zuccarello analisi genetica gameti e embrioni

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zuccarello analisi genetica gameti e embrioni
Analisi genetica su gameti e embrioni
Daniela Zuccarello
Dipartimento di Istologia, Microbiologia e Biotecnologie Mediche, Sezione di Patologia Clinica,
Centro di Crioconservazione dei Gameti Maschili, Università di Padova
La diagnosi genetica pre-impianto (PGD, pre-implantation genetic diagnosis) è la forma più precoce
di diagnosi prenatale e può essere effettuata sul primo globulo polare (PB) (ed in questo caso prende
il nome di diagnosi genetica pre-concezionale [PCGD, pre-conceptional genetic diagnosis]), sul
primo e secondo globulo polare (post-concepimento ma prima della fusione dei due pronuclei), e
sul blastomero embrionario. Dal momento che la PGD è sottoposta a restrizioni legali in diversi
Paesi, la PCGD sui PB ha assunto una speciale rilevanza essendo l’unica possibilità di test genetico
prima della formazione dell’embrione. La biopsia del PB come strumento per l’analisi numerica
delle patologie cromosomiche è stata per la prima volta introdotta da Verlinsky et al. nel 1990 (1)
ed è stata successivamente utilizzata per la rilevazione di malattie monogeniche (2).
I PBs, sia il primo che il secondo, rappresentano materiale extra embrionale, poiché essi sono
estrusi durante la fase di meiosi 1 (1PB) e dopo la fertilizzazione dell’ovocita (2PB), ma prima della
fusione dei due pronuclei. Inoltre, è noto che la loro rimozione non interferisce con la
fertilizzazione e sembrano non avere alcun ruolo durante lo sviluppo embrionale. L’analisi del solo
1PB permette di diagnostica il 70% delle aneuploidie ovocitarie e circa il 60% delle anomalie
geniche. Le restanti anomalie cromosomiche e geniche richiedono l’analisi del 2PB. L’analisi dei
PBs non risente del fenomeno del mosaicismo.
Al contrario, il blastomero è una cellula che deriva dalla segmentazione dell'uovo fecondato e che
costituisce la blastula, e si tratta dunque di materiale appartenente all’embrione. E’ noto inoltre che
la rimozione di un singolo blastomero non interferisce con il successivo sviluppo embrionario,
poiché i blastomeri sono cellule staminali totipotenti. L’analisi del blastomero consente di
diagnosticare sia anomalie geniche che cromosomiche, anche se quest’ultime risentono molto del
fenomeno del mosaicismo embrionario che può arrivare anche a percentuali del 15-20% (3).
Tali metodiche, eseguite durante un normale ciclo di procreazione medico-assistita (PMA),
consentono alle coppie portatrici di malattia genetica (genica o cromosomica) di avere figli sani,
senza ricorrere alla diagnosi prenatale invasiva (analisi dei villi coriali o amniocentesi) e
all’interruzione di gravidanza in caso di feto affetto. Infatti, solo gli ovociti e gli embrioni risultati
non affetti o portatori sani (in caso di patologia trasmessa per via autosomica recessiva) vengono
rispettivamente fecondati o trasferiti in utero. Una ulteriore applicazione di tale tecnica, la PGS
(pre-conceptional genetic screening o pre-implantation genetic screening, se condotta
rispettivamente su globulo polare o su blastomero), mediante analisi cromosomica, mira invece ad
aumentare il tasso di gravidanza e a ridurre il tasso di aborto spontaneo, soprattutto nelle pazienti in
età avanzata.
Indicazioni
Le coppie che chiedono di accedere alla PGD sono in genere caratterizzate da una storia ostetrica
traumatica: nascita di un figlio con malattia genetica o interruzione di gravidanza dopo analisi dei
villi coriali o amniocentesi. Ancora, ci sono coppie con malattia genetica nota, sia per precedenti
casi familiari che per anomalie scoperte durante le analisi per infertilità (aneuploidie cromosomiche
o mutazioni di CFTR). Inoltre, poiché molte anomalie cromosomiche numeriche originano dalla
meiosi femminile, si utilizza l’analisi del PB per aumentare l’efficacia delle tecniche di PMA
mediante la selezione positiva degli ovociti euploidi (tecnica PGS) per la successiva fecondazione e
trasferimento in utero. Dal momento che la possibilità di errore meiotico negli ovociti aumenta con
l’età, l’analisi delle aneuplodie mediante PBs viene principalmente condotta su donne con età
materna avanzata. La PGS può anche essere effettuata su blastomero embrionario tenendo sempre
in considerazione l’elevato grado di mosaicismo embrionario. Un altro gruppo di pazienti su cui
viene eseguita l’analisi è quello con ricorrente impianto fallito in PMA. Altre indicazioni alla PGD
sono eticamente controverse, in particolare quelle riguardanti la predisposizione ereditaria ad alcuni
tipi di tumore, la tipizzazione dell’HLA (human leukocyte antigen) al fine di selezionare solo
embrioni compatibili per un eventuale donazione di cellule staminali (in caso di precedente figlio
affetto) (4), e la selezione del sesso per ragioni sociali non-mediche, pratica vietata nella maggior
parte dei paesi in cui viene effettuata questa diagnostica (5).
Comunque, le principali indicazioni alla PGD riguardano le anomalie cromosomiche, le malattie
legate al cromosoma X e le malattie monogeniche. Tra le anomalie cromosomiche, le più frequenti
sono le traslocazioni Robertsoniane o le reciproche, ma spesso si riscontrano anche inversioni,
inserzioni e mosaicismi germinali. Le più comuni indicazioni per quanto riguarda le malattie
autosomiche recessive sono la fibrosi cistica, la beta-talassemia, l’anemia falciforme e l’atrofia
muscolare spinale; per le malattie autosomiche dominanti sono la distrofia miotonica tipo 1, la
sindrome di Huntington e la neurofibromatosi tipo 1; per le malattie legate alla X sono la distrofia
muscolare di Duchenne e l’emofilia. Il numero delle malattie testate aumenta di giorno in giorno, in
base alla richieste dei pazienti, in particolare in quei centri in cui la PGD viene effettuata su
richiesta e personalizzata sulla singola coppia. Recentemente la PGD è stata effettuata anche per
allo-immunizzazione materno-fetale (6) e per le malattie mitocondriali (7).
Epidemiologia
In Europa, secondo l’ultima raccolta dati del PGD consortium data collection dell’ESHRE
(European Society of Human Reproduction and Embryology) relativa al 2006-2007, sono stati
sottoposti a PGD 5858 cicli di recupero ovocitario, portando a 1437 gravidanze e 1206 bambini
nati. Le indicazioni sono state: anomalie cromosomiche in 812 cicli, malattie X-linked in 133 cicli,
malattie monogeniche in 931 cicli, screening di aneuplodie in 3900 e analisi del sesso per scopi
sociali in 82 (8).
Questi dati inoltre confermano che non c’è differenza tra le percentuali di gravidanza e di bambini
nati nei cicli di ICSI effettuati con o senza l’applicazione della PGD (9).
Esistono pochi studi riguardanti il follow-up pediatrico dei bimbi nati dopo PGD. I dati disponibili
mostrano uno sviluppo mentale e psicomotorio a 2 anni simile a quello dei bambini concepiti
tramite FIVET-ICSI (10).
Al momento, i bambini nati dopo PGD non sembrano essere esposti a un più elevato tasso di
problemi neonatali o malformazioni, neppure quelli sottoposti alla biopsia di 2 blastomeri
embrionali (11-12).
Tecniche di biopsia
Poiché il recupero dei PBs o del blastomero è il pre-requisito fondamentale per il successivo
procedimento diagnostico e un’eventuale danneggiamento dell’ovocita o del blastomero durante la
biopsia comporterebbe una mancata fertilizzazione o un alterato sviluppo embrionario, sono state
sviluppate diverse tecniche bioptiche, al fine di ottenere la massima precisione nel minor tempo
possibile. Sebbene l’apertura meccanica della zona pellucida (ZP) sia la preferita dal gruppo di
Verlinsky, precursore in questo settore, molti centri che effettuano PGD usano tecniche differenti,
qui di seguito brevemente dettagliate.
In particolare, la metodica di dissezione meccanica (PZD, partial zona dissection) produce,
mediante un microago affilato o una micropipetta smussata, una fessura longitudinale nella ZP di
circa 30-40 micrometri. L’utilizzo della micropipetta è spesso preferito in quanto permette l’uso
della stessa pipetta per le due procedure di dissezione della ZP e recupero del PB o del blastomero.
Un perfezionamento di tale tecnica è la PZD tridimensionale, oggi largamente utilizzata, che
produce due fessure perpendicolari l’una all’altra nella ZP, e che consente, in caso di biopsia
dell’ovocita, il recupero di entrambi i PBs anche se molto distanti tra di loro (figura 1) (13). Alcune
delle critiche mosse a tale metodica riguardano l’inadeguata grandezza della fessura ottenuta e il
suo indurimento durante il processo di fertilizzazione, che potrebbe intrappolare l’embrione durante
il processo di hatching (14).
Figure 1. Biopsia simultanea del primo e secondo globulo polare. a) l’ovocita viene orientato in
modo che i globuli polari siano localizzati alle ore “una” dell’orologio. b) viene eseguita una
perforazione tra l’una e le due. c-d) il recupero dei due globuli polari avviene mediante aspirazione
e scivolamento degli stessi nel capillare.
In contrasto alla dissezione meccanica, la tecnica “chemical zona drilling” utilizza tampone Tyrode
acido (pH 2.3) e crea un grande foro circolare nella ZP, la cui dimensione non è sempre facilmente
prevedibile e controllabile. Inoltre, è necessario lavare immediatamente l’ovocitao l’embrione dopo
il trattamento, per evitare un danno cellulare causato dalla differenza di pH.
Infine, la metodica alternativa alle precedenti che viene sempre più spesso scelta a livello mondiale
è la “laser-assisted dissection” , che è stata introdotta per la prima volta all’inizio degli anni ’90 per
la biopsia dell’embrione e successivamente ulteriormente affinata per il suo utilizzo per i PBs (15).
La tecnica odierna utilizza un laser infrarosso senza contatto, ritenuto più sicuro dell’iniziale laser a
UV che poteva indurre mutagenesi nel DNA cellulare (16). Il laser induce solo un minimo danno
superficiale alla ZP e consente di scegliere con precisione la grandezza del foro, modulando il
tempo di esposizione e l’intensità.
Per quanto concerne l’efficacia e la sicurezza di queste metodiche, nessuna di esse sembra influire
eccessivamente sul successivo sviluppo embrionario e sembrano non modificare sostanzialmente le
percentuali di impianto se effettuate da personale altamente specializzato e di esperienza, anche se
la tecnica “chemical zona drilling” è ritenuta la meno affidabile e la più sperimentale.
Metodiche di analisi
Le procedure mediante le quali è possibile analizzare il contenuto del globulo polare sono
fondamentalmente di due tipi: il primo comprende le metodiche di biologia molecolare per
patologie monogeniche, il secondo quelle di citogenetica molecolare per le patologie
cromosomiche. Per quanto riguarda i PB, se non viene applicata la tecnica del congelamento
ovocitario l’analisi deve svolgersi in circa 4 ore dalla ricezione dei globuli polari, rientrando in un
lasso di tempo di circa 6 ore totali dall’inizio della procedura di denudamento e biopsia (17). In caso
di analisi del blastomero, invece, i tempi di analisi possono essere più lunghi ed arrivare fino a 1824 ore, in base al tempo di coltura in vitro dell’embrione. In entrambi i casi la procedura viene
provata ripetutamente su singoli leucociti selezionati dal sangue periferico della paziente e su DNA
genomico totale, nonché su eventuali familiari affetti e non affetti in caso di analisi indiretta di
segregazione.
Per l’analisi di patologie geniche, la PGD viene eseguita mediante tecniche di biologia molecolare
basate sulla tecnologia della PCR (polymerase chain reaction), che consente l’amplificazione in
vitro di sequenze di DNA note, sia direttamente mediante sequenziamento della difetto genico che
indirettamente mediante marcatori di segregazione allelica (STR, short tandem repeats o SNPs,
single strand polymorphisms). Recentemente è stata introdotta la tecnica WGA (whole genome
amplification) che consente di amplificare in toto tutto il genoma di una singola cellula, sia essa PB
o blastomero. Tale tecnica, se da una parte necessita di congelamento ovocitario in caso di analisi
dei PB, consente di ottenere molto più materiale di partenza e dunque la simultanea esecuzione di
più tecniche diagnostiche (sequenziamento + analisi di segregazione e/o CGH-array).
Una condizione preliminare per la diagnosi su globulo polare è che il difetto genetico da analizzare
sia noto e che sia possibile effettuare un test di linkage genetico sulla famiglia della paziente per
identificare l’aplotipo a rischio in caso di utilizzo della tecnica indiretta. La PCR è altamente
efficiente e accurata, ma necessita di essere messa a punto su ogni singola mutazione, poiché la
quantità di DNA su cui si effettua l’analisi è estremamente esigua (il contenuto medio di DNA nel
globulo polare è circa la metà di una normale cellula somatica). Per tale motivo, la metodica
prevedere due round di amplificazione, prima con primers che amplificano una porzione di gene più
estesa e poi con primers specifici che amplificano ulteriormente solo la zona di interesse intorno
alla mutazione. L’accuratezza della diagnosi può diminuire per diverse cause, tra cui il fallimento
dell’amplificazione, la contaminazione da materiale non ovocitario e il fenomeno dell’ADO (Allele
DropOut, perdita di informazione allelica).
In particolare, l’ADO può essere causato da una combinazione di inefficiente denaturazione e
degradazione di uno degli alleli nei primi cicli di PCR (18). In ogni caso, mentre per le patologie
autosomiche recessive l’ADO non causa un grave errore diagnostico, per le eterozigosi composte o
per le condizioni autosomiche dominanti tale fenomeno potrebbe invalidare la diagnosi, per cui è
essenziale un’ampia verifica del protocollo di amplificazione su singole cellule eterozigoti, con
calibrazione del termociclatore e settaggio della temperatura di denaturazione, che consente di
ridurre al massimo questo rischio.
Per quanto riguarda l’analisi delle patologie cromosomiche e lo screening delle aneuplodie su PB o
blastomero, per anni il metodo più frequentemente utilizzato è stato la FISH (fluorescence in-situ
hybridization) (Figura 2).
Figura 2: metodica di fluorescence in-situ hybridization (FISH) per l’analisi cromosomica.
Esistono numerosi kit in commercio capaci di analizzare 4-5 cromosomi (in genere i cromosomi X,
13, 18, 21 e 22) in entrambe le cellule. La tecnica è basata sull’ibridazione di specifiche sonde a
DNA marcate con differenti fluorocromi su cromosomi denaturati in interfase. Per le malattie Xlinked vengono utilizzate sonde centromeriche specifiche per i cromosomi X e Y. Nelle
traslocazioni robertsoniane è necessaria una sonda per ogni cromosoma coinvolto. Per le
traslocazioni reciproche possono essere usate 3 sonde: due per entrambi gli estremi del primo
cromosoma coinvolto nella traslocazione e la terza sonda in posizione distale o prossima all’altro
punto di rottura. Una normale distribuzione cromosomica dell’ovocita è presente se è visualizzabile
un segnale doppio per ogni cromosoma nel primo PB e un segnale singolo nel secondo PB, mentre
sul blastomero sono presenti due segnali distinti per ogni cromosoma indagato (figura 3).
Figura 3: PGD mediante FISH di una traslocazione bilanciata 11q;22q.
Utilizzando il metodo convenzionale di FISH, nel ristretto lasso di tempo concesso per l’esecuzione
della tecnica, è possibile analizzare solo un numero limitato di cromosomi durante un’unica
ibridazione.
I limiti di questa tecnica sono la probabilità di fallimento dell’ibridazione e la possibilità che i
segnali fluorescenti dei due cromosomi siano sovrapposti. Infatti, se vengono utilizzate più di 3
sonde FISH, l’efficienza della procedura è diminuita poiché il rischio di segnali sovrapposti
aumenta, dando l’apparenza di un singolo segnale.
Queste problematiche possono comportare la mancata rilevazione di un’aneuploidia cromosomica
che non riguarda i pochi cromosomi indagati, e che comporta in genere un arresto dello sviluppo
prima dell’impianto. In alternativa alla FISH viene utilizzata la tecnica basata sulla PCR
(polymerase chain reaction) per testare eventuali aneuplodie (19). Entrambe le metodiche sono
affidabili, ma il grande vantaggio della PCR è che consente di effettuare in contemporanea l’analisi
del numero di copie dei cromosomi e di un eventuale gene causativo di malattia genetica (20).
Un alternativa alla FISH è costituita dalla QF-PCR, è una tecnica di biologia molecolare utilizzata
per l’analisi molecolare delle alterazioni cromosomiche, applicata da anni con successo alla
diagnosi prenatale, ma solo di recente sperimentata sul primo PB. Questa metodica, rispetto alle
tecniche tradizionali, permette di eseguire test di laboratorio precisi, affidabili e soprattutto rapidi
(24-48 ore) partendo da una minima quantità di materiale, come una (globulo polare) o poche
cellule. La QF-PCR è in grado di rilevare le più importanti anomalie del numero di cromosomi,
definite aneuploidie (95-98% del totale), che interessano in genere i cromosomi 13, 18, 21, X ed Y.
Tale tecnica prevede per ciascun globulo polare l’amplificazione dell’intero genoma (WGA, Whole
Genome Amplification). La metodica prevede poi l’amplificazione in vitro, tramite PCR, di
sequenze di DNA ripetitive, chiamate microsatelliti, localizzate sui cromosomi oggetto di studio. I
frammenti di DNA amplificato marcati con diversi fluorofori vengono in seguito separati e
quantificati tramite elettroforesi capillare con l’impiego di un sequenziatore automatico. Questa
tecnica permette di ottenere un profilo genetico identificativo di eventuali aneuploidie sul PB.
Recentemente, nuove metodiche sono state messe a punto per consentire un’analisi più ampia del
genoma: tutte queste metodiche non vengono ancora utilizzate di routine a causa dei loro costi
elevati e dei tempi di esecuzione ancora troppo lunghi per essere compatibili con le tecniche di
PCGD. Nell’ambito della citogenetica molecolare è disponibile una metodica che consente la
completa cariotipizzazione di una singola cellula, denominata CGH (comparative genomic
hybridization). Questa tecnica consente di analizzare l’intero genoma per aneuploidie
cromosomiche, anche se le poliploidie e le traslocazioni bilanciate non possono essere rilevate (21).
Un’analisi mediante CGH array sul primo globulo polare può essere eseguita in doppio invertendo
la marcatura del campione e del controllo per eliminare le false positività (dye swap). Nel primo
caso si marca con Cy3 il campione e con Cy5 il controllo mentre nell’esperimento speculare
avviene il contrario. Il microarray è costituito da un supporto solido, trattato chimicamente, su cui
viene adesa una serie di cloni il cui numero può variare da poche centinaia a migliaia. Ogni clone è
presente almeno in duplice copia per minimizzare i possibili errori. A seguito di questa coibridazione sia il DNA in esame che quello di controllo si legheranno ai cloni presenti su ciascun
singolo spot. Il risultato di questa co-ibridazione sarà l’emissione di due distinti segnali. Nel caso in
cui il cariotipo del globulo polare è normale il rapporto tra le due emissioni è bilanciato intorno ad
un valore soglia. Qualora nel DNA del PB in esame vi siano delle delezioni o duplicazioni di
materiale cromosomico il valore di questo rapporto si discosta dal valore soglia, diminuendo in caso
di delezione ed aumentando in caso di duplicazione. Al momento l’intera procedura di CGH
richiede circa 72 ore, per cui è applicabile in PCGD solo in caso di congelamento ovocitario, in
attesa del risultato dell’analisi.
Nell’ambito della diagnostica molecolare, invece, i futuri progressi tecnologici includono l’uso del
DNA fingerprinting e la tecnologia microarrays. Riguardo quest’ultima tecnologia, al momento
attuale i DNA microarrays in commercio non sono capaci di analizzare la limitata quantità di
materiale genetico presente in una singola cellula, per cui si stanno mettendo a punto dei protocolli
di amplificazione totale del genoma da applicare prima dell’analisi in microarrays. Inoltre,
recentemente stanno emergendo nuovi prodotti microarrays contenenti sonde di oligonucleotidi
mutati come utili piattaforme per la diagnosi di malattie monogeniche. Una ulteriore messa a punto
di questa tecnica, con aumento dell’automazione e dell’accuratezza, consentirà in futuro di
diagnosticare con precisione un elevato numero di malattie geniche a livello di singola cellula (22),
combinando quest’analisi alla cariotipizzazione molecolare.
CONCLUSIONI
Esistono diversi vantaggi e svantaggi nell’analisi dei PB comparata alla PGD su blastomero. Il
principale è che l’analisi del globulo polare permette solo lo studio del contributo femminile
all’aneuploidia, del singolo difetto genico materno e della segregazione delle anomalie strutturali
materne, lasciando non analizzate tutte le possibili anomalie di origine paterna. E’ possibile ottenere
un’informazione più completa su entrambi i possibili errori meiotici materni solo con lo studio di
entrambi i PBs. Gli errori post-zigotici (mitotici) non vengono rilevati, così come non è possibile la
determinazione del sesso o la ricerca di patologie legate alla Y (aneuploidie). La perdita di
informazione allelica (ADO) spesso porta a errore diagnostico e il rischio di falsi positivi risulta
essere stimato intorno al 5% (23). La biopsia sequenziale di entrambi i PBs, nei paesi ove è
consentita, sebbene sia molto utile per escludere errori meiotici, allunga i tempi di esecuzione, e
spesso la biopsia simultanea di entrambi i PBs risulta nel recupero di un già degenerato primo PB,
non idoneo ne per amplificazioni mediante PCR ne per ibridazioni mediante FISH. Infatti, al fine di
evitare un eccessivo invecchiamento ovocitario, la fecondazione deve essere fatta entro 6-8 ore la
prelievo del primo PB, non concedendo dunque alcun margine di errore. In alternativa, gli ovociti (o
gli ovociti allo stadio di due pronuclei), dopo la biopsia, possono essere congelati, con un tasso di
sopravvivenza allo scongelamento diminuito, a causa del foro prodotto nella ZP per il recupero dei
PBs. Infine, il rischio di falsi positivi (stimato intorno al 5%) può comportare un aumentato numero
di ovociti sani scartati. Tale problematica risulta particolarmente importante in caso di pazienti di
età avanzata, nelle quali il numero di ovociti recuperati è spesso scarso e a volte insufficiente per
ottenere delle buone percentuali di successo (molti centri non eseguono la PCGD su meno di 8 PB
recuperati).
Per quanto riguarda i vantaggi di tale metodica diagnostica su PB, i benefici per le coppie affette da
malattia genetica nota (monogenica o alterazione cromosomica) sono ben noti e acclarati., vantando
un abbattimento quasi totale del rischio di trasmissione della patologia analizzata.
Un aspetto positivo della biopsia del PB è che non è necessaria alcuna manipolazione dell’embrione
con il rischio di un possibile danno embrionario dovuto al prelievo del blastomero, e che vengono
evitati risultati falsi positivi dovuti al normale mosaicismo cromosomico presente nell’embrione
nello stadio post-zigotico. In più, si è visto che potendo le coppie utilizzare questo strumento
diagnostico in fase pre-concezionale e non sull’embrione, il numero di bambini nati affetti da
trisomia 13, 18 o 21 si è ridotto. Infine, la PGD su PB per aneuplodie ovocitarie sembra in qualche
caso migliorare l’esito del ciclo di PMA (24), soprattutto in relazione alla riduzione del tasso di
aborto spontaneo in donne con età materna avanzata, ma i dati in letteratura sono contrastanti. Solo
due trials controllati randomizzati sono stati condotti su pazienti con la sola indicazione per età
materna avanzata e nessuno dei due ha mostrato dei benefici nell’applicare questa tecnica in termini
di tasso di bambini nati (25-26). In definitiva, il dibattito sull’utilità dello screening delle
aneuploidie ovocitarie è ancora in corso, ed il solo modo di risolvere questa controversia sarà quello
di effettuare dei trias clinici randomizzati progettati ad hoc (27-28).
Riguardo ai benefici della diagnostica pre-impianto applicata al blastomero, per quanto concerne le
malattie monogeniche i suoi vantaggi sono indubbi: è infatti possibile analizzare direttamente il
genoma embrionario (sia contributo materno che paterno) consentendo cosi un’analisi accurata, pur
tenendo conto del fenomeno dell’ADO. Per quanto riguarda invece le anomalie cromosomiche, la
questione è ancora molto controversa, poiché il fenomeno del fisiologico mosaicismo embrionario,
che può arrivare anche a percentuali del 15-20% (3), causa un significativo aumento di falsi
positivi, ovvero di embrioni giudicati aneuploidi che vanno poi incontro al fenomeno naturale del
cosiddetto “embryo rescue”, ovvero l’eliminazione spontanea della linea cellulare aneuplopide con
prosecuzione delle sole linee euploidi (..). Per tale motivo molti centri si stanno oggi orientando
verso l’analisi cromosomica dell’ovocita e non più dell’embrione, tanto che l’ESHRE (29) ha
lanciato uno studio pilota per valutare la reale efficacia di tale diagnostica verso quella effettuata
sull’embrione.
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