Leggi l`elaborato - Fogli di Viaggio

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Leggi l`elaborato - Fogli di Viaggio
UN CENT NELLA TASCA
di Sara Milani
Il mio viaggio parte da qui, su questa sedia blu, dentro questo cubo metà di vetro e metà costituito di
pannelli colorati ai quali sono sospesi tantissimi cataloghi contenenti le più' grandi destinazioni del
mondo,l’anima dei paesi è assente. Quella non si vende, ma è il punto di partenza del mio sentire;
Viaggiare.
Non ho mai ceduto alle lusinghe delle lauree considerate “utili”, non sarei mai stata felice.
Nata, negli sfarzosi anni 8o mi dirigevo verso gli anni, a mio avviso, dolorosi della globalizzazione.
Frequentare la facoltà di lettere con specializzazione in “Scienze del Turismo” è per una ragazzina
proveniente da un paese di campagna,considerato un vezzo, pagato di tasca mia facendo il giocoliere
tra un lavoro e l’altro.
Le estati, le passavo cosi’, lavorando e studiando, volevo incontrare l’altro, perché nell’altro mi
scoprivo e tutt’ora nell'altro mi arricchisco. Nulla di diverso rispetto al percorso di tante altre
persone,il cambiamento l’ho sempre cavalcato, con paura, certo, ma andando avanti.
Ho cominciato a fare l’agente di viaggio durante i tirocini universitari. Tutt’ora è il mio lavoro, per
guadagnarmi da vivere e per avvicinarmi all'alterità con la coscienza che questo è solo l'inizio del mio
percorso perché dei paesi mi piace coglierne l’essenza e, non è certamente stando qui, o chiudendosi
in un hotel 5* a pensione completa che si può’ tornare a casa cambiati; si torna forse più’ rilassati.
Quanta gente rigenerata che ho visto!. Io, invece, cerco risposte.
Ultimamente, articoli, non fanno altro che parlare di “studi utili” e “studi inutili”, mi sembra cosi’
riduttivo fare statistiche, mai corrette, il più’ delle volte. Utili per chi?.
Incasellando e giudicando le professioni ,la gente si sente a metà, frustrata, perché avverte di non
rispettare i canoni diabolicamente indottrinati dalla visione del mondo occidentale. Non è cosi',
possiamo allontanarcene, nulla è permanente; c'è sempre tempo per dare un meraviglioso senso a
quello che facciamo.
Da questo cubo di vetro gestito da sola, perché personale in più’ non c’è n’è ,per molte ore di lavoro,
ho trovato respiro nei miei viaggi reali ed immaginari, ma soprattutto nei tantissimi stranieri residenti e
lavoratori in Italia che vengono a fare i biglietti.
Sono loro che guardo con interesse, mentre, la maggior parte delle altre agenzie li vede come tempo
perso e come fastidio da evitare. Con loro sorrido.
Sono sempre loro che in questi ultimi anni mi hanno fornito interpretazioni diverse dei vari attentati
che hanno toccato il mondo.
Entrano, con i loro profumi antichi, odori di spezie ed incensi che si portano dalle loro terre, i loro
sorrisi ed anche i loro modi di comunicare, mi chiedono il prezzo di un volo, ed io comincio da li’ a
chiedere come stanno, come va il loro paese di origine, cosa ne pensano del loro regime politico,
mescolando le lingue ma con l'obbiettivo di capirci.
Le discussioni diventano interminabili ed inizia cosi’ il viaggio dentro un viaggio, il viaggio dentro le
etnie, il viaggio che, a contatto con loro, mi ha personalmente cambiato la visione del “tutto” e ha
reso sopportabili, dando un senso di utilità, i miei giorni.
Fred, un amico senegalese, tutte le volte passa a salutarmi e, si accerta che gli spiriti maligni o le
cattiverie non mi abbiano contaminata. Lo fa con precise preghiere rivolte a “Dio”( è cristiano); indica
il cielo col dito, lo porta a terra, tocca i miei polsi ed il palmo della mano dove si concentra l’energia
vitale e, continua a ripetermi di respirare. Grazie a lui mi sono accorta che non ne sono più' capace.
E', con queste preghiere, che al nostro primo incontro prese un cent e l’ho sacralizzo’; il mio
portafortuna da portare sempre appresso.
<<Tu sei buona, ti faccio un regalo!, Dammi il polso!>>, mi disse.
Esegui' il rito, accolto da me all’inizio scherzosamente, ma più’ parlava e più’ capivo che anche nelle
diversità del mio credo un senso c’era e volevo rispettarlo. Ho fatto un’offerta , non richiesta; da allora
io e quel cent siamo inseparabili.
Non dimenticherò’ mai la sincerità letta negli occhi del mio amico mentre svolgeva il rito, non posso
constatarne la validità ma è indelebile nella mia memoria e nel mio cuore.
Come fa a conoscere queste cose?, pensai.
<<Voi, cogliendo la malattia occidentale, avete la presunzione di controllare tutto, ma il mondo dei
morti non si può’controllare ed è strettamente collegato col mondo dei vivi, sono inscindibili.
Smettila di pensare, va tutto bene, questo è il tuo percorso, non c’è niente di sbagliato. You are ok!>>
disse il mio amico Fred.
Lo incontrai il novembre scorso in un momento veramente difficile, di crisi professionale, non mi ero
assolutamente confidata con lui , eppure capi'. Le sue parole, i suoi gesti mi aiutarono tantissimo.
Caso?, Destino?, tutt'ora ci penso. Non so darmi una risposta, so solo che in quel momento ero aperta
all’altro e l’altro mi è venuto incontro.
E' un paio di mesi che non passa da qui, ma Fred mi ha insegnato a guardare il cielo, parlare con il
vento e sopratutto a respirare. Un giorno, improvvisamente ritornerà.
Mi chiedo, dove abbiamo perso noi i nostri riti, quando è stato il momento preciso nel quale il correre
a preso il posto all'andare lentamente, il fare al sentire, il parlare all'ascoltare.
Quei riti, sono sicura li abbiamo ancora, fanno parte dell'istinto primordiale dell'uomo, eppure li
soffochiamo, tendiamo a considerarli come “pratiche ataviche”, c'è ne vergogniamo, come ci
vergogniamo delle nostre debolezze dimenticando l'infinita ricchezza che celano e, li lasciamo morire
piano piano.
Nel cubo di vetro entro' Farid, marocchino,in una bellissima giornata di giugno quando passeggiare
per i vicoli italiani è poeticamente soave, mi chiese un volo per Casablanca per la moglie e le figlie che
volevano passare l’estate nella loro terra; il meraviglioso Marocco.
Ha passato molto tempo a Parigi, cosi' gli chiesi in francese, esercitandomi con la lingua,
di spiegarmi com’era la differenza tra l’essere accolti in Francia ed esserlo in Italia.
In Francia la loro comunità è più’ forte, riescono comunque ad integrarsi ed a crescere di più’, qui in
Italia lavora molto. Quest'estate ha fatto circa 137 mercati. E' stanco,come gli italiani, delle tasse.
Quello che mi ha colpito di più’ della comunità marocchina e dei racconti di molti di loro, è proprio
il continuo viaggiare, si spostano da un paese all’altro alla ricerca della sistemazione perfetta.
Partono, imparano la lingua in poco tempo, cercano di ricostruirsi ed i fratelli e le sorelle fanno lo
stesso, il tutto aiutandosi l’un l'altro.
S’incontrano per strada, non si conoscono ma si riconoscono, si mettono a parlare, in arabo e dalla
gestualità intuisco che parlano di voli, di dove andranno, gesticolano, si abbracciano ma soprattutto
sorridono.
Quando stavo parlando con Farid in agenzia, la porta era aperta, in quel preciso istante passo’ un altro
nordafricano, si salutarono, l’uno invito’ l’altro ad entrare , non capivo perfettamente ma ero entrata
nel cerchio della loro accoglienza.
<<Prossima volta vieni a mangiare il couscous da noi, abitiamo qui dietro!>> mi dissero.
Farid,lo ritrovai durante una festa paesana, stava facendo il 138 mercato, nel suo banco erano esposti
anelli e bracciali di pietre preziose, foulard colorati. << Ca va?>> gli dissi in francese contenta di
vederlo. << Oh Sara, bien bien, mercie>> rispose gesticolando. <<Saadia, vieni qui, guarda chi c'è!
>> disse a sua moglie contento.
Gli presentai la mia famiglia e lui mi offri' un bicchiere di tè, chiusi gli occhi e per un'istante il
Marocco era tutto attorno a me.
Il cubo mi fece conoscere Samia per caso, quando entro' più' che il prezzo del volo mi accorsi che
aveva voglia di parlare, mi disse che era qui in Italia da tanti anni, è di Agadir, mi fece vedere le foto
della sua terra ma sopratutto del suo mare circondato da queste case di un bianco immacolato che
sembravano sposarsi col paesaggio.
Anche a lei chiesi, come andava in Marocco, se anche loro avevano paura, paura come i coraggiosi
Tunisini, o in lotta come gli Egiziani.
<<Abbiamo grande fiducia nel nostro re, li' con il terrorismo non si scherza!>> , mi disse seria.
Speriamo, pensai.
<< Devi vedere come sono belli il mio re e la sua principessa, ho tutte le loro foto nel mio armadietto
del lavoro, i colleghi mi prendono in giro>> me lo disse sorridendo, le foto della famiglia invece
erano tutte dentro il suo telefonino dal vetro crepato.
Si sente sola. Samia ha studiato in Italia da infermiera ed è venuta qua in Italia perché voleva trovare
un bel lavoro ed aiutare i suoi fratelli e le sue sorelle in difficoltà che sono rimasti in Marocco.
Ora si è laureata e vorrebbe tornarsene a casa, ma non riesce, perché la sua laurea italiana non ha
valore lì; sta pensando di raggiungere un'altra sorella in Germania.
Aveva voglia di parlare, di parlare di noi, della gente buona che l’ha accolta, ma anche della gente che
al suo passaggio stringe la borsa a sé perché ha paura di essere derubata dall’immigrata di turno: <<mi
dispiace>> seppi solo sussurrarle .
Quando entra nei negozi si accorge che viene guardata e servita diversamente, fa finta di nulla, non le
interessa se la sua borsa è costata pochi euro ed è usata, non importa se i suoi vestiti non ostentano
status sociali. Si veste sempre di nero per sembrare elegante senza “il velo”.
I suoi bei vestiti li ha lasciati in Marocco, sono lunghi di seta preziosa con le perle colorate, qui sono
troppo cerimoniali, non si sente a suo agio, cosi' li mette quando ritorna a trovare i parenti in Marocco
e ritorna la principessa del Maghreb.
Mi piace Samia, ha un sorriso pulito, occhi profondi e gioiosi, una riverenza nei miei confronti che
non è necessaria, la sua voglia di parlare mi contagia, ci aiutiamo a vicenda, io facendola sentire
accettata e lei donandomi quell'apertura che in questi ultimi tempi da noi s'è andata persa.
Mi disse anche che un suo amico italiano è andato a vivere ad Agadir e sta benissimo. All'inizio era
preoccupato per la cultura diametralmente opposta alla nostra ora si è ricreduto. Si trova benissimo,
ha una bella casa, un buon lavoro e si sta integrando bene.
<< Per quelli come te che lavorano nel campo turistico ci sono tantissime opportunità>> mi disse e,
non feci in tempo a porle la domanda successiva :<<le donne stanno bene li'!>> mi rispose, <<ci
sono quelle che ancora badano solo alla casa e i figli, ma ci sono anche quelle che lavorano e,
solamente in alcune comunità berbere le donne sono più' recluse,ma sai, i mariti ci tengono alle loro
mogli!.>>
Cambiai discorso,Le donne marocchine oggi sono più' libere, ma la strada verso l'emancipazione
femminile è ancora molto lunga e occorre trovarla attraverso un codice nel mondo arabo e non nel
mondo occidentale, pensai. Cercare e costruire seppur con difficoltà una loro idea di autonomia.
Chissà se questa ascesa del Marocco della quale in tanti mi hanno parlato è dettata più' dalla nostalgia,
umana e naturale, che si prova quando si lascia la propria terra di origine oppure se in questo c'è del
vero. Tutto si amplifica, “gli odori” che prima sembravano insistenti ad un tratto diventano “profumi
dal sapore antico”, le voci di chi amiamo vorremmo fossero qui con noi.
A parlare ed emettere biglietti aerei ho ricevuto cosi’ tanti inviti in tante località che potrei viaggiare
un anno intero gratuitamente. Difficilmente a noi italiani verrebbe in mente di invitare una persona a
casa nostra solamente perché è stata gentile con noi, specialmente se straniera.
Elina, la mia amica brasiliana, non entra mai nel cubo mi telefona direttamente. Doppia laurea, sposata
con un italiano, ogni inverno torna a Quiabà dalla sua famiglia. Ultimamente le cose sono cambiate;
prima scendeva con regali da portare alla famiglia, oggi avviene il contrario perché il Brasile sta
vivendo un boom economico.
Viene da una famiglia benestante, mentre, alle persone delle favelas non resta che pregare che le loro
case non vengano abbattute dalla speculazione edilizia, dai poteri forti e dal capitalismo lasciando scalzi
e non solo molti adulti e bambini per strada. Qui la violenza, le ingiustizie, lo sfruttamento e le
precarietà sono fuori da ogni immaginazione ma nei giovani c'è tanta voglia di lottare, di cambiare il
sistema.
Aetos nel cubo ci vorrebbe rimanere.<< La Grecia si sente minacciata dall’Europa. Gli altri paesi
mandano informazioni contraddittorie che non ci aiutano>>, mi disse.
Quelle italiane sono frammentarie e nella maggioranza dei casi c’informano se si può’ utilizzare la carta
di credito in loco dando importanza cosi' solo al benessere di chi va per turismo.
Faccio fatica a dare un giudizio, mi verrebbe voglia di andarci, parlare con la gente e chiedere loro
cosa pensano, perché ci saranno quelli che l'accordo con l'Europa lo volevano a tutti i costi e, quelli
più' idealisti che invece ci credevano davvero nel cambiamento, giusto o sbagliato, comunque, un
segno di rottura contro il sistema.
Trovare tutte le notizie corrette su Tsipras, tra chi lo osanna come un Dio, colui che si ribella
all’Europa e, chi lo tratta come uno sconsiderato, un falsario, perché si occupa superficialmente dei
milioni di euro di tasse evasi dal paese; non è facile, occorre attenzione e precisione.
La semplicità delle preziose persone che ho incontrato, spogliate delle loro sicurezze, ai miei occhi è
un lusso, il lusso più’ bello, fuori c’è tutto di troppo, quel tutto è creato apposta per essere venduto,
conoscendole ho trasformato il mio posto di lavoro in una miniera di opportunità.
Questa politica del profitto a tutti i costi e a quale costo è snervante, ogni gesto è misurato in base alla
moneta. Non possiamo cambiare velocemente le cose, pero’ possiamo ribellarci ad esse inventando
uno stile di vita alternativo nel rispetto della società, educare la mia famiglia alla gentilezza, al rispetto
verso l’altro, alla curiosità verso il mondo e riscoprendo la il valore della comunità.
Ho visto gente ridurre il mestiere del viaggiare in report settimanali statistici su quanto e cosa si era
venduto e a quale margine. Non basta e non sono neanche sicura che questa politica di business plan
che c’impongono sul mondo del lavoro, sia utile, al contrario, mi sembra di perdere tempo, di perdere
voci, racconti e persone in favore della commissione più alta.
Il periodo è difficile, siamo un tutt'uno con quello che succede là fuori, quando lo capiremo, tutti
marceremo verso la stessa direzione.
Gli attacchi terroristici in Tunisia, Francia, Egitto, Turchia, Libia,l’estremismo islamico e la guerra in
Siria stanno creando un clima di incertezza. Incrementarla con l’odio verso chi da questi atroci eventi
scappa, non serve a nulla.
Non smetterò' mai di guardare l'altro con l'occhio curioso, non cederò' mai il passo alla paura.
Lasciarla sola, significa non guardare in faccia la disperazione di questa gente. Non usiamoli come
capro espiatorio contro una guerra che fatichiamo ad afferrare mentre le minacce si fanno ogni giorno
più' frequenti .
Ho cercato di capire attraverso le persone che ho incontrato qui, svolgendo il mio lavoro,
non riuscivo a farne a meno, chiedere da dove si viene, in cosa si crede, che succede in quel
determinato posto, andare a vederlo, è un dovere umano.
Nel mio piccolo, negli ultimi due anni sono stata in Egitto e, per capire cosa succedeva me ne stavo a
parlare con gli egiziani che lavoravano in Hotel.
Le risposte sono state tantissime, chi accusava una forza politica, chi l'altra e chi addirittura diceva
faceva tutto parte di un grande piano, c'era chi rimpiangeva un regime politico, chi accusava un
dittatore, chi aveva paura e chi addirittura il suo paese d'origine lo rinnegava, c'era anche chi proprio
una risposta non sapeva darsela.
Volevo capire l’attentato, volevo capire perché certa gente, molta residente in Europa, magari giovane
e laureata, di famiglia benestante, sente sua una causa che provoca distruzione di massa e, dall’altra
parte capire gli equilibri sottili dei grandi stati.
Cosa la spinge?, Perché?, se non basta chiedersi ancora perché, se non basta ancora ritornare indietro
per vedere se abbiamo dimenticato qualcosa, solo conoscendoli i fatti potremmo averne meno paura.
E' cosi' che dal mio cubo di vetro osservo e vendo il mondo. In Silenzio ho deciso di uscire, iniziando
un nuovo cammino di crescita, studiando ancora, migrando verso la verità con ancora il mio cent
nella tasca andando in cerca di nuove voci.
I normi delle persone realmente esistenti menzionate nel racconto sono frutto di fantasia a tutela della
loro privacy.