Rapporto Federmobilità

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Rapporto Federmobilità
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A cura di Annita Serio, Sergio De Lazzari e
Marcello Martinez
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Il treno. Regole, rete
e servizi per i cittadini: un’utopia?
Note
Roma 9 maggio 2009
Il treno. Regole, rete e servizi per i cittadini: un’utopia?
Il sistema delle regole e l’attualità
Servizi regionali e rapporti fra imprese e Regioni
I numeri del trasporto ferroviario
I numeri dell’Alta velocità
Servizi e risorse finanziarie
L’alta velocità: gli effetti per il settore
La qualità nei servizi ferroviari
La qualità e il mercato potenziale
Il ruolo del costo del biglietto
Strategie
A cura di Annita Serio, Sergio De Lazzari e Marcello Martinez
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Il treno. Regole, rete e servizi per i cittadini: un’utopia?
Per definizione l’utopia è l’ideale etico politico destinato a non realizzarsi ma avente ugualmente
funzione stimolatrice nei riguardi dell’azione politica. E’ questo anche il caso di servizi ferroviari
piu’ graditi ai cittadini? Ossia siamo ancora in una fase in cui muoversi con treni puntuali, comodi
e puliti è solo un obiettivo ideale?
Il sistema delle regole e l’attualità
In questi ultimi mesi il sistema ferroviario è decisamente tornato d’ attualità.
In Europa, la UE ha rilanciato il tema con il nuovo Libro Bianco sui trasporti, in Italia l’annuale
Prospetto informativo della rete di RFI-Gestore dell’Infrastruttura- è stata l’occasione per una forte
presa di posizione di alcune imprese private sul sistema delle regole che caratterizza il settore.
Il dibattito, mentre l’Unione Europea si appresta a rivedere il contenuto dei cosiddetti pacchetti
ferroviari(con la previsione fra l’altro dell’istituzione obbligatoria di un autority per i trasporti), si
concentra, in particolare sulla esigenza di neutralità dell’organismo che svolge i compiti di
supervisore del sistema che oggi sono affidati all’ufficio di Regolazione del Ministero dei
Trasporti. Fra le ipotesi in campo sembra si stia affermando quella dell’istituzione un organismo di
settore all’interno di una delle Authority già esistenti e l’Autorità per l’Energia sembra essere in
pole position.
Per comprendere meglio la situazione di conflittualità che si è determinata proviamo a sintetizzare
il quadro normativo vigente con i diversi ruoli e competenze partendo dal decreto legislativo
188/2003 considerato per l’accesso alla rete la legge quadro del settore
Il dlgs 188/2003,come e’ noto, recependo le direttive comunitarie, 2001/12/CE, 2001/13/CE e
2001/14/CE interviene in materia e fissa le regole per l’apertura al mercato del trasporto
ferroviario(Requisiti delle imprese ferroviarie per l’utilizzo della rete, requisiti e modalità per il
rilascio delle licenze, certificato di sicurezza, ruolo e competenze del gestore dell’infrastruttura,
Prospetto informativo della rete Rapporti tra il gestore dell'infrastruttura ferroviaria nazionale e lo
Stato, Canoni per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria, Assegnazione della capacità
dell’infrastruttura, richieste di tracce orarie, Organismo di regolazione ecc…).
Nel rispetto del principio della trasparenza, il decreto, con riferimento al PIR , individua nel
dettaglio gli elementi che questo deve contenere e impone al gestore della rete di rendere pubbliche
le informazioni utili per assicurare pari condizioni di accesso alla rete a tutte le imprese interessate
e precisamente :
a) un'esposizione dettagliata delle caratteristiche dell'infrastruttura disponibile e delle condizioni di
accesso alla stessa e informazioni circa le modalità di accesso agli impianti merci di proprietà del
gestore dell'infrastruttura, da parte delle imprese ferroviarie o di altri richiedenti;
b) un'esposizione dettagliata dei principi, criteri, procedure, modalità e termini di calcolo e
riscossione relativi al canone di pedaggio ed ai corrispettivi dovuti per la prestazione di servizi
(quali uso degli scambi e dei raccordi; controllo e regolazione della circolazione dei treni,
comunicazione di ogni informazione relativa alla circolazione ecc--;
c) un'esposizione dettagliata dei criteri, procedure, modalità e termini relativi al sistema di
assegnazione della capacita di infrastruttura e all'erogazione dei servizi sopra ricordati e tutte le
informazione necessarie per presentare richieste di capacità
d) una esposizione dettagliata delle misure adottate per garantire un trattamento adeguato delle
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richieste di capacità e delle richieste per l'effettuazione di servizi di trasporto specifici, anche
saltuari o occasionali.
Inoltre, in merito alla separazione dei ruoli fra gestore della rete e organismo di regolazione del
sistema , il legislatore ha inteso rafforzare le garanzie di pari condizioni per l’ accesso alla rete
con la previsione esplicita dell’autonomia e indipendenza del gestore dell’infrastruttura rispetto
alle imprese ferroviarie e la “piena” indipendenza dell’organismo di regolazione(cui sono affidati i
compiti di vigilanza del settore) dall'organismo preposto all'assegnazione della capacità.
Sotto questo profilo il quadro normativo è stato completato il 16 giugno del 2008 con l’istituzione
l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie prevista dal DLgs n. 162/2007 di recepimento
della Direttiva 2004/49/CE.
L’Agenzia, oltre a dover garantire un trattamento equo e non discriminatorio a tutti i soggetti
interessati alla produzione di trasporti ferroviari ,rilascia i certificati di sicurezza alle Imprese
Ferroviarie , le autorizzazioni di sicurezza ai Gestori dell’Infrastruttura ecc..
Infine ,riguardo all’apertura al mercato dei servizi di trasporto passeggeri in ambito comunitario
incluso il c.d. cabotaggio, si ricorda la Direttiva 2007/58/CE e gli artt. 58, 59, 60 e 62 della legge
99/2009 ai quali rinvia il dlgs 15/2010 di recepimento di detta direttiva, il cui contenuto e’ stato di
recente oggetto di cronaca per il caso ARENAWAYS-( Antitrust-ARENAWAYS-ostacoli
all’accesso nel mercato dei servizi di trasporto passeggeri -Provvedimento n. 21920-3 gennaio
2011)
Come è noto ,sul delicato punto della indipendenza degli organismi preposti a garantire pari
condizioni di accesso al sistema e con riferimento alla posizione di RFI , l’Autorità garante della
concorrenza è intervenuta piu’ volte ribadendo la posizione dominante della società appartenente al
gruppo FS.
Oltre al provvedimento sopra citato, nella SEGNALAZIONE del 30.4.2008(AS453 Considerazioni e proposte per una regolazione pro concorrenziale dei mercati a sostegno della
crescita economica ), ad esempio, si legge: “Nel trasporto ferroviario gli assetti proprietari e la
struttura organizzativa del gruppo Ferrovie dello Stato (FS) rappresentano, sotto il profilo
concorrenziale, un rilevante elemento di criticità, soprattutto nella prospettiva imminente
dell’apertura alla concorrenza del trasporto passeggeri e dell’ingresso di nuovi operatori nel
servizio ad alta velocità. I mutamenti intervenuti negli ultimi anni nella struttura organizzativa del
gruppo FS sono sicuramente importanti e in linea con gli orientamenti comunitari in materia di
liberalizzazione del settore.
La sola separazione societaria tra Rete Ferroviaria Italiana (RFI) e Trenitalia non appare,
tuttavia, sufficiente. La persistenza di legami proprietari tra le due società e la permanenza in capo
a RFI di alcune funzioni regolamentari continuano infatti a rappresentare fattori non trascurabili
di distorsione e di impedimento allo sviluppo della concorrenza”
Sull’argomento si è espressa, di recente, anche la Corte dei Conti con la relazione sulla gestione
finanziaria della RFI S.p.A. per gli esercizi 2008 e 2009 (Determinazione n. 124 del 21
dicembre2010)
A giudizio della Corte “l’assetto strutturale e funzionale del sistema ferroviario nazionale,
determinatosi a seguito della riorganizzazione societaria del Gruppo F.S., non appare
incompatibile, almeno sul piano formale, con quello stabilito dal d.l.gs n. 188 del 2003.
L’indipendenza postulata dalle norme per il gestore dell’infrastruttura rispetto alle imprese
ferroviarie, prosegue la Corte, sotto il profilo giuridico, organizzativo o decisionale, è
riconducibile alla intervenuta ristrutturazione societaria, nella quale RFI si connota quale entità
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soggettiva separata giuridicamente (in quanto soggetto societario distinto) ed organizzativamente
(in quanto dotato di proprie strutture direzionali ed operative)rispetto alla società Trenitalia”.
Nella relazione si evidenzia peraltro che ” la situazione è profondamente mutata con il
ridimensionamento del ruolo di RFI per effetto della istituzione dell’Agenzia Nazionale per la
Sicurezza delle Ferrovie (unitamente con l’Organismo Investigativo Permanente) di cui al Decreto
Legislativo n. 162 del 10 agosto 2007, che ha assunto le rilevanti funzioni in
precedenza svolte dal Gestore della rete” e che “l’unica funzione essenziale che rimane in capo a
RFI, è quella dell’allocazione delle tracce”.
La Corte poi, nel sottolineare che “l’Agenzia è istituzionalmente titolare di attività ispettiva sul
Gestore dell’Infrastruttura”. ricorda anche alcune delle funzioni “che potevano costituire motivo
di criticità in capo a RFI ” e che invece sono svolte dall’Agenzia (l’emanazione di Norme e
Standard di sicurezza della circolazione; la validazione dei sistemi di gestione della sicurezza e dei
sistemi di mantenimento delle competenze delle Imprese Ferroviarie; il rilascio, rinnovo, modifica e
revoca del certificato di sicurezza alle imprese ferroviarie; le attività di ispezione ed audit nonché di
monitoraggio sull’attività delle imprese ferroviarie).
Con riferimento all’assetto complessivo del sistema ferroviario e al controverso ruolo di RFI, la
Corte ,inoltre, ha rilevato che “i compiti di regolazione del mercato del trasporto ferroviario e di
regolamentazione dell’accesso all’infrastruttura ferroviaria da parte delle imprese ferroviarie
(vigilanza sulla concorrenza nei mercati, risoluzione di controversie, controllo sull’attività del
gestore dell’infrastruttura)” sono svolti ,ai sensi dell’art. 37 del decreto legislativo n. 188, dal
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti o da sue articolazioni “che è soggetto istituzionale con
carattere di unicità e di estraneità alle decisioni relative agli aspetti finanziari delle società
operanti nel settore ferroviario, resta ancora affidato”
Insomma un tema complesso e una normativa con evidenti problemi interpretativi e applicativi ma
che sembra garantire ,almeno, sul piano dei principi e al di là delle diverse posizioni e interessi in
gioco, l’autonomia e l’indipendenza degli organismi preposti al controllo e alla verifica dell’accesso
al mercato.
Va da se’ che il complesso intreccio di rapporti fra ministero dei trasporti, gestore
dell’infrastruttura, organismo di regolazione, imprese e livelli istituzionali , per sua natura, può
generare reazioni e aspettative diversificate in un mercato comunque difficile come quello dei
trasporti
Le rivendicazioni di questi giorni, in fondo, hanno messo in luce le difficoltà dell’avvio di un
complicato processo di liberalizzazione in una situazione di sostanziale monopolio gestionale e le
esigenze di certezza delle regole e trasparenza che in ogni caso vanno tutelate con strumenti
adeguati.
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Servizi regionali e rapporti fra imprese e Regioni.
Un altro tassello importante del puzzle del sistema trasporti è l’insieme di norme che regola
rapporti fra Trenitalia e Regioni e Regioni /imprese regionali
Il sistema regolato a suo tempo dal dlgs 422/97 che ,come e’ noto, prevedeva l’affidamento con
gara dei servizi di tpl compresi quelli ferroviari, in questi ultimi anni ha subito una svolta normativa
che ha portato i servizi ferroviari regionali nell’alveo del regolamento comunitario 1370/2007 e i
servizi su gomma nell’ambito dei servizi a rilevanza economica regolati dall’art. 23 bis del dl
112/2008.
Piu’ in particolare dal 2008 al 2009 il settore dei servizi ferroviari e’ stato sostanzialmente riformato
con una sequenza di norme specifiche:
- l’Art. 23-bis Il D.L. 112/2008, convertito in Legge 133/2008 che ha escluso il trasporto
ferroviario regionale dal suo ambito di applicazione (che come accennato, detta norme in tema di
liberalizzazione dei servizi a rilevanza economica e prevede due procedure ordinarie ad evidenza
pubblica per l’affidamento dei servizi di TPL)
-l’Art. 25 della legge 2/2009 (“Ferrovie e trasporto pubblico locale”), comma 2 che ha anticipato il
contenuto dell’ art. 61 della l. 99/2009 legittimando in qualche modo l’affidamento diretto (ha
vincolato ,infatti, il finanziamento di 480 milioni di euro per gli anni 2009, 2010 e 2011” alla
stipula di nuovi contratti di servizio dello Stato e delle Regioni a statuto ordinario con Trenitalia
s.p.a,”
-l’art. 7 della l. n. 33/2009 ha di fatto ingessato di fatto il sistema per 6 anni/12 anni( fissando la
durata dei contratti di servizio e stabilendo che i servizi “comunque affidati hanno durata minima
non inferiore a sei anni rinnovabili di altri sei, nei limiti degli stanziamenti di bilancio allo scopo
finalizzati”).
-l’art. 61 della l. n. 99/2009,che,infine è intervenuto specificatamente in tema di modalità di
affidamento dei servizi e, in sostanza, ha reso la gara, con il riferimento al regolamento 1370 /2007
solo un’opzione fra le modalità di affidamento praticabili
Note
E’ evidente tuttavia che la soluzione del problema delle garanzie per l’accesso alla rete e delle
modalità dell’affidamento dei servizi non risolve il problema della fornitura di un prodotto /servizio
a costi sostenibili e piu’ rispondente alla diffusa esigenza di un miglioramento della qualità e dell’
efficienza degli spostamenti .
Sono molti i fattori che concorrono al risultato finale e primo fra questi la quantità delle risorse
finanziarie da destinare al settore. Su questo aspetto saranno determinanti le strategie che le
Regioni, in occasione del federalismo fiscale, metteranno in atto per assicurare al settore risorse per
lo sviluppo di una modalità di trasporto su cui si punta, in Europa e non solo, per il risparmio
energetico e l’impatto ambientale
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I numeri del trasporto ferroviario
Nel 2009, secondo il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il traffico interno passeggeri ha
movimentato circa 960 miliardi di viaggiatori*chilometro. Di questi, più di 886 miliardi, oltre il
92%, sono su strada, circa 55 miliardi (il 5,8%) su impianti fissi (treni, tram, metropolitane), mentre
il traffico aereo ha movimentato circa 14 miliardi di viaggiatori*chilometro (1,5%) e la navigazione
circa 3,6 (0,4%).
Articolati diversamente gli stessi dati ci dicono che il traffico realizzato da mezzi di trasporto
collettivi (aerei, treni, metropolitane, navi, ma anche autobus e tram) vale circa 176 miliardi di
viaggiatori*chilometro, il 18,3% del totale, mentre i rimanenti 784 miliardi (81,7%) sono effettuati
con mezzi privati: autovetture (73,7%) e motocicli (7,9%).
Nel primo decennio del secolo il traffico passeggeri in Italia è rimasto sostanzialmente costante ma
ciò è in buona parte il riflesso della crisi degli ultimi anni. Dal 2000 al 2007, infatti, la crescita
media della domanda era di circa un punto percentuale all'anno ma la netta battuta d'arresto degli
ultimi anni ha portato il dato del decennio sostanzialmente a zero. In questo stesso periodo il
trasporto ferroviario ha perso circa 1,2 miliardi di viaggiatori*km, (circa lo 0,3% all'anno), il
trasporto stradale circa 9 miliardi (0,1%) mentre il trasporto aereo ha proseguito a crescere ad un
ritmo sostenuto (3,9% annuo).
Se allarghiamo lo sguardo all'Europa il raffronto di dati omogenei (Eurostat 2008) evidenzia che
trasporto di passeggeri su ferro in Italia ha una quota di mercato intorno al 5,7%, minore della
media dell'Europa a 27 (7,1%) e minore di paesi come Francia (9,8%), Germania (8,1%) o Gran
Bretagna (6,6%), con cui l'Italia si confronta per dimensione. In termini di infrastrutture l'Italia fa
poi registrare una dotazione pro-capite inferiore rispetto a Francia e Germania sia per la rete
ferroviaria (283 km per milione di abitanti, contro, rispettivamente, 481 e 412) che per quella
autostradale (110 km per milione di abitanti, contro, rispettivamente, 176 e 153). Lo stesso può dirsi
per la rete ad alta velocità: 30 km per milione di abitanti in Francia, 16 in Germania ma, soprattutto,
35 in Spagna; l'Italia (13) sta tuttavia accorciando il gap grazie al completamento delle ultime tratte.
Sul fronte della mobilità stradale, per contro, l'Italia ha il tasso di motorizzazione più alto tra i paesi
più importanti dell'Unione Europea: con oltre 600 veicoli ogni milione di abitanti nel 2008, contro i
circa 500 di Germania e Francia, i 490 della Spagna e i 478 della Gran Bretagna, l'Italia è tra i primi
6-7 paesi al mondo per intensità del fenomeno. Se si aggiunge il fatto che l'Italia è anche un paese
con una densità abitativa elevata, superiore alla media europea (201 abitanti / km2 contro 114) si
capiscono le difficoltà del nostro Paese a gestire la pressione di una mobilità caratterizzata dalla
larga prevalenza del mezzo privato sul mezzo collettivo. L'Italia si è data un modello di mobilità
che è prerogativa dei paesi con grandi spazi, come Stati Uniti o Australia, senza avere le risorse
territoriali e urbane necessarie a sostenerlo.
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Affidarsi in larga prevalenza al mezzo privato senza un'offerta adeguata di sistemi di mobilità
collettiva ha i suoi costi in termini di qualità della vita: l'Italia presenta, ad esempio, valori di
esposizione della popolazione urbana all'inquinamento da particolati (PM10) superiori del 30% alla
media europea, mentre Germania, Gran Bretagna e Francia presentano valori dal 20% al 3%
inferiori.
Tuttavia, se i dati macro dipingono un quadro strutturale negativo, l'analisi d'insieme non da ancora
un'evidenza adeguata al decollo dei servizi ferroviari ad alta velocità, il cui esordio ha coinciso con
un trend negativo dell'economia ma i cui risultati e le cui potenzialità possono rappresentare un
punto di svolta per il futuro del settore.
I numeri dell’alta velocità
A partire dal 2008 sono entrate in esercizio le tratte di rete ad alta velocità tra Napoli e Milano Torino, mille chilometri di nuova rete che consentono un accorciamento radicale dei tempi di
percorrenza tra le principali città sulla dorsale ferroviaria e ricadute importanti per molti altri
collegamenti. In base ai dati di Ferrovie dello Stato, nel 2010 venti milioni di passeggeri hanno
viaggiato sui treni AV, con una crescita sul 2009 del 24% per la tratta Roma - Milano e del 23%
per la Milano - Napoli. La quota di mercato ferroviaria sulla Roma – Milano, la tratta più ricca del
mercato, è oggi superiore al 50% e, non a caso, presto un nuovo operatore (NTV) aggiungerà i
propri servizi a quelli già operanti di Trenitalia.
Dopo il trasporto merci, in cui già da tempo diversi operatori si contendono le tratte profittevoli, alla
fine del primo decennio del secolo si realizzerà anche nel trasporto di passeggeri di media e lunga
percorrenza una effettiva apertura del mercato, già possibile dal 2001, ma che per manifestarsi ha
atteso la realizzazione linee su cui far viaggiare treni veloci e con essi prospettive di redditività ben
più alte di quelle offerte da altri tipi di traffico.
Servizi e risorse finanziarie
Proprio le aspettative di profitto rappresentano una chiave di lettura importante dell'evoluzione del
settore ferroviario. L'apertura del segmento più ricco del mercato, ben oltre il minimo richiesto
dalle regole europee, ha fortemente accelerato una segmentazione dei servizi basata sulla
redditività. Infatti, da un lato l'ex monopolista Trenitalia è stato disincentivato a mantenere vivi
servizi in perdita dovendo concentrare le proprie risorse sulla difesa e lo sviluppo dei servizi più
profittevoli, insidiati dall'imminente concorrenza, dall'altro, l'insieme dei soggetti politici e
amministrativi ha visto accrescersi le responsabilità, sia sulle regole di attuazione della
liberalizzazione, sia sulle decisioni riguardo a quantità, qualità, finanziamenti e strumenti di
affidamento dei servizi di interesse collettivo (il cosiddetto servizio universale).
La liberalizzazione ferroviaria in Italia ha coinciso, fin dal 2001, con una situazione di sostanziale
stagnazione, prima, e di forte depressione economica, poi, fenomeni che hanno riportato in primo
piano le debolezze strutturali della finanza pubblica italiana. L'Italia è il paese dell'Unione Europea
che ha registrato la crescita assoluta più bassa tra il 2001 e il 2009 (1,4% contro il 12,1%
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dell'Unione) e una crescita bassa o negativa ha, nel quadro delle regole europee, riflessi immediati e
incisivi sulla spesa pubblica del nostro Paese.
Le risorse necessarie per affiancare alla liberalizzazione del mercato un adeguato sostegno per il
servizio universale si sono trovate solo in minima parte: l'insieme dei trasferimenti a tutto il
trasporto ferroviario regionale (incluse le regioni a statuto speciale e le province autonome)
valevano poco più di 2 miliardi di euro nel 2001 e sono ora attestati a poco più di 2,5 miliardi, una
crescita media annua del 2,3% che è leggermente superiore all'inflazione (2%); nel frattempo
l'offerta è salita da circa 206 milioni di treni*km a 231 milioni (dati 2008) con una crescita media
annua dell'1,6%, a fronte di una inflazione media annua tra il 2001 e il 2008 del 2,2,%. In sostanza,
la spesa pubblica per unità di offerta ferroviaria regionale è scesa in media di circa un punto
percentuale all'anno in termini reali.
Insieme all'offerta è aumentata anche la domanda servita, circa l'1,8% l'anno tra il 2001 e il 2008,
lasciando quasi immutato il carico medio dei treni: da 111,4 passeggeri a 112,2. La domanda è
statica nonostante un basso livello delle tariffe: analizzando i dati delle sole Ferrovie dello Stato
(dati 2008) emerge che il mercato (biglietti e abbonamenti) contribuisce al finanziamento del
servizio per circa il 30% (3,6 centesimi di euro a viaggiatore*km) e la collettività (trasferimenti
pubblici) per il 70% (8,4 centesimi). Gli stessi numeri in Germania (DB) e Francia (SNCF) sono
ben diversi: l'apporto della domanda pagante sul totale dei ricavi è superiore di 10 punti al dato
italiano (intorno al 40%) ma, soprattutto, il livello assoluto è molto più elevato: circa 7 centesimi
per ogni viaggiatore*km in Germania e 11 in Francia.
La Germania rappresenta l'esempio di una diversa modalità di approccio al problema. Il mercato del
trasporto regionale su ferro è aperto in Germania dal 1995, anno nel quale sono state indette le
prime gare per i servizi. Tra il 1994 e il 2009 (dati DB per tutto il mercato ferroviario regionale)
l'offerta è cresciuta da 500 a 629 milioni di treni*km (circa 1,5% in media all'anno), dal 2000 al
2009 la domanda servita è passata da circa 39 miliardi di viaggiatori*km a quasi 47, il 2% in media
ogni anno. Le risorse dedicate al finanziamento dei servizi sono cresciute molto nei primi anni, fino
al 2000, per poi assumere una dinamica variabile, talvolta negativa come tra il 2006 e il 2008,
comunque ben al di sotto dell'inflazione (0,3% annuo).
In breve, nei primi anni di apertura del mercato si è costituito un forte incentivo all'entrata, mentre
nella seconda fase i trasferimenti sono stati plafonati, facendoli diminuire in termini reali.
Tra questi numeri passa la differenza tra un settore tenuto a stento in linea di galleggiamento, poco
appetibile per soggetti esterni e incapace di generare risorse per gli investimenti, e un settore capace
di generare profitti e attrarre nuovi operatori ferroviari (molto in Germania, quasi nulla - ma per
espressa volontà delle autorità - in Francia). Così non deve stupire che l'età media del materiale
rotabile adibito ai servizi regionali sia superiore a 25 anni (dato Ferrovie dello Stato) e che la
qualità offerta non sia delle migliori.
Il disinteresse per una programmazione pluriennale del settore (o l'impossibilità di metterla in atto)
ha come pratico rovescio della medaglia lo scontro perenne tra rigore finanziario e volontà di dare
ossigeno (servizi e qualità) al trasporto su ferro, in cui il quadro delle regole viene piegato alle
esigenze del momento. Così negli ultimi tre anni si sono susseguiti proroghe degli affidamenti,
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aumenti di risorse riservati a Trenitalia, tagli draconiani alle stesse risorse e un avvio del
federalismo fiscale in chiave di argine definitivo all'aumento della spesa pubblica.
Per i servizi di media e lunga percorrenza, la cui offerta è liberalizzata dal 2001, a seguito di una
apposita indagine conoscitiva effettuata dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, nel
dicembre del 2009 il CIPE ha individuato, tra i servizi non interessati dallo sviluppo dell'alta
velocità, un insieme di “relazioni da includere nel paniere dei «servizi contribuiti» e la tipologia di
treni da considerare” (delibera 122 del 17-12-2009). Il contratto di servizio per il mantenimento in
esercizio dei servizi per sei anni (2009-2014) è stato affidato a Trenitalia dal Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti e dal ministero dell'Economia con un valore di circa 220 milioni di
euro all'anno.
Su molte relazioni fuori dalla rete AV la forte crescita dell'offerta di collegamenti aerei low cost ha
progressivamente diminuito la domanda di servizi ferroviari e le autorità competenti, viste le
dotazioni finanziarie a disposizione, non sono state in grado di mantenere in vita molti collegamenti
non redditizi offerti in passato, riducendo soprattutto, ma non solo, il “perimetro” dei servizi
notturni. La scelta dei collegamenti inclusi nel servizio universale di media e lunga percorrenza ha
infine salvaguardato 30 milioni di treni*km essenzialmente sulle tratte di lunga e lunghissima
distanza tra il nord e il sud del paese.
Nel complesso tutto il servizio universale passeggeri soffre di carenza di finanziamenti ed è
caratterizzato da una spirale negativa in cui l'assenza di risorse impedisce investimenti che
aumentino la qualità e l'attrattività dei servizi, miglioramenti che permetterebbero di richiedere agli
utilizzatori, con maggiore probabilità di successo, un maggiore contributo attraverso prezzi più alti,
se non allineati almeno più vicini a quelli degli altri paesi europei.
L'alta velocità: gli effetti per il settore
I servizi ad alta velocità in Europa sono cresciuti con grande intensità negli ultimi venti anni: si è
passati da 15 miliardi di passeggeri*km nel 1990 a quasi 100 nel 2008.
Uno studio recentemente pubblicato dal prossimo fornitore di servizi ad alta velocità, NTV,
evidenzia le potenzialità di crescita insite nel mercato dei servizi ad alta velocità. Analizzando i dati
di tutta la rete europea ad alta velocità, lo studio sottolinea le elevate potenzialità di mercato
connesse al pieno utilizzo della rete e mette in evidenza la correlazione positiva tra mercati
liberalizzati e dinamiche della domanda.
Visti i miglioramenti dei tempi di percorrenza e del comfort rispetto ai servizi “tradizionali” e visti i
primi risultati conseguiti, la possibilità di attrarre nuova domanda sui treni è molto concreta. La
presenza di più operatori può contribuire a far crescere il mercato e fare da traino anche per i
collegamenti di adduzione agli hub della rete AV o per collegamenti “misti”. Anche su questi
collegamenti potrebbero aprirsi maggiori spazi di effettiva concorrenza, basata su modelli di offerta
diversi da quelli finora sperimentati, che possono approfittare degli spazi offerti dalla riduzione dei
servizi operata da Trenitalia.
Per rendere possibile e non conflittuale l'offerta di nuovi servizi a rischio d'impresa in ambiti
contigui a quelli del servizio universale, le attuali regole dovranno essere migliorate e affinate,
come di recente ha è stato messo in evidenza dall'Antitrust in una apposita segnalazione, in modo da
poter dare una base di certezza a tutti gli operatori e non ostacolare la possibilità di realizzazione di
nuove iniziative. Ma anche sul fronte dei servizi più profittevoli la necessità di dare alle regole di
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accesso una maggiore dose di certezza e omogeneità rappresenta un aspetto necessario, dato che la
diversa velocità di apertura dei mercati interni offre il fianco alla costituzione di posizione di
vantaggio da parte degli operatori di paesi meno liberalizzati.
Come gia’ sopra evidenziato ,una piu’ puntuale definizione delle regole non deve, tuttavia,
prescindere da un più incisivo impegno sul fronte del finanziamento del servizio universale. Il
processo che muove ora i suoi primi passi e che porterà all'autonomia finanziaria delle regioni può
essere l'occasione per invertire la rotta. Gli esiti diversi dell'apertura del mercato dei servizi
regionali in Italia e in Germania, dove quest'ultima ha introdotto le gare per i servizi in un contesto
di potenziamento dell'offerta e non di riduzione delle risorse, trovandosi ora un settore in cui
competono tutti i maggiori operatori ferroviari europei, dimostra che tenere insieme
contemporaneamente ristrutturazione e liberalizzazione è un opzione di difficile realizzazione.
La qualità nei servizi ferroviari
Qualità e trasporto collettivo sono concetti che riescono a convivere? Il trasporto pubblico è
cambiato dai tempi delle diligenze? Da un certo punto di vista, i passeggeri ancora aspettano in un
luogo prestabilito l’arrivo di un veicolo capiente; salgono ed il veicolo li trasporta insieme ad una
folla di sconosciuti lungo un percorso prestabilito; il viaggio è più lento e lungo di quello garantito
da una veicolo privato e la presenza a bordo di persone “estranee” rende il viaggio meno piacevole.
E’ indubbio che l’enorme crescita del trasporto privato nella seconda metà del XX secolo è stata
sostenuta, oltre che da una politica infrastrutturale che ha sicuramente privilegiato strade e
autostrade, anche da uno sviluppo tecnologico dell’industria automobilistica che ha prodotto e
venduto automobili sempre più comode, confortevoli, superaccessoriate, e almeno sulla carta,
sempre più sicure.
Tuttavia, non può sfuggire a nessuno che i passati ritmi di crescita del parco veicolare nei paesi
europei, in particolare, non sono più sostenibili: in Italia per ogni bimbo che nasce sono
immatricolate 4,4 nuove autovetture (Legambiente), per cui con questi ritmi si è passati dai circa 15
milioni di veicoli circolanti nel 1970 ai quasi 50 milioni del 2010 (ACI).
Trovare soluzioni collettive alternative al trasporto privato ed ugualmente di qualità è stato dunque
sempre un problema tecnico e manageriale, ma anche e soprattutto politico. Come già nel 1972
enunciava Richard Nixon: “Se l’ingegno americano è stato in grado di trasportare 3 uomini per
200.000 miglia fino alla luna, sarà anche in grado di trovare migliori modalità per trasportare
200.000 uomini per 3 miglia al lavoro”. Tale esigenza, nei fatti ancora irrisolta, è diventa una
urgenza: il recente (marzo 2011) Libro Bianco sui trasporti della Commissione europea stima il
costo della congestione stradale in circa l’1% del PIL annuo europeo e si pone come obiettivo per il
2050 lo spostamento del 50% del traffico “intercity” di passeggeri e merci dalla
gomma al ferro e al trasporto marittimo e fluviale.
In Italia, il completamento della rete ferroviaria ad alta velocità e l’avvio dei servizi ferroviari con
le Frecce rosse, bianche, argento di Trenitalia hanno dimostrato che alternative modali competitive
al trasporto privato sono possibili. L’Alta Velocità ha provocato un cambiamento estremamente
significativo nella concezione di qualità del trasporto collettivo. Come già anche in altri paesi (in
primis Francia e Giappone), spostarsi con il treno significa ormai “guadagnare tempo”, “viaggiare
più comodamente”, “viaggiare piùsicuri”, sensazioni che fino a qualche decennio fa erano invece
appannaggio esclusivo del trasporto aereo.
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Probabilmente, invece, dall’11 settembre 2001 le crescenti esigenze di sicurezza per l’accesso agli
aeromobili, l’inadeguatezza di alcune strutture aeroportuali, la collocazione delle stesse lontano dai
centri storici e commerciali delle città, ma anche i servizi sempre più “low cost” delle compagnie
aeree alle prese con crescenti costi operativi, tra cui ovviamente il carburante, rendono gli aerei
molto più simili alle diligenze, di quanto non siano i treni ad alta velocità. I recenti investimenti in
nuovo materiale rotabile, che sarà fornito da Ansaldo e Bombardier al gruppo FS e da Alstom al
nuovo entrante NTV, rafforzeranno questa tendenza e proporranno agli italiani un incremento
ulteriore del livello qualitativo dello spostamento che il treno è in grado di fornire.
Allo stesso tempo, le grandi stazioni collocate al centro delle città si sono trasformate in motori di
sviluppo urbano, attivando iniziative immobiliari, commerciali e di promozione turistico culturali
che le rendono “poli di attrazione” a se stanti. A Roma, Milano, Napoli, Torino e poi anche a
Bologna, Firenze, Verona la stazione è di “qualità” in quanto tutto il waiting environment è pensato
sempre più in una logica esperienziale, piuttosto che di transito, la sosta è piacevole e non più
“purtroppo” necessaria.
Ovviamente realizzare servizi ferroviari di qualità è molto costoso e solo un “mercato” generoso ed
in crescita come quello esistente sui collegamenti fra le principali aree metropolitane europee e
italiane è in grado di pagare tariffe che coprono gli elevati costi dei servizi, lasciando tra l’altro
spesso gli oneri degli investimenti infrastrutturali a carico dello Stato.
La qualità dei servizi ferroviari è dunque possibile se è presente un insieme di condizioni che, in
alcuni casi tra cui l’alta velocità, sono riferibili al circolo della “willingness to pay” o disponibilità a
pagare dei passeggeri(si veda il progetto Quattro, 1998): investire in qualità conviene perché in tal
modo aumentano i passeggeri trasportati ed è finanche possibile aumentare le tariffe. Si attiva
dunque un circolo virtuoso che incentiva i gestori stessi a mettere in atto miglioramenti nella
puntualità, nel comfort, nella pulizia dei veicoli e delle stazioni in coerenza alle aspettative del
proprio mercato di riferimento.
Una facile conclusione individua l’assenza in Italia di queste condizioni nei sistemi di trasporto
ferroviario urbani e regionali, in riferimento ai quali le annuali indagini promosse dalle associazioni
di pendolari e da Legambiente (Pendolaria, 2010) rilevano un continuo ed incessante declino della
qualità percepita (comfort, pulizia dei veicoli e sicurezza delle stazioni), ma anche oggettivamente
erogata (puntualità e frequenza del servizio), in presenza di tariffe ritenute dai gestori troppo basse,
anche in confronto a quelle praticate negli altri paesi europei.
Tuttavia, anche in questo caso si è in presenza di un mercato in crescita: in Italia i flussi di pendolari
casa lavoro con destinazione le città metropolitane sono aumentati dal 1991 al 2009 del 5,5%, con
picchi del 9% a Roma, 8% a Milano, 6% Torino (Cittaitalia, 2009). Secondo Pendolaria, dunque nel
2009 sono 2milioni e 700 mila le persone che tutte le mattine prendono i treni pendolari in un
servizio operato da 22 gestori (in primis Trenitalia), E molti di più sono quelli che
complessivamente si muovono verso le grandi e piccole città, 14 milioni complessivamente secondo
il Censis (2009), e che in larga parte utilizzano l’auto, anche se per il 70% si dichiarano disponibili
a cambiare e a prendere il treno qualora il servizio fosse competitivo.
La qualità e il mercato potenziale
La presenza di un mercato potenziale estremamente appetibile tuttavia non è sufficiente. Nel caso
dei servizi di trasporto ferroviario urbano e regionale l’attivazione di un circolo virtuoso che
inneschi una “corsa alla qualità” va infatti riferita non già ad una domanda che si declina su
specifiche tratte, come accade per il trasporto aereo e ad alta velocità, ma invece ad una domanda di
mobilità molto più complessa e dinamica, espressione di un intero territorio (area metropolitana,
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regione, ecc) contraddistinto da molteplici poli di gravitazione, differenti esigenze di spostamento,
numerose alternative modali da coordinare ed integrare (autobus, parcheggi, tram, ferrovie
suburbane , ecc.).
In questo caso un aumento della qualità dei servizi ferroviari è economicamente sostenibile solo se
aumenta la capacità complessiva del sistema di trasporto pubblico di presentarsi e “vendersi” in
maniera estremamente unitaria, risultando più competitivo rispetto al trasporto privato in quanto
capace di garantire una elevata accessibilità a tutti i poli di attrazione presenti sul territorio.
L’integrazione rappresenta la prima condizione per un trasporto ferroviario urbano e regionale di
qualità: integrazione nelle tariffe, integrazione negli orari, integrazione nella comunicazione e
vendita dei titoli di viaggio, agevole interscambio fra le modalità. Se il sistema di trasporto locale è
gestito in maniera integrata ed è contraddistinto da una elevata capacità di soddisfare la complessa
domanda di mobilità di un’area metropolitana allora si registra un aumento dei passeggeri e dunque
dei ricavi da traffico. In Campania, ad esempio anche grazie all’apertura delle nuove stazioni e delle
nuove linee ferroviarie tra il 2000 e il 2010 i viaggiatori al giorno sui treni sono cresciuti del 57%
passando da poco più di 270 mila ai 422 mila attuali, con punte vicine al 75% di crescita nell’area
metropolitana di Napoli, dove il trasporto ferroviario ha raggiunto una quota pari al 55% del
trasporto pubblico (ACAM, 2010).
Un ‘offerta assolutamente integrata è poi in grado di giustificare anche un aumento delle tariffe,
come dimostra il confronto con le tariffe degli abbonamenti per l’uso dei sistemi di trasporto
pubblico locale in vigore nelle principali città europee, di gran lunga più ampi e integrati di quelli
italiani.
Il ruolo del costo del biglietto
Se in Italia un abbonamento mensile ad un sistema di trasporto metropolitano costa in media circa
50€ (quasi 70€ a Milano), ad esempio a Parigi costa 123€, a Madrid 111€, a Barcellona 140€, a
Berlino 144€, a Londra circa 200 €.
Migliorare la qualità del trasporto ferroviario urbano e regionale significa allora “spezzare” la
convinzione che l’unico modello di business possibile sia quello fondato su tariffe “popolari”, sul
contenimento delle inefficienze operative dei gestori e su un’offerta di servizi ridotta al minimo.
Strategie
Occorre invece un cambio di strategia che modifichi le precondizioni di fondo senza le quali la
qualità non potrà migliorare e dunque rimarrà inadeguata rispetto alle aspettative dei passeggeri,
ormai allineate con gli standard di vita europei.
Bisogna tuttavia ricordare che nel 2011 modificare tali precondizioni ed incrementare la qualità dei
servizi ferroviari urbani e regionali in Italia appare estremamente difficile per tre motivi:
1) non sono disponibili le necessarie e ingenti risorse pubbliche per la costruzione di nuove
infrastrutture e il finanziamento dei servizi,
2) non è facile coordinare e condividere a diversi livelli (nazionale, regionale , comunale) una
normativa che regoli servizi e investimenti,
3) occorre cambiare ruoli e responsabilità di enti e istituzioni per agevolare l’adozione di nuovi
sistemi di regolazione che incentivino una migliore gestione delle risorse assegnate e controllino la
qualità dei servizi da esse generata.
In primo luogo, infatti, non è inutile ricordare che, se “è l’infrastruttura che determina la mobilità”
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(Commissione europea, Libro Bianco marzo 2011), il ritardo dell’Italia nella costruzione di sistemi
ferroviari urbani e suburbani è ormai enorme: sono 161 i km di rete ferroviaria metropolitana nel
nostro paese a fronte dei 570km della Spagna e 350km della Francia, ad esempio; mentre la rete
ferroviaria specifica per i pendolari (ferrovie suburbane) è di 592 km a fronte dei 2.000 km della
Germania e i 1.400 km della Francia (EMTA Barometer, 2009, Pendolaria2010). A una
inadeguatezza della rete metropolitana si aggiunge l’annoso problema dei nodi sulla rete nazionale
(Torino, Milano, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari), che vanno liberati e dedicati al traffico in
entrata e in uscita dalle aree urbane, come tra l’altro specificamente previsto da RFI, e che
potenzialmente porterebbero la rete suburbana complessiva a circa 1.789km (Isfort,2010).
Tuttavia, anche laddove gli investimenti nelle reti si sono effettuati o sono in corso di
completamente (è il caso della Campania) si presentano nel 2011 fortissimi i problemi derivanti
dall’assenza di fondi per la copertura dei costi per i servizi, per il rinnovo del materiale rotabile, e
per contrastare il progressivo abbandono delle stazioni minori.
Secondo alcune stime, la manovra finanziaria stabilita dal governo nazionale per il 2011 avrebbe
ridotto i trasferimenti alle Regioni per il fondo del servizio ferroviario locale di circa 1.215 milioni
di Euro (Legambiente, 2010).
Parimenti, le problematiche che condizionano gli equilibri dei bilanci regionali hanno
contratto significativamente le risorse disponibili a livello locale per il trasporto pubblico e gli
acquisiti di nuovo materiale rotabile.
Il rischio è che la reazione delle imprese pubbliche e private affidatarie dei servizi sarà, in una
logica di rispetto dell’economicità aziendale, contrarre l’offerta e ridimensionare le già limitate
frequenze (Legambiente, 2010) dei servizi erogati, come peraltro già si paventa in alcune regioni
Va poi sicuramente ricercato un nuovo modello di gestione delle stazioni che si ponga a metà fra
due estremi: quello dell’abbandono delle stazioni meno rilevanti con un fortissimo problema di
disagio sociale e sicurezza e la costruzione di stazioni “opere d’arte” bellissime da osservare ma un
vero e proprio incubo finanziario per chi ne deve sostenere i costi di gestione e manutenzione.
In secondo luogo, la regolazione dei servizi ferroviari regionali è stata oggetto di numerosi
interventi normativi che hanno impresso a livello nazionale e locale diverse velocità ad un processo
di riforma che avrebbe dovuto garantire una maggiore concorrenza anche con l’ingresso di operatori
privati e dunque un recupero della produttività (Boitani, Nicolini, Scarpa, 2010).
L’esperienza delle gare di affidamento dei servizi tuttavia non è stata sempre un successo (Boitani,
Cambini, 2004; Hermes 2005; Isfort 2007). Per questo motivo quasi tutte le Regioni hanno preferito
rinegoziare direttamente con gli operatori esistenti, soprattutto Trenitalia, nuovi contratti.
Sicuramente tali nuovi accordi sono più attenti alle esigenze dei passeggeri e più orientati alla
valutazione e misurazione del livello di qualità del servizio ritenuto coerente con l’esistente
dotazione infrastrutturale e, in alcuni casi, con possibili investimenti in nuovi veicoli. Ma non si
sono tuttavia ancora realizzate significative innovazioni nei servizi né si sono conseguiti
significativi risparmi di fondi da poter reinvestire nel miglioramento della qualità, aumentando ad
esempio le frequenze delle corse o il livello di pulizia dei treni e delle stazioni.
Infine, va ricordato che l’adozione di efficaci sistemi per il controllo, la misurazione e la
valutazione della qualità erogata richiede spesso significativi cambiamenti nei ruoli e nei poteri dei
diversi soggetti coinvolti nella pianificazione e regolazione dei servizi. Si tratta di affrontare un
problema di riorganizzazione istituzionale e amministrativa a volte in Italia di non facile soluzione,
soprattutto in questi territori dove già si sono consolidati meccanismi di integrazione fra modalità,
reti e tariffe.
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Nei principali paesi europei, invece, si tende ormai da tempo (si veda il rapporto ISOTOPE), verso
modelli di regolazione e organizzazione dei sistemi del trasporto locale basati, nelle loro diverse
declinazioni, su tre distinti livelli decisionali. Un primo livello politico che individua gli obiettivi
strategici da perseguire e alloca le risorse necessarie; un secondo livello tecnico che traduce quegli
obiettivi in un programma di servizi (minimi, si direbbe in Italia) scegliendo la migliore e più
sostenibile combinazione di modalità di erogazione dei servizi e che controlla lo svolgimento di
questi ultimi; un terzo livello operativo che gestisce direttamente le reti ed i servizi. Laddove , come
accade a volte in Italia, i confini e le responsabilità fra questi tre livelli non sono chiaramente
tracciati, ma invece sono confusi o inesistenti, è stato rilevato che si corre il rischio di mettere
seriamente in discussione la possibilità di conseguire crescenti livelli di qualità dei servizi
(ISOTOPE).
In conclusione, può ritenersi che, a differenza della produttività, la qualità del trasporto ferroviario
non dipende dalla proprietà pubblica o da quella privata delle aziende affidatarie dei servizi, come
l’esperienza dell’Alta Velocità dimostra, in Italia e in Europa.Né tantomeno può ritenersi che il
ricorso al mercato e dunque ai privati garantisca da solo l’avvio di un circolo virtuoso in grado di
produrre un miglioramento della qualità dei servizi offerti a livello regionale o metropolitano.
In una prospettiva di futura scarsità delle fonti energetiche tradizionali, di obbligo di riduzione delle
emissioni dei gas serra, tutto il sistema dei trasporti europeo si trova ad un crocevia e il trasporto
ferroviario rappresenta la scelta migliore. In Italia i possibili incrementi dei servizi ferroviari e della
loro qualità dipenderanno dalla capacità di interpretare ed elaborare le indicazioni proposte per il
2050 dalla Commissione europea (Libro Bianco, marzo 2011) predisponendo una nuova politica
nazionale di lungo periodo, in grado di allocare risorse certe e definire un quadro normativo più
snello e stabile per il settore.