queste metodiche, nessuna di esse sembra influire eccessivamente sul successivo sviluppo embrionario e sembrano non modificare sostanzialmente le percentuali di impianto se effettuate da personale altamente specializzato e di esperienza, anche se la tecnica “chemical zona drilling” è ritenuta la meno affidabile e la più sperimentale. Metodiche di analisi Le procedure mediante le quali è possibile analizzare il contenuto del globulo polare sono fondamentalmente di due tipi: il primo comprende le metodiche di biologia molecolare per patologie monogeniche, il secondo quelle di citogenetica molecolare per le patologie cromosomiche. Per quanto riguarda i PB, se non viene applicata la tecnica del congelamento ovocitario l’analisi deve svolgersi in circa 4 ore dalla ricezione dei globuli polari, rientrando in un lasso di tempo di circa 6 ore totali dall’inizio della procedura di denudamento e biopsia (17). In caso di analisi del blastomero, invece, i tempi di analisi possono essere più lunghi ed arrivare fino a 1824 ore, in base al tempo di coltura in vitro dell’embrione. In entrambi i casi la procedura viene provata ripetutamente su singoli leucociti selezionati dal sangue periferico della paziente e su DNA genomico totale, nonché su eventuali familiari affetti e non affetti in caso di analisi indiretta di segregazione. Per l’analisi di patologie geniche, la PGD viene eseguita mediante tecniche di biologia molecolare basate sulla tecnologia della PCR (polymerase chain reaction), che consente l’amplificazione in vitro di sequenze di DNA note, sia direttamente mediante sequenziamento della difetto genico che indirettamente mediante marcatori di segregazione allelica (STR, short tandem repeats o SNPs, single strand polymorphisms). Recentemente è stata introdotta la tecnica WGA (whole genome amplification) che consente di amplificare in toto tutto il genoma di una singola cellula, sia essa PB o blastomero. Tale tecnica, se da una parte necessita di congelamento ovocitario in caso di analisi dei PB, consente di ottenere molto più materiale di partenza e dunque la simultanea esecuzione di più tecniche diagnostiche (sequenziamento + analisi di segregazione e/o CGH-array). Una condizione preliminare per la diagnosi su globulo polare è che il difetto genetico da analizzare sia noto e che sia possibile effettuare un test di linkage genetico sulla famiglia della paziente per identificare l’aplotipo a rischio in caso di utilizzo della tecnica indiretta. La PCR è altamente efficiente e accurata, ma necessita di essere messa a punto su ogni singola mutazione, poiché la quantità di DNA su cui si effettua l’analisi è estremamente esigua (il contenuto medio di DNA nel globulo polare è circa la metà di una normale cellula somatica). Per tale motivo, la metodica prevedere due round di amplificazione, prima con primers che amplificano una porzione di gene più estesa e poi con primers specifici che amplificano ulteriormente solo la zona di interesse intorno alla mutazione. L’accuratezza della diagnosi può diminuire per diverse cause, tra cui il fallimento dell’amplificazione, la contaminazione da materiale non ovocitario e il fenomeno dell’ADO (Allele DropOut, perdita di informazione allelica). In particolare, l’ADO può essere causato da una combinazione di inefficiente denaturazione e degradazione di uno degli alleli nei primi cicli di PCR (18). In ogni caso, mentre per le patologie autosomiche recessive l’ADO non causa un grave errore diagnostico, per le eterozigosi composte o per le condizioni autosomiche dominanti tale fenomeno potrebbe invalidare la diagnosi, per cui è essenziale un’ampia verifica del protocollo di amplificazione su singole cellule eterozigoti, con calibrazione del termociclatore e settaggio della temperatura di denaturazione, che consente di ridurre al massimo questo rischio. Per quanto riguarda l’analisi delle patologie cromosomiche e lo screening delle aneuplodie su PB o blastomero, per anni il metodo più frequentemente utilizzato è stato la FISH (fluorescence in-situ hybridization) (Figura 2). Figura 2: metodica di fluorescence in-situ hybridization (FISH) per l’analisi cromosomica. Esistono numerosi kit in commercio capaci di analizzare 4-5 cromosomi (in genere i cromosomi X, 13, 18, 21 e 22) in entrambe le cellule. La tecnica è basata sull’ibridazione di specifiche sonde a DNA marcate con differenti fluorocromi su cromosomi denaturati in interfase. Per le malattie Xlinked vengono utilizzate sonde centromeriche specifiche per i cromosomi X e Y. Nelle traslocazioni robertsoniane è necessaria una sonda per ogni cromosoma coinvolto. Per le traslocazioni reciproche possono essere usate 3 sonde: due per entrambi gli estremi del primo cromosoma coinvolto nella traslocazione e la terza sonda in posizione distale o prossima all’altro punto di rottura. Una normale distribuzione cromosomica dell’ovocita è presente se è visualizzabile un segnale doppio per ogni cromosoma nel primo PB e un segnale singolo nel secondo PB, mentre sul blastomero sono presenti due segnali distinti per ogni cromosoma indagato (figura 3). Figura 3: PGD mediante FISH di una traslocazione bilanciata 11q;22q. Utilizzando il metodo convenzionale di FISH, nel ristretto lasso di tempo concesso per l’esecuzione della tecnica, è possibile analizzare solo un numero limitato di cromosomi durante un’unica ibridazione. I limiti di questa tecnica sono la probabilità di fallimento dell’ibridazione e la possibilità che i segnali fluorescenti dei due cromosomi siano sovrapposti. Infatti, se vengono utilizzate più di 3 sonde FISH, l’efficienza della procedura è diminuita poiché il rischio di segnali sovrapposti aumenta, dando l’apparenza di un singolo segnale. Queste problematiche possono comportare la mancata rilevazione di un’aneuploidia cromosomica che non riguarda i pochi cromosomi indagati, e che comporta in genere un arresto dello sviluppo prima dell’impianto. In alternativa alla FISH viene utilizzata la tecnica basata sulla PCR (polymerase chain reaction) per testare eventuali aneuplodie (19). Entrambe le metodiche sono affidabili, ma il grande vantaggio della PCR è che consente di effettuare in contemporanea l’analisi del numero di copie dei cromosomi e di un eventuale gene causativo di malattia genetica (20). Un alternativa alla FISH è costituita dalla QF-PCR, è una tecnica di biologia molecolare utilizzata per l’analisi molecolare delle alterazioni cromosomiche, applicata da anni con successo alla diagnosi prenatale, ma solo di recente sperimentata sul primo PB. Questa metodica, rispetto alle tecniche tradizionali, permette di eseguire test di laboratorio precisi, affidabili e soprattutto rapidi (24-48 ore) partendo da una minima quantità di materiale, come una (globulo polare) o poche cellule. La QF-PCR è in grado di rilevare le più importanti anomalie del numero di cromosomi, definite aneuploidie (95-98% del totale), che interessano in genere i cromosomi 13, 18, 21, X ed Y. Tale tecnica prevede per ciascun globulo polare l’amplificazione dell’intero genoma (WGA, Whole Genome Amplification). La metodica prevede poi l’amplificazione in vitro, tramite PCR, di sequenze di DNA ripetitive, chiamate microsatelliti, localizzate sui cromosomi oggetto di studio. I frammenti di DNA amplificato marcati con diversi fluorofori vengono in seguito separati e quantificati tramite elettroforesi capillare con l’impiego di un sequenziatore automatico. Questa tecnica permette di ottenere un profilo genetico identificativo di eventuali aneuploidie sul PB. Recentemente, nuove metodiche sono state messe a punto per consentire un’analisi più ampia del genoma: tutte queste metodiche non vengono ancora utilizzate di routine a causa dei loro costi elevati e dei tempi di esecuzione ancora troppo lunghi per essere compatibili con le tecniche di PCGD. Nell’ambito della citogenetica molecolare è disponibile una metodica che consente la completa cariotipizzazione di una singola cellula, denominata CGH (comparative genomic hybridization). Questa tecnica consente di analizzare l’intero genoma per aneuploidie cromosomiche, anche se le poliploidie e le traslocazioni bilanciate non possono essere rilevate (21). Un’analisi mediante CGH array sul primo globulo polare può essere eseguita in doppio invertendo la marcatura del campione e del controllo per eliminare le false positività (dye swap). Nel primo caso si marca con Cy3 il campione e con Cy5 il controllo mentre nell’esperimento speculare avviene il contrario. Il microarray è costituito da un supporto solido, trattato chimicamente, su cui viene adesa una serie di cloni il cui numero può variare da poche centinaia a migliaia. Ogni clone è presente almeno in duplice copia per minimizzare i possibili errori. A seguito di questa coibridazione sia il DNA in esame che quello di controllo si legheranno ai cloni presenti su ciascun singolo spot. Il risultato di questa co-ibridazione sarà l’emissione di due distinti segnali. Nel caso in cui il cariotipo del globulo polare è normale il rapporto tra le due emissioni è bilanciato intorno ad un valore soglia. Qualora nel DNA del PB in esame vi siano delle delezioni o duplicazioni di materiale cromosomico il valore di questo rapporto si discosta dal valore soglia, diminuendo in caso di delezione ed aumentando in caso di duplicazione. Al momento l’intera procedura di CGH richiede circa 72 ore, per cui è applicabile in PCGD solo in caso di congelamento ovocitario, in attesa del risultato dell’analisi. Nell’ambito della diagnostica molecolare, invece, i futuri progressi tecnologici includono l’uso del DNA fingerprinting e la tecnologia microarrays. Riguardo quest’ultima tecnologia, al momento attuale i DNA microarrays in commercio non sono capaci di analizzare la limitata quantità di materiale genetico presente in una singola cellula, per cui si stanno mettendo a punto dei protocolli di amplificazione totale del genoma da applicare prima dell’analisi in microarrays. Inoltre, recentemente stanno emergendo nuovi prodotti microarrays contenenti sonde di oligonucleotidi mutati come utili piattaforme per la diagnosi di malattie monogeniche. Una ulteriore messa a punto di questa tecnica, con aumento dell’automazione e dell’accuratezza, consentirà in futuro di diagnosticare con precisione un elevato numero di malattie geniche a livello di singola cellula (22), combinando quest’analisi alla cariotipizzazione molecolare. CONCLUSIONI Esistono diversi vantaggi e svantaggi nell’analisi dei PB comparata alla PGD su blastomero. Il principale è che l’analisi del globulo polare permette solo lo studio del contributo femminile all’aneuploidia, del singolo difetto genico materno e della segregazione delle anomalie strutturali materne, lasciando non analizzate tutte le possibili anomalie di origine paterna. E’ possibile ottenere un’informazione più completa su entrambi i possibili errori meiotici materni solo con lo studio di entrambi i PBs. Gli errori post-zigotici (mitotici) non vengono rilevati, così come non è possibile la determinazione del sesso o la ricerca di patologie legate alla Y (aneuploidie). La perdita di informazione allelica (ADO) spesso porta a errore diagnostico e il rischio di falsi positivi risulta essere stimato intorno al 5% (23). La biopsia sequenziale di entrambi i PBs, nei paesi ove è consentita, sebbene sia molto utile per escludere errori meiotici, allunga i tempi di esecuzione, e spesso la biopsia simultanea di entrambi i PBs risulta nel recupero di un già degenerato primo PB, non idoneo ne per amplificazioni mediante PCR ne per ibridazioni mediante FISH. Infatti, al fine di evitare un eccessivo invecchiamento ovocitario, la fecondazione deve essere fatta entro 6-8 ore la prelievo del primo PB, non concedendo dunque alcun margine di errore. In alternativa, gli ovociti (o gli ovociti allo stadio di due pronuclei), dopo la biopsia, possono essere congelati, con un tasso di sopravvivenza allo scongelamento diminuito, a causa del foro prodotto nella ZP per il recupero dei PBs. Infine, il rischio di falsi positivi (stimato intorno al 5%) può comportare un aumentato numero di ovociti sani scartati. Tale problematica risulta particolarmente importante in caso di pazienti di età avanzata, nelle quali il numero di ovociti recuperati è spesso scarso e a volte insufficiente per ottenere delle buone percentuali di successo (molti centri non eseguono la PCGD su meno di 8 PB recuperati). Per quanto riguarda i vantaggi di tale metodica diagnostica su PB, i benefici per le coppie affette da malattia genetica nota (monogenica o alterazione cromosomica) sono ben noti e acclarati., vantando un abbattimento quasi totale del rischio di trasmissione della patologia analizzata. Un aspetto positivo della biopsia del PB è che non è necessaria alcuna manipolazione dell’embrione con il rischio di un possibile danno embrionario dovuto al prelievo del blastomero, e che vengono evitati risultati falsi positivi dovuti al normale mosaicismo cromosomico presente nell’embrione nello stadio post-zigotico. In più, si è visto che potendo le coppie utilizzare questo strumento diagnostico in fase pre-concezionale e non sull’embrione, il numero di bambini nati affetti da trisomia 13, 18 o 21 si è ridotto. Infine, la PGD su PB per aneuplodie ovocitarie sembra in qualche caso migliorare l’esito del ciclo di PMA (24), soprattutto in relazione alla riduzione del tasso di aborto spontaneo in donne con età materna avanzata, ma i dati in letteratura sono contrastanti. Solo due trials controllati randomizzati sono stati condotti su pazienti con la sola indicazione per età materna avanzata e nessuno dei due ha mostrato dei benefici nell’applicare questa tecnica in termini di tasso di bambini nati (25-26). In definitiva, il dibattito sull’utilità dello screening delle aneuploidie ovocitarie è ancora in corso, ed il solo modo di risolvere questa controversia sarà quello di effettuare dei trias clinici randomizzati progettati ad hoc (27-28). Riguardo ai benefici della diagnostica pre-impianto applicata al blastomero, per quanto concerne le malattie monogeniche i suoi vantaggi sono indubbi: è infatti possibile analizzare direttamente il genoma embrionario (sia contributo materno che paterno) consentendo cosi un’analisi accurata, pur tenendo conto del fenomeno dell’ADO. Per quanto riguarda invece le anomalie cromosomiche, la questione è ancora molto controversa, poiché il fenomeno del fisiologico mosaicismo embrionario, che può arrivare anche a percentuali del 15-20% (3), causa un significativo aumento di falsi positivi, ovvero di embrioni giudicati aneuploidi che vanno poi incontro al fenomeno naturale del cosiddetto “embryo rescue”, ovvero l’eliminazione spontanea della linea cellulare aneuplopide con prosecuzione delle sole linee euploidi (..). Per tale motivo molti centri si stanno oggi orientando verso l’analisi cromosomica dell’ovocita e non più dell’embrione, tanto che l’ESHRE (29) ha lanciato uno studio pilota per valutare la reale efficacia di tale diagnostica verso quella effettuata sull’embrione. Bibliografia 1. Verlinsky Y et al. Analysis of the first polar body: preconception genetic diagnosis. Hum Reprod. 1990;5:826-9. 2. Verlinsky Y et al. Preimplantation diagnosis of single gene disorders by two-step oocyte genetic analysis using first and second polar body. Biochem Mol Med. 1997;62:182-7. 3. Avo Santos M, Teklenburg G, Macklon NS, Van Opstal D, Schuring-Blom GH, Krijtenburg PJ, de Vreeden-Elbertse J, Fauser BC, Baart EB. The fate of the mosaic embryo: chromosomal constitution and development of Day 4, 5 and 8 human embryos. Hum Reprod. 2010 Jun 2, in press. 4. Van de Velde H et al. The experience of two European preimplantation genetic diagnosis centres on human leukocyte antigen typing. 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