Jacques Maritain ei Piccoli Fratelli di Gesù di Frère

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Jacques Maritain ei Piccoli Fratelli di Gesù di Frère
Jacques Maritain e i Piccoli Fratelli di Gesù
di Frère Maurice Maurin
1. Appena abbiamo saputo del decesso di Raïssa, nel 1960, fratello André
che era il responsabile degli studi a Toulouse, è partito per raggiungere
Jacques Maritain a Parigi. Fratello André era molto legato ai Maritain dal
periodo della sua conversione, per un certo periodo aveva perfino abitato a
casa loro a Meudon. Era anch’egli filosofo e un eminente islamista1. Al
suo ritorno da Kolbsheim, dove avevano avuto luogo le esequie di Raïssa,
fratello André ci annunciò che Jacques Maritain stava per venire presto ad
abitare con noi. Eravamo allora una cinquantina di Piccoli Fratelli di Gesù,
studenti di teologia presso i Domenicani nella periferia di Toulouse.
Secondo le abitudini, legate alla nostra vocazione, vivevamo in piccole
comunità di quattro o cinque confratelli, in appartamenti affittati nel
quartiere o in casette di legno, che avevamo costruito in un terreno che
apparteneva ai Domenicani e che chiamavamo “baracche”. Bisognò
dunque sistemare due piccole stanze collegate alla sala riunioni e farne un
piccolo appartamento per Jacques: una cameretta ed uno studiolo dove
poter continuare a ricevere. Il tutto nella più grande semplicità.
Nel corso degli studi tutti noi leggevamo e studiavamo testi e libri di
Jacques Maritain. Fratello André parlava spesso di lui in riunione o
personalmente. Sapevamo che aveva avuto molta importanza nella sua
conversione, come anche nella ricerca della sua vocazione personale.
Accadeva allora che ci leggeva una lettera che aveva ricevuto da Jacques e
che considerava come profetica:
“Una vita contemplativa nel mondo? […] Proprio così. Ma tuttavia si
giustificherebbe nel mondo solo con il desiderio di servire le anime, e
dunque d’essere un modo o una sua impronta, di sopportare
coraggiosamente per esse tutti i guai, le amarezze e i viavai inutili,
ineludibili dal commercio con gli uomini, se non altro per rendere
testimonianza in mezzo ad essi della stessa contemplazione e dell’amore
eucaristico di Nostro Signore.
Se dovete restare nel mondo, credo che sia per la volontà di lasciarvi
assorbire dagli altri, salvaguardando solo la parte (molto grande) di
solitudine necessaria affinché Dio faccia di voi qualcosa di utilmente
assorbibile… Cosa resta dopo? L’impressione, l’idea, la speranza che lo
Spirito Santo prepari qualcosa nel mondo, un’opera d’amore e di
1
Su Frère André (Luois Garder), cf. Michel Nurdin, Un demi-siècle d’amitié bénie, Cahiers Maritain, 14, pp.59-63.
1
contemplazione, che vorrà dalle anime totalmente liberate e immolate
perfino in mezzo al mondo… “. Jacques mi ha detto in seguito che aveva
scritto quella lettera pensando alla vita ed alla vocazione di Raïssa.
E così, il 6 marzo 1961, abbiamo visto arrivare Jacques. Faceva un gran
freddo e sembrava molto stanco. E’ stato subito accompagnato
nell’appartamento preparato per lui. Fratello André ci aveva molto
raccomandato di lasciarlo in pace, soprattutto di non importunarlo. Jacques
ritornava dagli Stati Uniti, dove era dovuto andare per regolare certi affari
e prendere ciò di cui aveva bisogno, perché con Raïssa erano venuti in
Francia solo per un periodo di riposo e di incontri, quando fin dal primo
giorno a Parigi, Raïssa si era improvvisamente accasciata, crudelmente
colpita dalla malattia. Al suo ritorno, Jacques si era fermato a Kolbsheim,
dagli amici Grunelius e aveva deciso di passare da loro le vacanze estive.
Nei primi giorni, potevamo intravedere Jacques soprattutto quando usciva
da casa sua per fare due passi nei viali del nostro parco. La messa era
sempre a mezzogiorno e Jacques vi partecipava. Poiché la nostra cappella
aveva delle panche dappertutto, dove potevamo sederci, ma avevamo
l’abitudine di inginocchiarci sulla nuda terra, i confratelli avevano pensato
di fare un inginocchiatoio per Jacques, e per non metterlo in imbarazzo, ne
avevano fatti quattro. Ma Jacques, fin dalla prima volta, si è inginocchiato
sulla nuda terra. Lo si poteva vedere di sera in fondo alla cappella, in
ginocchio, in un angolo, una figura scura illuminata dalla lampada del
santuario.
Nelle vicinanze, c’era una piccola comunità di suore domenicane
contemplative. Jacques, Raïssa e Vćra ne avevano conosciuto la fondatrice
a Meudon. Queste suore sono state provvidenziali per Jacques. All’inizio,
gli preparavano il pasto di mezzogiorno, ma, soprattutto, una delle suore
gli faceva da segretaria, aiutandolo a scrivere a macchina i testi manoscritti
e una parte della posta.
Un giorno, uscendo insieme dalla cappella, gli ho rivolto la parola e l’ho
invitato al pasto serale nella nostra piccola fraternità di cinque confratelli.
Jacques ha accettato ed è venuto. Fin da principio, con semplicità e
attenzione fraterna, ci ha impegnati a chiamarlo Jacques, ciò che facevamo
con naturalezza, senza alcuna esitazione né complessi. Aveva uno sguardo
che esprimeva una grande dolcezza, occhi blu che si fermavano su
ciascuno, con rispetto e grande attenzione. Si poteva certamente coglierne
la fatica e la pena, ma subito si era a proprio agio con lui e in un rapporto
di affetto. Il grande Jacques Maritain era prima di tutto un cuore, uno
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sguardo. Attento a non fare troppo tardi, l’ho accompagnato a casa sua
camminando lentamente. Davanti alla porta, gli ho rivolto alcune parole:
capivo la sua sofferenza, eravamo i suoi Piccoli Fratelli, eravamo felici che
fosse con noi e desideravamo essergli d’aiuto. Mi ha ringraziato ed
abbracciato. Ero del tutto affascinato.
Ma Jacques non tardò ad ammalarsi, tossiva molto, aveva la febbre e il
cuore molto affaticato. Prima degli studi, avevo lavorato in Marocco come
infermiere, e così a Toulouse avevo il compito d’infermiere per i
confratelli, il che mi permetteva di andare a visitare Jacques. Fu necessario
chiamare un medico. Fratello André chiese consiglio ad un Padre
Domenicano, amico di Jacques, il quale fece appello ad un eminente
professore cattolico. Fu un fiasco! Quel professore affaticò Jacques
ponendogli molte domande sulla sua carriera, ma interessandosi poco al
malato. Dopo che se ne fu andato, Jacques disse che non voleva più
rivederlo e che aveva bisogno di essere visitato da un vero medico.
Scoprivo un altro aspetto di Jacques: aveva una forte personalità, era
capace di irritarsi, ma si calmava molto presto e si scusava con molta
umiltà. Mi sono allora rivolto al medico di quartiere, il dottor Roger
Tauber, che conoscevamo ed apprezzavamo. Non ci si era subito rivolti a
lui, perché era comunista militante; era inoltre ebreo d’origine rumena, il
che non poteva dispiacere a Jacques. Benché fosse una domenica mattina,
era venuto subito e con molta cura aveva visitato Jacques, che aveva una
bronchite, aggravata da uno stato di debolezza cardiaca. Il dottore ritornò
ogni giorno per sorvegliare personalmente il decorso della malattia e, nel
caso, adattare la cura. Era di una grande bontà quell’uomo: quello è stato
l’inizio di una grande fiducia e di una fraterna amicizia fra i due, e, in
seguito un grande sostegno per ciascuno di loro.
2. Qualche giorno dopo l’arrivo di Jacques a Toulouse, fratello René
Voillaume, fondatore ed allora priore, aveva scritto a tutti i Piccoli Fratelli:
“E’ un dono prezioso della Provvidenza che l’amicizia di Jacques per noi,
e la parentela spirituale che esisteva già da molto tempo con la nostra
forma di vita religiosa, l’abbiano condotto a venire ad abitare in mezzo a
noi, come un fratello maggiore del quale abbiamo molto bisogno…”. Da
parte sua, un mese dopo Jacques scriveva: “…mi sono ritirato dal mondo
grazie all’accoglienza che hanno voluto darmi i Piccoli Fratelli di Gesù
che Raïssa ed io abbiamo amato con un amore d’elezione fin dalla loro
fondazione”.
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Queste frasi che si riferiscono ai nostri precedenti legami con Jacques,
come “la parentela spirituale che esisteva da così tanto tempo con la nostra
forma di vita religiosa”, come “i Piccoli Fratelli di Gesù che Raïssa ed io
abbiamo amato fin dalla loro fondazione” risvegliano la nostra attenzione e
ci invitano ad uno sguardo verso il passato2.
Nel 1913, Charles de Foucauld fa un breve soggiorno a Parigi e a più
riprese incontra Louis Massignon, che ne parla a Jacques Maritain, il quale
sarà interessato ad alcuni aspetti della vita e della spiritualità di fratello
Charles. Sicuramente Jacques fu colpito dalla frase che ripeteva il giovane
Charles, non credente ma aspirante a conoscere Dio: “Mio Dio se esisti fa
che ti conosca”. Jacques stesso aveva vissuto quella situazione, ripetendo
quasi le stesse parole.
L’8 settembre 1933, nella basilica del Sacré-Coeur a Montmartre, i primi
cinque Piccoli Fratelli di Gesù vestono l’abito di fratello Charles. Nel
Paysan de la Garonne, Jacques Maritain annota che egli era presente.
Quei cinque confratelli partono in seguito per il deserto algerino, si
fermano presso i Padri Bianchi ad Algeri, dove sono raggiunti da un sesto
confratello che li attendeva e, insieme, continuano verso il sud e si
stabiliscono in un’oasi, El-Abiodh-Siri-Cheikh. Questo sesto confratello è
fratello André, il giovane convertito legato ai Maritain e al quale, nel 1928,
Jacques aveva scritto la lettera, detta profetica, che ho citato all’inizio.
Si capisce quindi facilmente che da parte dei Maritain, che formavano una
piccola comunità di tre (Jacques, Raïssa, Véra), di ispirazione
contemplativa nel mondo - (“Ma quel piccolo gregge di tre era di Gesù
Cristo” sottolinea Jacques) - si seguiva con grande interesse l’evoluzione
di quella nuova comunità di confratelli. E nel deserto, fratello André,
filosofo e discepolo di Jacques, che riceveva libri, essendo incaricato della
formazione intellettuale dei giovani confratelli, li guidava nella linea di san
Tommaso d’Aquino e di Jacques Maritain, in pieno accordo con il giovane
priore, René Voillaume, che aveva preparato un dottorato di teologia
all’Angelicum con un professore dominicano, molto vicino a Jacques.
3.La seconda Guerra Mondiale fu tempo di prove, di discussioni, di
riesame che la situazione suscitava nella giovane Fraternità molte
questioni alle quali bisognerà rispondere. L’andare indietro negli anni
aveva permesso ai confratelli una migliore conoscenza degli scritti e della
2
Si può trovare uno studio più dettagliato di tutta la storia dei legami dei Maritain con i Piccoli Fratelli - come i rinvii
più completi delle citazioni usate – nello studio di fr. Michel Nurdin, Jacques Maritain et René Voillaume, Nova et
Vetera, ottobre-dicembre 2004, pp.29-47.
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vita di fratello Charles. Alcuni fratelli provavano un certo disagio nel
paragonare il loro stile di vita in parte monastico con quello che aveva
concretamente vissuto fratello Charles, ispirandosi alla vita di Gesù a
Nazareth, come anche con le condizioni di vita dei poveri nomadi che si
trovavano con loro. Un desiderio di maggiore fedeltà a questo ideale di
“Nazareth” si manifestava in mezzo ai confratelli. Ma si ponevano anche
altre domande, come salvaguardare la fedeltà all’orientamento
contemplativo e aprirsi ad una autentica condivisione della vita dei poveri,
di gente comune, e non soltanto nel deserto o in ambiente musulmano, ma
dappertutto nel mondo? Si era posta una seria riflessione di fondo e
comportava scambi, studi, testi da redigere, spesso attraverso il fratello
André che, conoscendo bene gli scritti di Jacques Maritain, poteva
attingervi le luci e l’apertura di cui i confratelli avevano bisogno. Il
dialogo continuava anche con Piccola Sorella Magdeleine che, avendo
fondato le Piccole Sorelle di Gesù nel Sahara, condivideva lo stesso
ideale. Ella appariva ispirata e audace in un percorso di apertura, al seguito
di Gesù di Nazareth e di fratello Charles.
Una prima questione si pose riguardo alla formazione del nuovi confratelli.
I confratelli da soli non potevano farsene carico. Per meglio informarsi e
rispondere alle questioni che si ponevano, nella primavera 1946, fratello
René Voillaume e fratello André vanno in Francia. Incontrano prima di
tutto dei professori Domenicani, e nel corso dei colloqui, si profila un
progetto che prevede che i giovani Piccoli Fratelli possano studiare nello
Studium dei Domenicani e sotto la responsabilità di fratello André. Dopo
un po’, fratello René noterà: “E’ quasi certo che Maritain ha dovuto
consigliarci in questo senso”.
In seguito i due confratelli vanno a Roma dove fratello René Voillaume
deve avere vari incontri in Vaticano, ma anche dove Jacques Maritain è
ambasciatore presso la Santa Sede. I due confratelli parlano a lungo con
Jacques, Raïssa e Véra in merito ai fratelli ed a tutte le questioni che
vengono loro poste. Molti problemi sono comuni: “Come vivere la
contemplazione nel mondo? Quali sono le difficoltà? Ma anche, per che
cosa ci impegna? …”. I due confratelli capiscono che ciò va nel senso di
quanto Jacques aveva scritto al fratello André: “…con la volontà di
lasciarsi assorbire dagli altri, preservando solo la parte (molto grande) di
solitudine necessaria perché Dio faccia di voi qualcosa di utilmente
divorabile…”.
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Non c’è dubbio che questi diversi colloqui dei due confratelli con coloro
che sono diventati i nostri Maestri Domenicani, con Jacques, Raïssa e
Véra, poi, così come gli incontri che sono seguiti con tutto un
rinnovamento missionario e religioso più aperto al mondo del lavoro,
stanno esercitando une influenza molto importante sull’evoluzione dei
Fratelli. Ciò li rafforzerà nel loro desiderio di vivere la vocazione di
Nazareth in forte unione con la gente del popolo, i poveri, condividendo le
stesse condizioni di lavoro e di habitat, negli ambienti operai, non cristiani,
ecc. Non è una rivoluzione ma una pienezza, una fioritura di qualcosa che
era stato dato in seme e che era a lungo maturato nella contemplazione e
nel silenzio del deserto, e in continuità di quanto aveva vissuto e
desiderato fratello Charles, in particolare a Tamanrasset.
Tutto ciò non era senza rischio. Jacques e Raïssa vi s’interessavano
vivamente. Non si trovavano essi stessi dopo anni impegnati in una via
simile, benché in un altro ambiente? Potevano ormai aver luogo ogni tanto
degli incontri fra i confratelli e i Maritain, quando questi venivano d’estate
in Francia. In seguito ad uno di questi incontri in Francia, nel 1950, al
quale avevano partecipato alcuni confratelli: André, Milad Aïssa (il
maestro dei novizi) e Dominique Voillaume (fratello del Priore), Jacques
annota: “Molto commosso dalle carte del padre Voillaume che André ha
dato a Raïssa. Lo spirito di Dio è veramente là. Questi Piccoli Fratelli sono
ciò che attendevamo da tempo”. Le carte che menziona Jacques sono senza
dubbio i testi delle conversazioni e delle lettere del Priore ai suoi
confratelli, sugli aspetti importanti della loro vocazione, che stanno per
essere pubblicati fra poco con il titolo “Au coeur des Masses”.
4. Si capisce che i testi che toccano in particolare la preghiera del cuore, la
preghiera contemplativa, “la preghiera della povera gente”, ad esempio,
indirizzati a confratelli sottoposti a un lavoro e a ritmi e condizioni di vita
di gente comune, erano estremamente importanti per i Maritain, impegnati
essi stessi da tempo nella preghiera di contemplazione e, più spesso,
nell’accoglienza continua di gente numerosa e diversa. Ciò li riguardava
direttamente e confermava alcuni loro scritti. Nella stessa epoca Raïssa
desiderava scrivere un libro su “La contemplazione sulle strade”. Nel
1959, scriverà in Liturgia e contemplazione, che “la costante attenzione a
Gesù presente e la carità fraterna sono chiamate a svolgere un ruolo
maggiore, anche riguardo alle vie dell’orazione infusa”, e che la vocazione
dei Piccoli Fratelli, “contemplativi gettati nel mondo e nella miseria del
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mondo, ha in questo rapporto un alto significato”. Jacques afferma anche
che: “L’amore per il prossimo è lo stesso amore dell’amore per Dio. Di
conseguenza, l’amore fraterno ci connaturalizza anche a Dio…”.
Noi sappiamo, piccoli fratelli e piccole sorelle, che c’è una grande verità,
ma sappiamo per esperienza quanto sia difficile restarvi fedele e non
deviare da una parte o dall’altra.
Si può così capire meglio, come dopo il decesso di Véra e di Raïssa,
Jacques rimasto solo, a seguito degli incontri con i fratelli René e André,
decida di ritirarsi presso i Piccoli Fratelli di Gesù. Egli pensa anche che ciò
è conforme alla volontà di Raïssa e in naturale proseguimento di quanto
hanno vissuto con Véra. Jacques ha allora 78 anni e comincia una vita
completamente nuova per lui.
Poco dopo l’arrivo a Toulouse, e al fine di precisare la sua situazione, egli
scrive: “Resto un filosofo laico e non ho alcuna intenzione di rinchiudermi
in convento. Ma mi sono ritirato dal mondo grazie all’accoglienza che mi
hanno riservato i Piccoli Fratelli di Gesù che Raïssa ed io abbiamo tanto
amato di un amore d’elezione dalla loro fondazione (saranno presto
trent’anni). Ho un grande bisogno di silenzio. Non sono rientrato in
Francia per cercare di operarvi, ma per prepararmici a morire”3 .
5. Essendosi poco a poco ristabilito dalla bronchite, Jacques si organizza e
si rimette progressivamente al lavoro. Non ha con sé la sua biblioteca, né
tutte le sue carte. Ma ha gli appunti di Raïssa, il suo Journal ed i testi sui
quali lei lavorava. In caso di bisogno, c’è la biblioteca di fratello André e
quella dei fratelli studenti. Dei confratelli gli hanno sistemato una poltrona,
semplice ma abbastanza confortevole, con i braccioli rialzati che reggono
una tavola leggera, sulla quale Jacques può facilmente scrivere, leggere,
meditare. Qui accoglie gli ospiti. In questo piccolo studio ci sono numerosi
ritratti di Raïssa. Nella camera c’è un inginocchiatoio, dove può anche
pregare.
Jacques comincia col prendere conoscenza degli appunti e dei testi di
Raissa, sempre presente nei suoi pensieri. Conosce alcuni di quei testi, ma
non tutti ed è animato dal gran desiderio di fare conoscere il pensiero e le
opere di Raïssa. Così due mesi dopo prepara già l’edizione fuori
commercio delle Osservazioni sul Pater, che doveva essere la prima parte
di un libro che Raïssa desiderava scrivere: “La contemplazione sulle
strade”, il frutto della meditazione di Raïssa sulla preghiera che ci viene
3
Préface a La Politique selon Jacques Maritain di H. Bars, pp.12-13 ; in Oeuvres Complètes, vol. XII.
7
dal Signore. Jacques ne dedicherà l’edizione pubblica ai Piccoli Fratelli di
Gesù.
Nel prosieguo, Jacques prende conoscenza del Diario intimo di Raïssa. Ne
conosceva l’esistenza, era “le secret du Roi”. Ne scopre l’importanza e ne
resta molto commosso. Ne prepara in primo luogo un’edizione fuori
commercio. Su consiglio di alcuni amici, molto commossi anche loro - non
senza esitazione -, decide di pubblicarlo rivelando gran parte della loro
intimità. Facendo allora visita a Jacques con regolarità, avevo
l’impressione che vivesse con Raïssa, che lei lo sostenesse, che lui
riprendesse le forze.
Il Diario di Raïssa continua ad avere un’influenza considerevole nelle
persone attratte dalla preghiera contemplativa, dall’unione con Dio, e
vivendo nel mondo, con tutto ciò che comporta di viavai, incontri e
seccature. Per Raïssa era proprio la “contemplazione sulle strade”. Ciò
provocò un gran numero di reazioni da parte dei lettori che a Jacques
scrivevano per dire la loro emozione, per ringraziarlo…
Alcuni
chiedevano d’incontrarlo. Jacques era colpito dalle reazioni suscitate da
Raïssa, ciò lo stimolava, ma la gente lo affaticava. Per illuminare certi
soggetti affrontati da Raïssa, Jacques decide in seguito di pubblicare il suo
Ricordi e appunti, così prezioso per conoscere la vita di tutti e tre: Jacques,
Raïssa, Véra. Ai propri appunti Jacques aggiunge un capitolo rilevante su
Véra, che permette di capire il ruolo tutto discreto quanto importante, che
Véra esercitava nella loro piccola comunità di tre. Ne approfitto per
ringraziare Nora Possenti per il suo stupendo libro che rimette in luce Véra
nella comunità dei Tre Maritain.4
L’ampiezza ed il tenore degli appunti di Raïssa sostenevano Jacques nella
contemplazione di Gesù e del Mistero della sua Persona. Forse per questo
all’inizio del 1964, Jacques propone riunioni e due lunghi seminari sul
Mistero della Persona del Verbo Incarnato? Eravamo molto stupiti di
vedere tanta forza in Jacques, era la forza della fede. Era visibilmente
abitato dal suo soggetto. Mi ricordo in particolare di quando, parlando
della sofferenza, ha detto: “Non si accetta la Croce, la si prende, si adora la
Croce”, ha avuto un nodo alla gola per l’emozione. Il testo è stato
pubblicato dopo tre anni con il titolo “Sulla grazia e sull’umanità di Gesù”.
I seminari con Jacques erano molto importanti per tutti noi. Tutti i
confratelli erano invitati a parteciparvi, anche se alcuni soggetti potevano
4
Nora Possenti Ghiglia, I tre Maritain. La presenza di Vera nel mondo di Jacques e Raïssa, Milano, Ancora, 2000, p.
477. Trad. francese: Les trois Maritain, Parole et Silence, 2006.
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essere più metafisici o ardui, come numerosi seminari sul problema del
male, pubblicati poi con il titolo “Dio e il permesso del male”. Jacques
teneva molto a questi rapporti. Non aveva forse detto nel momento in cui
aveva deciso di andare a vivere a Toulouse : “Sono accettato per mettermi
al servizio dei Piccoli Fratelli come filosofo laico […] Il padre priore mi
dona il distintivo dei Piccoli Fratelli e mi autorizza a portarlo”?
Jacques tenne anche una lunga dissertazione, molto importante per noi
poiché trattava “La vocazione dei Piccoli Fratelli di Gesù5 ”: “…la mia
temerarietà ha forse una scusa – intendo la profonda affezione che Raïssa
ed io abbiamo avuto da tanto tempo per i Piccoli Fratelli, e che non ha
fatto che crescere in me giorno dopo giorno ora che avete voluto adottarmi
e che vivo fra voi. E poi non è mai inutile, credo, guardarsi negli occhi di
un altro. Che questi occhi vi vedano bene o male, in ogni caso ciò aiuta a
prendere coscienza di sé”. Dopo una premessa e questa nota critica,
Jacques analizza in modo esatto e profondo i fondamenti della vocazione
contemplativa nel mondo:
“Ho detto che nell’età nuova nella quale siamo entrati vediamo rivelarsi sia nella materia e grazie alle scoperte della microfisica, sia nelle attività
umane e grazie all’esplorazione dell’inconscio - un certo primato
dell’invisibile sul visibile e del non manifestato sul manifestato. Qui
appare, a mio avviso, il vostro ruolo profetico, vostro, Piccoli Fratelli di
Gesù, di affermare nell’esistenza il valore primario della testimonianza
resa all’amore di Gesù per gli uomini, non dai grandi mezzi visibili, ma dal
modo invisibile o quasi invisibile della semplice presenza d’amore fraterno
in mezzo ai poveri ed agli abbandonati. Cosa vogliono gli uomini prima di
tutto? Di cosa hanno bisogno prima di tutto? Hanno bisogno di essere
amati; di essere riconosciuti; di essere trattati come degli esseri umani; di
sentire rispettati tutti i valori che ciascuno porta in sé. Per questo non basta
dire loro: “Vi amo”. Non basta neanche far loro del bene. Bisogna esistere
con loro, nel senso più profondo di questa espressione”. Avendo vissuto
più in là negli anni, talvolta in contesti di grande miseria, ho spesso avuto
l’occasione di ritornare su ciò che aveva allora espresso Jacques, di
rimarcarne la giustezza e di vedervi come una luce per guidarci.
6. In questo stesso periodo Jacques era molto interessato all’avventura del
Concilio Vaticano II, anche se era poco al corrente degli eventi nei loro
dettagli. Il papa Paolo VI l’aveva invitato in Vaticano per intrattenersi
5
Oeuvres Complètes, vol. XVI, pp.1061-1083.
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personalmente con lui su certi soggetti. Perciò un mattino ho visto arrivare
due persone che si sono presentate come Don Macchi, segretario
particolare del Papa, e Jean Guitton. Essi viaggiavano in incognito ed
erano inviati dal papa per porre alcune questioni a Jacques Maritain e
sentire la sua opinione su certi argomenti che riguardavano il Concilio.
Essi hanno così passato quasi tutta una giornata con Jacques. Sappiamo
anche che Jacques è stato invitato dal papa alla chiusura del Concilio, per
ricevervi il Messaggio agli intellettuali. Jacques aveva avuto allora alcuni
contatti con personalità del Vaticano che l’avevano incoraggiato a dire la
propria opinione, attraverso la stampa, su certe questioni. Secondo quanto
Jacques ci ha detto al suo ritorno, nell’aereo aveva deciso di dire
effettivamente la sua opinione su certi soggetti che riteneva importanti, ma
con un libro, in modo da restare più indipendente. Per questo si è messo a
scrivere Le Paysan de la Garonne.
Nei mesi che sono seguiti Jacques si è imposto un ritmo di lavoro intenso,
e ci domandavamo da dove prendesse tanta forza e tanta luce. Mi diceva
che Raïssa lo sosteneva e l’ispirava. In quegli anni, andavo a trovarlo una
o più volte al giorno secondo i casi. Ma quando era preso dalla
composizione di un libro, conveniva essere discreti. Alla fine del
pomeriggio, Jacques si imponeva abitualmente una sosta, era quello il
momento buono per incontrarlo. Fratello Andrè andava allora a fargli
visita, vi andavo anch’io talvolta, o con un altro confratello, Heinz, che
avevo condotto presso Jacques e che egli apprezzava molto. Jacques ci
parlava allora dell’argomento sul quale lavorava, e quando si è trattato del
Paysan de la Garonne, ci leggeva spesso un passo di ciò che aveva appena
scritto. Jacques era in quei momenti abbastanza disteso e poteva anche
scherzare. Il libro è stato scritto in nove mesi ed è stato un grande successo
editoriale, anche se talvolta è stato interpretato in modo diverso.
Nell’ultima parte del libro Jacques ritorna su “la contemplazione sulle
strade” che egli sviluppa. Con l’esperienza e la saggezza di tutta la loro
vita, con Raïssa e Véra, vede e afferma chiaramente l’importanza nel
nostro tempo della vita di unione con Dio, della contemplazione nel
mondo, non soltanto per i religiosi, ma anche per molti di coloro che
conducono una vita di laici comuni nel mondo, con il lavoro, i rischi e gli
impegni temporali.
7. Ricordiamo che Jacques aveva scritto poco dopo il suo arrivo a
Toulouse: “Ho un grande bisogno di silenzio. Non sono rientrato in
Francia per cercare l’azione, ma per prepararmici a morire”. Infatti durante
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i dodici anni a Toulouse, Jacques ha scritto molto. Sono occorsi due
volumi delle “ Oeuvres complètes” per raccogliere i suoi testi! Ma un altro
aspetto importante di ciò che è stata la vita con Raïssa e Véra, gli incontri e
i legami con gli amici, ha avuto un seguito a Toulouse merita di essere
sottolineato. C’erano prima di tutto numerosi figliocci e amici di Jacques e
Raïssa, antichi e nuovi, che si manifestavano godendo della presenza di
Jacques a Toulouse. Alcuni venivano dalla regione. Per esempio, proprio
nella Abbaye d’En-Calcat, molto vicina, c’erano tre monaci, artisti,
convertiti e figliocci. Altri venivano da Parigi, dalla Francia, o perfino
dall’estero. Fra loro c’erano attori, artisti, gente conosciuta come Jean
Hugo, padre Rzewuski e molti altri. Scrivevano, chiedevano un incontro, o
si presentavano perfino direttamente. C’erano quelli che vivevano
difficoltà personali; quelli che, essendo stati toccati profondamente dal
Journal de Raïssa, scrivevano a Jacques, il quale era molto sensibile,
poiché desiderava molto che il messaggio di Raïssa fosse conosciuto. Gli è
anche accaduto talvolta di ricevere giovani studenti che domandavano di
incontrarlo, rispondeva con bontà e buona volontà alle loro domande.
Tutto ciò formava una corrente più o meno regolare. Jacques accoglieva e
spesso amava queste persone, questi amici, antichi e nuovi. Spesso
desiderava che i suoi ospiti conoscessero i Piccoli Fratelli. Mi parlava in
particolare di alcuni, il che mi interessava molto e ammiravo Jacques e il
modo in cui faceva tutto ciò. Io pensavo che era I grandi amici che
continuavano. Jacques cercava di programmare, di limitare, ma Véra non
era più là per proteggerlo ed era proprio difficile sostituirla. Quando
Jacques era assorto in un lavoro, sul punto di scrivere un libro, era più
facile invocare le raccomandazioni del medico che chiedeva il riposo.
Tutto ciò non sopprimeva la fatica dell’età, né l’assenza di presenza
visibile di Raïssa e di Véra. Ma Jacques non era triste né abbattuto.
Il buon dottor Tauber continuava regolarmente le sue visite a Jacques e ci
teneva molto. Erano diventati due amici. Jacques ammirava la generosità
del dottore, il quale ammirava Jacques e si sforzava di leggere i libri che
gli dava con dedica. Invitava Jacques a casa sua e veniva allora a prenderci
in auto. Jacques aveva sicuramente conquistato tutta la famiglia e tutti
sembravano felici.
Verso il 1964, Jacques ha conosciuto un momento di grande fatica, il
dottore temeva un arresto cardiaco, lo ha detto a Jacques, aggiungendo che
ciò sarebbe potuto arrivare da un momento all’altro e che conveniva
prepararvisi. Allora abbiamo invitato un Padre domenicano del convento
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che è venuto per amministrargli i sacramenti. Poi Jacques mi ha dato la
lista delle persone da avvisare in caso di morte ed è restato molto
tranquillamente disteso. La sera tardi, Jacques sembrava addormentato. Mi
sono seduto presso il letto per passare la notte, e non so in quale ora mi
sono addormentato. Il mattino presto, ci siamo svegliati, forse alla stessa
ora. Jacques mi ha guardato e ha detto molto semplicemente: “Vedi, non
era per questa notte, bisogna continuare e tuttavia è da così tanto tempo
che non ho visto Raïssa!”. Il dottor Tauber è arrivato ed ha delicatamente
espresso la sua gioia di rivedere Jacques. Poi uscendo mi ha detto:
“Jacques è veramente straordinario, parla della sua morte come se dicesse
che egli passa nella stanza accanto”.
8. A Toulouse, Jacques si era abbastanza presto ben adattato e integrato
alla vita dei confratelli studenti. Certamente c’era l’età, la fatica, ma
sembrava molto a proprio agio. Salvo nel periodo di lavoro intenso o di
grande fatica, usciva ogni giorno per camminare un po’, si poteva vederlo
cogliere qualche fiore per metterlo in un vaso, davanti una foto di Raïssa.
Andava regolarmente nella cappella ed era invitato ogni tanto in una delle
fraternità vicine per il pasto della sera. Era molto a suo agio con i
confratelli ed essi con lui. Si interessava di loro, della loro vita, dei loro
studi. Era pienamente in sintonia con la loro vita, conosceva le loro
debolezze ma li amava e ne era amato. Con lui tutto era semplice, fraterno
e poteva stupire di vedere questo uomo vecchio, con la sua cultura, con il
suo passato, stare anche a suo agio, e perfino felice, in un contesto di
giovani confratelli e in condizioni di vita piuttosto difficili.
In questa situazione, nel marzo 1970, quando Jacques finisce il suo ultimo
libro, De l’Eglise du Christ, un’idea e un desiderio germogliano in lui, che
sottopone, dopo aver a lungo pregato, al nuovo priore (fratello René Page)
in una lettera, domandandogli “di essere accettato fra i Piccoli Fratelli di
Gesù”. Scrive che, con questo ultimo libro, ha terminato il lungo lavoro di
filosofo, “…e nello stesso momento l’idea di diventare uno dei vostri, se
mi si vuole malgrado la mia età, è scaturita in me; perché più vivo con i
Piccoli Fratelli più li amo e apprezzo la loro vocazione, e perché io provo
un grande desiderio di obbedienza religiosa e di consacrazione totale del
povero essere che sono a Dio e alla “contemplazione sulle strade”, di cui
Raïssa ha parlato e di cui i Piccoli Fratelli sono l’esempio per eccellenza
…”.
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Da parte sua, il priore scrive ai confratelli: “…Sapete tutto ciò che gli
dobbiamo. E tuttavia non è né per fargli piacere né per liberarci di un
debito verso di lui che abbiamo accettato la sua richiesta. Prima di tutto
perché è stata preceduta da un lungo perfezionamento, da una vita
spirituale intensa che Jacques evoca nella sua lettera e di cui testimoniano i
suoi scritti come quelli di Raïssa. […] Se Jacques è Piccolo Fratello, è
anche perché a 88 anni, qualunque sia la sua esperienza, la sua opera, il
suo passato, la sua vita in mezzo a noi è tale che ci fa dimenticare tutto ciò
che ha fatto: egli è semplicemente Jacques, un Piccolo Fratello fra gli altri,
e che è ancora pronto a tutto”.
Il 15 ottobre 1970, Jacques Maritain prendeva l’abito di Piccolo Fratello di
Gesù, che segnava l’inizio del suo noviziato. Heinz ne era il responsabile e
aveva 55 anni meno del novizio.
9. Nel 1966, lasciai Toulouse, ma avevo spesso l’occasione di ritornarvi,
di soggiornarvi e così di ritrovare Jacques e i confratelli. Mi rallegravo dei
legami che si approfondivano fra Jacques e Heinz. Jacques aveva scoperto
gli eccezionali doni intellettuali di Heinz e mi aveva detto: “Gli altri mi
capiscono, Heinz invece è la continuazione di me stesso”. In una lettera a
Julien Green, scrive qualche tempo dopo: “Fratello Heinz, il caro maestro
dei novizi, mi ha accompagnato qui. Sorprendente bontà della
Provvidenza, questo piccolo fratello è uno spirito superiore, con i più bei
doni filosofici che abbia mai incontrato e che nutrono la mia speranza per
l’avvenire…”. E in un’altra lettera: “Sono aiutato ammirevolmente
(miracolo della grazia dovuto a Raïssa) da un confratello che amo sopra
tutti, e nei confronti del quale si ha la prova che Dio abbia dato doni
straordinari […] ed è su lui che conto per fare un’opera costruttiva e per
passare, dopo la mia morte, attraverso le porte che ho più o meno
maldestramente cercato di aprire”. Tre anni più tardi, Heinz succedeva a
fratello André come responsabile degli studi. In seguito si è molto
impegnato per preparare l’edizione delle Oeuvres Complètes de Jacques et
Raïssa Maritain. Heinz doveva ahimè morire nel 1982, quando il primo
tomo delle Oeuvres Complètes era in stampa6.
Nel 1970, per questioni di urbanistica, abbiamo dovuto cedere una parte
dell’area che occupavamo e riorganizzarci diversamente. Jacques ha
dovuto allora lasciare la sua baracca per un’altra, ma con la differenza,
questa volta, che le sue due stanze erano integrate a una piccola fraternità
6
Su Fr. Heinz, cf. Cahiers J. Maritain, 6, monografico.
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di confratelli. Pur conservando una certa indipendenza, a 88 anni, si
trovava dunque direttamente in comunità. Ne era fiero e diceva “la mia
fraternità!”. Heinz abitava a qualche passo da Jacques e restava a contatto
stretto con lui. Questa nuova situazione era provvidenziale, perché
permetteva ai giovani confratelli di badare a Jacques. Tanto più che gli
succedeva di cadere, soprattutto nelle ultime settimane, quando si alzava o
voleva mettersi in ginocchio per pregare nel piccolo inginocchiatoio della
sua camera. Mangiava abitualmente insieme ai suoi confratelli e, non
senza humour, partecipava ai loro colloqui. Con loro riceveva i loro ospiti,
più spesso confratelli che passavano e arrivavano da quasi tutte le parti del
mondo. Si interessava di loro, di quello che vivevano. Per questo il suo
ultimo studio è stato un progetto, “utopico” diceva, di “una società senza
denaro”. Ciò, a seguito di colloqui, nel corso di un pasto con due
confratelli che vivevano a Cuba. Questo semplice fatto, ma anche tanti
altri, testimoniano sulla sua capacità di apertura e di interessamento per
gli altri. La cosa più sorprendente è che con lui, e malgrado la fatica e le
piccole infermità contratte per l’età, tutto appariva assolutamente naturale.
Verso la fine del suo noviziato, Jacques scrive al priore: “Il mio desiderio
di lasciare tutto per Dio e di essergli consacrato è più profondo che mai,
indegno come sono di questa grazia”. Il 1° novembre 1971, nella festa di
Tutti i Santi, Jacques, con voce ferma, pronuncia i voti, che in ragione
dell’età sono perpetui; e offre la sua vita a Dio “per tutti i giovani chiamati
dallo Spirito Santo a servire la divina Verità”.
Nel gennaio 1973, Jacques ha 90 anni, va a Parigi con Heinz, per portare il
manoscritto di Approches sans entraves alle Editions Fayard. Li raggiungo
lì. Di fronte all’insistenza del direttore della casa editrice, Jacques accetta
di lasciarsi fotografare ancora una volta. Sceglie come luogo il Jardin des
Plantes, e indica al taxi che ci conduce, attraverso quale porta desidera
entrarvi. Ed ecco che senza preoccuparsi del fotografo, che fa il suo
lavoro, Jacques passeggia lentamente nei viali del Giardino, guardando
tranquillamente intorno a sé, con il suo sguardo dolce e diritto. Si può
notare sulla foto un leggero sorriso. Abbiamo allora capito che Jacques
rendeva grazie a Dio, e a Raïssa, per quei settant’anni trascorsi da una
particolare passeggiata in quello stesso luogo con la giovane Raïssa –
avevano appena vent’anni e disperavano allora di trovare un senso alla
parola verità, alla distinzione fra il bene e il male, di poter conoscere il
senso profondo della loro vita.
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Tre mesi dopo, Jacques passava in pace all’altra vita ed era sepolto nel
piccolo cimitero di Kolbsheim, nella stessa tomba dove già il corpo di
Raïssa era stato deposto.
Il papa Paolo VI aveva inviato il suo segretario privato, Mons. Macchi, per
rappresentarlo. Il quale ha raccontato che quando ha appreso della morte di
Jacques, il papa ha pianto. La domenica seguente, davanti a 30 mila
persone nella Piazza San Pietro, ha reso un omaggio commosso a Jacques,
presentandolo come un “Maestro nell’arte di pensare, di pregare e di
vivere”.
Da parte sua, il priore dei Piccoli Fratelli scrive loro: “Ora che Jacques ci
ha lasciati, capiamo meglio che quanto i nostri occhi hanno visto e quanto
le nostre orecchie hanno ascoltato attraverso la sua vita, non possiamo né
dimenticarlo né sottovalutarlo. […] La sua vita e la sua opera
appartengono a Dio, definitivamente; e l’una come l’altra sono state
donate alla Chiesa e per tutti gli uomini. […] Sarebbe tragico per noi,
Piccoli Fratelli, aver avuto sotto gli occhi un simile esempio di ciò che può
essere l’uomo, il cristiano, il religioso, senza averlo notato e senza
ricordarcene. Dio non ci ha fatto forse la grazia di darci Jacques come
amico, fin dall’inizio della Fraternità, poi come fratello?...”.
Alle esequie, molto semplici, era presente anche il fedele amico di
Jacques, suo collaboratore per più di cinquant’anni, il cardinale Charles
Journet. Molte persone presenti hanno allora potuto ascoltare le sue parole:
“Jacques è la santità, è un santo!”. Doveva pubblicamente dichiarare poco
dopo: “Jacques Maritain, quali sofferenze ha patito! Quale tenerezza di
cuore aveva! Quale pietà per i peccatori! Quante anime ha condotto nella
Chiesa, alla verità del Vangelo, all’amore di Gesù! Fu un’immensa scia di
luce!”.
Giusto per concludere, mi faccio eco di una questione posta da molte
persone: “La causa di beatificazione è iniziata? Se no, perché?”. Sappiamo
che alcuni anni fa, un grande amico polacco di Jacques Maritain, il filosofo
Stefan Swiezawski, che alla chiusura del Concilio accompagnava Jacques
per ricevere il Messaggio agli Intellettuali, ha scritto al suo compatriota
Giovanni Paolo II per consigliargli di beatificare Jacques e Raïssa
Maritain. E’ evidente, che si tratterebbe allora dei tre Maritain: Jacques,
Raïssa, Véra.
Frère Maurice Maurin
(Traduzione di Gastone Mosci)
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