Versione pdf - Circolo Culturale La Torre

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Oriana e lo champagne
di Camillo Langone | 16 Settembre 2015 IL FOGLIO
Oriana e lo champagne
Crudeltà di abbinare Fallaci e Annunziata. Eredi che non ci sono. Palate senza rabbia né orgoglio
E’ un’altra palata di terra su Oriana Fallaci, “Le radici dell’odio. La mia verità sull’Islam” appena pubblicato da
Rizzoli. Che è appunto un libro della Fallaci (interviste e articoli apparsi tra il 1960 e il 2005 su Corriere, Europeo,
Panorama, Foglio) con palata incorporata: la palata consiste nella prefazione di Lucia Annunziata. Non perché
l’Annunziata vi abbia scritto chissà quali empietà e nemmeno perché alla più grande italiana dell’ultimo secolo
non doveva essere allegata una giornalista di Salerno non di prima classe (l’unico giornalista di Salerno di prima
classe è ovviamente Giovannino Russo).
Le prefazioni sono comunque offensive, qualunque sia la
firma. Vengono imposte agli autori secondari che
accettando di essere raccomandati da un qualche
prestigioso paternalista certificano la propria secondarietà,
oppure agli autori dimenticati che necessitano di essere
presentati ai nuovi lettori da un nuovo scrittore. Com’è
ovvio nessuno dei due casi si adatta alla Fallaci,
infinitamente più grande e più contemporanea della sua
prefatrice. Lucia Annunziata è stata coinvolta in quanto
immigrazionista ossia stroncatura vivente del testo che finge di promuovere.
Evidentemente la Rizzoli odia, o teme, oppure odia e teme al contempo, la sua bestsellerista. E’ obbligata dal
mercato o dai contratti a pubblicarla ma è obbligata dall’appartenenza dei suoi capi al culturame, naturaliter
collaborazionista della presente invasione, a depotenziarla.
Lucia Annunziata ha firmato, assieme a Roberto Saviano e
Gad Lerner, non molto meno collaborazionisti di Pierre Drieu
La Rochelle ma molto meno bravi a scrivere, il manifesto
della marcia pro invasori che si è tenuta alla mostra del
cinema di Venezia. Quando invece la Fallaci era un’italiana
sovranista e fiera che non tollerava occupazioni di sorta,
nemmeno se esenti da Corano: fu disgustata dai fiorentini
che applaudivano Hitler in visita così come, oltre mezzo
secolo dopo, dai “cinesi padroni di Prato”.
Ho pensato queste cose leggendo “Le radici dell’odio” e bevendo lambrusco e ricordandomi che stavo bevendo
lambrusco anche l’ultima volta che la Fallaci mi telefonò. Lei era a New York, io a Parma, mi invitò ad andarla a
trovare, imbarazzato (mi dava del tu, io non riuscivo a fare altrettanto) balbettai che non prendevo aerei, che non
conoscevo l’inglese, che un simile viaggio mi risultava inconcepibile.
Fossi stato più presente a me stesso le avrei detto che non a caso bevevo lambrusco, l’unico vero vino
autoctono italiano, derivante dalla vite selvatica presente da sempre nei boschi padani, mentre gli altri vini
cosiddetti autoctoni derivano da viti giunte in Italia dal Caucaso via Grecia.
Mille, duemila, tremila anni fa e perfettamente acclimatate, però nate altrove. Ho scoperto solo in seguito la sua
predilezione per lo champagne, abbastanza scusabile per una donna della sua generazione: mentre oggi lo
spumante francese significa soltanto esterofilia e complessi, negli anni Cinquanta in cui si sarà formata il gusto
era forse una scelta senza molte alternative, siccome il lambrusco era contadino e quindi fetido e i bianchi in gran
parte acetosi.
Leggendo e bevendo mi è sovvenuto inoltre il pensiero della totale mancanza di eredi.
Proprio ora che di una Fallaci ci sarebbe maggior bisogno: l’undici
settembre fu a migliaia di chilometri, gli sbarchi avvengono sotto casa.
Non sono riusciti a raccogliere il testimone né Maria Giovanna Maglie né
Magdi Allam, troppo incostanti, né Geminello Alvi né Guido Ceronetti,
troppo ermetici, né Marcello Pera né Giovanni Sartori, troppo accademici,
e nemmeno Ida Magli che a un certo punto mi sembrò la più indicata.
Ma pure lei, come Sartori, è ormai novantenne. Contro l’invasione servirebbe una figura morale e popolare a un
tempo, un personaggio capace di spendere un patrimonio di credibilità intatto e che perciò non provenga dalla
politica. Susanna Tamaro? Malgrado l’effetto disinibente del vino non riesco a fare altri nomi. E intanto nelle
scuole elementari di un'Italia senza rabbia né orgoglio ci sono classi senza nemmeno un bambino italiano.
Quando i piccoli allogeni diventeranno grandi, berranno lambrusco?