Marzo 1930 Partenza per l`oriente Dopo tre anni dall`apertura di

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Marzo 1930 Partenza per l`oriente Dopo tre anni dall`apertura di
Marzo 1930
Partenza per l’oriente
Dopo tre anni dall’apertura di Niepokalanow, quando sembrava ancora molto indispensabile la
presenza del Padre Kolbe, egli considerandosi solo uno strumento nelle mani della Provvidenza, si
recò dal Provinciale per presentargli il progetto di fondare una Niepokalanow nell’Estremo
Oriente. Il Provinciale lo inviò a Roma dal Padre Generale.
Massimiliano nel gennaio del 1930 si diresse a Roma per chiedere l’autorizzazione al Padre generale
dell’Ordine francescano di recarsi in Estremo Oriente come missionario.
Il generale dei francescani, padre Alfonso Orlini, lo accolse con benevolenza, e chiese a Massimiliano:
«Conosci qualcuno o hai dei contatti in Giappone?». «No», rispose Massimiliano. «Parli il giapponese?»,
domandò padre Orlini. «No», disse Massimiliano. «Hai il denaro necessario?», indagò il padre. «No»,
rispose ancora Massimiliano.«Reverendo padre», spiegò Massimiliano, «io posso soltanto esprimere la
mia più profonda convinzione che Dio mi chiama a diffondere la nostra fede santissima nel lontano
Oriente, specialmente in Giappone. Il padre Generale accettò la sua richiesta e gli diede la sua
benedizione.
Massimiliano aveva scelto quattro frati per accompagnarlo nella sua missione in Estremo Oriente: fra
Zeno Zebrowski, fra Ilario Lysakowski, fra Sigismondo Krol e fra Severino Dagis. Il gruppo partì da
Niepokalanów mercoledì 26 febbraio. Massimiliano prese commiato dalla sua amata comunità
celebrando la Messa per i suoi frati. Ognuno dei fratelli sapeva che sarebbe passato molto tempo prima
di rivedere il loro venerato guardiano. La gioia della comunione era bilanciata dal profondo dolore per la
partenza. I frati si radunarono attorno alla statua della Vergine Maria. «Andate con Dio (Z Bogiem)»
dissero i frati in coro, «e che l’Immacolata vi protegga!».Gli occhi di Massimiliano si riempirono di
lacrime, mentre salutava i suoi figli e il convento che insieme avevano costruito con tanta tenacia,
disciplina, dedizione e sacrificio. Poi Massimiliano, con la solennità e la santità che la sua carismatica
personalità emanava, fece un segno di croce sui frati e sul convento e partì.
Venerdì 7 marzo 1930, alle quattro del mattino, la nave da carico Angers salpò, dal porto di Marsiglia.
«Siamo salpati nel giorno della festa di Perpetua e Felicita, che morirono martiri nell’arena di Cartagine
durante il regno dell’imperatore Settimio Severo, nell’anno 202», ricordò Massimiliano ai fratelli. «Come
la nobildonna Perpetua e la sua schiava Felicita che scelse di morire con la padrona, noi, nella nostra
missione in un mondo sconosciuto, dobbiamo essere pronti ad offrire a nostro Signore e a sua Madre il
più alto sacrificio. Ai francescani fu offerta una cabina separata. Poterono così insediare a bordo della
nave una piccola Niepokalanów. Tutte le mattine alle cinque, Massimiliano apriva un altare portatile nella
sala da pranzo di prima classe. Aveva steso un programma giornaliero per sé e per i frati: alle cinque
veniva celebrata la Messa, seguita dalla colazione e da un momento di preghiera. Ogni giorno veniva
dedicato un po’ di tempo allo studio della lingua, alle discussioni apologetiche e alla meditazione. Per
tutta la durata del viaggio, alla stessa ora in cui a Niepokalanów si celebrava la Messa, Massimiliano si
raccoglieva in preghiera. Com’era sua abitudine, sia che si trovasse su una panchina nel parco di
Zakopane, sia che viaggiasse in treno, in carrozza o su una nave, Massimiliano si metteva a parlare con
la gente, distribuiva le medaglie miracolose e promuoveva la Milizia dell’Immacolata. I passeggeri
dell’Angers erano di nazionalità diverse e, fra gli altri, Massimiliano poté parlare con un cinese, un
siriano, un etiope e un russo.
Giovedì 24 aprile 1930 arrivarono al porto di Nagasaki. Massimiliano disse: Pensate, figlioli, il giorno
dell’Assunzione di Maria al cielo del 1549, san Francesco Saverio sbarcò nel sud del Giappone per
iniziare la sua attività missionaria. Quel giorno diede inizio a un nuovo capitolo nella storia missionaria
della Chiesa.
Dopo lo sbarco, raggiunsero in taxi la zona della città chiamata Oura, distante dal porto circa un miglio,
dove sul versante meridionale si trovava la cattedrale. Lasciato il taxi ai piedi del declivio, salirono il
ripido pendio. Davanti alla cattedrale era collocata una bella statua della Madonna. «Guardate», disse
Massimiliano ai suoi compagni, «è come se ci stesse dando il benvenuto». Aprendo il suo calendario
agiografico, Massimiliano disse : «Trovo molto significativo mettere piede per la prima volta a Nagasaki
nella festa liturgica di san Fedele da Sigmaringen, martirizzato dai calvinisti presso Chur,in Svizzera, nel
1622. Ci siamo imbarcati nel giorno celebrativo di due martiri e siamo giunti a destinazione nella festa di
un altro martire.
Il vescovo Hayasaka non era a Nagasaki quando Massimiliano e i suoi frati arrivarono in città. Tornò
dopo diversi giorni e fu sorpreso di trovare i missionari francescani seduti davanti alla sua porta. Quando
sentì i progetti che i frati avevano in mente di realizzare a Nagasaki, si stupì. «Non vi dispiacete se dico
ciò che penso», replicò scettico, «ma mi sembra assurdo che dei francescani polacchi pubblichino una
rivista in Giappone senza conoscere il giapponese. Credo che dobbiate rinunciare a questo progetto.
Non tentate la Provvidenza!». Sono appena tornato dall’aver visitato il seminario domenicano sull’isola di
Shikoku, dove ho provato a chiedere in prestito uno dei loro professori per il mio seminario, avendo un
disperato bisogno di qualcuno che insegni filosofia. I domenicani, però, non possono fare a meno di
nessun docente». Nella mente di Massimiliano balenò un’idea. «Eccellenza», disse, «se ci darà
l’autorizzazione a pubblicare la nostra rivista qui a Nagasaki, insegnerò io filosofia nel suo seminario».
Detto questo, Massimiliano tirò fuori dello zaino la laurea conseguita alla Gregoriana. Il vescovo
Hayasaka non credeva ai suoi occhi: « Va bene padre Massimiliano, se io posso avere il mio professore,
lei può avere la sua rivista».
Dopo meno di un mese a Nagasaki, Massimiliano era convinto che l’Immacolata, tramite il suo piccolo
gruppo, aveva scelto quella città per la missione in Oriente. I frati affittarono una casa in cattivo stato
accanto alla cattedrale. Ogni giorno Massimiliano, sostenendosi col bastone e qualche volta aiutato da
fra Ilario e fra Zeno, percorreva la strada in salita per celebrare la Messa nella cattedrale. Giunto in cima
al pendio, saliva i numerosi gradini fino alla chiesa. Questo cammino in salita affaticava i suoi polmoni
malati, e una volta arrivato doveva fermarsi per riposare. Allora era attratto dalla bella immagine della
Vergine Maria, che si trovava a destra sull’altare laterale della cattedrale gotica. Quando la guardava,
pensava all’immagine della Madonna a sinistra dell’altare della chiesa di Pabianice che frequentava da
bambino, dove aveva ricevuto la visione delle due corone. Al termine della Messa, Massimiliano si
recava in seminario, dove teneva le sue lezioni.
Assolti gli impegni di insegnamento, Massimiliano, con i frati lavoravano alla preparazione della rivista.
Poiché non conoscevano il giapponese, erano necessari i traduttori. I missionari per fortuna trovarono
una generosa collaborazione, nonostante le opposizioni e le pressioni esercitate sul vescovo per non
permettere a Massimiliano di aprire una missione in quella diocesi.
Massimiliano scriveva gli articoli in latino e i sacerdoti giapponesi in collaborazione con un pastore
metodista li traducevano. I numeri di maggio e giugno del Cavaliere furono preparati e stampati con una
macchina tipografica giapponese. Il vescovo, il padre provinciale in Polonia, i frati di Niepokalanów e il
padre generale Orlini a Roma, insieme a tutti gli altri membri dell’Ordine che consideravano
Massimiliano un sognatore, rimasero stupiti, quando lessero il testo del telegramma datato sabato 24
maggio 1930: ”Oggi spediamo Rycerz giapponese”. Abbiamo tipografia. Gloria all’Immacolata. Massimiliano.
Nella lettera indirizzata ad Alfonso domenica 11 maggio 1930, Massimiliano scrisse che sarebbero state
stampate diecimila copie del Seibo no Kishi. Incredibile! Questi francescani – senza conoscenza della
lingua giapponese, senza amici o conoscenze in Giappone e con poco denaro – a un mese dal loro
arrivo a Nagasaki avevano pubblicato diecimila copie del Cavaliere (Seibo no Kishi) in lingua
giapponese. «È giusto», disse Massimiliano ai compagni, «che il primo numero del Seibo no Kishi sia
apparso in maggio, il mese dedicato all’Immacolata». Ottomila copie della rivista furono distribuite ai
cattolici di Nagasaki e nelle chiese cattoliche del Giappone. Le rimanenti duemila furono distribuite dai
francescani nei luoghi pubblici della città.