Fascicolo 2 - Anno 2012

Transcript

Fascicolo 2 - Anno 2012
S
ommario
3
Commentary
I punti di forza del nostro Giornale
di Claudio Romano
4
Topic High Light
Intervista a Glenn Furuta
Il ruolo degli eosinofili nella patologia gastrointestinale
di Mariella Baldassarre
7
Continuing Medical Education Activities
Approccio al dolore addominale funzionale nel bambino
di H.F. Visser-Trip, M.A. Benninga
12
Pediatric Hepatology Outside Box
La colelitiasi in età pediatrica. Il punto di vista del clinico
di Diego Falchetti, Giovanni Boroni
16
Pediatric Nutrition Outside Box
Gestione domiciliare del bambino in nutrizione enterale
di Antonella Diamanti, Fabio Panetta
20
Training and Educational Corner
Lo svuotamento gastrico radioisotopico: un possibile nuovo
orizzonte per una metodica diagnostica stagionata?
di Lorenzo Biassoni
26
IBD HIGHLIGHTS
La mesalazina: cosa c'è di nuovo.
il punto di vista del pediatra e del gastroenterologo dell'adulto
di Graziella Guariso, Marco Gasparetto e Walter Fries
31
News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology
L’acido docosaesaenoico (DHA)
di Carlo Agostoni
S
35
OMMARIO
GASTROPED QUIZ
Sintomi intestinali e manifestazioni cutanee:
una diagnosi sofferta
di Fortunata Civitelli, Giovanni Ragusa
36
RECENT ADVANCE IN BASIC SCIENCE
La steatosi epatica non-alcolica:
il DHA ed il meccanismo molecolare
di Anna Alisi e Valerio Nobili
39
ENDOSCOPY LEARNING LIBRARY
L’ecoendoscopia in età pediatrica
di Barbara Bizzarri, Alessia Ghiselli, Gian Luigi de’ Angelis
41
PEDGI SNAPSHOTS
Il bambino con rettorragia
di Maria Teresa Illiceto, Giuliano Lombardi
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C
ommentary
I punti di forza del nostro Giornale
Nella fase di revisione di questo fascicolo del Giornale ho constatato l'alto profilo dei contributi pervenuti
dagli autori ai quali abbiamo commissionato gli articoli.
è sempre più consistente il contributo offerto da esperti internazionali (Furuta e Benninga in questo numero) su tematiche di estrema attualità in gastroenterologia pediatrica. Questo aspetto si correla in maniera
ottimale con la nuova linea editoriale e con lo sforzo, che dovrà essere prodotto e realizzato nei prossimi
anni, di rendere questo strumento di aggiornamento, una rivista scientifica trasversale e con un ampio
margine di diffusione che superi i confini nazionali.
Claudio Romano
Direttore Editoriale Giornale SIGENP
Le sindromi da ipereosinofilia, con il target principale costituito dall’apparato gastrointestinale, sono stati
approfonditi dal prof. Furuta, uno dei maggiori esperti a livello mondiale, con grande attenzione alle implicazioni sul piano clinico e terapeutico. Molto interessanti i topics che riguardano la nutrizione con una guida pratica sulla gestione dell’enterale da parte del gruppo di Antonella Diamanti che vanta una consolidata
esperienza sul campo e quelli trasversali di Carlo Agostoni sul ruolo dell’acido docosaesaenoico (DHA) e di
Valerio Nobili relativo ai moderni aspetti molecolari nella steatosi epatica. Non poteva mancare l’approfondimento nell’ambito di condizioni cliniche da “overlap”, come la colelitiasi, e nei quali la scelta tra un approccio medico o chirurgico non è sempre chiara e ben definita.
Abbiamo voluto dare uno spazio ampio ad una condizione con cui spesso il pediatra si misura nella pratica
clinica, quale il dolore addominale funzionale. Mark Benninga offre degli spunti estremamente interessanti ed attuali con l’obiettivo principale di cercare di modificarne l’approccio, limitando la cultura della medicalizzazione “spinta” che comporta alti costi diretti (indagini strumentali) ed indiretti (perdita di giorni
scuola per il bambino e lavorativi da parte dei genitori). Lo spazio dedicato alla diagnostica strumentale
consente di ridiscutere l’eventuale ruolo di una metodica per molti aspetti dimenticata (lo studio scintigrafico dello svuotamento gastrico) e di conoscere l’applicabilità di una nuova tecnica, quale l’ecoendoscopia,
in molte condizioni cliniche anche nel bambino. Non mancano i casi clinici, semplici, ma per molti versi
intriganti, il “faccia a faccia” con il gastroenterologo dell’adulto nella rubrica sulle IBD, ed infine la flowchart diagnostico-terapeutica dedicata ad una situazione clinica, quale la rettorragia, che spesso ed in maniera diversa nelle varie fasce di età, può essere espressione di importanti patologie di natura organica.
Quanti spunti per il Comitato Editoriale che a breve dovrà programmare l'annata 2013!
Claudio Romano
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Il ruolo degli eosinofili
nella patologia gastrointestinale
MARIELLA BALDASSARRE - U.O. di Neonatologia e T.I.N. del Policlinico Universitario di Bari
Glenn Furuta è sicuramente
tra i maggiori esperti
al mondo sulla patologia
gastrointestinale
da granulociti eosinofili.
Autore di una recentissima
review pubblicata sul JPGN,
svolge un’intensa
e continua attività di ricerca
nelle strutture
nelle quali lavora.
Come tutte le persone di
prestigio associa ad una
sorprendente affabilità
un “sense of humor”
di tipo anglosassone.
Fare la sua conoscenza
è un piacere per l’intelletto.
Qual è il ruolo degli eosinofili nelle malattie intestinali?
Gli eosinofili sono le cellule granulocitiche infiammatorie che si ritrovano con più
frequenza nei tessuti di pazienti con malattie gastrointestinali eosinofile (1) ma il loro
ruolo nelle malattie intestinali non può essere al momento considerato certo e probabilmente dipende dal tipo di patologia a cui sono associati. In relazione al tratto
di intestino in cui potrebbe essere evidenziata un’aumentata densità degli eosinofili
(esofago, stomaco, piccolo intestino o colon) è possibile ipotizzare che queste cellule
partecipino alla patogenesi dei disturbi della motilità esofagea, dell’ulcerazione intestinale, della diarrea o del dolore, ma in realtà l'esatto meccanismo alla base di questi disturbi è tutt’ora incerto. Anche in altre malattie, come le malattie infiammatorie
croniche intestinali, gli eosinofili, pur non essendo le cellule predominanti, sono tuttavia presenti in maggior numero (2) ed il loro ruolo continua ad essere studiato.
Quando ci si interroga sulle funzioni degli eosinofili nel tratto gastrointestinale, è importante ricordare che queste cellule sono in grado di sintetizzare e rilasciare una serie
di mediatori infiammatori tra cui proteine granulari, citochine e prodotti lipidici (3).
Singolarmente o in maniera sinergica tra loro, questi prodotti possono partecipare alla
contrazione muscolare, ai processi di alterazione e riarrangiamento dell’epitelio e di
fibrosi, eventi che rivestono un ruolo assai significativo nelle malattie intestinali. Allo
stesso tempo però gli eosinofili contengono e rilasciano proteine utili all’organismo
ospite tra cui le defensine: essi hanno inoltre la capacità di sintetizzare “trappole” extracellulari svolgendo un ruolo importante nella lisi batterica (4). Da tutto ciò si evince
che questo granulocita dal nucleo bilobato può svolgere funzioni distinte a seconda del
microambiente da cui è reclutato o dove infine risiede.
La loro presenza è una protezione o piuttosto un indice di malattia?
Ad eccezione dell'esofago gli eosinofili sono presenti in tutti i segmenti dell’apparato
gastrointestinale sano (5). Questa osservazione suggerisce che nella maggior parte
del tratto GI, essi rivestono un ruolo benefico ma quando si trovano in numero aumentato possono contribuire alla malattia.
è pertanto evidente che nell'esofago è
anormale la presenza di qualsiasi eosinofilo mentre i numeri ed i modelli che definiscono una patologia eosinofila nel restante
tratto gastrointestinale sono incerti.
Poiché le biopsie mucosali riescono di solito a prelevare solo una quantità limitata
di mucosa, la maggior parte delle descrizioni dei quadri patologici si riferisce al
numero di eosinofili nella lamina propria. Fondamentale per la ricerca in corso
e ugualmente importante per la cura cliniGlenn Furuta
ca, sarà l’analisi non solo del numero degli
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Glenn Furuta, MD, è Professore di Pediatria presso la Facoltà di Medicina dell’Università
di Denver (Colorado) dal 2007. Riveste un ruolo accademico anche nell’Istituto per la Salute
del tratto Gastrointestinale-Sezione di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica
al “Colorado Children’s Hospital” e nel Dipartimento di Pediatria
dell’Istituto Nazionale Ebraico di Sanità.
è direttore del Programma per le Malattie Gastrointestinali Eosinofile (GEDP), un programma
multidisciplinare dedicato alla presa in carico dei bambini con malattie gastrointestinali
eosinofile (EGIDs), compresa l’Esofagite Eosinofila.
Il Prof. Furuta si è laureato presso il “Baylor College of Medicine” (BCOM) a Houston (Texas),
nel 1986. Si è specializzato presso la Sezione di Gastroenterologia Pediatrica nella Facoltà
di Medicina ad Harvard (HMS)-(Boston, Massachusets, USA) dal 1990 al 1993 ed ha lavorato
dal 1993 al 2007 presso il “Children’s Hospital” di Boston e il Massachusetts
General Hospital presso la HMS.
Gli studi compiuti dal Prof. Furuta e dai suoi collaboratori sono volti a capire quali siano
i meccanismi attraverso cui gli eosinofili determinano la patologia del tratto gastrointestinale.
è autore di oltre 100 pubblicazioni, di numerosi capitoli di libri e rewiews, ed è l’editore di due
libri riguardanti le EGIDs e l’Esofagite Eosinofila. è membro della Società Nordamericana di
Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica (NASPGHAN),
dell’American Gastroenterological Association, della Fondazione Americana
per la Malattia di Crohn e della Società Internazionale per l’Eosinofilia.
eosinofili presenti nei tessuti, ma anche dei modelli di eosinofilia (cluster/ascessi, degranulazione), della localizzazione (intraepiteliale, intraluminale, muscolare-quando il
tessuto è disponibile), e delle caratteristiche infiammatorie associate (esofago: iperplasia della zona basale, fibrosi; intestino: iperplasia delle cripte, presenza di altre cellule
leucocitarie, fibrosi ecc) (6). La definizione di queste e di altre caratteristiche consentirà
di comprendere la rilevanza biologica degli eosinofili rispetto ai sintomi ed alla funzionalità gastrointestinale.
Quali sono le conseguenze a lungo termine della infiltrazione eosinofila della mucosa gastrointestinale?
Il ciclo vitale a livello intestinale degli eosinofili è sconosciuto ed è attualmente un affascinante campo speculativo.
Attualmente, non sappiamo quanto a lungo gli eosinofili rimangano nei tessuti e come
misurare la loro significatività biologica nel tempo. Se gli eosinofili sono presenti in tessuti epiteliali e sottoepiteliali che hanno caratteristiche di infiammazione cronica, come la
fibrosi nell’esofagite eosinofila, possiamo considerare che partecipino a questo processo
di rimodellamento. Alcuni dati (nostri e di altri autori) attribuiscono agli eosinofili un
ruolo nella fibrosi e nella trasformazione epitelio-mesenchimale ma sono necessari ulteriori studi per la profonda comprensione di questi processi (7).
Che cosa possiamo fare come misura preventiva?
Non sono attualmente note misure preventive per le malattie intestinali associate a eosinofilia. Per quanto riguarda l’Esofagite Eosinofila, una malattia cronica che è frequentemente associata ad allergie alimentari, la restrizione di alcuni allergeni alimentari è un
trattamento efficace, ma le misure preventive per ridurre le recidive non sono note (8,9).
Quali sono le nuove terapie?
Trattamenti efficaci per l’Esofagite Eosinofila includono restrizioni dietetiche e steroidi topici. Farmaci biologici, come l’anti-IL-5, rappresentano una nuova terapia,
utilizzata finora in 3 studi clinici (10,11). Questi studi hanno mostrato benefici nel
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Topic High Light
ESPGHAN - NASPGHAN
Key Points
u•Gli eosinofili sono le cellule gran
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la ricerca in corso e per la cura
clinica sarà l’analisi non solo del
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co che sembra promettente nelle
malattie gastrointestinali eosinofile
6
ridurre l’eosinofilia esofagea. Sfide per il futuro sono rappresentate dalla determinazione dell’impatto della malattia e dei trattamenti sulla qualità della vita, l'identificazione degli end-point terapeutici e la scoperta di nuovi bersagli terapeutici.
BIBLIOGRAFIA
1. Masterson JC, Furuta GT, Lee JJ. Update on clinical and immunological features of
eosinophilic gastrointestinal diseases. Current opinion in gastroenterology 2011;27:515-22.
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3. Blanchard C, Rothenberg ME. Biology of the eosinophil. Adv Immunol 2009;101:81-121.
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Reichenbach J, Gleich GJ, Simon HU. Catapult-like release of mitochondrial DNA by
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5. Collins MH. Histopathology associated with eosinophilic gastrointestinal diseases. Immunol
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6. Odze RD. Pathology of eosinophilic esophagitis: what the clinician needs to know.
Am J Gastroenterol 2009;104:485-90.
7. Kagalwalla AF, Akhtar N, Woodruff SA, Rea BA, Masterson JC, Mukkada V, Parashette KR,
Du J, Fillon S, Protheroe CA, Lee JJ, Amsden K, Melin-Aldana H, Capocelli KE, Furuta GT,
Ackerman SJ. Eosinophilic esophagitis: Epithelial mesenchymal transition contributes to
esophageal remodeling and reverses with treatment. The Journal of allergy and clinical
immunology 2012.
8. Furuta GT, Liacouras CA, Collins MH, Gupta SK, Justinich C, Putnam PE, Bonis P, Hassall
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review and consensus recommendations for diagnosis and treatment. Gastroenterology
2007;133:1342-63.
9. Liacouras CA, Furuta GT, Hirano I, Atkins D, Attwood SE, Bonis PA, Burks AW, Chehade M,
Collins MH, Dellon ES, Dohil R, Falk GW, Gonsalves N, Gupta SK,
10.Assa'ad AH, Gupta SK, Collins MH, Thomson M, Heath AT, Smith DA, Perschy TL,
Jurgensen CH, Ortega HG, Aceves SS. An antibody against IL-5 reduces numbers of
esophageal intraepithelial eosinophils in children with eosinophilic esophagitis.
Gastroenterology 2011;141:1593-604.
11.Spergel JM, Rothenberg ME, Collins MH, Furuta GT, Markowitz JE, Fuchs G, 3rd,
O'Gorman MA, Abonia JP, Young J, Henkel T, Wilkins HJ, Liacouras CA. Reslizumab in
children and adolescents with eosinophilic esophagitis: results of a double-blind, randomized,
placebo-controlled trial. The Journal of allergy and Clinical Immunology 2012;129:456-63,
463 e1-3.
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Recurrent abdominal
pain (RAP) is a common
complain in pediatric age
with prevalence up to 19%.
Although many organic
conditions may cause
RAP, in the vast majority
of these children the pain
is functional and classified
according to Rome III
criteria into five different
abdominal pain-related
functional gastrointestinal
disorders (FGIDs). Because
of the high spontaneous
resolution of the pain, a stepwise approach is reasonable
with the first step being
education, identification,
and modification of
stress factors and dietary
interventions if necessary.
When symptoms persist
or reoccur, the next step
could be a trial of one of the
psychological treatments
preserving pharmacological
interventions for those
patients who fail the abovementioned therapies or are
unwilling to consider it. There
is no doubt that additional
research is needed.
Approccio al dolore addominale
funzionale nel bambino
H.F. Visser-Trip, M.A. Benninga
Emma Children’s Hospital, Academic Medical Center di Amsterdam (Netherlands)
INTRODUZIONE
I dolori addominali rappresentano un problema comune in età pediatrica, con una
prevalenza tra l’1% e il 19%, ed interessano dal 2 al 4% delle visite pediatriche ambulatoriali (1). Il disturbo risulta caratterizzato da un dolore addominale cronico,
ricorrente o continuo non ben localizzato, che può aumentare e diminuire con periodi asintomatici intervallati da periodi di dolore, e può compromettere profondamente le attività quotidiane del bambino con un significativo impatto sull’attività
scolastica e sulla qualità di vita. Sebbene molte condizioni patologiche come malattie infettive, metaboliche o anatomiche possono causare dolori addominali ricorrenti (DAR), nella maggior parte dei casi l’origine di essi è funzionale, cioè senza evidenza di un disordine sottostante. I criteri di “Roma III” sui disordini funzionali
gastrointestinali (DFGI) classificano il DAR in 5 sottotipi (2):
• dispepsia funzionale (FD)
• sindrome del colon irritabile (IBS)
• emicrania addominale
• dolore addominale funzionale (FAP)
• sindrome da dolore addominale funzionale
I DFGI sono definiti come una combinazione variabile di sintomi gastrointestinali
cronici e ricorrenti non spiegati da anomalie strutturali o biochimiche. L’eziologia e
la patogenesi dei DFGI è ancora largamente sconosciuta ma numerosi studi suggeriscono che il dolore possa essere il risultato di un disturbo nella comunicazione tra
cervello e intestino, coinvolgendo l’ipersensibilità viscerale, l’ipervigilanza sensoriale
gastrointestinale e la dismotilità gastrointestinale.
Esistono pochi studi che valutano l’efficacia della terapia farmacologica e comportamentale del DFGI nel bambino. Inoltre, vi è carenza di studi placebo-controllati con
un adeguato campionamento e una adeguata durata degli interventi terapeutici,
così come la risposta al placebo oscilla tra il 20% e il 50%. L’attuale approccio di
molti pediatri nel trattare bambini con DFGI è rappresentato dal sostegno ed empatia per la famiglia, e dalla rassicurazione sull’assenza di patologia organica e dalla
rassicurazione sulla risoluzione nel tempo del problema. Fino al 70% dei bambini ha
una risoluzione dei loro disturbi. Se necessari, specifici trattamenti includono l’educazione, l’identificazione e la modificazione dei fattori di stress psicologici, interventi dietetici, terapie farmacologiche e terapie psicologiche (3).
EDUCAZIONE
Un’importante ruolo nel trattamento del bambino con FAP cronico è rappresentato
dall’educazione della famiglia e del paziente. é necessario enfatizzare il fatto che il
dolore sia reale anche in assenza di una patologia sottostante. Comparare il dolore
addominale con la cefalea può aiutare ai genitori a capire che il bambino può avere
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Continuing Medical Education Activities
esperienza del dolore in assenza di anomalie organiche. Il pediatra curante deve
spiegare la natura e la fisiopatologia del dolore ai genitori e ai bambini e rassicurarli
attraverso la rivalutazione dei dati disponibili come la normalità dell’esame obiettivo, la normale crescita e la normalità degli esami di screening. Il trattamento deve
focalizzarsi di meno sull’attenuazione del dolore e di più sul ritorno alle normali attività quotidiane, e la risposta dei genitori al disturbo del bambino è fondamentale
nel ripristino del normale stile di vita. L’eccessivo coinvolgimento e il rinforzo da
parte dei genitori è associato ad un modo inefficace del bambino di affrontare il dolore. D’altra parte però, anche l’attenzione negativa al dolore in un bambino con
bassa autostima è associata ad un incremento del dolore, probabilmente mediante la
creazione di un sofferenza affettiva che a sua volta contribuisce ai sintomi somatici.
Quindi, l’attitudine dei genitori verso il dolore dovrebbe essere bilanciata, mostrando supporto e comprensione, ma stando attenti al fatto che l’eccessiva attenzione e
la non regolare frequentazione scolastica potrebbe determinare un ulteriore incremento della sintomatologia.
IDENTIFICAZIONE E MODIFICAZIONE DEI FATTORI DI STRESS
L’identificazione di possibili fattori di stress fisici e psicologici, che giocano un ruolo
nell’origine, esacerbazione o mantenimento del dolore, sono un aspetto fondamentale nell’approccio terapeutico. Il riconoscimento di possibili fattori fisici di stress
(per esempio distensione gastrica postprandiale) può supportare interventi farmacologici utili nell’alleviare il dolore. Eventi stressanti psicologici di vita quotidiana (per
esempio la morte di un membro della famiglia, problemi scolastici) possono esacerbare i sintomi dolorosi. è importante porre attenzione a questi fattori in quanto
l’accettazione da parte dei genitori di fattori psicologici nell’eziologia del DFGI è
fondamentale per la risoluzione del disturbo.
INTERVENTI DIETETICI
I genitori dei bambini con DFGI frequentemente considerano un’intolleranza alimentare la causa della sintomatologia, riportando per esempio un peggioramento
del dolore nel periodo postprandiale. Ciò, comunque, non risulta essere inusuale in
quanto dopo l’assunzione di cibo vi è una caratteristica attivazione della motilità
intestinale. Dunque è fondamentale che sia i genitori che gli stessi pazienti acquisiscano il concetto che l’assunzione del cibo, indipendentemente dal tipo di alimento,
possa determinare un peggioramento clinico. Inoltre bisogna essere consapevoli che
restrizione dietetiche in bambini senza una diagnosi definitiva possono avere effetti
negativi sulla crescita e sullo sviluppo.
Fibre
La più comune forma di consiglio dietetico offerta ai pazienti con DAR è stata l’incremento quotidiano di fibre. Una dieta ricca di fibre può essere molto utile in quel
sottogruppo di pazienti con stipsi, dove le fibre riducono il tempo di transito intestinale. Due studi randomizzati controllati hanno valutato l’effetto della supplementazione di fibre nella dieta di bambini con DAR. L’analisi dei risultati di entrambi gli
studi non supporta l’utilizzo delle fibre.
Esclusione del lattosio
Due studi hanno valutato l’effetto di un trial di esclusione del lattosio in bambini con
dolore addominale cronico. Durante il trial dietetico, non vi era differenza tra i bambini che riferivano sollievo, sia che essi fossero tolleranti al lattosio sia che fossero
intolleranti, sia che ricevessero lattosio che latte delattosato. Quindi sembra non esserci associazione nel bambino tra DAR e intolleranza al lattosio e sembra improbabile che una dieta delattosata migliori i sintomi di DAR.
8
Approccio al dolore addominale funzionale nel bambino
Allergie alimentari
Molti genitori sono convinti che l’allergia alimentare giochi un ruolo importante
nella genesi dei sintomi del loro bambino, decidendo essi stessi di iniziare uno stretto
regime dietetico senza alcuna consultazione specialistica. Il ruolo delle allergie alimentari e in particolare dell’allergia alle proteine del latte nei DAR, così come la
migliore modalità di diagnosi delle allergie sono tuttora un argomento controverso,
ma le reazioni avverse al cibo sembrano rappresentare il fattore causale in meno del
5% dei casi (4).
Probiotici
Nei bambini con dolore addominale funzionali sono stati eseguiti tre studi randomizzati placebo-controllati con il Lactobacillus GG (LGG) (5). Nel primo studio non
sono stati riscontrate differenze nei sintomi gastrointestinali ad eccezione di una riduzione della percezione di distensione addominale. Nel secondo studio, un miglioramento della severità del dolore è stato riscontrato in pazienti con IBS, ma non in
pazienti con FAP e in quelli con FD. Nel terzo studio, l’LGG ha ridotto significativamente la frequenza e la severità del dolore in bambini con IBS, con un effetto prolungato nel tempo. Infine, in uno studio placebo-controllato che ha valutato l’efficacia del VSL3 in bambini e adolescenti con IBS, l’utilizzo del probiotico rispetto al
placebo era associato ad un significativo aumento della valutazione soggettiva del
sollievo dai sintomi, ad una riduzione del dolore e del gonfiore addominale (6).
TRATTAMENTO FARMACOLOGICO
I farmaci comunemente utilizzati nei DFGI sono generalmente diretti ad alleviare il dolore,
più che modificare precise anomalie fisiopatologiche. Tuttavia, con l’aumento delle conoscenze fisiopatologiche, nuove strategie terapeutiche sono state ricercate allo scopo di modulare la funzione motoria gastrointestinale, la risposta neuro-ormonale allo stress, le citochine
infiammatorie e l’elaborazione centrale del dolore (2,7).
H2-antagonisti
Uno studio in doppio cieco placebo-controllato ha valutato l’effetto della famotidina, un
antagonista dei recettori H2, in 25 bambini con dolore addominale (28). Sebbene su una
scala di valutazione globale soggettiva, molti pazienti riportavano un miglioramento in corso
di terapia con famotidina rispetto al placebo, solo il sottogruppo di pazienti con FD mostravano un significativo miglioramento dei sintomi.
Agenti serotoninergici
La serotonina (5-HT) è considerato uno dei neurotrasmettitori chiave nella modulazione della sensibilità viscerale e della motilità gastrointestinale. Modificazioni nella trasmissione serotoninergica sono stati riportati in adulti con IBS, sebbene il ruolo di tali cambiamenti rimane
da stabilire. La serotonina può essere modulata da antagonisti (parziali) così come dai SSRIs.
Studi in adulti con DFGI hanno dimostrato che entrambi i gruppi di farmaci possono migliorare la sintomatologia. Gli effetti del pizotifene, un potente antagonista dei recettori 5-HT2, e
del citalopram, un inibitore selettivo del reuptake serotoninergico, sono stati studiati anche in
età pediatrica. Il pizotifene è stato comparato con il placebo in 14 bambini con emicrania
addominale; ne è risultata una riduzione nella durata del dolore addominale. Il citalopram è
stato studiato in 25 bambini con dolore addominale funzionale e l’84% ha mostrato una riduzione della intensità del dolore addominale, dell’ansia, della depressione. Sebbene il citalopram sembra essere efficace nel trattamento nei DFGI, sono necessari studi randomizzati
placebo-controllati con un maggior numero di pazienti.
Antidepressivi triciclici
In passato le raccomandazioni sull’uso degli antidepressivi triciclici (TCAs) per il trattamento del FAP nel bambino si basavano principalmente su esperienze aneddotiche (81) o su
9
Continuing Medical Education Activities
pazienti adulti. Il meccanismo di azione sembra coinvolgere la riduzione della percezione
del dolore, il miglioramento dell’umore e del pattern del sonno, così come la modulazione
sensoriale nel tratto gastrointestinale. In 2 studi doppio-cieco placebo-controllati, i pazienti
trattati con amitriptilina hanno mostrato un lievissimo o addirittura nessun miglioramento
della sintomatologia algica rispetto al placebo (8). I potenziali effetti collaterali dei TCAs,
incluso quello riportato di morte improvvisa in un bambino, la scarsa efficacia terapeutica e
la perdita di efficacia sulla depressione presente come comorbidità non suggeriscono il loro
utilizzo in età pediatrica come farmaci di prima linea.
Altri
La ciproepatidina è un farmaco con molteplici azioni, incluse quelle antistaminiche, anticolinergiche, antiserotoninergiche, e calcio-bloccante. è stato utilizzato nella prevenzione del dolore e del vomito nell’emicrania addominale e nel vomito ciclico. In un piccolo studio randomizzato placebo-controllato in 29 bambini e adolescenti con FAP, la terapia con
ciproeptadina era associata ad un miglioramento e/o alla risoluzione del dolore addominale.
APPROCCIO PSICOLOGICO
I bambini con il FAP hanno una maggiore probabilità di presentare alti livelli di ansia e di
depressione. Quindi terapie per tali sintomi sembrano essere ideali per il trattamento dei pazienti con DFGI. La terapia cognitivo-comportamentale (CBT) si è dimostrata essere efficace
nel trattamento dei disturbi dell’ansia e della depressione nel bambino. Per cui esiste uno
stretto razionale nell’usare la CBT in bambini con dolori addominali funzionali. In un recente trial, 200 bambini e adolescenti con FAP sono stati randomizzati a ricevere o 3 sessioni di
CBT familiare (gruppo pazienti) o nessuna terapia in associazione ad una educazione basale
di anatomia del tratto gastrointestinale e di nutrizione (gruppo controllo) (9). I bambini sottoposti a CBT mostravano una significativa riduzione della severità dei sintomi, così come i loro
genitori mostravano una significativa riduzione delle risposte di sollecitazione al dolore del
bambino. I risultati di questo studio supportano la teoria del “social learning” nei DFGI pediatrici ed evidenziano il ruolo fondamentale della risposta dei genitori nell’influenzare la capacità del bambino di adattarsi al dolore (child coping). In un altro studio, il gruppo sottoposto a CBT mostrava effetti generalizzati più rapidi in ambito scolastico, e la maggior parte
di essi era priva di sintomi al controllo a 3 mesi (10). Nel terzo studio, ai controlli a 6 e 12
mesi il numero bambini con ricomparsa del dolore era significativamente inferiore nel gruppo sottoposto a CBT rispetto al placebo. Le capacità di autocontrollo attivo dei bambini e le
strategie materne nel prendersi cura di loro erano dei predittori indipendenti dell’andamento
del dolore dopo il trattamento (11). Infine, nel quarto studio sia i bambini che i genitori sottoposti a CBT riportavano fino ad un anno dopo l’inizio dello studio un miglioramento del
dolore, ed una riduzione delle assenze scolastiche (12). In conclusione, tali studi suggeriscono
che la CBT sia utile nel migliorare il dolore e la disabilità nei bambini con FAP.
L’immaginazione guidata (guided imagery) è una forma specifica di rilassamento e concentrazione in cui viene insegnato ai pazienti ad immaginare se stessi in una scena tranquilla,
così da creare una esperienza senza stress e ansia. Questo può essere combinato con altre
tecniche di rilassamento atte a produrre uno stato di aumentata ricettività nei confronti di
specifiche immagini e idee relative all’intestino conosciute come “ipnoterapia intestino-diretta”. Il meccanismo di azione non è ancora ben conosciuto. Il sollievo dal dolore potrebbe
avvenire a livello intestinale o attraverso la modificazione di processi del CNS. Nei bambini
con DAR diversi studi hanno evidenziato l’efficacia della ipnoterapia intestino-diretta nella
riduzione a breve e lungo termine del dolore addominale (13).
terapie complementari
Molti pazienti con DFGI hanno posto il proprio interesse verso terapie complementari e alternative come rimedi alle erbe, agopuntura, o massaggio. Potrebbe essere utile per i pediatri
e i gastroenterologi cominciare a familiarizzare con queste terapie, in considerazione del fatto
che alcuni pazienti già lo hanno fatto. Inoltre alcune terapie complementari non sono prive di
10
Approccio al dolore addominale funzionale nel bambino
eventi avversi e i pazienti non dovrebbero assumere questi prodotti senza la supervisione di un
medico. Differenti erbe medicinali sono state utilizzate in pazienti con IBS e RAP con risultati
misti. In un piccolo studio randomizzato placebo-controllato di sole 2 settimane, il 76% dei pazienti in terapia con la menta piperita riportava una riduzione dei sintomi rispetto al 19% del
gruppo placebo (14). La massaggio-terapia è comunemente utilizzata come modalità di medicina complementare in pazienti con dolore cronico. Recentemente, è stato dimostrato che il massaggio sia in grado di aumentare il tono vagale e la motilità gastrica. uno studio nei bambini ha
esaminato l’effetto del massaggio in lattanti con sintomi colici (15). Gli autori hanno concluso che
la riduzione del numero totale e del numero di ore di pianto da coliche rifletta il corso naturale
del pianto e delle coliche del lattante e non specifico effetto dell’intervento.
CONCLUSIONI
Poiché il dolore correlato ai DFGI tende ad essere cronico, con un andamento sinusoidale
(waxing and waning), una cura efficace e rapida per ciascun paziente risulta essere improbabile. Poiché vi è una elevata remissione spontanea che oscilla dal 30 al 70%, un approccio
step-wise sembra essere ragionevole con un primo step rappresentato dalla educazione, identificazione e modificazione dei fattori di stress, con interventi nutrizionali se necessario. Se i
sintomi persistono o si ripresentano, lo step successivo è rappresentato da un trial di uno dei
trattamenti psicologici come CBT, (self)-ipnosi, o l’immaginazione guidata. Gli interventi farmacologici dovrebbero essere riservati per quei pazienti in cui le terapie sopra menzionate
non risultano essere efficaci, o per coloro che sono riluttanti a considerarle.
Key Points
• I dolori addominali rappresentano un problema comune in età
pediatrica, con una prevalenza
tra l’1% e il 19%
• Un’importante ruolo nel trattamento del bambino con dolori
addominali funzionali è rappresentato dall’educazione della famiglia e del paziente, così come
l’identificazione di possibili fattori di
stress fisici e psicologici è un aspetto fondamentale nell’approccio
terapeutico
• L’approccio psicologico rappresenta al momento la terapia di
scelta nel trattamento dei DAR
funzionali, mentre non vi sono le
stesse evidenze per le altre terapie farmacologiche. Ulteriori studi
sono necessari per stabilire la reale
efficacia di molti farmaci utilizzati
nel trattamento dei DAR funzionali
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11
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Cholelithiasis is diagnosed
more and more frequently
in pediatric patients.
Recognized causal factors
include hemolytic diseases,
total parenteral nutrition,
ileal disease or resection,
certain antibiotics,
and family history; recently
a rising amount
of cholesterol stones
are seen in adolescents
for increased estrogen
and obesity.
Echography is the
diagnostic test of choice.
In case of common bile
duct stones an anomalous
pancreatobiliary duct
junction needs to be
excluded first with
cholangiopancreatography
RMN. Gallstones can
lead to biliary cholics
and severe complications
including cholecistitis,
choledocholithiasis, acute
pancreatitis.
While spontaneous
resolution of gallstones
is frequent in infants,
laparoscopic
cholecystectomy is the
therapy of choice for
symptomatic patients and
as a prophylaxis in children
with large gallstones,
congenital hemolytic
anemia or nonfunctioning
gallbladders.
12
La colelitiasi in età pediatrica.
Il punto di vista del clinico
Diego Falchetti1, Giovanni Boroni2
1 Chirurgia Pediatrica, Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano
2 Chirurgia Pediatrica, Ospedale dei Bambini, Spedali Civili di Brescia
EPIDEMIOLOGIA
La reale prevalenza di litiasi biliare in età pediatrica non è nota, sia perché spesso asintomatica, sia per la scarsità di dati epidemiologici, ma può essere stimata tra lo 0.13%
e il 2% nei soggetti fino a 19 anni (1).
Il rilievo di materiale iperecogeno in colecisti è stato descritto in ogni età della vita, a
partire dalla 28° settimana di gravidanza. Dall’epoca neonatale l’incidenza aumenta
con l’età, senza predilezione di sesso fino alla pubertà; in seguito vi è una prevalenza
nel sesso femminile per tutta l’età adulta (2,3). Specifiche popolazioni di pazienti presentano un rischio aumentato: il 38% dei soggetti con sferocitosi sviluppa una calcolosi biliare entro i 13 anni e il 15% degli affetti da drepanocitosi entro i 10 anni; oltre il
40% dei bambini in nutrizione parenterale totale è affetto da calcolosi. L’obesità, sempre più diffusa nel bambino, ha contribuito al recente aumento di colelitiasi in età pediatrica (4).
Esistono dei cluster razziali di maggiore incidenza, come i nativi americani e messicani,
e anche familiari, che suggeriscono una componente di predisposizione genetica (5).
FISIOPATOLOGIA
La formazione dei calcoli richiede la presenza contemporanea di tre condizioni:
1) lo squilibrio nella composizione della bile, per un eccesso di bilirubina non coniugata (c. pigmentari) o per eccesso di colesterolo (c. colesterinici).
L’eccesso di bilirubina si riscontra abitualmente negli stati iperemolitici (malattie emolitiche, cirrosi), e può essere secondaria a malattie dell’ileo terminale (Crohn, fibrosi cistica).
La sovra-saturazione di colesterolo può essere conseguente ad una sua aumentata secrezione
(obesità, dislipidemie, rapido dimagrimento, terapie estrogenicihe o gravidanze), o a una diminuita secrezione di acidi biliari o di fosfolipidi biliari.
2) la precipitazione nella soluzione biliare sovrasatura dei componenti in eccesso sotto forma
di cristalli.
3) la presenza di stasi biliare che permette la crescita dei cristalli biliari e la loro aggregazione
in una matrice mucosa con formazione dei calcoli ed eventuale successivo deposito di sali
di calcio (1).
Il rischio di sviluppare calcoli sarebbe il risultato dell’interazione tra polimorfismi litogenici in diversi geni (per es. i geni ABCG8 e ABCG5 implicati nel metabolismo del
colesterolo) e multipli fattori ambientali, non sempre identificabili nei casi di calcolosi
“idiopatica” (5).
Le principali cause e fattori di rischio di litiasi biliare sono riassunte nella Tabella 1 per
prevalenza nelle varie fasce di età pediatrica
I rari casi a riscontro prenatale sono verosimilmente favoriti da fattori ormonali di origine materna o placentare.
Nell’adolescente oltre la metà dei casi è costituito da calcolosi idiopatica, con gli stessi
fattori di rischio dell’età adulta (1,6).
In conseguenza dei vari fattori predisponenti, nei primi anni di vita i calcoli sono frequentemente di natura pigmentaria, mentre quelli di colesterolo si osservano soprattutto nel
paziente adolescente. I calcoli di carbonato di calcio sono generalmente più rari ma rappresentano almeno un quarto di tutti i
calcoli in età pediatrica (1). Il ceftriaxoTabella 1 Principali cause e fattori di rischio di litiasi biliare per prevalenza
ne, escreto in alta concentrazione nella
nelle varie fasce di età pediatrica
bile, determina una pseudolitiasi reversibile nel 25%-40% dei pazienti che
Fascia di età
Principali cause e fattori di rischio di colelitiasi
lo assumono per più di 4 giorni.
Fattori di rischio
• Nutrizione parenterale totale
• Resezioni intestinali estese
• Dilatazione congenita della via biliare (cisti del coledoco)
• Stenosi del coledoco
QUADRI CLINICI
Nell’adulto la colelitiasi è sintomatica
nel 20% dei casi, mentre in età pediatrica si arriva al 67%, con un ampio
spettro di manifestazioni cliniche dai
sintomi tipici della colica biliare, a
quelli delle possibili complicanze (colecistite, coledocolitiasi, pancreatite biliare e colangite ascendente). Il rischio
di carcinoma a distanza è maggiore se
i calcoli superano i 3 cm di diametro,
se associati a polipi della colecisti maggiori di 1cm o a calcificazioni della parete della colecisti (2,3).
Nel lattante il sintomo più frequente è
l’ittero colestatico per ostruzione della
via biliare principale da parte di calcoli migrati dalla colecisti, mentre nelle
età successive il quadro clinico è più
spesso di dolore addominale, non sempre con le caratteristiche tipiche della
colica biliare, associato a nausea e vomito (1,7).
DIAGNOSTICA
lattante
Condizioni favorenti
• Prematurità
• Sepsi
• Disidratazione acuta (vomito, diarrea, diuresi forzata)
• Emolisi neonatale transitoria (es. incompatibilità AB0)
• Farmaci (furosemide, ceftriaxone)
Stati iperemolitici
• Drepanocitosi
• Sferocitosi ereditaria
• Talassemia
• Deficit di G6PD o di piruvato kinasi
• m. di Gilbert
• Protesi valvolari cardiache
• m. di Wilson
Nutrizione parenterale totale
bambino prepubere
Malattie dell’ileo terminale
• m. di Crohn
• Resezione intestinale estesa
• Fibrosi cistica
Cirrosi, colestasi intraepatica familiare progressiva
Stasi ± infezione biliare
• Dilatazione congenita della via biliare (cisti del coledoco)
• Colangite sclerosante
• Stenosi/compressione estrinseca della via biliare (cavernoma portale)
Gli esami di laboratorio danno informazioni utili in caso di complicanStati ipercolesterolemici
za e sulla valutazione dell’origine del• Familiarità
la colelitiasi (emolisi, dislipidemia…).
• Obesità
adolescente
• Contraccettivi orali
L’ecografia rappresenta il gold-stan• Gravidanza
dard per la diagnosi di calcolosi con
sensibilità e specificità superiore al
95%. Nell’80-90% dei casi i calcoli
sono a sede colecistica, nel 10-20% nella via biliare principale. I calcoli determinano
una immagine iperecogena e, a differenza delle rare neoformazioni parietali, sono
usualmente mobili al variare del decubito, soprattutto quando la colecisti è ancora contrattile. Nei pazienti con colecistite acuta si riscontra un ispessimento della parete colecistica oltre i 3mm, spesso associato ad aumento della vascolarizzazione e alla presenza
di una falda liquida pericolecistica. La presenza di sali di calcio, importante per stabilire l’orientamento terapeutico, è indicata dall’eventuale cono d’ombra posteriore e,
con maggiore sicurezza dall’immagine radioopaca all’RX addome diretto.
I calcoli della via biliare principale sono visualizzati come immagini iperecogene, più
13
Pediatric Hepatology Outside Box
spesso fisse, talvolta con l’evidenza di una dilatazione delle vie biliari e/o del dotto di
Wirsung a monte. È importante in questi casi una accurata diagnosi differenziale
con la cisti del coledoco, poichè la calcolosi in questo caso è secondaria alla malformazione della giunzione biliopancreatica (1,7).
Qualora sia necessario uno studio morfologico accurato delle vie biliari va eseguita
una colangiografia la cui metodica attualmente più utilizzata è la colangio-risonanza magnetica, che richiede una sedazione nel bambini più piccoli per ottenere
immagini adeguate. L’alternativa, più invasiva, è la colangio-pancreatografia
retrograda endoscopica che ha limiti di eseguibilità nel lattante e può comportare il rischio di complicanze importanti (pancreatite acuta, emorragie, perforazioni),
ma permette di completare l’indagine diagnostica con procedure terapeutiche.
L’ecoendoscopia consente uno studio estremamente accurato della via biliare e
rileva microlitiasi non evidenti all’ecografia transaddominale, ma le dimensioni del
trasduttore ne limitano l’uso ai pazienti più grandi.
Trattamento
Per la strategia terapeutica è essenziale distinguere i casi di litiasi con depositi di calcio, da quelli di colesterolo perché solo questi ultimi sono passibili di trattamento
farmacologico con acido ursodesossicolico (UDCA)
L’UDCA agisce come inibitore della sintesi epatica di colesterolo e quindi ne riduce
la concentrazione biliare con il risultato finale di dissolverne progressivamente le
concrezioni. Perché la terapia sia efficace sono necessari alcuni requisiti (8):
• I calcoli devono essere costituiti in gran parte di colesterolo, non devono superare i
15mm di diametro e non devono occupare più di ¼ del volume della colecisti a digiuno
• La colecisti deve essere funzionalmente contrattile
• Il dotto cistico e la via biliare principale devono essere pervi
• Il normale circolo enteroepatico dei sali biliari non deve essere compromesso.
Per queste limitazioni la terapia medica nella realtà clinica presenta una scarsa efficacia, ulteriormente ridotta da una elevata incidenza di recidive (3). La terapia medica risulta peraltro efficace e sicura nei casi di micro-concrezioni e di sludge biliare,
per la somma dell’effetto dissolvente e della migrazione attraverso il dotto cistico
delle minime concrezioni residue.
La litiasi secondaria a ceftriaxone generalmente recede spontaneamente in qualche
settimana dopo la sospensione del farmaco
Nella colecistolitiasi lo standard terapeutico è la colecistectomia laparoscopica,
nettamente superiore a quella tradizionale per i vantaggi connessi alla minore aggressione chirurgica (9,10).
L’intervento è indicato nei pazienti sintomatici, e in quelli asintomatici con fattori
predisponenti (emolisi congenite, dipendenza da TPN o esiti di resezione estesa del
tenue), mentre può essere procrastinato nei pazienti asintomatici senza fattori di rischio.
L’attesa va comunque valutata con attenzione per prevenire le possibili complicanze,
soprattutto nei casi di:
• colecisti contrattile e calcoli multipli compatibili con la migrazione, per il rischio di
ostruzione del coledoco o della papilla
• colecisti non contrattile o con calcoli voluminosi, per il rischio di flogosi acuta e cronica
connessa alla stasi e ai microtraumi.
Quando possibile è preferibile intervenire quanto prima in elezione, o anche all’esordio di una colecistite acuta, perché sono stati riportati decorsi postoperatori più
14
La colelitiasi in età pediatrica
impegnativi nei pazienti operati in urgenza per complicanze di colelitiasi.
Nei neonati e nei lattanti la colecistolitiasi ha maggiore tendenza alla risoluzione
spontanea quindi, in assenza di evidente sintomatologia o complicanze, il trattamento conservativo sotto vigile osservazione può essere protratto per mesi prima di porre
l’indicazione chirurgica.
La litiasi del coledoco avviene raramente nei bambini, riportata fra il 2 e il 7% di
tutti i pazienti con colelitiasi e può complicarsi con ittero, coliche biliari, colangiti e
pancreatiti. Il trattamento prevede la colecistectomia laparoscopica associata a colangiografia intraoperatoria trans cistica oppure la colecistectomia combinata alla
ERCP, con timing anche differiti fra loro.
L’ERCP per la rimozione dei calcoli del coledoco richiede la sfinterotomia che sembra comportare un rischio immediato di pancreatite acuta superiore rispetto all’adulto, mentre le conseguenze a lungo termine non sono state ancora ben definite per
l’età pediatrica.
Il lavaggio della via biliare principale può essere eseguito anche per via percutanea
trans epatica nei casi di litiasi coledocica isolata senza coinvolgimento della colecisti,
quadro più frequentemente osservato nei primi mesi di vita.
La litiasi coledocica associata alla malformazione della giunzione bilio-pancreatica
comporta la necessità dell’asportazione completa della via biliare principale e il confezionamento di un’anastomosi bilio-digestiva all’origine del dotto epatico.
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Key Points
•La prevalenza della litiasi biliare
in età pediatrica è stimata tra lo
0.13% e il 2% con tendenza all’aumento per il recente diffondersi
dell’obesità
Nei pazienti prepuberi i calcoli
•
sono frequentemente secondari a
patologie emolitiche, mentre dopo
l’adolescenza prevalgono gli stessi
fattori di rischio dell’età adulta
L’ecografia rappresenta il gold•
standard per la diagnosi di calcolosi con sensibilità e specificità
superiore al 95%
•La terapia medica con UDCA ha
una modesta efficacia, unicamente su calcoli di colesterolo ed
una elevata incidenza di recidive
•La colecistectomia laparoscopica
è la terapia di scelta nelle colecisto-litiasi sintomatiche e in quelle
asintomatiche con fattori predisponenti; l’intervento può essere
procrastinato solo nei pazienti asintomatici senza fattori di rischio
•I casi di coledoco-litiasi richiedono
una accurata diagnostica, poichè
la calcolosi può essere secondaria
alla malformazione della giunzione
biliopancreatica
15
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Enteral nutrition (EN)
is indicated if energy
and nutrient requirements
cannot be met by
regular food intake, if the
gastrointestinal tract is, at
least partially, able to digest
and absorb. Many children
with reduced oral intake,
or digestion and absorption
disorders or increased
nutritional requirements and
losses, could require EN
at home (HEN).
The knowledge about the
management of HEN should
be extended because its use
seem to be increasing.
Gestione domiciliare del bambino
in nutrizione enterale
ANTONELLA DIAMANTI, FABIO PANETTA
Epatogastroenterologia e Nutrizione, Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù” di Roma
DEFINIZIONE
Per Nutrizione Enterale (NE) si intende l’infusione di nutrienti mediante sonde ma anche
la somministrazione per via orale di supplementi nutrizionali specifici per alcune condizioni patologiche (1-4). La NE, una volta avviata in ospedale, può essere proseguita a
domicilio (NED) in modo efficace con una bassa prevalenza di complicanze, sotto il monitoraggio di un team nutrizionale (1,5).
Tutti i pazienti in NED devono essere infatti assistiti con l’intervento di professionalità multidisciplinari che includano dietisti, infermieri, ed altre professionalità coinvolte nella assistenza domiciliare (terapisti della riabilitazione e del linguaggio) (1,5).
Accanto al paziente è necessaria la presenza di un familiare e del pediatra di libera
scelta per la diagnosi ed il trattamento di eventuali problemi potenziali (5). I familiari devono ricevere un protocollo di assistenza con il programma di monitoraggio e i
numeri di telefono (emergenza e routinari), da utilizzare in caso di problematiche
emergenti (5).
EPIDEMIOLOGIA
I dati epidemiologici attualmente disponibili riportano una prevalenza di NED in pediatria pari a 8.4 casi/per milione di abitanti (6). Sussistono però notevoli differenze tra le
varie regioni sia in termini di prevalenza, che in termini di appropriatezza delle indicazioni e di protocolli di realizzazione (5,6). Una recente rivalutazione della epidemiologia
della NED pediatrica in Italia, condotta nell’ambito della SIGENP, sembra mostrare un
incremento significativo nella prevalenza di tale tecnica nutrizionale rispetto al dato precedente (dati non pubblicati).
INDICAZIONI PER UN CORRETTO APPROCCIO
Nella Tabella 1 vengono riportate le condizioni patologiche richiedenti la NED e la
specifica indicazione (1-5,7,8).
Tabella 1 Indicazioni alla Nutrizione Enterale (1)
Insufficiente apporto orale
Disfagia funzionale
Disfagia organica
1. Prematurità
1. Neoplasie, traumi ed ustioni primo tratto digestivo
2. Esiti di danno neurologico
2. Ventilazione meccanica
3. Condizioni sindromiche
3. Atresie-Fistole TE
Anoressia/iporessia
1. Grave RGE
1. Fibrosi cistica
2. Patologie psichiatriche
2. Insufficienza d’organo: respiratoria, renale,
cardiaca, digestiva ed epatica
3. Cardiopatie congenite
4. Nefropatie croniche
5. Malattie metaboliche
16
Incremento catabolismo/perdite
6. Patologie oncologiche
selezione del candidato
Nell’ambito delle condizioni indicate nella Tabella 1, la selezione del candidato verrà
effettuata sulla base di criteri anamnestici ed antropometrici rappresentati da (1,2):
• Incapacità ad assumere tra 60 e 80% dell’apporto richiesto per >10 giorni
• Il supporto andrebbe iniziato entro 5 gg >1 anno e entro 3 gg <1 anno qualora verificata
la condizione precedente
• Tempo richiesto per l’assunzione del pasto orale >4-6 ore, nei pazienti disabili
• Crescita inadeguata o incremento ponderale inadeguato per >1 mese <2 anni
• Calo ponderale o mancato incremento ponderale per >3 mesi > 2 anni
• Perdita di almeno due canali di crescita nella curva del peso per l’età
• Plica tricipitale consistentemente <5° percentile
• Diminuzione della velocità di crescita staturale >0.3 deviazioni standard/anno
• Diminuzione della velocità di crescita staturale >2 cm/anno rispetto all’anno precedente
in epoca pre-puberale.
L’avvio della NED potrà essere avviata se però sono soddisfatte alcune condizioni di
ordine clinico-sociale, rappresentati da (5):
• Durata prevista del trattamento > 90 giorni
• Stabilità del quadro clinico e possibilità di gestione a livello domiciliare
• Presenza di caratteristiche minime di salubrità, nel domicilio del paziente, che assicurino la
possibilità di una gestione corretta della NED
• Presenza di un caregiver adeguato o, in sua assenza di un servizio di assistenza domiciliare
territoriale, che assicuri la gestione sicura della NED.
vie di accesso
La sede di infusione più utilizzata è intragastrica, realizzata attraverso sonda naso-gastrico o gastrostomia; quest’ultima è indicata se la durata prevista del programma nutrizionale è >4-6 settimane (1-5). Meno utilizzata è la via duodeno/digiunale, realizzata mediante digiunostomia; tale via è riservata ai pazienti con gravi difetti di svuotamento
gastrico, reflusso e rischio di aspirazione nelle vie respiratorie (1-3).
scelta delle formule
Le formule nutritive da somministrare possono essere naturali (il cui uso non è più
raccomandato) o commerciali (1). Le formule commerciali sono rappresentate da (1-3,
7-10):
• Latti adattati, che possono essere utilizzati sotto l’anno di vita (se disponibile anche il latte
materno può essere utilizzato in tale fascia di età)
• Miscele polimeriche (sono complete, bilanciate e forniscono un apporto calorico di 1-1,5
Kcal/ml; sono indicate in caso di integrità digestiva e possono essere utilizzate anche per
lunghi periodi di tempo sia come integrazione calorica sia come dieta esclusiva.
Sono attualmente disponibili per tutte le fasce d’età, anche < 1 anno)
• Formule semi-elementari ed elementari (prodotti modificati nella tipologia dell’apporto
proteico e lipidico, adatti per l’uso nelle insufficienze digestive e nelle allergia alle proteine
del latte vaccino, e nella nutrizione digiunale)
• Formule speciali per patologia (prodotti adeguati a specifiche patologie come l’insufficienza renale o epatica e la fibrosi cistica)
• Integratori modulari (sono utilizzati per incrementare l’apporto calorico soprattutto delle
formule lattee che hanno una densità calorica di 0.6-0.8 Kcal/ml).
17
Pediatric Nutrition Outside Box
Nella Figura 1 viene riportato l’algoritmo decisionale per il tipo di formula.
Figura 1 Algoritmo decisionale per il tipo di formula
FUNZIONE GASTROINTESTINALE
Conservata
ALLERGIA ALLE PLV
Non conservata
Via digiunale
Pz < 1 anno
Pz > 1 anno
Patologie specifiche
Formule lattee
o polimeriche
Formule
polimeriche
Formule polimeriche
adatte alla patologia
Pz > 2 anni
PLV: proteine del latte vaccino
Pz: paziente
AA: formule a base di aminoacidi
Pz < 2 anni
Idrolisato
o AA
modalità di infusione
Può avvenire in modo intermittente o ciclico (1,2). La modalità intermittente, ottenuta
mediante l’infusione di boli della durata di 30-60 minuti, rispetta la fisiologia della nutrizione anche se può comportare il rischio di aspirazione nei pazienti neurologici. La somministrazione ciclica viene realizzata generalmente nelle ore notturne, mediante pompa
peristaltica/volumetrica, mantenendo l’introito spontaneo nelle ore diurne (1,2).
complicanze
Si possono distinguere in complicanze legate alla NE o alla via di accesso (1). Le complicanze legate alla NE sono di tipo:
• Digestivo (nausea, vomito, distensione addominale, dumping syndrome e diarrea),
facilmente risolvibili modulando la velocità di infusione e l’osmolarità della formula
• Metabolico (sovraccarico idrico, alterazioni dell’equilibrio glucidico ed idro-elettrolitico),
rare ma specifiche delle condizioni di grave malnutrizione, prevenibili modulando la velocità
di infusione e rispettando la gradualità degli apporti
• Infettivo: infezioni delle prime vie respiratorie, correlate alla presenza molto protratta nel
tempo della sonda naso-gastrico; broncopolmoniti da aspirazione; contaminazione del tratto
digestivo per perdita dell’effetto anti-batterico del succo gastrico o per incongrue manovre
di preparazione e conservazione delle miscele (da rinnovare ogni 4-6 ore).
Le complicanze legate al device sono rappresentate da:
• Facilitazione del reflusso gastro-esofageo per esofagite secondaria a micro-traumatismi e
modificazione del tono dello sfintere esofageo inferiore
• Ostruzione della sonda per incompleto lavaggio con acqua o soluzione fisiologica al
termine dell’infusione
• Comparsa di tessuto di granulazione intorno alla gastrostomia, trattabile con toccature di
nitrato d’argento.
18
Gestione domiciliare del bambino in nutrizione enterale
CONCLUSIONI
La NE, avviata in ospedale, viene proseguita a domicilio in modo efficace e con una
bassa prevalenza di complicanze, sotto il monitoraggio di un team nutrizionale. La NED
consente al bambino di ricevere il migliore trattamento riabilitativo in un ambiente psicologicamente ed emotivamente più confortevole rispetto all’ospedale e di ridurre anche
i rischi infettivi connessi con l’ospedalizzazione protratta.
BIBLIOGRAFIA
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dell’ASSR per la predisposizione di “Linee Guida sulla Nutrizione Artificiale Domiciliare” del
Ministero della Salute. Revisione ultima 20 Agosto 2006.
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syndrome: current evidence and recommendations for the clinician. J Am Diet Assoc 2010
Mar;110(3):420-6.
.
Key Points
•Per NE si intende la somministrazione di nutrienti mediante sonde
ma anche la somministrazione per
via orale di supplementi nutrizionali
specifici per alcune condizioni patologiche
•La selezione del candidato verrà
effettuata sulla base di criteri anamnestici, antropometrici e clinicosociale
•Il posizionamento della gastrostomia
è indicato se la durata prevista del
programma nutrizionale è >4-6 settimane
•Attualmente non è più raccomandato l’impiego di formule naturali
homemade, che dovrebbero essere
sostituite dalle miscele per NE
•L’infusione avviene mediante boli
della durata di 30-60 minuti, o per
infusione ciclica nelle ore notturne
mediante pompe peristaltiche/volumetriche
19
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BARA
Lo svuotamento gastrico radioisotopico:
un possibile nuovo orizzonte per una
metodica diagnostica stagionata?
Lorenzo Biassoni
Department of Radiology, Great Ormond Street Hospital for Children, NHS Foundation Trust, London (UK)
Radionuclide gastric
emptying studies (GES) in
adults have greatly benefitted
from the recent publications
of new guidelines that
standardize the radiolabelled
meal and the minimum
acquisition times. This new
protocol can be used in
adolescents. The GES may
also provide insights into the
different phases of gastric
emptying (fundal, antral),
thus suggesting possible new
roles for the technique.
Background
La sintomatologia tipica delle disfunzioni della motilità gastro-intestinale (sazietà precoce, senso
di pienezza post-prandiale, nausea, vomito, dolore addominale) è frequente. La conoscenza
dell’etiologia dei sintomi facilita un approccio razionale al management del paziente. I tempi di
transito gastro-intestinale possono essere di aiuto nell’interpretazione della sintomatologia. Lo
svuotamento gastrico con tecnica scintigrafica, disponibile da più di trenta anni, rappresenta
una tecnica fisiologica, quantitativa, per misurare il tempo di svuotamento gastrico.
Lo studio scintigrafico di svuotamento gastrico, nonostante sia disponibile nella pratica clinica da molto tempo, non è ampiamente utilizzato, soprattutto in pediatria. Le cause di questo
scarso successo sono da attribuirsi principalmente alla mancanza di standardizzazione della
metodica: diversi laboratori di medicina nucleare utilizzano pasti radiomarcati differenti, la
durata dell’imaging è spesso diversa da un centro all’altro, il modo di quantificare lo svuotamento gastrico è anch’esso differente. Questa disomogeneità ha generato confusione e, come conseguenza, scarsa fiducia nei risultati dell’esame. Inoltre, le applicazioni pediatriche
della metodica hanno sofferto per una mancanza di un ben definito range di normalità, attribuibile soprattutto alla difficoltà di studiare bambini normali.
Recentemente la Società Americana di Neuro-Gastroenterologia e la Società di Medicina
Nucleare hanno raggiunto un consenso sul pasto radioattivo e la tecnica di imaging da utilizzare nello studio scintigrafico di svuotamento gastrico in fase solida nell’adulto (1). Questo
documento è da considerarsi una pietra miliare in quanto ha consentito la standardizzazione della metodica e ha definito il range di normalità nell’adulto.
Le applicazioni pediatriche di ogni esame diagnostico con radioisotopi normalmente seguono la standardizzazione della metodica nell’adulto. È auspicabile che questo processo venga
seguito anche nel caso dell’esame radioisotopico di svuotamento gastrico, in particolare nello studio con liquidi (milk scan). È necessario stabilire in modo più preciso il range di normalità. Inoltre, la composizione del pasto radiomarcato deve essere standardizzata e i tempi
minimi di imaging devono essere fissati.
Studi scintigrafici preliminari nell’adulto (2) suggeriscono che potrebbe essere possibile studiare
più in dettaglio le diverse fasi dello svuotamento gastrico (fase iniziale di rilassamento del fondo,
passaggio del pasto dal fondo all’antro, contrazione dell’antro e rilassamento del piloro): se questi
dati sono confermati, lo studio scintigrafico di svuotamento gastrico potrebbe aumentare in
modo significativo la sua sensibilità ed acquisire nuovi ruoli nello studio del paziente dispeptico.
Indicazioni al test di svuotamento gastrico
con radioisotopi
Lo studio di svuotamento gastrico con radioisotopi è particolarmente utile per dimostrare
la presenza di gastroparesi. La dispepsia funzionale, in cui la etiologia del dolore addominale è sconosciuta, è un’altra condizione clinica dove lo studio con radioisotopi è potenzialmente utile. La valutazione dello svuotamento gastrico a seguito di chirurgia addominale
alta con possibili lesioni al nervo vago (per esempio dopo una fundoplicazione di Nissen) è
un’altra potenziale indicazione.
Uno studio radiologico al bario è necessario per escludere una ostruzione anatomica. È
importante avere presente che lo svuotamento gastrico di una sostanza non fisiologica come il bario non riflette lo svuotamento gastrico in condizioni fisiologiche.
20
In alcuni pazienti inoltre si osserva un rapido svuotamento gastrico (dumping syndrome).
In molti pazienti i sintomi della dumping syndrome non si distinguono dai sintomi in una
gastroparesi e per questo un esame diagnostico che conferma questa condizione fisiopatologica è clinicamente utile.
Tecnica dell’esame di svuotamento gastrico
con radioisotopi
Preparazione del paziente
Il bambino deve essere a digiuno per lo meno per 4-6 ore. Se il paziente assume farmaci
che alterano lo svuotamento gastrico (per esempio, procinetici, analgesici narcotici, anticolinergici antispasmodici), questi devono essere sospesi per un periodo sufficiente (che dipende dall’emivita del farmaco, nella maggioranza dei casi 48-72 ore sono sufficienti). Se lo
scopo dell’esame è vedere come lo svuotamento gastrico risponde a un procinetico, ovviamente il paziente deve continuare ad assumere il farmaco. Durante la durata dell’esame il
bambino non deve assumere nessun altro alimento eccetto il pasto radiomarcato.
studio radioisotopico
di svuotamento gastrico con liquidi
L’alimentazione del bambino nei primi mesi di vita è normalmente a base di latte. Il
tracciante utilizzato per lo studio di fase liquida è il Tc-99m-solfuro colloide, cha si lega
con buona affinità al latte. L’attività somministrata varia da 7.4 a 37 MBq a seconda
dell’età. I bambini di meno di un anno di età è sufficiente che omettano un pasto prima dell’esame. La quantità di latte ingerita dipende dall’età. Il latte radiomarcato può
essere somministrato per via orale, attraverso un tubo nasogastrico, o attraverso una
eventuale gastrostomia. Subito dopo l’assunzione del latte radiomarcato il bambino è
posizionato supino sulla gamma camera e l’acquisizione delle immagini in fase dinamica inizia (una immagine ogni 20-30 secondi per 60 minuti). Se lo svuotamento gastrico a 1 ora è lento, si ottiene una immagine tardiva a 2 ore. Il test di svuotamento
gastrico in fase liquida può essere utilizzato anche per confermare la presenza di reflusso gastro-esofageo, indicando il livello in esofago raggiunto dal reflusso.
Un problema serio dell’esame di svuotamento gastrico con fase liquida nei bambini è
la mancanza di un range di normalità, derivante da un gruppo di soggetti normali.
Fino ad ora ogni laboratorio di medicina nucleare ha stabilito i propri valori normali
per il tipo di studio effettuato e in base all’età del bambino. La presenza di significativa
attività nello stomaco a 2 ore si considera riferibile a un lento svuotamento gastrico per
un alimento liquido.
studio radioisotopico
di svuotamento gastrico con solidi
Preparazione del pasto radiomarcato e ingestione
Il pasto radiomarcato per lo studio di svuotamento gastrico raccomandato dalla Società
Americana di Neurogastroenterologia e dalla Società di Medicina Nucleare consiste di un
bianco d’uovo (si utilizza il bianco di due uova, per un totale di 255 kcal) marcato con 18 37 MBq di Tc-99m-nanocolloide, due fette di pane (120 kcal), 30 g di marmellata di fragole (74 kcal), acqua (120 ml). Le uova possono essere bollite, sbattute o scaldate a cottura in
un forno a microonde fino a raggiungere la consistenza di un’omelette. Il pane viene tostato. Si spalma la marmellata sul pane e si prepara un sandwich con il bianco d’uovo (1).
il paziente deve cercare di assumere il pasto in 10 minuti. Il tecnico di medicina nucleare
prende nota del tempo che il paziente impiega per ingerire il pasto. Se il paziente non riesce
ad assumere il pasto completo, deve cercare di assumere almeno 50% del pasto (uova, pane, marmellata, acqua). Se il paziente vomita parte del pasto durante l’esame, il tecnico
prende nota di quando l’episodio di vomito avviene.
21
Training and Educational Corner
R
i
g
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Ant@Start (60sc)
Ant@5mn
Ant@10mn
Ant@15mn
Ant@20mn
Ant@25mn
Ant@30mn
Ant@35mn
Ant@40mn
Ant@45mn
Ant@50mn
Ant@55mn
Figura 1 Studio radioisotopico di svuotamento gastrico di fase liquida (latte radiomarcato con Tc-99m-nanocolloide) in un bambino
di 7 anni con sintomi di distensione addominale e senso di pienezza precoce post-prandiale. Le immagini scintigrafiche dinamiche
dimostrano uno svuotamento gastrico molto lento, con prevalente localizzazione del tracciante nell’antro sin dall’inizio dello studio.
Le curve attività/tempo confermano il rallentato svuotamento gastrico (circa il 75% dell’attività iniziale è ancora nello stomaco dopo 1
ora e il 50% a 2 ore).
22
Lo svuotamento gastrico radioisotopico:
un possibile nuovo orizzonte per una metodica diagnostica stagionata?
acquisizione delle immagini
Le immagini sono acquisite con una gamma camera centrata sul picco di energia del
Tc-99m (140 keV), con un range intorno al picco del 20% (140 keV +/- 10%). Si
consiglia l’uso di un collimatore general purpose. Si può anche usare un collimatore a
bassa energia ed alta risoluzione. Le immagini sono acquisite con una matrice del
128x128.
Il protocollo raccomandato nelle linee guida suggerisce un tempo di acquisizione
minimo di un minuto per immagine; le immagini sono acquisite immediatamente
dopo l’ingestione del pasto radiomarcato, e almeno a 1, 2 e 4 ore dall’ingestione del
pasto. Una ritenzione del pasto marcato nello stomaco superiore al 90% della quantità ingerita a 1 ora, al 60% a 2 ore, e al 10% a 4 ore, indica un rallentato svuotamento gastrico, secondo il più grande database di soggetti normali pubblicato (3).
Alcuni pazienti con ritardo di svuotamento gastrico a 2 ore normalizzano lo svuotamento a 4 ore, e viceversa alcuni soggetti con normale svuotamento a 2 ore dimostrano ritardato svuotamento gastrico a 4 ore (4). Dati recenti mostrano che una
acquisizione a 3 ore potrebbe avere la stessa sensibilità di una acquisizione a 4 ore;
in particolare, una ritenzione gastrica del 28% - 30% a 3 ore rappresenta il limite
superiore di normalità (5).
Uno svuotamento gastrico troppo rapido (dumping syndrome) può essere dimostrato
con una acquisizione di immagini a 1 ora, o anche più precocemente, fra 15 e 60
minuti dopo l’ingestione del pasto (6); per questo motivo una acquisizione a 30 minuti è stata suggerita quando lo scopo dell’esame è la conferma di una dumping syndrome. Comunque, al momento non ci sono dati sufficienti per raccomandare una
acquisizione routinaria di immagini a 30 minuti.
Processing dell’esame
L’elaborazione dell’esame su computer prevede il posizionamento di regioni di interesse sullo stomaco e sull’esofago, con una regione di interesse sul torace come
background. Il computer produce una curva attività/tempo dalla regione di interesse sullo stomaco, corretta per il decadimento dell’isotopo, che riflette lo svuotamento
gastrico.
Lo svuotamento gastrico è espresso in termini di percentuale di attività iniziale residua o di attività passata dallo stomaco in duodeno. L’andamento della curva di svuotamento gastrico è importante (incluso la possibile presenza della lag phase) perchè
può evidenziare anomalie dello svuotamento gastrico.
valutazione della funzione gastrica
prossimale e distale
Lo studio radioisotopico di svuotamento gastrico potrebbe essere in grado di fornire
una migliore caratterizzazione della complessa fisiologia dello svuotamento gastrico,
includendo le funzioni del fondo e dell’antro (2), ma questo aspetto richiede ulteriore valutazione prima di essere introdotto nella pratica clinica. La scintigrafia permette una analisi della distribuzione del pasto marcato nel fondo e nell’antro. Potrebbe essere possibile valutare lo svuotamento regionale del fondo e dell’antro
mediante ispezione visiva (e in cine mode quando possibile) delle immagini scintigrafiche acquisite e con regioni di interesse posizionate sul fondo e sull’antro: questa
valutazione potrebbe essere utile nell’interpretazione di una sintomatologia dispeptica, specialmente quando il tempo di svuotamento gastrico è normale (7). La sola
valutazione dei tempi di svuotamento gastrico non è sufficiente a identificare una
patologia in almeno la metà dei pazienti con sintomatologia di disfunzione della motilità gastro-intestinale (2).
Una sintomatologia di nausea, sazietà precoce, distensione addominale e reflusso
acido tende ad essere associata con una ritenzione nella parte prossimale dello sto23
Training and Educational Corner
Key Points
•Lo studio scintigrafico di svuo
è
tamento gastrico nell’adulto
o;
stato di recente standardizzat
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lo raccomandato nelle linee
guida per studi di svuotamento
gastrico nell’adolescente
•Dati preliminari nell’adulto sugre
geriscono che potrebbe esse
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tagliata delle diverse fasi dello
svuotamento gastrico: se que
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l’esame scintigrafico di svuotaimento gastrico potrebbe sign
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•Lo studio di svuotamento
liquidi necessita ulteriore stulli
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di acquisizi
normali a seconda dell’età
24
maco, mentre il vomito è prevalentemente associato con un ritardato svuotamento
gastrico distale (8).
Conclusioni
La definizione del pasto radiomarcato e dei tempi minimi di acquisizione delle immagini
nell’adulto rappresenta un passo avanti importante verso la standardizzazione dell’esame di svuotamento gastrico con radioisotopi. Questi parametri possono utilizzarsi nell’adolescente. Lo studio di svuotamento gastrico con liquidi (usato soprattutto nel bambino
di età inferiore a due anni) ancora necessita della definizione di un range di normalità e
della ottimizzazione di un protocollo di acquisizione. È necessario definire un range di
normalità con altri pasti radiomarcati, a diverso contenuto calorico. È importante approfondire il valore clinico della caratterizzazione delle funzioni gastriche prossimale (fondo)
e distale (antro).
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XIX
CONGRESSO
NAZIONALE SIGENP
Il tratto gastrointestinale e non solo:
il gastroenterologo e gli altri specialisti del bambino
Parma, 11-13 ottobre 2012
Hotel Parma & Congressi
Presidenti del Congresso
Annamaria Staiano
Gian Luigi de’ Angelis
Vice Presidente
Sandra Brusa
Comitato Scientifico
Consiglio Direttivo SIGENP
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2° CORSO PRECONGRESSUALE DI EPATOLOGIA E NUTRIZIONE
Parma, 10 ottobre 2012
Il programma e successivi aggiornamenti saranno disponibili sui siti:
www.sigenp.org - www.econcongressi.it
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La mesalazina: cosa c’è di nuovo
Il punto di vista del pediatra
e del gastroenterologo dell’adulto
IL PUNTO DI VISTA DEL GASTROENTEROLOGO PEDIATRA
Graziella Guariso, Marco Gasparetto - Unità di Gastroenterologia, Endoscopia Digestiva,
Epatologia e Cura del Bambino con Trapianto di Fegato, Dipartimento di Salute
della Donna e del Bambino, Università degli Studi di Padova
Mesalazine belongs to the pharmacological cathegory of 5-amino-salicilates
(5-ASA) which provide a topic anti-inflammatory action on intestinal mucosa.
New formulations which can be administered once daily (MMX) appear to be
promising to increase patients’ compliance. Oral and rectal aminosalicilates
are appropriate as induction therapy and for maintenance of remission in
children with distal mild-moderate ulcerative colitis. Among the adverse
effects, interstitial nephritis is of particular concern in the paediatric age.
Meccanismo di azione, Indicazioni,
Tipologie di Preparati Commerciali
La mesalazina appartiene alla categoria farmacologica dei 5 amino-salicilati (5-ASA), molecole con attività anti-infiammatoria a livello della mucosa intestinale (1). Non è noto lo specifico meccanismo d’azione, tuttavia è riconosciuta una modulazione locale dei mediatori della
risposta infiammatoria mucosale. L’azione del farmaco è quindi topica, mentre non vi sono
evidenze di un effetto sistemico (1). L’azione farmacologica dei 5-ASA appare determinata
dall’interazione con il recettore PPAR-γ (recettore-gamma di proliferazione perossisomiale
attivato), che media la traslocazione del 5-ASA nel nucleo con conseguente modificazione
della trascrizione genica e riduzione della sintesi di proteine pro-infiammatorie.
Pur essendo l’efficacia della mesalazina ampiamente dimostrata in pazienti adulti con
rettocolite ulcerosa (RCU), aneddotici sono gli studi nei bambini affetti da malattie infiammatorie intestinali (2). Nella pratica clinica si estrapola pertanto dalla letteratura
dell’adulto l’utilizzo di dosi di 5-ASA pari a 50-75 mg/Kg/die.
Per ottimizzarne l’effetto terapeutico sono state formulate preparazioni in cui la molecola di
mesalazina viene unita ad una seconda molecola di 5-ASA o a derivati dell’acido benzoico
(olsalazina, balsalazide), oppure viene rivestita con resina pH-dipendente o tempo-dipendente di modo che il rilascio del principio attivo possa coinvolgere i tratti più distali dell’intestino.
Evidenze scientifiche derivate dalla popolazione adulta ed efficacemente sintetizzate nella sezione pediatrica delle linee guida ECCO (3), dimostrano che i 5-ASA orali e/o topici (supposte nella proctite, clismi nella colite sinistra) sono efficaci come terapia di induzione e per il mantenimento della remissione per la colite distale lieve-moderata nel
bambino e nell’adolescente (4,5). Considerando però la rarità della proctite nei bambini,
non esiste un protocollo standard di trattamento per essa.
Per quanto riguarda la malattia di Crohn in età pediatrica il ruolo della mesalazina rimane
tutt’ora da chiarire (6). Nonostante l’utilizzo largamente diffuso, non è infatti dimostrata un’efficacia nel mantenimento della remissione e nella prevenzione delle recidive nel bambino e
nell’adolescente (6).
I preparati orali disponibili per l’età pediatrica sono formulati al fine di garantire il rilascio di quantità terapeutiche del principio attivo lungo l’intero tratto gastrointestinale e
comprendono (1):
I preparati orali vanno somministrati ai pasti. Le compresse e le capsule devono essere
assunte interamente, non vanno masticate né succhiate né aperte al fine di non alterarne
il coating protettivo. Si raccomanda di evitarne la concomitante assunzione con antiaci• Capsule a rilascio controllato (tempo-dipendente): 50 mg/Kg/die da suddividere ogni
6-12 ore.
• Compresse a rilascio pH-dipendente (≥ 7): successivo al raggiungimento dell’ileo
terminale: 50 mg/Kg/die da suddividere ogni 8-12 ore.
26
• Granulati con matrice di rivestimento e rilascio duale.
Tabella 1 Interazioni farmacologiche della mesalazina (1)
Farmaci la cui concentrazione
Farmaci che riducono l’efficacia
ematica è diminuita in presenza
della mesalazina
di mesalazina
Antiacidi, Anti-H2, Inibitori
Glicosidi cardiaci
di Pompa Protonica (PPI)
Determinano un aumento del pH
gastrico con conseguente rilascio precoce della mesalazina.
è pertanto fondamentale evitarne
la somministrazione concomitante,
allontanando gli orari di somministrazione dei due farmaci ed eventualmente diminuendo la posologia
di Antiacidi/Anti-H2/PPI
Farmaci la cui tossicità aumenta
in presenza di mesalazina
Eparine a basso peso molecolare (LMWH)
In particolare aumento del rischio di sanguinamento
e comparsa di lesioni ecchimotiche
Analoghi delle Tiopurine
I derivati dei 5-ASA possono diminuirne il
metabolismo
Vaccinazione per varicella
Rischio di Sindrome di Reye, della quale sono
riportati casi di pazienti, con infezione da virus
della varicella, che hanno fatto uso di salicilati
di che possono alterare il rilascio e la biodisponibilità della mesalazina (1). Alcune capsule contengono fenilalanina e devono pertanto essere evitate dai pazienti con fenilchetonuria. In aggiunta ai
preparati orali esistono (1):
• Clismi ritentivi (sospensione rettale): il dosaggio pediatrico è pari a 50-75 mg/Kg/die fino a 4g/60mL
(> 12 anni).
La sospensione rettale va agitata energeticamente prima dell’utilizzo (1);
• Supposte rettali: l’utilizzo nel bambino è limitato dalla compliance, inoltre essendo la proctite isolata
un reperto raro in età pediatrica non vi è una relativa modalità di trattamento standardizzata.
Principali evidenze e novità
dalla letteratura scientifica pediatrica
Numerosi trial clinici in pazienti adulti con RCU hanno confrontato l’efficacia delle differenti formulazioni, posologie e schemi terapeutici della mesalazina (es. rilascio pH-dipendente vs rilascio
tempo-dipendente) utilizzando come end-points principali il miglioramento dell’ indice di attività
clinica di malattia (Ulcerative Colitis Disease Activity Index, UCDAI) o la remissione endoscopica
(mucosal healing). La monosomministrazione di formulazioni orali a rilascio tempo-dipendente,
eventualmente combinata a terapia topica nelle coliti distali, risulta essere la modalità di trattamento più efficace.
Il problema della scarsa aderenza alla terapia con mesalazina (fino al 40% dei pazienti con UC),
sotteso dalla necessità di frequenti somministrazioni quotidiane del farmaco (7-8), è particolarmente sentito nell’età adolescenziale.
Un recente studio inglese di Moshkovska et al ha valutato l’efficacia di interventi multifattoriali (approccio educativo e motivazionale) nell’implementare la compliance alla terapia orale con 5-ASA
in pazienti affetti da UC, constatando una maggiore consapevolezza del proprio stato di salute,
una maggiore soddisfazione e quindi una maggiore compliance, dopo adeguato livello di informazione e semplificazione dello schema posologico del farmaco (8).
Un editoriale di Lakatos et al (7) illustra i nuovi prodotti assumibili con somministrazione singola (sistemi a matrice multipla (MMX) ed i prodotti granulati), che sono efficaci per l’ induzione e il mantenimento della remissione nella RCU lieve-moderata, con un buon profilo di sicurezza in comparazione
alle altre formulazioni orali di mesalazina. La mono-somministrazione sembrerebbe essere associata
ad una migliorata compliance, con conseguente successo terapeutico nella pratica clinica.
La nuova formulazione a rilascio ritardato che utilizza la tecnologia del Sistema a Matrice Multipla
(MMX) è stata recentemente approvata negli Stati Uniti nei pazienti con RCU attiva lieve o moderata. L’elevato dosaggio (compresse da 1.2 g di mesalazina) e la peculiarità tecnica della forma farmaceutica consente un’unica somministrazione quotidiana.
La tecnologia MMX consiste nell’incorporare la mesalazina in una matrice lipofilica, a sua volta sospesa all’interno di una matrice idrofilica. Un film polimerico gastro-resistente previene
l’iniziale rilascio ad un pH < 7; in questo modo, il coat di rivestimento inizia a dissolversi solo a
livello dell’ileo terminale. La matrice idrofilica a questo punto si rigonfia costituendo un gel viscoso che rilascia gradualmente la mesalazina lungo tutto il colon.
La monosomministrazione è risultata più efficace nei pazienti con proctosigmoidite (86% vs
73%, P = 0.02), mentre non è stata riscontrata alcuna correlazione tra efficacia e severità/durata della malattia di base.
La disponibilità di tali formulazioni in monosomministrazione o in granulato rappresenta senza dubbio un’importante prospettiva per l’adolescente con scarsa compliance alla terapia. Attualmente però
27
IBD Highlights
Key Points
topici
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28
i preparati rettali rappresentano ancora la formulazione efficace più fruibile per la colite sinistra
in età pediatrica ed adolescenziale.
Ulteriori studi sono necessari per confrontare le diverse formulazioni di mesalazina; di particolare rilievo sarà la valutazione del rischio per lo sviluppo del cancro colon-rettale, aumentato nei pazienti con colite ulcerosa (ad eccezione della proctite) e la cui incidenza è
aumentata quando c’è persistenza di infiammazione mucosale. Il carcinoma colon-rettale
rappresenta un evento estremamente raro in età pediatrica, ma considerato l’esordio sempre più precoce delle IBD e la conseguente gestione di lunghi follow-up in giovani pazienti
è mandatorio per il Pediatra avviare i relativi provvedimenti diagnostici e terapeutici.
Tra i pochi studi dedicati alla popolazione pediatrica, un confronto tra l’efficacia della mesalazina rispetto alla terapia con beclometasone dipropionato (BDP) nella UC attiva lievemoderata, è stato descritto da Romano et al (9).
Trenta bambini con colite attiva (pancolite o colite sinistra) sono stati arruolati in questo
studio open-label, randomizzato. Metà dei pazienti è stata trattata con BDP per os (5 mg/
die) per 8 settimane, seguito da terapia di mantenimento con mesalazina per os. Un secondo
gruppo è stato invece trattato con 5-ASA per os (80 mg/Kg/die). Confrontando gli score di
attività clinica, il BDP è risultato significativamente più efficace sia dopo 8 settimane
(P<0.003) che dopo12 settimane (P<0.0015). La remissione endoscopica è stata riscontrata
nel 73% dei pazienti trattati con BDP rispetto al 27% di quelli trattati con 5-ASA (P<0.025).
Entrambi i trattamenti dimostrano significativa riduzione degli score clinici rispetto ai valori pre-trattamento (P<0.001) e della VES (P<0.025), mentre il calo della PCR era significativo solo per il BDP.
Un recente studio randomizzato, in doppio cieco, di Quiros et al (10) ha valutato efficacia e
sicurezza di due differenti dosaggi di balsalazide orale (2.25 oppure 6.75 g/die per 8 settimane) in una coorte di 68 pazienti pediatrici con RCU lieve-moderata. La risposta clinica
ad 8 settimane era del 45% nel gruppo trattato con 6.75 g/die e nel 37% dei pazienti trattati con 2.25 g/die, mentre la remissione clinica si otteneva rispettivamente nel 12% e nel
9%. Un miglioramento del grado istologico di infiammazione è stato ottenuto rispettivamente nel 50% e nel 30%. Cefalea e dolore addominale erano gli effetti collaterali di più
frequente riscontro, con analoga incidenza tra i due gruppi. Nessuna differenza significativa
è stata riscontrata agli esami di laboratorio, inclusi i valori indicativi di tossicità epatica o
renale.
Per quanto concerne l’utilizzo delle supposte di mesalazina nel bambino, un trial open-label
di Heyman MB et al ne ha valutato l’efficacia nel trattamento di 49 pazienti (età 5-17 anni) con
proctite ulcerativa lieve-moderata (11). I risultati hanno dimostrato una diminuzione del
valore medio del Disease Activity Index (DAI), da 5.5 a 1.6 ed 1.5 alle settimane 3 e 6, rispettivamente (P< 0.0001). I più frequenti avventi avversi sono stati di natura gastrointestinale (61.2%).
Effetti avversi
La mesalazina è generalmente ben tollerata nel bambino, tuttavia numerosi effetti avversi
sono stati riportati in corso di terapia: vertigini, cefalea, rash, orticaria, acne, effetti gastrointestinali (dolore addominale, diarrea ematica, disgeusia, vomito), epatologici (ittero
colestatico, ipertransaminasemia) ed ematologici (agranulocitosi, trombocitopenia, eosinofilia, anemia aplastica) (1).
Da segnalare in età pediatrica le complicanze nefrologiche, tra tutte la nefrite interstiziale (1).
è fondamentale quindi monitorare in modo seriato la funzionalità renale soprattutto nei primi
12 mesi di trattamento (1 volta al mese nei primi 3 mesi, poi con intervalli più ampi, con particolare attenzione ai pazienti già in terapia cortisonica nei quali l’esordio di nefrite interstiziale può essere mascherato), attraverso la valutazione della creatinina sierica e della clearance ed
interrompere immediatamente la terapia in caso di alterazione di tali indici (11,12).
La pancreatite da mesalazina dovrebbe essere considerata in ogni paziente con dolore addominale in terapia con 5-ASA, con immediata sospensione del farmaco alla conferma della
diagnosi (1). Lo stesso provvedimento dovrebbe essere preso in caso di sindrome da intolleranza acuta alla mesalazina o di esacerbazione della sindrome colitica (< 3%) (1).
La mesalazina: cosa c’è di nuovo.
il punto di vista del pediatra e del gastroenterologo dell’adulto
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IL PUNTO DI VISTA DEL GASTROENTEROLOGO DELL’ADULTO
Walter Fries - Unità Operativa di Malattie Intestinali Croniche, Dipartimento di Medicina Interna e
Terapia Medica, Università degli Studi di Messina
5-aminosalicylates are effectively used in the induction and maintenance of remission
of mild to moderate ulcerative colitis. With the new slow release formulations oral
once-daily administration of mesalazine is equally effective in preventing relapse than
conventional three-times daily dosing and some studies claim the superiority of this new
approach because of improvement of adherence. In Crohn’s disease there is a limited
beneficial effect of high dosing mesalazine in ileal disease and after ileo-cecal resection.
Evidenze nel trattamento della Rettocolite ulcerosa
Le evidenze riguardo l’impiego della mesalazina raccolte nell’ultimo ventennio costituiscono la
base delle più recenti linee guida sulla terapia della rettocolite ulcerosa (RCU) dell’adulto (1). La
mesalazina risulta efficace nell’induzione e nel mantenimento della remissione nelle forme lievimoderate sia nelle sue formulazioni topiche sia nelle formulazioni orali premesso che si utilizzi un
dosaggio adeguato. In genere, dosaggi superiori a 2 g/die risultano più efficaci sia nell’induzione
sia nel mantenimento della remissione. Nell’induzione della remissione delle forme distali, la
somministrazione topica di mesalazina si è dimostrata superiore alla terapia con corticosteroidi e
la terapia combinata con mesalazina, topica più orale, risulta più efficace rispetto alla terapia disgiunta. In pazienti con RCU estesa, la mesalazina con un dosaggio giornaliero di 2.4 g risulta
superiore a quello di 1.2 g/die nel ritardare la riaccensione. Va ricordato infine l’effetto del mantenimento con mesalazina nella riduzione fino al 75% (OR 0.25, CI 0.13 to 0.48) dell’incidenza
del cancro colo-rettale motivando il suo utilizzo a lungo termine (2).
Dopo l’iniziale entusiasmo suscitato da un trial che dimostrò la superiorità (3) nel mantenimento
della remissione clinica della RCU con un’unica somministrazione giornaliera da 2 gr vs 2 somministrazioni da 1 gr di mesalazina (70.9 % vs 58.9 % mantenimento della remissione a 12 mesi)
e una superiorità per quanto concerne l’aderenza alla terapia (rilevata con autovalutazione), l’a-
29
IBD Highlights
nalisi clinica ed endoscopica dei pazienti con sola localizzazione sinistra della RCU con attività lieve-moderata evidenziò risultati sostanzialmente sovrapponibili (guarigione della mucosa 69% vs 61%) (4). Questi ultimi dati sono stati supportati anche da una recente
metanalisi (5) circa la prevenzione delle riaccensioni. In 7 trials clinici randomizzati con
complessivamente 2.745 pazienti la frequenza delle riaccensioni non era significativamente
diversa tra la monosomministrazione e il trattamento convenzionale (Rischio Relativo, RR,
per la riaccensione = 0.94; 95% CI: 0.82-1.08). La non-compliance (RR=0.87; 95% CI:
0.46-1.66) e la frequenza di eventi avversi erano sovrapponibili con i due regimi terapeutici
(RR=1.08; 95% CI: 0.97-1.20).
Novità nel trattamento della malattia di Crohn
Key Points
Rettocolite ulcerosa
nel
• La mesalazina è efficace
e
trattamento della rettocolit
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lieve
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e
• La terapia combinata, orale
topica, è superiore alla sola tera
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• Le nuove formulazioni che con
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e
efficaci e potrebbero migliorar
l’aderenza alla terapia
Malattia di Crohn
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30
Contrariamente alle precedenti metanalisi nelle quali la mesalazina non risultò offrire alcun
vantaggio né nell’induzione né nel mantenimento della remissione nella malattia di Crohn,
recenti studi evidenziano qualche beneficio di un trattamento ad alto dosaggio (4 g/die) nella malattia di Crohn lieve-moderata a localizzazione ileo-cecale (5). Per quanto concerne la
malattia di Crohn a localizzazione colica non vi sono evidenze sull’efficacia della mesalazina.
Altrettanto dibattuto è il suo impiego nel mantenimento della remissione, anche se un recente studio ha dimostrato nell’analisi per protocollo l’efficacia nel ridurre il rischio delle riaccensioni (RR=0.79; 95% CI=0.66-0.95, NNT=13)(6). In molte linee-guida, attualmente, la
mesalazina non è considerata una valida terapia di primo approccio.
Nella prevenzione della recidiva post-chirurgica, la mesalazina (oltre 2 g/die) offre qualche
vantaggio rispetto al placebo nella Crohn a localizzazione ileale, ma non nella localizzazione
colica. Metanalisi recenti indicano la NNT con 10-12 (7) e 16-19 (8) per prevenire 1 recidiva
postchirurgica endoscopica. Per quanto concerne la recidiva clinica, la differenze tra mesalazina e placebo raggiunge un 15% che può essere considerata clinicamente rilevante (9).
Eventi avversi alla mesalazina
Generalmente la mesalazina è ben tollerata, ma eventi avversi possono manifestarsi nel 15%
degli adulti e sono dipendenti dal dosaggio usato e comprendono nausea, cefalea, diarrea, e
rash cutaneo. Una rara forma di intolleranza può manifestarsi come colite acuta con diarrea
muco-ematica. Come tutti gli aminosalicilati, la mesalazina è associata a nefrotossicità
(nefrite interstiziale e sindrome nefrosica). La patogenesi è incerta, ma da uno studio basato
su popolazione il rischio (OR 1.60, CI 1.14 - 2.26 rispetto alla normalità) sembra legato alla
severità della malattia di base piuttosto che al tipo di mesalazina o al suo dosaggio (10). Il
controllo annuale della creatininemia può essere utile come monitoraggio, anche se la sua
efficacia nel prevenire il problema renale non è mai stata provata.
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L’acido docosaesaenoico (DHA)
Carlo Agostoni
Clinica Pediatrica, IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico-Ca’ Granda, Università degli Studi di Milano
The n-3 long-chain polyunsaturated fatty acid docosahexaenoic acid (DHA, 22:6n-3)
may be a promoter of growth and development of infants and children.
Advantages of dietary LCPUFA have been demonstrated for infants regardless
of whether they were preterm or at term. DHA supplementations through the
complementary feeding period seem still effective in improving the neuro-functional
and visual performance. Beyond these periods DHA has shown preventive and
therapeutic effects on some features of the so-called metabolic syndrome.
INTRODUZIONE
L’acido docosaesaenoico (o DHA) è un acido grasso polinsaturo entrato da alcuni anni
nel gruppo delle molecole più studiate in nutrizione umana per i possibili effetti biologici,
non solo in prevenzione, ma anche in terapia. Il DHA deriva dall’acido alfa-linolenico,
acido grasso essenziale della serie n-3. Le serie di polinsaturi (n-6, n-3) sono così nominate in base al numero di atomi di carbonio che separano l’ultimo doppio legame dal terminale metilico. La sintesi del DHA dall’acido alfa-linolenico avviene attraverso tappe
enzimatiche successive di allungamento e desaturazione (in analogia con i composti della serie n-6), rappresentate sinteticamente in Figura 1.
La tappa limitante per la sintesi degli acidi grassi polinsaturi è rappresentata dall’azione
della delta-6 desaturasi, il primo enzima che opera sugli acidi grassi essenziali di entrambe le serie per la sintesi dei derivati. Oggi è stato definito il ruolo dei polimorfismi genetici delle desaturasi nel definire la condizione di base dei livelli di DHA e dei polinsaturi
Figura 1 Sintesi dei derivati a lunga catena polinsaturi dagli acidi grassi essenziali precursori
18:2 n-6 (acido linoleico, LA)
desaturasi Δ6
18:3 n-6 (acido γ-linolenico, GLA)
18:3n-3 (acido α-linolenico, ALA)
desaturasi Δ6
18:4 n-3 (acido stearidonico)
elongasi
20:3 n-6 (acido diomogammalinolenico)
desaturasi Δ5
20:4 n-6 (acido arachidonico, AA)
20:5 n-3 (acido eicosapentaenoico, EPA)
elongasi (2)
desaturasi Δ6
β-ossidazione
(nel perossisoma)
22:6 n-3 (acido docosaesaenoico, DHA)
31
News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology
a lunga catena in genere a livello individuale (1). Mentre per la sintesi dell’acido arachidonico tale assetto avrebbe notevole importanza, per il DHA i livelli circolanti rimarrebbero comunque maggiormente dipendenti dalla assunzione attraverso la dieta. Questo
presumibilmente si spiega col fatto che la sintesi del DHA procede attraverso una via
impegnativa dal punto di vista biochimico che coinvolge anche una tappa β-ossidativa in
sede perossisomiale. La prova indiretta di questo meccanismo è stata fornita da alcune
patologie congenite con assenza di perossisomi, come la sindrome di Zellweger, che sono
caratterizzate da importanti deficit di DHA.
DHA NELLA CRESCITA
Il DHA entra a fare parte dei fosfolipidi di tutte le membrane cellulari dei vari tessuti e
distretti corporei. Entro i fosfolipidi, la frazione maggiormente ricca di polinsaturi a lunga catena è rappresentata dalla fosfatidiletanolamina, ovvero la fase interna della membrana cellulare. Da tale frazione di membrana dipendono numerose attività enzimatiche
e/o loro attivatori intracellulari, comprese le frazioni proteiche responsabili degli scambi
di informazione col materiale genetico. Inoltre, il DHA arriva fino al 60% degli acidi
grassi totali presenti in alcune cellule nervose (retina, bastoncelli soprattutto) ed è ampiamente rappresentato in alcune are di connessione ed organizzative della memoria nella
corteccia prefrontale (2). L’accumulo del DHA si verifica in massimo grado durante l’ultimo trimestre di vita intra-uterina, ed è quindi il prematuro ad essere esposto (come
anche per altri nutrienti) alla carenza di questo componente nutrizionale. Tuttavia, anche dopo la nascita si registra una notevole deposizione di DHA a livello delle strutture
nervose, fino a tutto il secondo anno (3).
L’apporto di DHA dietetico della madre diventa un elemento fondamentale per determinarne i livelli circolanti. Non solo l’apporto di DHA durante la gravidanza e l’allattamento, ma anche l’apporto precedente può avere un ruolo attraverso l’accumulo di
DHA in depositi tessutali, ed il successivo passaggio al pool circolante di acidi grassi, da
cui vengono estratti quelli che passano attraverso il funicolo. La supplementazione materna di DHA ad alte dosi nella seconda parte della gravidanza è quella risultata associata ai maggiori effetti positivi a distanza di tempo, sia a livello neuro cognitivo che della
modulazione immuno-allergica (4,5). Tra i vari elementi negativi, sia l’alcool che il fumo di
sigaretta si associano a minore passaggio di DHA al feto prima, ed al lattante dopo, per un
impoverimento sia di grassi che di DHA stesso del latte materno.
Il latte materno contiene DHA preformato, e si configura quindi come l’alimento ideale
per il lattante (6). Anche nella fase dell’allattamento il diverso apporto di DHA alla madre
si associa a tassi di DHA crescenti nel latte fino a raggiungere un plateau. L’assunzione di
DHA attraverso la dieta permette ai neonati a termine allattati al seno di accumulare maggiori quantità di DHA nei lobi prefrontali (sede di aree associative di fondamentale importanza per la memoria e l’apprendimento) del sistema nervoso centrale in confronto a soggetti allattati artificialmente (2).
Negli allattati artificialmente, infine, l’inserimento di DHA ristabilisce i livelli circolanti di
DHA a valori analoghi a quelli degli allattati al seno, con effetti funzionali misurabili con
test standardizzati dello sviluppo neuro cognitivo (7). Quindi, in assenza di un apporto esogeno, la sintesi endogena di DHA è insufficiente per ottenere nei compartimenti corporei
livelli di DHA comparabili a quelli riscontrati nei neonati che non seguono il percorso fisiologico previsto (ovvero, termine della gravidanza con apporto di DHA massimale nel
corso del terzo trimestre, e successivamente apporto di DHA attraverso il latte materno).
DHA NELLO SVILUPPO
Nel neonato prematuro l’apporto di DHA attraverso il latte materno o formule adattate
supplementate è risultato associato ad un miglioramento della performance visiva misurata con metodologie diverse (potenziali evocati visivi, elettroretinogramma, ed altri ancora) perlomeno a breve termine, ovvero per la durata della supplementazione. Alcuni
32
L’Acido docosaesaenoico (DHA)
studi hanno rilevato differenze funzionali anche dopo l’interruzione dell’alimentazione
esclusivamente lattea, ma in ogni caso vi è ampio consenso che l’apporto di DHA dovrebbe essere assicurato almeno a tutti i prematuri. In tali soggetti il deficit può infatti
essere molto più marcato per l’elevato apporto che viene trasferito attraverso il funicolo
nell’ultimo trimestre di gravidanza, a concentrazioni progressivamente crescenti fino
all’ultimo mese. Tuttavia l’eterogeneità dei disegni di studio di supplementazione rende
ancora difficile secondo la Cochrane library arrivare a conclusioni positive (8).
Nel neonato a termine le controversie sull’utilità o meno della supplementazione delle
formule sono ancora vive nel mondo scientifico, e non vi è un consenso generale. Sono
stati osservati risultati variabili, che in numerosi casi sono stati associati ad effetti positivi
sia a test neurofunzionali visivi, che attraverso test di sviluppo neuro comportamentale (in
particolare, il “problem solving test”). Tali trial clinici randomizzati hanno utilizzato disegni di studio diversificati relativamente a metodologie di indagine, tipo di supplementazione di DHA e sua provenienza, associazione o meno con altri acidi grassi polinsaturi
derivati a lunga catena. Per tali motivi queste osservazioni non arrivano a supportare una
supplementazione del neonato a termine (9).
DHA NELLA PREVENZIONE E NELLA TERAPIA
L’interesse verso il DHA è nato con le prime osservazioni epidemiologiche che mettevano in rilievo un’associazione negativa tra mortalità cardiovascolare e consumo di alimenti ittici in popolazioni esquimesi. Da allora si è sviluppata un’intensa mole di ricerche
volte a definire gli effetti della supplementazione con olio di pesce in trial clinici controllati, e ad identificare quale dei componenti inclusi nei prodotti a base di grassi di pesce
potesse essere il principale effettore degli effetti protettivi. Infatti, anche l’EPA è usualmente presente, in quantità anche superiori al DHA, in questi prodotti, a cui vengono
ulteriormente aggiunte sostanze ad attività antiossidante.
Secondo una serie di studi, il DHA potrebbe essere il principale effettore delle associazioni negative osservate, potendo contribuire sia all’abbassamento dei trigliceridi circolanti
che alla prevenzione di eventi trombotici ed aritmie cardiache.
Di maggiore rilevanza dal punto di vista della prevenzione in età pediatrica può essere
considerato l’effetto di un arricchimento di acidi grassi polinsaturi a lunga catena delle
membrane cellulari nei vari distretti tessutali corporei, ed in particolare nel tessuto muscolare. Infatti, la tolleranza glucidica e la sensibilità insulinica sono associate alle concentrazioni di tali molecole nelle membrane muscolari, che determinerebbero l’espressione
dei recettori insulinici a livello di membrana, secondo osservazioni su soggetti adulti.
Mentre sono in corso studi per confermare che una supplementazione con DHA possa
avere effetti metabolici positivi anche nell’obesità, dati recenti dimostrano una regressione delle lesioni epatiche in corso di steatoepatite non alcoolica in adolescenti (10). Questo
dato è consistente con l’osservazione di una associazione negativa tra durata dell’allattamento al seno e gravità dello stato di steatoepatite a distanza di anni, una conferma
dell’imprinting epigenetico offerto dal latte materno (11).
CONCLUSIONI
Tra gli acidi grassi polinsaturi a lunga catena, il DHA presenta le maggiori potenzialità
positive, dalla fase intrauterina alle fasi più tardive della vita [Tabella 1]. Una dieta varia e
ricca comprende quote di DHA sufficienti ai bisogni di base. Tuttavia, nelle donne in età
fertile, in particolare in gravidanza, nei bambini allattati artificialmente ed in situazioni
particolari (in fisiologia così come in patologia) possono essere prese in considerazione
schemi che prevedano un incremento dell’apporto di DHA con diete particolari e/o
supplementazioni specifiche. Le fonti più pure e testate di DHA sono rappresentate oggi
da organismi unicellulari e microalghe. Occorrerà quindi distinguere le preparazioni
maggiormente sicure dal punto di vista tossicologico, per l’utilizzo nella terapia, così come nelle supplementazioni.
33
News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology
Tabella 1 Ruolo degli acidi grassi polinsaturi a lunga catena: uno schema riassuntivo
Prevenzione del rischio
cardiovascolare
Acido Arachidonico (AA)
Acido Eicosapentaenoico (EPA)
Acido docosaesaenoico (DHA)
NO
un eccesso risulta associato
a patologie di natura trombotica
e cardiovascolare
SÌ
produzione di fattori a debole attività
pro-aggregante,diminuzione di trigliceridi
circolanti
SÌ
diminuisce i trigliceridi circolanti,
previene la formazione della placca
aterosclerotica
NO
incremento rischio cardiovascolare
Prevenzione del diabete
Crescita fetale e
neonatale
Sviluppo della retina
e del Sistema Nervoso
Centrale
SÌ
è correlato positivamente
agli indici di crescita corporea
neonatale
FORSE
ruolo neurotrasmettitoriale?
Key Points
è un
•L’acido docosaesaenoico
le
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nutri
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•Il suo passaggio al feto in gravidan
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terapeutici nei confronti di alcu
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tiche
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metabolica”
34
SÌ
modifica la sensibilità all’insulina
delle membrane cellulari
SÌ
aumenta il grado di insaturazione
delle membrane
NO
è sconsigliato l’eccesso
SÌ
i livelli nel funicolo ombelicale
sono correlati al peso alla nascita
nei pretermine
NO
in pratica assente nei lipidi
delle cellule nervose
SÌ
modula le attività di membrana
rendendole più fluide,
facilita il ricambio di rodopsina
nei bastoncelli, si concentra nelle aree
di connessione ed organizzative della
memoria nella corteccia prefrontale
BIBLIOGRAFIA
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CL
Sintomi intestinali e manifestazioni
cutanee: una diagnosi sofferta
Fortunata Civitelli1, Giovanni Ragusa2
1UOC Gastroenterologia ed Epatologia Pediatrica, Sapienza Università di Roma
2UOC Immunologia Pediatrica, Sapienza Università di Roma
PRESENTAZIONE CLINICA
L. è un bambino di 5 anni, con storia di diarrea, dolori addominali e scarso accrescimento dall’età di 2 anni. In anamnesi piodermite
neonatale trattata con antibiotico-terapia e familiarità per malattie autoimmuni (tiroidite, psoriasi). A 3 anni ricovero per pleuropolmonite: in tale occasione esegue screening celiachia risultato positivo e poi confermato dall’istologia. Inizia dieta senza glutine con incremento ponderale, ma persistenza di diarrea e dolori addominali. Nell’anno successivo nuovo episodio di polmonite. Riferita inoltre
aftosi orale ricorrente.
L. giunge alla nostra osservazione all’età di 4 anni per peggioramento dei sintomi intestinali associati a febbricola e, nell’ultima settimana,
comparsa di due noduli cutanei dolenti, caldi al termotatto, a livello addominale e della coscia sinistra, successivamente evoluti in ulcere
ricoperte da materiale giallastro.
ESAME OBIETTIVO
Condizioni generali discrete, micropoliadenia laterocervicale bilaterale, all’ispezione anale
skin tags. A livello della coscia sinistra e del quadrante addominale inferiore di sinistra, due
ulcere tondeggianti ben demarcate, di circa 0,5 cm di diametro, circondate da un alone
violaceo e ricoperte da secrezione purulenta [Figura 1].
SVILUPPO DEL CASO CLINICO PRIMA PARTE
Esami di laboratorio al momento del ricovero:
• Anemia, piastrinosi, lieve leucocitosi neutrofila
• Albumina, Sideremia e ferritina 
• IgA e IgG 
• PCR e VES 
• Corpocoltura: negativa
• Calprotectina fecale 
• Anti-tTG, EMA: negativi
• ASCA IgA e ASCA IgG: positivi, pANCA: negativi
• Intradermoreazione di Mantoux: negativa
• CMV, EBV DNA PCR: negativa
Figura 1 Ulcerazione cutanea tondeggiante ricoperta da materiale purulento
a livello della coscia sinistra
IPOTESI DIAGNOSTICHE
• Sintomatologia di natura infettiva?
• MICI con coinvolgimento extra-intestinale?
• Manifestazioni intestinali e cutanee nel contesto
di un’immunodeficienza?
• Crohn metastatico?
La soluzione del caso clinico a pagina 43
35
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Paediatric non-alcoholic
fatty liver disease (NAFLD)
represents one of most
frequent chronic liver
diseases worldwide. It is
frequently associated with
obesity, type two diabetes
and metabolic syndrome.
Weight reduction by diet
and physical exercise is the
current mainstay of NAFLD
treatment in children.
However, a multi-targeted
approach combining
lifestyle intervention and
natural pharmacological
treatments is now
considered a winning
strategy.
La steatosi epatica non-alcolica:
il DHA ed il meccanismo molecolare
Anna Alisi e Valerio Nobili
Reparto di Malattie Epatico-Metaboliche e Unità di Ricerca in epatologia,
Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù”, IRCCS di Roma
DEFINIZIONE, EPIDEMIOLOGIA E FATTORI DI RISCHIO
La steatosi epatica non-alcolica è una patologia caratterizzata dall’accumulo di grasso
nel fegato in assenza di consumo di alcol. La forma pediatrica più diffusa di steatosi epatica è parte di una patologia più complessa nota come NAFLD (Non-Alcoholic Fatty
Liver Disease). La NAFLD pediatrica può presentarsi sia sotto forma di steatosi semplice
che sotto forma di steatoepatite non-alcolica definita dalla presenza di steatosi, degenerazione balloniforme degli epatociti, infiammazione portale e globulare ed eventuale fibrosi centrolobulare (1). La NAFLD è stata considerata a lungo una condizione benigna,
ma oggi è ormai noto che essa rappresenta un fattore di rischio per patologie epatiche
più gravi che portano alla cirrosi e all’epatocarcinoma (2).
Attualmente la NAFLD è considerata una delle malattie croniche epatiche più diffuse
nella popolazione pediatrica mondiale anche se la mancanza di test diagnostici specifici
e sensibili utilizzabili su larga scala ci impedisce di averne la reale prevalenza. Comunque, stime di prevalenza recenti, dedotte da criteri indiretti come l’elevazione delle transaminasi ed il fegato brillante al rilievo ecografico, riportano una prevalenza della malattia di circa il 3-10% nei soggetti pediatrici in generale (3). Questo dato percentuale cresce
inquietantemente, fino a raggiungere valori che oscillano fra il 50% ed il 90% a seconda
della localizzazione geografica, negli individui che presentano particolari fattori di rischio. Il sovrappeso e l’obesità, insieme ad alcune morbidità associate alla sindrome metabolica, come insulino-resistenza, diabete di tipo 2 e dislipidemie, rappresentano i maggiori fattori di rischio per NAFLD. Molti autori pertanto suggeriscono che la NAFLD sia
la manifestazione epatica della sindrome metabolica, e che l’insulino-resistenza sia un
elemento chiave nella relazione che intercorre fra le due patologie (4). Occorre infine
puntualizzare che la NAFLD è presente in tutte le razze ed in entrambi i sessi anche se
in alcune casistiche sembra essere più frequente nei maschi (5).
PATOGENESI MOLECOLARE
Sebbene la patogenesi molecolare della NAFLD non sia ancora del tutto nota, è ormai
evidente che si tratta di una patologia multifattoriale dove diversi fattori patogenetici si
integrano e cooperano fra loro per dare luogo prima alla steatosi e secondariamente alla
NASH (steatoepatite non alcolica). I risultati ottenuti fino ad ora suggeriscono che una
relazione biunivoca causa-effetto sia il legame fra alterazioni del metabolismo degli acidi
grassi ed insulino-resistenza in grado di indurre lo sviluppo della steatosi semplice.
Quest’ultima quindi risulterebbe da uno squilibrio fra produzione/sintesi e ridotto rilascio epatico degli acidi grassi in grado di causare l’ingolfamento lipidico che caratterizza
gli epatociti di un soggetto con NAFLD. Purtroppo i meccanismi responsabili per la progressione della steatosi a NASH sono meno conosciuti. Diversi studi hanno messo in
evidenza come la steatosi aumenti la vulnerabilità degli epatociti ai potenziali insulti secondari che sembrano essere coinvolti nella progressione in NASH. Fra questi i più rilevanti sono: lo stress ossidativo dovuto all’accumulo di prodotti dannosi per l’omeostasi
epatocitaria che al danno mitocondriale, lo squilibrio fra produzione/rilascio di adipocitochine sia da parte degli adipociti che da parte delle cellule epatiche, ed infine l’endotossinemia causata da alterazioni della permeabilità intestinale (6).
36
TERAPIA
Lo stato attuale delle nostre conoscenze sulla storia naturale e la patogenesi molecolare non permette ancora
di tracciare delle linee guida internazionali per il trattamento della NAFLD pediatrica. Comunque, la stretta
relazione fra NAFLD e l’indice di aumensto della massa corporea (misura del sovrappeso/obesità) ha indotto
a valutare i potenziali effetti del calo ponderale. Numerosi trial clinici condotti su soggetti pediatrici (7) dimostrano che una dieta ipocalorica (a ridotto contenuto di grassi e zuccheri) ed un aumento dell’attività fisica
quotidiano, siano in grado non solo di agevolare la perdita di peso ma abbiano anche degli effetti benefici
sulla steatosi semplice. È comunque utile ricordare che è consigliabile raggiungere il calo ponderale in maniera graduale, in quanto una repentina riduzione dell’indice di massa corporea potrebbe essere un fattore aggravante la NAFLD.
Per quanto invece, riguarda la terapia farmacologia della NASH, che rappresenta la forma più grave e con
potenziali conseguenze a lungo termine, numerosi sono gli studi in corso per individuare un possibile trattamento farmacologico, naturale o con ridotti eventi avversi, che in grado sia di poterne controllare sia
l’insorgenza che l’evoluzione in cirrosi. Il ruolo giocato dall’insulino-resistenza, lo stress ossidativo e l’endotossinemia sono stati fondamentali in questi anni per suggerire possibili approcci terapeutici basati su terapie con agenti antiossidanti come la vitamina E; agenti capaci di sensibilizzare all’azione dell’insulina come
la metformina; agenti in grado di recuperare la corretta permeabilità intestinale come pre-biotici e probiotici. Purtroppo, fino ad ora nessuno di questi agenti preso singolarmente si è dimostrato capace di contrastare la NASH. c infatti oggi opinione comune anche in virtù di potenziali sviluppi terapeutici che
la’approccio ottimale sia quello in terapia combinata che include oltre ad una corretta alimentazione ed
attività fisica anche l’uso di combinazioni di farmaci con diversi bersagli di azione.
Sebbene la dieta e la gestione energetica costituiscano il cardine del trattamento della steatosi epatica semplice in corso di NAFLD pediatrica, studi sulle abitudini alimentari dei pazienti hanno rivelato che il ridotto consumo di pesce, ricco in acidi grassi a catena lunga Omega-3, può essere un fattore associato ad un
aumentato rischio di malattia anche indipendentemente dagli altri fattori di rischio. È stato infatti suggerito
che l’esatto equilibrio dietetico è determinato da un rapporto ottimale 3:1 fra acidi grassi del tipo Omega-6
e quelli del tipo Omega-3. Tuttavia nella dieta occidentale questo rapporto è notevolmente aumentato ed
oscilla fra un valore di 10:1 fino a 20:1, con notevoli implicazioni sulla salute. Nella NAFLD questo rapporto è significativamente correlato con l’accumulo di grasso negli epatociti, pertanto, recentemente gli acidi
grassi a catena lunga Omega-3 sono stati proposti come un potenziale trattamento per NAFLD pediatrica
ma anche nell’adulto (8-10).
a
H
EVIDENZE CLINICHE
DEL TRATTAMENTO CON DHA
E MECCANISMO D’AZIONE
Gli Omega-3 sono acidi grassi polinsaturi essenziali
sintetizzabili in vivo. L’acido docosaesaenoico
(DHA), che appartiene alla serie degli Omega-3,
nella sua formula chimica contiene 22 atomi di carbonio e 6 doppi legami in posizione cis (vedi Figura 1)
ed è comunemente chiamato acido cervonico. Si
trova naturalmente infatti in grandi quantità nell’olio di pesce e nelle alghe L’organismo converte il
DHA in metaboliti attivi, in particolare, molecole
conosciute come resolvine e protectine, ovvero prodotti lipidici che sembrerebbero i principali responsabili dell’effetto anti-infiammatorio di questa sostanza. L’elenco dei potenziali effetti benefici legati
all’assunzione di DHA è molto vasto ma di particolare interesse sono i risultati degli studi che dimostrano la sua azione anti-steatosica (8-10). Un recente
studio condotto su 60 soggetti pediatrici con NA-
H
H
H
H
H
H
H
H
H
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O
-
H
O
b
37
Figura 1 Struttura chimica (a) e molecolare
(b) del DHA da PubChem (immagine a cura degli autori)
Recent Advance in Basic Science
O
insulino-resistenza 
HO

DHA
CH3
FLD accertata tramite biopsia epatica ha dimostrato
che il trattamento con DHA a due diversi dosaggi
(250mg/die e 500mg/die) è in grado di ridurre il livello di trigliceridi circolanti, di aumentare la sensibilità all’insulina e di migliorare il grado di steatosi
leptina
all’esame istologico (7,10).
I potenziali meccanismi molecolari che potrebbero
spiegare l’effetto anti-steatosico del DHA sono molinibizione
attivazione
teplici e molti di questi sono stati individuati mediante l’uso di modelli sperimentali di NAFLD. Come descritto nella [Figura 2], il DHA potrebbe interferire con
TNF-alpha
molti fattori chiave nella patogenesi della NAFLD.
Figura 2 Potenziale meccanismo d’azione del DHA (immagine a cura degli autori)
Prima di tutto il DHA potrebbe agire sugli adipociti
inibendo la produzione di adipocitochine pro-steatosiche come la leptina ed il TNF (tumor necrosis factor)-alpha, e favorendo al contrario
l’aumento di adipocitochine protettive come l’adiponectina. In secondo luogo il DHA
potrebbe agire direttamente sugli epatociti inibendo l’espressione di geni coinvolti nella lipogenesi come FAS (fatty acid synthase). In terzo luogo, il DHA potrebbe esercitare una azione anti-ossidante riducendo l’accumulo di specie reattive dell’ossigeno
(ROS). Infine, anche se in questo casi alcuni risultati sembrerebbero contraddittori, il
DHA sembrerebbe avere un effetto insulino-sensibilizzante mediato dalla sua funzione
di ligando dei PPAR, recettori nucleari coinvolti nella regolazione del metabolismo lipidico degli adipociti e nel controllo dell’insulino-resistenza periferica.
PPAR
adiponectina
Key Points
La steatosi epatica non alcolica
•
iè parte di una patologia mult
e
spettro più complessa nota com
si
NAFLD molto diffusa nei pae
occidentali
il
L’obesità, l’insulino-resistenza,
•
com
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ed
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due
tipo
di
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diab
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ome
sindr
ponenti della
lo
lica sono fattori di rischio per
sviluppo della NAFLD nel soggetto
pediatrico
a
•La dieta e l’esercizio fisico, volti
ridurre il sovrappeso e l’obesità
sono gli interventi di prima linea
nel trattamento della steatosi nei
se
bambini con NAFLD, anche
recentemente loro combinazioi
ne con trattamenti farmacologic
tto
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anti-steatosico più rilevante
tipo
•Il DHA è un acido grasso del
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molti dei meccanismi molecola
ri coinvolti nella patogenesi della
e
NAFLD sembra avere un prottent
effetto anti-steatosico nei soggetti
pediatrici
38
lipogenesi 
PROSPETTIVE TERAPEUTICHE
Il DHA sembrebbe quindi essere un trattamento efficace per ridurre la steatosi nei soggetti pediatrici con NAFLD. Il suo ampio spettro di azione molecolare lo rendono inoltre un
agente capace di inibire numerosi meccanismi responsabili dello sviluppo della steatosi
epatica in corso di NAFLD, ma anche un potenziale agente che se associato alla dieta,
l’esercizio e ad altri agenti naturali potrebbe andare a costituire un cocktail terapeutico efficace anche nella progressione della steatosi verso la NASH. Soprattutto questo ultimo
aspetto è auspicabile sia oggetto di studio più approfondito nel prossimo futuro, sia su modelli sperimentali che in trial clinici.
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L’ecoendoscopia in età pediatrica
Barbara Bizzarri, Alessia Ghiselli e Gian Luigi de’ Angelis
U.O.C. di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva, Azienda Ospedaliero Universitaria di Parma
Endoscopic ultrasonography (EUS) with or without fine needle aspiration (FNA) is a well established diagnostic
tool in adults to evaluate various pathological conditions of the upper gastrointestinal (GI) tract,
of the rectum and of adjacent organs. Despite the knowledge of EUS use in children is still limited,
EUS and EUS-FNA seem to be feasible and safe and have a significant impact on the management
of pediatric GI, pancreatobiliary, and mediastinal diseases.
Presentazione del caso CLINICO
SM, maschio di anni 6, giunge alla nostra attenzione dopo 2 ricoveri per episodi di pancreatite acuta. Nonostante il paziente fosse stato indagato,presso altro reparto sulla natura di questi episodi mediante test
del sudore, ricerca di fattori virali, ecografia addominale di superficie, non era stato possibile evidenziare
nessuna causa specifica alla base degli episodi di pancreatite. Inoltre era stata eseguita la ricerca genetica
per la pancreatite cronica, il cui esito al momento era ancora in corso. Pertanto al successivo episodio di
pancreatite si è deciso in accordo con i genitori e con i colleghi chirurghi che avevano in carico il bambino
di effettuare una ecoendoscopia del pancreas e delle vie biliari. L’ecoendoscopia è stata effettuata con
uno strumento Pentax a visione frontale e sonda ecografica radiale, in sedoanalgesia senza intubazione
orotracheale profonda con l’ausilio del collega anestesista. L’indagine ecoendoscopica ha permesso di
rivelare la presenza di colecisti distesa e repleta di sludge biliare [Figura 1], senza dilatazione del coledoco
né inclusi litiasici a questo livello. Non si sono verificate complicanze nè durante nè successivamente alla
procedura. Per l’assenza di litiasi della via biliare principale non si è ritenuto opportuno eseguire ERCP per
il bilancio rischio/beneficio.
Figura 1 Sludge colecisti
Sviluppo del caso clinico
Si è deciso di intraprendere terapia medica con acido ursodesossicolico, con miglioramento delle condizioni del paziente anche attualmente a distanza di circa 6 mesi, senza ulteriori episodi di pancreatite.
L’ecoendoscopia (EUS) è ormai una tecnica con un ruolo ben definito nell’adulto, sia da un punto di vista
diagnostico, sia terapeutico con la possibilità di effettuare agoaspirati (fine needle aspiration FNA) per esame
citologico di lesioni sia del tratto gastrointestinale (GI) che di organi adiacenti a questo come il pancreas (1).
Nonostante l’ampio utilizzo di questa tecnica nell’adulto, in età pediatrica l’EUS rimane una tecnica anco-
39
Endoscopy Learning Library
ra poco utilizzata e conosciuta, infatti spesso bambini che necessitino di sottoporsi a tale indagine vengono indirizzati a gastroenterologi dell’adulto. Questo in parte è dovuto al largo utilizzo per patologie
di carattere oncologico nell’adulto che nel bambino si presentano con frequenza nettamente inferiore,
ma anche in parte legato alla necessità di sedazione profonda e a limitazioni nell’utilizzo di accessori e
strumenti in età pediatrico per le piccole taglie dei pazienti (2).
Le indicazioni in età pediatrica sono simili a quelle dell’adulto ma con minore incidenza di patologie
neoplastiche riportato pari a circa il 15% delle indicazioni. Fra le principali indicazioni si possono ritrovare
la valutazione di pancreatiti acute e croniche, dolore addominale ricorrente con sospetta origine pancreatica, ostruzione del sistema biliare, lesioni sottomucosa del tratto GI, o la valutazione di eventuali alterazioni visualizzate a un precedente esame radiologico. L’indicazione più frequente anche in età pediatrica
come nell’adulto è lo studio di disordini del sistema pancreatico-biliare (3-8).
Anche nel bambino si è visto che l’utilizzo della EUS riduce il numero delle ERCP, fino a una percentuale
variabile fra il 65 e l’84% (8,9) in quanto si sostituisce all’ERCP diagnostica che dovrebbe mantenere
attualmente un ruolo esclusivamente operativo nelle patologia bilio-pancreatica. Questo determina,
come nelle casistiche dell’adulto una riduzione dei rischi legati alla ERCP, procedura più invasiva rispetto
alla EUS diagnostica (7).
L’EUS si sta pertanto dimostrando una tecnica sicura ed efficace anche in età pediatrica, con la possibilità di effettuare diagnosi che comportano una modificazione dell’iter diagnostico-terapeutico in una
percentuale variabile di pazienti fra il 80-86% dei casi (3,5). Inoltre anche le tecniche operative ecoendoguidate come la FNA si sono dimostrate utili e fattibili in età pediatrica, specie nello studio di masse
mediastiniche ma anche nello studio di lesioni sottomucose del tratto GI e per effettuare diagnosi differenziale di lesioni pancreatiche.
CONCLUSIONI E MESSAGGI PRATICI
In conclusione l’EUS anche in età pediatrica è una indagine utile e fattibile, specie in Centri specializzati,
e permette una accurata diagnosi e di conseguenza un corretto iter terapeutico in patologie molto
differenti fra loro.
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MARIELLA
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Il bambino con rettorragia
Maria Teresa Illiceto e Giuliano Lombardi
U.O.C. di Pediatria Medica - Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva Pediatrica di Pescara
Rectal bleeding is a common symptom in children, accounting for 10-20% of referrals
to pediatric gastroenterologists. It may have either medical or surgical etiology.
In infancy is generally a benign and self-limiting disorder. The diagnostic process starts
with a careful family and personal history, with particular attention to the description
of the rectal bleeding, and a comprehensive physical evaluation. The possible causes
of rectal bleeding may be considered according to the age of patient
at onset and presentation.
INTRODUZIONE
La rettorragia viene definita come emissione di sangue rosso vivo dall’ano, durante la defecazione, dopo o indipendentemente da essa. è un sintomo comune in età pediatrica. Nel
bambino è generalmente un disturbo benigno e auto-limitante a carico dell’ultimo tratto
intestinale, anche se nel neonato e nel lattante l’accelerato transito gastro-intestinale può
giustificare anche una origine alta del sanguinamento. Può avere eziologia medica o chirurgica. Gli elementi principali da valutare ai fini diagnostici sono età e modalità di presentazione della rettorragia. Le possibili cause di sanguinamento rettale variano a seconda dell’età del paziente, come in Tabella 1.
La rettorragia può essere lieve-moderata o severa, e presentarsi occasionalmente o in modo
ricorrente e/o persistente. Il tipico decorso della rettorragia nel bambino è benigno e tale da
consentire un iter diagnostico-terapeutico senza particolare carattere di urgenza, anche se spesso risulta emotivamente pesante il coinvolgimento per il paziente e la famiglia. L’approccio
iniziale può avere carattere di emergenza nei rari casi di sanguinamento rettale severo per cui
si devono garantire: la stabilità emodinamica e cardiorespiratoria, un accesso venoso sicuro, la
reidratazione e l’infusione di soluzioni idroelettrolitiche e la correzione di eventuali coagulopatie sottostanti. In ogni caso di rettorragia l’iter diagnostico inizia con una attenta anamnesi familiare e personale, con particolare minuziosità nella descrizione del sanguinamento rettale
(colore del sangue, quantità, frequenza; colore e consistenza delle feci; numero delle evacuazioni; rapporto sangue-feci e sangue-evacuazione; sintomi addominali ed extraintestinali eventualmente associati), ed una valutazione fisica generale (con particolare attenzione all’esame
rettale digitale, all’esame obiettivo dell’ano, del perineo e dell’addome).
I pazienti con un primo episodio di lieve sanguinamento rettale per i quali non ci siano sintomi
Tabella 1 D
iagnosi differenziale tra occlusione e strozzamento/volvolo
o segni riferibili a sospetta patologia organica,
Prematuri-neonati
1 mese-3 anni
> 3 anni
devono essere avviati ad un follow-up domiciliaNEC-colite infettiva
APLV
Polipo rettale
re. Quando si evidenzi clinicamente il sospetto
Malrotazione
Fissurazioni anali
Emorroidi
diagnostico di una patologia organica, il manaAPLV
Prolasso rettale
Prolasso rettale
gement clinico e la programmazione dell’iter
Enterocolite
diagnostico dovranno essere impostati alla luce
Diverticolo di Meckel
Ulcera rettale solitaria
da Hirschsprung
dell’età del piccolo paziente, degli eventuali sinFissurazioni anali
Polipo rettale
M.I.C.I.
tomi associati, e quindi al sospetto diagnostico
Ulcera peptica acuta
Colite infettiva
I.L.N.
formulato [Tabella 2]. L’intervento diagnostico riColite infettiva
sulta chiaramente meno invasivo dal punto di
Farmaci
Duplicazione cistica
Ischemia intestinale
vista strumentale nel prematuro e nel neonato,
Invaginazione intestinale
in ragione della prevalenza di cause mediche reIschemia intestinale
Malformazione vascolare
sponsabili di rettorragia in queste fasce di età. Le
Ulcera peptica acuta
Neoformazione maligna
indagini diagnostiche di I livello sono rappresenMalformazione vascolare
Sindr. Emolitico-uremica
tate dagli esami ematochimici e dalla rilevazione
Farmaci
Duplicazione cistica
Iatrogena (biopsia per suzione)
Invaginazione
Porpora trombocitopenica
Traumi - violenza
Iatrogena
41
PedGl Snapshots
Tabella 2 - La rettorragia nei bambini 1m-3 anni e > 3 aa
Rettorragia
VALUTAZIONE
E STABILIZZAZIONE
ESPLORAZIONE
RETTALE
SANGUE RETTALE
STOP DEL
SANGUINAMENTO
COLONSCOPIA
PERSISTENZA DEL
SANGUINAMENTO
EMATOCRITO
COAGULAZIONE
Follow-up
COLICHE ADDOMINALI,
SHOCK, VOMITO
(età < 3 ANNI)
VALUTAZIONE
CHIRURGICA
COLONSCOPIA + EGDS
NEGATIVA
SCINTIGRAFIA
STUDIO VIDEOCAPSULARE DEL TENUE
dei parametri vitali atti a valutare le condizioni generali del bambino, anche allo scopo di escludere situazioni di urgenza
/emergenza. Come indagini di II livello, secondo il sospetto diagnostico, consideriamo ecografia addominale, rettocolonscopia e radiografia diretta dell’addome, mentre come III livello clisma opaco, TC e RMN addome, scintigrafia con
Tc99m, ileoscopia con videocapsula, manometria ano-rettale e biopsia per suzione.
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CL
Soluzione del caso clinico di pagina 35
Sintomi intestinali e manifestazioni cutanee:
una diagnosi sofferta
Fortunata Civitelli1, Giovanni Ragusa2
1UOC Gastroenterologia ed Epatologia Pediatrica, Sapienza Università di Roma
2UOC Immunologia Pediatrica, Sapienza Università di Roma
SVILUPPO DEL CASO CLINICO
SECONDA PARTE
Gli esami endoscopici evidenziavano: EGDS nella norma; alla colonscopia ulcerazioni aftoidi isolate nel
a)
b)
discendente e nel sigma nel contesto di una mucosa normale; istoloFigura 2 (a) Un granuloma ben organizzato all’interno di un follicolo linfoide. H-E, x250 (ingrandimengia compatibile con malattia di
to originale).
(b) Macrofagi pigmentati nella lamina propria. H-E, x400 (ingrandimento originale).
Crohn (MC) (piccoli aggregati istiociG.C. Prof.ssa A. Marcheggiano, Dipartimento di Scienze Cliniche, “Sapienza”, Università di Roma
tari ed alcuni microgranulomi nella
lamina propria, LP, sia a livello ileale che colonico; lieve distorsione criptica, con focali immagini di criptite). Contestualmente è stata eseguita la coltura e la biopsia delle lesioni cutanee. L’istologia evidenziava una vasculite neutrofilica tipo pioderma gangrenoso, interpretata come manifestazione extra-intestinale della MC.
La coltura ha successivamente rivelato la presenza su 3 campioni di Serratia Marcenses, bacillo Gram-negativo, Catalasi +, della famiglia
delle Enterobacteriacee. Le infezioni isolate sono rare in età pediatrica, ma spesso rappresentano il sintomo di esordio delle immunodeficienze primitive (IP), in particolare delle disfunzioni dei fagociti (1).
L’NBT test (test del nitroblu di tetrazolio) ha dimostrato un deficit dei fagociti nel produrre il normale burst respiratorio, indirizzando verso
una diagnosi di Malattia Granulomatosa Cronica (CGD), IP causata dalla mutazione in uno dei componenti dell’enzima NADPH ossidasi. Il
sequenziamento del gene CYBB ha confermato la diagnosi di CGD X-linked (2). La revisione dei vetrini ha evidenziato multipli granulomi epiteliodi nella LP e numerosi istiociti con citoplasma microvacuolizzato e debolmente pigmentati [Figura 2], reperto caratteristico della CGD (3).
è stata iniziata profilassi con trimetoprim-sulfametossazolo (6 mg/kg/die) ed itraconazolo (5 mg/Kg/die) con risoluzione graduale delle lesioni cutanee e miglioramento degli indici di laboratorio.
PUNTI CRITICI DELLA DIAGNOSTICA DIFFERENZIALE
La sintomatologia intestinale e le lesioni cutanee tipo pioderma gangrenoso indirizzavano verso la diagnosi di MC. Il reperto endoscopico ed
istologico e la positività degli ASCA avvaloravano tale ipotesi. La storia clinica di L. (piodermite neonatale, infezioni respiratorie ricorrenti,
aftosi orale, skin tags perianali, età precoce di esordio dei sintomi intestinali, ascesso cutaneo da Serratia), era fortemente suggestiva per
un coinvolgimento intestinale nel contesto di IP (3,4). Il supporto dei colleghi Immunologi, l’NBT test, la presenza di clusters di
granulomi e di istiociti pigmentati all’istologia, sono stati fondamentali nella diagnosi differenziale.
QUALI TAKE HOME MESSAGES?
La CGD causa una colite granulomatosa Crohn-like, con caratteristiche cliniche, endoscopiche ed istologiche molto simili alla MC, per cui
questa entità dovrebbe sempre essere considerata nella diagnosi differenziale delle MICI, soprattutto quando i sintomi esordiscono in età
molto precoce, in presenza di malattia perianale, di ascessi cutanei e di un’anamnesi positiva per infezioni ricorrenti.
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Pediatrics 2004; 114: 462-8