I DUE PUNTI NELL`INDIRETTO LIBERO BASSANIANO
Transcript
I DUE PUNTI NELL`INDIRETTO LIBERO BASSANIANO
I DUE PUNTI NELL’INDIRETTO LIBERO BASSANIANO Alina Baci-Pop Universitatea „Babeş-Bolyai”, Cluj-Napoca La punteggiatura fa parte del codice della scrittura: gli elementi grafici si collocano infatti su un piano del tutto diverso da quello dei fenomeni studiati finora. Se il testo viene letto, la punteggiatura scompare esaurendo il suo compito nel suggerire in modo naturale i valori intonativi. Nell’ambito dell’oralità, l’uso dei segni d’interpunzione è sostituito da pause, da una speciale cadenza della voce, elementi ai quali si possono aggiungere i gesti e la mimica del parlante. Nel caso della lettura si può delineare anche un quadro rappresentativo delle sfumature semantico-stilistiche che il lettore trasmette. Nella realizzazione dell’indiretto libero, però, alcuni elementi grafici servono anche a una funzione molto speciale: a indicare l’apparizione di valori discorsivi diversi da quelli che si attuerebbero se le parole appartenessero alla narrazione propriamente detta. Certi segni d’interpunzione (i due punti, i tre puntini, i trattini o le lineette, le parentesi), si assumono il compito di codificare il messaggio scritto, accennano con immediatezza il carattere dei discorsi che contengono ora la riflessione e la meditazione di qualcuno, ora la vox populi. Per quel che ci riguarda, prenderemo in discussione tutta una serie di passi scelti dall’opera bassaniana all’interno dei quali proveremo a distinguere la funzione specifica che i segni di interpunzione testuale svolgono. Bassani fa un largo uso dei segni grafici soprannominati, tra i quali la più cospicua utilizzazionediversa dall’uso corrente in italiano - è quella dei due punti. Ecco un primo esempio tratto dall’Airone (p. 798), passo che esprime in discorso indiretto libero i pensieri che lacerano il personaggio. Il testo punteggiato ossessivamente, ci mette davanti a una situazione ambigua, in cui il protagonista, Edgardo Limentani, situa la sua vita nell’ambito di una realtà ipotetica: (1) Sarebbe potuto rimanere a Volano, anche: se non per l’intera giornata, almeno per qualche ora. Chi lo sa, forse l’uomo di Ulderico, quel Gavino, abitava proprio a Volano. E se ci abitava, non fosse altro che per consegnargli di persona le cinquecento lire che comunque gli competevano, valeva la pena di tentare di rintracciarlo. Di cognome si chiamava Menegatti: Menegatti, Felisatti, Borgatti, qualcosa di simile. Ma a parte questo: casa privata o osteria, un posto da starci con sufficiente tranquillità e sicurezza, un posto lontano, non importa se per poco, da tutto e da tutti quasi altrettanto quanto una botte sperduta in mezzo alle valli, dov’è mai che avrebbe potuto trovarlo meglio che a Volano? Lo stomaco, ecco, ricominciava a bruciargli. Di nuovo quel gusto d’acido in bocca. Bisognava nutrirsi. E subito. Alina Baci-Pop Il testo rende evidente l’agitazione del personaggio attraverso una struttura testuale spezzettata e frantumata, realtà segnalata anche da una moltitudine di segni di punteggiatura, in particolare dai due punti, dai segni interrogativi ed esclamativi. I due punti, di cui Bassani fa un uso molto personale, mette in risalto il dramma emozionale del personaggio: “Sarebbe potuto rimanere a Volano, anche: se non per l’intera giornata, almeno per qualche ora. […] Di cognome si chiamava Menegatti: Menegatti, Felisatti, Borgatti, qualcosa di simile”. Le due situazioni in cui appare questo segno di punteggiatura servono a chiarire l’intento immediato del personaggio ma, nello stesso tempo inducono l’idea di confusione affettiva, data la sua incapacità di prendere giuste decisioni. Le frasi avrebbero potuto finire prima dei due punti. Quello che segue aggiunge nella prima variante un’informazione di natura argomentativa e nella seconda solo un elenco. Apparentemente, ambedue le formulazioni esplicitano quanto è stato detto anteriormente, ma in realtà complicano l’esposizione lasciando il personaggio nello stesso stato di confusione di prima. Un’altra pausa, creata attraverso questo segno grafico, appare nella descrizione di un posto dove il personaggio vorrebbe andare: “Ma a parte questo: casa privata o osteria, un posto da starci con sufficiente tranquillità e sicurezza, un posto lontano, non importa se per poco, da tutto e da tutti quasi altrettanto quanto una botte sperduta in mezzo alle valli, dov’è mai che avrebbe potuto trovarlo meglio che a Volano?”. I segni di punteggiatura dividono il discorso, lo frammentano. I due punti messi alla fine di un primo e sintetico enunciato nominale conferiscono a quel che segue un carattere di irruzione che non fa altro che isolarlo. La frase situata dopo i due punti, composta di un susseguirsi di sintagmi con funzione sintattico - descrittiva, appare come una forma di mise-enrelief. Questo enunciato non svolge una relazione con quello di prima, in quanto la soluzione adatta viene suggerita da una interrogativa finale: “dov’è mai che avrebbe potuto trovarlo meglio che a Volano?.” Le poche frasi ellittiche che seguono all’interrogazione tradiscono una volta in più lo stato di confusione del personaggio che non riesce a capire se stesso: “Di nuovo quel gusto d’acido in bocca. […] E subito.” Sin dall’inizio il testo acquisisce un tono speciale grazie alla diversità dei tempi usati. Naturalmente oltre ai segni di interpunzione, sono attivi gli altri fenomeni tipici dell’indiretto libero. La presenza del passato del condizionale in proposizioni principali colloca l’azione in una zona incerta, evocando un’azione che l’attante avrebbe potuto fare, ma non l’ha fatta: “Sarebbe potuto rimanere a Volano, […]; […] dov’è mai che avrebbe potuto trovarlo meglio che a Volano?”. Il presente dell’indicativo mette le incertezze del personaggio nell’ambito della generalità di valenza universale: “Chi lo sa; non importa; dov’è mai.” In alternanza con l’imperfetto, i verbi al presente danno al commento un carattere quasi colloquiale. L’avverbio “ecco” messo accanto a un verbo all’imperfetto (“ricominciava”) non fa altro che riportare il discorso in un momento reale, facilitando al lettore di conoscere da vicino le cose vissute dal personaggio. 2 I Due Punti Nell’indirettoLibero Bassaniano Il seguente testo preso dallo stesso romanzo ci mette di fronte di nuovo a un discorso indiretto libero staccato e frantumato, messo in rilievo anche dalla fitta punteggiatura: (2) Stava dunque là, nel frastuono dell’acqua che scendeva a precipizio nella vasca, e tenendo d’occhio il livello che intanto saliva. Pensava alla caccia in valle: a come era prima della guerra, e a come era da supporre che fosse diventata adesso. Prima della guerra – ricordava –, un signore di Ferrara poteva, la domenica, andare a sparare le sue due fucilate dalle parti di Codigoro o di Comacchio essendo sicuro al mille per mille della buona accoglienza e del rispetto generale. Di più: dal punto di vista pratico, dell’organizzazione, tutto risultava accuratamente predisposto – e si capiva che era stato sempre così, da secoli – perché allo stesso signore fosse facile muoversi, stare, rifocillarsi, insomma trovare sul posto qualsiasi cosa di cui avesse bisogno. Ma al giorno d’oggi? A parte che rappresentava già un grosso azzardo, al giorno d’oggi, attraversare le campagne in automobile (tale e quale come nel ’19 e nel ’20 c’era chi si era visto sfondare il parabrise da un pietrone da macero: mani ignote l’avevano scagliato da dietro una siepe), cos’altro c’era da attendersi, a farsi vedere in giro da quelle parti con doppietta a tracolla o meno, se non sguardi torvi, spalle ostinatamente voltate, o addirittura aperti ghigni di sfida? I tempi dei sorrisi, delle scappellate, degli inchini, erano finiti. Per tutti: ex perseguitati politici e razziali compresi. (Idem: 748) Il passo inizia con la presentazione della situazione espressa dallo scrittore. Il tempo della esposizione dei fatti è l’imperfetto dell’indicativo, che rappresenta la narrazione dello scrittore. Il passaggio all’indiretto libero si fa in una maniera quasi inavvertita. Il dubbio contenuto dal verbo – pensava – che può introdurre un discorso indiretto attraverso la congiunzione che, viene annullato dall’apparizione di un segno grafico particolare: i due punti. In questo caso si tratta del verbo pensare che regge la preposizione “a”: “Pensava alla caccia in valle: …”, situazione che colloca la frase in discorso indiretto libero. Il personaggio fa una pausa prima di descrivere la caccia, cosa segnalata tramite l’uso dei due punti, scandendo la concatenazione del flusso dei suoi pensieri, per continuare poi con paragoni introdotti dall’avverbio “come”, che lo mandano in un tempo delle rimembranze e della memoria: “a come era prima della guerra, e a come era da supporre che fosse diventata adesso.” In questa sede, i due punti potrebbero sostituire un connettivo – infatti –, la cui mancanza trasforma l’enunciato in un testo più sintetico, che cattura l’attenzione. L’avverbio temporale “adesso” (deittico di prima persona) ci dimostra chiaramente che le parole appartengono al personaggio e non allo scrittore. Se si fosse trattato della semplice narrazione l’autore avrebbe usato “allora” (deittico di terza persona). Nello stesso passo lo scrittore segnala l’uso del discorso indiretto libero tramite le lineette o i trattini, segni di punteggiatura interposti (all’interno della frase), separando i due discorsi, Alina Baci-Pop quello narrativo appartenente allo scrittore da quello in indiretto libero che rappresenta la voce del personaggio: “Prima della guerra – ricordava –, un signore di Ferrara poteva, […].” Nel secondo caso dell’uso dei trattini (“– e si capiva che era stato sempre così, da secoli –”), non si può dire con certezza che le parole appartengano allo scrittore, visto che la funzione della congiunzione coordinativa “e” rimane solo quella naturale e non serve da commutatore di piani stilistici. L’interrogativa di fattura nominale (“Ma al giorno d’oggi?”) seguita da una interrogativa complessa all’interno della quale c’è la parentesi, spezzettata anche essa al suo interno dai due punti (“A parte che rappresentava già un grosso azzardo, al giorno d’oggi, attraversare le campagne in automobile tale e quale come nel ’19 e nel ’20 c’era chi si era visto sfondare il parabrise da un pietrone da macero: mani ignote l’avevano scagliato da dietro una siepe), cos’altro c’era da attendersi, […] o addirittura aperti ghigni di sfida?”), mirano a una sintassi specifica al parlato spontaneo e non a quella del testo prosastico propriamente detto. La frase ellittica tronca che mette fine al brano (“Per tutti: ex perseguitati politici e razziali compresi.”) comprima anch’essa l’espressione dando un senso di immediatezza e di semplicità, tratti specifici dello stile bassaniano. Il seguente testo estratto dal Giardino dei Finzi-Contini (pp. 453-454) evidenzia un uso dei due punti con valenze diverse: (3) Dunque: le finestre per la precisione erano due. Guardavano entrambe a mezzogiorno, ed erano così alte dal suolo che ad affacciarvisi, con sotto la distesa del parco e coi tetti che si stendevano oltre il limite del parco a perdita d’occhio pareva di farlo dal ponte di un transatlantico. Fra le due finestre un quarto scaffale: lo scaffale dei libri inglesi e francesi. Contro la finestra di sinistra una scrivania tipo ufficio, affiancata dal tavolinetto della portatile da una parte, e, dall’altra, da un quinto scaffale, quello dei libri di letteratura italiana, classici e contemporanei, e delle traduzioni: dal russo, per lo più, Puskin, Gogol, Tolstoi, Dostojevski, Cecov. Per terra un grande tappeto persiano, e al centro della camera, che era lunga ma piuttosto strettina, tre poltrone e una Rècamier, da sdraiarcisi a leggere. Due porte: una d’entrata, in fondo, accanto alla finestra di sinistra, comunicante direttamente con la scala e con l’ascensore, e una a pochi centimetri dall’angolo della stanza opposto e contrario, che dava nel bagno. Il testo inizia con una congiunzione conclusiva che impone, attraverso il segno d’interpunzione usato, i due punti, un breve stacco dell’enunciato, assumendosi anche la funzione di evidenziare che la parte che segue ha un’importanza particolare. Questo “dunque” ha paradossalmente anche un valore introduttivo. La parola viene seguita da un intero passo che si incentra sulla descrizione della stanza di Micòl. I due punti potrebbero benissimo tener posto della virgola, che non cambierebbe per niente il significato della frase. Ma la virgola non avrebbe attirato l’attenzione, come fa la pausa imposta dai due punti, 4 I Due Punti Nell’indirettoLibero Bassaniano che di certo seguirà un passo importante che deve essere approfondito. Il secondo uso di questo segno di punteggiatura (“Fra le due finestre un quarto scaffale: lo scaffale dei libri inglesi e francesi.”) serve a indurre una sorta di incertezza, sottolineando che ci sono ancora molte cose da scoprire. La ripetizione della parola “scaffale” non fa altro che rendere notevole l’importanza dei libri che si trovano su di esso. Il terzo uso dei due punti lascia l’impressione di un discorso diverso, semplificato (“Due porte: una d’entrata, in fondo, accanto alla finestra di sinistra, comunicante direttamente con la scala e con l’ascensore, e una a pochi centimetri dall’angolo della stanza opposto e contrario, che dava nel bagno”), dato che attira l’attenzione più di quanto lo avrebbe fatto una proposizione enunciativa, del tipo: C’erano due porte…. Attraverso questo segno grafico Bassani semplifica, dunque il linguaggio, nonché attrae l’attenzione del lettore su cose che lui considera importanti. Ecco un altro testo preso dal racconto Gli ultimi anni di Clelia Trotti (pp. 213-214), in cui i due punti introducono all’interno dell’indiretto libero una frase di particolare importanza per il modo bassaniano di troncare il discorso: (4) (…) E già che era stata menzionata l’assemblea della Cassa Agricola, perché non ricordare a questo proposito che l’onorevole Bottecchiari, il socialista avvocato Mauro Bottecchiari, il quale fino alla caduta del «governo Badoglio» aveva figurato come facente parte del Consiglio d’Amministrazione della medesima, era stato dimesso a Natale dal carcere di via Piangipane per diretto intervento di lui, Carlo Aretusi? Anche la maestra Trotti, altra socialista, era stata posta in libertà nella stessa occasione, e peccato che adesso non potesse più venire a testimoniare in suo favore. Però l’onorevole Bottecchiari godeva tuttora di ottima salute. E dunque perché mai non si provvedeva immediatamente a convocarlo (gran brava persona, l’onorevole Bottecchiari, leale, al di sopra di ogni meschinità, e appunto per questo anche lui fin dai lontani tempi del ’20, del ’22, ne aveva sempre avuto la massima stima), invitandolo a riferire quanto a sua conoscenza? La verità era che il costume politico odierno risultava dovunque in Italia troppo peggiore di quello di una volta! E rimaneva da dire un’altra verità ancora: che oggi in Carlo Aretusi si sarebbe voluto condannare soprattutto il Reggente della Segreteria Federale fascista di Ferrara, «assurto» a tale carica il giorno successivo all’assassinio del console Bolognesi. Per una ragione come questa, «squisitamente politica», si chiedeva oggi la pelle di Carlo Aretusi. Sennonché un tribunale «serio», un tribunale «regolare», un tribunale che non si fosse lasciato «condizionare dalle passioni di parte», avrebbe subito compreso come la carica di Reggente lui allora l’aveva accettata allo scopo esclusivo di impedire a tanti «facinorosi irresponsabili» di instaurare il regime del terrore. E difatti quale era stato il primo provvedimento che lui aveva preso non appena nominato Reggente se non Alina Baci-Pop quello di restituire senza indugio le salme della vittime alle rispettive famiglie? Il testo scelto sorprende in discorso indiretto libero le valutazioni di Bruno sulle persone che circondano la sua amica Clelia Trotti. Il fluire dei pensieri si esprime attraverso un susseguirsi di frasi interrogative ed esclamative che ad un certo punto fungono da cornice per future risposte e soluzioni. Questa circostanza viene trasformando il tono inquisitorio della prima parte del testo in uso meditativo. L’uso dei due punti (“E rimaneva da dire un’altra verità ancora: che oggi in Carlo Aretusi si sarebbe voluto condannare soprattutto il Reggente della Segreteria Federale fascista di Ferrara, «assurto» a tale carica il giorno successivo all’assassinio del console Bolognesi.”) mirando alla parola “verità”, trasforma tutto ciò che segue in un aggiunto fondamentale, servendo a dare un rilievo particolare all’intero contenuto, visto che la frase è proiettata in futuro grazie all’impiego del condizionale passato. Il discorso fluisce liberamente per tornare poi alla tonalità dell’inizio, con una forte impronta interrogativa. I due punti usati nel testo seguente, preso dal racconto Una notte del ’43 (pp. 198-199) introducono una frase esclamativa: (5) (…) Nessun vero italiano se la sarebbe sentita di approvare un delitto come quello, che tendeva, era chiaro, a imitazione pedissequa della Jugoslavia e della Francia, a far divampare anche da noi gli orrori della guerra partigiana. La distruzione di tutti i valori della civiltà mediterranea e occidentale, insomma il comunismo: ecco il vero traguardo della guerra partigiana! Ché se gli jugoslavi e i francesi, nonostante l’esperienza recente della Spagna, volevano il comunismo, padroni, si tenessero pure il loro Tito e il loro De Gaulle. Agli italiani oggi come oggi si imponeva un obbligo solo: restare compatti e salvare il salvabile . Questo testo realizzato in discorso indiretto libero riguarda l’opinione espressa dal personaggio sul Comunismo. I due punti seguono dopo una lunga presentazione del movimento politico, contenuta in frasi espositive e interrogative, brano dal quale abbiamo scelto il seguente frammento: “La distruzione di tutti i valori della civiltà mediterranea e occidentale, insomma il comunismo: ecco il vero traguardo della guerra partigiana!”. La pessimistica conclusione del personaggio acquista una particolare importanza dato che viene collocata dopo la pausa, imposta dai due punti. Il suo carattere esclamativo rafforzato dall’uso dell’avverbio presentativo (“ecco”) dà una speciale espressività al discorso. Il secondo appello allo stesso sistema segnaletico (“Agli italiani oggi come oggi si imponeva un obbligo solo: restare compatti e salvare il salvabile.”) rende importante il carattere esplicativo della frase retta dalla giusta collocazione di due verbi impersonali. A questo punto è la parola “obbligo” che viene esplicitata attraverso una infinitivale 6 I Due Punti Nell’indirettoLibero Bassaniano che serve a trasformare l’enunciato in una specie di slogan destinato a destar le anime di tutti gli italiani: “restare compatti e salvare il salvabile.” Il passo scelto dall’Airone (p. 844) propone due vie diverse che lo scrittore adopera per sfruttare l’uso dei due punti: (6) D’un tratto ebbe davanti a s÷ il volto della donna in tailleur scuro che aveva notato, anche lei, giù in sala de pranzo: la sua larga, pallida faccia da ex contadina magari del posto, i suoi grandi occhi opachi, senza sguardo, le sue grosse labbra carnose, cariche di rossetto. Prima che si lasciassero, Bellagamba gli aveva gridato allegramente: «Buon riposo!». Ma a pensarci, che cosa aveva, Bellagamba, per essere tanto allegro? Lo prendeva un po’in giro, è naturale, come si usa fare con chi ha troppo bisogno di te, della tua protezione, e in ispecie con gli ubriachi. Tuttavia non poteva anche darsi che avesse cercato di dirgli a modo suo, da vero ruffiano, che stesse tranquillo, non si desse pensiero, giacché la puttana da mille am-lire, non di più!, con la quale lo aveva visto scambiare occhiate durante tutto il pranzo ci avrebbe pensato lui, Bellagamba Gino, a mandargliela subito di sopra, in camera? Già, già: ecco cosa prometteva Bellagamba, adesso l’aveva capito, con tutto quel suo sogghignare, con tutto quel suo ammiccare, con tutto quel suo insistente, continuo, perpetuo dire e non dire! Il primo caso in cui appare questo segno grafico divide la frase in due parti disuguali e che appartengono a due piani narrativi diversi. È lo scrittore quello che realizza la prima parte, come se fosse un’introduzione, mentre la seconda inquadra in discorso indiretto libero l’intervento del personaggio, che dà vita a un ritratto di donna. Questa seconda parte, configurata attraverso gli occhi del personaggio acquisisce un netto valore descrittivo attraverso enumerazioni cumulative in cui si fanno palesi le caratteristiche fisiche della donna che osserva. Il secondo uso dei due punti segnala un testo in discorso diretto collocato nel mezzo dell’indiretto libero: “Prima che si lasciassero, Bellagamba gli aveva gridato allegramente: «Buon riposo!».” L’esclamativa non può fare a meno di sottolineare le parole dette da Bellagamba, a cui il personaggio non trova senso. Poi, tutta una serie di esclamative e interrogative vengono a formulare supposizioni sull’accaduto. In fine si arriva a una specie di soluzione che, ovviamente, viene messa in risalto attraverso i due punti: “Già, già: ecco cosa prometteva Bellagamba, adesso l’aveva capito, con tutto quel suo sogghignare, con tutto quel suo ammiccare, con tutto quel suo insistente, continuo, perpetuo dire e non dire!”. Questa conclusione ha per il personaggio un’importanza particolare in quanto viene accennata dall’uso ripetitivo dell’avverbio – “già” –, che avverte, in un certo senso, della gravità delle nuove cose da scoprire. Tutto attraverso una esclamativa complessa che debutta con l’avverbio presentativo “ecco”, munito di immediata forza persuasiva. Alina Baci-Pop Come notato sopra i due punti sono un segno di interpunzione molto espressivo, che più di segnare una pausa, mettono in evidenza una certa parte del discorso cui si vuole dare un rilievo particolare. Infatti, nei testi analizzati questo segno grafico si assume la funzione di specificazione, di illustrare e argomentare, addirittura di chiarire quanto affermato in precedenza. Attraverso queste analisi abbiamo dimostrato l’uso molteplice che veste questo segno grafico all’interno dell’indiretto bassaniano, mica soltanto davanti a un elenco o a un discorso diretto, ovviamente con funzione segmentatrice. Bassani, comunque, rimane un autore che ricorre all’uso dei due punti volentieri, e sempre con opportunità ed efficacia mostrando che la punteggiatura all’interno del processo di elaborazione testuale non svolge un ruolo secondario. BIBLIOGRAFIA Bassani, G., “Una notte del ’43”, in Il Romanzo di Ferrara, Milano, Mondadori, 1991. Bassani, G., “Gli ultimi anni di Clelia Trotti”, in Il Romanzo di Ferrara, Milano, Mondadori, 1991. Bassani, G., “Il giardino dei Finzi-Contini”, in Il Romanzo di Ferrara, Milano, Mondadori, 1991. Bassani, G., “L’Airone”, in Il Romanzo di Ferrara, Milano, Mondadori, 1991. ABSTRACT In achieving indirect speech, a few graphic elements have a very special function: that of indicating the appearance of some discursive values different from those achieved if the words belonged to narration proper. Some punctuation marks (colon, suspension points, hyphen, dash, parentheses) acquire the function of encoding the written message, immediately indicate the character of the discourses that contain a particular person’s reflection or other people’s reflection. Key words: free indirect speech, punctuation, personages 8