Scheda Artistica "Con le spalle nel vuoto - Vita di Mary

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Scheda Artistica "Con le spalle nel vuoto - Vita di Mary
“Con le spalle nel vuoto – Vita di Mary Varale”
di Sabrina Bonaiti e Marco Ongania
SINOSSI
Storia di una donna contro:
le imprese e le battaglie di una pioniera dell’alpinismo italiano
che ha affrontato cime e pregiudizi con coraggio e determinazione
Ci sono donne che hanno sfidato i pregiudizi e le costrizioni sociali della loro epoca per dare ascolto
al richiamo irresistibile del viaggio e dell’esplorazione. Ci sono donne che hanno trovato la felicità
e la propria realizzazione personale seguendo strade diverse da quelle stabilite dalla famiglia e dalla
tradizione.
Mary Varale (1895-1963), con la sua inseparabile giacchetta rossa, i capelli raccolti in un fazzoletto
di cotonaccio colorato, i pantaloni sdruciti per il gran sfregare sulla roccia, ha trovato il suo modo
personale di stare al mondo e lo ha difeso con tutte le sue forze
Nel clima sociale stantìo e soffocante degli anni Trenta, Mary Varale ha alzato la testa e non ha
esitato a schierarsi contro le istituzioni e i favoritismi di regime. “Sono disgustata dalla
persecuzione contro di me di quei buffoni della Sede Centrale che hanno negato la medaglia ad
Alvise (Andrich) soltanto perché ha avuto la colpa di scegliere come compagna l’odiata signora”
scrive nel 1935 al Cai di Belluno accusando il Coni di non aver voluto riconoscere le Medaglie al
valore atletico a lei e ai suoi compagni di scalata al Cimon della Pala.
In un’Italia oppressa dal fascismo e dal conformismo sociale, in un periodo buio in cui l’ideale di
donna coincideva con quello di sposa e di madre prolifica, Mary Varale scala dal 1924 al 1935 ben
217 cime, in cordata o in solitaria, quasi tutte in prima femminile.
La sua vita, le imprese alpinistiche, le sue scelte radicali contro le istituzioni sportive dell’epoca, a
distanza di più di mezzo secolo, conservano intatta la loro carica provocatoria. Mary Varale è stata
la protagonista di un’avventura umana e sportiva che è ancora di grande attualità per le donne di
oggi.
MARY VARALE
Maria Gennaro, così si chiamava da nubile Mary Varale, non apparteneva a una famiglia ricca. Nata
a Marsiglia il 24 giugno 1895, proveniva da una famiglia di immigrati, probabilmente napoletani,
come sembra indicare il cognome..
Forse sono le calanche a esercitare un primo potente richiamo, forse è proprio lì che Mary ha
cominciato a provare il piacere di abbracciare la roccia, di staccare sempre più i piedi da terra. Forse
inizialmente per gioco, poi con sempre maggiore passione.
Quando conosce Vittorio Varale, il noto giornalista sportivo che diventerà suo marito il 13 luglio
1933, Mary Varale è già alpinista da almeno 9 anni e affronta scalate impegnative.
Nello stesso anno Mary Varale scala lo Spigolo Giallo con Emilio Comici e con Zanutti e nel 1934
il Cimon Della Pala, insieme ad Alvise Andrich e a Bianchet. Dopo le dimissioni dal Cai nel 1935
Mary lascia l’alpinismo.
Alla fine degli anni ’50, è colpita da un ictus cerebrale che la lascerà paralizzata su una sedia a
rotelle per cinque anni. A provocare l’ictus è il troppo fumo. Solo il marito, che le è stato vicino
negli ultimi anni, riusciva a calmarla e a darle un po’ di conforto. Mary Varale muore il 9 dicembre
del 1963.
La vita di Mary Varale è stata intensa e movimentata. Ci sono state più donne in una. “Alla fine
degli anni Venti era una giovane elegante signora con gli abiti corti sotto il ginocchio, i tacchi alti, i
capelli tagliati e il rossetto sulle labbra. Dieci anni dopo osava vestire pantaloni in città, fumare
anche per strada e fischiare per richiamare il cane. Dopo la guerra, ricordo una cuoca provetta e una
casalinga perfetta, quasi ossessionata dalla pulizia fino all’esasperazione, tanto da lavare le zampine
dei cani alla fine delle passeggiate” ha raccontato Maria Luisa Volpe, nipote di Vittorio Varale
Il FILM
Nel film abbiamo raccontato Mary Varale utilizzando le numerose fotografie, le lettere e i
documenti che abbbiamo trovato al Fondo Varale della Biblioteca civica di Belluno. Qui ci sono le
foto di molte Mary, di molte donne in una. Sono le foto di una donna che è stata bella, giovane,
spiritosa. Sono le immagini di una donna orgogliosa della propria “giacchetta rossa” e dei propri
primati alpinistici.
Abbiamo utilizzato l’ampio materiale conservato presso il Fondo di Belluno per costruire un
percorso narrativo e visivo che ha consentito di mettere a fuoco la personalità e la storia umana e
alpinistica di Mary Varale.
Abbiamo inoltre integrato i flash back riguardanti alcuni episodi della vita di Mary Varale con
video d’epoca e articoli di giornale sull’alpinismo e sulla vita sociale e politica durante il periodo
fascista. Ma anche con gli articoli scritti da Mary su “Vita femminile” e sulle riviste del Cai.
Il documentario non è solo il ritratto di un’alpinista di grande talento ma è anche un viaggio intimo
nella vita, nelle emozioni, nei pensieri più profondi di Mary Varale. A tal fine sono state
intervistate le persone che l’hanno conosciuta, in particolare i nipoti del marito Vittorio, Marialuisa
Volpe e Brunello Volpe.
In questo film abbiamo inteso restituire la parola, dopo tanti anni, a una donna che ha espresso, in
modo chiaro e coraggioso, una visione delle cose decisamente non omologata. In un periodo
storico e in una società in cui andare controcorrente non era un vezzo ma un rischio.
Siamo ricorsi a brevi ricostruzioni cinematografiche per restituire in parte alcuni dei momenti più
significativi della vita di Mary Varale. Le riprese sono state realizzate vicino a Marsiglia, dove
Mary è nata e dove ha probabilmente cominciato ad arrampicare attratta dalle calanche; in Grigna
(in particolare Nibbio, Fungo, Segantini, Teresina) e sulle Dolomiti (in particolare Spigolo Giallo e
Cimon della Pala), e a Bordighera, dove ha trascorso gli ultimi anni infelici, costretta su una sedia a
rotelle.
Con questo film ci siamo ripromessi di ridare voce a una donna che, con la stessa generosità con la
quale ha vissuto, ha saputo trasmettere con parole di grande suggestione, la paura e il piacere della
scalata. Nell’articolo pubblicato da “Vita femminile”, raccontando della sua prima scalata con la
guida Tita Piàz, Mary scrive: “Preparata la corda e fattala passare nel cordino penzoloni dal chiodo
conficcato nella roccia, me la avvolse sotto la gamba e poi mi ordinò: “ Si butti giù! Se fossi stata
un uomo mi sarei detta fra me: questo è il momento di fare l’uomo! A una donna è permesso di
avere paura, specialmente se le si ordina così bruscamente di buttarsi giù da una torre sotto la quale
si apre una voragine di trecento metri; ma siccome non volevo far vedere di impaurirmi davanti a un
celebre arrampicatore col quale dovevo scalare ancora tante vette e che considero come il mio
maestro, non battei ciglio, e con la massima freddezza, fattami sull’orlo della torre con le spalle
rivolte al vuoto”.
GLI AUTORI
Sabrina Bonaiti
Nasce a Lecco il 26/02/1967. Vive a Lecco e lavora come giornalista e come filmmaker
indipendente. Dal 1994 collabora con diverse testate giornalistiche. Laureata in Scienze Politiche
all’Università Statale di Milano, subito dopo gli studi comincia a occuparsi di cronaca e di esteri e
dopo due anni trascorsi a “Storia Illustrata” (fino al 2001) collabora con riviste di viaggio (De
Agostini-Rizzoli e Touring Club).
Dopo un corso di video reporter presso la Scuola del Cinema di Milano, realizza alcuni video sul
teatro e sulle nuove concezioni dell’abitare. Nel 2006 scrive la sceneggiatura, cura il montaggio e la
regia di un film documentario di 60 minuti intitolato “Sesto, le radici”. Con questo primo lavoro
vince un premio produttivo al Festival internazionale Filmmaker di Milano nel novembre 2006.
Nel 2007 realizza un corto intitolato “Valzer in quattro tempi” premiato nel 2008 come miglior
montaggio allo Short Film Festival di Los Angeles. Nel 2010 firma la regia del film documentario
“Con le spalle nel vuoto – Vita di Mary Varale”, realizzato con la co-regia di Marco Ongania.
Proiettato al Trento Film Festival e nei più prestigiosi festival nazionali e internazionali di
montagna, il film è nel catalogo della Cineteca Centrale del Cai e continua a essere richiesto e
proiettato.
La collaborazione con Marco Ongania e con la sua casa di produzione Emofilm diventa sempre più
stretta e fruttuosa: nel 2012, infatti, in occasione dei Trenta anni dalla scomparsa di Carlo Mauri,
viene presentato “Un viaggiatore ai confini del mondo” con la regia di Sabrina Bonaiti e Marco
Ongania, un film documentario di 40’.
Nel 2014 realizza, sempre con la co-regia di Marco Ongania, un nuovo film documentario, “Il cielo
in me” dedicato alla poetessa Antonia Pozzi (1912-1938).
Marco Ongania
Nasce a Lecco il 07/05/1977. Dopo gli studi tecnici (diploma di perito elettrotecnico) e
ingegneristici (dipartimento di ingegneria aerospaziale del Politecnico di Milano) intraprende la
strada del filmmaker diplomandosi alla Civica scuola del Cinema di Milano (tra gli insegnanti
Daniele Maggioni, Marina Spada e Tonino Curagi). Dopo aver collaborato per cinque anni con la
compagnia teatrale Albero Blu, dal 2004 è regista di una compagnia teatrale del territorio, mentre il
lavoro di filmmaker lo porta a collaborare con diverse aziende, associazioni e case editrici in Italia e
in Europa (Motorola, Bennet, Despar, Iper, Logistica management). Dal 2003 al 2008 lavora per il
Centro Multimedia della Provincia di Lecco, producendo diversi cortometraggi in ambito
scolastico. Nel 2009 fonda la Emofilm, con la quale realizza spot, documentari, cortometraggi e
servizi televisivi e per il web.
In campo teatrale, tra il 2006 e il 2013, ha curato la regia e ha portato in scena i seguenti titoli:
“Anatra all’arancia”, “Fools”, “Trappola Mortale”, “Rumori fuori scena”, “Fiore di cactus”,
“L’importanza di chiamarsi Ernesto”, “La cena dei cretini”, “L’amico ritrovato”, “Il piccolo
principe”.
Tra i lavori più recenti, ha curato la regia e la produzione dello spot nazionale dell’associazione
giovani diabetici “L’Esordio”, che ha ottenuto il patrocinio da Pubblicità Progresso, la regia e la
produzione del documentario “Storie di Caccia e di Amore” prodotto da Api sul recupero di
affreschi del 1400, la produzione del documentario “Eriprando Visconti, il regista della nebbia” con
la regia di Corrado Colombo e la regia di più di 20 cortometraggi tra cui “Un’altra volta” (finalista
alla Festa del cinema di Roma 2008 Alice nella città, finalista a Girocorto di Guidonia 2008),
“Chiudi gli occhi” (miglior regia al festival di Napoli 2006, secondo classificato al Giffoni sezione
scuole 2006, finalista alla Festa del cinema di Roma 2006 Alice nella città, selezionato al film
festival di Stoccolma 2007), “Rewind” e “Redrake” con il quale si è diplomato.
Con Sabrina Bonaiti, nel 2010 ha firmato la regia del film documentario “Con le spalle nel vuoto”
dedicato alla vita e alle imprese di Mary Varale, nel 2012 ha curato la regia del film dedicato a
Carlo Mauri “Un viaggiatore ai confini del mondo” e nel 2014 del film documentario “Il cielo in
me” dedicato ad Antonia Pozzi.
Tra il 2012 e il 2013 con il cortometraggio "Audition", vince il Luccio d'oro per la migliore
fotografia al Festival di Lovere, il Silver frame per la migliore sceneggiatura al Festival di Imperia e
il premio come miglior cortometraggio ai Festival di Offanengo e di S. Giorgio Canavese. In
seguito "Audition" viene selezionato al Sofia International Film Festival 2013. Sempre nel 2013
realizza il percorso multimediale permanente “Papa J23”, dedicato a papa Giovanni XXIII
all'interno della casa natale a Sotto il Monte, curandone la direzione artistica, la regia e la
produzione. Nel 2013 cura soggetto e regia dello spot "Primo!" per Fondazione Sacra Famiglia
Onlus con Claudio Batta trasmesso sulle reti Mediaset.
Da un articolo
Rossano Libéra nella parte del Boga e Sabina Bottà nella parte di Mary, scalano con il
canapone, affrontando discese a corda doppia
Le principali scene di salita e discesa a corda doppia sono state girate in Grigna: al Nibbio, al
Torrione Fiorelli e sul Fungo. Le scene in riva al mare sono ambientate a Bordighera dove Mary e
Vittorio Varale hanno vissuto negli ultimi anni, in una villa che compare alla fine del film. Le
immagini della Varale giovane sono state girate a Marsiglia, dove Mary è nata nel 1895, e alle
Calanques dove probabilmente ha cominciato a scalare. “Mi piace credere, ma penso di non essere
lontana dal vero, che proprio in quello scenario unico Mary abbia cominciato ad assaporare il
piacere di abbracciare la roccia, di staccare sempre più i piedi da terra. Forse inizialmente per
gioco, poi con sempre maggiore passione. Dopo pochi anni, nel 1934, era già in grado di
affrontare il sesto grado dello Spigolo Giallo, insieme a Emilio Comici e a Zanutti e il Cimon della
Pala con Alvise Andrich e Bianchet nel 1934” per non parlare delle vie della Grigna dove Mary
arrampicò con Cassin, Dell’Oro, Comi e molti altri.
Anche se la gestazione del film è stata un po’ lunga, la sua realizzazione è avvenuta invece in tempi
piuttosto rapidi. “La sceneggiatura è rimasta nel cassetto per un paio di anni. Il progetto è stato
presentato nel 2008 al workshop organizzato dalla Scuola Zelig di Bolzano,. Poi, nell’ambito del
Trento Film Festival, il progetto e il trailer del film erano stati presentati ad alcuni produttori.
Sembrava che non se ne dovesse fare niente. Invece, l’anno successivo siamo stati contattati da
Pino Brambilla della Commissione cinematografica Centrale del Cai. Così, arrivato il
finanziamento, siamo partiti. Il resto è venuto quasi da sé. Io il film ce l’avevo in testa da due anni,
sapevo già dove girare, chi intervistare, come impostare la storia. Unico problema: dovevo trovare
al più presto le controfigure di Mary Varale giovane e anziana e di Vittorio Varale giovane e
anziano. Grazie all’intraprendenza di amici e conoscenti, nel giro di pochi mesi la troupe era
pronta”.
Il film alterna le testimonianze di Brunello e Maria Luisa Volpe, i nipoti di Vittorio Varale che
svelano alcuni tratti nascosti della personalità della zia Mary, con interviste a esperti di alpinismo.
Francesco Comba, straordinario Curatore del Fondo Varale presso la Biblioteca di Belluno,
ricostruisce le imprese dolomitiche di Mary, mentre Alberto Benini, storico dell’alpinismo, si
sofferma sulla presenza di Mary Varale in Grigna. Silvia Metzeltin,nota scrittrice e alpinista
sottolinea invece l’attualità della figura di Mary. e l’eccezionalità della triade Mary-WiesingerPietrasanta, tre donne alpiniste straordinarie che hanno segnato quegli anni...
Il resto della storia è raccontato con una fiction di grande suggestione, grazie alle belle immagini di
montagna girate da Andrea Pozzi e Dario Locatelli, a quelle di fiction girate da Marco Ongania con
la bella fotografia di Benedetta Signorini e all’ottima interpretazione degli attori, quasi tutti non
professionisti.
“Avevo bisogno di un’attrice che, oltre a essere una brava alpinista, fosse anche somigliante a
Mary. Sono stata fortunata. Ho trovato una donna appassionata e dal carattere determinato, che
era esattamente la Mary che io avevo in mente. Si tratta di Sabina Bottà, un’insegnante di
Morbegno, campionessa di corsa in montagna e valida alpinista. Abbiamo affidato a una sarta il
compito di cucire i vestiti di Mary Varale sulla base delle fotografie del Fondo Varale. E di lì a
pochi giorni il miracolo era compiuto. Quando siamo andati a girare in Grigna, molti giovani
alpinisti l’hanno riconosciuta subito, senza bisogno di spiegazioni. Questo fatto ci ha subito
galvanizzati, convincendoci che eravamo sulla strada giusta. E’ venuto con noi in parete anche un
alpinista eccezionale, Rossano Libéra, che non solo si è prestato ad assicurare Sabina e gli
operatori in parete, ma ha anche accettato di interpretare la parte di Mario Dell’Oro (detto Il
Boga). Bravissimi anche gli altri interpreti, Aurelio dell’Oro nella parte di un giovane Vittorio
Varale, Carluccio Losa nella parte di Vittorio anziano e Laura Massobrio nella parte di Mary
anziana e la giovanissima Alice Benini nella parte della gestrice di un rifugio per il quale ho usato
il suggestivo interno Roccolo Resinelli messo a disposizione dalla famiglia Benini” conclude la
regista