L`INCANTO SPEZZATO DEL SIGNOR B. di Tano Siracusa

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L'INCANTO SPEZZATO DEL SIGNOR B. di
Tano Siracusa
Pubblicato redazione Mar, 30/06/2009 - 09:04
Mi è capitato spesso in questi giorni di pensare a Gianfranco. Gianfranco che racconta una
storia e ride. L’ho conosciuto tre anni fa, a Lima. Piemontese, ex operaio, occhi chiari e lunghi
baffi grigi, le spalle ingobbite e strette in un giubbetto di jeans, Gianfranco faceva il pittore di
strada a Barranco, un tranquillo e un po’ malinconico quartiere della capitale peruviana.
Ci siamo conosciuti la mattina stessa del mio arrivo e dopo un’ora mi aveva raccontato un
pezzo della sua vita: un figlio ucciso dall’eroina, la moglie, una croata bellissima, che era
andata a vivere con un altro uomo, il secondo figlio che lo aveva convinto a raggiungerlo a
Lima, dove si era sposato e aveva messo su un ristorante. Un altro pezzo della sua vita lo
avevo intuito incontrandolo la sera: Gianfranco era un alcolizzato, la dipendenza dall’alcol era
il prezzo che aveva pagato per sopravvivere alle sue disgrazie.
Si capisce perciò che era un uomo triste, lo era fisicamente, la sua figura sperduta negli spazi
dilatati dall’inverno era triste.
L’ho visto ridere una volta sola, con una risata lunga, liberatrice, conclusiva, ed è stato
quando mi ha raccontato una storia di donne.
Era arrivato da un mese a Lima, si stava ambientando, ma si sentiva anche molto solo. Aveva
allora chiesto al figlio se poteva presentargli qualche amica, qualche ragazza. Non ci sono
problemi aveva risposto suo figlio. E, una dopo l’altra, Gianfranco aveva portato in giro per i
locali di Barranco e poi a letto quattro ragazze. Quando però aveva chiesto di fargliene
conoscere una quinta suo figlio gli aveva fatto più o meno questo discorso: papà, tu hai
lavorato tutta la vita, non ci hai fatto mancare nulla, hai sofferto molto, adesso basta, è giusto
che pensi un po’ a te, che ti godi la vita, ma in questo periodo il ristorante non va benissimo, è
inverno, insomma devo stare un po’ attento ai soldi che spendo e finora le ragazze mi sono
costate 400 soles.
Ho pensato spesso in questi giorni a Gianfranco, alla sua risata mentre mi raccontava di
quelle quattro volte che era stato con delle prostitute senza saperlo e senza capirlo.
Ho pensato a lui, naturalmente, leggendo delle disavventure erotiche di Berlusconi.
Trovarsi a letto una prostituta, invece della donna che si riteneva di avere sedotto, è forse la
peggiore umiliazione che possa subire il narcisismo del maschio conquistatore. A una simile
disavventura si può reagire in tanti modi: con la risata dimissionaria di Gianfranco; non
corrispondendo per stizza e per vendetta la dovuta mercede, come avrebbe fatto Carlo
Martello di ritorno da Poitiers secondo il tendenzioso racconto di De Andrè e Villaggio; oppure
convocando l’obbediente giornalista di turno e informando per suo tramite il mondo intero che
in effetti si è andati a letto con una prostituta, pagata da altri, senza però averlo capito, ed è
quello che ha fatto Berlusconi.
Se poi l’attuale crisi di popolarità e consenso del premier dipende da un simile infortunio
piuttosto che dal suo rapporto con Bossi, con Putin e Gheddafi, dai suoi dichiarati propositi di
manomettere gli equilibri istituzionali della Repubblica e dal suo fantastico conflitto di
interessi, dal discredito internazionale che sta guadagnando al paese, proprio questo
apparente non-senso, questa estrema anomalia della sua parabola pubblica, appare come
una circostanza satura di senso, di equità storica.
Berlusconi ha scambiato attraverso le sue televisioni la realtà del paese con quella del
Bagaglino, e questo scambio è riuscito a produrlo nel cervello della maggioranza degli italiani.
Che adesso affondi in un contesto malsano e grottesco di feste con veline e meteorine e
‘ragazze immagine’ e cantanti e prostitute di alto bordo, tutti pagati da loschi procacciatori ,
alla mercè della prima furbastra che gli si infila nel letto con il registratore, con Libero che
titola ‘E adesso Silvio occhio alla cocaina’ e i giornalisti esteri che si stropicciano gli occhi
vedendo i nostri telegiornali ammutoliti sull’intera vicenda (ad eccezione dl TG3), da solo
ragione a chi tanto tempo fa giurava sulla essenziale identità fra il reale e il razionale.
Tutto questo ha una logica, un senso. Assai poco confortanti per il livello culturale ed estetico
del paese , ma del tutto intellegibili. E, naturalmente, scarsamente meditati da un sistema
dell’informazione da regime postsovietico.
Che la sua tesi difensiva (non sapevo che Patrizia fosse una prostituta) non sia
accompagnata da una risata alla Gianfranco o dalla omerica incazzatura di re Carlo Martello,
non toglie che appaia come l’ipotesi politicamente più destabilizzante, proprio quella che più
di ogni altra può sbalzarlo dal trono. E’ infatti una clamorosa ammissione di ricattabilità. Che
potrebbe anche produrre, ma seguendo traiettorie oblique, la fine del suo potere incantatorio
sulla platea mediatica: nell’Italia che lui ha messo su in 15 anni di tv spazzatura può andar
benissimo che il premier sia un puttaniere, ma che non si renda conto di esserlo forse no,
forse questo clamoroso sfregio alla sua immagine di grande seduttore la sua platea finora
adorante non glielo perdonerà.
E’ possibile, potrebbe succedere, forse sta già accadendo.
C‘è stato un piazzale Loreto per Mussolini e il lancio delle monetine e l’esilio tunisino per
Craxi. Per il signore di Arcore potrebbe esserci uno scenario finale da ‘casa delle libertà’
come lo rappresentava Corrado Guzzanti qualche anno addietro, da casino cioè. Ma con un
signore, sarà Draghi, Fini o Tremonti, che entra in scena e annuncia agli italiani che la festa è
finita, il Bagaglino, la ‘casa delle libertà’, insomma il casino chiudono. Perché c’è la crisi. E
non prima, magari, di avere depenalizzato le utilizzazioni terminali delle ragazze in vendita.
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