Fascicolo 2 - Anno 2012
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Fascicolo 2 - Anno 2012
S ommario 3 Commentary I punti di forza del nostro Giornale di Claudio Romano 4 Topic High Light Intervista a Glenn Furuta Il ruolo degli eosinofili nella patologia gastrointestinale di Mariella Baldassarre 7 Continuing Medical Education Activities Approccio al dolore addominale funzionale nel bambino di H.F. Visser-Trip, M.A. Benninga 12 Pediatric Hepatology Outside Box La colelitiasi in età pediatrica. Il punto di vista del clinico di Diego Falchetti, Giovanni Boroni 16 Pediatric Nutrition Outside Box Gestione domiciliare del bambino in nutrizione enterale di Antonella Diamanti, Fabio Panetta 20 Training and Educational Corner Lo svuotamento gastrico radioisotopico: un possibile nuovo orizzonte per una metodica diagnostica stagionata? di Lorenzo Biassoni 26 IBD HIGHLIGHTS La mesalazina: cosa c'è di nuovo. il punto di vista del pediatra e del gastroenterologo dell'adulto di Graziella Guariso, Marco Gasparetto e Walter Fries 31 News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology L’acido docosaesaenoico (DHA) di Carlo Agostoni S 35 OMMARIO GASTROPED QUIZ Sintomi intestinali e manifestazioni cutanee: una diagnosi sofferta di Fortunata Civitelli, Giovanni Ragusa 36 RECENT ADVANCE IN BASIC SCIENCE La steatosi epatica non-alcolica: il DHA ed il meccanismo molecolare di Anna Alisi e Valerio Nobili 39 ENDOSCOPY LEARNING LIBRARY L’ecoendoscopia in età pediatrica di Barbara Bizzarri, Alessia Ghiselli, Gian Luigi de’ Angelis 41 PEDGI SNAPSHOTS Il bambino con rettorragia di Maria Teresa Illiceto, Giuliano Lombardi CONSIGLIO DIRETTIVO SIGENP Presidente Annamaria Staiano Vice-Presidente Valerio Nobili Segretario Sandra Brusa Tesoriere Flavia Indrio Consiglieri Giovanni Di Nardo, Daniela Knafelz, Tiziana Guadagnini, Silvia Salvatore COME SI DIVENTA SOCI DELLA Con il contributo di © 2012 Area Qualità S.r.l. D IR E T TORE RES PONS ABILE Giovanna Clerici [email protected] RESPONS ABILE COMMIS S IONE EDITORIA L’iscrizione alla SIGENP come socio è riservata a coloro che, essendo iscritti alla Società Italiana di Pediatria, dimostrano interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. I candidati alla posizione di soci SIGENP devono compilare una apposita scheda con acclusa firma di 2 soci presentatori. I candidati devono anche accludere un curriculum vitae che dimostri interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. In seguito ad accettazione della presente domanda da parte del Consiglio Direttivo SIGENP, si riceverà conferma di ammissione ed indicazioni per regolarizzare il pagamento della quota associativa SIGENP. Soci ordinari e aderenti - Dall'anno 2012 i Soci potranno scegliere tra le seguenti opzioni: - dal 2012 solo quota associativa annuale SIGENP - senza abbonamento DLD (anno solare) € 35. - dal 2012 quota associativa annuale SIGENP + abbonamento DLD (anno solare) € 85. Specializzandi: invariata quota sociale dal 2012 - iscrizione SIGENP (anno solare) € 30 previa presentazione di certificato di iscrizione alla scuola di specialità. Per chi è interessato la scheda di iscrizione è disponibile sul portale SIGENP www.sigenp.org Per eventuale corrispondenza o per l’iscrizione alla SIGENP contattare la Segreteria SIGENP: Area Qualità S.r.l. - Via Comelico, 3 - 20135 Milano Tel./Fax 02 55 12 322 - e-mail: [email protected] EDI TOR E Area Qualità S.r.l. Azienda certificata da I.M.Q. in conformità alla norma ISO 9001:2008 con certificato CSQ n° 9175. AREQ www.areaqualita.com Valerio Nobili [email protected] D IR E T TORE EDITORIALE Claudio Romano [email protected] C APO REDAT TORE Ruggiero Francavilla [email protected] ASS IS TENTI DI REDA ZIONE Andrea Chiaro [email protected] Donatella Comito donatella.comito@hotmail CO MITATO DI REDA ZIONE Salvatore Accomando [email protected] Mariella Baldassarre [email protected] Barbara Bizzarri [email protected] Osvaldo Borrelli [email protected] Angelo Campanozzi [email protected] Fortunata Civitelli [email protected] Monica Paci [email protected] Filippo Torroni [email protected] CO ORDINAMENTO REDA ZIONALE Fiorenza Lombardi Borgia IM PAGINA ZIONE Elena Ribolini Redazione e Amministrazione Area Qualità S.r.l. Via Comelico, 3 - 20135 Milano Tel./Fax 025512322 e-mail: [email protected] Stampa Grafiche Milani S.p.A. Via Marconi 17 - 20090 Milano Questa rivista è stampata su carta proveniente da fonti gestite in maniera responsabile. Inoltre, con l'utilizzo di inchiostri vegetali senza uso di alcol isopropilico. Gestione operativa spedizioni postali Staff srl - 20090 Buccinasco MI Periodico trimestrale registrato presso il Tribunale di Milano al n. 208 del 29/04/09 Poste Italiane Spa - Sped in A.P.D.L. 353/03 (conv. in L. 27.02.04, n° 46) art. 1, c. 1 LO/MI Volume IV - N°2/2012 - Trimestrale Area Qualità S.r.l. - Via Comelico 3 - 20135 MI La pubblicazione o ristampa degli articoli della rivista deve essere autorizzata per iscritto dall’Editore. Questa rivista è spedita in abbonamento: l’indirizzo in nostro possesso verrà utilizzato per l’invio di questa e altre pubblicazioni. Ai sensi della legge n. 196/03 è nel diritto del ricevente richiedere la cessazione dell’invio e/o l’aggiornamento dei dati in nostro possesso. C ommentary I punti di forza del nostro Giornale Nella fase di revisione di questo fascicolo del Giornale ho constatato l'alto profilo dei contributi pervenuti dagli autori ai quali abbiamo commissionato gli articoli. è sempre più consistente il contributo offerto da esperti internazionali (Furuta e Benninga in questo numero) su tematiche di estrema attualità in gastroenterologia pediatrica. Questo aspetto si correla in maniera ottimale con la nuova linea editoriale e con lo sforzo, che dovrà essere prodotto e realizzato nei prossimi anni, di rendere questo strumento di aggiornamento, una rivista scientifica trasversale e con un ampio margine di diffusione che superi i confini nazionali. Claudio Romano Direttore Editoriale Giornale SIGENP Le sindromi da ipereosinofilia, con il target principale costituito dall’apparato gastrointestinale, sono stati approfonditi dal prof. Furuta, uno dei maggiori esperti a livello mondiale, con grande attenzione alle implicazioni sul piano clinico e terapeutico. Molto interessanti i topics che riguardano la nutrizione con una guida pratica sulla gestione dell’enterale da parte del gruppo di Antonella Diamanti che vanta una consolidata esperienza sul campo e quelli trasversali di Carlo Agostoni sul ruolo dell’acido docosaesaenoico (DHA) e di Valerio Nobili relativo ai moderni aspetti molecolari nella steatosi epatica. Non poteva mancare l’approfondimento nell’ambito di condizioni cliniche da “overlap”, come la colelitiasi, e nei quali la scelta tra un approccio medico o chirurgico non è sempre chiara e ben definita. Abbiamo voluto dare uno spazio ampio ad una condizione con cui spesso il pediatra si misura nella pratica clinica, quale il dolore addominale funzionale. Mark Benninga offre degli spunti estremamente interessanti ed attuali con l’obiettivo principale di cercare di modificarne l’approccio, limitando la cultura della medicalizzazione “spinta” che comporta alti costi diretti (indagini strumentali) ed indiretti (perdita di giorni scuola per il bambino e lavorativi da parte dei genitori). Lo spazio dedicato alla diagnostica strumentale consente di ridiscutere l’eventuale ruolo di una metodica per molti aspetti dimenticata (lo studio scintigrafico dello svuotamento gastrico) e di conoscere l’applicabilità di una nuova tecnica, quale l’ecoendoscopia, in molte condizioni cliniche anche nel bambino. Non mancano i casi clinici, semplici, ma per molti versi intriganti, il “faccia a faccia” con il gastroenterologo dell’adulto nella rubrica sulle IBD, ed infine la flowchart diagnostico-terapeutica dedicata ad una situazione clinica, quale la rettorragia, che spesso ed in maniera diversa nelle varie fasce di età, può essere espressione di importanti patologie di natura organica. Quanti spunti per il Comitato Editoriale che a breve dovrà programmare l'annata 2013! Claudio Romano 3 t igh N L igh GHA di H P a E pic NAS a curSARR o T NS DA A AL B H LA PG EL ES ARI M I ntervista a G lenn F uruta Il ruolo degli eosinofili nella patologia gastrointestinale MARIELLA BALDASSARRE - U.O. di Neonatologia e T.I.N. del Policlinico Universitario di Bari Glenn Furuta è sicuramente tra i maggiori esperti al mondo sulla patologia gastrointestinale da granulociti eosinofili. Autore di una recentissima review pubblicata sul JPGN, svolge un’intensa e continua attività di ricerca nelle strutture nelle quali lavora. Come tutte le persone di prestigio associa ad una sorprendente affabilità un “sense of humor” di tipo anglosassone. Fare la sua conoscenza è un piacere per l’intelletto. Qual è il ruolo degli eosinofili nelle malattie intestinali? Gli eosinofili sono le cellule granulocitiche infiammatorie che si ritrovano con più frequenza nei tessuti di pazienti con malattie gastrointestinali eosinofile (1) ma il loro ruolo nelle malattie intestinali non può essere al momento considerato certo e probabilmente dipende dal tipo di patologia a cui sono associati. In relazione al tratto di intestino in cui potrebbe essere evidenziata un’aumentata densità degli eosinofili (esofago, stomaco, piccolo intestino o colon) è possibile ipotizzare che queste cellule partecipino alla patogenesi dei disturbi della motilità esofagea, dell’ulcerazione intestinale, della diarrea o del dolore, ma in realtà l'esatto meccanismo alla base di questi disturbi è tutt’ora incerto. Anche in altre malattie, come le malattie infiammatorie croniche intestinali, gli eosinofili, pur non essendo le cellule predominanti, sono tuttavia presenti in maggior numero (2) ed il loro ruolo continua ad essere studiato. Quando ci si interroga sulle funzioni degli eosinofili nel tratto gastrointestinale, è importante ricordare che queste cellule sono in grado di sintetizzare e rilasciare una serie di mediatori infiammatori tra cui proteine granulari, citochine e prodotti lipidici (3). Singolarmente o in maniera sinergica tra loro, questi prodotti possono partecipare alla contrazione muscolare, ai processi di alterazione e riarrangiamento dell’epitelio e di fibrosi, eventi che rivestono un ruolo assai significativo nelle malattie intestinali. Allo stesso tempo però gli eosinofili contengono e rilasciano proteine utili all’organismo ospite tra cui le defensine: essi hanno inoltre la capacità di sintetizzare “trappole” extracellulari svolgendo un ruolo importante nella lisi batterica (4). Da tutto ciò si evince che questo granulocita dal nucleo bilobato può svolgere funzioni distinte a seconda del microambiente da cui è reclutato o dove infine risiede. La loro presenza è una protezione o piuttosto un indice di malattia? Ad eccezione dell'esofago gli eosinofili sono presenti in tutti i segmenti dell’apparato gastrointestinale sano (5). Questa osservazione suggerisce che nella maggior parte del tratto GI, essi rivestono un ruolo benefico ma quando si trovano in numero aumentato possono contribuire alla malattia. è pertanto evidente che nell'esofago è anormale la presenza di qualsiasi eosinofilo mentre i numeri ed i modelli che definiscono una patologia eosinofila nel restante tratto gastrointestinale sono incerti. Poiché le biopsie mucosali riescono di solito a prelevare solo una quantità limitata di mucosa, la maggior parte delle descrizioni dei quadri patologici si riferisce al numero di eosinofili nella lamina propria. Fondamentale per la ricerca in corso e ugualmente importante per la cura cliniGlenn Furuta ca, sarà l’analisi non solo del numero degli 4 Glenn Furuta, MD, è Professore di Pediatria presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Denver (Colorado) dal 2007. Riveste un ruolo accademico anche nell’Istituto per la Salute del tratto Gastrointestinale-Sezione di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica al “Colorado Children’s Hospital” e nel Dipartimento di Pediatria dell’Istituto Nazionale Ebraico di Sanità. è direttore del Programma per le Malattie Gastrointestinali Eosinofile (GEDP), un programma multidisciplinare dedicato alla presa in carico dei bambini con malattie gastrointestinali eosinofile (EGIDs), compresa l’Esofagite Eosinofila. Il Prof. Furuta si è laureato presso il “Baylor College of Medicine” (BCOM) a Houston (Texas), nel 1986. Si è specializzato presso la Sezione di Gastroenterologia Pediatrica nella Facoltà di Medicina ad Harvard (HMS)-(Boston, Massachusets, USA) dal 1990 al 1993 ed ha lavorato dal 1993 al 2007 presso il “Children’s Hospital” di Boston e il Massachusetts General Hospital presso la HMS. Gli studi compiuti dal Prof. Furuta e dai suoi collaboratori sono volti a capire quali siano i meccanismi attraverso cui gli eosinofili determinano la patologia del tratto gastrointestinale. è autore di oltre 100 pubblicazioni, di numerosi capitoli di libri e rewiews, ed è l’editore di due libri riguardanti le EGIDs e l’Esofagite Eosinofila. è membro della Società Nordamericana di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica (NASPGHAN), dell’American Gastroenterological Association, della Fondazione Americana per la Malattia di Crohn e della Società Internazionale per l’Eosinofilia. eosinofili presenti nei tessuti, ma anche dei modelli di eosinofilia (cluster/ascessi, degranulazione), della localizzazione (intraepiteliale, intraluminale, muscolare-quando il tessuto è disponibile), e delle caratteristiche infiammatorie associate (esofago: iperplasia della zona basale, fibrosi; intestino: iperplasia delle cripte, presenza di altre cellule leucocitarie, fibrosi ecc) (6). La definizione di queste e di altre caratteristiche consentirà di comprendere la rilevanza biologica degli eosinofili rispetto ai sintomi ed alla funzionalità gastrointestinale. Quali sono le conseguenze a lungo termine della infiltrazione eosinofila della mucosa gastrointestinale? Il ciclo vitale a livello intestinale degli eosinofili è sconosciuto ed è attualmente un affascinante campo speculativo. Attualmente, non sappiamo quanto a lungo gli eosinofili rimangano nei tessuti e come misurare la loro significatività biologica nel tempo. Se gli eosinofili sono presenti in tessuti epiteliali e sottoepiteliali che hanno caratteristiche di infiammazione cronica, come la fibrosi nell’esofagite eosinofila, possiamo considerare che partecipino a questo processo di rimodellamento. Alcuni dati (nostri e di altri autori) attribuiscono agli eosinofili un ruolo nella fibrosi e nella trasformazione epitelio-mesenchimale ma sono necessari ulteriori studi per la profonda comprensione di questi processi (7). Che cosa possiamo fare come misura preventiva? Non sono attualmente note misure preventive per le malattie intestinali associate a eosinofilia. Per quanto riguarda l’Esofagite Eosinofila, una malattia cronica che è frequentemente associata ad allergie alimentari, la restrizione di alcuni allergeni alimentari è un trattamento efficace, ma le misure preventive per ridurre le recidive non sono note (8,9). Quali sono le nuove terapie? Trattamenti efficaci per l’Esofagite Eosinofila includono restrizioni dietetiche e steroidi topici. Farmaci biologici, come l’anti-IL-5, rappresentano una nuova terapia, utilizzata finora in 3 studi clinici (10,11). Questi studi hanno mostrato benefici nel 5 Topic High Light ESPGHAN - NASPGHAN Key Points u•Gli eosinofili sono le cellule gran ritrosi che orie mat infiam locitiche ti vano con più frequenza nei tessu edi pazienti con malattie gastroint estinali eosinofile e possono svolg re funzioni distinte a seconda del no microambiente in cui si trova i front con nei o ann (protezione/d dell’ospite) i •Il loro ruolo nelle malattie intestinal con ento mom al re esse non può siderato certo: fondamentale per la ricerca in corso e per la cura clinica sarà l’analisi non solo del nei numero degli eosinofili presenti di elli mod dei he anc ma ti, tessu e eosinofilia, della localizzazione ie delle caratteristiche infiammator associate •Non sono attualmente note misu re preventive per le malattie intese stinali associate a eosinofilia, ofila eosin e fagit non per l’eso giL’anti-IL-5 è un farmaco biolo • co che sembra promettente nelle malattie gastrointestinali eosinofile 6 ridurre l’eosinofilia esofagea. Sfide per il futuro sono rappresentate dalla determinazione dell’impatto della malattia e dei trattamenti sulla qualità della vita, l'identificazione degli end-point terapeutici e la scoperta di nuovi bersagli terapeutici. BIBLIOGRAFIA 1. Masterson JC, Furuta GT, Lee JJ. Update on clinical and immunological features of eosinophilic gastrointestinal diseases. Current opinion in gastroenterology 2011;27:515-22. 2. Woodruff SA, Masterson JC, Fillon S, Robinson ZD, Furuta GT. Role of eosinophils in inflammatory bowel and gastrointestinal diseases. Journal of pediatric gastroenterology and nutrition 2011;52:650-61. 3. Blanchard C, Rothenberg ME. Biology of the eosinophil. Adv Immunol 2009;101:81-121. 4. Yousefi S, Gold JA, Andina N, Lee JJ, Kelly AM, Kozlowski E, Schmid I, Straumann A, Reichenbach J, Gleich GJ, Simon HU. Catapult-like release of mitochondrial DNA by eosinophils contributes to antibacterial defense. Nat Med 2008;14:949-53. 5. Collins MH. Histopathology associated with eosinophilic gastrointestinal diseases. Immunol Allergy Clin North Am 2009;29:109-17, x-xi. 6. Odze RD. Pathology of eosinophilic esophagitis: what the clinician needs to know. Am J Gastroenterol 2009;104:485-90. 7. Kagalwalla AF, Akhtar N, Woodruff SA, Rea BA, Masterson JC, Mukkada V, Parashette KR, Du J, Fillon S, Protheroe CA, Lee JJ, Amsden K, Melin-Aldana H, Capocelli KE, Furuta GT, Ackerman SJ. Eosinophilic esophagitis: Epithelial mesenchymal transition contributes to esophageal remodeling and reverses with treatment. The Journal of allergy and clinical immunology 2012. 8. Furuta GT, Liacouras CA, Collins MH, Gupta SK, Justinich C, Putnam PE, Bonis P, Hassall E, Straumann A, Rothenberg ME. Eosinophilic esophagitis in children and adults: a systematic review and consensus recommendations for diagnosis and treatment. Gastroenterology 2007;133:1342-63. 9. Liacouras CA, Furuta GT, Hirano I, Atkins D, Attwood SE, Bonis PA, Burks AW, Chehade M, Collins MH, Dellon ES, Dohil R, Falk GW, Gonsalves N, Gupta SK, 10.Assa'ad AH, Gupta SK, Collins MH, Thomson M, Heath AT, Smith DA, Perschy TL, Jurgensen CH, Ortega HG, Aceves SS. An antibody against IL-5 reduces numbers of esophageal intraepithelial eosinophils in children with eosinophilic esophagitis. Gastroenterology 2011;141:1593-604. 11.Spergel JM, Rothenberg ME, Collins MH, Furuta GT, Markowitz JE, Fuchs G, 3rd, O'Gorman MA, Abonia JP, Young J, Henkel T, Wilkins HJ, Liacouras CA. Reslizumab in children and adolescents with eosinophilic esophagitis: results of a double-blind, randomized, placebo-controlled trial. The Journal of allergy and Clinical Immunology 2012;129:456-63, 463 e1-3. l ica s d e ie g M tivit di n i c u r a LL I A n u E a cORR nti ion B Co ucat O LD VA Ed OS Recurrent abdominal pain (RAP) is a common complain in pediatric age with prevalence up to 19%. Although many organic conditions may cause RAP, in the vast majority of these children the pain is functional and classified according to Rome III criteria into five different abdominal pain-related functional gastrointestinal disorders (FGIDs). Because of the high spontaneous resolution of the pain, a stepwise approach is reasonable with the first step being education, identification, and modification of stress factors and dietary interventions if necessary. When symptoms persist or reoccur, the next step could be a trial of one of the psychological treatments preserving pharmacological interventions for those patients who fail the abovementioned therapies or are unwilling to consider it. There is no doubt that additional research is needed. Approccio al dolore addominale funzionale nel bambino H.F. Visser-Trip, M.A. Benninga Emma Children’s Hospital, Academic Medical Center di Amsterdam (Netherlands) INTRODUZIONE I dolori addominali rappresentano un problema comune in età pediatrica, con una prevalenza tra l’1% e il 19%, ed interessano dal 2 al 4% delle visite pediatriche ambulatoriali (1). Il disturbo risulta caratterizzato da un dolore addominale cronico, ricorrente o continuo non ben localizzato, che può aumentare e diminuire con periodi asintomatici intervallati da periodi di dolore, e può compromettere profondamente le attività quotidiane del bambino con un significativo impatto sull’attività scolastica e sulla qualità di vita. Sebbene molte condizioni patologiche come malattie infettive, metaboliche o anatomiche possono causare dolori addominali ricorrenti (DAR), nella maggior parte dei casi l’origine di essi è funzionale, cioè senza evidenza di un disordine sottostante. I criteri di “Roma III” sui disordini funzionali gastrointestinali (DFGI) classificano il DAR in 5 sottotipi (2): • dispepsia funzionale (FD) • sindrome del colon irritabile (IBS) • emicrania addominale • dolore addominale funzionale (FAP) • sindrome da dolore addominale funzionale I DFGI sono definiti come una combinazione variabile di sintomi gastrointestinali cronici e ricorrenti non spiegati da anomalie strutturali o biochimiche. L’eziologia e la patogenesi dei DFGI è ancora largamente sconosciuta ma numerosi studi suggeriscono che il dolore possa essere il risultato di un disturbo nella comunicazione tra cervello e intestino, coinvolgendo l’ipersensibilità viscerale, l’ipervigilanza sensoriale gastrointestinale e la dismotilità gastrointestinale. Esistono pochi studi che valutano l’efficacia della terapia farmacologica e comportamentale del DFGI nel bambino. Inoltre, vi è carenza di studi placebo-controllati con un adeguato campionamento e una adeguata durata degli interventi terapeutici, così come la risposta al placebo oscilla tra il 20% e il 50%. L’attuale approccio di molti pediatri nel trattare bambini con DFGI è rappresentato dal sostegno ed empatia per la famiglia, e dalla rassicurazione sull’assenza di patologia organica e dalla rassicurazione sulla risoluzione nel tempo del problema. Fino al 70% dei bambini ha una risoluzione dei loro disturbi. Se necessari, specifici trattamenti includono l’educazione, l’identificazione e la modificazione dei fattori di stress psicologici, interventi dietetici, terapie farmacologiche e terapie psicologiche (3). EDUCAZIONE Un’importante ruolo nel trattamento del bambino con FAP cronico è rappresentato dall’educazione della famiglia e del paziente. é necessario enfatizzare il fatto che il dolore sia reale anche in assenza di una patologia sottostante. Comparare il dolore addominale con la cefalea può aiutare ai genitori a capire che il bambino può avere 7 Continuing Medical Education Activities esperienza del dolore in assenza di anomalie organiche. Il pediatra curante deve spiegare la natura e la fisiopatologia del dolore ai genitori e ai bambini e rassicurarli attraverso la rivalutazione dei dati disponibili come la normalità dell’esame obiettivo, la normale crescita e la normalità degli esami di screening. Il trattamento deve focalizzarsi di meno sull’attenuazione del dolore e di più sul ritorno alle normali attività quotidiane, e la risposta dei genitori al disturbo del bambino è fondamentale nel ripristino del normale stile di vita. L’eccessivo coinvolgimento e il rinforzo da parte dei genitori è associato ad un modo inefficace del bambino di affrontare il dolore. D’altra parte però, anche l’attenzione negativa al dolore in un bambino con bassa autostima è associata ad un incremento del dolore, probabilmente mediante la creazione di un sofferenza affettiva che a sua volta contribuisce ai sintomi somatici. Quindi, l’attitudine dei genitori verso il dolore dovrebbe essere bilanciata, mostrando supporto e comprensione, ma stando attenti al fatto che l’eccessiva attenzione e la non regolare frequentazione scolastica potrebbe determinare un ulteriore incremento della sintomatologia. IDENTIFICAZIONE E MODIFICAZIONE DEI FATTORI DI STRESS L’identificazione di possibili fattori di stress fisici e psicologici, che giocano un ruolo nell’origine, esacerbazione o mantenimento del dolore, sono un aspetto fondamentale nell’approccio terapeutico. Il riconoscimento di possibili fattori fisici di stress (per esempio distensione gastrica postprandiale) può supportare interventi farmacologici utili nell’alleviare il dolore. Eventi stressanti psicologici di vita quotidiana (per esempio la morte di un membro della famiglia, problemi scolastici) possono esacerbare i sintomi dolorosi. è importante porre attenzione a questi fattori in quanto l’accettazione da parte dei genitori di fattori psicologici nell’eziologia del DFGI è fondamentale per la risoluzione del disturbo. INTERVENTI DIETETICI I genitori dei bambini con DFGI frequentemente considerano un’intolleranza alimentare la causa della sintomatologia, riportando per esempio un peggioramento del dolore nel periodo postprandiale. Ciò, comunque, non risulta essere inusuale in quanto dopo l’assunzione di cibo vi è una caratteristica attivazione della motilità intestinale. Dunque è fondamentale che sia i genitori che gli stessi pazienti acquisiscano il concetto che l’assunzione del cibo, indipendentemente dal tipo di alimento, possa determinare un peggioramento clinico. Inoltre bisogna essere consapevoli che restrizione dietetiche in bambini senza una diagnosi definitiva possono avere effetti negativi sulla crescita e sullo sviluppo. Fibre La più comune forma di consiglio dietetico offerta ai pazienti con DAR è stata l’incremento quotidiano di fibre. Una dieta ricca di fibre può essere molto utile in quel sottogruppo di pazienti con stipsi, dove le fibre riducono il tempo di transito intestinale. Due studi randomizzati controllati hanno valutato l’effetto della supplementazione di fibre nella dieta di bambini con DAR. L’analisi dei risultati di entrambi gli studi non supporta l’utilizzo delle fibre. Esclusione del lattosio Due studi hanno valutato l’effetto di un trial di esclusione del lattosio in bambini con dolore addominale cronico. Durante il trial dietetico, non vi era differenza tra i bambini che riferivano sollievo, sia che essi fossero tolleranti al lattosio sia che fossero intolleranti, sia che ricevessero lattosio che latte delattosato. Quindi sembra non esserci associazione nel bambino tra DAR e intolleranza al lattosio e sembra improbabile che una dieta delattosata migliori i sintomi di DAR. 8 Approccio al dolore addominale funzionale nel bambino Allergie alimentari Molti genitori sono convinti che l’allergia alimentare giochi un ruolo importante nella genesi dei sintomi del loro bambino, decidendo essi stessi di iniziare uno stretto regime dietetico senza alcuna consultazione specialistica. Il ruolo delle allergie alimentari e in particolare dell’allergia alle proteine del latte nei DAR, così come la migliore modalità di diagnosi delle allergie sono tuttora un argomento controverso, ma le reazioni avverse al cibo sembrano rappresentare il fattore causale in meno del 5% dei casi (4). Probiotici Nei bambini con dolore addominale funzionali sono stati eseguiti tre studi randomizzati placebo-controllati con il Lactobacillus GG (LGG) (5). Nel primo studio non sono stati riscontrate differenze nei sintomi gastrointestinali ad eccezione di una riduzione della percezione di distensione addominale. Nel secondo studio, un miglioramento della severità del dolore è stato riscontrato in pazienti con IBS, ma non in pazienti con FAP e in quelli con FD. Nel terzo studio, l’LGG ha ridotto significativamente la frequenza e la severità del dolore in bambini con IBS, con un effetto prolungato nel tempo. Infine, in uno studio placebo-controllato che ha valutato l’efficacia del VSL3 in bambini e adolescenti con IBS, l’utilizzo del probiotico rispetto al placebo era associato ad un significativo aumento della valutazione soggettiva del sollievo dai sintomi, ad una riduzione del dolore e del gonfiore addominale (6). TRATTAMENTO FARMACOLOGICO I farmaci comunemente utilizzati nei DFGI sono generalmente diretti ad alleviare il dolore, più che modificare precise anomalie fisiopatologiche. Tuttavia, con l’aumento delle conoscenze fisiopatologiche, nuove strategie terapeutiche sono state ricercate allo scopo di modulare la funzione motoria gastrointestinale, la risposta neuro-ormonale allo stress, le citochine infiammatorie e l’elaborazione centrale del dolore (2,7). H2-antagonisti Uno studio in doppio cieco placebo-controllato ha valutato l’effetto della famotidina, un antagonista dei recettori H2, in 25 bambini con dolore addominale (28). Sebbene su una scala di valutazione globale soggettiva, molti pazienti riportavano un miglioramento in corso di terapia con famotidina rispetto al placebo, solo il sottogruppo di pazienti con FD mostravano un significativo miglioramento dei sintomi. Agenti serotoninergici La serotonina (5-HT) è considerato uno dei neurotrasmettitori chiave nella modulazione della sensibilità viscerale e della motilità gastrointestinale. Modificazioni nella trasmissione serotoninergica sono stati riportati in adulti con IBS, sebbene il ruolo di tali cambiamenti rimane da stabilire. La serotonina può essere modulata da antagonisti (parziali) così come dai SSRIs. Studi in adulti con DFGI hanno dimostrato che entrambi i gruppi di farmaci possono migliorare la sintomatologia. Gli effetti del pizotifene, un potente antagonista dei recettori 5-HT2, e del citalopram, un inibitore selettivo del reuptake serotoninergico, sono stati studiati anche in età pediatrica. Il pizotifene è stato comparato con il placebo in 14 bambini con emicrania addominale; ne è risultata una riduzione nella durata del dolore addominale. Il citalopram è stato studiato in 25 bambini con dolore addominale funzionale e l’84% ha mostrato una riduzione della intensità del dolore addominale, dell’ansia, della depressione. Sebbene il citalopram sembra essere efficace nel trattamento nei DFGI, sono necessari studi randomizzati placebo-controllati con un maggior numero di pazienti. Antidepressivi triciclici In passato le raccomandazioni sull’uso degli antidepressivi triciclici (TCAs) per il trattamento del FAP nel bambino si basavano principalmente su esperienze aneddotiche (81) o su 9 Continuing Medical Education Activities pazienti adulti. Il meccanismo di azione sembra coinvolgere la riduzione della percezione del dolore, il miglioramento dell’umore e del pattern del sonno, così come la modulazione sensoriale nel tratto gastrointestinale. In 2 studi doppio-cieco placebo-controllati, i pazienti trattati con amitriptilina hanno mostrato un lievissimo o addirittura nessun miglioramento della sintomatologia algica rispetto al placebo (8). I potenziali effetti collaterali dei TCAs, incluso quello riportato di morte improvvisa in un bambino, la scarsa efficacia terapeutica e la perdita di efficacia sulla depressione presente come comorbidità non suggeriscono il loro utilizzo in età pediatrica come farmaci di prima linea. Altri La ciproepatidina è un farmaco con molteplici azioni, incluse quelle antistaminiche, anticolinergiche, antiserotoninergiche, e calcio-bloccante. è stato utilizzato nella prevenzione del dolore e del vomito nell’emicrania addominale e nel vomito ciclico. In un piccolo studio randomizzato placebo-controllato in 29 bambini e adolescenti con FAP, la terapia con ciproeptadina era associata ad un miglioramento e/o alla risoluzione del dolore addominale. APPROCCIO PSICOLOGICO I bambini con il FAP hanno una maggiore probabilità di presentare alti livelli di ansia e di depressione. Quindi terapie per tali sintomi sembrano essere ideali per il trattamento dei pazienti con DFGI. La terapia cognitivo-comportamentale (CBT) si è dimostrata essere efficace nel trattamento dei disturbi dell’ansia e della depressione nel bambino. Per cui esiste uno stretto razionale nell’usare la CBT in bambini con dolori addominali funzionali. In un recente trial, 200 bambini e adolescenti con FAP sono stati randomizzati a ricevere o 3 sessioni di CBT familiare (gruppo pazienti) o nessuna terapia in associazione ad una educazione basale di anatomia del tratto gastrointestinale e di nutrizione (gruppo controllo) (9). I bambini sottoposti a CBT mostravano una significativa riduzione della severità dei sintomi, così come i loro genitori mostravano una significativa riduzione delle risposte di sollecitazione al dolore del bambino. I risultati di questo studio supportano la teoria del “social learning” nei DFGI pediatrici ed evidenziano il ruolo fondamentale della risposta dei genitori nell’influenzare la capacità del bambino di adattarsi al dolore (child coping). In un altro studio, il gruppo sottoposto a CBT mostrava effetti generalizzati più rapidi in ambito scolastico, e la maggior parte di essi era priva di sintomi al controllo a 3 mesi (10). Nel terzo studio, ai controlli a 6 e 12 mesi il numero bambini con ricomparsa del dolore era significativamente inferiore nel gruppo sottoposto a CBT rispetto al placebo. Le capacità di autocontrollo attivo dei bambini e le strategie materne nel prendersi cura di loro erano dei predittori indipendenti dell’andamento del dolore dopo il trattamento (11). Infine, nel quarto studio sia i bambini che i genitori sottoposti a CBT riportavano fino ad un anno dopo l’inizio dello studio un miglioramento del dolore, ed una riduzione delle assenze scolastiche (12). In conclusione, tali studi suggeriscono che la CBT sia utile nel migliorare il dolore e la disabilità nei bambini con FAP. L’immaginazione guidata (guided imagery) è una forma specifica di rilassamento e concentrazione in cui viene insegnato ai pazienti ad immaginare se stessi in una scena tranquilla, così da creare una esperienza senza stress e ansia. Questo può essere combinato con altre tecniche di rilassamento atte a produrre uno stato di aumentata ricettività nei confronti di specifiche immagini e idee relative all’intestino conosciute come “ipnoterapia intestino-diretta”. Il meccanismo di azione non è ancora ben conosciuto. Il sollievo dal dolore potrebbe avvenire a livello intestinale o attraverso la modificazione di processi del CNS. Nei bambini con DAR diversi studi hanno evidenziato l’efficacia della ipnoterapia intestino-diretta nella riduzione a breve e lungo termine del dolore addominale (13). terapie complementari Molti pazienti con DFGI hanno posto il proprio interesse verso terapie complementari e alternative come rimedi alle erbe, agopuntura, o massaggio. Potrebbe essere utile per i pediatri e i gastroenterologi cominciare a familiarizzare con queste terapie, in considerazione del fatto che alcuni pazienti già lo hanno fatto. Inoltre alcune terapie complementari non sono prive di 10 Approccio al dolore addominale funzionale nel bambino eventi avversi e i pazienti non dovrebbero assumere questi prodotti senza la supervisione di un medico. Differenti erbe medicinali sono state utilizzate in pazienti con IBS e RAP con risultati misti. In un piccolo studio randomizzato placebo-controllato di sole 2 settimane, il 76% dei pazienti in terapia con la menta piperita riportava una riduzione dei sintomi rispetto al 19% del gruppo placebo (14). La massaggio-terapia è comunemente utilizzata come modalità di medicina complementare in pazienti con dolore cronico. Recentemente, è stato dimostrato che il massaggio sia in grado di aumentare il tono vagale e la motilità gastrica. uno studio nei bambini ha esaminato l’effetto del massaggio in lattanti con sintomi colici (15). Gli autori hanno concluso che la riduzione del numero totale e del numero di ore di pianto da coliche rifletta il corso naturale del pianto e delle coliche del lattante e non specifico effetto dell’intervento. CONCLUSIONI Poiché il dolore correlato ai DFGI tende ad essere cronico, con un andamento sinusoidale (waxing and waning), una cura efficace e rapida per ciascun paziente risulta essere improbabile. Poiché vi è una elevata remissione spontanea che oscilla dal 30 al 70%, un approccio step-wise sembra essere ragionevole con un primo step rappresentato dalla educazione, identificazione e modificazione dei fattori di stress, con interventi nutrizionali se necessario. Se i sintomi persistono o si ripresentano, lo step successivo è rappresentato da un trial di uno dei trattamenti psicologici come CBT, (self)-ipnosi, o l’immaginazione guidata. Gli interventi farmacologici dovrebbero essere riservati per quei pazienti in cui le terapie sopra menzionate non risultano essere efficaci, o per coloro che sono riluttanti a considerarle. Key Points • I dolori addominali rappresentano un problema comune in età pediatrica, con una prevalenza tra l’1% e il 19% • Un’importante ruolo nel trattamento del bambino con dolori addominali funzionali è rappresentato dall’educazione della famiglia e del paziente, così come l’identificazione di possibili fattori di stress fisici e psicologici è un aspetto fondamentale nell’approccio terapeutico • L’approccio psicologico rappresenta al momento la terapia di scelta nel trattamento dei DAR funzionali, mentre non vi sono le stesse evidenze per le altre terapie farmacologiche. Ulteriori studi sono necessari per stabilire la reale efficacia di molti farmaci utilizzati nel trattamento dei DAR funzionali BIBLIOGRAFIA 1. Chitkara DK, Rawat DJ, Talley NJ. The epidemiology of childhood recurrent abdominal pain in western countries: a systematic review. Am J Gastroenterol 2005;100:1868-75. 2. Rasquin A, Di LC, Forbes D et al. Childhood functional gastrointestinal disorders: child/adolescent. Gastroenterology 2006;130:1527-37. 3. Weydert JA, Ball TM, Davis MF. Systematic review of treatments for recurrent abdominal pain. Pediatrics 2003;111:E1-11. 4. Kokkonen J, Haapalahti M, Tikkanen S et al. Gastrointestinal complaints and diagnosis in children: A population-based study. Acta Paediatr 2004;93:880-6. 5. Horvath A, Dziechciarz P, Szajewska H. Meta-analysis: Lactobacillus rhamnosus GG for abdominal pain-related functional gastrointestinal disorders in childhood. Aliment Pharmacol Ther. 2011;33:1302-10. 6. Guandalini S, Magazzù G, Chiaro A et al. 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While spontaneous resolution of gallstones is frequent in infants, laparoscopic cholecystectomy is the therapy of choice for symptomatic patients and as a prophylaxis in children with large gallstones, congenital hemolytic anemia or nonfunctioning gallbladders. 12 La colelitiasi in età pediatrica. Il punto di vista del clinico Diego Falchetti1, Giovanni Boroni2 1 Chirurgia Pediatrica, Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano 2 Chirurgia Pediatrica, Ospedale dei Bambini, Spedali Civili di Brescia EPIDEMIOLOGIA La reale prevalenza di litiasi biliare in età pediatrica non è nota, sia perché spesso asintomatica, sia per la scarsità di dati epidemiologici, ma può essere stimata tra lo 0.13% e il 2% nei soggetti fino a 19 anni (1). Il rilievo di materiale iperecogeno in colecisti è stato descritto in ogni età della vita, a partire dalla 28° settimana di gravidanza. Dall’epoca neonatale l’incidenza aumenta con l’età, senza predilezione di sesso fino alla pubertà; in seguito vi è una prevalenza nel sesso femminile per tutta l’età adulta (2,3). Specifiche popolazioni di pazienti presentano un rischio aumentato: il 38% dei soggetti con sferocitosi sviluppa una calcolosi biliare entro i 13 anni e il 15% degli affetti da drepanocitosi entro i 10 anni; oltre il 40% dei bambini in nutrizione parenterale totale è affetto da calcolosi. L’obesità, sempre più diffusa nel bambino, ha contribuito al recente aumento di colelitiasi in età pediatrica (4). Esistono dei cluster razziali di maggiore incidenza, come i nativi americani e messicani, e anche familiari, che suggeriscono una componente di predisposizione genetica (5). FISIOPATOLOGIA La formazione dei calcoli richiede la presenza contemporanea di tre condizioni: 1) lo squilibrio nella composizione della bile, per un eccesso di bilirubina non coniugata (c. pigmentari) o per eccesso di colesterolo (c. colesterinici). L’eccesso di bilirubina si riscontra abitualmente negli stati iperemolitici (malattie emolitiche, cirrosi), e può essere secondaria a malattie dell’ileo terminale (Crohn, fibrosi cistica). La sovra-saturazione di colesterolo può essere conseguente ad una sua aumentata secrezione (obesità, dislipidemie, rapido dimagrimento, terapie estrogenicihe o gravidanze), o a una diminuita secrezione di acidi biliari o di fosfolipidi biliari. 2) la precipitazione nella soluzione biliare sovrasatura dei componenti in eccesso sotto forma di cristalli. 3) la presenza di stasi biliare che permette la crescita dei cristalli biliari e la loro aggregazione in una matrice mucosa con formazione dei calcoli ed eventuale successivo deposito di sali di calcio (1). Il rischio di sviluppare calcoli sarebbe il risultato dell’interazione tra polimorfismi litogenici in diversi geni (per es. i geni ABCG8 e ABCG5 implicati nel metabolismo del colesterolo) e multipli fattori ambientali, non sempre identificabili nei casi di calcolosi “idiopatica” (5). Le principali cause e fattori di rischio di litiasi biliare sono riassunte nella Tabella 1 per prevalenza nelle varie fasce di età pediatrica I rari casi a riscontro prenatale sono verosimilmente favoriti da fattori ormonali di origine materna o placentare. Nell’adolescente oltre la metà dei casi è costituito da calcolosi idiopatica, con gli stessi fattori di rischio dell’età adulta (1,6). In conseguenza dei vari fattori predisponenti, nei primi anni di vita i calcoli sono frequentemente di natura pigmentaria, mentre quelli di colesterolo si osservano soprattutto nel paziente adolescente. I calcoli di carbonato di calcio sono generalmente più rari ma rappresentano almeno un quarto di tutti i calcoli in età pediatrica (1). Il ceftriaxoTabella 1 Principali cause e fattori di rischio di litiasi biliare per prevalenza ne, escreto in alta concentrazione nella nelle varie fasce di età pediatrica bile, determina una pseudolitiasi reversibile nel 25%-40% dei pazienti che Fascia di età Principali cause e fattori di rischio di colelitiasi lo assumono per più di 4 giorni. Fattori di rischio • Nutrizione parenterale totale • Resezioni intestinali estese • Dilatazione congenita della via biliare (cisti del coledoco) • Stenosi del coledoco QUADRI CLINICI Nell’adulto la colelitiasi è sintomatica nel 20% dei casi, mentre in età pediatrica si arriva al 67%, con un ampio spettro di manifestazioni cliniche dai sintomi tipici della colica biliare, a quelli delle possibili complicanze (colecistite, coledocolitiasi, pancreatite biliare e colangite ascendente). Il rischio di carcinoma a distanza è maggiore se i calcoli superano i 3 cm di diametro, se associati a polipi della colecisti maggiori di 1cm o a calcificazioni della parete della colecisti (2,3). Nel lattante il sintomo più frequente è l’ittero colestatico per ostruzione della via biliare principale da parte di calcoli migrati dalla colecisti, mentre nelle età successive il quadro clinico è più spesso di dolore addominale, non sempre con le caratteristiche tipiche della colica biliare, associato a nausea e vomito (1,7). DIAGNOSTICA lattante Condizioni favorenti • Prematurità • Sepsi • Disidratazione acuta (vomito, diarrea, diuresi forzata) • Emolisi neonatale transitoria (es. incompatibilità AB0) • Farmaci (furosemide, ceftriaxone) Stati iperemolitici • Drepanocitosi • Sferocitosi ereditaria • Talassemia • Deficit di G6PD o di piruvato kinasi • m. di Gilbert • Protesi valvolari cardiache • m. di Wilson Nutrizione parenterale totale bambino prepubere Malattie dell’ileo terminale • m. di Crohn • Resezione intestinale estesa • Fibrosi cistica Cirrosi, colestasi intraepatica familiare progressiva Stasi ± infezione biliare • Dilatazione congenita della via biliare (cisti del coledoco) • Colangite sclerosante • Stenosi/compressione estrinseca della via biliare (cavernoma portale) Gli esami di laboratorio danno informazioni utili in caso di complicanStati ipercolesterolemici za e sulla valutazione dell’origine del• Familiarità la colelitiasi (emolisi, dislipidemia…). • Obesità adolescente • Contraccettivi orali L’ecografia rappresenta il gold-stan• Gravidanza dard per la diagnosi di calcolosi con sensibilità e specificità superiore al 95%. Nell’80-90% dei casi i calcoli sono a sede colecistica, nel 10-20% nella via biliare principale. I calcoli determinano una immagine iperecogena e, a differenza delle rare neoformazioni parietali, sono usualmente mobili al variare del decubito, soprattutto quando la colecisti è ancora contrattile. Nei pazienti con colecistite acuta si riscontra un ispessimento della parete colecistica oltre i 3mm, spesso associato ad aumento della vascolarizzazione e alla presenza di una falda liquida pericolecistica. La presenza di sali di calcio, importante per stabilire l’orientamento terapeutico, è indicata dall’eventuale cono d’ombra posteriore e, con maggiore sicurezza dall’immagine radioopaca all’RX addome diretto. I calcoli della via biliare principale sono visualizzati come immagini iperecogene, più 13 Pediatric Hepatology Outside Box spesso fisse, talvolta con l’evidenza di una dilatazione delle vie biliari e/o del dotto di Wirsung a monte. È importante in questi casi una accurata diagnosi differenziale con la cisti del coledoco, poichè la calcolosi in questo caso è secondaria alla malformazione della giunzione biliopancreatica (1,7). Qualora sia necessario uno studio morfologico accurato delle vie biliari va eseguita una colangiografia la cui metodica attualmente più utilizzata è la colangio-risonanza magnetica, che richiede una sedazione nel bambini più piccoli per ottenere immagini adeguate. L’alternativa, più invasiva, è la colangio-pancreatografia retrograda endoscopica che ha limiti di eseguibilità nel lattante e può comportare il rischio di complicanze importanti (pancreatite acuta, emorragie, perforazioni), ma permette di completare l’indagine diagnostica con procedure terapeutiche. L’ecoendoscopia consente uno studio estremamente accurato della via biliare e rileva microlitiasi non evidenti all’ecografia transaddominale, ma le dimensioni del trasduttore ne limitano l’uso ai pazienti più grandi. Trattamento Per la strategia terapeutica è essenziale distinguere i casi di litiasi con depositi di calcio, da quelli di colesterolo perché solo questi ultimi sono passibili di trattamento farmacologico con acido ursodesossicolico (UDCA) L’UDCA agisce come inibitore della sintesi epatica di colesterolo e quindi ne riduce la concentrazione biliare con il risultato finale di dissolverne progressivamente le concrezioni. Perché la terapia sia efficace sono necessari alcuni requisiti (8): • I calcoli devono essere costituiti in gran parte di colesterolo, non devono superare i 15mm di diametro e non devono occupare più di ¼ del volume della colecisti a digiuno • La colecisti deve essere funzionalmente contrattile • Il dotto cistico e la via biliare principale devono essere pervi • Il normale circolo enteroepatico dei sali biliari non deve essere compromesso. Per queste limitazioni la terapia medica nella realtà clinica presenta una scarsa efficacia, ulteriormente ridotta da una elevata incidenza di recidive (3). La terapia medica risulta peraltro efficace e sicura nei casi di micro-concrezioni e di sludge biliare, per la somma dell’effetto dissolvente e della migrazione attraverso il dotto cistico delle minime concrezioni residue. La litiasi secondaria a ceftriaxone generalmente recede spontaneamente in qualche settimana dopo la sospensione del farmaco Nella colecistolitiasi lo standard terapeutico è la colecistectomia laparoscopica, nettamente superiore a quella tradizionale per i vantaggi connessi alla minore aggressione chirurgica (9,10). L’intervento è indicato nei pazienti sintomatici, e in quelli asintomatici con fattori predisponenti (emolisi congenite, dipendenza da TPN o esiti di resezione estesa del tenue), mentre può essere procrastinato nei pazienti asintomatici senza fattori di rischio. L’attesa va comunque valutata con attenzione per prevenire le possibili complicanze, soprattutto nei casi di: • colecisti contrattile e calcoli multipli compatibili con la migrazione, per il rischio di ostruzione del coledoco o della papilla • colecisti non contrattile o con calcoli voluminosi, per il rischio di flogosi acuta e cronica connessa alla stasi e ai microtraumi. Quando possibile è preferibile intervenire quanto prima in elezione, o anche all’esordio di una colecistite acuta, perché sono stati riportati decorsi postoperatori più 14 La colelitiasi in età pediatrica impegnativi nei pazienti operati in urgenza per complicanze di colelitiasi. Nei neonati e nei lattanti la colecistolitiasi ha maggiore tendenza alla risoluzione spontanea quindi, in assenza di evidente sintomatologia o complicanze, il trattamento conservativo sotto vigile osservazione può essere protratto per mesi prima di porre l’indicazione chirurgica. La litiasi del coledoco avviene raramente nei bambini, riportata fra il 2 e il 7% di tutti i pazienti con colelitiasi e può complicarsi con ittero, coliche biliari, colangiti e pancreatiti. Il trattamento prevede la colecistectomia laparoscopica associata a colangiografia intraoperatoria trans cistica oppure la colecistectomia combinata alla ERCP, con timing anche differiti fra loro. L’ERCP per la rimozione dei calcoli del coledoco richiede la sfinterotomia che sembra comportare un rischio immediato di pancreatite acuta superiore rispetto all’adulto, mentre le conseguenze a lungo termine non sono state ancora ben definite per l’età pediatrica. Il lavaggio della via biliare principale può essere eseguito anche per via percutanea trans epatica nei casi di litiasi coledocica isolata senza coinvolgimento della colecisti, quadro più frequentemente osservato nei primi mesi di vita. La litiasi coledocica associata alla malformazione della giunzione bilio-pancreatica comporta la necessità dell’asportazione completa della via biliare principale e il confezionamento di un’anastomosi bilio-digestiva all’origine del dotto epatico. BIBLIOGRAFIA 1. Debray D, Franchi-Abella S, Irtan S et al. Lithiase biliaire du nourrisson, de l’enfant et de l’adolescent. Presse Med 2012 May;41(5):466-73. 2. Wesdorp I, Bosman D, de Graaff A et al. Clinical presentations and predisposing factors of cholelithiasis and sludge in children. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2000;31:411-7. 3. Della Corte C, Falchetti D, Nebbia G et al. Management of cholelithiasis in Italian children: a national multicenter study. World J Gastroenterol 2008;14:1383-8. 4. Koebnick C, Smith N, Black MH et al. Pediatric Obesity And Gallstone Disease: Results From A Cross-Sectional Study of Over 510,000 Youth. J Pediatr Gastroenterol Nutr. 2012 Feb 6. [Epub ahead of print]. 5. Wittenburg H, Lammert F. 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Key Points •La prevalenza della litiasi biliare in età pediatrica è stimata tra lo 0.13% e il 2% con tendenza all’aumento per il recente diffondersi dell’obesità Nei pazienti prepuberi i calcoli • sono frequentemente secondari a patologie emolitiche, mentre dopo l’adolescenza prevalgono gli stessi fattori di rischio dell’età adulta L’ecografia rappresenta il gold• standard per la diagnosi di calcolosi con sensibilità e specificità superiore al 95% •La terapia medica con UDCA ha una modesta efficacia, unicamente su calcoli di colesterolo ed una elevata incidenza di recidive •La colecistectomia laparoscopica è la terapia di scelta nelle colecisto-litiasi sintomatiche e in quelle asintomatiche con fattori predisponenti; l’intervento può essere procrastinato solo nei pazienti asintomatici senza fattori di rischio •I casi di coledoco-litiasi richiedono una accurata diagnostica, poichè la calcolosi può essere secondaria alla malformazione della giunzione biliopancreatica 15 ion x t i tr o Nu ide B a di c I s ri u r OZ Z iat Out a c AN d P M Pe CA AN GE LO Enteral nutrition (EN) is indicated if energy and nutrient requirements cannot be met by regular food intake, if the gastrointestinal tract is, at least partially, able to digest and absorb. Many children with reduced oral intake, or digestion and absorption disorders or increased nutritional requirements and losses, could require EN at home (HEN). The knowledge about the management of HEN should be extended because its use seem to be increasing. Gestione domiciliare del bambino in nutrizione enterale ANTONELLA DIAMANTI, FABIO PANETTA Epatogastroenterologia e Nutrizione, Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù” di Roma DEFINIZIONE Per Nutrizione Enterale (NE) si intende l’infusione di nutrienti mediante sonde ma anche la somministrazione per via orale di supplementi nutrizionali specifici per alcune condizioni patologiche (1-4). La NE, una volta avviata in ospedale, può essere proseguita a domicilio (NED) in modo efficace con una bassa prevalenza di complicanze, sotto il monitoraggio di un team nutrizionale (1,5). Tutti i pazienti in NED devono essere infatti assistiti con l’intervento di professionalità multidisciplinari che includano dietisti, infermieri, ed altre professionalità coinvolte nella assistenza domiciliare (terapisti della riabilitazione e del linguaggio) (1,5). Accanto al paziente è necessaria la presenza di un familiare e del pediatra di libera scelta per la diagnosi ed il trattamento di eventuali problemi potenziali (5). I familiari devono ricevere un protocollo di assistenza con il programma di monitoraggio e i numeri di telefono (emergenza e routinari), da utilizzare in caso di problematiche emergenti (5). EPIDEMIOLOGIA I dati epidemiologici attualmente disponibili riportano una prevalenza di NED in pediatria pari a 8.4 casi/per milione di abitanti (6). Sussistono però notevoli differenze tra le varie regioni sia in termini di prevalenza, che in termini di appropriatezza delle indicazioni e di protocolli di realizzazione (5,6). Una recente rivalutazione della epidemiologia della NED pediatrica in Italia, condotta nell’ambito della SIGENP, sembra mostrare un incremento significativo nella prevalenza di tale tecnica nutrizionale rispetto al dato precedente (dati non pubblicati). INDICAZIONI PER UN CORRETTO APPROCCIO Nella Tabella 1 vengono riportate le condizioni patologiche richiedenti la NED e la specifica indicazione (1-5,7,8). Tabella 1 Indicazioni alla Nutrizione Enterale (1) Insufficiente apporto orale Disfagia funzionale Disfagia organica 1. Prematurità 1. Neoplasie, traumi ed ustioni primo tratto digestivo 2. Esiti di danno neurologico 2. Ventilazione meccanica 3. Condizioni sindromiche 3. Atresie-Fistole TE Anoressia/iporessia 1. Grave RGE 1. Fibrosi cistica 2. Patologie psichiatriche 2. Insufficienza d’organo: respiratoria, renale, cardiaca, digestiva ed epatica 3. Cardiopatie congenite 4. Nefropatie croniche 5. Malattie metaboliche 16 Incremento catabolismo/perdite 6. Patologie oncologiche selezione del candidato Nell’ambito delle condizioni indicate nella Tabella 1, la selezione del candidato verrà effettuata sulla base di criteri anamnestici ed antropometrici rappresentati da (1,2): • Incapacità ad assumere tra 60 e 80% dell’apporto richiesto per >10 giorni • Il supporto andrebbe iniziato entro 5 gg >1 anno e entro 3 gg <1 anno qualora verificata la condizione precedente • Tempo richiesto per l’assunzione del pasto orale >4-6 ore, nei pazienti disabili • Crescita inadeguata o incremento ponderale inadeguato per >1 mese <2 anni • Calo ponderale o mancato incremento ponderale per >3 mesi > 2 anni • Perdita di almeno due canali di crescita nella curva del peso per l’età • Plica tricipitale consistentemente <5° percentile • Diminuzione della velocità di crescita staturale >0.3 deviazioni standard/anno • Diminuzione della velocità di crescita staturale >2 cm/anno rispetto all’anno precedente in epoca pre-puberale. L’avvio della NED potrà essere avviata se però sono soddisfatte alcune condizioni di ordine clinico-sociale, rappresentati da (5): • Durata prevista del trattamento > 90 giorni • Stabilità del quadro clinico e possibilità di gestione a livello domiciliare • Presenza di caratteristiche minime di salubrità, nel domicilio del paziente, che assicurino la possibilità di una gestione corretta della NED • Presenza di un caregiver adeguato o, in sua assenza di un servizio di assistenza domiciliare territoriale, che assicuri la gestione sicura della NED. vie di accesso La sede di infusione più utilizzata è intragastrica, realizzata attraverso sonda naso-gastrico o gastrostomia; quest’ultima è indicata se la durata prevista del programma nutrizionale è >4-6 settimane (1-5). Meno utilizzata è la via duodeno/digiunale, realizzata mediante digiunostomia; tale via è riservata ai pazienti con gravi difetti di svuotamento gastrico, reflusso e rischio di aspirazione nelle vie respiratorie (1-3). scelta delle formule Le formule nutritive da somministrare possono essere naturali (il cui uso non è più raccomandato) o commerciali (1). Le formule commerciali sono rappresentate da (1-3, 7-10): • Latti adattati, che possono essere utilizzati sotto l’anno di vita (se disponibile anche il latte materno può essere utilizzato in tale fascia di età) • Miscele polimeriche (sono complete, bilanciate e forniscono un apporto calorico di 1-1,5 Kcal/ml; sono indicate in caso di integrità digestiva e possono essere utilizzate anche per lunghi periodi di tempo sia come integrazione calorica sia come dieta esclusiva. Sono attualmente disponibili per tutte le fasce d’età, anche < 1 anno) • Formule semi-elementari ed elementari (prodotti modificati nella tipologia dell’apporto proteico e lipidico, adatti per l’uso nelle insufficienze digestive e nelle allergia alle proteine del latte vaccino, e nella nutrizione digiunale) • Formule speciali per patologia (prodotti adeguati a specifiche patologie come l’insufficienza renale o epatica e la fibrosi cistica) • Integratori modulari (sono utilizzati per incrementare l’apporto calorico soprattutto delle formule lattee che hanno una densità calorica di 0.6-0.8 Kcal/ml). 17 Pediatric Nutrition Outside Box Nella Figura 1 viene riportato l’algoritmo decisionale per il tipo di formula. Figura 1 Algoritmo decisionale per il tipo di formula FUNZIONE GASTROINTESTINALE Conservata ALLERGIA ALLE PLV Non conservata Via digiunale Pz < 1 anno Pz > 1 anno Patologie specifiche Formule lattee o polimeriche Formule polimeriche Formule polimeriche adatte alla patologia Pz > 2 anni PLV: proteine del latte vaccino Pz: paziente AA: formule a base di aminoacidi Pz < 2 anni Idrolisato o AA modalità di infusione Può avvenire in modo intermittente o ciclico (1,2). La modalità intermittente, ottenuta mediante l’infusione di boli della durata di 30-60 minuti, rispetta la fisiologia della nutrizione anche se può comportare il rischio di aspirazione nei pazienti neurologici. La somministrazione ciclica viene realizzata generalmente nelle ore notturne, mediante pompa peristaltica/volumetrica, mantenendo l’introito spontaneo nelle ore diurne (1,2). complicanze Si possono distinguere in complicanze legate alla NE o alla via di accesso (1). Le complicanze legate alla NE sono di tipo: • Digestivo (nausea, vomito, distensione addominale, dumping syndrome e diarrea), facilmente risolvibili modulando la velocità di infusione e l’osmolarità della formula • Metabolico (sovraccarico idrico, alterazioni dell’equilibrio glucidico ed idro-elettrolitico), rare ma specifiche delle condizioni di grave malnutrizione, prevenibili modulando la velocità di infusione e rispettando la gradualità degli apporti • Infettivo: infezioni delle prime vie respiratorie, correlate alla presenza molto protratta nel tempo della sonda naso-gastrico; broncopolmoniti da aspirazione; contaminazione del tratto digestivo per perdita dell’effetto anti-batterico del succo gastrico o per incongrue manovre di preparazione e conservazione delle miscele (da rinnovare ogni 4-6 ore). Le complicanze legate al device sono rappresentate da: • Facilitazione del reflusso gastro-esofageo per esofagite secondaria a micro-traumatismi e modificazione del tono dello sfintere esofageo inferiore • Ostruzione della sonda per incompleto lavaggio con acqua o soluzione fisiologica al termine dell’infusione • Comparsa di tessuto di granulazione intorno alla gastrostomia, trattabile con toccature di nitrato d’argento. 18 Gestione domiciliare del bambino in nutrizione enterale CONCLUSIONI La NE, avviata in ospedale, viene proseguita a domicilio in modo efficace e con una bassa prevalenza di complicanze, sotto il monitoraggio di un team nutrizionale. La NED consente al bambino di ricevere il migliore trattamento riabilitativo in un ambiente psicologicamente ed emotivamente più confortevole rispetto all’ospedale e di ridurre anche i rischi infettivi connessi con l’ospedalizzazione protratta. BIBLIOGRAFIA 1. Baegger C, Decsi T, Dias JA et al. 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Key Points •Per NE si intende la somministrazione di nutrienti mediante sonde ma anche la somministrazione per via orale di supplementi nutrizionali specifici per alcune condizioni patologiche •La selezione del candidato verrà effettuata sulla base di criteri anamnestici, antropometrici e clinicosociale •Il posizionamento della gastrostomia è indicato se la durata prevista del programma nutrizionale è >4-6 settimane •Attualmente non è più raccomandato l’impiego di formule naturali homemade, che dovrebbero essere sostituite dalle miscele per NE •L’infusione avviene mediante boli della durata di 30-60 minuti, o per infusione ciclica nelle ore notturne mediante pompe peristaltiche/volumetriche 19 d an r g e n ini Corn a di a Tr nal ur a c IZZARRI o i B at uc Ed BAR BARA Lo svuotamento gastrico radioisotopico: un possibile nuovo orizzonte per una metodica diagnostica stagionata? Lorenzo Biassoni Department of Radiology, Great Ormond Street Hospital for Children, NHS Foundation Trust, London (UK) Radionuclide gastric emptying studies (GES) in adults have greatly benefitted from the recent publications of new guidelines that standardize the radiolabelled meal and the minimum acquisition times. This new protocol can be used in adolescents. The GES may also provide insights into the different phases of gastric emptying (fundal, antral), thus suggesting possible new roles for the technique. Background La sintomatologia tipica delle disfunzioni della motilità gastro-intestinale (sazietà precoce, senso di pienezza post-prandiale, nausea, vomito, dolore addominale) è frequente. La conoscenza dell’etiologia dei sintomi facilita un approccio razionale al management del paziente. I tempi di transito gastro-intestinale possono essere di aiuto nell’interpretazione della sintomatologia. Lo svuotamento gastrico con tecnica scintigrafica, disponibile da più di trenta anni, rappresenta una tecnica fisiologica, quantitativa, per misurare il tempo di svuotamento gastrico. Lo studio scintigrafico di svuotamento gastrico, nonostante sia disponibile nella pratica clinica da molto tempo, non è ampiamente utilizzato, soprattutto in pediatria. Le cause di questo scarso successo sono da attribuirsi principalmente alla mancanza di standardizzazione della metodica: diversi laboratori di medicina nucleare utilizzano pasti radiomarcati differenti, la durata dell’imaging è spesso diversa da un centro all’altro, il modo di quantificare lo svuotamento gastrico è anch’esso differente. Questa disomogeneità ha generato confusione e, come conseguenza, scarsa fiducia nei risultati dell’esame. Inoltre, le applicazioni pediatriche della metodica hanno sofferto per una mancanza di un ben definito range di normalità, attribuibile soprattutto alla difficoltà di studiare bambini normali. Recentemente la Società Americana di Neuro-Gastroenterologia e la Società di Medicina Nucleare hanno raggiunto un consenso sul pasto radioattivo e la tecnica di imaging da utilizzare nello studio scintigrafico di svuotamento gastrico in fase solida nell’adulto (1). Questo documento è da considerarsi una pietra miliare in quanto ha consentito la standardizzazione della metodica e ha definito il range di normalità nell’adulto. Le applicazioni pediatriche di ogni esame diagnostico con radioisotopi normalmente seguono la standardizzazione della metodica nell’adulto. È auspicabile che questo processo venga seguito anche nel caso dell’esame radioisotopico di svuotamento gastrico, in particolare nello studio con liquidi (milk scan). È necessario stabilire in modo più preciso il range di normalità. Inoltre, la composizione del pasto radiomarcato deve essere standardizzata e i tempi minimi di imaging devono essere fissati. Studi scintigrafici preliminari nell’adulto (2) suggeriscono che potrebbe essere possibile studiare più in dettaglio le diverse fasi dello svuotamento gastrico (fase iniziale di rilassamento del fondo, passaggio del pasto dal fondo all’antro, contrazione dell’antro e rilassamento del piloro): se questi dati sono confermati, lo studio scintigrafico di svuotamento gastrico potrebbe aumentare in modo significativo la sua sensibilità ed acquisire nuovi ruoli nello studio del paziente dispeptico. Indicazioni al test di svuotamento gastrico con radioisotopi Lo studio di svuotamento gastrico con radioisotopi è particolarmente utile per dimostrare la presenza di gastroparesi. La dispepsia funzionale, in cui la etiologia del dolore addominale è sconosciuta, è un’altra condizione clinica dove lo studio con radioisotopi è potenzialmente utile. La valutazione dello svuotamento gastrico a seguito di chirurgia addominale alta con possibili lesioni al nervo vago (per esempio dopo una fundoplicazione di Nissen) è un’altra potenziale indicazione. Uno studio radiologico al bario è necessario per escludere una ostruzione anatomica. È importante avere presente che lo svuotamento gastrico di una sostanza non fisiologica come il bario non riflette lo svuotamento gastrico in condizioni fisiologiche. 20 In alcuni pazienti inoltre si osserva un rapido svuotamento gastrico (dumping syndrome). In molti pazienti i sintomi della dumping syndrome non si distinguono dai sintomi in una gastroparesi e per questo un esame diagnostico che conferma questa condizione fisiopatologica è clinicamente utile. Tecnica dell’esame di svuotamento gastrico con radioisotopi Preparazione del paziente Il bambino deve essere a digiuno per lo meno per 4-6 ore. Se il paziente assume farmaci che alterano lo svuotamento gastrico (per esempio, procinetici, analgesici narcotici, anticolinergici antispasmodici), questi devono essere sospesi per un periodo sufficiente (che dipende dall’emivita del farmaco, nella maggioranza dei casi 48-72 ore sono sufficienti). Se lo scopo dell’esame è vedere come lo svuotamento gastrico risponde a un procinetico, ovviamente il paziente deve continuare ad assumere il farmaco. Durante la durata dell’esame il bambino non deve assumere nessun altro alimento eccetto il pasto radiomarcato. studio radioisotopico di svuotamento gastrico con liquidi L’alimentazione del bambino nei primi mesi di vita è normalmente a base di latte. Il tracciante utilizzato per lo studio di fase liquida è il Tc-99m-solfuro colloide, cha si lega con buona affinità al latte. L’attività somministrata varia da 7.4 a 37 MBq a seconda dell’età. I bambini di meno di un anno di età è sufficiente che omettano un pasto prima dell’esame. La quantità di latte ingerita dipende dall’età. Il latte radiomarcato può essere somministrato per via orale, attraverso un tubo nasogastrico, o attraverso una eventuale gastrostomia. Subito dopo l’assunzione del latte radiomarcato il bambino è posizionato supino sulla gamma camera e l’acquisizione delle immagini in fase dinamica inizia (una immagine ogni 20-30 secondi per 60 minuti). Se lo svuotamento gastrico a 1 ora è lento, si ottiene una immagine tardiva a 2 ore. Il test di svuotamento gastrico in fase liquida può essere utilizzato anche per confermare la presenza di reflusso gastro-esofageo, indicando il livello in esofago raggiunto dal reflusso. Un problema serio dell’esame di svuotamento gastrico con fase liquida nei bambini è la mancanza di un range di normalità, derivante da un gruppo di soggetti normali. Fino ad ora ogni laboratorio di medicina nucleare ha stabilito i propri valori normali per il tipo di studio effettuato e in base all’età del bambino. La presenza di significativa attività nello stomaco a 2 ore si considera riferibile a un lento svuotamento gastrico per un alimento liquido. studio radioisotopico di svuotamento gastrico con solidi Preparazione del pasto radiomarcato e ingestione Il pasto radiomarcato per lo studio di svuotamento gastrico raccomandato dalla Società Americana di Neurogastroenterologia e dalla Società di Medicina Nucleare consiste di un bianco d’uovo (si utilizza il bianco di due uova, per un totale di 255 kcal) marcato con 18 37 MBq di Tc-99m-nanocolloide, due fette di pane (120 kcal), 30 g di marmellata di fragole (74 kcal), acqua (120 ml). Le uova possono essere bollite, sbattute o scaldate a cottura in un forno a microonde fino a raggiungere la consistenza di un’omelette. Il pane viene tostato. Si spalma la marmellata sul pane e si prepara un sandwich con il bianco d’uovo (1). il paziente deve cercare di assumere il pasto in 10 minuti. Il tecnico di medicina nucleare prende nota del tempo che il paziente impiega per ingerire il pasto. Se il paziente non riesce ad assumere il pasto completo, deve cercare di assumere almeno 50% del pasto (uova, pane, marmellata, acqua). Se il paziente vomita parte del pasto durante l’esame, il tecnico prende nota di quando l’episodio di vomito avviene. 21 Training and Educational Corner R i g h t Ant@Start (60sc) Ant@5mn Ant@10mn Ant@15mn Ant@20mn Ant@25mn Ant@30mn Ant@35mn Ant@40mn Ant@45mn Ant@50mn Ant@55mn Figura 1 Studio radioisotopico di svuotamento gastrico di fase liquida (latte radiomarcato con Tc-99m-nanocolloide) in un bambino di 7 anni con sintomi di distensione addominale e senso di pienezza precoce post-prandiale. Le immagini scintigrafiche dinamiche dimostrano uno svuotamento gastrico molto lento, con prevalente localizzazione del tracciante nell’antro sin dall’inizio dello studio. Le curve attività/tempo confermano il rallentato svuotamento gastrico (circa il 75% dell’attività iniziale è ancora nello stomaco dopo 1 ora e il 50% a 2 ore). 22 Lo svuotamento gastrico radioisotopico: un possibile nuovo orizzonte per una metodica diagnostica stagionata? acquisizione delle immagini Le immagini sono acquisite con una gamma camera centrata sul picco di energia del Tc-99m (140 keV), con un range intorno al picco del 20% (140 keV +/- 10%). Si consiglia l’uso di un collimatore general purpose. Si può anche usare un collimatore a bassa energia ed alta risoluzione. Le immagini sono acquisite con una matrice del 128x128. Il protocollo raccomandato nelle linee guida suggerisce un tempo di acquisizione minimo di un minuto per immagine; le immagini sono acquisite immediatamente dopo l’ingestione del pasto radiomarcato, e almeno a 1, 2 e 4 ore dall’ingestione del pasto. Una ritenzione del pasto marcato nello stomaco superiore al 90% della quantità ingerita a 1 ora, al 60% a 2 ore, e al 10% a 4 ore, indica un rallentato svuotamento gastrico, secondo il più grande database di soggetti normali pubblicato (3). Alcuni pazienti con ritardo di svuotamento gastrico a 2 ore normalizzano lo svuotamento a 4 ore, e viceversa alcuni soggetti con normale svuotamento a 2 ore dimostrano ritardato svuotamento gastrico a 4 ore (4). Dati recenti mostrano che una acquisizione a 3 ore potrebbe avere la stessa sensibilità di una acquisizione a 4 ore; in particolare, una ritenzione gastrica del 28% - 30% a 3 ore rappresenta il limite superiore di normalità (5). Uno svuotamento gastrico troppo rapido (dumping syndrome) può essere dimostrato con una acquisizione di immagini a 1 ora, o anche più precocemente, fra 15 e 60 minuti dopo l’ingestione del pasto (6); per questo motivo una acquisizione a 30 minuti è stata suggerita quando lo scopo dell’esame è la conferma di una dumping syndrome. Comunque, al momento non ci sono dati sufficienti per raccomandare una acquisizione routinaria di immagini a 30 minuti. Processing dell’esame L’elaborazione dell’esame su computer prevede il posizionamento di regioni di interesse sullo stomaco e sull’esofago, con una regione di interesse sul torace come background. Il computer produce una curva attività/tempo dalla regione di interesse sullo stomaco, corretta per il decadimento dell’isotopo, che riflette lo svuotamento gastrico. Lo svuotamento gastrico è espresso in termini di percentuale di attività iniziale residua o di attività passata dallo stomaco in duodeno. L’andamento della curva di svuotamento gastrico è importante (incluso la possibile presenza della lag phase) perchè può evidenziare anomalie dello svuotamento gastrico. valutazione della funzione gastrica prossimale e distale Lo studio radioisotopico di svuotamento gastrico potrebbe essere in grado di fornire una migliore caratterizzazione della complessa fisiologia dello svuotamento gastrico, includendo le funzioni del fondo e dell’antro (2), ma questo aspetto richiede ulteriore valutazione prima di essere introdotto nella pratica clinica. La scintigrafia permette una analisi della distribuzione del pasto marcato nel fondo e nell’antro. Potrebbe essere possibile valutare lo svuotamento regionale del fondo e dell’antro mediante ispezione visiva (e in cine mode quando possibile) delle immagini scintigrafiche acquisite e con regioni di interesse posizionate sul fondo e sull’antro: questa valutazione potrebbe essere utile nell’interpretazione di una sintomatologia dispeptica, specialmente quando il tempo di svuotamento gastrico è normale (7). La sola valutazione dei tempi di svuotamento gastrico non è sufficiente a identificare una patologia in almeno la metà dei pazienti con sintomatologia di disfunzione della motilità gastro-intestinale (2). Una sintomatologia di nausea, sazietà precoce, distensione addominale e reflusso acido tende ad essere associata con una ritenzione nella parte prossimale dello sto23 Training and Educational Corner Key Points •Lo studio scintigrafico di svuo è tamento gastrico nell’adulto o; stato di recente standardizzat loco prot il zare utiliz ibile è poss lo raccomandato nelle linee guida per studi di svuotamento gastrico nell’adolescente •Dati preliminari nell’adulto sugre geriscono che potrebbe esse detne tazio valu una ibile poss tagliata delle diverse fasi dello svuotamento gastrico: se que ate, ferm con sono enze ste evid l’esame scintigrafico di svuotaimento gastrico potrebbe sign sua la re enta aum ficativamente vi sensibilità ed assumere nuo ruoli con •Lo studio di svuotamento liquidi necessita ulteriore stulli dio per uniformare protoco ri valo nire defi e one di acquisizi normali a seconda dell’età 24 maco, mentre il vomito è prevalentemente associato con un ritardato svuotamento gastrico distale (8). Conclusioni La definizione del pasto radiomarcato e dei tempi minimi di acquisizione delle immagini nell’adulto rappresenta un passo avanti importante verso la standardizzazione dell’esame di svuotamento gastrico con radioisotopi. Questi parametri possono utilizzarsi nell’adolescente. Lo studio di svuotamento gastrico con liquidi (usato soprattutto nel bambino di età inferiore a due anni) ancora necessita della definizione di un range di normalità e della ottimizzazione di un protocollo di acquisizione. È necessario definire un range di normalità con altri pasti radiomarcati, a diverso contenuto calorico. È importante approfondire il valore clinico della caratterizzazione delle funzioni gastriche prossimale (fondo) e distale (antro). BIBLIOGRAFIA 1. Abell TL, Camilleri M, Donohoe K et al. Consensus recommendation for gastric emptying scintigraphy: a joint report of the American Neurogastroenterology and Motility Society and the Society of Nuclear Medicine. 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XIX CONGRESSO NAZIONALE SIGENP Il tratto gastrointestinale e non solo: il gastroenterologo e gli altri specialisti del bambino Parma, 11-13 ottobre 2012 Hotel Parma & Congressi Presidenti del Congresso Annamaria Staiano Gian Luigi de’ Angelis Vice Presidente Sandra Brusa Comitato Scientifico Consiglio Direttivo SIGENP Presidente: Annamaria Staiano Vice Presidente: Valerio Nobili Segretario: Sandra Brusa Tesoriere: Flavia Indrio Consiglieri: Giovanni Di Nardo Daniela Knafelz, Tiziana Guadagnini Silvia Salvatore Segreteria permanente SIGENP Area Qualità Via Comelico, 3 20135 Milano Tel/Fax: 025512322 e-mail: [email protected] www.sigenp.org Segreteria Organizzativa ECON Srl Via della Moscova 16 20121 Milano Tel. 0229005745 Fax 0229005790 e-mail: [email protected] www.econcongressi.it 1° CORSO PRECONGRESSUALE DI TECNICHE ENDOSCOPICHE AVANZATE 2° CORSO PRECONGRESSUALE DI EPATOLOGIA E NUTRIZIONE Parma, 10 ottobre 2012 Il programma e successivi aggiornamenti saranno disponibili sui siti: www.sigenp.org - www.econcongressi.it ts h lig D IB gh Hi FO U RT N di r a LL I u E a c VIT CI A AT La mesalazina: cosa c’è di nuovo Il punto di vista del pediatra e del gastroenterologo dell’adulto IL PUNTO DI VISTA DEL GASTROENTEROLOGO PEDIATRA Graziella Guariso, Marco Gasparetto - Unità di Gastroenterologia, Endoscopia Digestiva, Epatologia e Cura del Bambino con Trapianto di Fegato, Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino, Università degli Studi di Padova Mesalazine belongs to the pharmacological cathegory of 5-amino-salicilates (5-ASA) which provide a topic anti-inflammatory action on intestinal mucosa. New formulations which can be administered once daily (MMX) appear to be promising to increase patients’ compliance. Oral and rectal aminosalicilates are appropriate as induction therapy and for maintenance of remission in children with distal mild-moderate ulcerative colitis. Among the adverse effects, interstitial nephritis is of particular concern in the paediatric age. Meccanismo di azione, Indicazioni, Tipologie di Preparati Commerciali La mesalazina appartiene alla categoria farmacologica dei 5 amino-salicilati (5-ASA), molecole con attività anti-infiammatoria a livello della mucosa intestinale (1). Non è noto lo specifico meccanismo d’azione, tuttavia è riconosciuta una modulazione locale dei mediatori della risposta infiammatoria mucosale. L’azione del farmaco è quindi topica, mentre non vi sono evidenze di un effetto sistemico (1). L’azione farmacologica dei 5-ASA appare determinata dall’interazione con il recettore PPAR-γ (recettore-gamma di proliferazione perossisomiale attivato), che media la traslocazione del 5-ASA nel nucleo con conseguente modificazione della trascrizione genica e riduzione della sintesi di proteine pro-infiammatorie. Pur essendo l’efficacia della mesalazina ampiamente dimostrata in pazienti adulti con rettocolite ulcerosa (RCU), aneddotici sono gli studi nei bambini affetti da malattie infiammatorie intestinali (2). Nella pratica clinica si estrapola pertanto dalla letteratura dell’adulto l’utilizzo di dosi di 5-ASA pari a 50-75 mg/Kg/die. Per ottimizzarne l’effetto terapeutico sono state formulate preparazioni in cui la molecola di mesalazina viene unita ad una seconda molecola di 5-ASA o a derivati dell’acido benzoico (olsalazina, balsalazide), oppure viene rivestita con resina pH-dipendente o tempo-dipendente di modo che il rilascio del principio attivo possa coinvolgere i tratti più distali dell’intestino. Evidenze scientifiche derivate dalla popolazione adulta ed efficacemente sintetizzate nella sezione pediatrica delle linee guida ECCO (3), dimostrano che i 5-ASA orali e/o topici (supposte nella proctite, clismi nella colite sinistra) sono efficaci come terapia di induzione e per il mantenimento della remissione per la colite distale lieve-moderata nel bambino e nell’adolescente (4,5). Considerando però la rarità della proctite nei bambini, non esiste un protocollo standard di trattamento per essa. Per quanto riguarda la malattia di Crohn in età pediatrica il ruolo della mesalazina rimane tutt’ora da chiarire (6). Nonostante l’utilizzo largamente diffuso, non è infatti dimostrata un’efficacia nel mantenimento della remissione e nella prevenzione delle recidive nel bambino e nell’adolescente (6). I preparati orali disponibili per l’età pediatrica sono formulati al fine di garantire il rilascio di quantità terapeutiche del principio attivo lungo l’intero tratto gastrointestinale e comprendono (1): I preparati orali vanno somministrati ai pasti. Le compresse e le capsule devono essere assunte interamente, non vanno masticate né succhiate né aperte al fine di non alterarne il coating protettivo. Si raccomanda di evitarne la concomitante assunzione con antiaci• Capsule a rilascio controllato (tempo-dipendente): 50 mg/Kg/die da suddividere ogni 6-12 ore. • Compresse a rilascio pH-dipendente (≥ 7): successivo al raggiungimento dell’ileo terminale: 50 mg/Kg/die da suddividere ogni 8-12 ore. 26 • Granulati con matrice di rivestimento e rilascio duale. Tabella 1 Interazioni farmacologiche della mesalazina (1) Farmaci la cui concentrazione Farmaci che riducono l’efficacia ematica è diminuita in presenza della mesalazina di mesalazina Antiacidi, Anti-H2, Inibitori Glicosidi cardiaci di Pompa Protonica (PPI) Determinano un aumento del pH gastrico con conseguente rilascio precoce della mesalazina. è pertanto fondamentale evitarne la somministrazione concomitante, allontanando gli orari di somministrazione dei due farmaci ed eventualmente diminuendo la posologia di Antiacidi/Anti-H2/PPI Farmaci la cui tossicità aumenta in presenza di mesalazina Eparine a basso peso molecolare (LMWH) In particolare aumento del rischio di sanguinamento e comparsa di lesioni ecchimotiche Analoghi delle Tiopurine I derivati dei 5-ASA possono diminuirne il metabolismo Vaccinazione per varicella Rischio di Sindrome di Reye, della quale sono riportati casi di pazienti, con infezione da virus della varicella, che hanno fatto uso di salicilati di che possono alterare il rilascio e la biodisponibilità della mesalazina (1). Alcune capsule contengono fenilalanina e devono pertanto essere evitate dai pazienti con fenilchetonuria. In aggiunta ai preparati orali esistono (1): • Clismi ritentivi (sospensione rettale): il dosaggio pediatrico è pari a 50-75 mg/Kg/die fino a 4g/60mL (> 12 anni). La sospensione rettale va agitata energeticamente prima dell’utilizzo (1); • Supposte rettali: l’utilizzo nel bambino è limitato dalla compliance, inoltre essendo la proctite isolata un reperto raro in età pediatrica non vi è una relativa modalità di trattamento standardizzata. Principali evidenze e novità dalla letteratura scientifica pediatrica Numerosi trial clinici in pazienti adulti con RCU hanno confrontato l’efficacia delle differenti formulazioni, posologie e schemi terapeutici della mesalazina (es. rilascio pH-dipendente vs rilascio tempo-dipendente) utilizzando come end-points principali il miglioramento dell’ indice di attività clinica di malattia (Ulcerative Colitis Disease Activity Index, UCDAI) o la remissione endoscopica (mucosal healing). La monosomministrazione di formulazioni orali a rilascio tempo-dipendente, eventualmente combinata a terapia topica nelle coliti distali, risulta essere la modalità di trattamento più efficace. Il problema della scarsa aderenza alla terapia con mesalazina (fino al 40% dei pazienti con UC), sotteso dalla necessità di frequenti somministrazioni quotidiane del farmaco (7-8), è particolarmente sentito nell’età adolescenziale. Un recente studio inglese di Moshkovska et al ha valutato l’efficacia di interventi multifattoriali (approccio educativo e motivazionale) nell’implementare la compliance alla terapia orale con 5-ASA in pazienti affetti da UC, constatando una maggiore consapevolezza del proprio stato di salute, una maggiore soddisfazione e quindi una maggiore compliance, dopo adeguato livello di informazione e semplificazione dello schema posologico del farmaco (8). Un editoriale di Lakatos et al (7) illustra i nuovi prodotti assumibili con somministrazione singola (sistemi a matrice multipla (MMX) ed i prodotti granulati), che sono efficaci per l’ induzione e il mantenimento della remissione nella RCU lieve-moderata, con un buon profilo di sicurezza in comparazione alle altre formulazioni orali di mesalazina. La mono-somministrazione sembrerebbe essere associata ad una migliorata compliance, con conseguente successo terapeutico nella pratica clinica. La nuova formulazione a rilascio ritardato che utilizza la tecnologia del Sistema a Matrice Multipla (MMX) è stata recentemente approvata negli Stati Uniti nei pazienti con RCU attiva lieve o moderata. L’elevato dosaggio (compresse da 1.2 g di mesalazina) e la peculiarità tecnica della forma farmaceutica consente un’unica somministrazione quotidiana. La tecnologia MMX consiste nell’incorporare la mesalazina in una matrice lipofilica, a sua volta sospesa all’interno di una matrice idrofilica. Un film polimerico gastro-resistente previene l’iniziale rilascio ad un pH < 7; in questo modo, il coat di rivestimento inizia a dissolversi solo a livello dell’ileo terminale. La matrice idrofilica a questo punto si rigonfia costituendo un gel viscoso che rilascia gradualmente la mesalazina lungo tutto il colon. La monosomministrazione è risultata più efficace nei pazienti con proctosigmoidite (86% vs 73%, P = 0.02), mentre non è stata riscontrata alcuna correlazione tra efficacia e severità/durata della malattia di base. La disponibilità di tali formulazioni in monosomministrazione o in granulato rappresenta senza dubbio un’importante prospettiva per l’adolescente con scarsa compliance alla terapia. Attualmente però 27 IBD Highlights Key Points topici • Gli aminosalicilati orali e/o sono efficaci come terapia di indu della ento tenim man il per zione e roremissione nella rettocolite ulce età sa distale lieve-moderata in pediatrica a l’ef• Non è attualmente dimostrat uficacia della mesalazina per l’ind della ento tenim man il per e zione n remissione nella malattia di Croh del bambino e dell’adolescente o• Le nuove formulazioni in mon o aion app X) (MM ione somministraz promettenti per migliorare la com in tto attu sopr tica, peu tera ce plian età adolescenziale r• Il più importante evento avve è la so sistemico della mesalazina nefrite interstiziale, che deve esse età re attentamente monitorata in i pediatrica, soprattutto nei prim con con nto, ame 12 mesi di tratt le trolli seriati della funzionalità rena ed e) ranc clea e a sieric na (creatini eventuale sospensione della tera pia in caso di alterazioni 28 i preparati rettali rappresentano ancora la formulazione efficace più fruibile per la colite sinistra in età pediatrica ed adolescenziale. Ulteriori studi sono necessari per confrontare le diverse formulazioni di mesalazina; di particolare rilievo sarà la valutazione del rischio per lo sviluppo del cancro colon-rettale, aumentato nei pazienti con colite ulcerosa (ad eccezione della proctite) e la cui incidenza è aumentata quando c’è persistenza di infiammazione mucosale. Il carcinoma colon-rettale rappresenta un evento estremamente raro in età pediatrica, ma considerato l’esordio sempre più precoce delle IBD e la conseguente gestione di lunghi follow-up in giovani pazienti è mandatorio per il Pediatra avviare i relativi provvedimenti diagnostici e terapeutici. Tra i pochi studi dedicati alla popolazione pediatrica, un confronto tra l’efficacia della mesalazina rispetto alla terapia con beclometasone dipropionato (BDP) nella UC attiva lievemoderata, è stato descritto da Romano et al (9). Trenta bambini con colite attiva (pancolite o colite sinistra) sono stati arruolati in questo studio open-label, randomizzato. Metà dei pazienti è stata trattata con BDP per os (5 mg/ die) per 8 settimane, seguito da terapia di mantenimento con mesalazina per os. Un secondo gruppo è stato invece trattato con 5-ASA per os (80 mg/Kg/die). Confrontando gli score di attività clinica, il BDP è risultato significativamente più efficace sia dopo 8 settimane (P<0.003) che dopo12 settimane (P<0.0015). La remissione endoscopica è stata riscontrata nel 73% dei pazienti trattati con BDP rispetto al 27% di quelli trattati con 5-ASA (P<0.025). Entrambi i trattamenti dimostrano significativa riduzione degli score clinici rispetto ai valori pre-trattamento (P<0.001) e della VES (P<0.025), mentre il calo della PCR era significativo solo per il BDP. Un recente studio randomizzato, in doppio cieco, di Quiros et al (10) ha valutato efficacia e sicurezza di due differenti dosaggi di balsalazide orale (2.25 oppure 6.75 g/die per 8 settimane) in una coorte di 68 pazienti pediatrici con RCU lieve-moderata. La risposta clinica ad 8 settimane era del 45% nel gruppo trattato con 6.75 g/die e nel 37% dei pazienti trattati con 2.25 g/die, mentre la remissione clinica si otteneva rispettivamente nel 12% e nel 9%. Un miglioramento del grado istologico di infiammazione è stato ottenuto rispettivamente nel 50% e nel 30%. Cefalea e dolore addominale erano gli effetti collaterali di più frequente riscontro, con analoga incidenza tra i due gruppi. Nessuna differenza significativa è stata riscontrata agli esami di laboratorio, inclusi i valori indicativi di tossicità epatica o renale. Per quanto concerne l’utilizzo delle supposte di mesalazina nel bambino, un trial open-label di Heyman MB et al ne ha valutato l’efficacia nel trattamento di 49 pazienti (età 5-17 anni) con proctite ulcerativa lieve-moderata (11). I risultati hanno dimostrato una diminuzione del valore medio del Disease Activity Index (DAI), da 5.5 a 1.6 ed 1.5 alle settimane 3 e 6, rispettivamente (P< 0.0001). I più frequenti avventi avversi sono stati di natura gastrointestinale (61.2%). Effetti avversi La mesalazina è generalmente ben tollerata nel bambino, tuttavia numerosi effetti avversi sono stati riportati in corso di terapia: vertigini, cefalea, rash, orticaria, acne, effetti gastrointestinali (dolore addominale, diarrea ematica, disgeusia, vomito), epatologici (ittero colestatico, ipertransaminasemia) ed ematologici (agranulocitosi, trombocitopenia, eosinofilia, anemia aplastica) (1). Da segnalare in età pediatrica le complicanze nefrologiche, tra tutte la nefrite interstiziale (1). è fondamentale quindi monitorare in modo seriato la funzionalità renale soprattutto nei primi 12 mesi di trattamento (1 volta al mese nei primi 3 mesi, poi con intervalli più ampi, con particolare attenzione ai pazienti già in terapia cortisonica nei quali l’esordio di nefrite interstiziale può essere mascherato), attraverso la valutazione della creatinina sierica e della clearance ed interrompere immediatamente la terapia in caso di alterazione di tali indici (11,12). La pancreatite da mesalazina dovrebbe essere considerata in ogni paziente con dolore addominale in terapia con 5-ASA, con immediata sospensione del farmaco alla conferma della diagnosi (1). Lo stesso provvedimento dovrebbe essere preso in caso di sindrome da intolleranza acuta alla mesalazina o di esacerbazione della sindrome colitica (< 3%) (1). La mesalazina: cosa c’è di nuovo. il punto di vista del pediatra e del gastroenterologo dell’adulto BIBLIOGRAFIA 1. Grand RJ, Ramakrishna J, and Calenda KA. Inflammatory Bowel Disease in the Pediatric Patient. Gastroenterol Clin North Am 1995;24(3):613-32. 2. D’Agata ID, Vanounou T, Seidman E. Mesalamine in pediatric Inflammatory Bowel Disease: a 10 years experience. Inflamm Bowel Dis 1996;2:229-35. 3. Biancone L, Michetti P, Travis S, et al. European evidence-based Consensus on the management of ulcerative colitis: Special situations. Journal of Crohn’s and Colitis (2008) 2, 63-92. 4. Nielsen OH, Munck LK. Drug insight: aminosalicylates for the treatment of IBD. Nat Clin Pract Gastroenterol Hepatol 2007;4(3):160-70. 5. Ferry GD, Kirschner BS, Grand RJ et al. Olsalazine versus sulfasalzine in mild to moderate childhood ulcerative colitis: results of the Pediatric Gastroenterology Collaborative Research Group Clinical Trial. J Pediatr Gastroenterol Nutr 1993;17:32-38. 6. 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With the new slow release formulations oral once-daily administration of mesalazine is equally effective in preventing relapse than conventional three-times daily dosing and some studies claim the superiority of this new approach because of improvement of adherence. In Crohn’s disease there is a limited beneficial effect of high dosing mesalazine in ileal disease and after ileo-cecal resection. Evidenze nel trattamento della Rettocolite ulcerosa Le evidenze riguardo l’impiego della mesalazina raccolte nell’ultimo ventennio costituiscono la base delle più recenti linee guida sulla terapia della rettocolite ulcerosa (RCU) dell’adulto (1). La mesalazina risulta efficace nell’induzione e nel mantenimento della remissione nelle forme lievimoderate sia nelle sue formulazioni topiche sia nelle formulazioni orali premesso che si utilizzi un dosaggio adeguato. In genere, dosaggi superiori a 2 g/die risultano più efficaci sia nell’induzione sia nel mantenimento della remissione. Nell’induzione della remissione delle forme distali, la somministrazione topica di mesalazina si è dimostrata superiore alla terapia con corticosteroidi e la terapia combinata con mesalazina, topica più orale, risulta più efficace rispetto alla terapia disgiunta. In pazienti con RCU estesa, la mesalazina con un dosaggio giornaliero di 2.4 g risulta superiore a quello di 1.2 g/die nel ritardare la riaccensione. Va ricordato infine l’effetto del mantenimento con mesalazina nella riduzione fino al 75% (OR 0.25, CI 0.13 to 0.48) dell’incidenza del cancro colo-rettale motivando il suo utilizzo a lungo termine (2). Dopo l’iniziale entusiasmo suscitato da un trial che dimostrò la superiorità (3) nel mantenimento della remissione clinica della RCU con un’unica somministrazione giornaliera da 2 gr vs 2 somministrazioni da 1 gr di mesalazina (70.9 % vs 58.9 % mantenimento della remissione a 12 mesi) e una superiorità per quanto concerne l’aderenza alla terapia (rilevata con autovalutazione), l’a- 29 IBD Highlights nalisi clinica ed endoscopica dei pazienti con sola localizzazione sinistra della RCU con attività lieve-moderata evidenziò risultati sostanzialmente sovrapponibili (guarigione della mucosa 69% vs 61%) (4). Questi ultimi dati sono stati supportati anche da una recente metanalisi (5) circa la prevenzione delle riaccensioni. In 7 trials clinici randomizzati con complessivamente 2.745 pazienti la frequenza delle riaccensioni non era significativamente diversa tra la monosomministrazione e il trattamento convenzionale (Rischio Relativo, RR, per la riaccensione = 0.94; 95% CI: 0.82-1.08). La non-compliance (RR=0.87; 95% CI: 0.46-1.66) e la frequenza di eventi avversi erano sovrapponibili con i due regimi terapeutici (RR=1.08; 95% CI: 0.97-1.20). Novità nel trattamento della malattia di Crohn Key Points Rettocolite ulcerosa nel • La mesalazina è efficace e trattamento della rettocolit ta dera -mo lieve ulcerosa e • La terapia combinata, orale topica, è superiore alla sola tera pia orale o topica • Le nuove formulazioni che con sentono la singola somministrazione orale risultano ugualmente e efficaci e potrebbero migliorar l’aderenza alla terapia Malattia di Crohn g• La mesalazina ad alto dosa nella tto effe esto mod un ha gio a, malattia di Crohn ileale attiv rmentre non vi sono prove rigua one enzi prev nella utilità do la sua delle riaccensioni a• Un limitato effetto della mes nella o strat dimo stato è a lazin rprevenzione della recidiva chiru gica 30 Contrariamente alle precedenti metanalisi nelle quali la mesalazina non risultò offrire alcun vantaggio né nell’induzione né nel mantenimento della remissione nella malattia di Crohn, recenti studi evidenziano qualche beneficio di un trattamento ad alto dosaggio (4 g/die) nella malattia di Crohn lieve-moderata a localizzazione ileo-cecale (5). Per quanto concerne la malattia di Crohn a localizzazione colica non vi sono evidenze sull’efficacia della mesalazina. Altrettanto dibattuto è il suo impiego nel mantenimento della remissione, anche se un recente studio ha dimostrato nell’analisi per protocollo l’efficacia nel ridurre il rischio delle riaccensioni (RR=0.79; 95% CI=0.66-0.95, NNT=13)(6). In molte linee-guida, attualmente, la mesalazina non è considerata una valida terapia di primo approccio. Nella prevenzione della recidiva post-chirurgica, la mesalazina (oltre 2 g/die) offre qualche vantaggio rispetto al placebo nella Crohn a localizzazione ileale, ma non nella localizzazione colica. Metanalisi recenti indicano la NNT con 10-12 (7) e 16-19 (8) per prevenire 1 recidiva postchirurgica endoscopica. Per quanto concerne la recidiva clinica, la differenze tra mesalazina e placebo raggiunge un 15% che può essere considerata clinicamente rilevante (9). Eventi avversi alla mesalazina Generalmente la mesalazina è ben tollerata, ma eventi avversi possono manifestarsi nel 15% degli adulti e sono dipendenti dal dosaggio usato e comprendono nausea, cefalea, diarrea, e rash cutaneo. Una rara forma di intolleranza può manifestarsi come colite acuta con diarrea muco-ematica. Come tutti gli aminosalicilati, la mesalazina è associata a nefrotossicità (nefrite interstiziale e sindrome nefrosica). La patogenesi è incerta, ma da uno studio basato su popolazione il rischio (OR 1.60, CI 1.14 - 2.26 rispetto alla normalità) sembra legato alla severità della malattia di base piuttosto che al tipo di mesalazina o al suo dosaggio (10). Il controllo annuale della creatininemia può essere utile come monitoraggio, anche se la sua efficacia nel prevenire il problema renale non è mai stata provata. BIBLIOGRAFIA 1. Mowat C, Cole A, Windsor A et al. Guidelines for the management of inflammatory bowel disease in adults. Gut 2011;60:571-607. 2. 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Gastroenterology 2004;126:1733-9. c tri y a i ed olog y P g r n s i ente colo di w r a ACI Ne stro rma u P ac Ga Pha NICA O M L’acido docosaesaenoico (DHA) Carlo Agostoni Clinica Pediatrica, IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico-Ca’ Granda, Università degli Studi di Milano The n-3 long-chain polyunsaturated fatty acid docosahexaenoic acid (DHA, 22:6n-3) may be a promoter of growth and development of infants and children. Advantages of dietary LCPUFA have been demonstrated for infants regardless of whether they were preterm or at term. DHA supplementations through the complementary feeding period seem still effective in improving the neuro-functional and visual performance. Beyond these periods DHA has shown preventive and therapeutic effects on some features of the so-called metabolic syndrome. INTRODUZIONE L’acido docosaesaenoico (o DHA) è un acido grasso polinsaturo entrato da alcuni anni nel gruppo delle molecole più studiate in nutrizione umana per i possibili effetti biologici, non solo in prevenzione, ma anche in terapia. Il DHA deriva dall’acido alfa-linolenico, acido grasso essenziale della serie n-3. Le serie di polinsaturi (n-6, n-3) sono così nominate in base al numero di atomi di carbonio che separano l’ultimo doppio legame dal terminale metilico. La sintesi del DHA dall’acido alfa-linolenico avviene attraverso tappe enzimatiche successive di allungamento e desaturazione (in analogia con i composti della serie n-6), rappresentate sinteticamente in Figura 1. La tappa limitante per la sintesi degli acidi grassi polinsaturi è rappresentata dall’azione della delta-6 desaturasi, il primo enzima che opera sugli acidi grassi essenziali di entrambe le serie per la sintesi dei derivati. Oggi è stato definito il ruolo dei polimorfismi genetici delle desaturasi nel definire la condizione di base dei livelli di DHA e dei polinsaturi Figura 1 Sintesi dei derivati a lunga catena polinsaturi dagli acidi grassi essenziali precursori 18:2 n-6 (acido linoleico, LA) desaturasi Δ6 18:3 n-6 (acido γ-linolenico, GLA) 18:3n-3 (acido α-linolenico, ALA) desaturasi Δ6 18:4 n-3 (acido stearidonico) elongasi 20:3 n-6 (acido diomogammalinolenico) desaturasi Δ5 20:4 n-6 (acido arachidonico, AA) 20:5 n-3 (acido eicosapentaenoico, EPA) elongasi (2) desaturasi Δ6 β-ossidazione (nel perossisoma) 22:6 n-3 (acido docosaesaenoico, DHA) 31 News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology a lunga catena in genere a livello individuale (1). Mentre per la sintesi dell’acido arachidonico tale assetto avrebbe notevole importanza, per il DHA i livelli circolanti rimarrebbero comunque maggiormente dipendenti dalla assunzione attraverso la dieta. Questo presumibilmente si spiega col fatto che la sintesi del DHA procede attraverso una via impegnativa dal punto di vista biochimico che coinvolge anche una tappa β-ossidativa in sede perossisomiale. La prova indiretta di questo meccanismo è stata fornita da alcune patologie congenite con assenza di perossisomi, come la sindrome di Zellweger, che sono caratterizzate da importanti deficit di DHA. DHA NELLA CRESCITA Il DHA entra a fare parte dei fosfolipidi di tutte le membrane cellulari dei vari tessuti e distretti corporei. Entro i fosfolipidi, la frazione maggiormente ricca di polinsaturi a lunga catena è rappresentata dalla fosfatidiletanolamina, ovvero la fase interna della membrana cellulare. Da tale frazione di membrana dipendono numerose attività enzimatiche e/o loro attivatori intracellulari, comprese le frazioni proteiche responsabili degli scambi di informazione col materiale genetico. Inoltre, il DHA arriva fino al 60% degli acidi grassi totali presenti in alcune cellule nervose (retina, bastoncelli soprattutto) ed è ampiamente rappresentato in alcune are di connessione ed organizzative della memoria nella corteccia prefrontale (2). L’accumulo del DHA si verifica in massimo grado durante l’ultimo trimestre di vita intra-uterina, ed è quindi il prematuro ad essere esposto (come anche per altri nutrienti) alla carenza di questo componente nutrizionale. Tuttavia, anche dopo la nascita si registra una notevole deposizione di DHA a livello delle strutture nervose, fino a tutto il secondo anno (3). L’apporto di DHA dietetico della madre diventa un elemento fondamentale per determinarne i livelli circolanti. Non solo l’apporto di DHA durante la gravidanza e l’allattamento, ma anche l’apporto precedente può avere un ruolo attraverso l’accumulo di DHA in depositi tessutali, ed il successivo passaggio al pool circolante di acidi grassi, da cui vengono estratti quelli che passano attraverso il funicolo. La supplementazione materna di DHA ad alte dosi nella seconda parte della gravidanza è quella risultata associata ai maggiori effetti positivi a distanza di tempo, sia a livello neuro cognitivo che della modulazione immuno-allergica (4,5). Tra i vari elementi negativi, sia l’alcool che il fumo di sigaretta si associano a minore passaggio di DHA al feto prima, ed al lattante dopo, per un impoverimento sia di grassi che di DHA stesso del latte materno. Il latte materno contiene DHA preformato, e si configura quindi come l’alimento ideale per il lattante (6). Anche nella fase dell’allattamento il diverso apporto di DHA alla madre si associa a tassi di DHA crescenti nel latte fino a raggiungere un plateau. L’assunzione di DHA attraverso la dieta permette ai neonati a termine allattati al seno di accumulare maggiori quantità di DHA nei lobi prefrontali (sede di aree associative di fondamentale importanza per la memoria e l’apprendimento) del sistema nervoso centrale in confronto a soggetti allattati artificialmente (2). Negli allattati artificialmente, infine, l’inserimento di DHA ristabilisce i livelli circolanti di DHA a valori analoghi a quelli degli allattati al seno, con effetti funzionali misurabili con test standardizzati dello sviluppo neuro cognitivo (7). Quindi, in assenza di un apporto esogeno, la sintesi endogena di DHA è insufficiente per ottenere nei compartimenti corporei livelli di DHA comparabili a quelli riscontrati nei neonati che non seguono il percorso fisiologico previsto (ovvero, termine della gravidanza con apporto di DHA massimale nel corso del terzo trimestre, e successivamente apporto di DHA attraverso il latte materno). DHA NELLO SVILUPPO Nel neonato prematuro l’apporto di DHA attraverso il latte materno o formule adattate supplementate è risultato associato ad un miglioramento della performance visiva misurata con metodologie diverse (potenziali evocati visivi, elettroretinogramma, ed altri ancora) perlomeno a breve termine, ovvero per la durata della supplementazione. Alcuni 32 L’Acido docosaesaenoico (DHA) studi hanno rilevato differenze funzionali anche dopo l’interruzione dell’alimentazione esclusivamente lattea, ma in ogni caso vi è ampio consenso che l’apporto di DHA dovrebbe essere assicurato almeno a tutti i prematuri. In tali soggetti il deficit può infatti essere molto più marcato per l’elevato apporto che viene trasferito attraverso il funicolo nell’ultimo trimestre di gravidanza, a concentrazioni progressivamente crescenti fino all’ultimo mese. Tuttavia l’eterogeneità dei disegni di studio di supplementazione rende ancora difficile secondo la Cochrane library arrivare a conclusioni positive (8). Nel neonato a termine le controversie sull’utilità o meno della supplementazione delle formule sono ancora vive nel mondo scientifico, e non vi è un consenso generale. Sono stati osservati risultati variabili, che in numerosi casi sono stati associati ad effetti positivi sia a test neurofunzionali visivi, che attraverso test di sviluppo neuro comportamentale (in particolare, il “problem solving test”). Tali trial clinici randomizzati hanno utilizzato disegni di studio diversificati relativamente a metodologie di indagine, tipo di supplementazione di DHA e sua provenienza, associazione o meno con altri acidi grassi polinsaturi derivati a lunga catena. Per tali motivi queste osservazioni non arrivano a supportare una supplementazione del neonato a termine (9). DHA NELLA PREVENZIONE E NELLA TERAPIA L’interesse verso il DHA è nato con le prime osservazioni epidemiologiche che mettevano in rilievo un’associazione negativa tra mortalità cardiovascolare e consumo di alimenti ittici in popolazioni esquimesi. Da allora si è sviluppata un’intensa mole di ricerche volte a definire gli effetti della supplementazione con olio di pesce in trial clinici controllati, e ad identificare quale dei componenti inclusi nei prodotti a base di grassi di pesce potesse essere il principale effettore degli effetti protettivi. Infatti, anche l’EPA è usualmente presente, in quantità anche superiori al DHA, in questi prodotti, a cui vengono ulteriormente aggiunte sostanze ad attività antiossidante. Secondo una serie di studi, il DHA potrebbe essere il principale effettore delle associazioni negative osservate, potendo contribuire sia all’abbassamento dei trigliceridi circolanti che alla prevenzione di eventi trombotici ed aritmie cardiache. Di maggiore rilevanza dal punto di vista della prevenzione in età pediatrica può essere considerato l’effetto di un arricchimento di acidi grassi polinsaturi a lunga catena delle membrane cellulari nei vari distretti tessutali corporei, ed in particolare nel tessuto muscolare. Infatti, la tolleranza glucidica e la sensibilità insulinica sono associate alle concentrazioni di tali molecole nelle membrane muscolari, che determinerebbero l’espressione dei recettori insulinici a livello di membrana, secondo osservazioni su soggetti adulti. Mentre sono in corso studi per confermare che una supplementazione con DHA possa avere effetti metabolici positivi anche nell’obesità, dati recenti dimostrano una regressione delle lesioni epatiche in corso di steatoepatite non alcoolica in adolescenti (10). Questo dato è consistente con l’osservazione di una associazione negativa tra durata dell’allattamento al seno e gravità dello stato di steatoepatite a distanza di anni, una conferma dell’imprinting epigenetico offerto dal latte materno (11). CONCLUSIONI Tra gli acidi grassi polinsaturi a lunga catena, il DHA presenta le maggiori potenzialità positive, dalla fase intrauterina alle fasi più tardive della vita [Tabella 1]. Una dieta varia e ricca comprende quote di DHA sufficienti ai bisogni di base. Tuttavia, nelle donne in età fertile, in particolare in gravidanza, nei bambini allattati artificialmente ed in situazioni particolari (in fisiologia così come in patologia) possono essere prese in considerazione schemi che prevedano un incremento dell’apporto di DHA con diete particolari e/o supplementazioni specifiche. Le fonti più pure e testate di DHA sono rappresentate oggi da organismi unicellulari e microalghe. Occorrerà quindi distinguere le preparazioni maggiormente sicure dal punto di vista tossicologico, per l’utilizzo nella terapia, così come nelle supplementazioni. 33 News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology Tabella 1 Ruolo degli acidi grassi polinsaturi a lunga catena: uno schema riassuntivo Prevenzione del rischio cardiovascolare Acido Arachidonico (AA) Acido Eicosapentaenoico (EPA) Acido docosaesaenoico (DHA) NO un eccesso risulta associato a patologie di natura trombotica e cardiovascolare SÌ produzione di fattori a debole attività pro-aggregante,diminuzione di trigliceridi circolanti SÌ diminuisce i trigliceridi circolanti, previene la formazione della placca aterosclerotica NO incremento rischio cardiovascolare Prevenzione del diabete Crescita fetale e neonatale Sviluppo della retina e del Sistema Nervoso Centrale SÌ è correlato positivamente agli indici di crescita corporea neonatale FORSE ruolo neurotrasmettitoriale? Key Points è un •L’acido docosaesaenoico le nzia iesse sem ente nutri za •Il suo passaggio al feto in gravidan te al bambino, in seguito, con l’alla ppo tamento contribuisce allo svilu ma strutturale a funzionale del siste nervoso centrale an•La dieta materna è un determin i agg pass sti que di te rtan impo te me •Dall’adolescenza il DHA assu ino importanti ruoli preventivi e perf terapeutici nei confronti di alcu e rom “sind della tiche tteris ne cara metabolica” 34 SÌ modifica la sensibilità all’insulina delle membrane cellulari SÌ aumenta il grado di insaturazione delle membrane NO è sconsigliato l’eccesso SÌ i livelli nel funicolo ombelicale sono correlati al peso alla nascita nei pretermine NO in pratica assente nei lipidi delle cellule nervose SÌ modula le attività di membrana rendendole più fluide, facilita il ricambio di rodopsina nei bastoncelli, si concentra nelle aree di connessione ed organizzative della memoria nella corteccia prefrontale BIBLIOGRAFIA 1. 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Docosahexaenoic acid supplementation decreases liver fat content in children with non alcoholic fatty liver disease: double blind randomized controlled clinical trial. Arch Dis Child 2011;96:350-3. 11.Nobili V, Bedogni G, Alisi A, Pietrobattista A, Alterio A, Tiribelli C, Agostoni C. A protective effect of breastfeeding on progression of nonalcoholic fatty liver disease. Arch Dis Child 2009; 94:801-805. iz u dQ as G di r a NO u A a c OM R O aUDI Pe o r t CL Sintomi intestinali e manifestazioni cutanee: una diagnosi sofferta Fortunata Civitelli1, Giovanni Ragusa2 1UOC Gastroenterologia ed Epatologia Pediatrica, Sapienza Università di Roma 2UOC Immunologia Pediatrica, Sapienza Università di Roma PRESENTAZIONE CLINICA L. è un bambino di 5 anni, con storia di diarrea, dolori addominali e scarso accrescimento dall’età di 2 anni. In anamnesi piodermite neonatale trattata con antibiotico-terapia e familiarità per malattie autoimmuni (tiroidite, psoriasi). A 3 anni ricovero per pleuropolmonite: in tale occasione esegue screening celiachia risultato positivo e poi confermato dall’istologia. Inizia dieta senza glutine con incremento ponderale, ma persistenza di diarrea e dolori addominali. Nell’anno successivo nuovo episodio di polmonite. Riferita inoltre aftosi orale ricorrente. L. giunge alla nostra osservazione all’età di 4 anni per peggioramento dei sintomi intestinali associati a febbricola e, nell’ultima settimana, comparsa di due noduli cutanei dolenti, caldi al termotatto, a livello addominale e della coscia sinistra, successivamente evoluti in ulcere ricoperte da materiale giallastro. ESAME OBIETTIVO Condizioni generali discrete, micropoliadenia laterocervicale bilaterale, all’ispezione anale skin tags. A livello della coscia sinistra e del quadrante addominale inferiore di sinistra, due ulcere tondeggianti ben demarcate, di circa 0,5 cm di diametro, circondate da un alone violaceo e ricoperte da secrezione purulenta [Figura 1]. SVILUPPO DEL CASO CLINICO PRIMA PARTE Esami di laboratorio al momento del ricovero: • Anemia, piastrinosi, lieve leucocitosi neutrofila • Albumina, Sideremia e ferritina • IgA e IgG • PCR e VES • Corpocoltura: negativa • Calprotectina fecale • Anti-tTG, EMA: negativi • ASCA IgA e ASCA IgG: positivi, pANCA: negativi • Intradermoreazione di Mantoux: negativa • CMV, EBV DNA PCR: negativa Figura 1 Ulcerazione cutanea tondeggiante ricoperta da materiale purulento a livello della coscia sinistra IPOTESI DIAGNOSTICHE • Sintomatologia di natura infettiva? • MICI con coinvolgimento extra-intestinale? • Manifestazioni intestinali e cutanee nel contesto di un’immunodeficienza? • Crohn metastatico? La soluzione del caso clinico a pagina 43 35 ce an ce v d n t A Scie ra dio n u nd e c ic a c ma Re Bas o c ac in re sa o at lv Paediatric non-alcoholic fatty liver disease (NAFLD) represents one of most frequent chronic liver diseases worldwide. It is frequently associated with obesity, type two diabetes and metabolic syndrome. Weight reduction by diet and physical exercise is the current mainstay of NAFLD treatment in children. However, a multi-targeted approach combining lifestyle intervention and natural pharmacological treatments is now considered a winning strategy. La steatosi epatica non-alcolica: il DHA ed il meccanismo molecolare Anna Alisi e Valerio Nobili Reparto di Malattie Epatico-Metaboliche e Unità di Ricerca in epatologia, Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù”, IRCCS di Roma DEFINIZIONE, EPIDEMIOLOGIA E FATTORI DI RISCHIO La steatosi epatica non-alcolica è una patologia caratterizzata dall’accumulo di grasso nel fegato in assenza di consumo di alcol. La forma pediatrica più diffusa di steatosi epatica è parte di una patologia più complessa nota come NAFLD (Non-Alcoholic Fatty Liver Disease). La NAFLD pediatrica può presentarsi sia sotto forma di steatosi semplice che sotto forma di steatoepatite non-alcolica definita dalla presenza di steatosi, degenerazione balloniforme degli epatociti, infiammazione portale e globulare ed eventuale fibrosi centrolobulare (1). La NAFLD è stata considerata a lungo una condizione benigna, ma oggi è ormai noto che essa rappresenta un fattore di rischio per patologie epatiche più gravi che portano alla cirrosi e all’epatocarcinoma (2). Attualmente la NAFLD è considerata una delle malattie croniche epatiche più diffuse nella popolazione pediatrica mondiale anche se la mancanza di test diagnostici specifici e sensibili utilizzabili su larga scala ci impedisce di averne la reale prevalenza. Comunque, stime di prevalenza recenti, dedotte da criteri indiretti come l’elevazione delle transaminasi ed il fegato brillante al rilievo ecografico, riportano una prevalenza della malattia di circa il 3-10% nei soggetti pediatrici in generale (3). Questo dato percentuale cresce inquietantemente, fino a raggiungere valori che oscillano fra il 50% ed il 90% a seconda della localizzazione geografica, negli individui che presentano particolari fattori di rischio. Il sovrappeso e l’obesità, insieme ad alcune morbidità associate alla sindrome metabolica, come insulino-resistenza, diabete di tipo 2 e dislipidemie, rappresentano i maggiori fattori di rischio per NAFLD. Molti autori pertanto suggeriscono che la NAFLD sia la manifestazione epatica della sindrome metabolica, e che l’insulino-resistenza sia un elemento chiave nella relazione che intercorre fra le due patologie (4). Occorre infine puntualizzare che la NAFLD è presente in tutte le razze ed in entrambi i sessi anche se in alcune casistiche sembra essere più frequente nei maschi (5). PATOGENESI MOLECOLARE Sebbene la patogenesi molecolare della NAFLD non sia ancora del tutto nota, è ormai evidente che si tratta di una patologia multifattoriale dove diversi fattori patogenetici si integrano e cooperano fra loro per dare luogo prima alla steatosi e secondariamente alla NASH (steatoepatite non alcolica). I risultati ottenuti fino ad ora suggeriscono che una relazione biunivoca causa-effetto sia il legame fra alterazioni del metabolismo degli acidi grassi ed insulino-resistenza in grado di indurre lo sviluppo della steatosi semplice. Quest’ultima quindi risulterebbe da uno squilibrio fra produzione/sintesi e ridotto rilascio epatico degli acidi grassi in grado di causare l’ingolfamento lipidico che caratterizza gli epatociti di un soggetto con NAFLD. Purtroppo i meccanismi responsabili per la progressione della steatosi a NASH sono meno conosciuti. Diversi studi hanno messo in evidenza come la steatosi aumenti la vulnerabilità degli epatociti ai potenziali insulti secondari che sembrano essere coinvolti nella progressione in NASH. Fra questi i più rilevanti sono: lo stress ossidativo dovuto all’accumulo di prodotti dannosi per l’omeostasi epatocitaria che al danno mitocondriale, lo squilibrio fra produzione/rilascio di adipocitochine sia da parte degli adipociti che da parte delle cellule epatiche, ed infine l’endotossinemia causata da alterazioni della permeabilità intestinale (6). 36 TERAPIA Lo stato attuale delle nostre conoscenze sulla storia naturale e la patogenesi molecolare non permette ancora di tracciare delle linee guida internazionali per il trattamento della NAFLD pediatrica. Comunque, la stretta relazione fra NAFLD e l’indice di aumensto della massa corporea (misura del sovrappeso/obesità) ha indotto a valutare i potenziali effetti del calo ponderale. Numerosi trial clinici condotti su soggetti pediatrici (7) dimostrano che una dieta ipocalorica (a ridotto contenuto di grassi e zuccheri) ed un aumento dell’attività fisica quotidiano, siano in grado non solo di agevolare la perdita di peso ma abbiano anche degli effetti benefici sulla steatosi semplice. È comunque utile ricordare che è consigliabile raggiungere il calo ponderale in maniera graduale, in quanto una repentina riduzione dell’indice di massa corporea potrebbe essere un fattore aggravante la NAFLD. Per quanto invece, riguarda la terapia farmacologia della NASH, che rappresenta la forma più grave e con potenziali conseguenze a lungo termine, numerosi sono gli studi in corso per individuare un possibile trattamento farmacologico, naturale o con ridotti eventi avversi, che in grado sia di poterne controllare sia l’insorgenza che l’evoluzione in cirrosi. Il ruolo giocato dall’insulino-resistenza, lo stress ossidativo e l’endotossinemia sono stati fondamentali in questi anni per suggerire possibili approcci terapeutici basati su terapie con agenti antiossidanti come la vitamina E; agenti capaci di sensibilizzare all’azione dell’insulina come la metformina; agenti in grado di recuperare la corretta permeabilità intestinale come pre-biotici e probiotici. Purtroppo, fino ad ora nessuno di questi agenti preso singolarmente si è dimostrato capace di contrastare la NASH. c infatti oggi opinione comune anche in virtù di potenziali sviluppi terapeutici che la’approccio ottimale sia quello in terapia combinata che include oltre ad una corretta alimentazione ed attività fisica anche l’uso di combinazioni di farmaci con diversi bersagli di azione. Sebbene la dieta e la gestione energetica costituiscano il cardine del trattamento della steatosi epatica semplice in corso di NAFLD pediatrica, studi sulle abitudini alimentari dei pazienti hanno rivelato che il ridotto consumo di pesce, ricco in acidi grassi a catena lunga Omega-3, può essere un fattore associato ad un aumentato rischio di malattia anche indipendentemente dagli altri fattori di rischio. È stato infatti suggerito che l’esatto equilibrio dietetico è determinato da un rapporto ottimale 3:1 fra acidi grassi del tipo Omega-6 e quelli del tipo Omega-3. Tuttavia nella dieta occidentale questo rapporto è notevolmente aumentato ed oscilla fra un valore di 10:1 fino a 20:1, con notevoli implicazioni sulla salute. Nella NAFLD questo rapporto è significativamente correlato con l’accumulo di grasso negli epatociti, pertanto, recentemente gli acidi grassi a catena lunga Omega-3 sono stati proposti come un potenziale trattamento per NAFLD pediatrica ma anche nell’adulto (8-10). a H EVIDENZE CLINICHE DEL TRATTAMENTO CON DHA E MECCANISMO D’AZIONE Gli Omega-3 sono acidi grassi polinsaturi essenziali sintetizzabili in vivo. L’acido docosaesaenoico (DHA), che appartiene alla serie degli Omega-3, nella sua formula chimica contiene 22 atomi di carbonio e 6 doppi legami in posizione cis (vedi Figura 1) ed è comunemente chiamato acido cervonico. Si trova naturalmente infatti in grandi quantità nell’olio di pesce e nelle alghe L’organismo converte il DHA in metaboliti attivi, in particolare, molecole conosciute come resolvine e protectine, ovvero prodotti lipidici che sembrerebbero i principali responsabili dell’effetto anti-infiammatorio di questa sostanza. L’elenco dei potenziali effetti benefici legati all’assunzione di DHA è molto vasto ma di particolare interesse sono i risultati degli studi che dimostrano la sua azione anti-steatosica (8-10). Un recente studio condotto su 60 soggetti pediatrici con NA- H H H H H H H H H H H O - H O b 37 Figura 1 Struttura chimica (a) e molecolare (b) del DHA da PubChem (immagine a cura degli autori) Recent Advance in Basic Science O insulino-resistenza HO DHA CH3 FLD accertata tramite biopsia epatica ha dimostrato che il trattamento con DHA a due diversi dosaggi (250mg/die e 500mg/die) è in grado di ridurre il livello di trigliceridi circolanti, di aumentare la sensibilità all’insulina e di migliorare il grado di steatosi leptina all’esame istologico (7,10). I potenziali meccanismi molecolari che potrebbero spiegare l’effetto anti-steatosico del DHA sono molinibizione attivazione teplici e molti di questi sono stati individuati mediante l’uso di modelli sperimentali di NAFLD. Come descritto nella [Figura 2], il DHA potrebbe interferire con TNF-alpha molti fattori chiave nella patogenesi della NAFLD. Figura 2 Potenziale meccanismo d’azione del DHA (immagine a cura degli autori) Prima di tutto il DHA potrebbe agire sugli adipociti inibendo la produzione di adipocitochine pro-steatosiche come la leptina ed il TNF (tumor necrosis factor)-alpha, e favorendo al contrario l’aumento di adipocitochine protettive come l’adiponectina. In secondo luogo il DHA potrebbe agire direttamente sugli epatociti inibendo l’espressione di geni coinvolti nella lipogenesi come FAS (fatty acid synthase). In terzo luogo, il DHA potrebbe esercitare una azione anti-ossidante riducendo l’accumulo di specie reattive dell’ossigeno (ROS). Infine, anche se in questo casi alcuni risultati sembrerebbero contraddittori, il DHA sembrerebbe avere un effetto insulino-sensibilizzante mediato dalla sua funzione di ligando dei PPAR, recettori nucleari coinvolti nella regolazione del metabolismo lipidico degli adipociti e nel controllo dell’insulino-resistenza periferica. PPAR adiponectina Key Points La steatosi epatica non alcolica • iè parte di una patologia mult e spettro più complessa nota com si NAFLD molto diffusa nei pae occidentali il L’obesità, l’insulino-resistenza, • com altri ed , due tipo di ete diab abo met ome sindr ponenti della lo lica sono fattori di rischio per sviluppo della NAFLD nel soggetto pediatrico a •La dieta e l’esercizio fisico, volti ridurre il sovrappeso e l’obesità sono gli interventi di prima linea nel trattamento della steatosi nei se bambini con NAFLD, anche recentemente loro combinazioi ne con trattamenti farmacologic tto effe un do tran mos sta naturali anti-steatosico più rilevante tipo •Il DHA è un acido grasso del con ndo fere inter che ga-3 Ome molti dei meccanismi molecola ri coinvolti nella patogenesi della e NAFLD sembra avere un prottent effetto anti-steatosico nei soggetti pediatrici 38 lipogenesi PROSPETTIVE TERAPEUTICHE Il DHA sembrebbe quindi essere un trattamento efficace per ridurre la steatosi nei soggetti pediatrici con NAFLD. Il suo ampio spettro di azione molecolare lo rendono inoltre un agente capace di inibire numerosi meccanismi responsabili dello sviluppo della steatosi epatica in corso di NAFLD, ma anche un potenziale agente che se associato alla dieta, l’esercizio e ad altri agenti naturali potrebbe andare a costituire un cocktail terapeutico efficace anche nella progressione della steatosi verso la NASH. Soprattutto questo ultimo aspetto è auspicabile sia oggetto di studio più approfondito nel prossimo futuro, sia su modelli sperimentali che in trial clinici. BIBLIOGRAFIA 1. Kleiner DE, Brunt EM. Nonalcoholic fatty liver disease: pathologic patterns and biopsy evaluation in clinical research. Semin Liver Dis 2012;32:3-13. 2. Feldstein AE, Charatcharoenwitthaya P, Treeprasertsuk S et al. The natural history of non-alcoholic fatty liver disease in children: a follow-up study for up to 20 years. Gut 2009;58:1538-44. 3. Alisi A, Manco M, Vania A et al. 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Despite the knowledge of EUS use in children is still limited, EUS and EUS-FNA seem to be feasible and safe and have a significant impact on the management of pediatric GI, pancreatobiliary, and mediastinal diseases. Presentazione del caso CLINICO SM, maschio di anni 6, giunge alla nostra attenzione dopo 2 ricoveri per episodi di pancreatite acuta. Nonostante il paziente fosse stato indagato,presso altro reparto sulla natura di questi episodi mediante test del sudore, ricerca di fattori virali, ecografia addominale di superficie, non era stato possibile evidenziare nessuna causa specifica alla base degli episodi di pancreatite. Inoltre era stata eseguita la ricerca genetica per la pancreatite cronica, il cui esito al momento era ancora in corso. Pertanto al successivo episodio di pancreatite si è deciso in accordo con i genitori e con i colleghi chirurghi che avevano in carico il bambino di effettuare una ecoendoscopia del pancreas e delle vie biliari. L’ecoendoscopia è stata effettuata con uno strumento Pentax a visione frontale e sonda ecografica radiale, in sedoanalgesia senza intubazione orotracheale profonda con l’ausilio del collega anestesista. L’indagine ecoendoscopica ha permesso di rivelare la presenza di colecisti distesa e repleta di sludge biliare [Figura 1], senza dilatazione del coledoco né inclusi litiasici a questo livello. Non si sono verificate complicanze nè durante nè successivamente alla procedura. Per l’assenza di litiasi della via biliare principale non si è ritenuto opportuno eseguire ERCP per il bilancio rischio/beneficio. Figura 1 Sludge colecisti Sviluppo del caso clinico Si è deciso di intraprendere terapia medica con acido ursodesossicolico, con miglioramento delle condizioni del paziente anche attualmente a distanza di circa 6 mesi, senza ulteriori episodi di pancreatite. L’ecoendoscopia (EUS) è ormai una tecnica con un ruolo ben definito nell’adulto, sia da un punto di vista diagnostico, sia terapeutico con la possibilità di effettuare agoaspirati (fine needle aspiration FNA) per esame citologico di lesioni sia del tratto gastrointestinale (GI) che di organi adiacenti a questo come il pancreas (1). Nonostante l’ampio utilizzo di questa tecnica nell’adulto, in età pediatrica l’EUS rimane una tecnica anco- 39 Endoscopy Learning Library ra poco utilizzata e conosciuta, infatti spesso bambini che necessitino di sottoporsi a tale indagine vengono indirizzati a gastroenterologi dell’adulto. Questo in parte è dovuto al largo utilizzo per patologie di carattere oncologico nell’adulto che nel bambino si presentano con frequenza nettamente inferiore, ma anche in parte legato alla necessità di sedazione profonda e a limitazioni nell’utilizzo di accessori e strumenti in età pediatrico per le piccole taglie dei pazienti (2). Le indicazioni in età pediatrica sono simili a quelle dell’adulto ma con minore incidenza di patologie neoplastiche riportato pari a circa il 15% delle indicazioni. Fra le principali indicazioni si possono ritrovare la valutazione di pancreatiti acute e croniche, dolore addominale ricorrente con sospetta origine pancreatica, ostruzione del sistema biliare, lesioni sottomucosa del tratto GI, o la valutazione di eventuali alterazioni visualizzate a un precedente esame radiologico. L’indicazione più frequente anche in età pediatrica come nell’adulto è lo studio di disordini del sistema pancreatico-biliare (3-8). Anche nel bambino si è visto che l’utilizzo della EUS riduce il numero delle ERCP, fino a una percentuale variabile fra il 65 e l’84% (8,9) in quanto si sostituisce all’ERCP diagnostica che dovrebbe mantenere attualmente un ruolo esclusivamente operativo nelle patologia bilio-pancreatica. Questo determina, come nelle casistiche dell’adulto una riduzione dei rischi legati alla ERCP, procedura più invasiva rispetto alla EUS diagnostica (7). L’EUS si sta pertanto dimostrando una tecnica sicura ed efficace anche in età pediatrica, con la possibilità di effettuare diagnosi che comportano una modificazione dell’iter diagnostico-terapeutico in una percentuale variabile di pazienti fra il 80-86% dei casi (3,5). Inoltre anche le tecniche operative ecoendoguidate come la FNA si sono dimostrate utili e fattibili in età pediatrica, specie nello studio di masse mediastiniche ma anche nello studio di lesioni sottomucose del tratto GI e per effettuare diagnosi differenziale di lesioni pancreatiche. CONCLUSIONI E MESSAGGI PRATICI In conclusione l’EUS anche in età pediatrica è una indagine utile e fattibile, specie in Centri specializzati, e permette una accurata diagnosi e di conseguenza un corretto iter terapeutico in patologie molto differenti fra loro. BIBLIOGRAFIA 1. 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The diagnostic process starts with a careful family and personal history, with particular attention to the description of the rectal bleeding, and a comprehensive physical evaluation. The possible causes of rectal bleeding may be considered according to the age of patient at onset and presentation. INTRODUZIONE La rettorragia viene definita come emissione di sangue rosso vivo dall’ano, durante la defecazione, dopo o indipendentemente da essa. è un sintomo comune in età pediatrica. Nel bambino è generalmente un disturbo benigno e auto-limitante a carico dell’ultimo tratto intestinale, anche se nel neonato e nel lattante l’accelerato transito gastro-intestinale può giustificare anche una origine alta del sanguinamento. Può avere eziologia medica o chirurgica. Gli elementi principali da valutare ai fini diagnostici sono età e modalità di presentazione della rettorragia. Le possibili cause di sanguinamento rettale variano a seconda dell’età del paziente, come in Tabella 1. La rettorragia può essere lieve-moderata o severa, e presentarsi occasionalmente o in modo ricorrente e/o persistente. Il tipico decorso della rettorragia nel bambino è benigno e tale da consentire un iter diagnostico-terapeutico senza particolare carattere di urgenza, anche se spesso risulta emotivamente pesante il coinvolgimento per il paziente e la famiglia. L’approccio iniziale può avere carattere di emergenza nei rari casi di sanguinamento rettale severo per cui si devono garantire: la stabilità emodinamica e cardiorespiratoria, un accesso venoso sicuro, la reidratazione e l’infusione di soluzioni idroelettrolitiche e la correzione di eventuali coagulopatie sottostanti. In ogni caso di rettorragia l’iter diagnostico inizia con una attenta anamnesi familiare e personale, con particolare minuziosità nella descrizione del sanguinamento rettale (colore del sangue, quantità, frequenza; colore e consistenza delle feci; numero delle evacuazioni; rapporto sangue-feci e sangue-evacuazione; sintomi addominali ed extraintestinali eventualmente associati), ed una valutazione fisica generale (con particolare attenzione all’esame rettale digitale, all’esame obiettivo dell’ano, del perineo e dell’addome). I pazienti con un primo episodio di lieve sanguinamento rettale per i quali non ci siano sintomi Tabella 1 D iagnosi differenziale tra occlusione e strozzamento/volvolo o segni riferibili a sospetta patologia organica, Prematuri-neonati 1 mese-3 anni > 3 anni devono essere avviati ad un follow-up domiciliaNEC-colite infettiva APLV Polipo rettale re. Quando si evidenzi clinicamente il sospetto Malrotazione Fissurazioni anali Emorroidi diagnostico di una patologia organica, il manaAPLV Prolasso rettale Prolasso rettale gement clinico e la programmazione dell’iter Enterocolite diagnostico dovranno essere impostati alla luce Diverticolo di Meckel Ulcera rettale solitaria da Hirschsprung dell’età del piccolo paziente, degli eventuali sinFissurazioni anali Polipo rettale M.I.C.I. tomi associati, e quindi al sospetto diagnostico Ulcera peptica acuta Colite infettiva I.L.N. formulato [Tabella 2]. L’intervento diagnostico riColite infettiva sulta chiaramente meno invasivo dal punto di Farmaci Duplicazione cistica Ischemia intestinale vista strumentale nel prematuro e nel neonato, Invaginazione intestinale in ragione della prevalenza di cause mediche reIschemia intestinale Malformazione vascolare sponsabili di rettorragia in queste fasce di età. Le Ulcera peptica acuta Neoformazione maligna indagini diagnostiche di I livello sono rappresenMalformazione vascolare Sindr. Emolitico-uremica tate dagli esami ematochimici e dalla rilevazione Farmaci Duplicazione cistica Iatrogena (biopsia per suzione) Invaginazione Porpora trombocitopenica Traumi - violenza Iatrogena 41 PedGl Snapshots Tabella 2 - La rettorragia nei bambini 1m-3 anni e > 3 aa Rettorragia VALUTAZIONE E STABILIZZAZIONE ESPLORAZIONE RETTALE SANGUE RETTALE STOP DEL SANGUINAMENTO COLONSCOPIA PERSISTENZA DEL SANGUINAMENTO EMATOCRITO COAGULAZIONE Follow-up COLICHE ADDOMINALI, SHOCK, VOMITO (età < 3 ANNI) VALUTAZIONE CHIRURGICA COLONSCOPIA + EGDS NEGATIVA SCINTIGRAFIA STUDIO VIDEOCAPSULARE DEL TENUE dei parametri vitali atti a valutare le condizioni generali del bambino, anche allo scopo di escludere situazioni di urgenza /emergenza. Come indagini di II livello, secondo il sospetto diagnostico, consideriamo ecografia addominale, rettocolonscopia e radiografia diretta dell’addome, mentre come III livello clisma opaco, TC e RMN addome, scintigrafia con Tc99m, ileoscopia con videocapsula, manometria ano-rettale e biopsia per suzione. BIBLIOGRAFIA 1. Lane VA, Sugarman ID. Investigation of rectal bleeding in children. Pediatr and Child Health J 2010;20(10):465-472. 2. Novogrudsky A, Bini EJ. Prospective study of colonoscopy for the evaluation of chronic rectal bleeding in young patients. Am J Gastroenterol 2003;98(9):S118. 3. Pini Prato A, Carlini C et al. Massive bleeding after rectal suction biopsy: uncommon and unexpected delayed onset. World J Pediatr 2011;7(1):83-5. 4. de Ridder L, van Lingen AV, Taminiau JA et al. Rectal bleeding in children: endoscopic evaluation revisited. Eur J Gastroenterol Hepatol 2007;19(4):317-20. 5. Uhlig HH, Stephan S, Deutscher J et al. Angiodysplasia as a cause of gastrointestinal bleeding in childhood. Klin Padiatr 2004:216(1):41-4. 42 iz u dQ di Pe r a NO o u A a c OM str R O Ga aUDI CL Soluzione del caso clinico di pagina 35 Sintomi intestinali e manifestazioni cutanee: una diagnosi sofferta Fortunata Civitelli1, Giovanni Ragusa2 1UOC Gastroenterologia ed Epatologia Pediatrica, Sapienza Università di Roma 2UOC Immunologia Pediatrica, Sapienza Università di Roma SVILUPPO DEL CASO CLINICO SECONDA PARTE Gli esami endoscopici evidenziavano: EGDS nella norma; alla colonscopia ulcerazioni aftoidi isolate nel a) b) discendente e nel sigma nel contesto di una mucosa normale; istoloFigura 2 (a) Un granuloma ben organizzato all’interno di un follicolo linfoide. H-E, x250 (ingrandimengia compatibile con malattia di to originale). (b) Macrofagi pigmentati nella lamina propria. H-E, x400 (ingrandimento originale). Crohn (MC) (piccoli aggregati istiociG.C. Prof.ssa A. Marcheggiano, Dipartimento di Scienze Cliniche, “Sapienza”, Università di Roma tari ed alcuni microgranulomi nella lamina propria, LP, sia a livello ileale che colonico; lieve distorsione criptica, con focali immagini di criptite). Contestualmente è stata eseguita la coltura e la biopsia delle lesioni cutanee. L’istologia evidenziava una vasculite neutrofilica tipo pioderma gangrenoso, interpretata come manifestazione extra-intestinale della MC. La coltura ha successivamente rivelato la presenza su 3 campioni di Serratia Marcenses, bacillo Gram-negativo, Catalasi +, della famiglia delle Enterobacteriacee. Le infezioni isolate sono rare in età pediatrica, ma spesso rappresentano il sintomo di esordio delle immunodeficienze primitive (IP), in particolare delle disfunzioni dei fagociti (1). L’NBT test (test del nitroblu di tetrazolio) ha dimostrato un deficit dei fagociti nel produrre il normale burst respiratorio, indirizzando verso una diagnosi di Malattia Granulomatosa Cronica (CGD), IP causata dalla mutazione in uno dei componenti dell’enzima NADPH ossidasi. Il sequenziamento del gene CYBB ha confermato la diagnosi di CGD X-linked (2). La revisione dei vetrini ha evidenziato multipli granulomi epiteliodi nella LP e numerosi istiociti con citoplasma microvacuolizzato e debolmente pigmentati [Figura 2], reperto caratteristico della CGD (3). è stata iniziata profilassi con trimetoprim-sulfametossazolo (6 mg/kg/die) ed itraconazolo (5 mg/Kg/die) con risoluzione graduale delle lesioni cutanee e miglioramento degli indici di laboratorio. PUNTI CRITICI DELLA DIAGNOSTICA DIFFERENZIALE La sintomatologia intestinale e le lesioni cutanee tipo pioderma gangrenoso indirizzavano verso la diagnosi di MC. Il reperto endoscopico ed istologico e la positività degli ASCA avvaloravano tale ipotesi. La storia clinica di L. (piodermite neonatale, infezioni respiratorie ricorrenti, aftosi orale, skin tags perianali, età precoce di esordio dei sintomi intestinali, ascesso cutaneo da Serratia), era fortemente suggestiva per un coinvolgimento intestinale nel contesto di IP (3,4). Il supporto dei colleghi Immunologi, l’NBT test, la presenza di clusters di granulomi e di istiociti pigmentati all’istologia, sono stati fondamentali nella diagnosi differenziale. QUALI TAKE HOME MESSAGES? La CGD causa una colite granulomatosa Crohn-like, con caratteristiche cliniche, endoscopiche ed istologiche molto simili alla MC, per cui questa entità dovrebbe sempre essere considerata nella diagnosi differenziale delle MICI, soprattutto quando i sintomi esordiscono in età molto precoce, in presenza di malattia perianale, di ascessi cutanei e di un’anamnesi positiva per infezioni ricorrenti. BIBLIOGRAFIa 1. Friend JC, Hilligoss DM, Marquesen M et al. Skin ulcers and disseminated abscesses are characteristic of Serratia marcescens infection in older patients with chronic granulomatous disease. J Allergy Clin Immunol 2009;124:164-6. 2. Lekstrom-Himes JA, Gallin JI. Immunodeficiency diseases caused by defects in phagocytes. N Engl J Med 2000; 343:1703–14 3. Damen GM, van Krieken JH, Hoppenreijs E et al. Overlap, common features, and essential differences in pediatric granulomatous inflammatory bowel disease. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2010;51: 690–7 4. Marciano BE, Rosenzweig SD, Kleiner DE. Gastrointestinal involvement in chronic granulomatous disease. 43 Pediatrics 2004; 114: 462-8