Capitoli 9-10

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Capitoli 9-10
Ruedokioilfiorediciliegio
Detective Conan Fan Fiction by Eowyn79 (Alias Lucas Corso)
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Nono Capitolo
Il detective Wataru Takagi fissò il volto avanti al suo: una rete di sottilissime rughe increspava
quella pelle tanto vecchia e tuttavia l’uomo sorrideva come un bambino.
“Quindi è questo quello che le ha raccontato suo padre…e non pensa….beh…”
“Che mi abbia mentito?” chiese il vecchio, il sorriso dolce per nulla incrinato “a pensarci bene
sembra un po’ una favola per bambini, ma non credo che mi abbia mentito. Era veramente il miglior
amico del giovane Imai… l’ ho visto spesso quando veniva a casa mia” il vecchio smise di sorridere
e fissò gli occhi ciechi sul volto giovane di Takagi “sembrava sempre molto, molto triste…Forse
alla fine non è riuscito nel suo intento. Ricordo benissimo che diceva che il suo angelo non glielo
avrebbe mai perdonato altrimenti…”
“Parla degli strani libri che stava facendo rilegare, quindi?”
“Non lo so” disse il vecchio, l’aria pensierosa mentre un dito saliva lentamente ad accarezzare la
folta barba canuta “ mio padre non mi disse mai niente a riguardo. Quando provavo a chiedergli
qualcosa mi guardava sempre sorridendo e mi diceva solo che a quell’uomo era stato portato via un
pezzo di anima…” il vecchio antiquario sorrise mentre si accorse del the che la nipote stava
mettendo davanti a lui e al loro strano ospite “di nuovo al gelsomino, vero Chihiro?”
Il detective Wataru Takagi annusò l’aria con più attenzione e sorseggiò dalla tazza di ceramica che
gli era stata appena messa davanti. Stupì. L’uomo aveva pienamente ragione. Quelli erano fiori di
gelsomino…ma come…?
“Non si meravigli agente” disse la ragazza dagli occhi ridenti come quelli del vecchio “il nonno è
veramente imbattibile per queste cose!”
“Qualche altra domanda, signor investigatore?” chiese l’uomo con la stessa espressione amabile di
un buddha.
Wataru Takagi prese un altro sorso di the prima di continuare “Conosceva un certo Hiroyuki
Kazumoto?”
“Quello che hanno ucciso qualche giorno fa?” chiese Chihiro.
“Esatto. Era uno degli uomini in possesso dei libri. Insieme a Yusaku Kudo ovviamente..”disse
Takagi continuando a fissare quelle iridi bianche…. Gli occhi vuoti di un uomo che seguitava a
sorridergli come se ormai la vita fosse qualcosa che lui poteva solo captare, qualcosa che in fondo
lo faceva divertire, ma che ormai non lo riguardava più
“…a proposito quella foto che è sul sito….potrei vederla?” chiese serio.
“Come vuole…agente” sorrise il vecchio “credo di conoscere il motivo della sua curiosità e le
posso giurare che è autentica!”
Poco dopo Chihiro Takahashi gli consegnò un vecchio portafotografie dal quale Takagi estrasse il
ritratto di un giovane di circa vent’anni. Dietro l’immagine c’era una frase scritta con una grafia
minuta e sottile
Alla fine posso tenerti con me,
Shinji!
E.K.
“Sapete chi l’ ha scritta?” chiese Takagi perplesso. Ne sapeva poco sia di filologia, sia di grafologia,
sia di tutte quelle strane prove che la scientifica utilizzava per accertarsi del fatto che i documenti
fossero autentici. Tuttavia se quelle iniziali corrispondevano alla persona che aveva in mente c’era
qualcosa che non quadrava…
“L’ ho visto” disse l’uomo seduto avanti a lui all’improvviso “ prima che tutto diventasse buio, l’
ho visto” il vecchio continuò a sorridere benevolo al giovane e per un attimo il detective Takagi
avvertì una scossa di vitalità attraversare quelle bianche pupille cieche “ me lo farà sapere, non è
vero?” chiese come se fosse stato un bambino “mi farà sapere il segreto?”
Il giovane agente Wataru Takagi sorrise.
“Ci conti”
Kazuha Toyama si avvicinò furtivamente al ladro Kaito Kid mentre quello scemo di Heiji si era
soffermato a fissare la vetrina dell’ennesimo negozio di elettronica.
“Allora….” Cominciò la ragazza un sorriso diabolico inciso sulle labbra “dunque,
vediamo….proprio carina la figlia dell’ispettore Nakamori…”
Kaito Kuroba sbuffò irritato.
“E allora?” fissò la ragazza di sottecchi “non penserai che ci sei solo tu di bella ragazza a questo
mondo!”
“Risparmiati i complimenti” fece Kazuha gelida “ si vede lontano un miglio che servono per farmi
deviare dal discorso, ma, mi spiace per te, stavolta sei fregato!”
“Scusa e in che modo?” chiese il ragazzo, lo sguardo spavaldo puntato sulla fidanzata di Hattori.
Kazuha Toyama regalò a Kid uno di quegli incredibili sorrisi di trionfo che Heiji sfoggiava ogni
volta che risolveva un caso.
“Lei ti conosce” disse “ e probabilmente con il tuo vero nome. Poi non c’è niente di più sicuro che
nascondersi in casa del nemico, non è così? In più se si è interessati anche alla figlia di questo
nemico….”
“Ehi, che intendi dire?” esclamò Kaito Kuroba sorpreso “a me interessano tutte le ragazze…”
“See, see… “Kazuha gli lanciò un’occhiata maliziosa “guarda che sei arrossito e si vede lontano
anni luce che tu piaci a lei…e che lei piace a te….”
Kaito Kuroba abbassò il volto cercando di nascondere l’imbarazzo. Se continuava così la sua
reputazione di dongiovanni andava a farsi benedire…
“Ti ripeto che non mi interessa particolarmente”
“Se ti interessa o meno a questo punto è irrilevante” disse Kazuha seria “ quello che più importa è
che lei ti conosce. Ho notato lo sguardo preoccupato che hai lanciato a Heiji quando l’ hai vista”
Il ladro Kid fissò di sottecchi quella ragazza di Osaka e rimase in silenzio.
Kazuha Toyama lo guardò trionfante.
“E ora se non vuoi che dica tutto ad Heiji e a Kudo, dovrai darmi un’informazione preziosa”
“Che tipo di informazione?” chiese Kaito Kid i denti stretti dal sospetto.
“Un segreto che riguarda Kudo. E non provare a mentirmi. So che lo sai” disse la ragazza mentre
controllava che Heiji fosse ancora completamente assorto nel mondo tecnologico della vetrina poco
distante.
Shinichi Kudo fissava spaventato la ragazza che gli stava di fronte. Dritta e seria, Ran Mouri
riusciva ad incutere un certo timore quando aveva quell’aria così decisa…soprattutto per quelli che
sapevano che era una campionessa di karate.
‘Non l’ ha bevuta ’ si rese conto Shinichi mentre setacciava con lo sguardo la sua stanza per vedere
se ci fossero eventuali vie di fuga.
Questa volta s’era fatto mettere in scacco.
Era ovvio che se Ran l’aveva portato lì era stato preparato tutto prima.
Infatti. Tende e finestra serrate, porta chiusa a chiave.
Il suo cuore ebbe tutto sommato un guizzo. Ma proprio la sua camera doveva scegliere? Si chiese il
ragazzo in subbuglio. In quel letto aveva sognato di stringerla forte prima che diventasse un
bambino….
Stupido! Stupido!
Scosse la testa per riprendere il controllo.
Ma si sentiva in fiamme.
“Ehi, Shinichi, tutto bene?” chiese Ran preoccupata avvicinandosi.
Prima che il ragazzo avesse il tempo di risponderle, lei gli aveva appoggiato una mano sulla fronte e
stava confrontando il calore con la sua.
“Scotti” sbuffò “Ovvio, se te ne vai in giro praticamente senza niente addosso! Soprattutto se hai
avuto un febbrone da cavallo prima! Dovresti avere un po’ più cura di te stesso! ”
“O smettila! Ho passato di peggio!” sbuffò il ragazzo infastidito.
Ran Mouri lo fissò di nuovo, senza aggiungere niente.
“Stupido!” gli disse piano la ragazza “stai così male che non ti accorgi nemmeno di come parli!”
“Eh?” fece Shinichi Kudo sinceramente sorpreso “ma che dici?”
“Non hai neanche provato a dirmi che non era vero…” disse Ran, la testa bassa “non hai smentito
una solo parola che ho detto…non hai sistemato il discorso questa volta….e neanche prima….”
Shinichi Kudo fissò quella ragazza, le iridi azzurre spalancate. Era veramente stato disattento. Se
non ci fossero state mille cose a cui pensare, se non ci fossero stati quei libri, quel segreto e quel
ritratto….e poi il rapimento….
Questa volta era sul serio nei guai.
“Smentire, che?” fece seccato “perché non si vede che ho la febbre?”
“Ma allora sei proprio scemo!” strillò la ragazza irritata “lo sai benissimo che non mi riferivo alla
tua febbre. Brutto idiota che non sei altro!” Ran Mouri alzò lo sguardo lucente sul suo amico
d’infanzia, dentro un dolore così profondo da distruggerla “perché non ti fidi di me, Shinichi?”
Il ragazzo sollevò finalmente gli occhi su Ran.
“Ma si può sapere che vai dicendo?” strillò adirato avvicinandosi minaccioso “da dove ti vengono
fuori queste stronzate?”
Ran Mouri lo fissò, per un attimo completamente sbalordita e quasi spaventata dalla reazione così
forte del suo amico. Poi, lo capì.
E fissò Shinichi Kudo con occhi ridotti a fessure.
“Perché non me lo dici tu, Conan –kun?” disse aspra.
Shinichi Kudo dovette fare appello a tutto il suo coraggio per riuscire a mantenere la stessa
espressione seccata di qualche secondo prima. Cominciava a sentire la febbre salire e le gambe
avevano preso a tremargli leggermente.
“Ancora con questa storia?” disse sospirando “ma quante volte te lo devo dire? Io e quel moccioso
occhialuto NON siamo la stessa persona! Ci hai visti insieme, no? “ poi il ragazzo si portò una
mano al mento come se un pensiero strano lo avesse fulminato “però da un certo punto di vista mi
somiglia…solo che quando ero un bambino io, ero molto più carino…”
Ran Mouri fissò il suo amico d’infanzia mentre la collera le saliva dentro mista ad un senso
d’imbarazzo crescente…se Shinichi e Conan erano la stessa persona, allora…allora…
“Piantala di dire scemenze e spiegami piuttosto che ci facevi stamattina a casa mia lì dove la sera
prima avevo lasciato Conan! Avevamo dormito insieme perché lui aveva avuto un incubo terribile e
gli era venuta la febbre alta…proprio come a te!” disse la ragazza con forza per distogliere lo
sguardo subito dopo, imbarazzata “perché quando mi sono svegliata per caso c’eri tu al suo posto?”
Shinichi Kudo fece di tutto per evitare di arrossire. Abbassò il volto sbuffando, poggiando
disinvoltamente le mani sui fianchi.
“E che ne so io! L’avrai sognato. Convinta delle tue idee idiote hai creato un sogno che fosse
reale…scusa, e poi?”
“E poi…cosa?” chiese la ragazza spiazzata.
“Beh, dopo avermi visto che è successo? Ti ho parlato? Che ho fatto?”
Ran Mouri si rese conto di non ricordarlo.
“Io…io non lo so…” balbettò confusa.
“Visto!” sorrise il ragazzo trionfante “è stato solo un sogno. Se fosse stato vero ti saresti ricordata il
resto, no?”
“Ricordo solo di essermi svegliata e aver trovato il messaggio di Conan….”
“Ma perché non ci rifletti prima di avanzare ipotesi che non stanno ne in cielo ne in terra?!”
Shinichi Kudo sbuffò seccato ficcandosi una mano nel ciuffo ribelle come se fosse realmente
infastidito da quella situazione. Avrebbe risolto metà dei suoi guai se Ran avesse saputo la verità,
ma non poteva ancora permettersi di rivelarle tutto….non sapeva per quanto tempo ancora sarebbe
rimasto nel suo corpo. E poi…avrebbe potuto veramente farlo a questo punto?
“Ehi, Shinichi, tutto bene?” chiese Ran avvicinandosi preoccupata.
Era già troppo coinvolta senza sapere nulla…
“E’ solo un po’ d’influenza!” sbuffò il ragazzo con noncuranza, tuttavia sentiva le gambe diventare
sempre più deboli e la vista appannarglisi “Accidenti a te…se non mi fossi precipitato a cercarti non
sarei in questo stato!”
…se avesse saputo….se avesse saputo….
“Scemo!” strillò la ragazza rossa per l’irritazione e per il fatto che Shinichi le aveva appena fatto
capire di essersi preoccupato per lei “non ho chiesto io di essere rapita!”
…esatto….
Shinichi Kudo sorrise tristemente divertito da quelle parole. Quando cercò di parlare però gli mancò
il fiato e scivolò in avanti, mentre anche le gambe cedettero definitivamente.
Ran Mouri vide solo il suo amico d’infanzia crollarle fra le braccia. In imbarazzo, la ragazza fece
un passo indietro per tentare di bilanciare il peso, tuttavia non ci riuscì: il letto alle sue spalle le
aveva impedito di arretrare e i due ragazzi caddero morbidamente sul materasso.
Ran Mouri non sapeva se quello che sentiva era il suo cuore o quello di Shinichi Kudo, ma gli
pareva che entrambi battessero fortissimo.
“Shinichi…” tentò di dire, ma le morirono le parole sulle labbra e rimase immobile, il petto del suo
amico che premeva sul suo.
“Ran….scusami…” cominciò il ragazzo, l’aria che usciva a fatica dai polmoni “ti procuro solo
guai….” finì prima di abbandonarsi totalmente e svenire sul corpo della ragazza.
Ran Mouri fissò il soffitto mentre sentiva le guance come due altiforni. Il respiro di Shinichi era più
regolare ora, ma sembrava essere svenuto. Il suo braccio che le circondava il petto e le cadeva oltre
la spalla, dava così tanto calore…
“Scemo…” disse la ragazza mentre due lacrime le rigavano le guance.
“EHILA’!” gridò all’improvviso la voce di Heiji Hattori che insieme agli altri aveva spalancato la
porta della stanza.
Shinichi Kudo starnutì e si soffiò il naso sonoramente.
“See, see…adesso fai finta di essere malato” disse Heiji Hattori fissando il suo amico con uno
sguardo sadico “prima però….”
Il giovane detective dell’est lanciò uno sguardo di puro odio all’amico del Kansai e al ladro Kid che
ridevano come scimmie delle sue disgrazie.
“Se volevi rimanere solo con Mouri avresti dovuto dircelo!” continuò Hattori con lo stesso tono
malizioso “ ci avremmo impiegato più tempo a fare la spesa!”
“Già!”intervenne Kid trattenendo a stento una risata “ci sono tanti minimarket nella
zona…avremmo anche potuto approfittare per andare a comprare i regali di Natale… lì si che di
vuole del tempo!”
“MA LA PIANTATE!” urlò Shinichi Kudo esasperato “HO LA FEBBRE E SONO SVENUTO,
TUTTO QUI!”
‘E come diavolo avranno fatto ad entrare?’ pensò il ragazzo in imbarazzo ‘la porta era chiusa a
chiave…’ poi alzò il volto arrossato anche dall’influenza ‘…due volte…vuoi vedere che…?’ e
sorrise pensando che questa volta era stato preso in giro sul serio.
“Smettetela di dire scemenze!” sbuffò Ran Mouri entrando nella stanza e portandosi dietro una
borsa del ghiaccio e un paio di enormi coperte. Tuttavia non riusciva ancora ad avere il coraggio di
guardare in faccia il suo amico d’infanzia.
E per Shinichi Kudo era la stessa cosa.
Era vero che era svenuto, ma dopo che lui e Ran erano caduti sul suo letto…erano stati così
vicini…quel morbido….avviluppante tepore…
“Ora, cerca di stare attento!” soffiò la ragazza avvolgendolo in una coperta e ficcandogli un
termometro in bocca.
“Ehi!” obiettò Shinichi seccato “mica si tratta così un povero malato!”
“Se hai la forza per sbraitare stai già meglio!” fece Ran severa “piuttosto ci sono molte cose che
dovete spiegarmi. Tutti quanti” aggiunse rivolgendosi ai tre ragazzi seduti sulla poltrona dello
studio di Yusaku Kudo.
Il detective dell’Est, quello dell’Ovest e l’ultimo mago del secolo trassero un sospiro di sollievo
quando sentirono il campanello della porta suonare.
“Ma chi è?” chiese Shinichi felice di togliersi di dosso quell’enorme coperta e cominciando di
nuovo a starnutire.
“Ehi!” strillò Ran “ dove hai intenzione di andare?”
“A vedere chi è, no? Questa è pur sempre casa mia!” ‘e soprattutto è disabitata da almeno tre anni ’
aggiunse il ragazzo fra sé.
“C’è Kudo? All’ospedale mi hanno detto che se ne era andato…” domandò una voce familiare
nell’ingresso.
“Ah, si!” si sentì la voce di Kazuha “di qua!”
“Agente Takagi?” chiese stupito Shinichi Kudo non appena il giovane mise piede nello studio.
“Salve” sorrise Wataru Takagi con la sua solita aria infantile “scusa se ti disturbo a casa, ma visto
che sei tornato ho un po’ di domande da farti…in privato possibilmente….” Aggiunse piano
lanciando uno sguardo agli altri ragazzi presenti.
“Se si tratta di un’indagine può dire anche a me” fece Heiji Hattori ostentando un’aria saputa
appoggiando disinvoltamente un braccio sul retro del divano.
“Se invece i suoi dubbi riguardano il furto di un libro, ne sappiamo molto anche noi” disse il
giovane ladro Kid lanciando uno sguardo penetrante all’agente investigativo Wataru Takagi.
“Chi è quel ragazzo?”chiese il poliziotto sorpreso “ un tuo parente Kudo? Vi somigliate molto!”
“Sono suo cugino!” sorrise il ladro con aria spavalda “Kaito Kuroba, piacere!”
Kazuha Toyama lanciò uno sguardo acuto al ragazzo prima di tornare a fissare l’agente Takagi.
“Allora, che c’è?” chiese il giovane detective dell’Est mentre sentiva di nuovo la febbre salire a
livelli pericolosi.
La scienziata Shiho Miyano stava rannicchiata nel vano della finestra dalla quale si poteva vedere la
casa di quel ragazzo chiamato Shinichi Kudo. Scosse la testa imbarazzata…
Come aveva potuto scappare via a quel modo senza dare nessuna spiegazione plausibile?
Come minimo quell’idiota di Kudo –kun non aveva capito nulla, ma …ne era certa…lo sguardo che
Toyama le aveva lanciato era piuttosto eloquente… e anche Mouri…
Ai Haibara sospirò affondando il bel viso tra le braccia, lasciando intravedere solo i penetranti occhi
grigi, mille pensieri che s’infrangevano come gocce di pioggia su un vetro freddo…mille pensieri
chiusi in un cuore che non avrebbe mai dovuto aprirsi…
Il dottor Hiroshi Agasa aveva preso a gironzolarle intorno da quando era tornato. Rientrato in casa
da poco, si era accorto che era sola e probabilmente aveva capito che era successo qualcosa.
Prima che l’ometto potesse avvicinarsi per l’ennesima volta, solo per poi sospirare indeciso, il
cellulare di Ai trillò, troppo serio per essere quello di una bambina, e la scienziata premette la
cornetta verde con un sospiro.
“Allora? Ti senti meglio?” gli chiese al telefono la voce di Shinichi Kudo.
“ Si, un po’…” disse piano la ragazza.
“ Bene…perché è appena venuto Takagi e mi ha dato delle informazioni interessanti….vorrei
sapere che ne pensi…”
“Arrivo subito” rispose Ai Haibara la voce incerta. Il fatto di tornare in quella casa così presto le era
un po’ forzato, ma sarebbe successo….
….prima o poi….
“Lo capisco….” disse improvvisamente Shinichi Kudo dall’altro capo del telefono “ io….lo so che
Ran ti fa pensare a tua sorella….”
Ai Haibara rimase in silenzio mentre un sorriso mesto le incurvava le labbra rosee.
“Grazie” rispose solo.
“sto arrivando” aggiunse dopo una lunga pausa.
E la bambina seppe che dall’altro capo del telefono Shinichi Kudo le aveva sorriso.
“Sembra che ci siano delle novità professore” disse poi saltando agile dal vano della finestra e
riacquistando la sua solita aria glaciale “e se non sbaglio anche lei ha qualcosa da dirci? Non è
così?”
L’ometto si limitò a sorridere in imbarazzo e a seguire la bimba fuori dalla porta.
Kogoro Mouri guardò sua moglie di sottecchi come se da un momento all’altro avessero dovuto
spuntarle delle corna e un forcone che lo avrebbe frustato a sangue. Tuttavia Eri Kisaki si limitò a
tastargli la fronte quasi distrattamente e a fargli ingurgitare le pillole che l’infermiera gli aveva
portato.
Ma quando anche l’ultima visita fu terminata, la donna chiuse la porta della stanza 135
dell’Ospedale Distrettuale di Beika e fissò il suo ex marito negli occhi scuri.
- Allora – cominciò e Kogoro Mouri seppe che il forcone si era appena materializzato – si può
sapere che diavolo hai combinato per avere una punizione del genere?- Ma che cavolo dici?- chiese l’uomo sorpreso.
- Mio Dio, come ho fatto a sposarti!- sospirò la donna sconsolata – non ti rendi conto della
situazione?-E che cosa dovrei fare, secondo te?- sbottò il detective privato con un’espressione fin troppo seria
– credi che non abbia capito che era Ran che volevano?Eri Kisaki guardò il suo ex marito sorpresa. Quell’uomo era un idiota per il resto, ma se si trattava
delle persone che amava sapeva diventare improvvisamente un eroe.
- Chi pensi che sia? – chiese Mouri alla moglie.
- Io non ne ho idea – cominciò la donna pensierosa – ma sono convinta che qualcuno ne abbia una –
sorrise – e bella precisa….- poi fissò quello stupido uomo negli occhi con aria perplessa - sei
proprio sicuro di non aver fatto una delle tue solite uscite imbecilli negli ultimi tempi?- Ma come pensi che il più famoso detective del mondo, Kogoro Mouri, potesse fare delle
scemenze…- si impettì l’uomo accasciandosi un secondo dopo per le fitte lancinanti alle costole
fratturate.
Eri Kisaki, alzando gli occhi al cielo, si avvicinò a suo marito per sorreggerlo mentre di lamentava
come un ippopotamo con l’ernia.
Poi quando la donna alzò il volto sull’uomo notò una strana espressione seria che ne dipingeva quei
tratti purtroppo affascinanti.
- Eri – chiamò Mouri senza alzare lo sguardo su di lei, vicino a sua moglie non si ricordava neanche
più da quanto tempo.
- Che c’è?- chiese la donna, il battito involontariamente accelerato.
- Faresti una cosa per me?- disse il detective alzando finalmente gli occhi su di lei.
E in quel momento l’avvocato Eri Kisaki si ricordò il motivo che l’aveva spinta a sposare
quell’idiota….
Decimo Capitolo
L’agente speciale Miwako Sato rigirava fra le mani il foglio che qualche ora prima il detective
Takagi gli aveva messo sotto il naso. Più ci pensava e più non riusciva a capire chi avesse potuto
architettare una cosa del genere. Ma soprattutto….perché?
Che cosa ci si guadagnava a fare una denuncia di furto con un altro nome? Forse l’uomo che era
stato derubato non voleva far conoscere la sua identità….. alla polizia… ai ladri…a chi? O forse si
trattava solo di uno scherzo? In fondo a Hiroyuki Kazumoto quel libro era stato già derubato una
volta…possibile che quel vecchio ne possedesse un altro?
Secondo quanto le aveva detto Takagi si trattava di testi molto costosi…ma, soprattutto, di quella
specifica edizione, ne esistevano solo cinque copie, una di queste in possesso del famoso scrittore
Yusaku Kudo….
….e adesso, proprio adesso, anche suo figlio, troppo raro ad incontrarsi negli ultimi tempi, si era
fatto di nuovo vivo….
…e, infine, il nome Kudo era anche quello della moglie scomparsa di Takuya Imai, l’autore di quel
testo da collezione.
In più, qualcuno si era introdotto in casa di Kogoro Mouri per tentare di rapire sua figlia…questo
era evidente.
Miwako Sato sbuffò esasperata lanciando con malagrazia il foglio sulla scrivania. Per quanto ci
pensasse qualcosa le diceva che anche la figlia di Mouri c’entrava con tutto questo…in fondo non
era un’amica di Shinichi Kudo? La donna sorrise pensando che se c’entrava veramente Kudo in
tutto questo, il motivo del tentato rapimento era piuttosto palese…
Ma qui la cosa si stava facendo un po’ troppo complicata…
Un lieve tintinnio interruppe il flusso dei suoi pensieri e Sato alzò il volto sul vetro del suo ufficio
da dove Yumi le faceva cenno di uscire.
“Lavoro, lavoro!” disse la ragazza elargendole uno dei suoi soliti sorrisi “ tu e Takagi domani siete
di turno all’asta che si terrà nel vecchio cottage fuori Tokyo”
“Che?” chiese Sato contrariata “e perché?”
“Pare che ci sarà un’asta per collezionisti privati ed è stata richiesta la collaborazione della polizia
per la tutela degli oggetti in vendita”
“Devono essere proprio con l’acqua alla gola per chiedere aiuto a noi” disse Sato maliziosa.
La poliziotta Yumi si limitò a sorriderle “Comunque sia domani mattina dovrete recarvi alla vecchia
villa Imai. Sai dov’è?”
“Hai detto ‘Imai’?” fece l’agente speciale sbalordita.
“Esatto. L’asta si terrà lì. Perché? C’è qualcosa che non va? Ehi, Sato….?”
Yumi fissò perplessa l’espressione attonita che era comparsa sul volto della sua amica.
“Ehm…scusate, signore….” Disse all’improvviso una vocetta tremolante alle loro spalle “avrei una
denuncia da fare…a chi posso rivolgermi?”
Le donne si voltarono ad incontrare due occhietti timidi e acquosi che guardavano dalla loro parte.
Il professor Hiroshi Agasa lanciò uno sguardo interrogativo a quella bambina che abitava con lui e
che si limitò ad un’alzata di spalle.
“Si può sapere che cosa avete scoperto?” chiese la piccola Ai Haibara incrociando le braccia sul
petto e sospirando mentre sembrava che nello studio di Yusaku Kudo quei tre ragazzi avessero
ognuno un’idea differente nella testa.
Heiji Hattori, famoso detective dell’Ovest, passeggiava avanti e indietro, nervosamente, fermo solo
di tanto in tanto, una mano al mento mentre scuoteva la testa, perplesso.
Kaito Kid, ultimo mago del secolo, appoggiato al vetro freddo della finestra, fissava la strada
distrattamente, gli occhi azzurri concentrati e vigili, perso in pensieri innumerevoli.
Shinichi Kudo, ritrovato studente detective, accoccolato sulla poltrona del padre, aveva portato le
ginocchia al petto, le mani giunte e poggiate sulle labbra, la mente che, febbrile, elaborava delle
informazioni a lei ancora sconosciute.
La scienziata Shiho Miyano abbassò il volto da bambina per un secondo; almeno sembrava che le
ragazze non ci fossero.
“Dobbiamo ancora aspettare molto?” chiese prendendo bonariamente in giro quei ragazzi che da
quando era tornata a momenti non l’avevano neanche guardata in faccia.
“Lasciali perdere ‘sti idioti!” le disse allegra una voce all’orecchio.
La bambina si voltò sorpresa dal fatto di non aver sentito alcun rumore.
Kazuha Toyama le sorrideva amabilmente e dietro di lei anche Ran Mouri aveva la stessa
espressione dolce.
Ai Haibara voltò lo sguardo, schiva, mentre solo un rossore delicato mostrava il suo stato di
agitazione.
“Il the!” annunciò Kazuha con il suo solito fare brioso mentre poggiava sulla scrivania sette tazze
fumanti.
Heiji Hattori ne afferrò malamente una e bevve, rapido un sorso, ustionandosi la gola e
cominciando a tossire come un forsennato.
“Ma che….cacchio….” sputacchiò disperato.
“Se sei scemo…” cominciò Kid sghignazzando.
Kazuha Toyama si limitò a battere con una forza inaudita la schiena del famoso detective
dell’Ovest.
Heiji Hattori la guardò di sottecchi, le iridi ametista arrossate per il principio di soffocamento.
“Ragazzi, ce lo volete dire o no che diavolo vi ha detto Takagi?” sbuffò alla fine il dottor Hiroshi
Agasa spazientito.
Hattori smise quasi immediatamente di tossire e fissò serio Kudo, insieme a tutti gli altri nella
stanza.
Il giovane detective dell’Est abbassò le ginocchia e si sporse in avanti appoggiandovi i gomiti e
congiungendo le mani.
Chinò un secondo il volto e inspirò profondamente prima di iniziare.
“Cercando nella rete informazioni su Imai, Takagi si è imbattuto in un sito che riportava una strana
storia”
“Ossia?” chiese Ai Haibara senza rendersene nemmeno conto.
Shinichi Kudo ed Heiji Hattori le lanciarono uno sguardo eloquente.
La bambina azzittì fissando con la coda dell’occhio le altre due ragazze presenti nella stanza.
Poi un rumore croccante, improvviso, un po’ troppo improvviso… risuonò nella stanza
“Accidenti!” esclamò Ran Mouri fissando i cocci della sua tazza in frantumi sul pavimento “Scusate
continuate pure….vado un secondo in cucina…”
“Aspettami vengo con te!” disse Kazuha Toyama allontanandosi seguendo l’amica.
Shinichi Kudo ed Heiji Hattori lanciarono uno sguardo perplesso alla porta che si era appena chiusa
alle loro spalle.
Ai Haibara abbassò il volto, pensierosa.
Allora quegli sguardi non li aveva immaginati.
Quando rialzò le iridi grigie si ritrovò a fissare un azzurro intenso che le sorrideva simile a quello di
Shinichi Kudo. Il ladro Kid la stava guardando mentre uno strano sorriso gli increspava le labbra.
Shiho Miyano lo osservò un attimo sorpresa prima che Kudo riprendesse il suo racconto.
Kazuha Toyama fissò Ran Mouri nelle iridi blu non appena la porta dello studio si serrò dietro di
loro. Le due ragazze non emisero un fiato. Si sorrisero solo l’un l’altra prima di accostarsi alla porta
e sentire quello che, era evidente, nessuno voleva fargli sapere.
O notare.
“Che strana storia?” chiese Agasa sedendosi sulla poltrona accanto al camino spento e sorseggiando
piano il suo the.
“Guarda un po’ qua” gli disse Heiji Hattori porgendogli una macchinetta fotografica digitale.
Ai Haibara scivolò dalla bella sedia di rovere per avvicinarsi al vecchio professore e fissare lo
sguardo sullo schermo a cristalli liquidi.
Subito dopo entrambi alzarono uno sguardo sconvolto.
“Quello è il figlio di Imai” sorrise il ladro Kid “l’unico figlio di Takuya Imai”
“Non vorrai dirmi che….”cominciò Agasa stupito.
“Sul retro del ritratto c’è una frase” disse Shinichi Kudo fissando l’ometto negli occhi “un
messaggio che porta le iniziali E. K.”
“Eri Kudo”disse Ai Haibara piano.
“Esatto” continuò Kudo con una calma innaturale “la stessa donna del ritratto nel mio libro”
“Pensi che non sia stata la moglie di Imai, non è così Kudo –kun?” chiese la scienziata Shiho
Miyano guardando nuovamente la vecchia foto sulla macchinetta dell’agente Takagi.
“Non posso pensare niente, senza prove” rispose Shinichi Kudo, una nota ansiosa nella bella voce “
il problema non è se quella donna fosse stata o no la moglie dello scrittore”
“Che?” chiese Agasa sempre più perplesso.
“Il problema sta nel fatto che Imai , il padre intendo, era già morto quando quei cinque libri furono
stampati” intervenne Heiji Hattori appoggiandosi alla scrivania di noce, poco distante da Kudo.
“Ovvero” concluse Kid senza staccare gli occhi dalla strada “ è stato il figlio di Imai ad organizzare
questo giochetto”
“CHE?” chiesero in coro Ai Haibara ed Hiroshi Agasa stupiti “ma per quale motivo? Perché usare il
nome di suo padre? Che cosa c’è nascosto in realtà in questi libri?” aggiunse la bambina fissando
Shinichi Kudo, lo sguardo del ragazzo perso nel vuoto.
“Non lo so” disse il ragazzo “forse la donna del ritratto era sua madre e il codice riguarda comunque
il segreto di questa scomparsa…o forse si tratta di sua moglie …”aggiunse, una nota di imbarazzo
udibile distintamente.
“Sarebbe plausibile”disse Agasa portandosi una mano ad accarezzarsi i folti baffoni bianchi “ ma
scusa Shinichi, pensi che le informazioni trovate su un sito internet siano attendibili?”
“Purtroppo” sospirò il ragazzo “in questo caso direi proprio di si. Takagi ci ha riferito di essersi
precipitato dall’uomo che ha rilasciato l’intervista su Imai…”
“Si tratta di un vecchio antiquario” intervenne Kid fissando finalmente l’attenzione sugli altri “
Hiroki Takahashi. Lo conosco piuttosto bene”
“Immagino…”fece Hattori lanciandogli uno sguardo maligno.
“Guarda che è una brava persona!!” sbuffò Kid sulla difensiva.
“Quest’uomo” tossì forte Kudo “sostiene che suo padre fosse stato un grande amico del giovane
Imai ed è abbastanza in là con gli anni per essere credibile. Inoltre, è sua nipote a gestire il sito e la
ragazza prende tutte le informazioni direttamente da lui”
“È stato il vecchio di persona a parlare a Takagi della morte del vecchio Imai e del fatto che fu suo
figlio a curare questa particolare edizione. In più ci ha anche dato la conferma che a quell’epoca
Imai aveva già cambiato nome in Kudo” disse Heiji Hattori avvicinando, questa volta con molta
cautela le labbra alla tazza.
“Che cosa?” esclamò l’agente Wataru Takagi pilotando la sua Ford oltre il traffico di Shibuya “ma
ne sei proprio sicura, Sato-san?”
“Pensi che abbia le allucinazioni?” urlò seccata la voce dall’altra parte dell’auricolare “è proprio
così. Quell’uomo ha detto di essere stato derubato di una di quelle famose cinque copie!”
“Ti ha detto per caso che aspetto aveva il libro?” chiese l’uomo stringendo le palpebre e superando
con un’insolita destrezza il bambino e la nonnina che sembrava avessero una voglia matta di finire
sotto le sue ruote.
“In che senso?” fece Sato, la bella voce perplessa.
“Kudo mi ha mostrato le copie in suo possesso”
“ Le copie?”
“Esatto. Le copie” Takagi si schiarì la voce “ avevano colori differenti e gli ho fatto notare che nel
rapporto stilato diciassette anni fa il libro era descritto come oggetto quadrato dalla copertina in
pelle bianca. Kudo ha i tomi rosso e verde”
“Come…ma di che diavolo stai parlando?” poi Sato sentì oltre i vetri del suo ufficio il rumore pieno
di un motore a benzina morire nel parcheggio del Dipartimento di Polizia Metropolitano. Si fece più
vicina alla finestra per vedere un uomo giovane e alto, dall’elegante completo sabbia, scendere dalla
vettura grigio-metallizzato e sollevare uno sguardo verso di lei.
Takagi si tolse gli occhiali da sole e premette il tasto che dall’auricolare Bluetooth passava alla
comunicazione diretta con il cellulare.
“Quei colori hanno un significato ben preciso “ il giovane sorrise sicuro “ e questa volta ho
intenzione di scoprirlo prima di Kudo”
“San” ovvero il numero tre, “un” ovvero destino, “kami” ovvero divinità, “hon” ovvero libro.
Shinichi Kudo sbuffò mentre osservava perplesso quei quattro kanji senza alcuna connessione
logica.
“Ti si storcerà il cervello se continui a guardare quel foglio così!” sbadigliò Kaito Kuroba
sbadigliando sonoramente “sono gli indizi del libro verde non è così?”
Shinichi Kudo grugnì incrociando ancor più imbronciato le braccia sul petto.
“Lascialo perdere!” sbuffò Heiji Hattori stappando una birra e passandola al ladro “piuttosto che
cosa ne pensi?”
“E’ un po’ difficile da dire…” disse l’ultimo mago del secolo afferrando malamente la bevanda e
ingurgitandone veloce un sorso.
“Ma non siete un po’ troppo giovani per bere?” chiese il dottor Agasa, gli occhi ridotti a fessure.
Lo sguardo assassino di Heiji Hattori e Kaito Kuroba azzittì l’uomo scatenando una leggera ilarità
alla piccola Ai Haibara.
“Quindi…ricapitolando…”cominciò la scienziata “con l’aiuto di Takagi –kun abbiamo scoperto che
diciassette anni fa lo stesso libro era stato sottratto a Kazumoto, solo che in questo caso si trattava
della copia ‘Bianca’…”
“…sporta una semplice denuncia, il caso era poi stato abbandonato per mancanza di indizi che
conducessero ad una pista sufficientemente plausibile…” continuò Hattori sorseggiando dal collo
della bottiglia mentre lanciava sguardi acuti al ladro Kid che continuava a vere fin troppo
silenziosamente la sua birra.
Shinichi Kudo si voltò leggermente.
Ai Haibara sapeva benissimo quello che stavano pensando tutti quanti. Fissò anche lei il suo
sguardo smeraldo sul giovane ladro.
“…poi” tossì il professor Hiroshi Agasa “qualcuno, spacciandosi per Kazumoto ha sporto denuncia
per il furto della copia raccolta da me ed Ai nello studio segreto di Kazumoto. Un’ora dopo che
l’uomo era morto”
“ E un’ora prima che il cadavere del giornalista Hayasaka fosse trovato….” Continuò Shinichi
alzando finalmente lo sguardo “ un’ora prima che Kazumoto fosse trovato”
“Presumibilmente l’assassinio dell’ex membro dell’Organizzazione deve essere opera di Gin e
compari” disse Haibara portandosi una mano al mento pensierosa “ poi non riuscendo a trovare il
libro hanno deciso di sporgere denuncia a nome della vittima in modo tale da non destare nessun
sospetto…solo…”
“Solo che non hanno agito bene sul corpo e la temperatura della stanza non era calda a sufficienza
per riuscire a posticipare del tempo necessario l’ora della morte stabilita dal medico legale” terminò
Kudo per lei.
“Non mi sembra un errore che possa commettere quello spilungone capelluto” fece Hattori
pensieroso.
“Ci dev’essere qualcos’altro sotto…” sussurrò Shinichi Kudo fissando direttamente il ladro Kid.
Kaito Kuroba tentò di guardare da un’altra parte, ma il cuore aveva preso a sballottolargli contro le
costole nell’istante stesso in cui si era fatto accenno a suo padre. Non riusciva neanche più a
ricordarselo ormai….era passato talmente tanto tempo dall’ultima volta che lo aveva visto. Non
sapeva nemmeno se quello che la sua mente gli suggeriva fosse un vero ricordo o il frutto della
fantasia di un bambino troppo triste da ammetterlo.
Scosse la testa amareggiato.
Non era questo Kaito Kid.
“Allora che vuoi sapere da me?” chiese il ragazzo con il solito sorriso spavaldo che gli incorniciava
le labbra. Tuttavia non riusciva ancora ad affrontare le iridi dei suoi compagni.
“Non lo so” ammise Shinichi Kudo, lo sguardo serio “ tu che puoi dirci….che puoi dirci che finora
non ci hai rivelato?”
“Non avrei mai creduto che il colore e la forma di quel coso fossero importanti” disse piano,
distante. Poi sbuffò a ridere di se stesso “ avrei dovuto immaginarlo!”
Fuori dalla porta Kazuha Toyama e Ran Mouri si erano fatte più vicine per ascoltare.
Kazuha aveva sentito Kid con quel tono di voce solo una volta…..c’era stato qualcosa di simile
durante la conversazione che aveva avuto con Aoko Nakamori….però non riusciva a ricordarsi
proprio in che punto….
Poi uno strano ronzio arrivò alle sue orecchie e per un attimo distolse l’attenzione da quanto
accadeva nella biblioteca.
“Accipicchia!” sussurrò Ran tirando fuori dalla tasca il suo vecchio Panasonic “ mia madre mi sta
chiamando! Rimani pure qui. Così sapremo più cose di quanto quegl’idioti non vogliano rivelarci!”
strizzò l’occhio all’amica e si allontanò per rispondere alla chiamata.
Kazuha sorrise e pensò che Ran- chan fosse più forte di quanto non credesse lei stessa. Che Ai
Haibara fosse una persona speciale per Shinichi Kudo, ormai l’avevano capito benissimo entrambe.
“Non è che mi ricordi un granché!” ammise il ladro Kid alzandosi dalla scrivania e cominciando a
passeggiare distrattamente per la stanza “ ero molto piccolo quando mio padre tornò a casa. In
genere non c’era quasi mai….a causa del lavoro…”
Heiji Hattori sorrise lanciando uno sguardo d’intesa a Kudo.
Ai Haibara ed Hiroshi Agasa si limitarono a seguire il ragazzo con lo sguardo rimanendo in
completo silenzio.
“Quella sera aveva il volto serio e disse alla persona che si occupava di me che questa volta sarebbe
stata dura uscirne. Non so a cosa si riferiva. Io ero sgattaiolato fuori dal letto non appena avevo
sentito la sua voce e avevo deciso di fargli una sorpresa spaventandolo. Mi fermai ad osservare oltre
il piccolo spiraglio della porta socchiusa. Mio padre teneva in mano un libro quadrato e lo guardava
in maniera strana….”solo adesso capisco che quello sguardo nascondeva paura…si disse Kid fra sé.
Poi alzò di nuovo il volto e riprese “ lo poggiò sul tavolino accanto alla sua poltrona preferita e si
allontanò un secondo dalla stanza. E allora…
entrai…
era come se dentro quel libro ci fosse uno di quei tesori di cui mi aveva spesso parlato mia madre.
Mi avvicinai e fissai quel volume non so per quanto tempo prima di avere il coraggio di prenderlo
in mano. Io…”
Ai Haibara guardò stupita quel ragazzo sempre pieno di sé e notò una stana luce animare quelle iridi
azzurre così pericolosamente simili a quelle di Kudo. Che cosa c’era nascosto veramente in quei
libri?
“..non lo so…era come se fossi ipnotizzato da quella copertina che restava candida anche con la
luce soffusa del camino acceso. Mi sembrò quasi che il drago dell’incisione danzasse con il
cavaliere che lottava contro di lui….”
“Quale drago?” chiese Hattori stupito “quale cavaliere?”
Kid non ci fece caso e continuò “aprii il volume e scorsi le pagine. Alla fine c’era un’incisione.
Identica a quelle trovate negli altri due libri: una donna che giocava a scacchi con la Morte” gli
occhi del giovane ebbero uno strano guizzo mentre nella stanza nessuno osava dire nulla “Solo che
le pedine erano tutte al loro posto” disse.
“L’unica cosa che ricordo diversa era una frase. Una frase in latino scritta in cima alla xilografia.
IN PRINCIPIO ERAT VERBUM”
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