Dispense Corsi AISG 2014 - Associazione Italiana Studio del

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Dispense Corsi AISG 2014 - Associazione Italiana Studio del
 A.I.S.G.
ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LO STUDIO DEL GLAUCOMA
Presidente: Prof. Federico M. Grignolo
CORSI DI AGGIORNAMENTO
SUL GLAUCOMA
21° Corso di Semeiotica del glaucoma.
Tecniche di base e high tech a confronto
Coordinatori: E. Martini – A. Perdicchi
up date glaucoma
22° Nuove prospettive nella terapia
medica del glaucoma
Coordinatori: B. Brogliatti – P. Brusini
GIOVEDI’ 27 MARZO 2014
Centro Congressi Hotel Royal Continental
NAPOLI
CORSO DI SEMEIOTICA DEL GLAUCOMA
Presidenti: G. Bonavolontà – R. Carassa
Coordinatori : E. Martini – A. Perdicchi
TECNICHE DI BASE E HIGH TECH A CONFRONTO
ESAME DELL’ANGOLO CAMERULARE :
GONIOSCOPIA - Maurizio Taloni
La gonioscopia consente un esame completo dell’angolo iridocorneale, ed è un momento fondamentale nella
valutazione di tutti i pazienti glaucomatosi.
Le strutture che compongono l’angolo iridocorneale sono rappresentate, in senso anteroposteriore, da:
- Linea di Schwalbe, sottile linea bianco brillante, a volte indistinta, più facilmente visibile quando è oggetto di
deposizione di pigmento. Corrisponde all’anello di fibre collagene circonferenziali che delimitano l’estensione
della membrana di Descemet, segnando il confine fra endotelio corneale e trabecolato.
Ai fini di una corretta localizzazione della linea di Schwalbe possiamo utilizzare, durante l’esame gonioscopico,
la tecnica del cuneo corneale: il fascio di luce della lampada a fessura disegna due linee di riflessione (una
relativa alla superficie corneale esterna e l’altra all’endotelio corneale) che convergono per unirsi al livello della
linea di Schwalbe.
- Trabecolato è caratterizzato dalla mancanza di vasi e dall’avere un aspetto granuloso, non omogeneo. Si
distingue una porzione anteriore poco o nulla pigmentata ed una porzione posteriore di solito pigmentata.
- Sperone sclerale rappresenta la proiezione del punto più anteriore della sclera. A livello del bordo anteriore si
inseriscono la maggior parte delle fibre trabecolari, mentre a livello posteriore si innestano le fibre meridionali
del muscolo ciliare. Ha un colore biancastro ed un aspetto relativamente costante, questo lo rende un importante
punto di repere.
- Banda ciliare è quella porzione del corpo ciliare che insieme alla radice iridea forma l’apice dell’angolo. Ha
un colore variabile e la sua ampiezza dipende dal livello dell’inserzione iridea.
Esistono due tecniche principali:
Gonioscopia diretta: le strutture angolari vengono osservate nella loro normale relazione spaziale. Le
distorsioni sono minime e la lente non determina modificazioni meccaniche dell’ampiezza e della profondità
dell’angolo.
I principali svantaggi sono rappresentati dalla posizione supina del paziente e dalla necessità di attrezzature
particolari. La necessità di coordinare lente, microscopio ed illuminazione esterna può rendere difficoltoso
l’esame e può richiedere l’ausilio di un assistente.
Gonioscopia indiretta: tecnica di semplice esecuzione anche se possono comparire pieghe e distorsioni corneali
(maggiori rispetto alla gonioscopia diretta) che sono la conseguenza di una eccessiva pressione della lente e che
possono disturbare la visione delle strutture angolari e far apparire aperto un angolo in realtà chiuso.
L’uso di un sistema di classificazione per la gonioscopia è altamente desiderabile perchè consente una
classificazione e stadiazione dei pazienti con un approccio sistematico.
La classificazione secondo Spaeth è la più utile in quanto oltre a considerare l’ampiezza dell’angolo valuta il
livello della sede dell’inserzione iridea, e la conformazione del profilo irideo.
La gonioscopia ci consente di valutare se l’angolo è aperto o chiuso e di identificare eventuali anomalie (che
possono essere congenite o acquisite).
In presenza di un angolo chiuso o stretto con profilo irideo convesso è fondamentale eseguire una gonioscopia ad
indentazione dinamica che si avvale di lenti con un minore diametro corneale ed un maggior raggio di curvatura.
L’area di contatto della lente è piccola e relativamente piatta rispetto alla superficie corneale. Queste
caratteristiche consentono di eseguire una indentazione dinamica della cornea che determina uno spostamento
dell’’umore acqueo verso la periferia della camera anteriore e spinge posteriormente l’iride ed il cristallino.
Questa tecnica ci consente di valutare se la chiusura angolare visibile è apparente (iride convessa), è
apposizionale (contatto iride-trabecolato) e reversibile, oppure è aderenziale o sinechiale e quindi irreversibile.
Durante l’esame gonioscopico si deve porre una particolare attenzione nella ricerca di eventuali reperti anomali.
Va attentamente ricercata la presenza di vasi sanguigni. I vasi normali ( più evidenti nelle iridi chiare) hanno un
decorso circonferenziale o radiale e non superano mai lo sperone sclerale, a differenza dei vasi patologici che
arborizzano sulle strutture angolari, superano lo sperone sclerale e possono anche sanguinare.
Va evidenziata la presenza di pigmento che si deposita, generalmente, nella parte posteriore del trabecolato ed
aumenta fisiologicamente con l’età.
Una pigmentazione intensa e più abbondante, è presente nella sindrome da dispersione di pigmento e nella
Pseudoesfoliatio.
Negli esiti di uveite si evidenzia una distribuzione del pigmento a zolle, che nelle fasi acute si può associare a
precipitati fibrinosi.
Pigmento si ritrova, anche, negli esiti di traumi oculari (recessione angolare).dopo una chiusura angolare
(soprattutto nel quadrante superiore, fisiologicamente più stretto) e dopo trattamento laser.
Va ricercata con attenzione, la presenza di sinechie anteriori periferiche (PAS) perchè rappresentano gli esiti di
una grande varietà di malattie oculari.
Possono essere di origine meccanica (chiusura angolare, esiti di atalamia o di traumi) o flogistica (uveiti
anteriori), ma sinechie si evidenziano, anche, nel glaucoma neovascolare e nell’ ICE.
Vanno distinte dai processi iridei, che seguono il profilo dell’iride ed a differenza delle sinechie non ostacolano i
movimenti iridei durante la manovra d’indentazione dinamica. Le sinechie sono più spesse e possono impedire la
visione delle strutture retrostanti.
Infine, nel corso della gonioscopia è possibile osservare la presenza di sangue nel canale dello Schlemm. Questa
situazione può essere idiopatica o conseguente ad anomalie vascolari intraorbitali o intracraniche, o più
semplicemente può essere determinata da una eccessiva pressione della goniolente.
La gonioscopia, è un esame semplice, rapido, accessibile a tutti, che richiede una sufficiente esperienza ma che
consente uno studio qualitativo dell’angolo, valuta i rapporti anatomo-funzionali delle strutture che lo
compongono ed è indispensabile nella diagnosi e nella gestione. di tutte le forme di glaucoma.
In conclusione la gonioscopia rappresenta ancora il Gold Standard per quanto riguarda la valutazione dell’angolo
irido-corneale.
UBM ED OCT - Giorgio Marchini
La tecnica di biomicroscopia ad ultrasuoni, comunemente nota come UBM (Ultrasound Bio-Microscopy),
presenta un grande interesse nello studio del segmento anteriore per la sua capacità di fornire immagini
ecografiche ad alta risoluzione sia di strutture visibili alla lampada a fessura che di strutture normalmente non
esplorabili con i mezzi tradizionali. Cornea, camera anteriore, angolo, iride, corpo ciliare, zonula, camera
posteriore e superficie anteriore del cristallino possono essere esaminati in vivo. I loro rapporti e le loro
caratteristiche possono essere studiati attraverso un approccio morfologico qualitativo e possono essere definiti
quantitativamente mediante una serie di nuovi parametri lineari e angolari.
L’UBM viene utilizzata principalmente nella diagnostica del glaucoma, della patologia chirurgica del segmento
anteriore e dei tumori. Nel settore relativo al glaucoma si è dimostrata fondamentale per la comprensione delle
cause e dei meccanismi soprattutto dei glaucomi da chiusura d’angolo e dei glaucomi secondari.
Strumento e tecnica di esame.
Il biomicroscopio ad ultrasuoni UBM è un ecografo computerizzato che fornisce immagini B-scan ad alta
risoluzione. Utilizza un trasduttore da 50 MHz con una risoluzione di 40-50 µ e una penetrazione nei tessuti di 5
mm. Con queste caratteristiche è possibile esplorare un campo di 5 x 5 mm e ottenere immagini corrispondenti
ingrandite su un display. Orientando appropriatamente la sonda ed il bulbo, l’intero segmento anteriore può
essere dettagliatamente studiato.
La tecnica di esecuzione è simile alla convenzionale procedura ecografica B-scan ad immersione con minibagno
e ogni esame richiede 7-10 minuti per occhio. Il paziente viene disteso supino su un lettino e dopo anestesia
topica di superficie viene applicata all’occhio una coppetta di opportune dimensioni. Quest’ultima viene riempita
con un mezzo di accoppiamento, metilcellulosa o fisiologica, e si procede quindi all’esame. La sonda è sospesa
ad un braccio meccanico articolato che consente di ridurre gli artefatti da movimento. Il trasduttore viene
immerso nel mezzo accoppiante e si inizia la scansione, che è di tipo lineare (8 scansioni/sec) per minimizzare la
distorsione laterale. Un sistema di sicurezza arresta la scansione se il trasduttore viene portato troppo vicino alla
cornea.
Parametri misurabili.
Sulle immagini UBM è possibile effettuare misure angolari e lineari utilizzando un apposito software dello
strumento. Ciò permette di definire quantitativamente le caratteristiche dell’angolo camerulare e costituisce un
importante vantaggio rispetto alla gonioscopia tradizionale. I principali parametri misurabili sono: profondità
della camera anteriore (anche in miosi), ampiezza dell’angolo in gradi, ampiezza lineare dell’angolo (a 250 µ e a
500 µ dallo sperone sclerale), distanza trabecolo-ciliare, distanza tra iride e processi ciliari (solco ciliare),
spessore dell’iride, distanza tra iride e zonula (profondità della camera posteriore), contatto lineare tra iride e
lente, angolo sclero-irideo, angolo sclero-ciliare.
Tra queste misure l’angolo sclero-ciliare (o SCPA = Scleral-Ciliary Process Angle) e la distanza trabecolo-ciliare
(o TCPD = Trabecular-Ciliary Process Distance) risultano particolarmente importanti poiché influenzano le
caratteristiche dell’angolo camerulare.
UBM e Glaucoma.
Nello studio dei glaucomi l’UBM si è dimostrato di grande interesse nelle forme da chiusura d’angolo.
E’ stato evidenziato come la curvatura dell’iride possa essere definita e misurata nei casi di blocco pupillare
relativo. In questi occhi la differenza di pressione fra camera posteriore e camera anteriore determina l’aspetto a
convessità anteriore dell’iride e l’iridotomia è in grado di modificare tale curvatura.
La diagnosi delle forme cosiddette da iride a plateau è resa ovvia dalla caratteristica posizione e rotazione
anteriore dei processi ciliari, che costituiscono un supporto strutturale a contatto con l’iride ed impediscono
l’apertura dell’angolo dopo iridotomia.
Nei glaucomi da blocco posteriore l’UBM permette una diagnosi certa ed una precisa definizione del
meccanismo patogenetico grazie alla possibilità di determinare la posizione dei processi ciliari, lo stato della
camera posteriore, i rapporti tra lente e corpo ciliare nonchè il caratteristico spostamento in avanti del cristallino.
In molti glaucomi secondari questa tecnica diagnostica è utile nel chiarire il vero meccanismo patogenetico,
spesso differente da quello clinicamente ipotizzabile.
Nel glaucoma pigmentario l’UBM ha fornito supporto all’ipotesi del blocco pupillare inverso evidenziando la
conformazione iridea concava, il contatto tra epitelio pigmentato irideo e la zonula, e la correzione di tale
conformazione dopo iridotomia laser e dopo terapia miotica. Sempre nel glaucoma pigmentario ha dimostrato
come il contatto tra processi ciliari e iride possa costituire un ulteriore meccanismo in grado di liberare
pigmento.
Nel campo della terapia del glaucoma va ricordato che l’UBM ha contribuito a chiarire alcuni aspetti del
meccanismo d’azione di farmaci come la pilocarpina, la brimonidina e il latanoprost.
UBM e patologia chirurgica.
Relativamente alla chirurgia della cornea l’UBM fornisce un contributo insostituibile quando per le opacità dei
mezzi le strutture anteriori non sono esplorabili. Nella preparazione degli interventi di cheratoplastica perforante
consente infatti al chirurgo di programmare una eventuale ricostruzione del segmento anteriore dando
informazioni sulla presenza della camera anteriore, sul tipo ed estensione di aderenze, sullo stato dell’iride e
della regione retroiridea, sulla presenza di residui lenticolari nonché sulla posizione di una eventuale IOL.
Nella chirurgia della cataratta permette la valutazione delle strutture retroiridee per gli impianti secondari.
L’UBM è l’unica tecnica che consente la valutazione dell’esatta posizione delle loop negli impianti a fissazione
sclerale.
Nel campo delle procedure parachirurgiche e della chirurgia del glaucoma un’indicazione dell’UBM riguarda la
scelta della sede dell’iridotomia laser che consente di evitare l’area del contatto tra iride e lente e l’area in cui
l’iridotomia potrebbe essere occlusa da un processo ciliare. Inoltre se la perforazione iridea è stata incompleta
l’errore è subito visibile. L’UBM permette inoltre di valutare la tradizionale chirurgia filtrante e la nuova
chirurgia trabecolare non perforante. Nella trabeculectomia possono essere evidenziati l’ostio interno, il lembo
sclerale, la via di deflusso e la bozza filtrante. Nella sclerectomia profonda si possono notare la membrana
trabecolo-descemetica, la camera di decompressione e le possibili vie di deflusso sottocongiuntivale, sclerouveale e intrasclerale. In entrambi i casi l’UBM fornisce così un mezzo per l’analisi del meccanismo di
funzionamento e delle cause di insuccesso della chirurgia.
Infine nelle procedure cicloablative l’UBM può determinare la posizione dei processi ciliari consentendo la
massima precisione ed efficacia del trattamento.
ESAME DELLA PAPILLA OTTICA E DELLE FIBRE NERVOSE:
BIOMICROSCOPIA: Teresa Rolle
L’esame clinico delle fibre nervose retiniche (RNFL) e della testa del nervo ottico è di fondamentale importanza
per la diagnosi e nella valutazione della progressione della malattia glaucomatosa; in particolare l’esame del
RNFL costituisce uno dei parametri più utili per la diagnosi precoce.
Tecniche low-tech
L’esame si esegue alla lampada a fessura con l’uso delle lenti di Volk 60-90 D con luce verde; si può eseguire
una retinografia standard (filtro blu) . Le fibre nervose retiniche riflettono queste lunghezze d’onda (luce
monocromatica blu e verde) e quindi sono visibili. La reflettività è direttamente proporzionale allo spessore che
risulta maggiore a livello dei poli superiore ed inferiore.
Si possono osservare:
-strato RNFL normale
-difetti a fessura, a cuneo, diffusi.
L’esame oftalmoscopico della papilla e dell’area peripapillare può essere effettuato con:
- Oftalmoscopio diretto
- Biomicroscopia che deve essere eseguita con ausilio di lenti di Volk 60-78-90 D
Occorre valutare:
- area peripapillare (presenza di distrofie peripapillari alfa-beta-gamma)
- occorre identificare il bordo del canale sclerale (anello di Elschnig) e il limite tra bordo papillare ed
escavazione e si delimita quindi il bordo neuro retinico (valutare profilo, colore, presenza di incisure, ISNT)
- valutazione dimensioni della papilla
- valutazione escavazione (caratteristiche: pallore, visualizzazione lamina cribrosa, asimmetria dell’escavazione
tra i 2 occhi)
- C/D Ratio verticale
- valutazione albero vascolare papillare
- valutare presenza di emorragie papillari.
La valutazione clinica della testa del nervo ottico deve essere sempre accompagnata dalla registrazione dei dati
che può essere fatta con:
-disegno della papilla
- retinografia
- in luce aneritra
-a colori
- STEREOFOTOGRAFIA che rappresenta il gold standard: è necessaria la midriasi e si può ottenere un
notevole ingrandimento dell’ immagine.
HRT, OCT, GDx - Michele Iester
Dopo l’anamnesi e quindi la valutazione dei fattori di rischio del paziente, un’attenta visita oculistica
con una buona osservazione della papilla ottica in midriasi dovrebbe essere sufficiente per individuare i soggetti
con un danno papillare e per suggerire al paziente una serie di esami di approfondimento. Ma non sempre è così
facile, infatti la presenza di aspetti differenti di canali sclerali e quindi di papille ottiche fa sì che non esista una
netta distinzione tra papilla normale e con glaucoma, ritardando il momento della diagnosi.
Nei casi sospetti una fotografia o una diapositiva o ancor meglio un’analisi computerizzata della papilla ottica o
uno studio delle fibre nervose retiniche peripapillari può essere utile subito per la quantificazione delle strutture
studiate ma soprattutto per il follow-up per poter valutare eventuali cambiamenti tipici della presenza della
malattia glaucomatosa. Attualmente abbiamo a disposizione molti strumenti per identificare la malattia negli
stadi iniziali, potendo quindi instaurare una terapia il più precocemente possibile.
L’analisi della papilla ottica può essere fatta oftalmoscopicamente oppure con altri strumenti tra cui,
quello che ha assunto grande importanza negli ultimi tempi, è l’Heidelberg Retina Tomograph (HRT; Heidelberg
Engineering GMBH, Heidelberg, Germany). I suoi parametri hanno dimostrato di avere una buona sensibilità e
specificità nell’identificare i cambiamenti che avvengono in corso di patologia glaucomatosa. Zangwill e coll.
hanno pubblicato diversi studi in cui si è cercato di valutare la capacità diagnostica dell’HRT e la sua efficacia
nel rilevare obiettivamente e quantitativamente cambiamenti glaucomatosi della papilla ottica, nonché di
determinare se le sue misurazioni sono predittrici accurati dello sviluppo di un glaucoma primario ad angolo
aperto (POAG). Tali studi hanno dimostrato che le misurazioni topografiche ottenute con l’HRT corrispondono
molto bene alle stime stereografiche del C/D ratio orizzontale e verticale, che gli indici e i parametri
stereometrici ottenuti con l’HRT sono stati rilevati essere statisticamente e significativamente associati con lo
sviluppo del glaucoma. In un altro studio è stato dimostrato che quando la classificazione MRA (Moorfields
Regression Analysis) globale, temporale inferiore e nasale inferiore era fuori dai limiti della norma, c’era un
aumentato rischio di sviluppare glaucoma che variava dal 2.39 al 5.80. Per portare sensibilità e specificità all’8090%, sono state ulteriormente introdotte da alcuni autori delle formule di analisi discriminanti.
I punti deboli dell’HRT sono: il piano di riferimento, stabilito automaticamente dal sistema 50 µm al di
sotto della superficie retinica, e il contorno della papilla, tracciato dall’operatore, anche se si è visto che piccoli
cambiamenti di posizionamento della linea di contorno non sono associati a cambiamenti della capacità
diagnostica. Un nuovo metodo per analizzare la testa del nervo ottico senza usare una linea di contorno e il piano
di riferimento è il Glaucoma Probability Score (GPS). Il GPS usa un modello geometrico in grado di ricostruire
un’immagine tridimensionale della papilla sulla base di cinque parametri: dimensione e profondità
dell’escavazione, ripidità del bordo, curvatura orizzontale e verticale dello strato delle fibre nervose retiniche.
Tutto ciò ha permesso di ovviare al problema dell’esaminatore escludendone l’input. La capacità diagnostica di
questa nuova formula è stata confrontata con quella delle formule discriminanti e gli autori hanno mostrato che
usando l’HRT GPS è possibile differenziare occhi normali da occhi glaucomatosi con una capacità diagnostica
lievemente minore rispetto a quella delle DAF e della MRA, ma senza qualunque tipo di interferenza esterna da
parte dell’esaminatore.
Un altro strumento utile per individuare cambiamenti a livello papillare ma soprattutto a livello dello
strato delle fibre nervose retiniche sono l’OCT e il GDx.
L’OCT o tomografia a coerenza ottica, è una tecnica non invasiva che fornisce immagini ad alta risoluzione di
sezioni trasversali della retina, del nervo ottico e del corpo vitreo. Viene eseguito dirigendo un fascio di luce sul
fondo oculare e misurando con un interferometro a coerenza ridotta l’intervallo di tempo necessario per il ritorno
della luce riflessa e la sua ampiezza. L’imaging ottenuto rappresenta una sezione trasversale del tessuto
analizzato dal fascio di luce e viene rappresentato come immagine bidimensionale in scala di colori o di grigi
secondo la diversa reflettività degli strati attraversati dalla luce. L’OCT ad elevata risoluzione (UHROCT)
permette di identificare piccole strutture retiniche come la membrana limitante esterna e lo strato delle cellule
ganglionari, impossibili da visualizzare con altrettanta chiarezza con l’OCT a risoluzione standard. E’ inoltre
possibile avere informazioni dettagliate sullo spessore retinico in maniera numerica e tramite mappa topografica.
L’OCT si è dimostrato un importantissimo strumento per la valutazione dello strato delle fibre nervose e
delle alterazioni a livello della papilla ottica. Nello studio condotto da Mwanza JC et al, in cui sono stati studiati
73 pazienti con glaucoma e 146 soggetti normali di età simile, si è visto che i parametri principali per
discriminare un occhio normale da uno con iniziale o modesto danno glaucomatoso erano lo spessore verticale
del bordo, l’area del bordo, lo spessore delle fibre nervose a ore 7, lo spessore delle fibre nervose nel quadrante
inferiore, il C/D ratio verticale e la media tra gli spessori delle strato delle fibre nervose. Tutti questi parametri
possono essere studiati con scansioni OCT rendendo l’esame un importante passo nello screening del glaucoma.
Molti studi si sono proposti di confrontare l’efficacia e la capacità di discriminare un occhio sano da un occhio
glaucomatoso utilizzando l’OCT e l’HRT. Inoltre nuovi parametri come il Ganglion cell Complex sono stati
introdotti e sembrano avere una buona capacità diagnostica.
La maggior parte mostra una migliore capacità dell’OCT di rivelare un significativo decremento dello
strato delle fibre nervose in zona peripapillare nei pazienti con sospetto glaucoma se comparati a soggetti
normali, di classificare parametri papillari e dello strato delle fibre nervose come alterati rispetto a quelli
normali, di avere una maggiore sensibilità nella misurazione dei parametri riguardanti lo strato delle fibre
nervose e di possedere una maggiore riproducibilità e una minore possibilità di errore nella misurazione dei
parametri di tale strato se confrontato con l’HRT.
Il GDx è uno strumento sviluppato per la diagnosi precoce del glaucoma. La tecnologia su cui si basa, la
polarimetria scanning laser, consente di misurare lo spessore dello strato delle fibre nervose retiniche
peripapillare in maniera analoga all’OCT. Consente di analizzare le variazioni della polarizzazione della luce
all’interno dello strato delle fibre nervose retiniche, causata dalla birifrangenza degli assoni. Il grado di
polarizzazione si misura su un’area del diametro di 1,75 mm, concentrica alla papilla ottica: maggiore è lo
spessore dello strato di fibre nervose, maggiore risulta la polarizzazione. Questa tecnica fornisce immagini a
colori dello strato delle fibre nervose retiniche nei quattro quadranti. Lo spessore è definito per mezzo di una
scala cromatica che va dal blu al rosso. Il rosso seguito dal giallo indica un maggior numero di fibre nervose,
mentre il verde seguito dal blu segnala uno spessore minore. Le mappe della deviazione mostrano la
localizzazione e l’entità delle anomalie, indicandole come piccoli quadrati colorati (pixel). Il grafico TSNIT
(temporale-superiore-nasale-inferiore-temporale) è presentato nella parte inferiore del referto. Mostra i valori
effettivi di spessore del paziente esaminato, confrontandoli con un campione normale pari per età all’interno di
un grafico in colore che include i valori del 95% della popolazione. Nell’occhio sano, la curva cade nell’area
colorata e presenta una doppia curvatura. L’indicatore delle fibre nervose nella parte inferiore della tabella
costituisce un valore globale basato sulla mappa completa dello spessore; è il parametro ideale per discriminare
l’occhio normale da quello glaucomatoso.
Confrontando i vari metodi di analisi della papilla ottica e dello strato delle fibre nervose per discriminare occhi
con iniziale glaucoma da occhi normali, è risultato che la valutazione con OCT, GDx e HRT3 ha lo stesso valore
della stereografia della papilla ottica e che la combinazione di valutazione dello spessore dello strato delle fibre
nervose con l’OCT e del C/D ratio con l’HRT dà una precisione diagnostica migliore.
Bibliografia
1 Rolando M, Iester M: La papilla e l’area peripapillare nel glaucoma. Genova : Sagep, 1995.
2 Iester M, Rolando M (eds.): L’analisi computerizzata della papilla ottica. Savona: Dogma, 2003.
3 Iester M, Garway-Heath D, Lemij H. Optic Nerve Head and Retinal Nerve Fibre Analysis. Savona: Dogma,
2005.
4 Garway-Heath D, Lemiij H, Iester M. Glaucoma imaging techniques. Made easy. London, UK: Nice and
excellent design, 2006.
5 IesterM, Rolando M. Modificazioni morfologiche della papilla e dell’area peripapillare nelle malattie del
nervo ottico. Savona: Dogma, 2008.
6 Brusini P, Centofanti M, Ciancaglini M, Gandolfi S, Iester M, Manni G, Marchini G, Martini E, Perdicchi
A, Quaranta L, Rossetti L, Scuderi G, Vetrugno M. Documento di consenso italiano: Diagnosi precoce e
riduzione della progressione nel glaucoma ad angolo aperto. Roma: Science Promotion, 2011.
7 Fogagnolo P, Frezzotti P, Iester M, Figus M, Rossetti L. Glaucoma e Cecità. Publicom, Savona: 2013.
ESAME DEL CAMPO VISIVO
PERIMETRIA TRADIZIONALE - Gianluca Manni
IL CAMPO VISIVO
La perimetria studia l’estensione del campo visivo, ovvero la regione di spazio visibile da un occhio immobile in
posizione primaria. Le dimensioni di un campo visivo monoculare sono di circa 60°superiormente e nasalmente,
70°inferiormente e 90°temporalmente.
La macchia cieca, normalmente posizionata a 15°temporalmente al punto di fissazione, rappresenta l’area
occupata dalla testa del nervo ottico e non risponde a nessuna stimolazione luminosa. La sensibilità luminosa è
fisiologicamente più elevata in corrispondenza della fissazione per poi progressivamente ridursi verso la periferia
(isola della visione).
La perimetria cinetica utilizza il movimento di uno stimolo di intensità e dimensioni costanti da un’area di
campo visivo non vista fino ad una vista.
La perimetria statica utilizza stimoli statici di intensità variabile che vengono proiettati su uno sfondo luminoso.
I parametri più importanti per la percezione di uno stimolo sono la sua dimensione, la sua intensità, e
l’illuminazione dello sfondo.
Lo stimolo soglia è quello che può essere percepito il 50% delle volte in cui esso viene presentato in una
determinata locazione del campo visivo.
LA PERIMETRIA STATICA
La sensibilità viene calcolata presentando stimoli di differente intensità su uno sfondo a luminosità costante
(valore soglia di sensibilità luminosa differenziale tra lo stimolo e lo sfondo).
L’apostilb misura sia la luminosità dello sfondo che quella dello stimolo presentato.
Il grado di attenuazione dello stimolo presentato rispetto al valore massimo viene espresso in decimi di unità
logaritmiche, i decibel (dB).
Strategia d’esame: perimetria di soglia.
Humphrey: SITA-Standard e SITA-Fast
Octopus: Normal Threshold e Dynamic
TOP (Tendency-Oriented Perimetry)
Griglia dei punti esaminati: i 25-30° centrali del campo visivo dove sono localizzate la maggior parte delle
cellule ganglionari retiniche.
Humphrey: 30-2, 24-2
Octopus: G1/G2, 30/2
In occhi con visione tubulare entrambi i perimetri consentono di usare un programma che esamina solamente i
10° centrali del campo visivo.
Le ultime ricerche della Letteratura evidenziano però che lo studio dei 10 gradi centrali sia molto importante non
solo nelle fasi avanzate del glaucoma ma anche in quelle iniziali e come strategia utile per seguire la
progressione della malattia
Questo è uno studio eseguito su100 pazienti glaucomatosi con difetto iniziale sottoposti a SAP 24-2 e 10-2 SS
Questo è invece uno studio retrospettivo con pazienti glaucomatosi con difetto entro i 10° centrali al 24-2
Valutare la progressione dei punti del 10-2 e del 24-2 in 5-6 anni
(pointwise linear regression analysis=slope of VF sensitivity over tima in decibels/year)
Progressione definita da una perdita di più di 1dB/anno con p<0.01 in un punto del CV
17 occhi in progressione identificati dal 10-2 non sono stati identificati dal 24-2 , 4 occhi progrediti entro i
10°centrali al 24-2 sono stati identificati anche al 10-2.
I risultati evidenziano chiaramente l’importanza dello studio dei 10 gradi centrali del CV
Come raccomandazione pratica dobbiamo comunque ricordarci di ripetere il CV ogni 4 mesi nei primi due anni
dopo la diagnosi
Oppure ripetere il CV 2 volte l’anno per i primi tre anni
Una stima dell’andamento della malattia può essere cosi ottenuta,
anche considerando l’aspettativa di vita del paziente e il rischio di disabilità visiva.
Esistono poi diversi sistemici statistici per seguire nel tempo la progressione (analisi del trend e/o analisi
dell’evento)
Un altro grande problema ancora non del tutto chiarito è la correlazione morfo-funzionale.
Considerando che sia i parametri morfologici che quelli funzionali peggiorano al progredire del glaucoma e che
entrambi sono causati dalla morte delle RGC e la perdita dei loro assoni, sarebbe logico ritenere che entrambe le
misurazioni (morfologiche e funzionali) siano correlate durante l’intero corso della malattia.
Tuttavia, l’esatta natura che lega queste due variabil è ancora al centro dei maggiori dibattiti scientifici.
Comprendere la correlazione morfo-funzionale nel glaucoma è fondamentale sia per stadiare la malattia, sia per
comprenderne il naturale decorso.
Esistono anche delle pratiche raccomandazioni di cui dobbiamo tenere conto quando facciamo eseguire un CV ai
nostri pazienti
•
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CONCLUSIONI
La perimetria tradizionale è fondamentale nella gestione del paziente glaucomatoso dalla diagnosi al
follow-up
È corretto seguire le linee guida ma anche la letteratura scientifica
Non bisogna dimenticarsi del punto di vista dei pazienti per aiutarli a migliorare la loro performance e
facilitare la nostra pratica clinica
PERIMETRIA NON CONVENZIONALE - Paolo Brusini
La perimetria automatica computerizzata standard (SAP), grazie a tutti i miglioramenti di cui ha beneficiato
negli ultimi 20 anni, è oggi una tecnica d’esame insostituibile, soprattutto nella gestione di pazienti affetti da
glaucoma cronico. In particolare, è essenziale per quantificare con precisione l’entità del danno funzionale
glaucomatoso e per un adeguato follow-up dei pazienti affetti dalla malattia. La SAP presenta tuttavia alcuni
inconvenienti che ne limitano l’utilità clinica, soprattutto nell’importante fase di diagnosi precoce della malattia
glaucomatosa. In particolare, è stato dimostrato che è necessaria la perdita di almeno il 20% delle cellule
ganglionari per avere un deficit di soli 5 dB nei 30° centrali del campo visivo, esaminato con un programma di
soglia; la perdita può arrivare al 50% se si prende in considerazione soltanto l’area all’interno dei 12° (1,2).
Per ovviare a questi inconvenienti, negli ultimi 20 anni sono stati ideate numerose tecniche non convenzionali di
esame del campo visivo, con l’obiettivo di studiare una popolazione limitata di cellule ganglionari, riducendo la
ridondanza del sistema. Solamente poche hanno però dimostrato una sufficiente validità e sono state impiegate
clinicamente. Tra queste, le più interessanti sono la perimetria a corta lunghezza d’onda o perimetria blu/giallo
(SWAP), la perimetria flicker e la perimetria a duplicazione di frequenza (FDT).
La Perimetria a Corta Lunghezza d’Onda (SWAP) impiega stimoli blu su uno sfondo giallo ad elevata
luminanza, destinato a saturare i coni sensibili al rosso e al verde. Vengono in questo modo testati solamente i
coni S sensibili al blu e le loro connessioni con le piccole cellule ganglionari bistratificate, che costituiscono
soltanto il 6% di tutte le cellule ganglionari ed afferiscono allo strato koniocellulare del nucleo genicolato
laterale. Sebbene trial clinici a lungo termine asseriscano che la SWAP è in grado di evidenziare un difetto del
campo visivo da 3 a 5 anni prima della perimetria bianco su bianco nel glaucoma iniziale (3,4), questa metodica
soffre di numerosi inconvenienti: l’esame è particolarmente lungo e stressante per i pazienti e la variabilità
interindividuale è molto più alta che con la SAP (5), con problemi di specificità, risolti in modo non del tutto
soddisfacente dai programma statistici attuali. Un altro serio inconveniente è legato all’assorbimento della
radiazioni a corta lunghezza d’onda da parte di cristallini con cataratta anche iniziale, che causa una marcata
depressione di sensibilità (6).
Nonostante l’introduzione di strategie d’esame più veloci (SITA SWAP), l’interesse clinico al momento appare
decisamente scarso e, comunque, limitato a casi selezionati di sospetto glaucoma in soggetti giovani e ben
collaboranti.
La perimetria flicker, che studia la frequenza critica di fusione analizzando in maniera selettiva le cellule
ganglionari My ed il sistema magnicellulare, è una tecnica d’esame conosciuta da oltre 50 anni (7). Solo dal
2001, però, è disponibile sul mercato un apparecchio (Octopus 311) in grado di effettuare in modo
completamente automatico il test. Il paziente deve segnalare la presenza degli stimoli a luce intermittente,
ignorando quelli in cui la luce è fissa, compito non sempre facile e in genere piuttosto stressante, soprattutto per
soggetti anziani. L’eccessiva lunghezza dell’esame può essere ridotta impiegando strategie di soglia veloce,
soprattutto la TOP. I risultati finora riportati in letteratura sono teoricamente interessanti (8,9), tuttavia non
sembra che questa metodica sia in grado di prendere piede nella normale pratica clinica.
La Perimetria a Duplicazione di Frequenza (FDT) è senza dubbio la metodica non convenzionale più
interessante e diffusa al momento. Studia selettivamente il sistema magnicellulare (cellule ganglionari My)
(10,11,12) presentando barre sinusoidali chiare/scure con bassa frequenza spaziale (0,25 cicli/grado) e alta
frequenza di alternanza temporale (25 Hz), nelle quali viene variato il contrasto. Il perimetro FDT e il suo
successore, Humphrey Matrix, sono strumenti di semplice impiego con un piccolo schermo sul quale vengono
presentati gli stimoli di forma quadrata (4 per quadrante più uno stimolo circolare al centro o, con il Matrix,
stimoli più piccoli che emulano i pattern a griglia della SAP). La durata del test varia tra 1’ (screening) a 5’
(soglia). I risultati vengono presentati in valori numerici e sotto forma di mappe di probabilità statistica (total e
pattern deviation). Numerosi studi sembrano confermare che la FDT possiede una sensibilità superiore a quella
della perimetria standard nel glaucoma iniziale, anche se tale affermazione non è condivisa da tutti gli autori.
Altre metodiche di esame non convenzionale del campo visivo, alcune delle quali molto promettenti,
studiano la sensibilità al movimento, mediata dal sistema magnicellulare o altre funzioni ancora non ben
definite. Particolarmente interessanti sono la perimetria Rarebit, la perimetria Pulsar e la Edge
perimetry.
Nella Rarebit Perimetry (13,14) uno o due microstimoli vengono presentati all’interno di 30 piccole aree
circolari o rettangolari su di un normale schermo LCD (Fig.1); la mira di fissazione è mobile e il paziente deve
segnalare l’avvenuta percezione e il numero di stimoli visti. Si tratta di una metodica molto semplice ad
economica, che sembra avere un’ottima sensibilità al danno funzionale precoce sia nel glaucoma che in neurooftalmologia.
Fig.1. Aree esaminate con la Rarebit Perimetry; in ogni area vengono presentati 1 o 2 microstimoli.
La perimetria Pulsar (15,16) utilizza stimoli anulari concentrici pulsanti, di cui possono essere variati il
contrasto, la risoluzione spaziale, la velocità di movimento centrifugo e la frequenza di oscillazione (Fig.2).
Questa tecnica è da poco disponibile sul mercato (perimetro Octopus 600).
Fig. 2. Stimolo anulare utilizzato nella perimetria Pulsar.
La Flicker Defined Form (FDF) Perimetry (17), disponibile nell’Heidelberg Edge Perimeter, impiega stimoli
circolari di 5°, costituiti da punti chiari e scuri che si alternano velocemente in contro-fase, con una frequenza di
15 Hz, dando origine alla percezione di un bordo circolare illusorio (”edge contour illusion”) attorno allo
stimolo, mediata dal sistema magnicellulare. E’ disponibile una mappa di correlazione fra funzione e struttura,
quest’ultima analizzata con l’HRT (18).
Fig.3. Mappa struttura-funzione ottenuta da FDF Perimetry e HRT.
In conclusione, nonostante i notevoli sforzi profusi negli ultimi 30 anni e l’interesse speculativo che alcune
tecniche hanno suscitato, nessuno dei metodi non convenzionali di esame del campo visivo è riuscito a
soppiantare la perimetria automatica standard nella diagnosi e nel follow-up del glaucoma. Alcuni di essi,
soprattutto l’FDT, se utilizzati correttamente ed inseriti nel giusto contesto clinico, posso essere di aiuto per una
diagnosi precoce di glaucoma in fase pre-perimetrica.
Bibliografia
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VALUTAZIONE DELLA PROGRESSIONE
PROGRESSIONE STRUTTURALE - Enrico Martini
Una volta accertata la diagnosi, lo studio della progressione del danno è sicuramente il punto centrale della
gestione del paziente glaucomatoso.
La valutazione funzionale è ancora la metodica più utilizzata per definire la progressione, ma i dati di letteratura
ci dicono che spesso la progressione strutturale è precedente o concomitante a quella funzionale.
L’OHTS ci ha mostrato che nel 55% dei casi il primo segno di danno riscontrato era a carico della testa del nervo
ottico, contro il 35% dei casi in cui era il campo visivo a evidenziare il primo danno.
Le metodiche attualmente disponibili per la valutazione e la documentazione della progressione del danno
strutturale sono:
A) metodiche convenzionali
a. (stereo)fotografia della papilla
b. fotografia dello strato delle fibre (RNFL)
B) Metodiche di imaging hi-tech
a. Polarimetria a Scansione Laser (SLP – GDX)
b. Oftalmoscopia Scanning Laser Confocale (CSLO – HRT)
c. Tomografia a Coerenza Ottica (OCT)
Ciascuna metodica ha dei vantaggi specifici e dei limiti che occorre conoscere bene per utilizzare al meglio le
tecnologie disponibili per ciascun caso specifico, evitando artefatti ed errori diagnostici. (Tab. 1 e 2).
A) METODICHE CONVENZIONALI
Un primo elemento da tenere sempre presente e facilmente rilevabile già all’esame oftalmoscopico è la presenza
di emorragie del bordo neurale della papilla. Sono eventi transitori che spariscono dopo alcuni mesi, ma
costituiscono un importante indicatore di instabile compenso e di presumibile progressione del danno. Si
associano frequentemente all comparsa di notching localizzati e corrispondenti difetti cuneiformei delle fibre
ganglionari. Purtroppo non ben chiarito e non costante è il rapporto cronologico tra emorragia e difetto del
campo visivo.
Le fotografie del disco ottico (meglio se stereoscopiche) consentono se confrontate nel tempo di individuare i
segni di progressione del danno: assottigliamento della rima neurale, soprattutto se localizzato (notching),
inginocchiamento e spostamento dei vasi, denudamento dei vasi circumlineari. Ovviamente le condizioni di
ripresa devono essere le più simili possibile onde ridurre le fonti di variazione e di artefatto. Nei dischi ottici
piccoli la identificazione dei cambiamenti può essere molto difficile e a volte si hanno delle sorprese se si
eseguono esami diversi (fig.1).
Tabella 1 – Diverse tecniche di valutazione del danno strutturale
Tabella 2 – Principali pregi e limiti delle diverse tecniche di imaging.
La fotografia delle fibre ganglionari con luce aneritra o blu può fornire elementi molto interessanti soprattutto in
caso di deficit localizzato e di buona trasparenza dei diottri. I difetti delle fibre hanno aspetto cuneiforme,
raggiungono il bordo del disco ottico e si allargano verso la periferia. Sono spesso visibili in corrisponednza di
emorragie del bordo e/o di notching della rima neurale. Purtroppo in caso di opacità dei mezzi la qualità
dell’immagine è insufficiente per un giudizio di certezza. Il vantaggio principale sta nella scarsa dipendenza
dalla macchina e dalla prevedibile durata nel tempo del valore comparativo. Il limite principale è la soggettività
del giudizio e le misure sostanzialmente solo qualitative.
Fig. 1 – Disco ottico di piccole dimensioni: discrepanza tra aspetto oftalmoscopico (foto) e entità del danno al
GDX.
B) METODICHE DI IMAGING HI-TECH
Proprio per superare i limiti delle tecniche fotografiche sono stati messi a punto strumenti di imaging digitale che
utlizzano per lo più sorgenti laser con tecniche a scansione.
Questi strumenti, ormai disponibili da oltre 15 anni, hanno un ruolo ormai ben definito in ambito diagnostico.
Numerosi studi ne hanno individuato la capacità diagnostica in termini di specificità e sensibilità nei diversi stadi
della malattia glaucomatosa. Molto meno definito è il ruolo dell’imaging nell’accertamento della progressione
del danno; solo l’HRT ha mantenuto una stabilità sufficiente alla realizzazione di studi significativi.
Polarimetria Scanning Laser – SLP – GDx
L’ultima versione è il GDX Pro con enhanced corneal compensatori (ECC) che ottiene una netta riduzione degli
artefatti da ABP. Il GDX Pro è dotato di un software di analisi della progressione (GPA = Glaucoma Progression
Analysis) che utilizza tre tipi di valutazione:
a) Image Progression Map: se almeno 150 pixel adiacenti sull’intera mappa di spessore sono
significativamente modificati rispetto alla media di due esami di baseline, l’area viene evidenziata in
giallo al primo esame ed in rosso se il peggioramento è presente in due esami consecutivi. Questa
modalità riesce ad individuare peggioramenti localizzati focali.
b) TSNIT Progression Graph: il grafico dello spessore delle fibre peripapillari (grafico TSNIT) viene
suddiviso in 64 segmenti: se almeno 4 segmenti adiacenti mostrano peggioramento significativo il
settore viene evidenziato in giallo e in rosso rispettivamente al primo esame alterato e al secondo esame
consecutivo alterato.
c) Summary Parameter Chart: Lo spessore medio globale, lo spessore del settore superiore e lo spessore
del settore inferiore vengono messi in un grafico di tendenza. Se il valore mostra un cambiamento
significativo viene segnalato in giallo e se confermato in rosso (progressione probabile) In questo caso
il software calcola una velocità di progressione ed una linea di tendenza a scopo prognostico. In caso di
importante modifica terapeutica si può resettare il baseline per individuare modificazioni della velocità
di progressione (fig. 2)
Fig. 2 – GDX Pro – Printout del Glaucoma Progression Analysis
Anche la versione Pro con ECC non è del tutto esente da artefatti da birifrangenza (che sono invece molto
frequenti con la versione VCC). Inoltre lo studio delle fibre anche col GDX può risentire di interferenze da
parte di patologie dell’interfaccia con effetto trazionale o di tipo vascolare con risentimento edematoso.
Oftalmoscopia Scanning Laser Confocale (CSLO – HRT)
La tomografia scanning laser della testa del nervo ottico (Heidelberg HRT) è la sola piattaforma ad avere
mantunuto costante la leggibilità dei dati nelle successive versioni dello strumento. I parametri più
importanto in termini diagnostico sono area e volume della neurorima, il Cup Shape measure, Lo spessore
medio del RNFL lungo la contour line e la “height variation contour”, oltre alle analisi MRA (Moorfields
Regression Analysis) e GPS (Glaucoma Probability Score). Per il follow-up nel printout (Fig. 3) si analizza
la variazione dei parametri rispetto al baseline, la MRA e la immagine sintetica della TCA (Topographic
Change Analysis) che confronta l’esame attuale col baseline ed evidenzia in verde le aree significativamente
elevate ed in rosso quelle depresse. La TCA è indipendente dalla contour line e dal piano di riferimento ed è
quindi un’analisi completamente automatica e non operatore dipendente. Si può approfondire l’analisi dei
singoli cluster con una indicazione della variazione di volume e spessore negli esami successivi.
Oltre alla TCA che è una analisi di evento, esiste anche un software per analisi di tendenza (Trend Analysis)
che può essere condotta su singolo parametro o sulla media di tutti i parametri prodotti dallo strumento.
Le principali fonti di artefatto e di errore diagnostico dell’HRT sono:
- la cattiva qualità delle immagini con elevata deviazione standard, che impedisce il raggiungimento della
significatività;
- le dimensioni della papilla per cui papille grandi sono interpretate sempre come patologiche anche se
normali (falsi positivi) e papille piccole sono spesso interpretate come sane anche in presenza di danno
conclamato
- la variazione del piano di riferimento che fa variare il livello a cui viene posto il limite tra rima ed
escavazione con conseguente variazione di quasi tutti i parametri calcolati dallo strumento.
Fig. 3 – Printout di follow-up e TCA: in rosso le aree peggiorate.
Tomografia a Coerenza Ottica (OCT)
E’ la piattaforma più recente, più versatile e più ricca di potenzialità evolutive. Può fornire indicazioni sullo
strato delle fibre ganglionari peripapillari, sulla papilla ottica e recentemente anche sulle cellule ganglionari
perifoveali (GCC o Ganglion Cell Complex). Un grande punto di forza sta nella completa automazione
dell’elaborazione, che è pressoché del tutto operatore-indipendente. Questa molteplicità di utilizzi rende la
tecnologia OCT molto preziosa in campo diagnostico e molto promettente per lo studio della progressione.
L’OCT Cirrus della Zeiss possiede un software di analisi della progressione chiamato GPA (Guided
Progression Analysis) che è simile all’analogo programma del GSX: una volta ottenuto un baseline dalla
media dei primi due esami, esegue valutazioni di evento sulla mappa dello spessore per individuare difetti
localizzati e profondi, sul profilo di spessore delle fibre in sede periapapillare ed una valutazione di trend sui
parametri numerici dello spessore medio, dello spessore nel settore superiore ed in quello inferiore e anche
sul rapporto cup-disc. Le variazioni sognificative vengono evidenziate in giallo alla prima comparsa ed in
rosso se vengono confermate in un secondo esame consecutivo. Quando sono disponibili almeno 4 esami
con un follow-up di almeno 2 anni viene calcolato il trend di variazione degli spessori delle fibre e del
rapporto cup-disc ed il relativo intervallo di confidenza del 95% (fig.4)
Anche gli altri costruttori hanno realizzato software di studio della progressione con caratteristiche
sovrapponibili, utilizzando sia analisi di evento basate sulla variazione focale rispetto ad un baseline, più
utili per accertare una variazione significativa rispetto alla variabilità test-retest, che anlisi di trend, più utili
a scopo prognostico.
Fig. 4 – GPA dell’OCT Cirrus CZM
Purtroppo il moltiplicarsi delle apparecchiature OCT fa nascere il problema di come confrontare i dati
ottenuti in uno stesso paziente con macchine diverse. I primi dati di confronto indicano una forte
correlazione tra le informazioni ottenute con i diversi strumenti ma la non intercambiabilità dei dati
numerici per una analisi di progressione.
Anche l’OCT ha qualche problema di artefatti: forte interferenza delle condizioni dell’interfaccia vitreo
retinica e la presenza di edema intraretinico possono ingannare l’algoritmo di segmentazione automatica
creando così false misure e aumentando la variabilità test-retest.
Nello studio della papilla e dello spessore delle fibre gli algoritmi attuali possono commettere errori legati al
rapporto tra sistema di riferimento standard e orientamento del piano della papilla e dell’asse centro
maculare centro papillare. Anche per l’OCT la qualità delle immagini è cruciale per una corretta
interpretazione.
Sintetizzando alcuni elementi fondamentali per un corretto utilizzo dell’imaging hi-tech per lo studio della
progressione, gli elementi fondamentali cui dare importanza sono:
1) Qualità dei dati: è imperativo ottenere immagini di buona qualità e non esitare a scartare gli esami
scadenti.
2) Artefatti: non si possono eliminare del tutto ma è importante conoscerli e riconoscerli per evitare di
cadere in errori di valutazione anche grossolani.
3) Stadio clinico: essenziale l’imaging nella individuazione del glaucoma e della sua progressione in fase
precoce (preperimeritrica), molto utile nella fase conclamata soprattutto in congiunzione con le prove
funzionali: una concordanza di test funzionali e strutturali fornisce molta sicurezza di validità. Le
metodiche di imaging sono invece poco utili e addirittura fuorvianti nelle fasi molto avanzate ove il
cosiddetto “floor effect” fa sì che ad ulteriori peggioramenti funzionali non corrispondano analoghe
variazioni delle misure strutturali (fig. 5)
Fig. 5 – Nelle fasi avanzate l’analisi srutturale sembra stabile mentre la funzione continua a decadere (“floor
effect”)
PROGRESSIONE FUNZIONALE - Andrea Perdicchi
Lo studio della progressione di un difetto perimetrico è ancora oggi argomento dibattuto e molto controverso. In
generale si considera peggiorato un campo visivo quando la variazione registrata superi la variabilità intratest
che è insita in questa metodica. Ne consegue che qualsiasi variazione del campo visivo debba essere confermata
da più esami, da una congruità con il quadro clinico del paziente e con l’aspetto del nervo ottico e delle fibre
nervose.
La valutazione della progressione di un campo visivo va sempre eseguita utilizzando la perimetria convenzionale
bianco/bianco e utilizzando strategie di soglia, riservando le tecniche di perimetria non convenzionale alla
ricerca di difetti iniziali, solo quando la perimetria convenzionale risulti del tutto nella norma. E’ inoltre
fondamentale nel follow-up utilizzare gli stessi pattern di esame e le stesse strategie, al fine di ottenere una
maggiore omogeneità dei dati ottenuti .
Al fine di compiere una corretta interpretazione della progressione perimetrica, va identificato un campo visivo
di base e avere un patrimonio iniziale di campi visivi (almeno 4 o 5) che, limitando la fluttuazione a lungo
termine della perimetria, possano permettere di emettere un giudizio clinico sufficientemente attendibile. Va
inoltre prestata grande attenzione ad eventuali fattori di confondimento quali l'effetto apprendimento, che è
responsabile di un miglioramento del secondo test rispetto al primo, l'effetto fatica, che può causare un
deterioramento della soglia nel corso dell'esame, e l'effetto demotivazione, a volte causa di un peggioramento
non altrimenti spiegabile, dovuto alla scarsa motivazione con cui il paziente affronta l’esame.
La frequenza con cui la perimetria deve essere eseguita dipende dallo stadio della malattia, dall’età del paziente e
dal suo grado di collaborazione. In generale si può affermare che nelle fasi iniziali dalla diagnosi di glaucoma è
consigliare eseguire più campi visivi in un breve lasso di tempo, al fine di conoscere quale sia la velocità di
progressione del danno. Nelle fasi successive della malattia, e soprattutto in presenza di una relativa stabilità del
danno funzionale, si può ridurre la frequenza di esecuzione del campo visivo. In pratica, una frequenza di sei
mesi sarà sufficiente nella maggior parte dei casi, mentre i soggetti a rischio di peggioramento o con difetti
perimetrici prossimi al punto di fissazione andranno esaminati ogni 3-4 mesi. Nel caso in cui un esame risulti
nettamente differente rispetto ai precedenti o in disaccordo con il quadro clinico, è sempre opportuno ripetere il
test.
Per stabilire se le variazioni campimetriche osservate durante il follow-up siano o meno significative è possibile
basarsi sull'esperienza (metodo clinico) oppure far uso di appositi programmi statistici.
Il metodo clinico presenta il vantaggio essere flessibile e di facile attuazione , ma è soggettivo e richiede
notevoli conoscenze di perimetria per evitare di cadere in errori di interpretazione.
I programmi statistici hanno il vantaggio di non essere influenzati da variazioni solo apparentemente
significative, e trattano in modo matematico parametri che sono biologici e conseguentemente soggetti a
fluttuazioni fisiologiche. Ne consegue che non sempre una significatività statistica equivale ad una
significatività clinica e tale limitazione va sempre considerata nella valutazione clinica del paziente e sulle
eventuali decisioni terapeutiche
I programmi statistici più noti lo Statpac Humphrey, il PeriTrend Octopus e il Peridata.
Il programma Statpac Humphrey consente di raggruppare in una sola stampata fino a 16 esami senza perdere
informazioni sul singolo esame. Con la "change analysis" vengono messi in grafico i principali indici perimetrici
(MD, PSD, SF e CPSD) e, se si dispone di almeno 5 esami, viene fornita la significatività della variazione della
MD nel tempo, basata sull'analisi di regressione lineare.. Con il nuovo software Humphrey Glaucoma
Progression Analysis (GPA) possono essere analizzati anche esami eseguiti con strategia SITA. Questo
programma fornisce inoltre un giudizio statistico sulla possibile o probabile progressione di un difetto
perimetrico in base alla ripetibilità di un peggioramento che interessi la stessa area in due o più esami
consecutivi
Ultimamente è stato introdotto un nuovo indice chiamato Visual Field Index (VFI) che fornisce una percentuale
pesata del campo visivo e che tiene conto dell’eccentricità del danno perimetrico presente. Più il danno interessa
i punti prossimi alla fissazione e minore sarà la percentuale di campo visivo (VFI) funzionante. Anche questo
indice ha un andamento lineare nel tempo, cosi come l’MD, e pertanto può essere utilizzato per valutare la
velocita di progressione perimetrica nel tempo..
Con il programma Peridata, utilizzabile sia con perimetri Humphrey che Octopus, è possibile visualizzare e
stampare una serie di campi visivi in ordine cronologico, scegliendo fra vari tipi di rappresentazione, compresa
l’analisi di regressione lineare punto per punto.
Infine l’Eyesuit è un programma statistico di analisi in dotazione ai perimetri Octopus che permette, oltre ad
analisi delle variazioni del campo visivo nel tempo sostanzialmente analoghe a quelle dei programmi statistici
già trattati anche una valutazione nel tempo per “cluster”, ovvero per gruppi di punti adiacenti del campo visivo.
In conclusione qualunque metodo venga impiegato per valutare l’evoluzione di un difetto perimetrico, è
comunque indispensabile sottolineare che i risultati della perimetria devono essere confrontati con le altre
informazioni cliniche prima di prendere decisioni terapeutiche definitive.
LA SCELTA DELLA TERAPIA MEDICA OTTIMALE
Michele Figus
Secondo le linee guida EGS l’obiettivo della terapia del glaucoma deve essere quello di mantenere la funzione
visiva del paziente e la sua qualità di vita ad un costo sostenibile. Questo comporta quindi la scelta di una terapia
efficace nel ridurre la IOP, ma anche di valutare altri fattori che possono avere un impatto sulle attività
quotidiane del paziente. Nello schema terapeutico è pertanto necessario utilizzare molecole attive, dall'elevato
profilo di sicurezza e tollerabilità e con il minor regime di somministrazione. Oggi tra i vari farmaci le molecole
più efficaci sono gli analoghi prostaglandinici che consentono di ottenere un marcato calo tensionale nel tempo e
nelle 24 ore, con una sola somministrazione giornaliera e con minimi effetti collaterali. La possibilità di
impiegare formulazioni senza benzalconio cloruro migliora inoltre la tollerabilità minimizzando l’impatto della
terapia sulla qualità di vita del paziente. Qualora una sola molecola non sia sufficiente per raggiungere
l’obiettivo pressorio, è possibile passare a terapie in associazione fissa che consentono un numero minore di
somministrazioni, , una migliore tollerabilità grazie alla minore instillazione di conservanti, ed una migliore
compliance.
MECCANISMI NEUROPROTETTIVI ED EVIDENZE SCIENTIFICHE DI UNA
ASSOCIAZIONE DI OMOTAURINA-FORSKOLIN-CARNOSINA,
NEI PROCESSI NEURODEGENERATIVI.
Gianluca Scuderi - Università “Sapienza” – ROMA
Il glaucoma è una malattia neurodegenerativa multifattoriale, con progressiva perdita delle cellule ganglionari
retiniche. Il primo intervento è mirato ad abbassare la pressione intraoculare, il maggior fattore di rischio della
malattia, ma la constatazione che anche a bassi livelli di tono oculare la malatia glaucomatosa può progredire,
rende necessario un intervento neuroprotettivo mirato alla sopravvivenza delle RGCs.
Un trattamento neuroprotettivo può essere somministrato per via topica o per via sistemica.
La dimostrazione del coinvolgimento degli stessi fattori neurodegenerativi nel glaucoma e nelle malattie
neurodegenerative del sistema nervoso centrale, in primis la malattia di Alzheimer, sta orientando la ricerca a
cercare molecole sistemiche che possano contrastare i meccanismi neurotossici comuni a queste malattie.
Si parla di multifattorialità, in quanto sono state riscontrate diverse cause neurodegenerative che concorrono al
fenomeno dell’apoptosi, cioè la morte programmata delle cellule neuronali.
La strategia più razionale da seguire per un trattamento neuroprotettivo è quella di contrastare
contemporaneamente i pricipali meccanismi neurodegenerativi, al fine di poter rallentare la progressione della
malattia glaucomatosa.
A tal fine sono state studiate nuove molecole naturali, quali la Omotaurina (Tramiprosato), la Carnosina, il
Forskolin.
Queste sostanze, per uso orale, presentano proprietà neuroprotettive tra di loro sinergiche.
L’Omotaurina, una sostanza estratta dalle alghe marine, legandosi alla proteina amiloide solubile, ne impedisce
l’aggregazione e la formazione delle placche amiloidi riscontrate anche a livello delle cellule ganglionari
retiniche (RGCs) nel glaucoma primario ad angolo aperto.
La Carnosina, migliorando la respirazione mitocondriale, previene la formazione dei radicali liberi dell’ossigeno
e può contrastare significativamente lo stress ossidativo. Inoltre la Carnosina può prevenire l’innalzamento delle
concentrazioni di glutammato, riducendo il fenomeno della eccito-tossicità da glutammato.
Il Forskolin, attivando l’enzima adenilato-ciclasi, determina un aumento dei livelli intracellulari di AMPciclico,
con conseguente aumento della produzione delle neurotrofine, in particolare il BDNF (Brain Derived
Neurotrophic Factor), in quanto la deprivazione delle neurotrofine risulta essere una delle cause di apoptosi delle
RGCs.
Alcuni studi scientifici hanno dimostrato che l’associazione orale di Omotaurina, Carnosina, Forskolin, ha
determinato effetti neuroprotettivi superiori a quelli delle singole sostanze, per una sinergia dei loro meccanismi
d’azione che andrebbero a contrastare contemporaneamente più fattori neurodegenerativi.
CITICOLINA IN SOLUZIONE ORALE, EVIDENZE CLINICHE NEI PAZIENTI
GLAUCOMATOSI CON DANNO IN PROGRESSIONE
(Luca M. Rossetti, Università degli Studi di Milano, Ospedale S. Paolo)
Il Glaucoma è una “Neuropatia ottica progressiva caratterizzata da alterazioni morfologiche della testa del nervo
ottico e delle fibre nervose retiniche accompagnate da una progressiva perdita del campo visivo” (1). Per tale
ragione è necessario un approccio terapeutico multifattoriale che, accanto alla riduzione pressoria, introduca un
nuovo target terapeutico rappresentato dalla riduzione della velocità di progressione del danno.
Come dimostrato infatti dai dati provenienti dall’Early Manifest Glaucoma, nonostante il perfetto controllo
pressorio 1 paziente glaucomatoso su 2 presenta il danno in progressione (2).
Si ipotizza che altri meccanismi non pressione dipendente siano coinvolti nella progressione del glaucoma e che
sia indispensabile disporre di un approccio terapeutico neuroprotettivo grazie a molecole che esplichino la loro
azione direttamente a livello del nervo ottico con risultati clinici campimetrici.
Tra le varie molecole neuroprotettrici, la citicolina occupa un ruolo di rilievo grazie al suo caratteristico
meccanismo d’azione ed alle numerose evidenze cliniche ad oggi disponibili.
La citicolina è un precursore naturale della fosfatidilcolina, principale componente delle membrane neuronali e
mitocondriali. A livello cerebrale essa agisce sia come substrato per la formazione della fosfatidilcolina che
come inibitore della fosfolipasi A2, con un’azione diretta sul danno di membrana dei neuroni ancora vitali.
La citicolina esplica inoltre un’azione neuromodulatrice prevalentemente a carico del sistema dopaminergico,
offrendo dunque un razionale per il suo impiego non solo nella terapia del Morbo di Parkinson, ma anche del
glaucoma. La dopamina, infatti, è uno dei principali neurotrasmettitori coinvolti nella trasmissione del segnale
visivo sia a livello retinico che post-retinico (3).
Alcuni studi clinici hanno dimostrato gli effetti benefici della citicolina sia sul campo visivo, mediante
campimetria computerizzata, sia sull’intera via visiva, mediante elettroretinogramma da pattern (PERG) e
potenziali evocati visivi (PEV) (4-7).
Gli studi Virno e collaboratori, per primi ne hanno evidenziato un ruolo nella patologia glaucomatosa, mentre
quelli di Parisi ne hanno confermato l’utilità in pazienti glaucomatosi in terapia ipotonizzante con citicolina
somministrata sia per via intramuscolo che orale.
La citicolina è attualmente disponibile in via iniettiva, in soluzione orale, in granuli/bustine ed in collirio.
La relazione presenterà i risultati del primo studio multicentrico realizzato con la citicolina (Neukron Ofta,
citicolina in soluzione orale) in pazienti affetti da glaucoma con danno campimetrico in progressione. Lo studio,
pubblicato su Ophthalmologica nell’Aprile 2013 (8), è stato condotto presso la Clinica Oculistica
dell’Università di Genova, la Clinica Oculistica del Policlinico Tor Vergata di Roma, la Clinica Oculistica
dell’Ospedale San Paolo di Milano - struttura del relatore, che è stato anche il coordinatore dello studio.
La citicolina utilizzata in soluzione orale permette di raggiungere una biodisponibilità paragonabile a quella della
forma iniettiva (98%).
I pazienti arruolati erano glaucomatosi, trattati e ben controllati a livello pressorio (mmHg medio
all’inclusione:15,5), ma con una danno campimetrico di 9,2 MD e con una velocità di progressione di almeno -1
dB anno nei 3 anni precedenti l’inclusione nello studio.
Dall’inclusione, i pazienti assumevano 1 flaconcino/die di citicolina in soluzione orale per 2 anni a cicli di
trattamento di 4 mesi alternati da 2 mesi di wash-out.
La velocità di progressione del danno passava così da -1,1 dB/anno a -0,15 dB/anno, praticamente
stabilizzandosi.
Questo Studio, il primo multicentrico mai realizzato con la citicolina nel Glaucoma, dimostra che tale molecola,
somministrata in soluzione orale, è in grado di rallentare sino a fermare la velocità di progressione del danno
glaucomatoso.
Bibliografia:
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CITICOLINA IN COLLIRIO: NEUROPROTECTION O
NEUROENHANCEMENT?
(Vincenzo Parisi – fondazione per l’Oftalmologia G.B. Bietti di Roma)
1) INTRODUZIONE: NEUROFISIOLOGIA DEL GLAUCOMA
Studi recenti hanno suggerito che la malattia glaucomatosa possa essere definita come un processo
neurodegenerativo che coinvolge non esclusivamente le cellule retiniche, ma anche le altre strutture delle vie
ottiche (1).
Ciò è supportato dall’utilizzo di tecniche elettrofunzionali che valutano la funzione dei differenti strati
retinici attraverso la registrazione del segnale elettroretinografico evocato da stimoli flash (Flash ERG) o pattern
(Pattern ERG, PERG) e la funzione delle intere vie ottiche attraverso la registrazione delle risposte corticali
evocate attraverso stimoli pattern (Potenziali Evocati Visivi, PEV). La registrazione simultanea di PEV e PERG
permette di valutare un indice della conduzione nervosa postretinica definito come “Tempo Retinocorticale”
(RCT). Esami elettrofisiologici eseguiti su gatti, scimmie o uomini con ipertensione oculare o glaucoma hanno
evidenziato PERG e PEV alterati; alterazione del Flash ERG sono stati osservati in pazienti con glaucoma
avanzato ed un RCT ritardato è stato rilevato solamente nei pazienti glaucomatosi (1,2).
2) RAZIONALE PER L'IMPIEGO DELLA CITICOLINA IN OFTALMOLOGIA
La citicolina (citidin-5-difosfocolina) è un intermedio endogeno nella biosintesi dei fosfolipidi strutturali della
membrana cellulare e dell' acetilcolina cerebrale.
Il ruolo svolto dalla Citicolina nel sistema nervoso centrale (SNC) è particolarmente complesso:
• ha un ruolo strutturale nella composizione delle membrane cellulari (azione plastica).
• partecipa al trasporto di ioni, acetilcolina e catecolamine attraverso le membrane cellulari ed ai meccanismi di
generazione e propagazione dell'impulso nervoso (azione neurostimolante).
La citicolina è da tempo ampiamente utilizzata in campo neurologico per aumentare il livello di coscienza
in numerose sindromi cerebrali dovute a problemi vascolari, traumatici o degenerativi o quale complemento
della Levodopa nella terapia del morbo di Parkinson.
Il tentativo di favorire il recupero dei neuroni insultati da accidenti cerebrovascolari suggerisce un impiego
della citicolina come farmaco neuroprotettore anche nella patologia glaucomatosa.
3) IMPIEGO CLINICO NELLA NEUROTTICOPATIA GLACOMATOSA
A) TRATTAMENTO CON CITICOLINA INTRAMUSCOLO ED ORALE.
Studi sperimentali nell’uomo hanno evidenziato che dopo trattamento con citicolina intramuscolo o orale si
osservava un miglioramento del campo visivo nei pazienti glaucomatosi con stabilità perimetrica (3) ed
una stabilità della progressione nei pazienti glaucomatosi in cui era stato osservato un peggioramento del
deficit perimetrico nei due anni antecedenti al trattamento con citicolina per via orale (4). Tali
miglioramenti perimetrici erano ascrivibili ad un incremento della funzionalità delle cellule ganglionari
(miglioramento del PERG) ed ad un miglioramento della conduzione nervosa tra la retina e la corteccia
visiva (miglioramento dei PEV e del RCT) (5,6).
Il meccanismo di azione ipotizzabile per spiegare tale miglioramento della disfunzione visiva glaucomatosa
si basa di due considerazioni:
• L'utilizzo nel cervello della colina quale mezzo per la sintesi dei fosfolipidi potrebbe spiegare il ruolo
della molecola nel ripristinare l'integrità strutturale della membrana danneggiata da numerose patologie del
SNC (ischemia cerebrale, edema).
• La conversione della molecola in numerosi metaboliti, coinvolti in molti processi metabolici, potrebbe
giustificare un'attività farmacologica della sostanza non semplicemente correlata alla biosintesi
fosfolipidica (per esempio stimolazione del sistema dopaminergico).
B) TRATTAMENTO CON CITICOLINA IN COLLIRIO
Background. Sulla base di un modello animale in cui si rilevava la presenza nel vitreo di Citicolina
somministrata per via topica (OMK1, Omikron Italia ®) (7), lo scopo del nostro studio è stato quello
valutare la sicurezza e la possibile efficacia del trattamento con OMK1 nei pazienti glaucomatosi.
Materiali e Metodi. Sono stati arruolati 45 pazienti glaucomatosi (età media 45.6±4.3 anni), con Mean
Deviation (MD) <-12 dB). 25 pazienti sono stati trattati con OMK1 più terapia tonica ipotonizzante (1 gtt x
3 volte al giorno) per un periodo di 4 mesi seguiti da due mesi di OMK1 wash-out (Gruppo GC) e 20
pazienti sono stati trattati con sola terapia ipotonozzante (Gruppo GP). Sia nei pazienti del Gruppo GC che
in quelli del Gruppo GC sono state effettuate valutazioni della IOP, dei PERG, dei PEV e del campo visivo
in condizione basale e dopo 4 e 6 mesi di follow-up.
Risultati. Durante tutto il periodo di trattamento con OMK1, nessuno dei pazienti del gruppo GC ha
avvertito sensazione di corpo estraneo, occhio secco o bruciore dopo l’instillazione. Nessun paziente ha
notato iperemia dopo aver assunto OMK1. Non sono state osservate modifiche della IOP. Rispetto alla
condizione basale, nel Gruppo GC è stato osservato dopo 4 (fine del trattamento con OMK1) e 6 mesi
(dopo due mesi di wash-out di OMK1) un significativo (ANOVA p<0.05) incremento dell’ampiezza P50N95 del PERG e dell’ampiezza N75-P100 del PEV ed una significativa riduzione del tempo implicito P50
del PERG, del tempo implicito P100 del PEV e del RCT. Nel gruppo GP non sono state osservate
variazioni significative (p>0.05) dei parametri dei PERG e dei PEV. Mentre nel gruppo GP è stato
osservato un peggioramento della MD nel 79% dei pazienti, nel gruppo GC la MD è rimasta stabile nel
60% dei pazienti e peggiorata solo nel 40 % di questi.
4) CITICOLINA IN COLLIRIO: NEUROPROTECTION O NEUROENHANCEMENT?
I risultati ottenuti dopo somministrazione topica suggeriscono che la Citicolina in collirio è in grado di
potenziare la funzionalità delle cellule ganglionari (incremento del PERG) dei pazienti glaucomatosi. Tale
potenziamento determina un miglioramento della conduzione nervosa lungo le intere vie ottiche (riduzione
del tempo implicito dei PEV) ed in particolare di quelle post-retiniche (riduzione del RCT). Queste
condizioni neurofisiologiche determinano una stabilità del Campo Visivo. E’ pertanto ipotizzabile che il
trattamento con OMK1 induca un potenziamento della funzionalità del sistema nervoso visivo dei pazienti
gluacomatosi.
Al fine di poter identificare se tale effetto possiede anche carattere di neuroprotezione e cioè di
mantenimento nel tempo del danno morfo-funzionale di tipo glaucomatoso, saranno necessari studi con un
follow-up più lungo e con una casistica che includa pazienti glaucomatosi con difetto perimetrico
maggiore.
1.
2.
3.
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NUOVE
PROSPETTIVE
GLAUCOMA
NELLA
TERAPIA
MEDICA
DEL
Presidenti: T. Rolle – F. Simonelli
Coordinatori: B. Brogliatti – P. Brusini
NUOVE PROSTAGLANDINE - Alessandra Boles Carenini
Le Prostaglandine sono dei “mediatori” fisiologici dell’attività cellulare, chimicamente definiti come
eicosanoidi (catene di 20 atomi di carbonio), rilasciati da fosfolipidi di membrana. La loro funzione si esplica in
quasi tutti i distretti del corpo umano.
Processi infiammatori: le PG sono mediatori pro-infiammatori che partecipano a:
- Sensibilità termica e dolorifica: le PG aumentano ambedue.
- Attività cerebrale: le PG sembrano svolgere anche attività sul mantenitmento dell’umore
- Emostasi: le PG agiscono a livello dei trombociti (PLTS)
- Tratto gastroenterico: le PG regolano le attività della mucosa gastrica
- Tratto genito-urinario: le PG regolano sia la funzione urinaria (ed infatti furono originariamente
scoperti nella ghiandola prostatica) sia la funzione dell’apparato genitale
L’utilizzo in oftalmologia delle PG (o analoghi delle PG) è relativamente recente, se si pensa che la loro scoperta
risale agli anni ‘30 del secolo scorso.
A livello oculare, il loro meccanismo d’azione è essenzialmente quello di favorire il deflusso dell’u.a. attraverso
la via uveosclerale fino agli spazi sovraciliare e sovra coroideale.
Pertanto, le indicazioni all’uso di questa categoria di farmaci è nel glaucoma cronico semplice ad angolo aperto.
Posologia: monosomministrazione giornaliera, più opportuna nelle ore serali.
Picco di efficacia farmacologica: circa 12 ore dopo l’instillazione e durata per circa 24 ore.
Wash-out: circa 3-4 settimane
Da vent’anni, la comprovata EFFICACIA delle prostaglandine e relativi prostamidi, indubbiamente ha
determinato una vera e propria svolta nel decision-making terapeutico del POAG, testimoniato indirettamente
dal calo numerico degli interventi necessari a controllare la IOP.
L’azione delle PG può arrivare al 30-50% di diminuzione della IOP, facendo di queste sostanze farmaci di
prima scelta e comunque di prima linea, nella terapia del POAG. Esiste comunque una percentuale di pazienti
(circa il 10% della popolazione) che non sembra rispondere a questa famiglia di farmaci.
I benefici effetti della terapia con PG sono ottenibili con monosomministrazione, il che potrebbe far pensare ad
un miglioramento della compliance da parte del paziente, non più costretto a schemi terapeutici complessi,
necessari in passato con precedenti terapie.
In più, la letteratura testimonia degli scarsissimi effetti collaterali a carico dell’apparato respiratorio o della
PAOS di questi farmaci, in confronto ai numerosi effetti negativi della terapia betabloccante; in passato,
infatti,era spesso necessario ricorrere a para-chirurgia o chirurgia vera e propria, pur nell’efficacia della terapia, a
causa delle ricadute sullo stato fisico generale del paziente, che ne sconsigliava la continuazione
Ma accanto a questo quadro così positivo dell’uso delle PG, vi è innegabilemente una numerosa letteratura sugli
effetti collaterali LOCALI, che spesso, nonostante un risultato tonometrico ottimale, impongono la sospensione
della terapia
- EFFETTI COLLATERALI LOCALI
- Iperemia congiuntivale
- Bruciore
- Sensazione di CE
- Incremento della pigmentazione (palpebrale, congiuntivale e iridea) (irreversibili)
- Disctichiasi
-EMC post-chirugico
Questi effetti, dapprima sospettati essere di natura allergica, sono più evidentemente effetti di tipo
tossico, per i quali quindi la terapia antiallergica è inefficace e che, se imponenti, possono indurre alla
sospensione del trattamento. Molti di questi effetti collaterali sembrano essere da collegare alla presenza di
conservanti nella preparazione, particolarmente di Benzalconio Cloruro (BAK). Alcuni studi in vitro
dimostrano come la presenza di BAK nella preparazione delle PG determini una “contrazione” (shrinking) delle
cellule congiuntivali, dose-dipendente, assente in presenza di altri conservanti o in presenza del farmaco senza
conservanti.
Pertanto, la tendenza attuale della ricerca è quella di sostituire il conservante oppure eliminarlo
totalmente e quindi l’introduzione sul mercato di PG in MONODOSE.
Merita inoltre di essere ricordato qui un recentissimo studio (2013) che ha evidenziato come l’uso protratto di
analoghi-PG potrebbe determinare un aumento dello spessore corneale e, quindi, indirettamente un bias nella
misurazione della IOP. Questo quindi porterebbe a sottostimare la pressione intraoculare rilevata.
Da non sottovalutare poi la possibilità che gli analoghi delle PG possano riacutizzare pregressi episodi di uveite,
ad esempio post-erpetica, come già descritto in letteratura (2002) e, come recentemente descritto (2013) anche la
possibilità che l’instillazione di questi farmaci favorisca la riattivazione di infezioni da Citomegalovirus anche in
soggetti non immunodepressi.
- EFFETTI COLLATERALI GENERALI
Un ultimo accenno va fatto agli effetti collaterali GENERALI di questa categoria di farmaci. E’ infatti vero che
gli effetti riportati a livello generale sono scarsi ma la ricerca fino ad ora ha focalizzato il suo interesse nel
confronto fra PG e betabloccanti, considerati il gold-standard per questo tipo di fenomeno. Dunque l’attenzione
si è focalizzata sull’assenza di effetti determinati dalle PG sull’apparato respiratorio o sulla circolazione
generale, in particolare sulla PAOS e quindi, indirettamente, sulla Pressione di Perfusione oculare.
Tuttavia, le PG, in quanto mediatori ubiquitari, sembrano svolgere un ruolo importante in tutti i distretti che più
sopra abbiamo citato. Attualmente quindi (2014) la letteratura suggerisce di non trascurare possibili effetti
negativi che possano presentarsi al di fuori dei distretti “classici”.
La letteratura internazionale quindi pone attualmente l’accento sul ruolo che le PG possono avere su
numerose alterazioni in distretti diversi (apparato urogenitale, apparato gastroenterico e SNC)
Vero è che le dosi instillate sono minime (per il latanoprost 0.005%, ad esempio, è stata calcolata una dose
giornaliera è di circa 3 microgrammi) e che non dovrebbero esistere fenomeni di accumulo, tuttavia sarebbe
opportuno tener presente la possibilità che alcuni soggetti risentano sfavorevolmente di questo minimo apporto
aggiuntivo con l’uso protratto nel tempo.
La particolare sensibilità di questi pazienti potrebbe manifestarsi con un aumento dello stato infiammatorio
generale e con sintomi a carico di distretti anche insospettabili, quali la cute (orticaria) o l’apparato
urogenitale (cistiti, uretriti). Questi sintomi, una volta instauratisi, spesso impongono la sospensione, anche
improvvisa, del trattamento e quindi l’impossibilità di utilizzare gli analoghi delle PG in questi pazienti.
E’ quindi auspicabile che ulteriori studi su questa categoria di farmaci pongano attenzione anche a questi
possibili eventi e che lo Specialista Oculista non ne sottovaluti l’eventuale on-set.
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NUOVE ASSOCIAZIONI – Maurizio G. Uva, Marco Zagari, Erika Bonacci]
In generale, da quando un nuovo farmaco viene scoperto e/o ideato, a quando (e se) arriva a nostra disposizione,
possono passare anche 15 anni. In questi quindici anni le notizie che arrivano a noi oculisti ”clinici” sono
assolutamente limitate, in quanto coperte dal segreto industriale. In un momento storico, che dura però da
qualche anno, in cui tutti gli sforzi e le risorse delle Aziende Farmaceutiche Oftalmiche sembrano “retinaoriented” , mancano, da tempo, novità eclatanti nel campo della farmacoterapia del glaucoma.
Lo scopo di questo articolo è presentare quelle che sono le ultime associazioni farmacologiche ipotonizzanti
(arrivate o in procinto di arrivare) per il nostro “armamentario” anti-glaucomatoso. Le associazioni fisse
presentano indubbi vantaggi in termini di compliance, migliorando la qualità di vita del paziente glaucomatoso,
semplificandone i regimi terapeutici, riducendo l’esposizione ai conservanti, migliorando l’indice terapeutico dei
farmaci con l’aumento della biodisponibilità oculare del farmaco attivo e riduzione dell’effetto washout. Lo
spunto per la trattazione dell’argomento ci è stato dato da una lecture di Gary D. Novack al Subspecialty Day
dell’American Academy del 2007 a New Orleans (1), di cui abbiamo ripreso l’idea e la struttura, aggiornandola
ad oggi. Altre fonti di questa disamina sono i pochissimi articoli pubblicati sull’argomento di recente, qualche
abstract, presentato soprattutto a congressi internazionali come l’ ARVO, il sito Clinical Trials.gov, i comunicati
stampa e i siti web delle Aziende, e i cosiddetti “rumors”. Non possiamo non citare una fonte preziosa di notizie,
per gli “appassionati” di farmacologia oculare, che è il blog Farmacologiaoculare.com, realizzato da Fabio De
Gregorio e dall’immunologo Roberto Falchetti che, con parole degli stessi Autori, “nasce come un sito dedicato
alla raccolta di dati e approfondimenti sulla farmacologia applicata all’occhio e vuole rappresentare una risorsa
di facile consultazione per chi è alla ricerca di notizie su questo argomento”. Ovviamente non parleremo di
informazioni confidenziali o coperte da segreto industriale e/o accordi di segretezza.
Le novità sono diverse: iniziamo da una, che per motivi commerciali o di mercato rappresenta una “novità
mancata”, infatti non sta arrivando in Italia, mentre è già disponibile, da tempo, in altri paesi europei: è il
Cosopt® Preservative-Free (Merck Sharp & Dohme).
Nel settembre 2013 la giapponese Santen di Osaka ha annunciato di aver ricevuto dal Ministero della Salute
giapponese (Japanese Ministry of Health, Labor and Welfare) l’autorizzazione alla produzione e
commercializzazione del Tapcon®, associazione fissa di Tafluprost +Timololo.
Sembrava in dirittura d’arrivo la combinazione fissa Travoprost-brinzolamide (Alcon), infatti lo studio
americano è stato completato(2). Inoltre era partito uno studio europeo, che è stato però sospeso.
Sempre dalla Alcon dovrebbe arrivare una associazione fissa Brimonidina-Brinzolamide già denominata
Simbrinza®.(3,4) Lo studio di questa associazione fissa, registrato sul sito ClinicalTrials.gov è già stato
completato(5) e sullo stesso sito è registrato un altro studio sull’associazione estemporanea di Simbrinza® e di
Travoprost(6).
Una curiosità, scoperta sempre sul sito ClinicalTrials.gov(7), è lo studio clinico su una associazione fissa
Timololo-Brimonidina-Dorzolamide, che poi è stata commercializzata in America Centrale e America del Sud
dalla azienda messicana Laboratorios Sophia S. A de C.V. di Guadalajara, con il nome commerciale Krytantek
Ofteno®.
La Allergan ha registrato uno studio sulla combinazione fissa Bimatoprost-Brimonidina-Timololo ancora in
fase di arruolamento pazienti(8).
Molto interessanti sembrano le nuove associazioni fisse a base di Inibitori delle RHO-CHINASI (ROCK).
Esse appartengono ad una classe di enzimi inibitori delle reazioni di fosforilazione delle proteine del
citoscheletro trabecolare.
Avrebbero un ruolo importante nella modulazione della iperattività del segnale cellulare (mediato dalla via delle
protein-chinasi), che causerebbe il malfunzionamento del trabecolato. Agirebbero quindi ripristinando il deflusso
trabecolare.(9)
Inibitori delle RHO-Kinasi sono in studio e vengono utilizzati nella terapia dell’artrite reumatoide,
dell’ipertensione sistemica, del diabete e del cancro. Questo degli inibitori delle RHO-Chinasi sembrerebbe,
quindi, un capitolo importantissimo.
In effetti potrebbero, teoricamente, rappresentare una vera terapia eziologica del glaucoma. Infatti sono farmaci
che vanno ad agire proprio al livello del trabecolato andandolo a “ripulire” da ciò che dovrebbe averne bloccato
il funzionamento(9).
La Aerie Pharmaceuticals, Inc. (Bridgewater, NJ, USA) (10), ha in corso di sviluppo due nuove associazioni: la
prima è l’AR13324 a base di un inibitore delle RHO-Kinasi, con azione sul deflusso trabecolare, unito ad un
inibitore del trasporto di norepinefrina (NET) che ridurrebbe la produzione di umore acqueo. La seconda è il
PG324 ovvero una associazione fissa di AR13324+Latanoprost. Secondo la Aerie tale associazione
rappresenterebbe il “massimo dell’efficacia in una singola goccia”. Ricordiamo che l’Aerie è una azienda cofondata da David Epstein (che è stato il chairman della Eye Clinic della Duke University nonchè rettore della
stessa Duke University di Durham, nel North Carolina), nata da uno spin-out della Duke University nel 2005.
In conclusione, sebbene questa disamina delle associazioni fisse in arrivo sia da considerarsi probabilmente
incompleta, possiamo affermare che, in un futuro prossimo, dovrebbero poter arrivare diverse nuove armi per il
nostro “arsenale” farmacologico anti-glaucomatoso.
A causa dei forti interessi economici che gravitano intorno ad ogni nuova scoperta farmacologica e che, di
conseguenza, fanno della segretezza un obbligo da mantenere il più a lungo possibile, è verosimile che quanto
elencato rappresenti solo la punta visibile di un iceberg, o almeno questo è quello che dovremmo augurarci.
Lo sviluppo di un nuovo prodotto farmacologico è un impresa a lungo termine, estremamente costosa e rischiosa
dal punto di vista finanziario, soprattutto in un momento di crisi mondiale come quello che stiamo vivendo, e che
probabilmente costringe un po’ tutti a rivedere le priorità e le strategie, e purtroppo non sempre nell’interesse dei
malati.
BIBLIOGRAFIA
1) Novack GD: Update on New Pharmaceutical Products. Da: Glaucoma 2007: Achieving Balance.
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2) ClinicalTrials.gov: NCT00527501:IOP lowering efficacy of Travoprost/Brinzolamide Fixed
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5) ClinicalTrials.gov: NCT01297517: Efficacy and Safety Study of Brinzolamide 1%/Brimonidine
0.2% vs Brinzolamide 1% and Brimonidine 0.2%
6) ClinicalTrials.gov: NCT01937312: Effect of SimbrinzaTM As an added Therapy to a Prostaglandin
Analogue.
7) ClinicalTrials.gov: NCT01062971: Clinical Study of a Fixed Combination of TimololBrimonidine-Dorzolamide
8) ClinicalTrials.gov: NCT01217606: Safety and Efficacy of Triple Combination Therapy in Patients
with Open Angle Glaucoma or Ocular Hypertension.
9) Kaufman PL. Enhancing trabecular outflow by disrupting the actin cytoskeleton, increasing
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Exp Eye Res. 2008 Jan;86(1):3- 17. Epub 2007 Oct 26.
10) www.aeriepharma.com.
NUOVI ENDOCANNABINOIDI – Teresa Dorigo
Il glaucoma è una delle principali cause di cecità a livello mondiale. I farmaci oggi disponibili sono numerosi
ma è comunque avvertita l’esigenza di composti efficaci, privi di effetti collaterali sistemici e locali. I
cannabinoidi abbassano efficacemente la pressione oculare (IOP) negli animali , in volontari sani e in pazienti
con glaucoma ad angolo aperto e sono dotati di azione neuroprotettrice. Il meccanismo con il quale la
marijuana riduce la IOP non è stato ancora chiaramente capito. Studi di immunofluorescenza hanno dimostrato
che i cannabinoidi si legano a recettori specifici CB1, nel ratto , nei bovini, come nell’epitelio ciliare e nelle
cellule del trabecolato umano. Questa osservazione porta ad ipotizzare che questi possano essere impiegati nella
terapia del glaucoma perchè riducono la produzione di umore acqueo o ne favori scono il deflusso . Alcuni
composti hanno inoltre proprietà vasorilassanti capaci di influire positivamente sulla circolazione ematica .
Sappiamo che l'endoteline giocano un importante ruolo nella patogenesi del glaucoma. Si è osservato che il 2arachidonyl-glycerolo, un cannabinoide endogeno, è capace di antagonizzare l'azione dell'endotelina 1
impedendo la mobilizzazione del Ca++ e quindi la vasocostrizione.
Alcuni cannabinoidi endogeni e non sembrano dotati di molteplici azioni capaci di antagonizzare il danno
glaucomatoso. Ci auguriamo che la ricerca clinica sull'uomo confermi questi primi dati così favorefoli
NUOVE MOLECOLE: GLI INIBITORI DELLE RHO-KINASI (ROCK) - Gianluca Manni
Gli inibitori delle Rho-kinasi (Rock) sono sostanze in grado di agire sugli enzimi che inibiscono le reazioni di
fosforilazione delle proteine del cito-scheletro trabecolare. Hanno un ruolo importante nella modulazione
dell’iperattività del segnale cellulare (mediato dalla via delle protein-chinasi) che è una delle cause del
malfunzionamento del trabecolato. Inibitori delle ROCK sono in studio e/o già utilizzati nella terapia dell’artride
reumatoide, dell’ipertensione sistemica, del diabete e del cancro.
Questa nuova classe di composti terapeutici è in grado di aumentare il deflusso trabecolare agendo direttamente
sulla matrice extracellulare e agiscono modificando l’adesione della matrice alle cellule endoteliali, alterando la
contrattilità allargando le maglie trabecolari (aumentando così il deflusso u.a.)
Nella tabella è possibile osservare anche gli ambiti terapeutici sistemici degli inibitori ROCK
Di seguito viene presentato il primo lavoro clinico uscito su American Journal of Ophthalmology nel 2011 che
espone i risultati dell’AR-12286 in 3 diverse concentrazioni
E queste sono le curve della pressione intraoculare (IOP) in risposta alle 3 diverse concentrazioni
Successivamente sono usciti due lavori su JAMA nel 2013, il primo su volontari sani (Fase I) ed il secondo su
pazienti glaucomatosi o ipertesi sistemici (Fase II) del K-115 che è un altro composto della famiglia delle Rock
Ecco il comportamento della IOP nei volontari sani nelle diverse concentrazioni
I risultati della singola instillazione due volte al giorno alle concentrazioni di 0,2%, 0,4% e 0,8% sembrerebbero
confermare l’efficacia di queste sostanze nell’abbassare la IOP.
In quest’altro lavoro, multicentrico, prospettico e randomizzato, vengono invece analizzati i risultati
dell’instillazione della stessa sostanza, in diverse concentrazioni, due volte al giorno per 8 settimane, in soggetti
con glaucoma o ipertensione oculare.
Di seguito c’è la flow chart dello studio ed il comportamento della IOP:
Come si evince dai risultati la concentrazione allo 0,4% sembra fornire la migliore risposta sulla IOP (in termini
d’efficacia e di stabilità)
La pubblicazione di questi ed altri lavori conferma il crescente interesse verso queste sostanze confermato anche
dal grosso fermento presente in ambito di diverse aziende proprietarie dei brevetti. Altri studi sono infatti in
corso che, se confermeranno questi primi risultati, forniranno agli oculisti per la prima volta dai tempi della
pilocarpina, un farmaco capace di agire direttamente sulla principale via di deflusso dell’umore acqueo e cioè la
via trabecolare.
NUOVI NEUROPROTETTORI - Luca Rossetti
La neurotticopatia glaucomatosa viene trattata efficacemente con la riduzione della pressione oculare. Purtroppo
la terapia ipotonizzante può non essere sufficiente in una buona quota di malati che continuano a peggiorare
nonostante il buon compenso tonometrico. Ci sono ad oggi diverse sostanze che hanno dimostrato un effetto
protettore sulle cellule ganglionari nell’ambito di studi sperimentali su modelli animali di glaucoma anche se i
dati sui pazienti sono ancora scarsi. Tali sostanze possono avere un effetto di tipo neuroprotettore, oppure
neuromodulatore oppure “neuroenhancer”. L’obiettivo comunque è quello di ottenere un significativo effetto
complementare a quello ipotonizzante.
A.I.S.G.
ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LO STUDIO DEL GLAUCOMA
Clinica Oculistica dell’Università di Torino
Via Juvarra 19 – 10122 TORINO
Tel. 011/5666.073 – Fax 011/53.90.24
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