Bulgaria – Appunti di viaggio 2015

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Bulgaria – Appunti di viaggio 2015
RELAZIONE SUL VIAGGIO DI PROGETTO IN BULGARIA
18 – 21 FEBBRAIO 2015
Il giorno 18 febbraio una delegazione di docenti dell’Istituto Comprensivo di Gatteo partiva alla volta
di Sofia per raggiungere la scuola partner del progetto Comenius, situata nella cittadina di Etropole a
venti km dalla capitale.
Le insegnanti Aurucci Marirosa, Toni Chiara, Zanotti Raffella e la Dirigente Scolastica Francesca
Angelini, arrivano a Sofia nel tardo pomeriggio. Il giorno seguente, dopo una breve visita della
capitale, ripartivano per giungere a Etropole in serata. La cittadina che ospitava il meeting è situata
in una vallata circondata da montagne. Vive di un’economia prevalentemente rurale. La maggior
parte della popolazione non appare molto agiata. Le case sono riscaldate esclusivamente a legna. Gli
alberi che circondano la regione sono l’unica vera ricchezza della popolazione.
Ciononostante la scuola partner del nostro progetto è molto grande, accogliente, spaziosa, ricca di
ambienti adatti ad ogni tipo di laboratorio. Sembra proprio che un Paese povero, che sta cercando di
riscattarsi da anni di regime comunista, abbia voluto mettere al centro della propria ripresa l’istruzione
delle future generazioni.
La scuola è dotata di una piscina, di una palestra e di un campo da calcio dove gli allievi praticano
sport quotidianamente.
Queste strutture sono aperte anche al resto della popolazione durante i periodi di sospensione delle
lezioni. I laboratori sono considerati fondamentali. Gli allievi imparano a cucinare i piatti tipici della
cucina bulgara e realizzano manufatti tramandando l’antica arte bulgara della lavorazione del cotone
e della lana.
Tramandare costumi e tradizioni è molto importante. In tutto il Paese esistono club dove i ragazzi
imparano danze e canti dell’antica tradizione bulgara. Queste danze folcloristiche sono molto diffuse
nelle manifestazioni pubbliche e nelle festività locali. Anche in occasione del nostro arrivo, le
insegnanti e gli allievi avevano preparato delle performance in nostro onore.
Sistema scolastico in Bulgaria
L’istruzione prescolastica è considerata il primo livello del sistema scolastico bulgaro ed è rivolta ai
bambini dai 3 ai 6/7 anni. La maggior parte degli asili nido è gestita dagli enti locali, e in essi la
frequenza è facoltativa. E’ prevista una tassa d’iscrizione, considerevolmente ridotta per le famiglie
a
basso
reddito.
L’istruzione è obbligatoria dai 6/7 ai 16 anni, e termina alla scuola secondaria superiore. L’istruzione
di base (primaria e secondaria inferiore) è gratuita, ma non nelle scuole private. La scuola primaria
viene frequentata dai bambini dai 6/7 ai 14 anni, la secondaria dai bambini tra i 14 e i 18 anni.
L’istruzione secondaria comprende gli istituti secondari generali, vale a dire le scuole unificate o
specialistiche, e gli istituti professionali. Gli alunni possono accedere alle scuole specialistiche al
termine del 7° o dell´8° anno e sostenendo degli esami d’ingresso. L’istruzione secondaria può essere
ricevuta anche negli istituti di formazione professionale dopo l’8° anno con un corso di studi di 4
anni, o dopo il 7° con un corso di 5 anni; oppure negli istituti tecnici professionali con un programma
d’istruzione di 3 anni.
La frequenza scolastica obbligatoria è di 10 anni. L’anno scolastico prevede 160 giorni per
l’istruzione primaria e 170 per quella secondaria inferiore. Le materie (minimo 22 lezioni da 35
minuti all’inizio dell’istruzione primaria, da 40-45 minuti agli altri livelli) sono distribuite su cinque
giorni la settimana. La quantità minima di ore d’insegnamento annuali è di 470 o 528 per l’istruzione
primaria, e dalle 765 alle 867 per quella secondaria inferiore.
Le leggende
Si sa, in qualsiasi nazione le leggende costituiscono una parte importante per comprenderne la storia
e la mentalità della popolazione. Una famosa leggenda bulgara narra della nascita della Bulgaria e
del suo territorio nell'anno 681. A differenza dei serbi e degli albanesi, i bulgari non utilizzano il
termine “Grande Bulgaria” per indicare l’insieme delle popolazioni di origine bulgara. I Bulgari
utilizzano questo concetto per riferirsi alla vecchia Bulgaria, che fu una grande potenza in Asia fino
al VII secolo, quando le tribù dei Cazari la conquistarono.
La leggenda racconta del momento in cui i figli del vecchio Khan, titolo del re bulgaro prima della
cristianizzazione, nel 681, lasciarono il territorio del paese occupato al fine di stabilire un nuovo stato
bulgaro altrove. Questa leggenda è legata anche ad uno dei riti bulgari più tipici: ogni 1 marzo i
bulgari indossano le martenitsa (ornamenti di stoffa bianchi e rossi) sugli abiti, come augurio di buona
salute e felicità. La tradizione si tramanda da circa 1300 anni ed è diffusa anche in alcune zone della
Romania, della Macedonia, della Grecia, della Serbia e dell'Albania.
In prossimità della fine della sua vita, il re dei proto-bulgari Khan Kubrat chiamò i suoi cinque figli,
diede loro un fascio di bastoni e chiese a ciascuno di prendere un bastone e cercare di romperlo. Tutti
diedero ascolto alle ultime volontà del padre, presero un bastone e lo spezzarono in due parti. Poi, il
re mise tutti i bastoni insieme e chiese ai suoi figli di cercare di romperli ancora una volta. Non ci
riuscirono e le bacchette rimasero insieme. L'intenzione del re saggio era di dimostrare ai suoi figli
che dovevano rimanere sempre uniti per essere forti.
Il tempo passava e il vecchio re morì. Poi i Cazari attaccarono i proto-bulgari e catturarono la figlia
di Kubrat, Huba. Il capo dei Cazari disse ai figli di Kubrat che dovevano riconoscerlo come loro
sovrano. Solo così, avrebbe rilasciato la loro sorella e sarebbe andato via dalla loro terra. Fu una dura
prova per i figli del re. Il figlio più grande, Bayan, riconobbe il dominio degli invasori. Tuttavia, il
risultato del suo sacrificio fu che rimase in cattività con la sorella. Gli altri fratelli non obbedirono ai
moniti del vecchio Khan e si divisero. Lasciarono la Grande Bulgaria al fine di ottenere territori liberi
per la loro gente. Uno dei fratelli andò a Nord e gli altri, Kuber e Altsek, decisero di andare a Sud per
vie diverse. Prima di partire, i fratelli dissero a Huba di stare con Bayan Khan, mentre Ashina (il
fratello che si recò a Nord) partiva per cercare nuove terre. Asparuh promise alla sorella di mandarle
un uccello con un filo d'oro legato al suo piede, per farle sapere che era il momento di fuggire e di
seguirlo, perché aveva trovato nuova terra. I quattro fratelli lasciarono la loro patria. Bayan e la
ragazza rimasero nelle mani del nemico.
Un giorno un uccello si recò da Huba. Aveva un filo d'oro nella zampa. Subito Huba e Bayan
fuggirono dalla prigionia e raggiunsero la terra intorno al fiume Danubio. Ma Huba e Bayan non
sapevano esattamente che strada prendere: solo l'uccello poteva indicare loro la strada. Bayan prese
un filo bianco, che Huba aveva messo al piede al suo uccello. Improvvisamente, alcuni inseguitori
Cazari apparvero e iniziarono a tirare frecce alla ragazza e suo fratello. Bayan rimase ferito da una
freccia. Il suo sangue macchiò la fine del filo bianco che divenne rosso dal suo sangue. A questo
punto, sulla spiaggia del fiume comparve Asparuh con i suoi soldati. Quando i Cazari lo videro
fuggirono.
Asparuh salutò Huba e Bayan e li portò al suo accampamento. Prese il filo da suo fratello e unì le due
estremità (quella bianca e quella rossa) e ne diede un pezzo ai suoi soldati da indossare sulla
divisa. Così, dopo molte battaglie, in cui il suo esercito uscì vittorioso, diede vita alla nuova
Bulgaria. Asparuh disse ai suoi uomini di non strappare mai il filo rosso e bianco, perché era simbolo
dell’unione dei bulgari. Il filo bianco e rosso è stato chiamato Martenitsa per ricordare il mese in cui
questi avvenimenti accaddero. E 'diventato un simbolo di fortuna, amore, salute e felicità. Da allora,
il primo di marzo tutti i bulgari si decorano con i Martenichki bianchi e rossi. Da allora,
quest’ornamento rappresenta il forte legame che unisce tutti i bulgari del mondo.
L’arte, l’architettura, la religione
La Bulgaria ha due facce: è una nazione occidentale, ma alcune sue caratteristiche sono tipicamente
orientali; la sua religione è il Cristianesimo ortodosso, ma il territorio è pieno di minareti; nonostante
le industrie e le città moderne, ha un cuore immensamente contadino; è stata parte del sistema
comunista, ed ora vige un incredibile liberalismo; profondamente indipendente, è stata suddita di
potenze straniere da tempi remoti; e pur mantenendo tradizioni arcaiche, guarda avanti verso la
modernità. Oggi è uno degli Stati appartenenti all'Unione Europea.
Come nel resto dei Balcani, i materiali utilizzati per le costruzioni sono quelli forniti dall'ambiente
circostante: pietra, legno, laterizio e terra battuta. Un tempo le campagne erano luoghi molto poco
sicuri, e di conseguenza le case venivano attorniate da muraglioni in pietra, che si appoggiano a delle
lunghe travi posizionate orizzontalmente e seguono il livello del terreno.
Alla casa vera e propria ed ai locali contigui si accede tramite una grossa porta di legno, con due
battenti. Il piano terra è di pietra, mentre i piani superiori sono quelli dedicati alla vita famigliare:
questi piani sono fatti di materiali meno pesanti, come mattoni ricoperti di legno o di un miscuglio di
paglia ed argilla. A volte i piani sono sporgenti rispetto alle pareti, e sono sostenuti da strutture in
legno, spesso curve e decorate con gusto. Le coperture dei tetti sono formate da tegole, o da lastre di
schisto. La stanza principale è il salone, la cui lussuosità dipende dallo status sociale del proprietario;
attorno ad esso ci sono le altre stanze: estive, invernali con camino, spesso destinate a più persone; la
cucina, la stanza riservata alle donne, ed altri ambienti. L'arrendamento crea un'atmosfera orientale:
samovar, narghilè, tappeti colorati...
Anche lo schema urbanistico delle città è più o meno simile; le case, però, sono diventate via via più
lussuose (per esempio in città quali Plovdiv, Koprivštica e Trjavna). Abbondano le decorazioni nel
legno scolpito, i dipinti a muro, i soffitti elaborati e l'arredo spesso di provenienza occidentale.
Case tipiche in questo senso sono ammirabili nei villaggi-museo come Arbanasi e Božencite, e nei
quartieri di alcune città che si sono conservati nel tempo, come per esempio Blagoevgrad, Razlog,
Bansko, Loveč, Karlovo e così via.
Costumi tipici
La tipicità dei costumi femminili risiede nella varietà di colori e di ricami: li potrete osservare sia nei
musei etnografici, che in occasione delle feste nei paesi.
Ci sono diversi tipi di costumi femminili che vengono usati nella quotidianità. Il più famoso è il
costume sukman: lo indossano sulle montagne delle regioni centrali, ed in alcune zone costiere. Il
nome deriva da una tunica di lana, corta e scura, che non ha maniche ed è decorata con perle e fili
d'argento, ed è da indossare sopra ad una camicia bianca.
I capelli vengono decorati di zaraflăci (merletti); viene inoltre indossata la pafti, una cintura con
grosse borchie di metallo, e spesso raffigurante motivi floreali. I ricami del grembiule e i colori forti
contrastano con il colore scuro del resto del costume.
Dopo il sukman troviamo il costume saja: anche questo è composto da una tunica, ed il nome deriva
da un tipo di soprabito aperto, in fibre naturali (cotone o lana, ed in questo caso il suo nome
diventa aladža); molto di frequente questo soprabito è a righe, e viene indossato sopra ad una camicia
di cotone. Altri accessori sono due pezzi di stoffa a quadri che vengono annodati in vita (sia davanti
che dietro), lacci di seta con bordi di pizzo che contornano i capelli, ed una cintura di lana (solitamente
nera o rossa). I ricami, spesso colorati, si trovano per la maggior parte sulla zona del collo ed alla fine
delle maniche. Indipendentemente dal costume indossato, le donne portano calzettoni di lana
coloratissimi e ricamati chiamati čorapi, ed i cărvuli: sandali di cuoio.
Per quando riguarda gli uomini, essi indossano costumi generalmente più sobri. A seconda del colore
dominante rientrano in due categorie.
Il costume “bianco”, chiamato belodrešno, è costituito da una blusa sopra la quale viene indossata
una corta fiacca in lana colorata; i pantaloni sono ricamati ed ornati da cordoncini, e sono di due tipi:
se sono lunghi e stretti si chiamano benevreci, se invece sono a sbuffo e si stringono sul ginocchio si
chiamano dimii.
Il costume “nero”, che prende il nome di černodrešno, consiste in: poturi (pantaloni) ornati ai lati da
una quantità variabile di cordoncini, ed una cintura in lana colorata a seconda dell'età di chi la porta:
più l'indossatore è vecchio, più scura sarà la cintura. Non può mancare il kalpak, il berretto di pelo,
che va a pennello con i baffi e, perché no, con un bastone o un vecchio trombone: in questo modo
l'uomo in questione non potrà che sembrare un hajduk sul punto di scagliarsi contro gli invasori
ottomani.