Liceo Classico “Lanzone”

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Liceo Classico “Lanzone”
Classe III Liceo – Lezione di Filosofia di Lunedì 22 Marzo 2010
NIETZSCHE – CRISI DELLA SOGGETTIVITÀ (BREVE INTRODUZIONE)
La lezione introduce la concezione nietzschiana della soggettività che verrà approfondita nella settimana
successiva alla Gita scolastica, alla presenza dell’intera classe.
Perché in Nietzsche c’è una crisi del soggetto/della soggettività/dell’autocoscienza?
Un primo aspetto di questa crisi è da ricollegare alla concezione della verità e alla teoria del prospettivismo,
presentata nelle lezioni precedenti:
- se la verità è ridotta a un “gioco di dadi concettuali” ed è il risultato provvisorio del prevalere di criteri
e interessi particolari; se non ci sono fatti ma solo interpretazioni (vero e falso non sono mai tali in
assoluto, ma sono soltanto prospettive differenti sulla realtà); se dunque tutte le verità si equivalgono
e nessun criterio oggettivo può dirci quale verità preferire, allora conoscere significa confrontarsi con
la pluralità dei punti di vista degli uomini sul mondo. Come ci si confronta? Organizzando la realtà
secondo il prospettivismo dei valori in base ai quali ogni uomo esprime la singolarità della propria
esistenza;
- il prospettivismo produce una crisi del soggetto o coscienza perché ogni soggetto umano si trova esso
stesso in una posizione prospettica nel gioco delle interpretazioni. Coinvolto in questo conflitto di
verità, il soggetto non è più inteso come un io autocosciente ma come “una piccola ragione” di fronte
alla “grande ragione” del corpo e dell’istinto (capiremo meglio questo concetto parlando della
concezione nietzschiana del corpo e degli istinti).
Un secondo aspetto della crisi del soggetto è connesso al modo in cui Nietzsche si confronta con la tesi
“cogito, ergo sum” di Cartesio. Si sintetizzano qui i nodi principali del confronto tra i due filosofi, in attesa
di approfondirli alla presenza dell’intera classe:
1) Secondo Cartesio, l’io umano ha la qualifica di soggetto: è una soggettività o egoità (da “ego”);
2) Formulando il sillogismo “cogito, ergo sum” Cartesio ricava l’esistenza del soggetto umano dal suo
essere pensante (si recuperano le conoscenze pregresse degli allievi riguardo alla teroia cartesiana
e alle sue implicazioni);
3) Secondo Nietzsche, per poter affermare il sillogismo cartesiano “cogito, ergo sum” (“penso,
dunque sono”), occorre già sapere cosa significano i termini “cogitare”, “esse” ed “ergo”, e,
siccome la conoscenza di questi termini è presupposta, il sillogismo di Cartesio non può essere il
fondamento di ogni certezza. La colpa di Cartesio, ad avviso di Nietzsche, è quella di partire da
presupposti indimostrati.
4) Secondo Nietzsche, il sillogismo di Cartesio non è l’espressione di una certezza immediata, ma è
riconducibile a quella che Nietzsche chiama “volontà di verità”:
 l’ego cogito di Cartesio è ricondotto da Nietzsche all’ego volo e il volere (velle) viene inteso
nei termini della “volontà di potenza” = carattere fondamentale di ogni ente e “intima
essenza dell’essere”.
Chiariremo e approfondiremo il confronto di Nietzsche con Cartesio, spiegando come Nietzsche concepisca
il soggetto come volontà di potenza (diremo cosa Nietzsche intenda esattamente con questa espressione),
come modifichi la concezione cartesiana del pensiero e quale ruolo essenziale egli assegni alla corporeità
del soggetto.
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Classe III Liceo – LEZIONE DI FILOSOFIA DI MARTEDÌ 23 MARZO 2010
Nietzsche – Analisi del Testo “L’utilità e il danno della storia per la vita” (cfr. Dialogos E,
pp. 232-235)
La lezione si inserisce nell’U.D. su Nietzsche e permette di comprendere in particolare la concezione
nietzschiana della storia.
L’insegnante conduce l’analisi del testo insieme alla classe. Non vengono fornite indicazioni preliminari alla
lettura. Si invitano gli alunni a ricavare autonomamente dal testo le tesi principali di Nietzsche e ad
argomentarle in modo coerente. L’insegnante aiuta gli allievi a contestualizzare il pensiero di Nietzsche
riportato nel brano in esame e approfondisce alcuni snodi argomentativi centrali.
L’opera da cui sono tratte le pagine che esaminiamo è la 2a delle 4 Considerazioni inattuali (1874), che si
intitola “Sull’utilità e il danno della storia per la vita”. All’interno di questo testo Nietzsche critica la cultura
del suo tempo, che va fiera della sua formazione storica, mentre in realtà la storia è un danno, una colpa,
un difetto (proprio perché criticano la concezione della storia della cultura del tempo le considerazioni di
Nietzsche si chiamano ‘inattuali’).
Nietzche reagisce polemicamente contro la corrente di pensiero dello storicismo ottocentesco, che
Nietzsche ritiene una vera ‘malattia storica’1. Lo storicismo, secondo Nietszche, è una malattia perché:
1) è eccessivamente legato al passato;
2) manca di creatività.
Nietzsche sottolinea come il sapere storico e il culto del passato riducano gli uomini ad essere spettatori
rassegnati del corso inarrestabile degli eventi, incapaci di manifestare la volontà di creare una storia nuova.
Secondo Nietzsche, gli uomini del suo tempo:
1) non si impegnano per il futuro;
2) sono intrappolati nella trama del determinismo meccanicistico e necessitaristico, in cui si presume
che non accada mai nulla di nuovo;
3) non si sentono protagonisti del presente.
Nel testo che esaminiamo Nietzsche spiega perché è pericoloso essere saturi di storia. Che danno fa la
storia per la vita? In sintesi:
a) indebolisce l’uomo, trasformandolo in una “enciclopedia ambulante”;
b) facilita l’avvento di una cultura puramente “riproduttiva”.
Quali rimedi sono possibili contro il danno prodotto dalla storia? Nietzsche sostiene che è necessario
l’oblio, cioè:
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Lo storicismo è una corrente composita della filosofia contemporanea che afferma che la realtà è intrinsecamente
storica e che quindi può essere compresa solo storicamente. Lo storicismo contemporaneo ha dei precedenti in età
moderna, durante la quale si è affermato e sviluppato il senso della storicità dell’esistenza umana. Molti autori sono stati
attenti alla dimensione storica: G.B. Vico vede nelle leggi dell’evoluzione storica la condizione di intelligibilità della
formazione e della vita delle nazioni; alcuni illuministi (Voltaire e Condorcet) indagano con curiosità nuova il rapporto
tra le condizioni storico-naturali dell’azione degli uomini e l’affermarsi della ragione nel tempo. Un impulso decisivo
all’interpretazione della realtà in termini di storia viene dall’idealismo tedesco: Schelling ed Hegel concepiscono la
storia come manifestazione dell’Assoluto. Tra gli storicisti contemporanei ricordiamo autori come Benedetto Croce (La
storia come pensiero e come azione, 1938), secondo cui la storia è lo svolgimento della vita dello Spirito secondo le
forme distinte dell’economia e dell’etica, dell’arte e della filosofia; A. Gramsci ed E. Bloch, che riconoscono la validità
del materialismo dialettico nella sua forma storico-sociale. W. Dilthey, G. Simmel, W. Windelband, M. Weber, invece,
rinunciano ad una filosofia globale della storia e indagano in vario modo le condizioni dell’agire storico e il valore della
sua conoscenza. Secondo questi autori, la “comprensione” è l’attività che maggiormente qualifica l’essere umano e
costituisce il principio delle scienze dello spirito perché permette di entrare in rapporto con l’individualità che è il
concreto soggetto della storia, in opposizione con il carattere universale e necessario delle scienze della natura.
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1) l’uomo deve imparare a dimenticare per essere incosciente e veramente felice: “chi non sa fissarsi
sulla soglia dell’attimo dimenticando tutto il passato non saprà mai cosa sia la felicità” (cfr. le parti
del testo sul confronto uomini-animali);
2) la dimensione del tempo cui occorre dare il primato è l’attimo, l’istante;
3) bisogna vivere e agire in modo non storico (quel tipo di vita e azione risultato della dimenticanza e
della valorizzazione dell’attimo).
Il testo che esaminiamo descrive soltanto il danno della storia per la vita. Ma la storia, secondo Nietzsche, è
anche utile se è al servizio della vita, e quindi se non è scienza fine a se stessa, pura avidità di sapere. L’uso
non dannoso della storia genera, secondo Nietzsche, tre forme positive di storiografia. Il filosofo precisa
vantaggi e limiti di ciascuna:
1)
storiografia monumentale: è caratterizzata da un atteggiamento attivo di proiezione verso il
futuro. Ha il vantaggio di considerare la storia come un mezzo contro la rassegnazione perché
ragiona secondo quest’ottica: se gloria e grandezza sono state possibili in passato, lo saranno
ancora. Ha il limite di falsare il passato riducendo la storia al mito;
2)
storiografia antiquaria: è caratterizzata da un atteggiamento conservatore. Ha il vantaggio di
valorizzare il recupero e la conservazione della tradizione passata e quindi di sottolineare
l’importanza della memoria. Ha il limite di rendere sterile il presente: la sua eccessiva fedeltà alla
storia passata, finisce per ‘mummificare’ la vita;
3)
storiografia critica: è quella che, secondo Nietzsche, ci aiuta a comprendere in che senso la storia
può essere utile per la vita. Questa storiografia considera il presente come metro di valutazione
del passato e in funzione della progettazione per il futuro. Solo se si adotta un atteggiamento
critico = cioè se si esprime una potente volontà di costruire il futuro e di scoprire il futuro nel
passato, allora la storia ha un senso ed è utile alla vita (altrimenti è un peso).
Per l’analisi del testo si richiede la suddivisione e titolazione dei paragrafi e l’individuazione delle parole
chiave. I concetti espressi da Nietzsche vengono schematicamente ricondotti a questi argomenti:
- la fierezza della cultura storica della cultura del tempo di Nietzsche;
- la contrapposizione vita-sapere storico sottesa al confronto uomini-animali (perché i primi
sono invidiosi dei secondi?);
- i vincoli del passato (come viene caratterizzato?) e il valore dell’oblio;
- il primato dell’attimo come antidoto contro la saturazione di storia e il nesso storiainfelicità;
- gli effetti della saturazione di storia: l’uomo come enciclopedia ambulante e la vita
mummificata.
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