n . 87 delle pubblicazioni dei Dalmati di Trieste
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n . 87 delle pubblicazioni dei Dalmati di Trieste
Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale bimestrale - DL 353/2003 (conv. In L. 27/02/04 n. 46) art. 1 comma 2 NE/TS. In caso di mancato recapito, inviare all'Ufficio Trieste-Cpo per restituzione al mittente, che si impegna a corrispondere il diritto fisso dovuto. '$/0$=,$ ',5(7725(5(1=2GH·9,'29,&+ N° 5 Anno II - luglio 2015 Taxe Perçue in Italy N° 87 Anno XIX delle pubblicazioni dei Dalmati di Trieste &$77$52 5$*86$ 63$/$72 6(%(1,&2 =$5$ LA CROAZIA INVECE SNOBBA IL “SUPERMARKET DELLE MULTINAZIONALI” LA DALMAZIA ALL’EXPO C’È E NON SOLO QUELLA MONTENEGRINA Il Presidente dell’Expo, la dalmata Diana Bracco e l’ideatore dell’Albero della Vita Marco Balich, discendente da famiglia di Spalato, marcano la nostra presenza a Milano QUALE SEDE DEL RADUNO 2015? A CHI IL PREMIO TOMMASEO? Il Commissario straordinario Guido Cace, incaricato di raccogliere a Roma le adesioni di quanti vogliono essere finalmente soci del Libero Comune di Zara in Esilio – Dalmati italiani nel Mondo, non ci pensa neppure ad imporre una sua scelta della città che ospiterà il Raduno nel settembreottobre 2015 e non intende neppure suggerire alcun nome, o nomi, delle personalità che saranno insignite del Premio Tommaseo. Tutte le proposte sono aperte. Vi invitiamo a compilare il questionario “62° Raduno dei Dalmati 2015 e 19° Premio Tommaseo” sul sito www.survio.com/survey/d/ A3V6J9B9I4N2T5Y6H. Il tempo c’è, ma non troppo. Infine, cosa non da poco, bisognerà trovare al Raduno (e non ora!) una personalità del nostro mondo capace di prendere in mano la situazione e garantire la continuità ideale della nostra Associazione che nessuno vuole vada dispersa. Referendum: I DALMATI DECIDONO DEL LORO DESTINO Servizio a pag. 3 Sul Monte San Michele, i Dalmati di Trieste hanno commemorato la M.d.O.V.M. Francesco Rismondo, Bersagliere di Spalato davanti al Cippo lo che ricorda, nel centenario del Sacrificio. Servizio a pag. 8 il dalmata 87-luglio 2015.indd 1 Ha suscitato interesse e sollecitato l’orgoglio dalmata di tutte le diverse componenti nazionali della nostra terra il fatto che la dalmata Diana Bracco, presidente della più importante casa farmaceutica italiana fondata dal nonno Elio e continuata dal padre Fulvio, lussignani doc, sia stata scelta quale Presidente dell’Expo. Inoltre, l’Albero della Vita, simbolo dell’Esposizione universale 2015, è stato creato e realizzato da un artista dalmata, l’imprenditore e produttore Marco Balich che ha rilasciato una bella ed esauriente intervista a Panorama, settimanale illustrato di Fiume degli italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia, nella quale testualmente afferma: “La famiglia di mio padre ha origini spalatine, ma si è trasferita a Venezia già a metà ’800. Erano mercanti orafi. Non ho più parenti in Dalmazia, ma so che ci sono ancora dei Balich a Cattaro. Nella mia famiglia ci sentiamo cittadini del mondo, ma le radici sono importanti”. Marco Balich ha oltre 20 anni di esperienza nel mondo e la sua firma è apposta su progetti a livello mondiale: dalle Olimpiadi invernali di Salt Lake City del 2002, a quelle di Torino del 2006, dai Giochi del Mediterraneo del 2009, alle prossime Olimpiadi di Rio 2016, dalle ultime tre edizioni del Carnevale di Venezia, alla Cerimonia della Coppa UEFA del 2012, per finire con la chiusura delle Olimpiadi invernali di Sochi in Russia... L’assenza della Croazia all’Expo ha meravigliato solo coloro che ignorano l’orientamento della maggior parte dei croati. I quali ritengono che l’opinione pubblica mondiale sia stata informata solo sulle ragioni che militano a favore dell’Expo, mentre quelle critiche sarebbero state sommerse da “curiosi” scontri avvenuti a Milano dove le ragioni del “no” sono state oscurate da modesti gruppetti di Black Block “con al polso il Rolex”. Daria Garbin Continua a pag. 2 17/07/15 11:52 pag. 2 luglio 2015 IL DALMATA LIBERO I 12 MATURANDI DEL LICEO LEONARDO DA VINCI DI SPALATO A VERONA TORNA IL DIOCLEZIANO RIVISTA EDITA DALLA NOSTRA COMUNITÀ LOCALE RISCOSSA DEGLI GLI ITALIANI DI SPALATO CHE SI SENTONO ABBANDONATI DALLA PATRIA Per compensare l’inaudito vuoto lasciato dalla chiusura del Consolato italiano di Spalato la Ci e il Crcd-S si sono impegnati per riempirlo, insieme alla Console onoraria Medić Segue da pag. 1 I MATURANDI DEL NOSTRO LICEO DI SPALATO ALL’ARENA DI VERONA DALMATI ALL’EXPO Non sappiamo se le tesi critiche dell’Expo proposte dai sostenitori del “no” fossero le solite tesi negazioniste di ogni novità, oppure se si trattasse di cose più serie che hanno fatto breccia, ad esempio, in Croazia. Il fatto che il Governo croato abbia deciso di disertare la manifestazione e risparmiare un milione e settecento mila euro, che non avrebbero prodotto alcun ritorno, alimenta le dicerie secondo le quali solo i paesi dominati da forti presenze multinazionali operanti nel settore alimentare avrebbero ottenuto un ritorno utile alle loro economie. Questa la tesi dominante in Croazia, e segnatamente in Dalmazia, dove pare che le multinazionali non operino ancora e le piccole aziende agricole tentino di mantenere le proprie caratteristiche facendo un formidabile fuoco di sbarramento contro l’invadenza mondialista. Difficile dire se queste tesi siano corrette e se i piccoli produttori riusciranno a salvaguardare la specialità e la biodiversità dei cibi dalmati. Non la pensa così il Montenegro che si è ritagliato infatti una fetta di notorietà internazionale all’interno del cluster del Bio-Mediterraneo, esponendo soprattutto produzioni di agricoltori, maricoltori, pescatori e dell’allevamento animale del piccolo tratto di terra che ha fatto parte del Regno di Dalmazia, come le Bocche di Cattaro, i territori intorno alla città murata di Budua, fino all’antica città romana di Antivari. D.G. il dalmata 87-luglio 2015.indd 2 Tutti promossi all’esame di matura gli allievi del Liceo linguistico-informatico “Leonardo da Vinci” di Spalato. Con le felicitazioni pervenute da ogni parte alla Direttrice della Scuola e Segretaria del Centro Ricerche Culturali Dalmate di Spalato ing. Marina Galasso ed alla Presidente del Centro per la Dalmazia dott. Ivana Galasso alle quali sono pervenute anche le congratulazioni del Presidente generale del Crcd-S de’Vidovich che ha sottolineato l’ottima conoscenza da parte di tutti gli allievi della lingua italiana che consentirà loro di instaurare rapporti di lavoro con le Società italiane operanti in Dalmazia e con gli Istituti culturali della Penisola. È uscito nell’aprile scorso Il Diocleziano, periodico della Comunità degli Italiani di Spalato, scritto tradizionalmente in due lingue e che ha raggiunto ben 20 pagine. Era da tempo che il periodico spalatino era assente e ciò forse anche perché vi erano stati a Spalato dissidi nella dirigenza che aveva messo in crisi un po’ tutte le nostre istituzioni locali. Il giornale reca le firme di alcuni giovani recentemente venuti dall’Italia che sono stati opportunamente contattati dalla nostra Comunità, guidata da Giovanna Asara Svalina con l’ausilio di Antonella Tudor e di Mladen Čulić Dalbello, che rappresenta gli italiani nella Contea spalatina. Auguriamo agli spalatini di operare in concordia certi dell’appoggio de Il Dalmata libero. 17/07/15 11:52 IL DALMATA LIBERO luglio 2015 pag. 3 REFERENDUM ADRIATICO I DALMATI SANNO BENE QUELLO CHE VOGLIONO FINORA HANNO RISPOSTO 517 PERSONE La lettera della Fondazione R.T. a Porta a Porta, ripresa su Il Giornale da Biloslavo, appoggiata dagli on. Gasparri e Giovanardi, da Ballarin alla Camera e da tutta la Rete Internet L’idea di un Referendum per sapere come la pensassero i Dalmati è stata a lungo osteggiata con due argomentazioni risultate prive di fondamento: a) i Dalmati sarebbero prevalentemente vecchi ed avrebbero quindi una scarsa dimestichezza con il computer; b) quelli che potevano inviare per posta la scheda compilata sarebbero stati pochi perché siamo noti per la nostra pigrizia. Non è andata così: il numero di coloro che hanno risposto finora al Referendum direttamente via Internet sono più di 300, cioè più di quanti erano i presenti all’ultimo Raduno di Jesolo, mentre più di altri 200 hanno inviato le loro schede regolarmente votate e spesso accompagnate da richieste di chiarimenti. 1) Quale futuro vuoi per te e per la cultura italiana nell’Adriatico orientale? Continuare 512 99,0% Chiudere tutto 3 0,6% 2 0,4% Non so 2) M.d.O.V.M. a Zara: Sollecitare la cerimonia di consegna al Gonfalone dell’Amministrazione italiana del Comune di Zara della Medaglia d’Oro al Valor Militare, concessa con Decreto del 21 settembre 2001 dal Presidente della Repubblica Ciampi. Sì 512 99% No 0 0% 5 1% Non so 3) Restituzione dei beni espropriati o equo indennizzo Riprendere l’azione per ottenere la restituzione, dove possibile, delle case e terreni espropriati da Tito o pagamento agli eredi di un equo e definitivo indennizzo. Sì 511 98,8% No 1 0,2% Non so 5 1%0 4) L’Italia può introitare i 90 milioni di dollari dell’Accordo di Osimo? Rendere nota l’opposizione degli esuli all’introito di 90 milioni di dollari previsti dall’Accordo di Osimo, al fine di non ostacolare le azioni giudiziarie in corso e quelle future intentate dagli esuli contro le Repubbliche di Croazia e di Slovenia, per ottenere la restituzione delle case e dei terreni espropriati da Tito. Sì 349 67,5% No 134 25,9% 34 6,6% Non so 5) Eventuale ripartizione dei fondi Qualora il Governo italiano dovesse introitare ugualmente i fondi dell’Accordo di Osimo e relativi interessi, come dovrebbero essere ripartiti? Tra gli esuli 337 65,2% Tra Stato ed Associazioni Non so 158 30,6% 22 4,3% 6) Chi sono e come spendono 2 milioni e 300 mila euro all’anno? Rendere pubblici i finanziamenti erogati dallo Stato italiano alle Associazioni degli Esuli (circa 2 milioni e 300 mila euro all’anno!), le somme stanziate per i singoli progetti ed i risultati ottenuti negli ultimi quattro anni. Ci è stato richiesto anche uno spazio per consentire di avanzare proposte, considerazioni e consigli cosa che abbiamo fatto con effetto immediato, aggiungendo un nuovo punto 11) e di dividere il punto 4) in due 4a e 4b perché effettivamente dava luogo ad equivoci. Anche la formulazione del punto 9) che ha sollevato dubbi tra quanti volevano lasciare il voto ai “rimasti” anche nelle elezioni amministrative del Friuli Venezia Giulia, è stato semplificato insieme agli altri punti per eliminare ogni dubbio. Su proposta del presidente della FederEsuli Antonio Ballarin il voto del Referendum sarà collegato con un link al suo sito e a quelli delle altre associazioni che ce lo chiederanno, per consentire anche ad altri esuli ad esprimere le loro scelte. Il Comitato organizzatore Sì 509 98,5% No 1 0,2% Non so 7 1,4% 7) Tombe, testimonianze storiche – riapertura Consolato di Spalato. Conservazione delle tombe e delle iscrizioni in lingua italiana nei cimiteri adriatici, testimonianze storiche della presenza italiana nelle terre cedute, attualmente curate dall’opera volontaristica. Riapertura del Consolato di Spalato, sede della Capitale della nascente Regione Dalmazia. Sì 487 94,2% No 1 0,2% Non so 29 5,6% 8) Sollecitare l’intervento della Corte dei Conti Restituzione delle proprietà dei beni immobili acquisiti in Istria, Fiume e Dalmazia con i fondi dello Stato italiano e curiosamente intestati a due associazioni private dei “rimasti”, regolate dal diritto privato croato e sloveno. Sì 348 67,3% No 7 1,4% 162 31,3% Non so 9) No al voto dei “rimasti” nelle amministrative del Friuli Venezia Giulia Porre fine al voto da parte dei “rimasti” che mai hanno risieduto nella Regione e nei Comuni del Friuli Venezia Giulia, ma che possono incredibilmente partecipare alle elezioni amministrative regionali e comunali di numerose città quali Trieste, Gorizia, Muggia, Duino Aurisina ed altre. Sì 258 49,9% No 164 31,7% Non so 95 18,4% 10) Sprechi d’oltre confine Richiesta di modifica dei versamenti effettuati dallo Stato italiano per la conservazione dei beni immobili intestati a due associazioni private dei “rimasti“ e per la funzionalità delle Comunità degli Italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia affinché non vengano più erogati alle due associazioni di “rimasti”, attraverso l’Università popolare di Trieste (sintesi) Sì 275 53,2% No 154 29,8% Non so 86 16,6% 11) Proposte, considerazioni e consigli. (Nel nuovo modulo) Non è stata posta alcuna domanda diretta sulla Fondazione del Mercimonio perché nessuna associazione ha reso noto lo Statuto depositato a nome di tutti gli esuli al Ministero degli Esteri e delle Finanze, senza che nessuno sappia niente! Le risposte date però, ai punti 3), 4) e 5) sono risposte chiare e inequivocabili: NO alla Fondazione del Mercimonio. il dalmata 87-luglio 2015.indd 3 17/07/15 11:52 luglio 2015 pag. 4 IL DALMATA LIBERO SERBIA E MONTENEGRO INTRAPPOLARONO L'ESERCITO IMPERIALE INETTO IL REGIO ESERCITO E LA MARINA ITALIANA BATTERONO L’AUSTRIA IN TERRA, CIELO E MARE La flotta imperiale rintanata nei porti dalmati. A Caporetto necessarie le truppe tedesche ritirate dal fronte russo. Il Regno del Montenegro vinse la guerra e perse l’indipendenza La propaganda austro-ungarica esaltò il fortunoso scontro navale con la flotta italiana verificatosi a Lissa nel 1866 come fosse una grande vittoria e diffuse in tutto l’Impero, a titolo di scherno, il motto “le navi di legno, comandate da teste di ferro vinsero le navi di ferro comandate da teste di legno”, immortalato in una colonna copiata da quella di Caio Duilio di due millenni prima. Era propaganda e nient’altro e gli austriaci si cullarono nell’illusione che le loro antiquate navi di legno, ereditate allora da Venezia potessero contrastare le più moderne ed efficienti navi di ferro del Regno d’Italia solo perché una sortita fortuita, basata sull’elemento sorpresa, aveva consegnato loro quella che d’Annunzio chiamò “la gloriuzza di Lissa”. Costruirono anche navi in ferro, ma erano tecnologicamente al di sotto di quelle dell’Italietta nata da pochi decenni. E se ne resero ben conto dopo la dichiarazione di guerra che il Re Vittorio Emanuele III firmò sulla linea del fronte, a due passi da Udine, quando stava organizzando e galvanizzando con la sua presenza l’Esercito italiano che sarebbe entrato in guerra il giorno dopo. Nei precedenti dieci mesi di guerra dichiarata dall’Austria-Ungheria alla Serbia con il coinvolgimento di Russia, Inghilterra e Francia, l’Esercito austroungarico aveva perduto già il 60% dei propri ufficiali, prima che gli ingessati generali dello Stato maggiore imperiale si rendessero conto che non potevano mandare in prima linea gli ufficiali con le giacche bianche e le onorificenze sul petto perché venivano regolarmente fatti fuori dai cecchini avversari russi, francesi, serbi o montenegrini che fossero. Ma il fatto che dimostra l’inefficienza e la mancanza di operatività bellica il dalmata 87-luglio 2015.indd 4 dell’Esercito austro-ungarico risiede nel fatto, poco noto, della campagna contro la Serbia ed il piccolo Montenegro. Un’armata di cento mila soldati austro-ungarici attraversò il Danubio e la Drava, passando comodamente sui ponti che lo Stato maggiore serbo aveva lasciato intatti per poi farli saltare subito dopo. Cinquanta mila sono i soldati austro-ungarici uccisi dai serbi che li avevano intrappolati nel loro territorio ed altri cinquanta mila si arresero e saranno trasportati poi dalla flotta italiana, come prigionieri, prima in Puglia poi nell’isola dell’Asinara e, infine – secondo gli accordi tra gli alleati – in Francia. Per vincere l’Esercito serbo e quello montenegrino fu necessario l’intervento del ben più efficiente Esercito del Kaiser tedesco e dell’Imperatore bulgaro. Solo questi eserciti costrinsero i serbi ed i montenegrini a ritirarsi a Vallona, per essere salvati dalla Marina italiana (vedi il libro “Per l’esercito serbo: una storia dimenticata”, edito da Pubblicazioni della difesa nel 2014 a cura di di Mila Mihajlović). Dopo la guerra la Jugoslavia ricorderà solo l’intervento di alcune navi francesi ed inglesi e dimenticherà i numerosi trasporti di truppe effettuate dalle navi italiane, scortate dalle navi da guerra italiane che registrarono in quell’operazione caotica e difficile alcune significative perdite per il siluramento da parte di sommergibili austro-ungarici. S’infrangeva così di fronte alla realtà la pretesa superiorità dell’Esercito austro-ungarico che definiva il nostro Stato maggiore Tanzen Offizieren, mentre risultava che gli ufficiali da ballo erano gli eleganti comandanti austriaci, privi di capacità strategica e di intelligenza tattica. I primi aerei italiani dominarono il cielo e la flotta delle “teste di ferro” non uscì mai in quattro anni di guerra dai porti dalmati e di quello di Pola. Le perdite subite dalla Marina imperiale sono dovute alle geniali e coraggiose sortite di un manipolo dei marinai italiani che violarono le difese portuali austriache, minarono sotto il naso dei gendarmi le navi e le corazzate asburgiche per affondarle nonostante fossero ferme ed inattive durante tutta la guerra. Anche sullo sfondamento del fronte italiano a Caporetto, perfino i libri di storia italiani risultano reticenti. Raramente si fa presente che lo sfondamento delle nostre linee non avvenne da parte degli austriaci, bensì dalle truppe tedesche che erano state ritirate dal fronte russo dopo la deposizione dello Zar, la rivoluzione sovietica e la pace stipulata a Brest-Litovsk da parte del capo dell’Armata rossa Leone Trockij. Il fatto che Vittorio Emanuele III si imponesse di persona sullo Stato maggiore dell’Esercito italiane e sui comandanti francesi ed inglesi presenti con truppe di modesta entità sul nostro fronte e decidesse che la difesa si dovesse fare sul Piave e non sul Po, come tutti volevano, non viene sufficientemente capita. Se le armate austro-tedesche avessero raggiunto il Po, occupando gran parte della Val Padana, Venezia e forse anche Milano, l’esito finale della guerra avrebbe potuto essere molto diverso. Con i rifornimenti alimentari provenienti dalla fertile Val Padana l’Esercito tedesco avrebbe avuto nuovi generi alimentari ed il crollo del novembre 1919 forse non ci sarebbe stato. È noto, infatti, che tedeschi ed austro-ungarici si arresero non davanti alla supremazia bellica degli Alleati, ma per la fame che attanagliava le popolazioni ed i soldati al fronte. Ritorneremo ancora su quest’argomento per sottolineare l’apporto dell’Italia alla vittoria e l’indecoroso tradimento di Francia ed Inghilterra che porterà alla Vittoria mutilata che d’Annunzio contestò con la Reggenza del Carnaro fino al Natale di Sangue di Fiume e di Zara, armando il Battaglione Sebenico ed il Battaglione Carnaro di stanza a Zara per tentare disperatamente di far rispettare in Dalmazia i Patti di Londra. Vero è che gli Stati Uniti d’America, che nella guerra ’14-’18 diedero un contributo di sangue di modeste proporzioni, ma che fornirono i fronti occidentali di viveri, imposero all’Italia di abbandonare la seconda zona della Dalmazia, secondo una logica che non abbiamo mai compreso. Qualcuno disse che gli yankees consideravano gli slavi come fossero i Conquistatori del West e le antiche popolazioni e civiltà illirico-romane e venete come un residuato paragonabile a quello della civiltà dei Pellirossa. È un argomento che dovremmo prima o poi affrontare, anche se fosse necessario dire cose spiacevoli nei confronti degli Stati Uniti, ben sapendo che l’Italia continua a far parte, a settant’anni dalla fine della guerra, dell’area d’influenza Usa. Anche per falsare le indagini storiche? 17/07/15 11:52 IL DALMATA LIBERO luglio 2015 pag. 5 NELL’AULA GREMITA DI STUDENTI ED ESPONENTI DEGLI ESULI DI MILANO LEZIONE ALL’UNIVERSITÀ CATTOLICA SULLA REALE STORIA DELLA DALMAZIA La flotta imperiale rintanata nei porti dalmati. A Caporetto necessarie le truppe tedesche ritirate dal fronte russo. Il Regno del Montenegro vinse la guerra e perse l’indipendenza Presieduta dal prof. Massimo de Leonardis e presentata da Gianantonio Godeas, che l’ha organizzata, si è tenuta un’interessante lezione sulla storia della Dalmazia, presso l’Università cattolica di Milano nell’ambito della rivoluzione culturale da anni perseguita dalla Fondazione Rustia Traine di Trieste che ha raggiunto i vertici più significativi nelle lezioni e nei dibattiti presso le Università italiane ed i più importanti centri di studio storici della Penisola. L’on. Renzo de’Vidovich ha esaminato i temi più delicati della storia della Dalmazia totalmente ignorati dalla grande stampa e dalla pubblicistica italiana, ma che cominciano a far breccia nelle aule universitarie e nei centri culturali più elevati. Gli studiosi seri non intendono più sopportare censure e limitazioni. Sulla distruzione di Zara l’oratore ha fatto riferimento al libro di Oddone Talpo e Sergio Brcic …Vennero dal cielo…. nel quale da tempo è documentata la sottile opera di disinformazione posta in essere da Tito per ottenere la distruzione di Zara senza sporcarsi direttamente le mani. Oggi tutti riconoscono che Zara era una città priva di ogni interesse strategico e militare. Significa- Il prof. Massimo de Leonardis, l’on. Renzo de’Vidovich e l’organizzatore dell’evento Gianantonio Godeas tiva la poesia del poeta croato Vladimir Nazor che chiedeva di rovesciare in mare le pietre romane della Zara italiana per far nascere una Zadar croata. De’Vidovich ha fatto presente agli studenti che la tesi jugoslava secondo la quale Zara fu sottoposta ad uno dei tanti bombardamenti terroristici, aggettivo non più politically correct. Erano definiti allora terroristici i bombardamenti degli anglo americani, mentre oggi il terrorismo ha finalmente riassunto una caratteristica negativa e deve essere associato solo al Califfato islamico. Le tesi jugoslave non sono più accettate da grane parte degli studiosi seri, anche perché sono ormai documentate le pressioni esercitate da Tito per colpire l’ultimo baluardo di resistenza italiana in Dalmazia, distruggendo l’85% della sua struttura urbanistica romano-veneta, al fine di sradicare la popolazione italiana che abitava da secoli la Iadera romana. Anche la tesi imposta da Tito, secondo la quale i fascisti, non meglio identificati, sarebbero i responsabili dell’enorme numero di vittime della guerra civile jugoslava, è oggi considerata senza senso, come è dimostrato dal fatto che al momento dello sfascio della Federativa Socialista Jugoslava e della nuova guerra civile degli anni ’90, le atrocità e gli stermini fatti dalle varie etnie che facevano parte della Jugoslavia sono stati In prima fila i rappresentanti degli esuli di Milano: Tito Sidari, Vice Sindaco del Libero Comune di Pola in Esilio, Piero Tarticchio, esponente degli Istriani, Luciano Rubessa presidente del Centro mondiale per la cultura Giuliano Dalmata, la zaratina Marlena Tolja e Alessandra Sommaruga. Un saluto particolarmente caloroso è stato inviato da de’Vidovich al vecchio amico Dario Fertilio, già Direttore della pagina culturale del “Corriere della Sera”che continua la grande tradizione giornalistica dalmata di Enzo Bettiza, Arturo Colautti, Gaetano Feoli, Enrico Matcovich,… il dalmata 87-luglio 2015.indd 5 enormi e non possono essere certo addebitate ai fascisti italiani, né a quelli dell’ex Jugoslavia. È noto, infatti, che a guerra finita i partigiani comunisti jugoslavi di Tito sterminarono tutte le truppe avversarie che si erano arrese e per essere più tranquilli, infierirono sulle popolazioni da cui gli anticomunisti trassero le loro forze. Le foibe riservate agli italiani sono un piccolo esempio. È noto, infatti, che se si sommano i numeri dei soldati effettivi dell’Esercito dello Stato autonomo di Croazia (che avrebbe dovuto avere come Re Tomislav II, cioè il Principe Aimone Savoia duca d’Aosta) a quelli degli Ustascia, le forze filo Asse erano ben più numerose ed organizzate dei partigiani comunisti di Tito ed altrettanto risulta in Slovenia, dove la Bela Garda fascista e l’Esercito filo cattolico del gen. Rupnik erano altrettanto agguerriti e numerosi, per non parlare delle SS bosniache, con la mezza luna islamica e delle altre forze armate delle altre regioni del Regno di Jugoslavia. I titini sterminarono tutti, anche i cetM.D. Continua in fondo a pag. 7 17/07/15 11:52 luglio 2015 pag. 6 IL DALMATA LIBERO LA MASSONERIA UCCISE L’UOMO MODERNO CONTRARIO AL CENTRALISMO FRANCESCO FERDINANDO VOLEVA GARANTIRE LIBERTÀ E RISPETTO DEI POPOLI DELL’IMPERO Dalla contro-reggia del Belvedere prese contatto con molte famiglie aristocratiche dei suoi regni in vista della scomparsa del vecchio Imperatore che non capiva i nuovi tempi Il Regno d’Italia si trovava in una situazione delicata e gestita con grande abilità e senso diplomatico perché era stretto dal dilemma di mantenere l’alleanza con gli Imperi centrali e la necessità di salvaguardare le popolazioni italiane che, dopo l’acquisizione della Lombardia e del Veneto all’Italia, costituivano una presenza scomoda all’interno dell’Impero. Le Contee di Trento, Gorizia e Trieste, il Margraviato d’Istria ed il Regno di Dalmazia erano abitate da un numero d’italiani sufficiente a costruire una seria alternativa culturale al progetto di germanizzazione di tutte le popolazioni dell’Impero che già aveva avuto nel 1867 un ridimensionamento dall'Ausgleich ottenuto dal Regno d’Ungheria che pretese e ottenne che l’Impero d’Austria diventasse austro-ungarico, con un riconoscimento della parità tra le popolazioni germaniche dell’Austria e quelle dell’Ungheria. La cosa aveva fortemente scontentato tutti gli altri popoli che costituivano l’Impero anche perché dopo che Napoleone impose nel 1806 che fosse cancellata la denominazione del Sacro Romano Impero si optò per Impero della Casa d’Austria e non dell'Austria, intesa come regione geografica, come avvenne invece quando l’Impero si chiamò austro-ungarico. Sopravviveva ancora in Vaticano la tesi di Vincenzo Gioberti morto nel 1852 che proponeva una federazione d’Italia presieduta dal Papa che l’Impero cattolico degli Asburgo guardava con l’interesse. Mentre i vari popoli slavi venivano classificati secondo la scuola hegeliana come “popoli senza storia”, per cui non chiedevano neppure la costituzione di un’Università imperiale per il mondo slavo che pur aveva la maggioranza dei sudditi, gli italiani continuavano a pre- il dalmata 87-luglio 2015.indd 6 tendere un’Università italiana nell’Impero rinfacciando agli austriaci il fatto che le Università di Vienna e quella di Praga erano state fondate dalla cultura italiana del grande Irnerio, che in precedenza aveva fondato le Università di Bologna e di Padova. Pochi ricordano che nel primo scorcio del Novecento Francesco Giuseppe concesse la costituzione dell’Università italiana nell’Impero, ma il Governo di Vienna la collocò a Innsbruck, uno dei centri più nazionalisti dell’Austria, per cui fu data alle fiamme lo stesso giorno dell’inaugurazione. Avere una propria università era un dato importante e Francesco Ferdinando se ne rendeva conto e dal Palazzo del Belvedere di Vienna, dove aveva costituito una contro-regia in attesa di subentrare al vecchio zio, sondava le famiglie più importante dei regni e dei territori che costituivano l’Impero per essere preparato ai grandi cambiamenti che aveva in mente. Nel Regno d’Italia le angherie contro gli italiani che l’AustriaUngheria continuava a porre in atto da decenni, soprattutto in Dalmazia ed in misura minore negli altri territori abitati dagli italiani, venivano considerati, quindi come un fatto destinato a chiudersi nel giro di pochi anni e la massoneria internazionale rappresentata dal Regno unito di Gran Bretagna, dei SachsenCoburgo-Gotha (che cambiarono il nome in Windsor durante la Prima guerra mondiale perché sembrò inopportuno avere un Re tedesco mentre l’Inghilterra combatteva contro la Germania e l’Austria, già allora considerati cattivissimi), insieme alla massoneria francese temevano fortemente che il giovane Imperatore riprendesse il titolo di Sacro Romano Imperatore, gettasse le basi di una futura Unione europea appoggiata dalla Chiesa e che avrebbe potuto fare l’unità dell’Italia, se non proprio nel nesso dell’Impero asburgico ma nell’ambito di una grande confederazione che era fortemente voluta dalla Chiesa, che avrebbe potuto coinvolgere anche Casa Savoia che pur aveva già acquisito una sua totale autonomia nella Triplice Alleanza. Per quanto riguarda il Regno di Dalmazia, più di una famiglia fu segretamente compulsata e ritengo opportuno pubblicare a lato una notiziola apparsa su Il Piccolo del 15 novembre 1913 inerente la vertenza giudiziaria che era stata intentata sul feudo di Capocesto e Rogosnizza per dare le dimensioni finanziarie della causa. Il Corriere della Sera di Milano rese note le preoccupazioni dell’i.r. Ministero delle Finanze: se l’erario austroungarico avesse perduto la Trieste, 15 novembre 1913 Dinanzi al Tribunale provinciale di Zara pende attualmente un’interessante causa civile incoata dalla famiglia Vidovic contro l’i.r. erario. Questo processo in cui si tratta di molti milioni si fonda sulla seguente fattispecie: gli antenati della famiglia Vidovic acquistarono nell’anno 1694 dalla Repubblica di Venezia a pubblico incanto il dominio utile del feudo di tutti i beni di Capocesto e Rogosnizza per il prezzo di 10.530 ducati e 15 grossi e furono “investiti in perpetuo” di questi beni per sé e discendenti maschi con decreti del Doge. Anche dopo il 1815, dunque all’epoca in cui alla dominazione veneziana subentrò l’austriaca nei diritti ed obblighi del signore infeudante, fu riconfermata l’investitura a questa famiglia e nei rispettivi documenti si fa espressamente rilevare che in fatto di feudi in Dalmazia le leggi venete sono ancora vigenti. causa, avrebbe dovuto imporre una nuova tassa per pagare i danni alla famiglia espropriata. Nulla di strano dunque, se l’Erede al Trono contattasse la famiglia che aveva avuto anche un deputato autonomista filoitaliano alla Dieta del Regno di Dalmazia. Di qui la necessità di uccidere Francesco Ferdinando da parte della Mano nera di Gavrilo Princip, un’organizzazione massonica protetta dal Regno di Serbia e direttamente ispirata dalla Gran loggia di Londra e dalla Loggia di Parigi. Il Regno d’Italia che puntava sul nuovo Imperatore purtroppo mai salito al Trono, si trovò il 28 giugno 1914 con una linea politica senza prospettive, perché con l’inizio delle ostilità con la Serbia si fecero sempre più evidenti i gruppi nazionalisti filo germanici e quindi si ridussero al minimo le speranze di ottenere un riconoscimento della cultura nazionale italiana per le nostre popolazioni nell’Impero. Pacta sunt servanda, sic stantibus rebus. I patti si debbono rispettare qualora le condizioni che li hanno ispirati siano idenContinua a pag. 7 17/07/15 11:52 IL DALMATA LIBERO luglio 2015 pag. 7 FRANCESCO FERDINANDO RITENUTO PERICOLOSO PERCHÉ FEDERALISTA IL RITORNO AL SACRO ROMANO IMPERO BASE DI UN’UNIONE EUROPEA CRISTIANA L’uccisione dell’Erede al Trono imperiale cambiò la storia e ci regalò l’Europa di mercanti e banchieri e succubi dell’insopportabile plutocrazia mondialista che ancora ci soffoca Segue da pag. 6 tiche. Ebbene, l’eccidio di Sarajevo ha profondamente modificato il quadro, e le prospettive dell’Impero e soprattutto ha fortemente compromesso ogni possibilità di difesa degli italiani che ne facevano parte. Non abbiamo trovato studiosi italiani che abbiano approfondito questo tema, né studiosi austriaci e tedeschi che abbiano esaminato i documenti, che pure ci devono essere nella contro-regia del Belvedere di Vienna, per cui si parla con assoluta leggerezza dell’Italia che ha cambiato alleanze per ragioni incomprensibili solo per chi non vuole cercarle. Recen- FRANCESCO GIUSEPPE CONTRO GLI ITALIANI Francesco Giuseppe si convertì pienamente all’idea della generale infedeltà dell’elemento italiano e italofono verso la dinastia asburgica: in sede di Consiglio dei Ministri, il 12 novembre 1866, egli diede l’ordine tassativo di “opporsi in modo risolutivo all’influsso dell’elemento italiano ancora presente in alcuni Kronländer e di mirare alla germanizzazione o slavizzazione, a seconda delle circostanze, delle zone in questione con tutte le energie e senza alcun riguardo” Da: “L’agonia della Dalmazia italiana sotto Francesco Giuseppe” di Marco Vigna che riprende L. Monzali in “Italiani di Dalmazia” - 2011. temente, forse anche grazie ai nostri sforzi, che poco possono incedere sulla storiografia italiana ed europea, si è parlato dei Patti di Londra e della Vittoria mutilata che ha consegnato alla Jugoslavia territori della Dalmazia che ci erano stati promessi da Inghilterra e Francia, le quali realmente tradirono quei Patti. Pubblichiamo inoltre anche un Verbale del Governo di Vienna che dimostra come l’Impero avesse tradito se stesso e la sua plurinazionalità, imponendo ad italiani e slavi una germanizzazione che Francesco Ferdinando non voleva. Ma ciò che qui vogliamo sottolineare è il programma di Francesco Ferdinando che avrebbe potuto rivoluzionare la storia di un’Europa, ancor’oggi umiliata e soggetta alle cupole massoniche e finanziarie della plutocrazia che non consente tuttora un veritiero esame delle situazioni storiche di cent’anni fa. Dir IL DALMATA LIBERO Via dei Giacinti n. 8 - 34135 Trieste tel. 040.425118 - fax 040.4260637 Autorizzazione del Tribunale di Trieste n. 1276 del 9/06/2014 Editore Fondazione Scientifico Culturale Maria e Eugenio Dario Rustia Traine Direttore Renzo de’Vidovich tel. 040.635944 - fax 040.3483946 Redazione Elisabetta de’Dominis, Daria Garbin, Maria Sole de’Vidovich, Enea de’Vidovich, Marino Maracich, Enrico Focardi, Simone Bais, Alberto Rutter, Gianna Duda Marinelli e Marcello Gabrielli Segreteria Daria Garbin Immagine Maria Sole de’Vidovich Coordinamento Alberto Rutter Conto corrente postale: Fondazione Rustia Traine Iban: IT 84 D 07601 02200 000055921985 Codice BIC/SWIFT: BPPIITRRXXX Posta Elettronica [email protected] Sito Internet www.dalmaziaeu.it Stampa Artgroup Graphics - S.r.l. Trieste Iniziativa realizzata con il contributo del Governo italiano ex L. 191/2009 L’UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE ESEMPIO DI LIBERTÀ RIPARTE IL CONFRONTO NELLE UNIVERSITÀ ITALIANE Non se ne può più del “pensiero unico”, dell’interpretazione della storia senza contradditorio, del dominio incontrastato dei mass media anche nella cultura a livello universitario Segue da pag. 5 nizi, che pure combattevano contro i tedeschi, soprattutto dopo che gli italiani avevano abbandonato il teatro di guerra balcanico dopo l’8 settembre 1943, cioè ben prima che iniziassero le grandi mattanze interne. La strategia propagandistica di Tito chiamò tutti i suoi avversari fascisti, compresi gli alleati cattolici, ma anche i cetnizi di Draga Mihajlović filo inglesi per costruire poi un falso storico con l’equazione “fascisti = italiani”, addossando all’Italia responsabilità che non ci sfioravano se non in parte minimale e secondaria. Entrando poi nel merito della snazionalizzazione degli italiani di Dalmazia, iniziata nella seconda metà dell’800 dall’Impero il dalmata 87-luglio 2015.indd 7 Uno scorcio dell’aula con gli studenti che assistono con attenzione e partecipazione alla lezione austro-ungarico, de’Vidovich ha ricordato che Napoleone Bonaparte notoriamente poco amico degli italiani, incluse però l’intera Dalmazia da Cattaro a Veglia nel suo Regno d’Italia con capitale Milano, proprio perché ritenne che il 28% della popolazione fosse veneto-italiana che costituiva l’80% della classe dirigente, mentre il restante 20% era ripartito tra croati, serbi, morlacchi e montenegrini. Infine, ha destato una certa meraviglia tra gli studenti ed i presenti un fatto che viene occultato da oltre 70 anni: il Regno di Jugoslavia firmò il 25 marzo 1941 il Patto del Belvedere in cui entrava a far parte dell’Asse. Quando le truppe tedesche attraversarono la slovena Maribor e Zagabria dirette verso la Grecia furono accolte con fiori, applausi, simpatia e slogan contro i serbi, ritenuti oppressori, e contro il colpo di stato effettuato dal gen. serbo Simović, notoriamente amico degli inglesi. Insomma, la favola dell’invasione italiana della Jugoslavia che giustificherebbe le foibe deve essere rivista nell’ambito di una guerra civile che scatenò le diverse popolazioni in lotta conto i serbi che avevano avuto “in dono” la Croazia, la Bosnia Erzegovina, la Slovenia, la Dalmazia, il Montenegro e la Macedonia per aver scatenato la Prima Guerra Mondiale su mandato della massoneria inglese e francese e della plutocrazia finanziaria che ancor oggi domina l’Europa ed il mondo. 17/07/15 11:52 luglio 2015 pag. 8 IL DALMATA LIBERO ONORE AI COMBATTENTI DALMATI IRREDENTI NEL R. ESERCITO ITALIANO NEL CENTENARIO DEL 24 MAGGIO 1915 - 2015 OMAGGIO A FRANCESCO RISMONDO SUL SAN MICHELE Le spalatine Daria Garbin e Nerina Carbonini depongono fiori sul Cippo del primo dalmata caduto sul Carso, privo del simbolo della Dalmazia, che sarà ripristinato a cura della FRT Segue dalla 1° pag. Il 24 maggio stava per passare inosservato se la Federazione Grigioverde, che riunisce tutte le Associazioni d’arma di Trieste, non avesse voluto rompere il forzato silenzio e non avesse indetto sul piazzale delle Milizie di San Giusto una significativa cerimonia con una nutrita presenza dei Dalmati. Nel pomeriggio una significativa cerimonia si è svolta sul Monte San Michele, dove una delegazione dei Dalmati già presente a San Giusto con l'aggiunti di Nerina Carbonin, Giuglio Catalano, Alberto Rutter e Antonella Tommaseo ha portato un omaggio floreale a Francesco Rismondo, il bersagliere spalatino che è uno dei primi Caduti degli irredenti di Dalmazia, che hanno disertato la leva austro-ungarica e sono corsi ad arruolarsi nel Regio Esercito italiano. Dal Cippo sono state estirpate le tre teste di leopardo in bronzo, forse da vandali, ma più probabilmente da piccoli ladri che rivendono oggetti di bronzo nei mercatini a poco prezzo. La Fondazione Rustia Traine di Trieste si è impegnata a ripristinare il Monumento com’era all’origine. SOLO TRIESTE RICORDA L’ENTRATA DELL’ITALIA NELLA I° GUERRA MONDIALE PER REDIMERE, TRENTO, TRIESTE, ISTRIA, FIUME E DALMAZIA La Delegazione di Trieste con i manti della Nobiltà, del Patriziato e dei dirigenti di Dalmazia ha chiuso lo schieramento dei labari e delle rappresentanze d’arma sul Piazzale di San Giusto nella manifestazione indetta dalla Grigioverde per ricordare il Centenario di 24 maggio che le autorità ed il resto d’Italia hanno bel- lamente dimenticato. Nella foto Renzo de’Vidovich, Fulvio Del Toso, Fulvio Farneti, Daria Garbin, Vittorio Cattarini, Claudio Dopuggi, Licia Giadrossi con il labaro di Lussino, Marina Di Brai, Sergio ed Anna degli Ivanissevich, Giuseppe de’Draganich de’Varanzio, Gianna Duda ed Enrico Focardi con la nostra bandiera. OTTAVIO MISSONI, ULTIMO SINDACO DI ZARA REGOLARMENTE ELETTO: “LE FOIBE IN DALMAZIA SI CHIAMANO MARE ADRIATICO” Sul Molo Audace di Trieste il comm.te Giulio Staffieri, Presidente della Grigioverde, ha lanciato in mare una Corona d’Alloro in ricordo di quanti furono uccisi, soprattutto in Dalmazia, dai titini, gettandoli in mare. Ha presenziato alla Cerimonia una Delegazione dei Dalmati di Trieste con il Labaro della Dalmazia. In foto Mario Sardos Albertini, Renzo de’Vidovich, Vittorio Cattarini, Alberto Rutter, l’alfiere Enrico Focardi, Sergio degli Ivanissevich e Marcella Buias Casolin. È stato nell’occasione rilevato che Ottavio Missoni ricordava costantemente che per brevità era necessario parlare di foibe titine, ma che in realtà in Dalmazia, dove le foibe sono rare, l’eccidio avvenne gettando in mare gli italiani, ma anche fucilandoli. il dalmata 87-luglio 2015.indd 8 17/07/15 11:52 IL DALMATA LIBERO luglio 2015 pag. 9 A Redipuglia nella Messa del Papa per i Caduti al posto d’onore solo i principi di Savoia-Aosta Nuovi cavalieri di San Marco ordinati a Venezia il 25 aprile: per la prima volta un residente a Pola Alla messa che Papa Bergoglio ha celebrato ai piedi dei gradoni del Sacrario di Redipuglia non sono state invitate le solite autorità e perfino i medaglieri delle associazioni d’arma e degli esuli sono stati collocati sulla strada fuori dall’Area sacra. È stata notata, invece, la presenza nel posto d’onore in prima fila dei principi di Savoia, Duchi d’Aosta: Aimone che porta il nome del nonno designato da Vittorio Emanuele III, Re d’Italia ed Albania ed Imperatore d’Etiopia, Abissinia, Eritrea, Somalia, Libia e Dodecaneso, a diventare Re di Croazia con il nome di Tomislav II. Accanto il padre, Duca Amedeo d’Aosta, che l’ultimo Re d’Italia Umberto II indicò per atti concludenti quale erede al trono d’Italia. A fianco la moglie principessa Silvia Paternò di Spedalotto. Il 25 aprile, festa di San Marco, si è svolta nella Chiesa dei frati di San Francesco della Vigna di Venezia, alla presenza di un centinaio di Cavalieri di San Marco la nomina dei nuovi 42 adepti all’Ordine che svolge attività di beneficenza e sorregge in particolare le popolazioni che subiscono ogni giorno guerre e devastazioni. Nella foto il Presidente e Doge dei Cavalieri di San Marco Giuseppe Vianello alla presenza di Sua Altezza Imperiale il Gran Duca d'Austria Carlo d’Asburgo, capo dell’Ordine di San Giorgio, il neo cavaliere Gianni Signorelli, imprenditore edile di Pola, da sempre residente nella sua città natale, presentato dal padrino il cavaliere di San Marco Renzo de’Vidovich durante la cerimonia di investitura. MICHELLE OBAMA VESTE MISSONI Il Presidente della Repubblica Mattarella che lo scorso anno aveva insignito Rosita Missoni del titolo di Cavaliere del Lavoro, come Ottavio aveva sempre chiesto, sostenendo che la sua sposa era la reale lavoratrice della Missoni, le ha consegnato anche il prestigioso premio Leonardo. Al centro Luca Missoni, Francesco Maccapani Missoni e Angela Missoni. A lato Michelle Obama in un vestito tipico della produzione della maison dalmata, in una delle sue apparizioni in Italia. FRITTO DI PESCE AL PETROLIO In tre numeri del giornale abbiamo pubblicato con grande evidenza ed anche in prima pagina notizie precise e documentate sulla progettata trivellazione di 29 pozzi nell’Adriatico orientale e sui pericoli che ciò comporta il dalmata 87-luglio 2015.indd 9 in materia di abbassamento della costa, maremoti, terremoti e possibili versamenti di idrocarburi in mare. Anche il nostro piccolo giornale, inviato però a tutte le regioni e stati dell’Adriatico, ha dato il suo contributo alla salvezza del nostro mare, perché – nonostante ciò sia avvenuto con mesi di ritardo – tutte le regioni italiane, montenegrine ed albanesi si sono associate al grido di allarme lanciato dal popolo e dalle autorità locali dalmate. Una voce stonata è apparsa su Il Dalmata incatenato a Padova che ha ripreso una tesi non propriamente indipendente e disinteressata, rappresentata da uno dei progettisti e futuri trivellatori della Dalmazia, il quale ha spiegato come le trivellazioni vadano bene e l’errore umano che porterebbe alla fine dei pesci, della flora e del turismo dell’Adriatico, in caso di uno spandimento anche modesto, non poteva esistere. Il tutto smentito qualche giorno dopo da un incidente che ha rovinato un tratto notevole di coste della Cali- fornia, affacciate sull'oceano, che ha un ricambio di acque notevolissimo, a differenza del Mare Adriatico che ha un modestissimo ricambio delle proprie acque attraverso lo stretto di Otranto. Simpatico il pezzo nel quale si descrive il fondale di una piattaforma di estrazioni in mare come un vivaio di pesciolini in un mare particolarmente pulito. Consigliamo di pescarli e di friggerli in petrolio fresco di estrazione, per mantenere intatti la fragranza ed il salubre sapore del greggio. 17/07/15 11:52 luglio 2015 pag. 10 IL DALMATA LIBERO SULLA DALMAZIA POCO, SU FIUME NIENTE SULLA NOSTRA STORIA E CULTURA IL VUOTO Avrebbe dovuto essere il fiore all’occhiello della cultura, dell’arte, delle lettere e del modo di vivere delle genti adriatiche, perché tutte queste cose messe insieme sono concentrate nella parola Civiltà che fu proposta da de’Vidovich e accettata quale nome dall’Irci, perché supportata dal grande letterato zaratino Aldo Duro, direttore dell’Enciclopedia italiana, che spiegò come la parola cultura comprendesse solo una parte del concetto di civiltà. Non si riuscì ad aprire il Museo nei tre anni della gestione del Presidente Lucio Delcaro, già magnifico rettore dell’Università di Trieste per le difficoltà frapposte da alcuni funzionari comunali alla stipula della Convenzione tra il Comune, proprietario dello stabile e l’Irci che ricevette somme veramente importanti per ristrutturare l’edificio. Ancor’oggi, la Convenzione tra Comune e Irci non c’è ed, anzi, il Comune ha perduto la qualifica di socio dell’Irci, per cui anche l’aggettivo civico non si capisce più a cosa faccia riferimento. Con un colpo di mano della funzionaria comunale dei musei di Trieste Masau Dan e di Raoul Pupo, ex segretario moroteo della Dc di Trieste ai tempi di Osimo, che non rappresenta più l’Università nell’assemblea dell’Istituto, si è improvvisamente deciso di fare un’apertura provvisoria del Museo “per coronare un sogno” dice la Presidente uscente Chiara Vigini. Sogno trasformarlo in un incubo, dicono gli esuli che non si riconoscono nel Museo. Compresi naturalmente gli istriani che non hanno trovato nulla della loro civiltà romana simboleggiata dall’Arena di Pola, assente, della cultura veneziana, rappresentata dai liberi Statuti delle più importanti città istriane, ma anche delle città e delle isole dalmate. In una lettera pervenutaci da [email protected] si leggono alcune affermazioni che riportiamo testualmente: “Nella parte protostorica d’Istria, Fiume e Dalmazia, si ignora il ruolo svolto dagli Illiri (questo nome non compare proprio!), come se Veneti, Histri, Liburni, Giapidi, Delmati, ecc. non si fossero fusi con i romani, al punto di aver creato una civiltà originale ed un’unica stirpe che diede un gran numero di Imperatori, tra i quali ricorderò solo Diocleziano e creò le basi per la fusione delle nostre terre con Venezia. Si fa un fugace accenno alle Province illiriche di Napoleone, scambiando un’organizzazione militare francese con una serie di realtà statuali ed ignorando l’esistenza del Regno d’Italia con capitale Milano che includeva l’intera Dalmazia da Veglia a Cattaro. Mi aspettavo di ritrovare il Proclama di Ragusa del maresciallo di Francia Dumas che così inizia: “Dalmati, l’Imperatore Napoleone, Re d’Italia, vostro Re, vi rende alla Vostra Patria”. E che dire sull’assenza di ogni accenno ai due papi di queste terre, San Caio e Giovanni IV, forse perché dalmati, ai Santi che rappresentano la nostra spiritualità, agli Imperatori romani che Per ragioni di spazio siamo stati costretti a rinviare al prossimo numero: - la pagina degli scomparsi, - la pagina dei contributi a Il Dalmata libero - le Lettere al Direttore ed alcune Vespe il dalmata 87-luglio 2015.indd 10 rappresentano il potere civile quale espressione delle nostre popolazioni. Nello spazio dedicato alla scuola, di una povertà sconcertante e privo di ogni accenno alla battaglia per la sopravvivenza delle scuole italiane, chiuse in Dalmazia, pressate a Fiume, in Istria ed a Trieste, per non parlare del divieto di creare un’Università italiana nell’Impero. Mi fermo qui, per ragioni di spazio, e per auspicare che all’imminente riunione dell’Assemblea generale dell’Irci venga eletto un nuovo presidente e vengano sostituiti con personalità culturali del nostro mondo gli “impiegati comunali” che hanno fornito un risultato così deprimente.” Non abbiamo spazio sufficiente per riferire, anche sommaria- mente, il coro di feroci critiche sorte dal mondo degli esuli che si domandano per quale ragione si sia frettolosamente effettuata un’apertura provvisoria del Museo che la nuova dirigenza dell’Irci sarà chiamata a cancellare nominando un conservatore che a furor del popolo viene indicato in Piero Delbello che per quindici anni è stato l’anima dell’Irci ed ha portato in porto iniziative culturali di grande rilievo e largamente condivise. Un piccolo siparietto amaro: l’attuale dirigenza dalmatofoba dell’Irci è stata eletta anche con il voto dei nostri amati massoni di Padova, contro il candidato dalmata prof. Giorgio Baroni. La delega era stata data prima a Codarin e poi al suo amico Dario Locchi. Continua a pag. 11 Bufera sul Museo dell'Irci Fiume si sente snobbata 17/07/15 11:52 IL DALMATA LIBERO luglio 2015 pag. 11 IL VOLUME DEGLI ATTI DEL SEMINARIO SARÀ PUBBLICATO A BREVE CONVEGNO SU 400 SCRITTORI DALMATI Eccezionale presenza a Trieste di 110 docenti universitari italiani e di tre continenti ripropone la centralità della letteratura dalmata nella cultura italiana europea Il 27 e 28 febbraio scorsi si è svolto all’Irci il Convegno organizzato dal prof. Giorgio Baroni, docente emerito dell’Università cattolica di Sacro Cuore di Milano e della prof. Cristina Benussi, docente ordinario dell’Università di Trieste, sul tema “Letteratura dalmata italiana”. Il Convegno si è potuto svolgere grazie alla pubblicazione di ben 400 nomi di scrittori dalmati italiani presenti nel libro Dalmazia nazione della Fondazione Rustia Traine. Nel saluto dei Dalmati, de’Vidovich si è detto commosso e riconoscente ad un così grande numero di docenti di alto profilo professionale presenti a Trieste al Seminario, ricordando che la Dalmazia non ha dato solo Imperatori romani e combattenti, scienziati di fama internazionale come Ruggiero Boscovich, Fausto Tavolo della Presidenza del Seminario. In foto da sinistra: Renzo de’Vidovich, Chiara Vigini, Fabiana Martini, Giorgio Baroni e Cristina Benussi de’Veranzio, papi come San Caio e Giovanni IV, santi come San Girolamo e architetti e pittori come Giorgio Orsini detto il Dalmatico, e i fratelli Laurana, collezionisti come il Cippico che lasciò alla Biblioteca del Senato d’Italia l’unico stralcio esistente della Cena di Trimalcione e l’originale dei sei libri di copertina di cuoio finemente istoriata di Giovanni Lucio sulla Storia della Dalmazia e della Croazia, della prima grammatica italiana pubblicata da Giovan Francesco Fortunio pubblicata ben prima di quella del cardinale Bembo, ma anche un gran numero di letterati che hanno lasciato una documentazione di prim’ordine su fatti storici e modi di vivere di molte città dalmate in diverse epoche, per cui ci si attende da questo Seminario un apporto importante non solo per i Dalmati, ma per tutta la cultura occidentale. Di qui la necessità della pubblicazione degli Atti del Seminario che auspica essere stampati a breve termine. Dopo il saluto augurale del Vice Sindaco di Trieste Fabiana Martini e del Presidente dell’Irci Chiara Vigini ci sono stati i due brevi ma incisivi interventi dei due organizzatori dell’evento, i professori Baroni e Benussi. UN ALTRO FALSO DEI MASSONI DI PADOVA SULLA VIA A SERRENTINO A de’Vidovich Renzo Di passaggio per Jesolo sono stata oggetto di forti ironie da parte di alcuni amici che avevano letto Il Dalmata massonico di Padova che sosteneva che c’era una via a Jesolo intitolata a Vincenzo Serrentino e che ti accusava di falso. La via a Jesolo non c’è e su questo non ci piove. Mi domando come qualcuno possa accusare altri di falso, inventando di sana pianta delle benemerenze che non ha e che tutti facilmente possono constatare essere fasulle. Arianna Roccaforte, profilo Facebook Sono rimasto anch’io sorpreso che qualcuno scrivesse cose non vere che i lettori possono facilmente appurare telefonando, come ho fatto io, al Comune di Jesolo, tel. 0421 359111. Mi ha risposto l’incaricato dell’Urbanistica-censimento delle strade che mi ha precisato che non solo non c’era una via intestata al povero Serrentino, ma che non ci sarà neppure in futuro. Infatti, la vecchia proposta di delibera è stata annullata l’anno scorso e la via prescelta il dalmata 87-luglio 2015.indd 11 26 aprile 2015 NIENTE STRADA ALL’EX PREFETTO L’ANPI INFIAMMA IL 25 APRILE L’associazione partigiani contesta la dedicazione di una via al funzionario statale fucilato dai patrioti titini per Serrentino avrà un’altra intitolazione. Chiunque può fare una telefonata e constatare come i falsari di Padova siano facilmente sbugiardati. Sopra il titolo di un articolo apparso sul Gazzettino che non lasciava dubbi, pubblicato tre mesi fa, cioè ben prima che uscisse il giornale di Padova con insulti senza senso che ricadono sugli autori del falso. Trieste, 1° maggio 2015 Le bandiere della Federativa Jugoslava, della Slovenia Jugoslava ed il Tricolore con la stella rossa dell’ex Unione italiana di Fiume e dell’Istria associata alla Lega dei comunisti jugoslavi, presente anche con la propria bandiera 17/07/15 11:52 luglio 2015 pag. 12 IL DALMATA LIBERO DIFFERENZE TRA LIBERO MOVIMENTO E ASSOCIAZIONE ORGANIZZATA RIME RIFIUTÒ MILLE LIRE DI ANDREOTTI PER EVITARE CONDIZIONAMENTI, CONTABILITÀ... Nel 2003 il nostro Comune si trasformò da libero Movimento in Associazione riconosciuta ed ottenne finanziamenti pubblici. Ma evitò bilanci, elezioni corrette, controlli e legalità Quando Nerino Rime Rismondo e la Maria Perissi fondarono con Tamino e gli altri profughi di Ancona il Libero Comune di Zara in Esilio scelsero la struttura di un libero movimento, privo di burocrazia, di riconoscimento giuridico, di bilanci esterni, ecc.. Il giornale Il Zara non poteva, dunque, essere di proprietà del Libero Comune che non esisteva e non voleva esistere come entità giuridica ed era intestato a Rime, che non voleva alcun contributo se non quello volontario e libero dei cittadini di Zara, per restare fuori da ogni vincolo e da ogni controllo esterno. Il movimento dalmatico fu il modello per i Comuni di Pola e di Fiume ed ebbe un grande successo. Nacque in contrapposizione con l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia che, invece, riceveva un costante finanziamento pubblico che consentiva ai politici governativi di controllare l’associazione ed il giornale La Difesa Adriatica, così come il Cln di Trieste, poi chiamato Associazione delle Comunità istriane ed il suo giornale la Voce Giuliana, erano entrambi sovvenzionati dalla politica. L’Anvgd era sotto le sgrinfie dei fanfaniani attraverso il presidente nazionale on. Paolo Barbi, il presidente di Trieste, on. Giacomo Bologna ed un parlamentare di Brescia di cui lo zaratino Bepi Cepich era il segretario, mentre il Cln d’Istria a Trieste era dominato dal moroteo on. Corrado Belci prima e poi l’on. Sergio Coloni. Noi dalmati eravamo liberi, il nostro giornale viveva del contributo dei cittadini, le nostre esili strutture si permettevano di contestare il il dalmata 87-luglio 2015.indd 12 Nerino Rime Rismondo e la moglie Maria Perissi dedicarono 43 anni della loro vita per pubblicare Il Zara senza condizionamenti politici e senza finanziamenti pubblici. Organizzarono con passione i Raduni dei Dalmati a nome del nostro Libero Comune che era allora un Movimento ideale e non un’Associazione finanziata da Regione Veneto e Stato. Governo e le associazioni partigiane, perché eravamo veramente liberi e rappresentavamo realmente ciò che pensavano i nostri cittadini. Un giorno arrivò ad Ancona un assegno di mille lire, contributo personale dell’on. Giulio Andreotti. El Rime e la Maria Perissi non ci pensarono due volte e, con una lettera di caloroso ringraziamento, rispedirono al mittente il contributo, lasciando a bocca aperta il grande politico democristiano che non aveva alcuna intenzione di condizionare il Libero Comune, ma semplicemente aveva voluto fare un gesto di solidarietà verso la cognata, una zaratina, che aveva sposato il gen. Andreotti, fratello del “divo” Giulio e che in ogni pranzo di famiglia ricordava con passione la storia della nostra Zara. Il Dalmata rifondato a Trieste da de’Vidovich quando il Comune era ancora un Movimento aveva la stessa struttura de Il Zara, ma qualcuno pensò bene di imbrogliare le carte e di scipparlo. Poi il 17 febbraio 2003 il gruppetto padovano dei Luxardo-Varisco e confratelli massoni volle che il libero movimento assumesse una struttura legalizzata per poter incassare i contributi della Regione Veneto, dello Stato e di altri enti pubblici. Fu fatto un nuovo Statuto con atto notarile e la sede ufficiale del Comune passò dalla casa del Rime di Ancona alla fabbrica dei Luxardo a Torreglia. Ma, la cosa non fu molto diffusa. Fu detto che tutto era stato regolarizzato, ma in realtà tutto era rimasto come prima, salvo i finanziamenti pubblici. La nuova struttura prevista dallo Statuto e dal Regolamento del 2003, cioè di dodici anni fa, prevedeva però espressamente che - contrariamente a quando eravamo un movimento ideale - il nostro Libero Comune avesse degli iscritti, che dovevano pagare una tantum una piccola quota di adesione, che l’Assemblea generale degli iscritti ed il Consiglio comunale eleggessero il Sindaco e dodici membri della Giunta, che fosse approvato annualmente un Bilancio, preventivamente approvato dal Collegio dei Revisori dei Conti (Sindaci) e che ci fosse un Consiglio dei Probiviri ai quali rivolgersi in caso di controversie interne, e così via. Tutto questo non si è mai fatto. Per dodici anni, si è spedito a casaccio un po’ di schede elettorali con una lista di circa 150 candidati che non solo non erano iscritti a nessuna associazione, ma manco sapevano di essere candidati. Si eleggevano 60 consiglierei, di cui circa la metà non sapeva neppure di essere eletti e non venivano mai alle sedute del Consiglio. I Bilanci venivano letti oralmente e mai presentati per iscritto. Quando si chiedeva una copia del Bilancio ti rispondevano “te lo manderò a casa perché non abbiamo qui copie sufficienti”, ma nessuno ha mai visto un Bilancio per iscritto che avrebbe dovuto essere approvato dal Collegio dei Revisori dei Conti (Sindaci) che non fu eletto mai per dodici anni. Solo dopo la denuncia de Il Dalmata edito a Trieste si elesse a Padova lo scorso anno insieme al Collegio dei Sindaci insieme al Collegio dei Probiviri. Anche i Probiviri non erano mai stati eletti in dodici anni! Continua a pag. 15 17/07/15 11:52 IL DALMATA LIBERO luglio 2015 LA NOSTRA CONTINUITÀ È nato il 15 maggio a Mendrisio Augusto Alessandro, figlio del noto pilota sportivo Eugenio Amos e della bellissima Margherita Missoni. Lo annunciano felici il fratellino Otto e la nonna Rosita. SABOTATORI DEL RADUNO Non appena abbiamo reso noto il sondaggio per individuare la città dove celebrare il 62° Raduno dei Dalmati, i quattro massoni di Padova, ridotti alla disperazione, hanno sparso notizie fasulle sulla scelta della data e della città, al solo fine di creare confusione e sabotare il sondaggio e, quel che è più grave, compromettere la buona riuscita del Raduno che avrà luogo, come sempre, ai primi di ottobre e nella città da voi scelta. PER RITARDARE ANCORA LA MEDAGLIA D’ORO A ZARA Apprendiamo sempre da Il Dalmata incatenato a Padova che Franco Luxardo, usurpando il titolo del Sindaco del Libero Comune di Zara in Esilio da cui è stato destituito dai Probiviri in data 23 febbraio 2015 ha inviato il 5 marzo al Presidente della Repubblica una lettera analoga a quella di de’Vidovich per la concessione della Medaglia d’oro a Zara con i soli dodici anni di il dalmata 87-luglio 2015.indd 13 pag. 13 LESINA E VENEZIA SPOSALIZIO COL MAR Vivamente atteso, è nato a Trieste lo scorso 2 luglio Matteo, figlio di Enea de’Vidovich che lo mostra con orgoglio e di Erica Derman. Felici i fratellini Luca e Chiara, il nonno, nostro Direttore e la famiglia tutta. Nelle foto a fianco i momenti salienti della festa dell’Assunta durante la quale Venezia celebra lo sposalizio con il mare. In alto il Bucintoro scortato dalle barche della Serenissima, in basso il dono a Lesina, custode per il 2015 della tradizione veneta, della bandiera di San Marco ricevuta dalla Presidente della Comunità italiana dell’isola Alessandra Tudor e dal Sindaco di Hvar Rino Budrović. ritardo e una settimana dopo della richiesta di de’Vidovich. Perché questo improvviso risveglio da un sonno ultra decennale? Perché sono trapelate notizie dal Quirinale che avrebbe tenuto conto della richiesta di de’Vidovich, della pubblicità data a questa lettera da Porta a Porta, la maggior rubrica italiana di approfondimento politico, degli articoli apparsi su Il Giornale, Libero, Il Piccolo e altri giornali italiani, compresi quelli editi in Croazia. La decisione dei Probiviri non consente più ai massoni di Padova di utilizzare titoli e quattrini dell’organizzazione che faticosamente si sta ricostruendo. Non sarà certo una loggetta padovana a confondere un Presidente della Repubblica, notoriamente cattolico, serio e osservante. IL CONTE DE' POLO ASSOLTO IN TOTO Alla fine della presentazione a Trieste del Museo fotografico interattivo Alinari, il nostro Direttore ha portato al Presidente Claudio de’Polo, conte di Curzola, le congratulazioni dei Dalmati per essere stato assolto con formula piena da ogni dubbio sulla più che corretta gestione del Museo. MOSTRA DI UN NOTO PITTORE A ROMA Successo di Adam Maruši, addetto culturale della CI di Zara 17/07/15 11:52 luglio 2015 pag. 14 Dalla prima pagina dell’ultimo numero de Il Dalmata incatenato a Padova, viene fatto un elenco di nostri importanti personaggi che hanno agito correttamente secondo lo Statuto del Rime, fatto ad Ancona oltre mezzo secolo fa e che tutti i Sindaci fino a Ottavio Missoni hanno sempre scrupolosamente seguito. Fingono di non ricordare che proprio Luxardo fece annullare quello Statuto e lo sostituì con quello pubblicato con atto notarile del 2003, per poter incassare soldi pubblici ma che non ha mai posto in essere. Apprendiamo la notizia che il giornale è di proprietà del Libero Comune di Zara. Ma si omette di dire che l’ex Sindaco Luxardo è stato destituito, che l’ex Giunta comunale è stata sciolta insieme all’ignaro Consiglio comunale, per le note ragioni - che ad ogni buon fine - riassumiamo nell’articoletto “Non ci posso credere”. Insomma, manca la parte principale della notizia e cioè che il giornale deve passare al neo Commissario Guido Cace in attesa che restauri la legalità dell’Associazione. Analoga considerazione vale per il conto corrente definito “vero”, come se quello de Il Dalmata libero fosse fittizio. Anche il conto corrente gestito dai massoni padovani va girato al Commissario di Roma Cace, in attesa dell’imminente restaurazione della legalità che deve passare a quanti si NON CI POSSO CREDERE! EPPURE È ACCADUTO Tutti credevamo che i nostri dirigenti di Padova, in doppio petto asburgico e con la proverbiale correttezza veneta fossero inappuntabili. Anzi dubitare della loro perfezione sembrava una bestemmia e le volte che qualcuno di noi chiedeva, in punta di piedi, una qualche banale e marginale spiegazione, suonava come una offesa: “Ma che? Non ti fidi?” “No, per l’amor di Dio non oso dubitare…!”. Poi, vennero le ultime elezioni, i cui risultati si sono visti al Raduno di San Marino e le operazioni manuali ed organizzative sono state fatte a Trieste da persona che ama ancora definirsi nel proprio profilo Internet impropriamente “l’impiegata della Fondazione Rustia Traine”. Si scoprì così che non esisteva neppure un elenco degli aventi diritto al voto, per il semplice fatto che in dodici anni non si era trovato il tempo per chiedere ai nostri concittadini di sottoscrivere una domanda di iscrizione alla nostra organizzazione che dal 2003 è stata trasformata da movimento ideale in associazione riconosciuta. A chi l’impiegata di Trieste abbia mandato le schede per il dalmata 87-luglio 2015.indd 14 votare al Consiglio comunale, è un mistero. L’impiegata sceglieva a caso tra i quattro-cinque mila indirizzi de Il Dalmata. Chi erano i candidati? Erano nominati, senza chiedere nulla agli interessati, che spesso apprendevano dall’edizione triestina de Il Dalmata di voler essere consiglieri comunali. Una buona parte di essi se la prendeva con il giornale per essere stati messi a loro insaputa in una lista. Ciò è dimostrato dal fatto che dei sessanta eletti, circa la metà non ha mai partecipato ad una sola seduta del Consiglio comunale taroccato. Neppure, davanti a questi numeri nessuno ha dubitato della serietà dei confratelli massoni di Padova, di cui non si conosceva l’adesione alla Loggia di Torreglia e neppure la loro affiliazione ad un’obbedienza massonica. Solo recentemente i poveri dalmati abbindolati e presi per i fondelli hanno saputo che le schede inviate a capocchia non erano siglate e timbrate dagli scrutatori. E ciò non perché non ce ne fosse bisogno, ma per consentire, qualora il Gran Maestro avesse temuto che i votanti fossero troppo pochi, IL DALMATA LIBERO sono regolarmente iscritti e si iscriveranno all’Associazione. Ma la parte più simpatica è riservata a quel nostro concittadino che ha iniziato il suo discorso a Jesolo dicendo “non ricordo dal naso alla bocca”. Improvvisamente si è ricordato di una scheda indirizzata a Trieste, dove non risulta mai pervenuta, che vorrebbe creare un po’ di confusione. Un piccolo dettaglio: il modulo sarebbe stato emesso nel 2011 da un ufficio anagrafe di Trieste, mai esistito. Nell’articolo dedicato al Rime ed alla Maria Perissi è ben precisata la differenza che esiste tra un appunto su una scheda anonima e non firmata e la Domanda d’iscrizione all’Associazione, sottoscritta con firma autentica, unitamente al versamento della quota d’iscrizione. Oltre a non ricordare dal naso alla bocca, l’ex smemorato non distingue tra un’annotazione anonima ed una domanda d’iscrizione regolarmente firmata. Infine apprendiamo che Franco Luxardo, dimenticando di essere stato destituito da Sindaco, ha consegnato alla chetichella a due benemeriti signori della Regione Veneto due patacche, facendole passare per una specie di Premio Tommaseo che viene solennemente consegnato, come ogni anno, ai nostri Raduni con l’approvazione del Consiglio comunale. Il pataccaro mette tutti noi in difficoltà, perché i due ignari esponenti della Regione Veneto sono davvero meritevoli di essere premiati dai Dalmati, nelle forme tradizionali e con l’approvazione del Consiglio comunale legittimo nella solennità dei Raduni e non con una consegna sottobanco di due medaglie reperite tra i fondi di magazzino. oppure i voti preferenziali dei massoni di Padova fossero stati insufficienti, si poteva stampare a piacere qualche centinaio di copie delle schede e spedirle al ignaro notaio in aggiunta a quelle spedite a capocchia. Il Consiglio comunale così taroccato avrebbe eletto dodici assessori, secondo lo Statuto, ma i menefreghisti di Padova decisero di eleggere quattordici. Tanto chi avrebbe osato contare gli assessori, anche se erano due di più di quelli previsti dallo Statuto, tenuto non proprio segreto, ma sicuramente distribuito solo a pochi e riservati Confratelli di Loggia? Insomma, a Padova non hanno fatto una sola cosa corretta e secondo lo Statuto, il tutto coperto da una segretezza del tutto ingiustificata, se non per coprire le violazioni che sarebbero saltate agli occhi di tutti. Di qui la scelta obbligata dei Probiviri di restaurare in fretta la legalità, a cominciare dall’elenco dei soci pubblicato in questo numero del giornale, perché deve essere noto a tutti. Tutti potranno così vedere anche chi vuole la regolarizzazione dell’Associazione e quanti, invece, vorrebbero continuare ad occultare la verità purtroppo scomoda e disarmante, dare per scontato cose che poi sono risultate inesistenti. L’epoca di noi Dalmati creduloni presi per i fondelli è finita. Da oggi in poi tutto è reso pubblico, trasparente e controllabile da tutti. Chi ci sta, ci sta. Chi crede che Padre Eterno abbia dato ad una loggia massonica il diritto di parlare a nome di tutti i dalmati senza consultarli è destinato ad essere sbertucciato ed additato alla pubblica gogna. Nessuno poteva credere che tutto fosse falso, taroccato ed imbrogliato. Il Referendum sulle tesi da portare al Governo continuerà ad essere pubblico e non sarà deciso, come nel caso della Fondazione del Mercimonio di cui tutt’ora Luxardo pretende di tener segreta la proposta avanzata al Governo per conto di tutti noi. Proponiamo ai dalmati di perdonare anche le cose imperdonabili ed aspettiamo che anche quelli di Padova mandino la loro regolare iscrizione all’Associazione e partecipino, come gli altri, a legalizzare il nostro Libero Comune, ad eleggere gli organi statutari regolarmente ed a continuare un cammino vecchio di tanti decenni, dimenticando che è stato interrotto per ben dodici anni da furbate accuratamente occultate. 17/07/15 11:53 IL DALMATA LIBERO luglio 2015 pag. 15 ECCO PERCHÉ ABBIAMO REMORE A DENUNCIARE “GLI AMICI” DI PADOVA USARE ALLEGRAMENTE FONDI PUBBLICI SIGNIFICA COMMETTERE UN GRAVE REATO Quando fondammo Il Dalmata nel 1997 il Libero Comune era un Movimento ideale. Ma i massoni di Padova cambiarono le carte in tavola. Denunciarli aprirebbe il vaso di Pandora Segue da pag. 12 Insomma, si era fatta una struttura nuova per incassare danaro pubblico, per consentire a qualcuno di sedersi al Quirinale per assistere alla celebrazione del Giorno del Ricordo, per rappresentare presso il Governo le istanze degli esuli dalmati senza che questi ne sapessero niente, compreso il caso clamoroso di sostituire le Associazioni degli esuli con una Fondazione che avrebbe dovuto avere 63 milioni di euro destinati al rimborso degli esuli dall’accordo di Osimo. Quando ci accorgemmo di questa truffa, perché fu incaricata la persona che si qualificava impropriamente quale impiegata dei Dalmati di Trieste di preparare le elezioni rimanemmo letteralmente a bocca aperta e per non sfasciare tutto, rivelando una situazione a dir poco pirandelliana chiedemmo di legalizzare le elezioni cominciando dall’elenco dei soci iscritti. La risposta dei quattro massoni di Padova che erano abituati a decidere su tutto nella loro Loggia, fu tracotante e arrogante: tolsero con un sotterfugio Il Dalmata, trasformandolo in quel povero bollettino della Loggia, perché non si voleva consentire al direttore di scrivere un articolo nel quale denunciava la sottrazione degli immobili comperati dallo Stato italiano, ma intestati a due associazioni di “rimasti”. Poi si arrivò ad una Giunta di sprovveduti che sciolsero la Delegazione di Trieste, prevista dallo Statuto e quindi non modificabile dal Sindaco o dalla Giunta ed ad una campagna nella quale si sono ben guardati dal citare mai lo Statuto ed il Regolamento del 2003, come se non esistessero. Partirono insulti verso chi dissentiva e non accettava che una loggetta massonica facesse il bello e il brutto tempo. A questo punto i Probiviri eletti a Padova hanno preso in mano la situazione e, per evitare che la Procura della Repubblica di Padova aprisse un fascicolo verso coloro che introitavano quattrini dello Stato e della Regione Veneto, fingendo di aver un’organizzazione democratica mai costituita. I Probiviri hanno provveduto a nominare un Commissario straordinario “non triestino” che raccogliesse finalmente, le iscrizioni dei soci all’Associazione, per poi indire l’assemblea generale, eleggere un Consiglio comunale vero e, finalmente, eleggere in maniera regolare e corretta il Presidente dei Dalmati nel Mondo, il Sindaco di Zara in Esilio, il Consiglio e la Giunta comunali, i Revisori dei Conti ed i nuovi Probiviri, cose vanno fatte e che non si possono non fare se si vuole che continui ad esistere un’Associazione così come prevista dallo Statuto. Ci sembra poco intelligente e suicida continuare a scrivere su Il Dalmata incatenato a Padova che coloro che si danno da fare per restaurare la legalità siano contro l’esistenza del Libero Comune, associazione che mai finora è stata costituita, perché mai è stato fatto un solo iscritto dal 2003. Faremo di tutto perché le cose si risolvano legalmente e con l’approvazione di tutti, ma se qualcuno continuasse ad insultare e boicottare chi lavora, usare soldi pubblici senza bilancio e rappresentare un Comune che non ha diritto di rappresentare presso Stato, Regioni e Governo, saremo costretti, nostro malgrado, a presentare quell’esposto alla Procura di Repubblica che abbiamo con non poche difficoltà evitato di fare. E che nessuno si azzardi a dire che non abbiamo subito di tutto e di più per evitare di denunciare personaggi che si muovono illegalmente e che sono un po’ troppo saccenti. I 4 MASSONI DI PADOVA VOLEVANO SCIOGLIERE LE MOLTE MIGLIAIA DI DALMATI DI TRIESTE Pubblichiamo due foto emblematiche dei due più massici raduni dalmati mai svolti. Ambedue sono quelli di Trieste del 1993 e del 2009. La Loggia di Padova, secondo un rituale massonico che non riguarda i dalmati quasi tutti cattolici, più o meno osservanti, non ha portato il Labaro del Libero Comune a Trieste per simboleggiare il fatto che il massiccio Raduno triestino non esisteva per loro. Il Labaro è anche mancato al funerale del nostro Sindaco onorario Ottavio Missoni che, alla luce degli imbrogli negli ultimi dodici anni, risulta essere l’ultimo sindaco regolare di Zara in Esilio. Quando a nome della famiglia Missoni sono stati invitati due assessori presenti al funerale a sedere nei banchi riservati alle autorità (Salghetti Drioli e Guido Battara, per non fare i nomi), costoro hanno declinato l’invito perché erano a titolo personale e non in rappresentanza del Libero Comune. Abbiamo omesso queste notizie nell’edizione de Il Dalmata di Trieste dedicata al grande Ottavio perché ci sembravano fuori dal mondo, ma dopo che i massoni di Padova hanno deciso di sciogliere la Delegazione di Trieste, l’unica organizzazione del nostro Libero Comune esistente nel mondo ed hanno sabotato la presenza di Staffan de’Mistura al Concerto dato in suo onore al Teatro Verdi di Trieste ed alle altre piccole e grandi cattiverie che abbiamo fatto finta di non vedere per non guastare il sangue nostro e dei nostri lettori, ci siamo decisi a raccontare le cose come stanno, perché si sappia quanti rospi abbiamo buttato giù prima di stufarci e decidere di rispondere colpo su colpo. il dalmata 87-luglio 2015.indd 15 17/07/15 11:53 luglio 2015 pag. 16 IL DALMATA LIBERO TUTTI SONO STANCHI DI POLEMICHE E DELUSI PER RAGGIRI E GIOCHETTI ARRIVATI PRIMI, CON ZARA E LA DALMAZIA NEL CUORE PER LEGALIZZARE E CONTINUARE LA NOSTRA ASSOCIAZIONE Si deve voltar pagina, senza cercare responsabilità, anche se il ritardo è durato ben dodici anni. La nostra gente vuole difendere la storia e la testimonianza dalmatica dell’Esilio Non se l’aspettava nessuno, ma prima ancora che arrivasse a destinazione, talvolta con ritardo di quasi un mese, la scheda allegata al nostro giornale per aderire all’Associazione, hanno cominciato a piovere le adesioni, perché le schede sono state scaricate da Internet, rapidamente compilate, firmate e inviate con il contributo previsto dallo Statuto per renderle ufficiali. La prima scheda pervenuta a Roma è stata quella del prof. Giorgio Baroni che tutti ben conoscono e le cui attività troviamo anche in questo numero a pag. ___ che ha allegato 20 € in francobolli. Subito dopo è stata la volta di Fulvio Depolo, originario di Curzola di cui tutti ricordano la battaglia sostenuta nel Consiglio comunale di Trieste contro l’accordo di Osimo e che si destreggia molto bene con il computer avendo ricoperto incarichi confederali di prim’ordine nel Sindacato bancario della Cisnail-Ugl, il quale ha allegato 50 €. Poi è stata la volta di Roberto Oberti di Valnera, la cui famiglia è negli annali storici della Dalmazia perché un loro avo fu mandato dall’Austria in funzione anti-italiana ma i suoi figli e discendenti sposarono la causa degli italiani di Dalmazia cambiando anche il nome che originariamente era Hebert von Schwartzvald. Da uomo che fa parte dell’alta società odierna ha creduto bene di modificare le norme che avevamo indicato per la spedizione della quota di adesione e ci ha inviato 50 € sul c/c della Fondazione e del nostro giornale con l’invito di girarlo al Commissario straordinario Guido Cace. Un metodo di pagamento della quota che aggiungiamo a quelli già previsti. L’ing. Enrico Tommaseo di Milano, discendente del grande Niccolò e noto ricercatore di il dalmata 87-luglio 2015.indd 16 Proposta della nuova tessera d’iscrizione che tanto piacerebbe al Rime e alla Maria Perissi pozzi petroliferi, è arrivato tra i primi ed ha inviato la somma di € ___. Sono giunti, quindi, sempre per posta, perché è necessario avere la firma autografa, le adesioni di Mario Matessich che ha inviato il suo contributo da Bergamo di 30 €, mentre Diadora Matessich da Novara con un contributo di 20 €. Da Conegliano sono giunte due adesioni significative: quella della Presidente della Croce Rossa italiana del Veneto che si distinse per aver portato tonnellate di viveri a Zara quando la città era assediata nella guerra che negli anni ’90 ha postato allo sfascio della Jugoslavia Edda Cattich e di suo figlio, anche lui dirigente della Cri, Simeone Cattich Dell’Antonia. Il primo triestino che ha mandato la sua adesione prima ancora che il giornale fosse spedito, credendo di conquistare la tessera n. 1, Renzo de’Vidovich, € 25 è arrivato invece appena al 17° posto, battuto anche dalla figlia Maria Sole, imprenditrice del settore informatico, € 15, dal figlio Enea commercialista che ben conosce l’uso del computer, € 15, e dalla spalatina Daria Garbin, che segue la parte non solo informatica del giornale, € 15. È arrivata, quindi, l’adesione di Elisabetta de Dominis di Gorizia, € 10, Anna Scrivanich – Tasmania, Australia, $ Aus 30, € 20 e di Gianfranco Giorgolo, Roma, € 10, con l’adesione anche della moglie Con- suelo. Segnaliamo l’adesione di Palmira Steffé, ved. Dassovich, Trieste, moglie dello storico Mario Dassovich che per molti anni ha collaborato pubblicando una trentina di libri sulle vicende della Dalmazia e, in particolare, del Quarnero. Significativa anche l’adesione di Mario Cramer di Milano, Presidente del Movimento Istria, Fiume, Dalmazia ed uno dei più attivi dirigenti lombardi, unitamente al prof. Corrado Camizzi di Parma, una delle nostre bandiere nel centro Italia. Segnaliamo anche l’adesione di Simeone de’ Michieli Vitturi, Fino Mornasco (CO), appartenente alla nobiltà di Castel Vitturi dove l’ultimo conte è stato ucciso dai titini durante la guerra civile: il suo bellissimo castello è tuttora visitabile nella cittadina attualmente denominata Kaštel Lukšić. Importante anche l’adesione dell’avv. Paolo Sardos Albertini, Trieste, Presidente della Lega Nazionale ed esponente di primo piano dei Dalmati e degli Italiani della città. Da segnalare anche l’adesione di Giuseppe Di Bartolo, Milano, € 50, Marina Mezzasalma, Roma, € 30 e di due zaratini italiani residenti a Zara, Josip Škibola e Sonja Jeličić in Scovie, che hanno diritto all’iscrizione ai sensi del nostro Statuto che lo prevede espressamente. Ma con l’ultima infornata venuta da Roma, ci siamo resi conto che non potevamo indicare per ogni iscritto le sue caratteristiche, ancorché tutti se lo meritassero. Avremmo dovuto riempire troppe pagine. Perciò saltiamo anche la quota d’iscrizione, che pure c’è e che sarà resa pubblica con l’elenco degli iscritti, aventi diritto al voto, nel prossimo Raduno. Ed ecco una parte degli altri iscritti: Giovanni Rustia, Rimini; Giuseppe Livraghi, Sant’Angelo Lodigiano; prof. Antonio Monaco, Stoccarda; Giuseppe Gherdovich, Brescia; Marusca Matessich, Legnano; Maria Bruna Grassini Marsan, Legnano; Giovanna Battara, Trieste; prof. Antonio Cettineo, Falconara Marittima (AN); Gianpaolo Losi, Piacenza; Gianna Maburzio, Colegno (TO); Eugenio Vagnini, Pesaro; Giulio Indennimeo, Treviso; Carmen Costa, Loano (AO); Mario Ballarin, Mirano; Edda Zuzzi, Lucca; Stelvio Stolfa, Trieste; Umberto dagli Alberi, Parma; Maria Grazia Bottura, Morbegno di Sondrio; Mario Maino, Rovereto; Edda Marsano, Vercelli; Aldo Reati, Pisa; Rita de’Vidovich, Trieste; Mario Marcuzzi, Turate (CO); Libero Mario Carnevale, Rodi Garganico; Diletta Giorgolo, Roma; Allegra Giorgolo, Roma; Vladimiro de’Vidovich, Fossò (VE); Annamaria Pacinotti, Firenze, Claudio Dopuggi, Trieste, Giorgio De Cerce, Novara, Alberto Rutter, Trieste; Franco Tavanti, Roma; Mario Marasco, Roma; Ludovico Baldeschi Paleani, Jesi; Francesca Baldeschi Paleani, Jesi; Francesco Scrivanich, Portovenere (SP); Francesco Possenti Castelli, Jesi; Paola Pieralisi, Jesi e Ada Zohar di Kasternegg, Parigi. Continua nel prossimo numero l’elenco dei nominativi già pervenuti e di quelli che arriveranno. 17/07/15 11:53