Capitoli 7-8

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Capitoli 7-8
Ruedokioilfiorediciliegio
Detective Conan Fan Fiction by Eowyn79 (Alias Lucas Corso)
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Settimo Capitolo
Kazuha Toyama aveva finto di addormentarsi per lasciare che il dott. Agasa si allontanasse
tranquillo e dare così a tutti di là in salotto, l’opportunità di parlare liberamente.
Non era stupida. Da quando aveva fatto riferimento a quanto era successo, al rapimento andato a
monte, a quegli uomini, Kazuha Toyama si era accorta che tutti, nella stanza, si lanciavano occhiate
eloquenti, isolandola completamente dalla discussione.
Aveva ragione. C’era qualcosa sotto.
E questa volta era intenzionata a scoprirlo.
Per questo fu contenta di sentire che avevano deciso di andare in ospedale da Kudo senza ‘volerla
svegliare ‘, ma lasciandole solo un messaggio. Secondo Heiji lì sarebbe stata al sicuro.
Kazuha Toyama sorrise malignamente.
Afferrò la giacca e spalancò la finestra.
Dopo il volo che aveva fatto dallo stanza di Ran –chan quella gli sembrava una passeggiata.
Si spaventò a pensare che in una sola mattina era saltata da un appartamento al terzo piano, aveva
sfrecciato su una moto a velocità neanche contemplate nel codice stradale e l’avevano inseguita
sparandole addosso.
Sbuffò.
E non contenta aveva deciso di provare ancora una volta il brivido di lanciarsi da una finestra.
“Teoricamente non dovrei rompermi nulla” si disse la ragazza prima di lasciare che la gravità
facesse il suo lavoro.
“Abbiamo spostato la base operativa!” disse Hattori giulivo, entrando nella stanza dove avevano
provvisoriamente ricoverato Shinichi Kudo.
Il ragazzo si limitò a lanciargli uno sguardo di traverso.
“Ehi, ma dov’è il professore?” chiese Shinichi notando l’assenza dell’ometto occhialuto nel gruppo
di persone che aveva varcato la soglia della sua stanza d’ospedale.
“Ha ricevuto una telefonata da un suo collega” iniziò la piccola Ai Haibara fissando il ragazzo con
le iridi grigie imperscrutabili “l’ ha pregato di andare immediatamente da lui. Ci ha accompagnati
fin qui e poi è l’ ha raggiunto”
“Adesso?” fece il ragazzo sorpreso “ ma chi è?”
La bambina si limitò a scuotere le spalle.
E Shinichi Kudo strinse per un secondo gli occhi azzurri, fissando un punto imprecisato avanti a sé.
“Beh?” gli chiese Kid “sentito qualcosa d’interessante?”
Il giovane detective dell’est scosse la testa.
“Quando sono arrivato, nessuno sapeva dove fosse Ran. Takagi e Sato si sono offerti di aiutarci a
cercarla. C’era anche Megure, ma è tornato in centrale per definire la denuncia che Mouri ha sporto
contro ignoti. Anche la zia Kisaki si è messa a cercarla…”
E s’interruppe abbassando un attimo le iridi azzurre.
Poi, come se avesse voluto scacciare qualcosa di poco piacevole dalla testa, alzò nuovamente lo
sguardo sui suoi amici che si erano precipitati in ospedale e sorrise, sicuro come al solito.
“Allora si può sapere che cosa avete scoperto di così interessante da dovere richiedere la mia
immediata presenza?”
Heiji Hattori lo fissò di sbieco, come al solito quasi offeso da tutta quella spavalderia.
“Sembra che il nostro ladro abbia fatto una fortunata scoperta…” il ragazzo di Osaka prese uno dei
due strani volumi quadrati dalla borsa che si era portato dietro e lo porse a Kudo.
“Prova a guardarlo in controluce” sorrise Kid sedendosi sul letto, il piede destro ancora poggiato per
terra.
Ai Haibara e Heiji Hattori si avvicinarono anch’essi al giovane per vedere meglio.
“Filigrana?” chiese Kudo perplesso.
“Te l’avevo detto che quelle pagine sembravano un po’ troppo pesanti!” rise Hattori lanciandogli
uno sguardo saputo.
“Si ma non c’è scritto niente” disse Haibara prendendo il volume dalle mani di Kudo “si tratta solo
di una linea verticale”
“Già” s’intromise Kid guardando la bambina “ma se guardi alla pagina successiva la linea
cambia…è orizzontale. E la filigrana c’è solo in queste pagine”
Shinichi Kudo prese di nuovo il volume rosso dalle mani di Haibara pensando.
Che diavolo significava?
“Evidentemente quello che cerchiamo è proprio in queste due pagine” disse lasciando che i
polpastrelli scorressero sulla carta pesante e ruvida.
La disposizione delle parole era elegante, ordinata, mentre percorreva le due pagine da destra verso
sinistra.
Quello era un breve racconto. Un racconto che si esauriva in due sole pagine.
“Magari il contenuto del testo può esserci utile” disse Haibara come leggendogli nel cervello.
“È vero” fece Hattori notando all’improvviso quello strano particolare “forse voleva dirci qualcosa
nascondendolo in un’allegoria…”
“Non credo” disse Kid scuotendo la testa “ ho già letto quel racconto. Non c’è niente di particolare.
A parte il fatto di essere ben scritto. Tuttavia non è uno dei migliori componimenti di Imai. Si tratta
solo di una breve fiaba, la storia di un bambino che si perde in un castello d’ombra per cercare il
tesoro che gli era stato rubato. Salendo la scala di vetro che conduce al castello incontra un corvo
parlante che decide di fargli da guida”
“Il corvo a tre occhi è una delle altre rappresentazioni dell’occhio onniveggente, antico simbolo
divino che venne utilizzato da sette, come ad esempio quella degli Illuminati, per esprimere capacità
cognitive maggiori rispetto al resto dei fedeli di qualsiasi altra fede” disse Shinichi Kudo facendo
scorrere ancora una volta le pagine” è solo uno dei tanti simboli che Imai utilizzava per analizzare
le sfaccettature dello spirito umano”
“Pensi, quindi, che non abbia niente a che fare con quello che cerchiamo noi?” chiese Hattori
pensieroso.
“E cosa cerchiamo noi?” fece Shinichi Kudo sorridendo.
“Beh? Perché non vuoi risolvere il mistero di un tuo antenato?” domandò Heiji Hattori
sinceramente sorpreso.
Il giovane detective del Kanto si lasciò andare sul cuscino e poggiò la nuca sulle mani.
Effettivamente…c’erano molte cose in sospeso…e perché Kazumoto aveva una copia di quel libro?
Cosa c’entrava con l’Organizzazione? Che diavolo cercavano in uno scritto che celava uno strano
codice da filologi e che non aveva niente a che fare con traffici di droga, armi o qualsiasi altro tipo
di affare illegale che gli uomini in nero potessero svolgere? Imai era vissuto più di cent’anni prima
e quella raccolta di componimenti così complessa alla fine poteva anche essere solo lo scherzo di un
autore un po’ troppo arrogante e deluso dalla vita.
“Non è meglio che gli dici quello che sai?” disse Haibara rivolgendosi al ladro Kid e riportando
Shinichi Kudo sulla terra.
Kaito Kid scivolò dalla sponda del letto e si rimise in posizione eretta.
Si avvicinò alla finestra e fissò la spoglia criptomeria che, oltre il vetro, si poteva vedere ondeggiare
al frizzante vento di dicembre.
“Sembra che Imai non si interessasse solo di letteratura” iniziò Kid con un sospiro “non ne so
molto, ma pare che in questo suo diario tanto ben nascosto sia celata una scoperta sensazionale”
“Di che tipo?” chiese Kudo attonito.
Kid scosse la testa.
“Io non lo so. Ma a quanto pare, quelli si. E sembra che sia qualcosa che li interessi. Molto”
“Ma Mouri cosa c’entra?Perché progettare di rapirla?” fece Hattori fissando Haibara che aveva
preso in mano il libro e lo stava sfogliando, accarezzando delicatamente ogni pagina.
“Quella donna sa di noi” disse Kudo serio “ tuttavia l’ultima volta che ci siamo scontrati ci ha
risparmiato la vita….non riesco ancora a spiegarmi il perché… “ aggiunse poi pensieroso.
“Può essere che vogliano Mouri per te” intervenne Haibara passando il libro ad Hattori “non hai
pensato che, magari loro hanno uno dei cinque libri fatti stampare da Imai?”
“Probabile. Ma dove vuoi arrivare?”
“Ma ti sei rincitrullito?” strillò Heiji fissandolo di traverso “Haibara ha ragione! Se c’era un ritratto
di quella donna così simile a Mouri nella tua copia, potrebbe trovarsi anche in una di quelle in mano
dell’Organizzazione!”
“Ma che ci farebbero con una sosia della moglie di Imai?” chiese Kid dubbioso “Non credo che
pensino di ricavarne qualche segreto. Sono passati più di cento anni!”
“Forse sapevano che una delle copie era in tuo possesso e hanno pensato di ricattarti” ipotizzò Heiji
sedendosi su una sedia di plastica verde.
“È in possesso di mio padre” precisò Kudo “e Ran non c’entra niente con lui”
“Magari è solo un pazzo criminale arrestato da Mouri tanto tempo fa di cui si è
dimenticato…”azzardò il ragazzo di Osaka poco convinto.
Ai Haibara si portò una mano al mento pensierosa.
Quella donna non voleva uccidere il suo angelo, questo si capiva benissimo, e nemmeno Kudo –
kun. Era lei il suo unico, vero obiettivo. Ma Mouri che c’entrava? E perché rapirla?
“Ehi, non vi sembra che la carta filigranata sia differente da quella delle altre pagine?” disse Heiji
Hattori osservando con più attenzione i fogli del libro.
“Le pagine filigranate sono in pergamena” spiegò Kid con uno sbadiglio “mentre il resto è
addirittura in papiro. Lavorato come accadeva ai tempi degli antichi egizi. Pare che sia stato lo
stesso Imai a volerlo in questo modo”
“Papiro?” chiese Shinichi Kudo, una luce che gli si accendeva nella testa “papiro lavorato alla
maniera degli antichi egizi…”ripete soprappensiero. Prese di nuovo in mano il libro e lo sfogliò,
l’ennesima volta, finché il suo sguardo non finì ancora sulla xilografia in appendice.
Non era cambiato nulla.
C’erano sempre un uomo incappucciato e una donna che giocavano a scacchi, mentre un corvo
stava appollaiato su un trespolo poco distante. La stanza vuota, una porta di legno sul fondo.
“Se fossero reali quei pezzi cadrebbero!” disse Hattori fissando annoiato l’immagine “ quella
scacchiera ha una pendenza spaventosa!”
“E’ una stampa Hattori – kun!” sghignazzò Kid prendendosi gioco del ragazzo “però effettivamente
manca di prospettiva più del resto dei particolari”
”Un indizio per attirare l’attenzione probabilmente” intervenne Haibara sedendosi anche lei sul
letto.
Shinichi Kudo fissò la scacchiera rapito.
Poi sorrise.
Quel sorriso che i suoi amici erano abituati a vedere sul suo volto quando cominciava a capire.
“Il papiro, come si fabbricava più di mille anni fa, eh?…ingegnoso” disse solo, mentre gli altri tre
ragazzi cominciarono a guardarlo perplessi.
L’atrio del cottage era scuro e completamente vuoto. Sul pavimento nessuna traccia di lei.
La donna dai capelli biondi voltò lo sguardo intorno, infastidita. Quella ragazzina gli stava creando
più problemi di quanti non aveva immaginato e se nelle prossime quarantotto ore non sarebbe stata
tranquilla nessuno di loro avrebbe avuto ciò che voleva.
Sbuffò guardando di sfuggita quell’uomo magro che aveva deciso di farsi chiamare Martini. Un
cecchino disperatamente bravo, ma un idiota per tutto il resto. Avrebbe dovuto ricordarsi che il suo
angioletto era la fidanzatina del ‘Silver Bullet ’ e non era certo da sottovalutare.
Setacciò l’ampio ingresso, cercando con la torcia elettrica anche nei punti più oscuri. Ma dell’
angelo non c’era traccia.
Il vecchio pendolo dello studio al secondo piano batté due rintocchi.
Era troppo tardi per preoccuparsi di lei.
Adesso aveva altro da fare.
“Setaccia la casa. Tutta” disse fissando minacciosa Martini, i capelli come paglia scossi dal terrore
“trovala e fammelo sapere al più presto. Domani sera dovrà essere tutto perfetto per i nostri
ospiti…”
Quella donna che si faceva chiamare Vermouth fece risuonare ancora una volta il suoi alti tacchi sul
freddo pavimento di marmo.
La sua unica speranza era che la ragazza non fuggisse prima di domani sera.
Ran Mouri si strinse ancora di più alla parete dello stretto passaggio che aveva trovato; un
ripostiglio, uno scomparto segreto…qualunque cosa fosse le aveva salvato la vita.
Sentiva il sangue batterle con violenza sul timpano e il sudore scivolarle oltre la schiena
provocandole dei brividi ancora più forti.
Calma.
Forse Conan le aveva attaccato il raffreddore.
Sorrise.
Pensare a quel bambino la metteva sempre di buon umore.
Forse perché si trattava di Shinichi in realtà.
Già.
Shinichi.
Era stato lui. L’aveva visto! Era stato lui a farle trovare quel nascondiglio oppure se l’era sognato?
“Ancora una volta” sussurrò la ragazza a se stessa. Si morse un labbro. Doveva stare attenta o
l’avrebbero sentita.
Ora la cosa più importante era riuscire a capire come diavolo andarsene da lì. Accostò l’orecchio
alla porta.
Nessun rumore.
Evidentemente nessuno sapeva di quello scomparto.
Ran Mouri si fermò un secondo prima di aprire la porta mimetizzata nel muro.
Perché.
Perché uno scomparto segreto in una zona della casa tanto strana? Si trattava di un atrio, oppure si
sbagliava? In realtà non aveva avuto l’occasione di osservare per bene quella sua strana prigione.
La ragazza strinse gli occhi decisa e fece un profondo respiro.
Aprì la porta e la luce soffusa dell’atrio invase la stanzetta. La polvere ricopriva le pareti e tuttavia
sembrava che non ci fosse nulla di particolare in quel vano. Solo una decorazione, come un graffito
intaccava il legno vecchio del pavimento impolverato da anni; la ragazza si fermò a guardare. Era
come un uccello…si, sembrava un uccello che aveva in mano un pezzo degli scacchi…
Un rumore improvviso alle sue spalle spaventò Ran Mouri che si precipitò fuori, chiuse la porta per
bene e lanciò un’occhiata al corridoio dal quale era venuta.
Nessuno.
Le scale che dall’atrio salivano al secondo piano erano altrettanto vuote.
La ragazza si volse verso la porta.
Il detective Wataru Takagi aveva appena finito di controllare il centro commerciale che la
vibrazione del suo cellulare gli massaggiò il petto.
“Takagi” disse senza pensare di vedere chi lo stava chiamando “Sato –san!”esclamò non appena
riconobbe la voce della collega “no, non ho trovato Ran, mi dispiace. Sto tornando in centrale per
vedere se l’ispettore Megure ha ricevuto qualche notizia da Mouri. Sembra che anche la sua ex
moglie si sia messa alla ricerca della figlia. Si. Ci vediamo lì….eh?” chiese poi spiazzato “ti spiego
tutto, va bene, va bene…” fece poi rassegnato.
“Queste mogli!” sorrise divertito il venditore di hot –dog poco distante.
Il detective Takagi si limitò a scrollare le spalle.
“Allora?” chiese l’agente speciale investigativo Miwako Sato non appena il detective mise piede nel
suo ufficio “mi vuoi spiegare che è questa storia del furto?”
Takagi di riassestò la cravatta, a disagio, e lanciò degli sguardi furtivi in giro come spaventato dal
fatto che qualcuno potesse spiarli. Chiuse la porta dell’ufficio e fissò la donna serio.
Miwako Sato sentì il cuore accelerare i battiti per un secondo prima che l’uomo cominciasse a
parlare.
“Diciassette anni fa fu sporta denuncia per il furto di un libro raro” cominciò l’agente Takagi
continuando a fissare serio il suo superiore. Sato rimase impassibile, mentre sentiva il cuore
riprendere a battere in maniera regolare.
“Questo lo sapevo già” disse “va’ avanti”
“L’uomo che fu derubato era Ichiro Kazumoto, l’altra vittima dell’assassinio Hayasaka”
“Beh, una coincidenza” fece Sato lasciandosi sedere sulla morbida poltrona di pelle del suo ufficio.
“Il fatto è che…beh…quello fu l’ultimo…” cominciò il detective a disagio.
“L’ultimo di cosa?” chiese Sato perplessa.
Wataru Takagi afferrò una sedia e la portò accanto alla donna avvicinandosi deciso “L’ultimo furto
del famoso ladro Kid” disse tutto d’un fiato “almeno prima che riapparisse qualche anno fa”
“Beh, sono fatti di Nakamori, no?” fece Sato noncurante.
“Si,ma beh….”balbettò Takagi fissando Yumi che passava e gli lanciava un’occhiata
d’approvazione oltre il vetro dell’ufficio “il fatto è che intorno a quel libro c’è una leggenda”
“Adesso sconfiniamo anche nel paranormale?” chiese Sato sarcastica.
Takagi la fissò di sottecchi “No. Ma potrebbe svelarci il segreto della scomparsa di una persona
avvenuta più di cent’anni fa”
“E che c’entra Kudo?”
“Una delle cinque copie che compongono questa strana collana di libri è in possesso proprio di
Yusaku Kudo…” fece Takagi appoggiandosi allo schienale della sedia con disinvoltura.
“Ma non ti sembra sia passato un po’ troppo tempo?” domandò Sato con un sospiro “ anche se,
come dici tu, questo libro potrebbe aiutarci a scoprire le cause della scomparsa di…di chi?”
“Eri Kudo” disse Takagi tranquillamente, fissandola.
“Eri Kudo..sono passati più di cent’anni…Kudo?” fece poi sorpresa guardando il collega.
Takagi sorrise.
“E poi c’è andolaa dtliaamninudo…stgup23E che c’entra Kuduvsl0 -E poi app15 Td(aante Takagi ) Tj0 -12ehe n
“Una scacchiera per la precisione” sorrise Shinichi Kudo disarmante “anticamente le foglie di
papiro venivano intrecciate fra loro in sensi ortogonali per poi passare all’essiccazione tra due
enormi blocchi di pietra che conferivano così sottigliezza alle pagine…”
“Tuttavia rimanevano delle ‘imperfezioni’, per così dire” intervenne Kid sorridendo “che quasi
proibivano di scrivere anche sul verso della pagina stessa”
“Si preferiva seguire l’andamento orizzontale delle foglie nel recto, non è così?” chiese Haibara
incrociando le braccia sul petto.
“Esatto” concluse Kudo.
“E l’andamento delle foglie intrecciate potrebbe suggerire proprio quello di una scacchiera” disse
Hattori sorridendo “ questo ci rimanda all’immagine presente alla fine del libro”
“La partita della donna con la morte ci offre il posto dove dobbiamo cercare quello che dovrebbe
interessarci” disse Kaito Kid avvicinandosi.
“E le pagine da analizzare sono proprio quelle nelle quali compare la filigrana, scritte in fogli di
pergamena” disse Heiji prendendo in mano il libro dalla copertina di rubino “ più precisamente, la
seconda nella quale è possibile vedere l’intrecciarsi delle due linee…”
“ Che ci forniscono in questo modo la dimensione delle caselle formandone una a bordo pagina”
concluse Haibara, impenetrabile come al solito.
“Beh?” chiese Kid con una strana luce negli occhi “ che aspettiamo ad iniziare?”
“Segua quella macchina” aveva detto, non senza un minimo di trepidazione, Kazuha Toyama al
conducente del taxi giallo che aveva fermato. L’uomo dall’aria tranquilla si era voltato verso di lei
perplesso.
“Sto solo seguendo dei miei amici per fargli uno scherzo!” sorrise la ragazza in imbarazzo.
Accidenti a Heiji e a quelle sue dannate manie da detective! Kid aveva ragione…la stava
influenzando!!
Il taxi partì con tranquillità seguendo la vettura poco più avanti, un maggiolino giallo dall’aria
vissuta.
Poco dopo Kazuha si rese conto che inseguire qualcuno nella realtà era più difficile di quanto non
accadeva nei film. C’erano il traffico, i semafori, le vecchiette e i bambini che hanno una
propensione naturale a gettarsi sotto le ruote delle auto di passaggio…
Quando oltre il muro di folla che si era precipitato in strada era riuscita ad avere di nuovo una
visuale della strada avanti al suo taxi, la ragazza si era resa conto di aver perso Heiji e gli altri.
Sbuffò, seccata. Non era mica giusto! Per una volta che si metteva lei in azione! E poi aveva
rischiato la pelle e nessuno aveva voluto offrirle una spiegazione decente dell’accaduto!
“Che faccio, signorina?” chiese il conducente con un mezzo sorrisetto di scherno.
“Prosegua lungo questa strada” disse” fino all’ospedale più vicino” aggiunse un attimo dopo
fulminata da quell’idea. Se Kudo era andato a cercare Ran – chan forse si era diretto all’ospedale
dove c’era suo padre!
Kazuha sorrise soddisfatta e lasciò che lo sguardo vagasse lungo le strade affollate.
Poi la vide.
Fu un attimo.
Ma quella non era Sonoko?
Si. E chi erano quegli uomini che erano con lei?
“Si fermi!” strillò al conducente”può invertire il senso di marcia? Ho visto una mia amica con cui
sto preparando questo scherzo e devo assolutamente parlarle!”
“Ma non avete i telefonini voi giovani!” sbuffò l’uomo contrariato. Si fermo tuttavia e riuscì a
rientrare nel traffico nel senso opposto.
Kazuha Toyama lanciava sguardi forsennati alla folla nel tentativo di riprendere la sua amica. La
vide a duecento metri di distanza entrare in una Maserati nero fumo, l’aria stranamente tranquilla.
“Adesso segua quella macchina!” disse la ragazza decisa slanciando una mano in avanti.
“Ma è una mania la vostra?” chiese l’uomo alla guida abbassandosi la visiera del berretto disperato.
Ovvero ‘naka’ (dentro), ‘eda’ (ramo), ‘wa’ (indica grammaticalmente il soggetto della frase), ‘en’
(cerchio), ‘rei’ (uno), ‘mune’ (stomaco, cuore), ‘oku’ (interno, profondo), di nuovo ‘rei’ e infine
ancora ‘eda’.
“Ma che diavolo significa?” chiese Heiji Hattori alzando uno dei suoi due folti sopracigli, perplesso.
Shinichi Kudo si scompigliò i capelli a disagio e fissò l’orologio da polso. Erano ormai le quattro
del pomeriggio. E non aveva ancora niente…non sapeva ancora niente.
L’allegro scampanellio di una samba brasiliana invase nuovamente il silenzio attonito della stanza.
Kaito Kid alzò uno sguardo divertito sulla tasca di Heiji Hattori che divenne nuovamente rosso
come un papavero nel tentare di rispondere al cellulare ormai diventato una sorta di tortura
mongola…
“Che c’è?” chiese infastidito dopo aver riconosciuto il numero di Kazuha “Si. Sono con Kudo,
ma…CHE?” strillò Hattori improvvisamente “MA CHE PERCHE’ DIAVOLO FAI SEMPRE DI
TESTA TUA! DOVE SIETE ADESSO? VENGO SUBITO!”
“Che è successo?” sospirò Ai Haibara sconsolata. Sembrava proprio che Kazuha Toyama quel
giorno sapesse attirarsi infiniti guai.
Heiji Hattori si fece serissimo mentre guardava dritto nelle iridi azzurre il suo rivale dell’Est.
“Kazuha è uscita da sola. Ha detto di aver visto Suzuki con degli strani uomini e di averla
seguita…”
Shinichi Kudo fissò il ragazzo di Osaka senza muovere un muscolo.
“Ha trovato Mouri” finì Heiji in un soffio.
Ottavo Capitolo
Sullo schermo del computer le informazioni scorrevano così rapidamente che il detective Wataru
Takagi sentì il cervello esplodergli solo al pensiero di doverle leggere tutte. Ma quello che stava
succedendo era veramente strano. Anche per Sato abituata alle situazioni più improbabili.
Il giovane si lasciò un attimo abbandonare contro lo schienale della sedia girevole.
Aveva chiamato Mouri e gli aveva detto che era rientrato in centrale, ma Sato avrebbe continuato le
ricerche. La figlia dell’ex poliziotto amico dell’ispettore Megure non era stata ancora ritrovata e,
forse, qualcuno aveva cercato di rapirla quella mattina.
Takagi incrociò le braccia sul petto e strinse gli occhi, concentrato.
Per quanto facesse o pensasse c’era un unico sottile filo che legava tutti quegli avvenimenti: il nome
‘Kudo’.
Ma il fatto che la donna scomparsa cento anni prima portasse lo stesso cognome del famoso
scrittore poteva essere un caso.
Se Imai non fosse stato uno scrittore.
Wataru Takagi lanciò un’occhiata alla denuncia arrivata diciassette anni prima e al foglio che aveva
mostrato a Sato poco fa: una nuova denuncia di scomparsa dello stesso libro raro…fatta dallo stesso
uomo che avevano scoperto essere già morto quando il documento era stato redatto. Hiroyuki
Kazumoto, infatti, era stato ucciso prima che la domanda fosse compilata.
E allora chi diavolo l’aveva fatta? E perché?
E perché dopo tanto tempo Shinichi Kudo era tornato proprio adesso? Che suo padre gli avesse
parlato della leggenda che stava dietro a quei cinque libri?
Il detective Takagi fece scivolare pigramente il dito medio sulla rotella del mouse per far scorrere i
siti web che apparivano sul motore di ricerca che aveva consultato.
Partire da una documentazione su Imai era la prima cosa da fare. Lui ne sapeva pochissimo e il
personaggio era fin troppo enigmatico.
Cominciò da un sito a caso, cliccando malamente sul mouse, sbuffando; odiava fissare uno schermo
per troppo tempo e sapeva che quella ricerca sarebbe stata lunga…molto lunga.
Quando, un paio d’ore dopo, stava consultando l’ennesimo sito dal layout più raffinato del solito, si
rese conto che c’era una sezione che poteva interessargli più delle diecimila informazioni inutili che
aveva scorso. Premette il pulsante sinistro del mouse e la pagina web iniziò lentamente ad aprirsi. E
quando anche le immagini cominciarono ad essere visibili, il detective Wataru Takagi seppe di aver
risposto almeno ad una parte del mistero.
Ran Mouri vide due paia d’occhi fissarla preoccupati.
“Brutta scema idiota!” disse Sonoko Suzuki acchiappandola con una forza spropositata e
scuotendola tutta.
“Ehi, ehi!” sorrise Ran mettendole delicata una mano sulla spalla “ devo proprio ringraziarvi! Siete
state provvidenziali!”
“Ma si può sapere che è successo?” le chiese Kazuha sorpresa “tu non eri a casa quando quegli
uomini ci hanno assalito….”
Ran Mouri e Sonoko Suzuki fissarono l’amica, perplesse.
Kazuha Toyama sorrise e capì di aver detto qualcosa di troppo.
Poco dopo la porta della residenza Agasa, dove le tre ragazze avevano trovato un provvisorio
riparo, si spalancò e anche un ometto piazzato come Hiroshi Agasa fece fatica a trattenere l’enfasi
di quei lunghi capelli castani.
“Lasciatemi andare!” sbraitava Ran Mouri agitando le braccia bloccate dalle sue due migliori
amiche e dall’inventore “devo andare da papà! Lasciatemi! Non so neanche come sta! Non posso
starmene qui seduta tranquilla mentre qualcuno è entrato in casa mia e ha picchiato mio padre! Con
quella sua boria avrà di sicuro litigato con qualcuno che è venuto a vendicarsi…”
“Ran….?” Chiamò una voce oltre il cancello del giardino.
Ran Mouri si bloccò all’istante; nel petto uno strano fuoco aveva cominciato ad agitarsi insieme
all’angoscia per essere all’oscuro sulla sorte di suo padre. La ragazza alzò il volto e lo vide.
Era lì. Proprio oltre il cancello.
Non solo una voce.
Non un’allucinazione.
O un fantasma.
Era lì. E sembrava così reale con quel suo ciuffo ribelle agitato dal vento di dicembre, le guance
accese dal freddo, le iridi azzurre insolitamente brillanti.
Ma era lì.
Con quella sua solita aria spavalda.
Quell’aria che sapeva tanto rassicurarla.
“Shinichi…” riuscì solo a dire mentre, sulle braccia, avvertì la pressione dei suoi amici allentarsi.
“Stai bene meno male!” sorrise il ragazzo avvicinandosi affannato, come se avesse corso chissà da
quanto tempo “Tuo padre era preoccupatissimo! Ah…sta bene anche lui!” si affrettò a dire Kudo
non appena vide l’espressione atterrita della ragazza.
“BRUTTO STUPIDO IDIOTA!!!” iniziò Ran avvicinandosi pericolosamente al suo amico
d’infanzia le mani strette a pugno in un’aria minacciosa “ADESSO…SOLO ADESSO TI FAI
VIVO, MENTRE IO E PAPA’ NE STIAMO PASSANDO DI TUTTI I COLORI??!!”
Shinichi Kudo ebbe allora l’impressione che tra un po’ ne avrebbe ricevute di santa ragione da
quella ragazza, sua amica da tanto tempo e si ritrasse indietro spaventato, mentre già si immaginava
tumefatto.
Quando batté lentamente le palpebre nella convinzione che almeno uno schiaffone non gli sarebbe
stato risparmiato, si sorprese a sentirsi tirare un lembo della giacca.
“Scemo….”
Quella ragazza, che fino ad un attimo prima gli era apparsa così spaventosa, ora aveva afferrato i
suoi abiti, come se fosse stata una bambina dispersa, la bella fronte abbassata tanto da impedirgli di
vedere le lacrime che le scendevano sulle guance arrossate dal freddo e che le scuotevano
leggermente le spalle.
Shinichi Kudo sentì come se qualcosa di caldo gli fosse scivolato lungo tutto il petto e si fosse
fermato nello stomaco, mentre il cuore aveva preso di nuovo a sballottolargli contro le costole, per
risalire poi l’esofago e soffocarlo contro il pomo d’Adamo. Una sensazione fin troppo piacevole….
E allora riuscì solo ad arrossire e a poggiarle distrattamente una mano sui capelli.
“Quanto sei stupida! Che c’entro io se ti metti sempre nei guai? Chiama piuttosto tua madre e tuo
padre se non vuoi che mi facciano la pelle!” aggiunse scrollando le spalle “erano preoccupatissimi
per te!” sorrise poi divertito ad immaginarsi la faccia sollevata e piangente di Kogoro Mouri, felice
del fatto che sua figlia fosse sana e salva.
Quando furono seduti tutti tranquillamente nello studio dello scrittore Yusaku Kudo il pendolo
dell’atrio suonava quattro rintocchi.
Ran Mouri si sentiva più tranquilla da quando aveva parlato al telefono con suo padre. Avrebbe
voluto andare da lui, ma c’era sua madre e la ragazza voleva lasciarli soli per un po’…magari quella
strana situazione avrebbe potuto risultare migliore di quanto non si aspettasse. E per il momento,
aveva accidentalmente dimenticato di avvertire i suoi genitori del fatto che quella mattina era stata
rapita. Shinichi l’aveva fissata di sottecchi mentre la sentiva mentire al telefono, ma non aveva detto
niente. E adesso si trovava di nuovo, dopo tanto tempo, a casa sua. Ran avvertì un debole senso
d’imbarazzo ad entrare nuovamente lì…
“Ran” le fece Sonoko con un sorrisetto maligno “a cosa stai pensando?”
“Eh?” chiese la ragazza spaesata, avvampando ancor di più “ma..niente…niente…”
“Ah si?” chiese Kazuha con l’aria altrettanto maliziosa.
“Non tormentatela così!” disse Kid con voce suadente, avvicinandosi alle ragazze e poggiando le
mani sulle spalle di Ran “è stata una giornata un po’ dura per lei! Ha tutto il diritto di essere un po’
scombussolata!”
“Concordo pienamente” fece gelido Shinichi Kudo lanciando uno sguardo pauroso al ladro mentre
si tirava vicino Ran Mouri trascinandola per un polso. Kaito Kid si limitò a sorridere divertito,
scrollando le spalle.
“Che ne dici di raccontarci tutto?” chiese all’improvviso la piccola Ai Haibara fissando
distrattamente l’orologio a pendolo che dal camino mandava un ticchettio un po’ inquietante.
Ran Mouri fissò per un secondo quella strana bambina dal passato talmente oscuro da
spaventarla…quella bambina che, a volte, come Conan, non le sembrava affatto una bimba.
Eppure…Ran ne era sicura…c’era tanta, tanta tristezza dietro quegli occhi che volevano sembrare
così distanti dal mondo.
E proprio per questo la ragazza le si avvicinò con un caldo sorriso sulle labbra.
“Eri preoccupata per me, piccola Ai? Ti ringrazio!”
Shiho Miyano voltò ancor di più la testa bionda, abbassando le iridi grigie.
Quanto sarebbe stato più facile se quella ragazza fosse stata odiosa e stupida! Quanto sarebbe stato
più facile….
La bambina sbatté gli occhi, sorpresa mentre incontrava lo sguardo azzurro di Shinichi Kudo che le
sorrideva e un calore dolce le stringeva le spalle e la schiena.
Ran Mouri la stava abbracciando.
Proprio come quella volta.
Proprio come quando aveva rischiato la vita per salvarla dai colpi di quella donna.
Proprio come avrebbe fatto Akemi.
Che cosa avrebbe dovuto fare? Che cosa?
“LASCIAMI!” gridò Shiho Miyano in preda ad una dolorosa confusione, il cuore che le batteva
precipitoso nel petto, gli occhi lucidi per delle lacrime che non si decidevano a scendere.
“Io…non…” balbettò la bambina. Poi, involontariamente le iridi grigie insolitamente accese, si
posarono di nuovo su quel ragazzo chiamato Shinichi Kudo. L’espressione mesta del giovane la ferì
più di quanto non avesse voluto e non ci riuscì…non riuscì a rimanere in quella stanza dove gli
veniva sbattuto in faccia che non avrebbe mai potuto…non avrebbe mai, mai potuto…
Kazuha Toyama fissò attonita quella bambina dai capelli d’oro fuggire via, come spaventata dalla
gentilezza di Ran. Ma quello sguardo…quegli occhi le avevano rivelato molto di più di quanto una
semplice bambina potesse provare. Lanciò un’occhiata in tralice ad Heiji che fissava un punto
imprecisato sul soffitto, grattandosi la nuca. Kazuha abbozzò un sorriso: quello scemo lo faceva
sempre quando era in imbarazzo.
Ma la cosa che le parve più preoccupante fu lo sguardo sorpreso che Ran Mouri lanciò alla bambina
e poi a Kudo. il ragazzo guardava sinceramente sorpreso la porta dalla quale era scomparsa la
piccola Haibara, accennando un passo, come se avesse voluto seguirla.
Fu un attimo.
Un attimo solo.
Ma Kazuha Toyama lo notò lo stesso.
L’ombra di un dubbio oscuro e pesante invase le iridi blu di Ran Mouri.
“Perché non provi a parlarle tu, Shinichi?” disse la ragazza con un sorriso sincero “da bambini
riuscivi sempre a consolarmi quando ero giù di morale!”
Shinichi Kudo scrollò le spalle sorridendo malinconico.
“No. Le passerà. A dir la verità a volte non riesco proprio a capirla!”
“Ah, le donne!” ironizzò Kaito Kid portandosi le mani dietro la nuca.
Kazuha Toyama fissò Shinichi Kudo attentamente, gli occhi stretti come fessure.
E Ran Mouri aveva dipinta sul volto un’espressione seria.
“Allora?” chiese il ladro Kid voltandosi verso tutti dalla poltrona girevole della scrivania di Yusaku
Kudo “vuoi raccontarci che cosa ti è successo, bella signorina?”
Ran Mouri fissò imbronciata quel ragazzo prima di sospirare e lanciare uno sguardo deciso a
Shinichi Kudo. Il ragazzo la guardò spaventato: quell’espressione fino ad allora gli aveva portato
solo guai.
“Si” disse alla fine Ran senza smettere di fissare il suo amico negli occhi.
“Quindi sembra che la donna che ti ha rapito stesse preparando qualcosa per domani sera” disse
Heiji Hattori pensieroso “ma che diavolo avrà in mente?” aggiunse poi pianissimo rivolto a se
stesso e a Kudo che gli stava vicino.
Il giovane detective del Kanto, i gomiti appoggiati sulle ginocchia, ascoltava attentamente il
racconto di Ran, elaborando le informazioni che la ragazza gli forniva.
“…ho trovato uno strano vano dove mi sono nascosta….”
Ran Mouri fissò ancora una volta in silenzio Shinichi Kudo prima di continuare.
Forse…forse quello che aveva visto era stata una vera allucinazione dovuta alla paura…non era il
caso di raccontare una stupidaggine del genere ai suoi amici…l’avrebbero sicuramente presa per
pazza….
“E dopo che sei uscita da quello scomparto segreto?” chiese Sonoko Suzuki, le mani strette di
fronte al viso, rapita dal racconto entusiasmante dell’amica.
“Sono semplicemente uscita” disse la ragazza con un sorriso” mi sono tenuta lontana dalla strada
perché c’era una BMW parcheggiata davanti al cottage dove mi avevano portato. Quando ho sentito
l’auto allontanarsi, ho cominciato a camminare fin quando non mi hai trovata tu Sonoko! E poi è
arrivata anche Kazuha con il taxi!” aggiunse sorridendo all’amica.
Heiji Hattori sbuffò infastidito mentre lanciava uno sguardo di rimprovero alla ragazza che
sorrideva anche lei… allegra…come se non sapesse che gli aveva fatto prendere un accidente!
“Avevo seguito Sonoko perché gli uomini che l’accompagnavano mi sembravano sospetti!” disse
Kazuha in imbarazzo.
“Invece erano solo dei collaboratori di mio padre! Gli avevo chiesto di aiutarmi a cercarti!” rise
Sonoko Suzuki veramente divertita “quando ho visto che Ran non usciva più da casa tua, Kudo –
kun, mi sono preoccupata e sono entrata, ma dentro non c’era nessuno! Se aveste voluto rimanere
soli, Ran me l’avrebbe detto…” aggiunse la ragazza con un ghigno.
“Ehi!” scattò Ran Mouri in imbarazzo “che stai insinuando!”
“Ma dai la scusa di Conan – kun era palese!” sbuffò Sonoko dandosi arie sapute “ era logico che
Kudo – kun fosse tornato e voleva farti uno scherzo…ehi, a proposito…ma che fine ha fatto quel
piccolo ficcanaso?” chiese la ragazza pensierosa portandosi un dito al mento.
Shinichi Kudo sobbalzò impercettibilmente, mentre Heiji Hattori faceva del suo meglio per
sembrare indifferente.
Una cosa che gli riusciva da sempre malissimo, pensò Kazuha Toyama fissandolo sospettosa.
Dalla scrivania Kaito Kid non riuscì a trattenere una risata che tentò malamente di coprire con un
accesso di tosse fin troppo finto.
“E’ dai suoi genitori!” buttò lì Shinichi sorridendo nel modo più naturale che poté “ effettivamente
avevamo organizzato uno scherzo per Ran insieme, ma poi sua madre è venuta a prenderlo per un
po’ di giorni! I suoi genitori sono tornati per il Natale e volevano passare un po’ di tempo con lui!
Scusatemi…” aggiunse poi il ragazzo portandosi una mano alla nuca in imbarazzo “con tutto quello
che è successo mi sono dimenticato di dirvelo! E dire che si era tanto raccomandato di farlo sapere
alla sua Raneechan!” sorrise poco convincente.
“La sua Raneechan?” fece Kid maligno “ehi, e non ti sei offeso?”
Shinichi Kudo si limitò a lanciargli uno sguardo assassino.
Kaito Kuroba falsamente spaventato scivolò più in basso sulla sedia, come a proteggersi.
“Beh, sono sicuro che ti chiamerà al più presto!” disse Shinichi Kudo a Ran Mouri, troppo
preoccupato dal fatto di rendere credibile la sua menzogna per non accorgersi che la ragazza non
aveva detto assolutamente nulla.
“Ora che mi ricordo…” disse Sonoko Suzuki all’improvviso.
“SI?” fece Shinichi contentissimo di portare la conversazione lontano dalla questione ‘Conan
Edogawa ’.
“Ma certo! In quel posto ci sono già stata” continuò Sonoko fissando uno degli scaffali ricolmi di
libri dello studio di Yusaku Kudo “ mia sorella è stata invitata in quel cottage per l’asta di oggetti
rari che si terrà domani sera!”
“Asta di oggetti rari?” chiese Kid risorgendo improvvisamente dalla poltrona.
Sonoko Suzuki annuì “I partecipanti sono pochi e scelti ecco perché non se ne sa molto in giro, ma
mia sorella si sta specializzando in arte e la sua professoressa è una degli invitati, per questo l’aveva
messa al corrente della situazione. Io e Ayako ci siamo andate qualche giorno fa per vedere quanto
fosse lontano da qui…mi pare…ah, si…Ayako mi ha detto che quella casa era la residenza di uno
scrittore…uno non molto famoso…però mia sorella mi ha detto che era veramente bravo…”
“Takuya Imai” disse il ladro Kid senza nessuna nota interrogativa nella voce.
Shinichi Kudo e Heiji Hattori si fissarono un secondo, complici.
“Ah!” disse poi Sonoko Suzuki felicissima “ Ayako mi ha detto anche che quest’anno i partecipanti
sono obbligati ad utilizzare gli abiti dell’epoca dello scrittore! Ma ve lo immaginate? Vestire come
lady ottocentesche?”
“Niente di più facile!” disse Yusaku Kudo alla cornetta del telefono mentre continuava a pigiare
febbrilmente i tasti del suo notebook, il barone della notte che si muoveva leggero nella mente “
guarda nella cassetta della posta. Dovrebbe esserci qualcosa che risolve i tuoi guai!”
“Il mio guaio peggiore sei tu!” sbuffò Shinichi Kudo seccato “perché diavolo non mi hai mai
parlato di questi libri, della nostra parentela con Imai, del ritratto della moglie di Imai…?”
Yusaku Kudo smise per un attimo di vivere nella Londra del 1888 e si concentrò sulla
conversazione con suo figlio “Ma ragiona un po’! se ti avessi detto che una tua bisnonna era la
copia vivente della ragazza per cui ti sei preso una cotta come l’avresti presa?”
“E adesso? Come la prendo ADESSO?” strillò Shinichi al telefono “E IO NON MI SONO PRESO
UNA COTTA!”
Yusaku Kudo fu costretto ad allontanare la cornetta dall’orecchio per evitare che la voce di suo
figlio gli fracassasse il timpano destro.
“Shinichi, sei adulto ormai…cioè per ora” aggiunse maligno l’uomo “comportati tale! Io non avevo
idea che il codice di Imai fosse così complesso! E poi non sono neanche sicuro della scomparsa di
sua moglie!”
“Ho capito!” sospirò il ragazzo al telefono “da te non ci cavo più niente! Meno male che almeno per
l’invito siamo a posto!”
“Beh, qualcuno avrà scoperto che sono il pronipote di Imai e mi ha chiamato per questo” ipotizzò
Yusaku Kudo riprendendo a premere velocemente le lettere sulla tastiera “comunque stai attento, e
pensa anche a Ran! Non è che sono tanto convinto del perché quelli che ti hanno rimpicciolito
vogliano rapirla. Hai parlato con quella tua amica…Haibara?”
Shinichi Kudo sospirò sconsolato “No. Non so che gli è preso ed è scappata non appena Ran le si
avvicinata….”
“Ahia…”
”Ahia, che?”
“Lascia perdere. Risolvi questo caso piuttosto. I problemi di cuore lasciali per dopo”
“Ma quali problemi di cuore?” fece Shinichi Kudo sinceramente perplesso “ papà ma ti senti bene?”
“Oddio ho un figlio tonto!” fece Yusaku Kudo a se stesso “ Se ti trovi nei guai faccelo sapere! Io e
tua madre ci precipiteremo lì! Ora ti saluto! sono impegnatissimo! Devo assolutamente finire questa
capitolo per martedì! Ciao!”
Shinichi Kudo non ebbe neanche il tempo di rispondere; un click secco aveva terminato la
conversazione.
“SONO GIA’ NEI GUAI, IDIOTA!” sbuffò sbattendo la cornetta di malumore.
“Shinichi?”
Il ragazzo si voltò ancora irritato dal comportamento assurdo dei suoi genitori…non c’era che dire!
Due veri irresponsabili!
“Che…?” le parole gli morirono in bocca.
La luce rosata del tramonto entrava soffusa nell’atrio incorniciando la figura di quella ragazza dai
lunghi capelli castani che lo fissava seria, dritta, immobile.
Bella.
Troppo bella.
Shinichi Kudo deglutì a fatica.
Era abituato a vedere Ran Mouri, la sua amica d’infanzia, ogni giorno, nei panni di Conan Edogawa
che da tre anni abitava con lei.
Però…
Sentì uno strano calore salirgli alle guance e colorargliele rendendolo consapevole di essersi un po’
dimenticato cosa voleva dire essere adulti. Ora lo stava rapidamente ricordando…
Si allargò a disagio il colletto della camicia.
“Posso parlarti?” disse piano la ragazza gli occhi blu fissi sui suoi, le gambe snelle che mossero un
passo verso di lui.
Soli.
Erano soli.
Fu questo l’unico pensiero che agitò come una scarica i neuroni di Shinichi Kudo.
Perché diavolo se ne erano andati tutti?
Sarebbero tornati tra una mezz’ora… forse…
“Certo!” disse il ragazzo sorridendo imbarazzato, la voce insolitamente tremula. Era stato lì fermo a
fissarla come uno stoccafisso per troppo tempo, accidenti!
“Non qui!” sorrise Ran dolce “andiamo di sopra!”
“EH?” fece il ragazzo sorpreso mentre quel terribile calore continuava ad avvampargli nelle vene.
Ran Mouri lo prese solo per mano e lo trascinò su per le scale, in quella che era la sua camera.
Entrati la ragazza si chiuse la porta alle sue spalle e vi si appoggiò sospirando.
“E adesso” disse mentre Shinichi sentì il rumore inconfondibile di una chiave che girava nella toppa
per ben due volte “ è il momento di dirmi la verità, Shinichi Kudo….tutta la verità…”
Il ragazzo la fissò nervoso, mentre il cuore aveva preso a battergli nel petto non solo per la
vicinanza di Ran.
“Bene!” sghignazzò Kaito Kuroba mentre prendeva una cassa intera di birra e la ficcava nel carrello
della spesa. Lanciò uno sguardo ad Hattori attento a guardare i nuovi allacci per il suo portatile. Se
quei due pensavano che quella sera non se la sarebbe spassata si sbagliavano di grosso! Il giorno
dopo avrebbero potuto morire sul serio e la sera prima non volevano festeggiare? Ma lui sapeva
benissimo come fare a scioglierli….
“Kaito!” disse una voce allegra e dolce alle sue spalle.
Il ladro Kid sentì un brivido attraversargli la schiena e chiuse gli occhi sospirando.
Era impossibile non riconoscerla.
Si fece coraggio e si voltò.
“Aoko!” disse sinceramente sorpreso di trovarla lì.
“Non mi dire che vuoi fare un’altra delle tue pazzie?” disse severa la ragazza dai capelli scuri
lanciando uno sguardo al carrello della spesa dell’amico.
“Vuoi unirti a me?” fece malizioso Kaito avvicinandosi.
“Ma neanche per sogno!” esclamò la ragazza, le guance leggermente e teneramente (notò Kid)
velate di rosso “piuttosto hai già pensato ai regali di Natale?”
Kaito Kuroba sorrise.
“Pensi che mi sia dimenticato di te?”
“Ma che dici?” disse Aoko in imbarazzo “pensavo che è un po’ triste per te passare il Natale da
solo…”
Il famoso ladro illusionista abbassò il volto e fece forza su se stesso.
“Probabilmente quest’anno non sarò da solo…” disse, una nota seria nella voce che la sua amica
non gli aveva mai sentita.
“Ah…”fece la ragazza in imbarazzo “ allora posso dartelo ora il mio regalo…volevo portartelo
proprio il giorno di Natale, ma visto che sei impegnato…”
Cominciò a frugare nella bella busta per cercare un pacchetto dall’aria morbida.
“Eh? Ma sei matta?” fece il ragazzo in fretta “ non si danno i regali prima!”
“Si, ma..”
“Vuol dire che lo troverò un po’ di tempo per vederti…il giorno di Natale…” disse Kaito Kuroba
guardando interessatissimo una busta di mangime per cani.
“Ehi, Kaito –kun!” chiamò la voce di Kazuha Toyama da dietro uno scaffale. Poi, sorpresa la
ragazza si avvicinò ai due.
Il ladro Kid, nei panni di un comune ragazzo lanciò un’occhiata preoccupata ad Hattori che però
sembrava ancora immerso nello scaffale hi-tech.
Kazuha Toyama si fece più vicina e notò una strana ombra passare negli occhi nocciola della
ragazza che era con Kid. Poi alzò lo sguardo e sorrise maligna.
“Allora” disse con aria di rimprovero al giovane “hai preso tutto? Guarda che quell’idiota di Heiji
mangia come un elefante! Ah, piacere!” aggiunse poi stendendo la mano verso la ragazza
sconosciuta “io mi chiamo Kazuha Toyama! Sei un’amica di Kaito – kun?”
“Ehm..si…”fece Aoko con un’aria imbarazzata “più che altro sono una sua compagna di classe…mi
chiamo Aoko Nakamori”
“E’ una mia amica!” fece Kid leggermente irritato “qualche problema?”
Aoko fissò il ragazzo, stupita.
“No, assolutamente!” sorrise Kazuha ancor più maliziosa “ANZI!…Ehi…hai detto Nakamori?”
chiese poi allibita.
“Ehm…si..” rispose Aoko perplessa.
Kazuha Toyama lanciò uno sguardo stupefatto al giovane dagli occhi azzurri dietro di lei che aveva
preso a fischiettare fissando il nulla.
“Bene, bene…” fece la ragazza, un ghigno diabolico fiorito sulle sue labbra “sono contenta di averti
conosciuta!”sorrise “ora è meglio che torni da quello scemo del mio ragazzo prima che cominci a
sbraitare” aggiunse poi a bassa voce rivolta ad Aoko; le strizzò un occhio complice “non ti devi
preoccupare!”
Aoko Nakamori fissò quella strana ragazza che si allontanava e si avvicinava ad un bel ragazzo
dalla pelle scura…eppure…si quel ragazzo le era familiare…
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