Investire nei giovani Risparmio energetico Storia e arte locale Lode
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Investire nei giovani Risparmio energetico Storia e arte locale Lode
45 Periodico quadrimestrale di informazione bancaria e di cultura locale della Banca della Marca Credito Cooperativo Società Cooperativa. Poste Italiane spa · Spedizione in abbonamento postale, 70% · DCB TV. Anno XVI · N. 45 · Gennaio 2008 Investire nei giovani Risparmio energetico Lode al profitto Storia e arte locale La Stella Cometa Durante questo Natale, più del solito denso di giornate festive, mi son trovato ripetutamente a riflettere sulla diversità fra i «Natali» dei miei ricordi di gioventù (una quarantina d’anni fa) e quelli di questi ultimi anni. Più cercavo di riflettere sulle cose che caratterizzavano il trascorrere dei giorni (la gente impegnata nelle numerose spese per addobbi, panettoni, feste, regali... alla ricerca concitata di una rumorosa «felicità») e più mi assaliva una strana nostalgia delle giornate di Natale di quand’ero giovane, in un ambiente meno illuminato ma carico di un silenzio che filtrava un sottofondo di dolci e care melodie natalizie, mentre la gente si cercava fisicamente per scambiarsi un sorriso e dei sinceri messaggi augurali di pace, fraternità e salute. Sentivo un forte desiderio di rivivere quei momenti di tranquillità ma venivo continuamente richiamato alla realtà da frequenti messaggi del telefonino o da mia moglie che mi sollecitava in quanto eravamo attesi in un posto, oppure mi ricordava che dovevo preparare qualcosa perché domani... Passavo i giorni a riflettere, gli stessi giorni in cui la televisione ed i giornali ci hanno commentato il sequestro di Castelfranco ed allora mi son detto... «Questi sono chiari segnali che la nostra gente è proprio in difficoltà. Siamo arrivati ad un punto dove non ci sono più stranieri da demonizzare, non si trovano più misure che possano attenuare le nostre paure e scarichino su qualcuno la colpa dell’accaduto». Quando il nemico è fra noi, è più difficile da affrontare. Con chi te la prendi? Quali contromisure si possono prendere all’apparente follia? Perché, in questo caso, colpevole è il nostro modello di società: quello generale del paese ma in particolare quello che abita nella ricca provincia veneta, dove opulenza e apparenza sono le uniche stelle comete da seguire. Quando a essere sotto accusa è il nostro modello di vita, l’unica soluzione è un cambiamento di indirizzo generale. Saremo capaci di farlo? Io credo che, ora più che mai, la stella cometa per questo cambiamento possa e debba essere la «nostra banca», nata più di cento anni fa in una società povera di «cose» ma ricca di «valori», per combattere miseria e usura, che oggi deve essere capace di aggregare sempre più persone desiderose di cambiamento e lavorare insieme per la ricostruzione di quei «vecchi valori» che sicuramente ricreano la condizione migliore per costruire il bene comune. i MaGi sommario SOTTOVO C E ANNO XVI · N. 45 · GENNAIO 2008 2 La Stella Cometa 3 Impegno nel mantenimento dell’identità 4 Notizie in breve 7 Volontariato in Ecuador 9 Credere e investire nei giovani 11 Un fenomeno in estinzione: il Graffiti Writing 13 Il risparmio energetico è possibile 15 Biodiversità: passato o futuro? 17 Pet Engineering apre a Mosca 18 Gli studenti premiati 21 La Festa dei Mamai 23 Profumi e colori della primavera 24 Quelli che i birilli 26 I nostri anziani raccontano 28 Auguste Rodin 31 La chiesa di San Giacomo 32 Papa Pio VI passa per la Marca 34 Marca Solidale: una società di servizi In copertina. Chiesetta di San Bartolomeo a Bibano di Sotto. Foto. Archivio Banca della Marca, Foto Viola, Giorgio Mies, Norma Grafica, Silvio Vicenzi. Quadrimestrale di informazione bancaria e di cultura locale della Banca della Marca Direzione e redazione Via Garibaldi, 46 · 31010 Orsago/Tv Progetto Janna/Pn Direttore responsabile Angelo Roman Stampa Tipolitografia Carlet Giuseppe s.r.l. Orsago/Tv In redazione Claudio Bortolotto, Adriano Ceolin, Giovanni Guizzo, Piergiovanni Mariano, Giuseppe Maset, Mario Meneghetti, Gianpiero Michielin, Vittorio Janna, Gino Zanatta Registrazione Tribunale Treviso n. 911 del 27 maggio 1993 Le opinioni esposte in articoli firmati o siglati esprimono il punto di vista dei singoli autori e non quello dell’Amministrazione della Banca. Gli articoli inviati alla redazione, anche se non pubblicati, non si restituiscono. È consentita la riproduzione dei testi purché venga citata la fonte. L’Editore si rende disponibile ad assolvere agli obblighi in materia di diritto d’autore con i soggetti interessati non individuati che avanzino legittima richiesta. Garanzia di riservatezza. I dati personali dei destinatari della rivista saranno utilizzati dall’Editore, titolare del trattamento, unicamente per l’invio della pubblicazione e di eventuali offerte commerciali secondo le finalità e i modi consentiti dalla D. Lgs. n. 196/2003. Pertanto, i dati potranno essere trattati con mezzi informatici o manualmente anche da parte di terzi che svolgono attività strumentali (etichettatura, spedizione) e potranno essere consultati, modificati, integrati o cancellati in ogni momento dagli interessati inoltrando richiesta al responsabile, nominato per la carica, sig. Patrizio Pillon all’indirizzo della redazione. Internet: www.bancadellamarca.it · e-mail: [email protected] EDITORIALE E proprio questo la mette oggi nelle migliori condizioni per svolgere nel prossimo futuro la sua attività che la qualifica come punto di riferimento per la sua gente e le piccole e medie imprese, in un contesto di globalizzazione che ha paradossalmente rilanciato con forza l’economia territoriale. L’inserimento profondo nel contesto sociale ed economico nel suo ambito d’azione inoltre, la mette nelle condizioni di avere grandi opportunità come: un minor costo rispetto alle altre Banche nella conoscenza della clientela sia sotto l’aspetto della rilevazione della soddisfazione del cliente che sotto quello dell’analisi delle rischiosità, un minor tasso di sofferenze essendo alta la sensibilità dei suoi interlocutori all’eventuale sanzione morale in cui incappano gli insolventi, la familiarità del rapporto con i propri clienti per non parlare poi dell’apprezzamento ottenuto per il sostegno alla dimensione sociale assicurato alla zona di sua competenza. Nonostante ciò non sarà comunque così agevole e privo di ostacoli vincere le sfide del futuro nella stagione della globalizzazione; gli stravolgimenti repentini di regole e di metodologie, le influenze sempre più incisive di avvenimenti di dimensione planetaria e la velocità delle informazioni, impongo già da tempo continui cambi di strategie e veloci acquisizioni di sempre nuovi strumenti per essere al passo con i tempi. Per la Banca di Credito Cooperativo però, oltre a tutto questo sarà di estrema importanza mantenere una dimensione idonea evitando il rischio che una crescita non oculatamente equilibrata possa annacquare la sua identità fino al punto da perdere la fisionomia di azienda che coniuga in maniera virtuosa e vincente economia e socialità. Di grande sostegno sarà comunque quello spirito non privo di utopia che ha sempre animato le donne e gli uomini del Credito Cooperativo, la loro forza è stata l’amore per un’azienda molto diversa dalle imprese convenzionali, una azienda nata dalla creatività dei suoi costitutori e di tutti coloro che l’hanno fatta vivere fino ad oggi; un’azienda amata proprio per questa sua singolarità e differenza! ...come dice la pubblicità è «differente per forza»... la forza dell’unità d’intenti delle Persone che la sostengono. dell’identità La cooperativa in sé è un soggetto socio economico del tutto particolare ed originale che incarna due distinte dimensioni le quali, seppur non in contrasto sono comunque difficili da coniugare per le loro diverse peculiarità: la prima è la dimensione di soggetto operante nel mercato del quale adotta necessariamente le logiche, la seconda di ente impegnato in una azione sociale che lo porta a creare valore i cui beneficiari sono i Soci e la loro collettività. Infatti la doppia dimensione di questa azienda è proprio la caratteristica che la rende impegnativa da governare ancor più che da spiegare e, per altro, tutto ciò è un tratto distintivo irrinunciabile per mantenere il quale ogni sforzo è doveroso. La difficoltà sta nel fatto che le, così dette, due dimensioni devono realizzarsi in una sostenibile proporzionalità in quanto: se dominasse prepotentemente il codice di mercato, allora la cooperativa diventerebbe indistinguibile dagli altri soggetti economici; contrariamente se fosse esageratamente preminente il codice della socialità allora la cooperativa verrebbe rapidamente emarginata dal mercato stesso. E se proprie delle cooperative in generale, a maggior ragione queste riflessioni valgono per la Banca di Credito Cooperativo ente inserito in un contesto in continua evoluzione sia sotto l’aspetto delle esigenze di mercato che per ciò che attiene le continue mutevoli caratteristiche dei bisogni sociali dei suoi soci e della collettività. La sua nascita a fine ottocento è stata motivata dall’esigenza di consentire alle classi più indigenti di disporre di quei mezzi che hanno permesso loro un definitivo riscatto sociale ed economico. La sua presenza nella prima parte del novecento ha accompagnato una crescita progressiva e sempre più inarrestabile, sapendo aggiornarsi nell’essere interlocutore del territorio sempre più autorevole, affidabile e prezioso. Nell’ultima parte del secolo scorso il Credito Cooperativo ha saputo evolversi sia nell’attività squisitamente economica, sia nella pratica di concorrere al miglioramento del contesto sociale con risultati estremamente lusinghieri. Facendo questo la Banca Cooperativa ha creato un grande capitale relazionale, una stima invidiabile ed una fisionomia che nessuno può contenderle, di unico soggetto che possa fregiarsi del nome di «Banca del Territorio». IMPEGNO NEL MANTENIMENTO di Gianpiero Michielin, presidente PRIMO PIANO in N OT I Z I E BREVE PER IL NOSTRO PERSONALE TUTTI I CORSI DI FORMAZIONE Molto spesso la nostra clientela si complimenta con l’interessato o esterna con gli amici sinceri apprezzamenti per la professionalità dei nostri collaboratori. È un fatto che francamente inorgoglisce l’interessato ed anche premia l’impegno della Direzione a fornire continui momenti d’aggiornamento professionale. Per dare un’idea di quale sia lo sforzo ed i costi aziendali per permettere ai collaboratori costanti periodi di formazione, si riporta appresso un sintetico rendiconto delle ore d’aula degli ultimi quattro anni: Area 2004 2005 2006 2007 ore 8.028 8.128 7.729 8.866 Direzione amministrativa ore 1.538 2.356 2.37 2.297 Totale 9.566 10.484 10.103 11.163 Rete commerciale ore È da evidenziare poi che, negli ultimi anni, sono state stipulate convenzioni con associazioni culturali della zona che hanno permesso di incrementare le ore di formazione fuori orario di lavoro. CARTOON CENT’ANNI DI VITA 4 INSIEME CON FIDUCIA I cartoni animati nel 2007 hanno spento cento candeline. Sono infatti trascorsi cento anni da quando nel 1907 il francese Emile Cohl, il cui vero nome era Emile Courtet, proiettò il primo cartone animato «Fantoche», nato dalla sua matita e realizzato con la sua regia. Il disegno animato in questo secolo di vita ha avuto uno sviluppo enorme ed è stato reso celebre, in particolare, da Walt Disney, il creatore di Topolino, Paperino, Biancaneve, Bambi ed un’infinità di altri personaggi. Il più celebre film d’animazione di Walt Disney rimane «Biancaneve e i sette nani», uscito sugli schermi il 21 dicembre 1937 dopo un triennio di lavoro, un milione e mezzo di budget e 250 mila disegni sui trasparenti rodoid. Questo cartone animato ha avuto otto riedizioni. Con l’avvento del computer, ed emarginato il metodo tradizionale del disegno delle singole immagini, l’animazione ha trovato spazi sempre maggiori ed apprezzati dal pubblico. Con l’arte dell’animazione è oggi possibile creare veri e straordinari effetti speciali che, a volte, integrano anche il cinema tradizionale. IN VIALE DELLA REPUBBLICA LA NUOVA FILIALE DI TREVISO Alla presenza del presidente della provincia dott. Leonardo Muraro e del pro-sindaco di Treviso dott. Giancarlo Gentilini, è stata inaugurata la filiale di Treviso in viale della Repubblica al n. 129, la ventinovesima di Banca della Marca. Un’apertura importante perché la presenza nel capoluogo della provincia conferma la volontà di essere principalmente, come anche il nome lo testimonia, la Banca di credito cooperativo della provincia di Treviso. La filiale si distingue dalle altre presenze bancarie in città per aver pensato e creato all’interno, vicino agli uffici, uno spazio accogliente per gli altri: una sala convegni attrezzata a disposizione gratuita della comunità locale per incontri e riunioni, uno spazio in più per l’associazionismo ed il volontariato, motore delle nostre comunità. Inoltre dal 1° febbraio è attivo Bancomat «Drive-in» che permette agli utenti di effettuare le operazioni allo sportello automatico, direttamente dall’automobile, favorendo così rapidità e comodità del servizio. SPONSORIZZAZIONI LIBRARIE RITORNO ALLE TRADIZIONI GIMKANA TRATTORISTICA In occasione della sagra paesana, si è svolta nello scorso mese di agosto a Nogarè di Crocetta del Montello la ormai tradizionale gimkana trattoristica. Questa speciale gimkana ha riscosso un notevole successo grazie anche la disponibilità della ditta Bolzonello rappresentante di macchine agricole. GIORNATA DEL RISPARMIO INCONTRO CON IL PRESIDENTE NAPOLITANO Il 31 ottobre, ormai da anni, ricorre la giornata mondiale del risparmio ed in questa occasione il presidente della repubblica Giorgio Napolitano ha incontrato al Quirinale una rappresentanza del Credito Cooperativo. L’incontro con il presidente Napolitano è stato il riconoscimento di un valore etico delle banche, come la nostra, che sanno reinvestire il risparmio dove viene prodotto. SOCI PER SOCI NUOVO CATALOGO AGGIORNATO Sarà quanto prima a disposizione dei nostri Soci la seconda edizione del catalogo Soci per Soci. La nuova pubblicazione, licenziata con un formato più pratico e agevole, comprende l’elenco aggiornato sulle attività commerciali dei Soci convenzionati. Con l’immancabile aiuto economico della nostra Banca, sono state date alla stampa, e presentate di recente, due pubblicazioni di interesse locale. La prima è una ricerca storica, curata da Innocente Azzalini e Giorgio Visentin (De Bastiani Editore), sulla realizzazione della ferrovia Sacile-Vittorio Veneto, costruita dall’esercito tedesco durante il periodo dell’occupazione, durata dal dicembre 1917 all’ottobre 1918. Il libro tratta anche di altre opere ferroviarie realizzate durante lo stesso periodo. Il secondo volume è una raccolta di simpatiche rime dal titolo ...e il cuore parlò – pensieri in libertà, scritte anche nel dialetto locale, da Deni Modolini di Cordignano, per far rivivere quella cordialità che da sempre ha contraddistinto le nostre comunità. Si ricorda, con l’occasione, che è ancora reperibile presso la parrocchia San Martino e la libreria Quartiere Latino di Conegliano la pubblicazione del nostro compianto vice direttore Mario Boccato dal titolo Pensieri in rima. Gli incassi dalla vendita di questo libro saranno integralmente devoluti per metà alle missioni ed il rimanente all’Associazione Italiana Lotta contro i tumori. PRIMO PIANO PUBBLICAZIONI LOCALI PROGETTO FAMIGLIA RESPONSABILIZZARE I GIOVANI NELLO SPORT Lo scorso 15 novembre, presso la sala consigliare del Comune di Orsago, è stato organizzato un convegno di particolare interesse per le famiglie con figli giovani e per il mondo dello sport, sul tema «Il rispetto delle regole nella vita come nello sport». Quest’iniziativa, promossa nell’ambito del Progetto Famiglia in collaborazione con il Cavolano Calcio e l’Associazione Calcio Orsago, mirava a creare un patto tra la famiglia e le società sportive. Gli argomenti affrontati dagli esperti volevano far riflettere sulle «co-responsabilità» educative della famiglia e delle società sportive: un impegno comune per accompagnare i giovani a diventare adulti responsabili, anche attraverso lo sport. La serata, che ha avuto come ospiti Stefano Gallini, responsabile settori giovanili società di calcio, Paolo Marin, allenatore e Marcella Bounous, esperta in psicologia dello sport, ha visto una presenza assai numerosa. INSIEME CON FIDUCIA 5 LOGOPEDIA A SCUOLA IL LINGUAGGIO DEI SEGNI CALENDARIO MARCONIANO DEDICATO ALLA CULTURA DI MARCA È divenuta ormai una tradizione la presentazione del calendario marconiano a cura dell’Associazione Radiantistica Trevigiana G.R.I. A.T. La presentazione dell’edizione 2008, centrata sul tema «Radio e Cultura di Marca», ha avuto luogo a Cordignano il 1° dicembre scorso. Il momento più emozionante dell’evento è stato il collegamento in video conferenza via satellite con la forza armata italiana – il 7° Reggimento Trasmissioni di Sacile – presente in Libano in missione di pace. Il collegamento ha permesso lo scambio dei saluti da parte di un sottoufficiale, attualmente a Hariss (Libano), alla moglie ed ai figli presenti al Teatro Francesconi di Cordignano. La pubblicazione e l’evento sono stati sostenuti da Banca della Marca. CON BANCA DELLA MARCA La classe quinta della scuola primaria di Villa di Villa – frazione di Cordignano – ha previsto per l’anno scolastico in corso l’insegnamento della Lingua Italiana dei Segni, coinvolgendo gli alunni ed il corpo docente. Il progetto è motivato dal fatto che tra i banchi è presente anche un bambino non udente. Era forte la volontà di tutti di poter comunicare con lui attraverso il linguaggio dei segni. Si tratta di un’iniziativa che ha altri esempi, sia pur rari, sul territorio veneto e che impone di non abbandonare altri percorsi per insegnare a questi bambini a parlare. Il linguaggio dei segni (logopedia) costringe il non udente al silenzio, ma nello stesso tempo lo aiuta a comunicare e a socializzare, e quindi a crescere, con una vita sufficientemente normale. In ogni caso è davvero ammirevole lo sforzo e la sensibilità che questa piccola struttura scolastica ha saputo in concreto dimostrare. PERSONALITÀ DELLA MARCA IN CROCIERA SUL MEDITERRANEO IL VENERABILE Banca della Marca propone dal 16 al 26 ottobre GIUSEPPE TONIOLO 2008 (7 giorni feriali) una crociera sul Mediterraneo per Soci, clienti, amici. Con la nave Costa Atlantica si toccherà Napoli, Messina per proseguire poi per Alessandria d’Egitto, l’isola di Cipro, Marmaris sulle coste turche e, infine Santorini e Olimpia in Grecia. Informazioni più dettagliate sono a disposizione presso le nostre filiali. 6 INSIEME CON FIDUCIA Una delle figure di spicco del mondo cattolico a cavallo tra ‘800 e ‘900 fu senz’altro il pievigino Giuseppe Toniolo, nato a Treviso nel 1845, morto nel 1918; le spoglie mortali riposano nel duomo di Pieve di Soligo. Si laureò in Giurisprudenza a Padova ove, quale libero docente, insegnò economia politica per poi trasferirsi e divenire professore ordinario all’Università di Pisa. Il Toniolo, uomo di Azione Cattolica, si interessò attivamente all’Opera dei Congressi e, molto stimato dal Pontefice Leone XIII, divenne il grande apostolo della Rerum Novarum. Paolo VI nel 1971, con decreto di eroicità delle virtù, lo rese venerabile; nello scorso mese di settembre, come previsto nell’iter di beatificazione, il tribunale diocesano di Vittorio Veneto ha iniziato ad esaminare e raccogliere testimonianze su una guarigione attribuita alla sua intercessione. SOCIETÀ OGGI UNA VACANZA ALTERNATIVA VOLONTARIATO in Ecuador Vivere le proprie ferie estive o una vacanza in un Paese in via di sviluppo, trovando anche il modo di fare del volontariato sociale in un campo missione, non è propriamente una maniera per sentirsi più fortunati rispetto ad altri, semmai è porsi nella condizione di capire il senso della vita nella sua dimensione più umana e consapevole, nella sua realtà più sofferente e cruda ma aperta alla luce della speranza e della solidarietà. È quanto hanno fatto l’estate scorsa un decina di ragazzi della nostra provincia – due dei quali, Francesca Granzotto e Alberto Papa, impiegati della Banca della Marca – scegliendo di fare una vacanza alternativa in Ecuador, in una scuola di bambini e ragazzi gestita dai padri Missionari della Consolata. Dopo aver frequentato un apposito corso di preparazione tenuto dai Missionari di Vittorio Veneto, il gruppo è giunto in luglio a Guyaquil, la città più importante del Paese dopo la capitale Quito. Attualmente Guyaquil conta oltre tre milioni di abitanti e rappresenta la meta per moltissime persone che dalla montagna e dalla foresta qui emigrano in cerca di fortuna e lavoro. Il centro cittadino è ben tenuto, con giardini e parchi dai mille colori, con quartieri pieni di case e palazzi che denotano interventi di ristrutturazione avvenuti in anni recenti. Mezz’ora di autobus e il gruppo “ „ TRA I RAGAZZI DI SCUOLA NELLA CITTÀ DI GUYAQUIL INSIEME CON FIDUCIA 7 SOCIETÀ OGGI 8 INSIEME CON FIDUCIA raggiunge «El Fortin» il quartiere di periferia dove i padri missionari hanno eretto la chiesa e la scuola. Il paesaggio qui assume una connotazione diversa: una grande vallata con case di canne e mattoni formate in gran parte da un’unica stanza in cui vivono anche otto o dieci persone; l’acqua è tenuta all’esterno in un bidone e il letto per lo più è costituito da un’amaca; le strade sterrate sono popolate da bambini e da cani. «La nostra vacanza si è sviluppata qui – ci racconta Francesca – in questa scuola grande e accogliente, curata nei particolari, un posto dignitoso per gli oltre seicento bambini impegnati in giornate di studio, gioco e svago. Noi abbiamo alloggiato all’interno della scuola, avevamo un letto, una cucina, un bagno dove fare la doccia e ci siamo sentiti dei privilegiati rispetto a tante famiglie che vivevano fuori». «Ci siamo subito abituati, come fossimo stati a casa nostra – ci racconta Alberto –. Al mattino eravamo a scuola dando una mano agli insegnanti nelle classi, nelle ricreazioni, o adope- randoci in qualche lavoretto manuale. I pomeriggi erano animati con canti, danza, basket, giochi divertenti. I bambini erano sempre numerosissimi. La gioia dei loro volti, la loro felicità di giocare con noi, di avere una nostra parola e la nostra attenzione non potrà essere facilmente dimenticata». La presenza dei ragazzi trevigiani è stata, per se stessa, una festa felice non solo per i molti bambini locali, ma anche per i molti ecuadoregni. «La gente per strada ci salutava con un sorriso anche se non ci conosceva: scoprivamo umiltà, amore e speranza nelle persone che incontravamo, sentivamo la loro gratitudine». Una esperienza unica, che certamente gioverà a tutti i componenti del gruppo per affrontare con rinnovata serenità le difficoltà della nostra quotidianità, seppure così diversa e lontana da quella vissuta in Ecuador. CREDERE E INVESTIRE nei giovani Il 2008 vede l’ultima riforma del sistema previdenziale: dal 1992 al 2007 il modo di andare in pensione è cambiato di molto, e molto cambierà ancora visto che l’Unione Europea preme per altri cambiamenti. Questo appena iniziato è anche l’anno in cui il Servizio sanitario nazionale compie trent’anni. L’attuale sistema ha avuto origine nel 1978 ad opera della Legge 833 che sottraeva gli ospedali alle Opere pie, chiudeva le mutue dei lavoratori e dava vita all’attuale mondo delle ULSS nel Veneto e alle ASL in Friuli. Un sistema sanitario che nel 2008 impegnerà 7.783 milioni di euro nel Veneto e 2.084 milioni in Friuli per erogare servizi considerati di buona qualità in ambito europeo. Ma, almeno per quanto riguarda il territorio veneto, quest’anno ci saranno delle grosse novità in due importanti settori sociali: quello delle opere definite IPAB (Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza) e quello delle politiche giovanili. Per la prima, il 2008 pone una domanda reale: si passerà dalle IPAB alle Aziende pubbliche di servizi alla persona? La Legge 328/2000, nota come legge quadro sulle politiche sociali, stabiliva tra l’altro la fine degli IPAB. Questi istituti, eredi delle storiche Congregazioni di carità, poggiavano le loro radici nel 1890, con la legge Crispi che li aveva pubblicizzati e regolamentati; il fascismo li aveva adeguati ai tempi mentre la nascita delle Regioni nel 1970 SOCIETÀ OGGI NEL SETTORE SOCIALE SI PREANNUNCIA UN ANNO DI GRANDI CAMBIAMENTI “ 10 INSIEME CON FIDUCIA Nel 2008 anche servizi per anziani e persone non autosufficienti li aveva consegnati alle politiche sociali nascenti. Di chi stiamo parlando? Parliamo del «Cesana Malanotti» di Vittorio Veneto, di «Casa Fenzi» e dell’asilo «Umberto I» a Conegliano, della casa di riposo «F.lli Mozzetti» a Vazzola, degli ISRA (Istituti riuniti per anziani) di Treviso, del «Turazza» di Treviso, della casa per anziani «Umberto I» di Pordenone, dell’asilo «Giovanni Giol» di Vigonovo di Fontanafredda, della casa di riposo di Pieve di Soligo, del «Bon Bozzolla» di Soligo, ecc.: un patrimonio di storia, di attività assistenziali anche qualificate, una rete di professionalità impegnate nei servizi. La Legge 328/2000 prevedeva la trasformazione di queste strutture in Aziende di servizi alla persona. Le Regioni dovevano normare tale passaggio. Il Friuli Venezia Giulia già con la L.R. 19/2003 aveva avviato la trasformazione delle proprie IPAB in Aziende pubbliche di servizi alla persona. Il Veneto si appresta a farlo in questo inizio del 2008 e sarà una bella sfida. Perché in Veneto le IPAB trasformate potrebbero veramente diventare un soggetto imprenditoriale straordinario, capace di porsi tra il Comune ed i cittadini per fornire servizi a tutto campo alla popolazione, dai minori per i quali mancano i nidi integrati, agli anziani ed ai non autosufficienti. Da semplice soggetto dei Piani di zona ad attore sociale nel settore dei servizi alla persona: è un dibattito che inizia e vede protagonisti i Comuni, le IPAB in trasformazione e le comunità locali di cui le IPAB sono patrimonio. Una seconda novità riguarda le nuove politiche «con» i giovani. Questo infatti sarà anche l’anno di rilancio delle politiche giovanili locali. Nel panorama degli Stati dell’Unione Europea siamo l’unica realtà nazionale che non ha una politica con i giovani. Le battaglie intraprese dai Comuni negli anni ’80 per arrivare ad una legge nazionale per la gioventù non ha dato alcun risultato. Tuttavia, a livello locale, c’è ancora chi crede nei giovani e investe in tale risorsa. Il Coneglianese, il Vittoriese, il Pordenonese sono realtà territoriali che hanno fatto, e stanno facendo, la storia delle politiche giovanili. In tale contesto il Veneto – prima regione italiana a realizzare con la L.R. 29/1988 una norma regionale per avviare politiche autentiche con i giovani – si appresta vent’anni dopo a varare la legge di riforma di quella norma per rilanciare, anche con finanziamenti adeguati, il servizio ed il protagonismo dei giovani veneti. Nel nostro territorio, Conegliano ha il vanto di aver svolto un ruolo anticipatore in questo settore con il Progetto adolescenti (1982) e il Progetto giovani (1985); il sistema coneglianese è tuttora una delle realtà più significative del panorama regionale e nazionale. Oggi, in Veneto e Friuli, una rete straordinaria di Informagiovani, centinaia di Centri di aggregazione giovanile, mille esperienze associative, imprenditoriali, professionali, nate dentro i tanti percorsi della creatività giovanile, e tanti amministratori giovani entrati nei Comuni con entusiasmo e voglia di fare, sono solo alcuni elementi di una stagione che deve essere ripresa per mano nelle sue caratteristiche fondanti: una cultura della fiducia e della reciprocità tra i giovani, la comunità e le istituzioni. Una sfida per la democrazia regionale, per il rinnovamento della politica e per dare protagonismo sociale ai cittadini di domani. SERGIO DUGONE TERRITORIO UN FENOMENO IN ESTINZIONE Il Graffiti Writing Tra trasgressione e forme d’arte Cosa dire di questo fenomeno apparso a partire dagli anni novanta anche nel nostro territorio e che ha portato all’imbrattamento e «spegassamento» di muri, monumenti, pareti di cemento, cavalcavia, sottopassaggi e treni ad opera solitamente di adolescenti dai 14 ai 20 anni, indicati oggi con il termine di writers? C’è chi ha definito tale fenomeno (chiamato Writing) una manifestazione artistico-espressiva, conseguenza della globalizza zione e della mancanza di spazi di espressività giovanile, un rituale urbano riconducibile all’HipHop, una cultura nata nelle comunità afroamericane e latine del Bronx negli anni settanta. Altri invece hanno sostenuto che si trattava semplicemente di atti di vandalismo connessi alla caduta di valori, all’assenza di responsabilità e alla mancanza di senso civico. La questione rimane tuttora aperta anche se va registrato che il fenomeno sembra aver perduto in questi ultimi tempi la sua forza. Appare comunque utile interrogarci sul Writing e sui diversi significati che gli stessi ragazzi at- tribuiscono alla loro espressione artistica. Il significato più evidente sembra essere legato ad un bisogno di appartenenza, far parte di una crew (gruppo di amici, uniti da stima e rispetto reciproco, legati dalla cultura hip-hop ma non esclusivamente writers). Per altri il fenomeno rappresenta semplicemente una delle forme possibili di trasgressione ed emulazione, mentre per altri ancora esso è una vera e propria forma d’arte. Alcuni sociologi sostengono che la diffusione del Writing sia stata fortemente alimentata dagli effetti dei mass media i quali, nel rendere visibile a tutti la firma e la creatività dei singoli writers, hanno contribuito a far esistere e a definire profili sociali anche virtuali. Ma il Graffiti Writing non ha interessato soltanto i sociologi: verso la fine degli anni novanta, in provincia di Treviso, si è assistito a interventi dei Comuni e del le forze dell’ordine impegnate – con grande risalto della stampa locale – ad affrontare gli effetti dell’utilizzo degli spray da parte di gruppi più o meno numerosi di ragazzi (soprattutto maschi), somministrando contravvenzioni e provvedimenti come la pulizia dei muri da parte dei ragazzi stessi. Tuttavia in quel periodo sono stati anche realizzati alcuni progetti educativi che hanno offerto alle crew la possibilità di sperimentarsi in spazi opportunamente dedicati (esempio significativo a Conegliano nel parcheggio di Via Pittoni vicino alla Stazione ferroviaria, spazio concesso dalla Zanussi in accordo con il Progetto 12 INSIEME CON FIDUCIA giovani); in alcuni casi i ragazzi sono stati invitati da cittadini o commerciati ad effettuare veri e propri lavori di abbellimento sulle proprie case e o negozi (i ragazzi della Cremeria). Nato sulla scia della pittura murale (murales), il Writing si manifestò a Philadelphia nei tardi anni sessanta e si sviluppò a New York negli anni successivi fino a raggiungere una prima maturità stilistica a metà degli anni ottanta. Arte anarchica per eccellenza, diffusa in tutto il mondo, è considerata una manifestazione sociale, culturale e artistica basata sull’espressione della propria creatività, opportunamente firmata (tag). Oggi il Writing viene spesso associato ad atti di vandalismo poiché numerosi adepti utilizzano, come supporti espressivi, mezzi pubblici o edifici di interesse storico e artistico. Generalmente però i writers più vicini ad un serio lavoro di ricerca artistica considerano tali attività deprecabili, dimostrando anche nella scelta del supporto per la pittura una maggiore responsabilità e consapevolezza. Oltre a questo, la differenza tra atti di vandalismo e il Writing è da ricercarsi nelle motivazioni che spingono a dipingere. Il fenomeno arriva con tale impatto allo spettatore da non poter esser frainteso: basti pensare all’evidenza delle allusioni, spesso politiche e di protesta sociale. Il senso espressivo del dipinto dovrebbe comunque esser evidente a chiunque: dietro alle forme e all’evoluzione delle lettere c’è un lungo studio, fatto di bozze pre paratorie ispirate all’arte classica, come prevede il lavoro in studio di un qualsiasi artista canonico. Concludendo, possiamo affermare che il Graffiti Writing è una moda o una tendenza che culturalmente non ci appartiene e che rimane comunque circoscritta alle aree tipicamente urbane delle grandi città. Questo non ci deve impedire di interrogarci sui diversi modi con quali oggi ragazzi e adolescenti utilizzano per comunicare. C’è chi sostiene che l’indebolimento del fenomeno writers sia anche causato dallo sviluppo dei nuovi sistemi tecnologici e di comunicazione (new media) quali internet e i telefonini, che permettono forme e modalità di comunicazione innovative, ma che evo cano i bisogni tra dizionali degli adolescenti di appartenere, esprimersi e stare in relazione. I critici definiscono i new media «protesi relazionali» che spesso rischiano di rendere virtuali e non reali le relazioni umane. E poiché non è possibile fermare l’evoluzione tecnologica, diviene più che mai necessario dedicare la massima attenzione allo sviluppo delle capacità critiche degli adulti, alla loro educazione e responsabilità, quali modelli positivi di riferimento alle giovani generazioni. WILLY MAZZER operatore sociale TERRITORIO PROPOSTE ECONOMICHE L’ESEMPIO DELLA NOSTRA BANCA IL RISPARMIO ENERGETICO è possibile Da oltre un anno Banca della Marca offre a Soci e a clienti l’opportunità di una sinergia nel l’investire in tecnologie avanzate per un effettivo risparmio energetico. Per essere ancora più concreta, la nostra Banca ha scelto di mettere direttamente in pratica quanto andava a proporre con due scelte diverse. La prima, attuata già qualche mese addietro, è stata quella di fondare a Fregona, unitamente a dodici aziende agricole, la «Cooperativa Energia e Ambiente», che si propone di difendere l’ambiente e di produrre energie alternative ed eco compatibili fornendo al Comune la materia prima per la centrale ivi esistente. In pratica, utilizzando il materiale ricavato dalle potature, dalla manutenzione degli argini e degli alvei dei fiumi e dei torrenti, dalla pu lizia dei boschi, la nuova cooperativa mira alla produzione ed alla commercializzazione dell’energia da biomasse. In questi giorni, ed è la seconda iniziativa concreta, sono in corso TERRITORIO 14 INSIEME CON FIDUCIA di installazione e di avvio due impianti solari fotovoltaici, connessi alla rete, uno presso la sede della nostra Banca a Orsago ed uno presso la sede distaccata di Santa Lucia di Piave. Un sistema che garantisce il 100% di energia pulita ed inesauribile. Con questi impianti il contributo al rispetto dell’ambiente è davvero consistente in quanto non c’è emissione di anidride carbonica: il gas, che è il principale responsabile dell’effetto serra, viene associato a tutte le altre tipologie tradizionali di produzione di energia. L’installazione di fonti energetiche rinnovabili, che in questo momento stanno vivendo una stagione di grande sviluppo a livello mondiale, diviene un obiettivo primario a causa dell’esaurirsi delle scorte di combustibili fossili tradizionali ed al conseguente sempre maggior peso che la voce ha nella bilancia energetica. Benché sia piuttosto arduo arrivare in tempi brevi alla sostituzione degli impianti tradizionali, non si deve tuttavia recedere dal promuovere un’integrazione attraverso le diverse fonti rinnovabili per creare in tempi graduali una reale alternativa. Con la Direttiva Europea 2001/77/CE viene data la possibilità alle imprese ed ai cittadini di usufruire di finanziamenti in conto energia. Gli incentivi per la costruzione di impianti fotovoltaici per produrre elettricità vengono erogati quindi non in conto capitale, ma con una tariffa incentivante per kWh di energia elettrica prodotta dall’im pianto; tutto questo consente di ammortizzare in breve tempo il costo dell’installazione. Con l’approvazione della nuova versione del decreto legge 19 febbraio 2007 sono state modificate le taglie degli impianti e gli incentivi. L’entità del contributo varia a seconda dell’impatto ambientale dell’impianto, mirando a premiare maggiormente quelli che più si conciliano con la realtà esistente e che sono così sintetizzabili: Potenza installata Impianti «non integrati» Impianti «parzialmente integrati» Impianti «integrati» Per quanto tempo Da 1 kWp a 3 kWp 0,40 euro per kWh 0,44 euro per kWh 0,49 euro per kWh 20 anni Da 3 kWp a 20 kWp 0,38 euro per kWh 0,42 euro per kWh 0,46 euro per kWh 20 anni Maggiore di 20 kWp 0,36 euro per kWh 0,40 euro per kWh 0,44 euro per kWh 20 anni I moduli fotovoltaici hanno una garanzia sull’efficienza del 90% dopo 10 anni e dell’80% dopo 25 anni. Gli impianti sono a ridottissima manutenzione ed hanno una «vita» superiore ai 30 anni. Gli impianti scelti dalla nostra Banca per le due sedi sono del tipo in silicio policristallino; saranno installati ricercando, per una resa maggiore, il giusto orientamento (inclinazione ed assenza di ombreggiamento) sui tetti degli edifici. Avranno le seguenti dimensioni: per Orsago circa 125 m2 con una potenza nominale di 18 kWp, e per Santa Lucia di Piave 41 m2 con una potenza nominale di 5,98 kWp. Prendendo come riferimento un impianto da un kW di potenza nominale è possibile stimare per la nostra regione, che è a settentrione, una produzione media di 1.150 kWh/anno. L’investimento è consistente in quanto, per entrambi gli impianti, il costo supera i 150.000 euro; si conta comunque in un rientro nei dieci/undici anni previsti. MARIO MENEGHETTI L’adesione alla «Cooperativa Energia e Ambiente» è sempre possibile. Per avere le informazioni contattare il presidente sig. Costantino Dal Cin (cell. 328.7140505) o il segretario dott. Marco Golfetto (cell. 335.1093752). TERRITORIO Biodiversità PASSATO O FUTURO? UNA RICERCA SUL TERRITORIO PER IL RECUPERO DELLE ANTICHE PRODUZIONI AGRICOLE Migliaia di anni di evoluzione hanno portato non solo l’uomo ma anche il mondo vegetale ed animale a differenziarsi in funzione del clima e delle condizioni ambientali. Ma l’uomo ha fatto di più, negli anni ha selezionato sia le razze animali ma soprattutto le varietà vegetali (cereali, fruttiferi, etc..) che più rispondevano alle sue esigenze nutrizionali. La diversificazione della specie quindi come difesa per la sopravvivenza quotidiana. Il mondo agricolo ha sempre avuto come obiettivo primario la lotta contro la fame, che doveva essere combattuta e si sono utilizzate, come in una qualsiasi «guerra», tecniche di difesa e di attacco. Di «difesa» escogitando modi per conservare più a lungo il cibo (sale, olio, ecc.) e di «attacco» selezionando specie per protrarre i tempi di maturazione e raccolta delle piante o frutti in modo da dilazionare nel tempo la loro presenza nell’alimentazione. Nel Medioevo si coltivavano ad esempio cereali diversi, centinaia di specie orticole e decine di specie animali, perché su questa biodiversità si imperniava il sistema di autodifesa delle civiltà contadine. Ma quando l’ottica del profitto ha sostituito gli interessi delle economie locali si è passati a produrre in massa solo determinate colture, concentrando quindi la produzione agricola solo su pochi prodotti destinati al mercato internazionale. Solo adesso ci accorgiamo che il solo settore agricolo ha perso più di 300.000 specie vegetali, TERRITORIO 16 INSIEME CON FIDUCIA Valorizzare i vitigni autoctoni >> >> praticamente i ¾ delle diversità genetiche delle colture agricole, e solo ora scopriamo che le «vecchie» varietà, oltre ad essere più resistenti agli eventi climatici, hanno anche sistemi di «difesa» naturale da malattie e parassiti perfezionati in migliaia di anni di evoluzione, nonché proprietà nutrizionali importantissime per la prevenzione di innumerevoli malattie. Ma la biodiversità può essere anche un valore economico ed una marcia in più per il territorio. Ecco allora che già da alcuni anni, l’attenzione delle istituzioni e di alcuni produttori si è concentrata nella valorizzazione e nel recupero (nelle nostre zone pedemontane) dei vecchi vitigni autoctoni come risorsa per difendere la produzione vitivinicola nazionale, vista anche la forte concorrenza che interessa nei mercati mondiali il commercio dei vini detti «internazionali». Il Veneto è una regione viticola di antiche tradizioni con un ricco patrimonio di varietà «autoctone» tipiche di diversi territori regionali e che sono tuttora la base anche di vini famosi soprattutto nelle province di Verona e Treviso. A conferma di quanto esposto, se analizziamo i dati che sono riportati nella tabella «la vite e il vino» nella provincia di Treviso del 1874 (stesa allora dal dottor Angelo Vianello e dal dottor Antonio Carpenè), possiamo vedere quali erano i vitigni predominanti e la superficie vitata del distretto di Conegliano e quello di Vittorio Veneto. Inoltre osservando la variabilità della presenza della valorizzazione dei vitigni autoctoni nelle diverse province del Veneto, possiamo chiederci se la sostituzione delle varietà locali sia dovuta al loro scarso valore commerciale, oppure a motivazioni di carattere sociale o colturale. Analizzando tutte queste caratteristiche, Veneto Agricoltura sta svolgendo un progetto assieme al CRA (Centro di ricerca per la Viticoltura) di Conegliano per dare un ulteriore impulso alla salvaguardia ed alla valorizzazione dei vecchi vitigni di interesse regionale. La nostra Banca, da sempre sensibile su questo fronte, sta collaborando assieme alla dottoressa Severina Cancellier dell'Istituto Sperimentale della viticoltura, in una vasta azione su nostro territorio volta a individuare e a catalogare questi antichi vitigni, nella speranza che la ricerca possa portare alla conservazione di vecchie varietà, in modo che esse diventino domani un valore non solo territoriale ma anche economico. LUCIANO SOLDAN E ALBERTO DE NARDI PET ENGINEERING apre a Mosca Non è una novità il fatto che l’industria trevigiana sia apprezzata da tempo anche all’estero. Eppure la notizia che la PET Engineering di San Vendemiano – società leader per il design e l’ingegnerizzazione di contenitori – ha aperto l’estate scorsa una nuova sede nei pressi di Mosca ha dato nuovo vigore a tutto il mondo del lavoro italiano, sconfessando coloro che davano per moribondo il Made in Italy. La nascita della PET Engineering Vostok ha assunto una doppia valenza: da un lato ha rafforzato l’immagine che l’azienda veneta si era costruita nel corso di questi anni e, dall’altra, ha acquistato ulteriore peso sul mercato mon- TERRITORIO SOLUZIONI COMPLETE PER CONTENITORI IN PET diale, in particolare quello russo. «L’apertura della sede russa – ci riferisce Gianfranco Zoccatelli direttore della filiale – è la naturale concretizzazione della filosofia aziendale: dare vita a un approccio customer oriented, con cui l’azienda segue da vicino il cliente fin dalle prime fasi di ogni progetto, dalla scelta dei macchinari, ai pezzi di ricambio, all’ottimizzazione della produzione». Presente già dal 2000 sul mercato russo, l’azienda annovera proprio in questa parte d’Europa i suoi più importanti successi, iniziati con il settore delle bottiglie di birra in PET; un successo strepitoso al punto che oggi si stima che il 70% dei contenitori di birra del Paese siano ingegnerizzati dall’azienda veneta. La Vostok di Mosca potrà dunque consentire una maggiore penetrazione nei mercati dell’est europeo, trovando nuove importanti partnership, oltre quelle che già in atto quali SEGUE A PAGINA 20 > gli studen e di Stu dio Bors Anche quest’anno, come è ormai consuetudine, è avvenuta la premiazione dei figli dei nostri Soci che più lodevolmente si sono distinti nel corso dei vari iter scolastici. È una iniziativa che vuole essere uno stimolo per i giovani a ricercare una formazione sempre migliore e nello stesso tempo un incentivo ad affrontare lo studio con il massimo impegno. Questi i premiati raggruppati per istituto e corsi di laurea. > Andrea Bit Liceo Scientifico > Elena Zanetti Ist. Tecnico per il Turismo > Serena Bredariol Liceo Scientifico > Serena Maria Merotto Ist. Tecnico per il Turismo > Roberta Fantuz Liceo Scientifico > Luana Piccin Ist. Tecnico per il Turismo > Gianluca Bubola Liceo Scientifico > Arianna Giol Liceo Scientifico > Federica Mian I.T.S.C. > Stefano Speranzon Liceo Scientifico > Sara Durante I.T.S.C. > Alberto Miotto Liceo Scientifico > Giulia Posocco I.T.S.C. > Fabio Perin Liceo Scientifico > Mauro Piazza I.T.I.S. > Luca Drusian Liceo Scientifico > Luca Tesser I.T.I.S. > Lucia Dozza Liceo Linguistico > Francesco Brisotto I.T.I.G. > Arianna Da Rios Liceo Linguistico > Luca Verardo I.T.G. > Alice Piovesana Liceo Linguistico > Ilaria Pedron I.T.C.G. > Debora Tonini Liceo Linguistico > Francesca Zanusso I.T.C.G. > Mirko Chiaradia Liceo Linguistico > Martina Zamai I.T.C.G. > Caterina Durante Liceo Linguistico > Chiara Moretto I.T.C.G. > Federica Fornasier Liceo Linguistico > Alessandra Grillo Liceo Linguistico > Francesca Cauz I.P.S.S.A.R. > Giorgia Dardengo Liceo delle Scienze Sociali > Silvia Miotto Liceo delle Scienze Sociali > Chiara De Carlo Liceo Classico > Margherita Leo Liceo Classico > Federica Bardini Liceo Classico > Alessandra Conte Liceo Classico > Elena Drusian Liceo Classico > Vanna Piazza Liceo Classico > Elisa Ferrari Istituto Tecnico Agrario > Riccardo Soldan Istituto Tecnico Agrario > Mattia Soldan Istituto Tecnico Agrario > Marco Bubola Istituto Magistrale > Silvia Artuso Istituto Magistrale > Daniela Carlet Istituto Magistrale > Giulia De Marchi Istituto Magistrale > Giulia De Pin Istituto Magistrale > Sabrina Gava Istituto d’Arte > Cristina Rossi Istituto d’Arte > Martina Esposito Istituto Alberghiero ti premiati > Francesca Grillo Laurea triennale in Scienze Psicologiche della Personalità e delle Relazioni Interpersonali > Elisa Pederiva Laurea Specialistica in Scienze Internazionali e Diplomatiche – Relazioni Internazionali > Ylenia Dal Bianco Laurea Specialistica in Istituzioni e Politiche dei Diritti Umani e della Pace > Luca Santin Laurea in Ingegneria Meccanica > Giulio Lovat Laurea in Ingegneria Elettronica > Simone Cipolotti Laurea in Ingegneria Civile > Anna Manfrin Laurea in Ingegneria Civile > Elisa Biz Laurea in Igiene Dentale > Omar Posocco Laurea in Fisioterapia > Carla Piazza Laurea in Farmacia > Pierluigi Moretta Laurea in Economia Internazionale > Andrea Piovesana Laurea in Economia e Gestione Aziendale > Stefania Dal Mas Laurea Scientifica in Progettazione e Produzione delle Arti Visive > Davide Bonotto Laurea Ingegneria Meccanica > Matteo Pagot Laurea in Tecnologie Chimiche per l’industria e per l’ambiente > Nicoletta Ceolin Laurea in Economia Aziendale > Elisa Pianca Laurea in Economia Aziendale > Giulia Papes Laurea in Scienze Psicologiche, Cognitive e Psicobiologiche > Alberto Bortolotto Laurea in Economia Aziendale > Piero Furlan Laurea in Scienze Politiche > Riccardo Bortolotto Laurea in Economia Aziendale > Fabrizio Dorigo Laurea in Scienze e Tecnologie Viticole ed Enologiche > Cristina Coan Laurea in Consumi, Distribuzione Commerciale e Comunicazione d’Impresa > Andrea Miotto Laurea in Scienze e Tecnologie Viticole ed Enologiche > Alberta Zamuner Laurea in Consulente del Lavoro Scienze dei Servizi > Cinzia Spinazzè Laurea in Scienze e Tecniche dell’Interculturalità Indirizzo Accoglienza Cooperazione Internazionale > Chiara Botteon Laurea in Conservazione dei Beni Culturali > Guido Roma Laurea in Biotecnologie Sanitarie > Simona Turbian Laurea in Biologia Marina Laurea in Architettura > Eleonora Da Rios Laurea in Scienze dell’Educazione > Giulia Buffon Laurea in Relazioni Pubbliche e Pubblicità > Federico Covre > Federica Varago Laurea in Architettura > Laura Tonon Laurea in Relazioni Pubbliche e Pubblicità > Alessandra Zanatta Laurea in Architettura > Diego Salvadori Laurea in Scienze e Tecnologie Zootecniche e delle Produzioni Animali > Mirco Battistella Laurea in Relazioni Pubbliche e Pubblicità > Claudia Breda Laurea in Relazioni Pubbliche e Pubblicità > Michele Mion Laurea in Lettere e Filosofia > Elena Miotto Laurea in Lettere e Filosofia > Gemma Tramarollo Laurea in Psicologia Sociale > Serena Posocco Laurea in Lettere e Filosofia > Flavio Camatta Laurea in Pianificazione della Città e del Territorio > Pamela Dorigo Laurea in Lingue e Lettere Straniere > Allison Garlant Laurea in Lingue e Lettere Straniere > Valentina Rizzi Laurea in Lingue e Letterature Moderne e Contemporanee Occidentali >> Ricerca e design come fattore di sviluppo << 20 INSIEME CON FIDUCIA > CONTINUA DA PAGINA 17 Pepsi Russia, Baltika, Suninterbrew e altri. Ma se alla Vostok sarà lasciato il compito di seguire gli aspetti commerciali, al quartier generale di via Olivera a San Vendemiano rimarrà quello di curare in prima istanza gli aspetti della ricerca e dello sviluppo di nuovi prodotti. Anzi, proprio per potenziare questo importante settore, si sta pro- gettando – come ci ha confermato il presidente della società Moreno Barel – un nuovo Centro Tecnologico, sempre in provincia di Treviso ma localizzato in una po sizione più centrale, dotato delle migliori strumentazioni in commercio, e che rappresenterà una delle realtà più evolute sia per la ricerca sui materiali sia per il design e lo sviluppo tecnico dei contenitori. L’azienda dunque continuerà a crescere e a essere un punto di riferimento del mercato e per l’economia del territorio. Nata nel 1999, l’azienda trevigiana ha capitalizzato l’esperienza ultradecennale del suo fondatore, Moreno Barel, definendo un proprio ambito di intervento innovativo. Se infatti in precedenza l’attività di design era vista come un’appendice del lavoro dello stampista, PET Engineering ha intuito che questa doveva avere un suo valore autonomo e ha lanciato la prima azienda di questo settore, focalizzata non sull’attività produttiva, ma sulle attività di ricerca e sviluppo, di design e di ingegnerizzazione. La scelta è risultata vincente: in pochi anni, infatti, PET Engineering si è affermata come una delle realtà più dinamiche del settore, caratterizzata dalla forte vocazione internazionale e dall’at tenzione a un’attività di ricerca d’eccellenza. Oggi l’azienda di San Vendemiano conta un organico di venticinque persone cui si aggiunge un’ampia rete di collaboratori e agenti. Il suo percorso decennale, fatto di progetti e di bottiglie, ha toccato l’anno scorso un altro traguardo importante: il progetto della millesima bottiglia. Si tratta di un contenitore da litro, realizzato per la società San Pellegrino, facente parte del Gruppo Nestlè, leader mondiale nel settore delle acque minerali; è stato utilizzato per commerciare l’acqua alla menta, l’ultimo prodotto della società Vera. «Un traguardo – ci dice il presidente Moreno Barel – che rappresenta per l’azienda un punto di partenza più che di arrivo. Intendiamo con tinuare su questa strada, migliorarci ulteriormente, stringere nuove collaborazioni con clienti internazionali e creare contenitori sempre più in- TERRITORIO novativi». La millesima bottiglia ideata in casa PET Engineering lascia alle spalle tutta una serie di altre bottiglie originali che, con il tempo, hanno finito con identificarsi nel prodotto in esse contenuto. È il caso della Rivella, bevanda simbolo della Svizzera, a base di erbe e siero di latte, per la quale si è addirittura creato un set di quattro contenitori, (dai 33 cl. al litro e mezzo); dell’acqua minerale Lilia degli stabilimenti di Rionero in Vulture, quattro bottiglie (mezzo litro, litro, litro e mezzo, due litri); della limonata Bibat Tomarchio (un litro e mezzo); della minerale Henniez (75 cl.); dei succhi Santal della Parmalat (litro); e naturalmente della InBev, il contenitore di birra da cinque litri, la più grande bottiglia in PET mai realizzata, dal design curato e dalle ottime performance tecniche. LA FESTA dei Mamai A MORIAGO DELLA BATTAGLIA OMAGGIO A UN FILO D’ERBA CHIAMATO «LINO DELLE FATE» Il regno vegetale è indiscutibilmente una fonte di bellezza, che sa ispirare ed evocare sentimenti e stati d’animo che in molti casi s’imprimono nella nostra memoria in modo indelebile. La maestosità di un albero secolare, il profumo di un fiore, i colori di un bosco in autunno: chi non si è lasciato rapire da tanta magia? Non è quindi strano o difficile da comprendere come un’intera comunità, quella di Moriago della Battaglia, abbia scelto di tributare una festa ad un «filo d’erba». Il filo d’erba in questione è la Stipa pennata, comunemente chiamata anche «lino delle fate», che a Moriago, ma anche nell’intero Quartier del Piave, prende il nome di «Mamai», un appellativo che trova origine nel dialetto locale (mamao) per indicare il gatto o il suo morbido pelo. La Stipa pennata, infatti, ha il caratteristico aspetto di una soffice e sinuosa piuma che, se raccolta in mazzetti, appare come una setosa pelliccia; ma i più esperti, per accentuare questa peculiarità, bagnano il pennacchio nel latte di calce e lo fanno poi asciugare al sole, ottenendone risultati davvero notevoli. I pennacchi di questa pianta costituiscono da sempre un elemento di decorazione per le case dei moriaghesi (e non solo) i quali, oltre ad accentuarne la morbidezza con il latte di calce, spesso li tingono con colori naturali per valorizzarne maggiormente la bellezza. Il luogo principe della raccolta di Mamai è l’Isola dei Morti, sul greto del fiume Piave, dove tra maggio e luglio fioriscono dando vita a candide e morbide distese nelle praterie golenali. L’attenzione per questa pianta è tra le tradizioni più antiche del TERRITORIO 22 INSIEME CON FIDUCIA paese, tant’è che da sempre la gente del posto la raccoglie per portare un po’ di grazia nelle proprie case. Per questa ragione dal 1982 la Pro loco e l’Amministrazione comunale di Moriago della Battaglia danno vita ad un festa che si svolge solitamente ai primi di giugno nell’Isola dei Morti. L’evento richiama ogni anno una moltitudine di persone che dimostrano di apprezzare non solo le proposte enologiche, gastronomiche e musicali degli organizzatori, ma anche le qualificate iniziative culturali della manifestazione che solitamente si protrae per due fine settimana. Oltre a piatti tipici, vini locali e serate danzanti infatti sono particolarmente seguite le escursioni guidate a carattere naturalistico, botanico e storico: non va infatti dimenticato che questo luogo – oltre ad essere stato teatro di importanti eventi nel corso della Grande Guerra – ospita anche un giardino botanico (con numerose varietà di orchidee autoctone) e vanta un ambiente naturale ricco di fauna e specie floristiche. Immancabile un banchetto, allestito dalle signore della Pro loco, per la vendita di mazzetti di Mamai e di composizioni che vedono il «lino delle fate» come elemento decorativo. La Stipa pennata appartiene alla famiglia delle graminacee di cui fanno parte specie che normalmente non attirano l’attenzione, ma il «lino delle fate» fa eccezione: la resta (il pennacchio) lunghissima, candida e piumosa che avvolge i frutti e offre un meraviglioso spettacolo soprattutto quando ondeggia al vento. Il nome scientifico di questa pianta viene dal greco che attribuisce alla parola «stipa» il significato di «materia setosa o piumosa». Il fusto dei Mamai raggiunge i 60 cm di altezza, 30 dei quali composti dal pennacchio, è un’erba tipica delle steppe che ha sviluppato particolari adattamenti per sopravvivere in questi ambienti inospitali; proviene infatti dal Caucaso e da noi ha trovato il suo habitat ideale nei prati sassosi e nella aride grave dei fiumi. Al genere stipa appartengono un centinaio di specie di erbe perenni e, per quanto concerne la Stipa pennata, va detto che la resta che la caratterizza ha proprietà igroscopiche, vale a dire che si arriccia in ambiente asciutto e si distende in presenza di umidità. Moriago della Battaglia ha il merito di averle tributato un evento come l’annuale Festa dei Mamai, ma questa pianta cresce anche in altre zone dove prende diversi nomi: «capelli di san Venanzio» (in Abruzzo), «pennina» (in Toscana), «piumetti» (in Piemonte e Val d’Aosta) ma anche «erba steppa» e «capelli della Madonna» in varie altre regioni italiane. INGRID FELTRIN TERRITORIO PROFUMI E COLORI della primavera A FARRA DI SOLIGO FESTA DELL’ASPARAGO E DELLA FRAGOLA Ogni primavera Col San Martino, la pittoresca località nel comune di Farra di Soligo, da ben 37 anni festeggia due prodotti della sua terra, la fragola e l’asparago. L’evento è una vera delizia per i palati, grazie alla capacità della Pro loco di proporre sempre golose e stuzzicanti novità gastronomiche per la gioia sia di quanti amano le dolci specialità a base di fragola, sia degli estimatori dei sofisticati piatti con asparagi. Va inoltre riconosciuto agli organizzatori la capacità di abbinare la promozione della cultura locale con la buona tavola, proponendo escursioni ai luoghi più significativi della zona: le torri dell’antico castello di Credazzo, la chiesa di san Lorenzo e la Villa Carragiani Badoer in stile palladiano. «La Natura volle che gli asparagi fossero selvatici perché ciascuno potesse raccoglierne» scriveva Plinio il Vecchio, dato che nella Roma imperiale gli asparagi coltivati erano una prelibatezza riservata esclusivamente ai patrizi; viceversa la plebe si doveva acconten- INSIEME CON FIDUCIA 23 >> Tra relax e cultura culinaria TERRITORIO tare di raccogliere quelli selvatici. Ma i Romani non erano estimatori solo degli asparagi, infatti, apprezzavano molto anche le fragole che grazie al suo profumo intenso chiamarono «fragrans». Il dolce frutto veniva anticamente consumato soprattutto nel periodo delle festività in onore di Adone: la leggenda infatti vuole che alla morte di Adone le lacrime di Venere, cadute a terra, si trasfor- Quelli che massero in piccoli cuori rossi (le fragole). Il passare dei secoli ha fortunatamente accresciuto la diffusione di questi due prodotti rendendoli meno elitari. In Pedemontana la coltivazione di fragole ed asparagi sembra aver trovato particolare fortuna e non potrebbe essere altrimenti vista la loro vocazione a sposarsi magnificamente con il Prosecco. A Col San Martino la tradizionale festa ha saputo ampliare le sue proposte ai numerosi visitatori, con eventi sportivi di rilievo ma anche con mostre d’arte, manifestazioni di musica e danza e, grazie ad una proficua collaborazione con la biblioteca comunale, anche di serate dedicate alla buona lettura. I motivi quindi per visitare la oramai storica rassegna solighese sono davvero molti e vale davvero la pena di non perdere la prossima edizione. INGRID FELTRIN TRE CAMPIONI NAZIONALI DELLA BIRILLISTICA CASUT i birilli 24 INSIEME CON FIDUCIA Se il gioco dei birilli, tradizionale passatempo della gente popolare, ripone le sue incerte origini nella notte dei tempi (tracce di questo gioco sono state rivenute persino nelle tombe egizie) una data di nascita, almeno in terra trevigiana, ce l’ha per certa: siamo nel 1901 quando La Gazzetta di Treviso ufficializzava le prime gare tra squadre di città diverse. Da qui alla creazione della prima Federazione birillistica trevigiana (1946) e al primo campionato provinciale (1949) passerà molta acqua sotto i ponti, ma lo spirito competitivo di questo gioco, divenuto un vero e proprio sport con regole ben determinate, non verrà mai meno e, anzi, conquiste rà sempre più adepti. Oggi veri e propri campionati si svolgono in molte regioni italiane; nel Tre vigiano esistono addirittura due gironi di serie A, due di B e tre di C. >> Gioco antico ma avvolto da un fascino tutto moderno «Sport popolare ma povero, che non gode del gran pubblico degli stadi e delle arene – ci dice Luigi Favret – ma sicuramente non è meno brillante e avvincente degli altri sport nazionali. Noi non abbiamo le grandi levate annuali dei giovani, perché ai birilli si ci arriva col tempo, direi dopo il matrimonio, quando anche la maturità ha più tempo per dedicarsi a questo sport». Luigi Favret non è soltanto il pre si dente dell’Associazione Birillistica Casut, sorta nel 1982 seguendo l’esempio della compagine birillistica di Francenigo (Gaiarine), nata qualche tempo prima; Favret è anche il gestore della Bar Mexico, una trattoria tutta speciale in quanto, a onta del nome esotico, offre piatti tipici della cucina friulana e, quel che più meraviglia, possiede un campo di gioco di birilli nel posto ove, solitamente, dovrebbe trovarsi un normale campo di bocce. Qui infatti, sul retro della trattoria, si sono consumate le grandi passioni di una squadra che dalla prossima primavera si troverà ad affrontare il campionato cadetto dopo aver militato a lungo nella serie maggiore. Ma non sarà una tragedia – come spesso avviene per il gioco del calcio – perché il pubblico appassionato non mancherà e soprattutto potrà ritrovare ancora i suoi campioni locali, assurti lo scorso anno al vertice alla notorietà nazionale dopo un serie di incontri di selezione per il campionato nazionale. Infatti, la scoperta più eclatante che ci riserva questo sport, praticato in un minuscolo campetto dietro una trattoria di campagna che si disperde tra i confini veneto friulani, è trovarvi dei campioni nazionali, modesti quanto bravi, che corrispondono alle persone di Giuseppe Borsoi, campione nazionale del singolo 2007, e la coppia Lauretto Pessotto/Lino Bressan campioni nazionali per la coppia. Ma dove e come si gioca ai birilli? Luigi Favret ci mostra il campo di gioco, un rettangolo coperto largo tre metri e mezzo per una lunghezza di diciotto, al termine del quale si trova un cavalletto di ferro a forma di T rovesciata dove vengono collocati nove birilli. Il giocatore deve colpire con una piastra di ferro temperato (dal peso di 330 grammi) e da una distanza di tredici metri, il maggior numero di birilli nei dieci tiri che egli ha a sua disposizione. I birilli sono di colore diverso: sette sono gialli di cui cinque posti sul cavalletto in maniera frontale, uno verde e un altro rosso collocati rispettivamente sul fondo del INSIEME CON FIDUCIA anziani I NOSTRI in malga R A C C O N T A N O LE GITE E LE VACANZE TERRITORIO 26 cavalletto. Il conteggio dei punti è ovviamente determinato dal numero e colore di birilli abbattuti: se buttati giù singolarmente i gialli valgono un punto, il rosso nove e il verde sei, ma il punteggio varia a seconda quantità e del colore dei birilli abbattuti. «Più difficile a dire che a farsi – ci dice Favret – perché basta assistere a una sola delle nostre partite per entrare nella dinamica di questo sport nel quale molto spesso il risultato dell’incontro rimane in sospeso fino all’ultimo lancio, legato all’abilità ma anche alla presenza di spi rito del giocatore. Questo comporta nei nostri atleti – come ci spiega meglio – anche un logorio atletico che viene superato con un lungo allenamento in modo da ottenere una alta concentrazione anche in fase di stanchezza». Le sue appassionate parole sembrano quasi rievocare la tensione che pervade nel gioco del calcio (nel tifoso come nel calciatore) al momento di tirare i calci di rigore alla fine di una estenuante partita; e, se non è la stessa, certamente è una sensazione del tutto simile, perché unica è la passione che muove lo sport quando viene vissuto nella più autentica delle sue molteplici espressioni. Ci informa ancora Fa vret che una squadra birillistica si compone di otto giocatori: sei scendono in campo (per disputare la gara del singolo, della coppia e della terna) e due sono di riserva e possono prendere il posto di un compagno che si infortuni o che decida che questa non è proprio la giornata giusta». I due capitani fungono anche da arbitri. Ora veramente non resta che trovare l’occasione per incontrare questo gioco, conoscerlo e praticarlo anche solo per svago e divertimento, scoprendo subito che non è poi tanto facile abbattere dei semplici birilli. Siamo nella stagione della neve, delle settimane bianche e con la memoria, per i non più giovanissimi, è facile riandare alla fanciullezza quando le vacanze e le gite erano spesso un sogno proibito, qualche volta sopperito con alternative o soluzioni caserecce. Allora, quelli che potevano dirsi più fortunati, si godevano le vacanze estive, una settimana o poco più, su per le nostre colline, quelle che dalla pianura portano in Cansiglio o sul Pizzoc, a fianco del malgaro al quale si rendevano utili aiutandolo a fare il formaggio al mattino presto, accompagnando al pascolo le bestie, coadiuvandolo per fare il fieno o la legna. Questi montanari erano abituati, forse più per mancanza di alternative che per virtù, ad essere taciturni, silenziosi e divenivano loquaci solo di rado, in particolare quando avevano da vicino un bimbo curioso. Il giovane vacanziere scopriva piano piano la fortuna e la ricchezza di quella vacanza, la gioia di aver potuto parlare con un personaggio saggio, ricco di sapienza antica, conoscitore dei mille misteri e segreti della montagna, uno che non era andato a scuola ma che aveva un’infinità di esperienze da trasmettere. I malgari erano persone che avevano vissuto in diretta l’ultima guerra, visto con i loro occhi i rastrellamenti tedeschi e convissuto con i partigiani. Uomini che ben sapevano discernere le cose giuste da quelle non buone e trasmettere i valori importanti della vita, uomini che nonostante la vita grama sapevano accontentarsi ed essere felici. Su quelle montagne anch’io andavo in gita col papà, a piedi, lungo i sentieri in primavera per accompagnare le poche pecore di famiglia a monticare nel Follador ed in autunno a riprenderle se tutto era andato bene. Era sempre una festa salire alle malghe anche se il percorso era lungo e faticoso. Gratificava immensamente lo splendido panorama della pianura che, man mano si saliva, si estendeva fino a raggiungere, nelle giornate più limpide, il mare, i colli Euganei, le montagne del Friuli e dell’Istria. Sul sentiero si incontravano poche persone, a volte conosciute ed altre no, il saluto non mancava mai e c’era il tempo per prendere fiato ed anche per fare due parole. A seconda della stagione si raccoglievano lungo il percorso i frutti di bosco: fragole, lamponi, more, nocciole, noci, funghi, bacche ed altro ancora. Il papà aveva sopra Val Boèr, vicino alla Malorìa, il «conpare» Nadàlin Cibàn, scapolo incallito che da sempre faceva il malgaro. All’arrivo, ci accoglieva con tanta simpatia e gioia; ci era grati della visita che interrompeva un lungo periodo di solitudine e apprezzava molto fare una fumatina con tabacco fresco ed il poter finalmente bere un buon bicchiere di vino, vivanda che ormai da tempo mancava dalla sua tavola. Il pranzo che ci offriva era sempre molto frugale e il piatto fisso era la puina, la ricotta affumicata di sua produzione. All’inizio dell’autunno ritornavamo in collina per la raccolta delle nocciole selvatiche dai cespugli che fiancheggiavano i sentieri o i muretti a secco divisori delle proprietà. Si andava con lo zaino e lo si riempiva perché sapevamo che l’inverno era lungo. Se si sbagliava sentiero e si attraversava un prato per riprendere quello giusto si trovava sicuramente qualcuno che ti gridava: «élo par là ‘l troi?» (è di lì che si passa?) perché l’erba era una risorsa indispensabile e sempre scarsa, come l’acqua. Era prassi per questi eremiti, finito di falciare i prati, inginocchiarsi per terra, ore e ore, e passare con il falcetto in mano attorno ai sassi per raccogliere anche i pochi ciuffi d’erba rimasti. Noi oggi guardiamo da lontano, indifferenti le nostre colline, a volte ci passiamo di fretta, in autunno ci addentriamo per andare a funghi e non ci accorgiamo che anche questi lembi di storia locale hanno subito negli ultimi decenni il logorio dei tempi moderni e, in alcune zone, l’appetito di coloro che anche dalle pietre ricavano denaro. Il bosco ha cancellato i prati e le zone da pascolo, salvo qualche piccola area tenuta pulita dai cacciatori, i rovi nascono dappertutto, i muretti a secco franano e scompaiono, sono spariti quasi tutti i sentieri e quei pochi che sono rimasti percorribili devono ringraziare qualche associazione di volontariato. Le casere sono abbandonate e non ci sono più quei personaggi che un tempo le popolavano, gente abituata agli stenti ed al sacrificio, malgari con famiglia o, più spesso, scapoli, che si adattavano per mesi ad avere per giaciglio il fieno e per amici un cane, le mucche o il gregge di pecore. Sono figure che sembrano lontane ormai secoli e che invece sono scomparse da poco e che con loro si sono portate via uno spirito di adattamento, una saggezza, un saper vivere anche in condizioni difficili e solitarie che oggi non sappiamo più, non dico apprezzare, nemmeno capire perché lo stordimento e la frenesia dei tempi attuali ci hanno reso tutti bendati ed attaccati solo a quello che non avevamo quando siamo nati e che lasceremo comunque qui ad altri. Che litigheranno per averlo. Mario Meneghetti INSIEME CON FIDUCIA 27 28 INSIEME CON FIDUCIA Auguste Rodin SCULTORE CONTESTATO MA IMMORTALE Augusto Rodin nasce nel 1840 in rue Mouffetard (Faubourg Saint Médard) a Parigi, muore, sempre a Parigi, nel 1917. Il padre, J. Baptiste impiegato di terzo ordine alla prefettura di polizia, rimasto vedovo sposa Marie Cheffer, lorenese e ha due figli: Marie e Auguste. La figlia avrà il talento della scrittura, ma muore molto giovane. Il maschio erediterà dalla famiglia della madre quella del disegno e della scultura. La famiglia era povera, i pasti erano frugali, il vestire modesto. L’operaio e il piccolo impiegato lavoravano dieci ore al giorno e dodici mesi all’anno, con una breve vacanza a Natale, a Pasqua e a Ferragosto, e qualche gita al Bois de Boulogne in estate. Subito il ragazzo mostra una spiccata propensione per il disegno e la modellatura della creta. Viene avviato alla Petite Ecole, scuola d’arte parigina, dotata di maestri di valore, che accoglieva i giovani sprovvisti di mezzi e li avviava verso un artigianato di eccellenza: qui sul versante della scultura il giovane Rodin dimostrerà presto doti non comuni. A diciannove anni, al termine del triennio, i suoi insegnanti lo ritengono maturo a entrare nella prestigiosa Ecole de Beaux Arts, La Musa, 1896 circa, Londra, Tate Gallery STORIA E ARTE Il pensatore, 1880, Parigi, Musée Rodin “ A 90 ANNI DALLA MORTE riservata tramite concorso ai giovani meritevoli. Ma a sorpresa, Rodin viene respinto: «il suo modo grossolano di modellare e scolpire», le sue semplificazioni vengono ritenute segni d’ignoranza e di impotenza. Gli aspetti del suo agire, bollati dai maestri raffinati delle Belle Arti, diventeranno, con il tempo, le sue qualità, il suo marchio distintivo. Rifiutato e deluso dalla scuola, Rodin si getta nel campo del lavoro. Deve però rassegnarsi a lavorare a giornata o a cottimo, come scalpellino, al seguito di architetti o scultori noti e ben pagati. C’erano da rinnovare facciate di palazzi, da decorare portali e scalinate delle residenze “ „ Questi lo considera un collega e lo introduce nel rifacimento monumentale della GrandPlace. Nei momenti di pausa, egli riesce anche a scolpire in proprio: affitta uno stanzone che gli serve da casa e da atelier. È il grande momento del debutto in campo artistico, con opere proprie. Qui scolpisce: L’uomo dal naso rotto, Mignon o la giovane dal cappello a fiori, i busti del padre JeanBaptiste e di Père Eynard, un sacerdote che lo ha aiutato nei momenti difficili. dei borghesi arricchiti, nonché restaurare chiese, palazzi e monumenti. Rodin viene assunto da Carrière-Belleuse che ha fiutato le sue capacità e se ne serve per commissionargli statuette, putti fregi ed altro, che poi lui rivende agli antiquari come proprie sculture, un vero e proprio strozzinaggio. Durante la guerra franco-prussiana, 187071, Rodin ha trent’anni, vive con una donna semplice che lo aiuta, gli fa da modella e gli dà anche un figlio. Ridotto sul lastrico dalla mancanza di commesse, fugge da Parigi assediata e si rifugia, a Bruxelles, dove per fortuna, finisce il suo stato di miseria al servizio altrui; perché trova lo scultore Van Rasburg. Il bacio, 1886, Parigi, Musée Rodin Figura volante, 1890-1891, Parigi, Musée Rodin Un’arte percorsa da un demone creativo E soprattutto scolpisce L’età del bronzo, la sua prima grande opera. La statua viene esposta a Parigi, ma suscita l’invidia degli artisti della capitale che lo accusano di plagio, peggio ancora di calco, fatto sul cadavere di un giovane soldato morto. Accusa feroce e vendicativa. Ma il ministro dei beni culturali, Antonin Proust, acquista la statua per il Municipio di Parigi e presenterà due altre statue che lo scultore ha terminato nel frattempo: il San Giovanni Battista e l’Homme qui marche. Ormai Rodin trova consensi presso la gente; apre uno studio e ha degli allievi, fra cui una giovane donna, Camille Claudel: fra i due nasce un amore tempestoso che finirà male per la donna. INSIEME CON FIDUCIA 29 La mano di Dio, 1898 circa STORIA E ARTE 30 INSIEME CON FIDUCIA In questo clima di fervore e di ricerca della forma più consona alla sua forte personalità, lo scultore si rende conto che la sua maturazione per tirare fuori il meglio della sua arte, necessita di un bagno nella grande scultura rinascimentale italiana. Decide allora di fare un viaggio di studio in Italia: si reca prima a Firenze, poi a Roma ed incontra le vestigia dei grandi: su tutti predilige e si ispira a Michelangelo. Rientrando poi a Parigi, nel 1880 l’Accademia della Corte dei Conti gli passa l’ordine di una porta monumentale da realizzare in bronzo. Rodin, ispirandosi alla Porta del Paradiso di Ghiberti del battistero fiorentino, agli affreschi michelangioleschi della Cappella Sistina, ma anche all’Inferno dantesco e ad alcune poesie di Baudelaire, intitola la sua: La porta dell’Inferno. Vi lavora per 20 anni, ma non la consegna, perché l’opera rimane incompiuta, pur essendo stata una fucina creativa di alto interesse per l’autore e per i suoi allievi. Infatti, dalle figurine in bassorilievo o altorilievo qui scolpite egli trae ispirazione per una serie di opere importanti che avranno un successo duraturo. Citiamo le note: Adamo ed Eva, Le tre ombre, Il pensatore, Il figliol prodigo, L’uomo che cade, Il conte Ugolino, La bella Elmiera, Il bacio, L’amore che fugge, Paolo e Francesca, L’idolo eterno. A questo punto, siamo circa nel 1890, gli viene ordinato un gruppo monumentale per la città di Calais; esso avrebbe dovuto ricordare l’assedio, la fame e l’olocausto sacrificale di sei volontari durante la Guerra dei Cent’anni (1337-1453). La città, in preda a una moria pestilenziale per l’impossibilità dei cittadini di rifornirsi di cibo ed acqua, ridotta allo stremo dopo un anno di assedio, fu salvata dal sacrificio di sei borghesi, offertisi in ostaggio al re inglese (1346-47), vincitore e assediante, per essere sacrificati al posto dei cittadini. Il monumento si intitola infatti: Les Bourgeois de Calais. Esso fu inaugurato nel 1895, ma la collocazione definitiva sulla piazza avverrà solo nel 1924. Infine il Balzac, statua che anticipa nella forma possente e drammatica i canoni dell’espressionismo tedesco; opera che, come tutti i lavori di Rodin, avrà una storia travagliata e sarà accompagnata da una serie di laceranti dispute e contestazioni perché rifiutata ed esaltata da fazioni opposte della cultura e della società. Quest’opera, come tutte le altre, sta a dimostrare la continua mobilità dell’ispirazione rodiniana, volta alla costante ricerca di nuovi traguardi esecutivi e percorsa da un dèmone creativo che spinge avanti le forme e modifica i canoni fissati dal gusto e dalla storia dell’arte. In questa costante effrazione delle regole, nella contestazione del déjà vu, e nella proiezione dell’artista verso l’inconnu si situa la grande lezione d’arte che Auguste Rodin consegna al mondo al momento della sua scomparsa, giusto novant’anni fa. LUIGI PIANCA LA CHIESA di San Giacomo STORIA E ARTE A BRUGNERA TRA STORIA, ARTE E FEDE TRA DIVERSI BUONI LAVORI ANCHE UNA PALA DELL’ARNOSTI La chiesa di San Giacomo maggiore a Brugnera, che oggi si trova nel cimitero fuori le mura del vecchio castello dei conti di Porcia e Brugnera (de extra oppidum), è stata la parrocchiale dal 1498, quando si staccò dalla pieve di Francenigo, al 18 giugno 1840, quando la parrocchiale fu trasferita nella chiesa di San Nicolò (de intra oppidum), in origine cappella gentilizia dello stesso maniero. La primitiva chiesa di San Giacomo doveva esistere da prima del 1367 dal momento che in quell’anno negli statuti di Brugnera viene citata la «festa di San Giacomo»; la prima attestazione comunque risale al 17 agosto 1387, quando in suo favore viene registrato un lascito di dieci soldi. L’edificio attuale è stato ricostruito tra il 1590 e il 28 settembre 1599 giorno della consacrazione da parte del vescovo di Ceneda Leonardo Mocenigo (15991623); di quello precedente resta traccia nel notevole affresco con San Bernardino benedicente che si staglia entro una cornice architettonica di ascendenza ancora gotica, ma aperta alle nuove istanze rinascimentali date soprattutto dalla copia di angeli musicanti al vertice della finta archeggiatura; affresco che richiama il San Vincenzo Ferreri dipinto nel 1481 per la chiesa di San Lorenzo a San Vito al Tagliamento da Andrea di Bertolotto, meglio conosciuto come il Bellunello, dalla città di origine. A parte questo affresco e una trecentesca acquasantiera, le numerose opere d’arte che abbelliscono la chiesa sono testimonianza interessante delle tendenze e del gusto delle varie epoche che si sono succedute. La più importante è sicuramente la pala che in origine ornava l’altare maggiore, ma che ora è custodita nella parrocchiale di San Nicolò; raffigura la Madonna col Bambino e i Santi Giacomo, Filippo e Cristoforo, dipinta all’inizio del terzo decennio del Cinquecento da Marcello Fogolino, certamente su commissione della potente famiglia dei Porcia. La tardo cinquecentesca pala attuale dell’altare maggiore, raffigurante la Madonna col Bambino e i Santi Giovanni Battista, Bernardino da Siena e Francesco d’Assisi, con tutta probabilità proviene dall’altare di San Bernardino: infatti il santo che campeggia al centro in abiti vescovili, identificato dubitativamente come San Nicolò pur in assenza dell’attributo consueto delle tre sfere d’oro, presenta la mitria deposta ai piedi a indicare il rifiuto della sede episcopale che gli era stata proposta a più riprese, mentre il grande STORIA E ARTE libro che tiene con la destra vuol alludere alla regola della Congregazione dei Fratelli dell’Osservanza, ispirata a quella primitiva di San Francesco. Di notevole interesse la pala di San Carlo Borromeo e i Santi Francesco d’Assisi e Lucia, presentata di recente come opera di un ignoto pittore veneto da Stefano Aloisi; in realtà i caratteri tipologici con cui vengono definite le figure dei santi, oltre alla data del 1619 che si legge sul basamento sotto il piede di San Carlo, accertano la paternità di Silvestro Arnosti (Ceneda 1567-1636), che l’ha dipinta nella fase tarda della sua produzione, dopo la grande tela con La Messa di San Gregorio Magno della Pieve di Sant’Andrea di Bigonzo (1618) e la Madonna col Bambino e i Santi Pietro e Paolo della chiesa di Marcador di Mel (1620), ultima opera firmata e datata del pittore ce- nedese che tra Piave e Livenza è stato un dignitoso esponente della cultura figurativa tardo manierista, particolarmente sensibile ai dettami controriformisti. Altre opere custodite in chiesa, ma bisognose di un restauro curativo, sono la settecentesca pala della Madonna del Carmelo venerata dai Santi Giovanni Battista, Francesco da Paola (?), Valentino, Caterina d’Alessandria e Floriano, ma soprattutto le tele con Sant’Antonio da Padova e la Madonna del rosario dipinte intorno al 1870 da Amedeo Giuseppe De Lorenzi (Soligo 1816-1879), tutte opere di non trascurabile rilevanza artistica che concorrono a fare della chiesa di San Giacomo un autentico sedimento di storia, arte e fede. GIORGIO MIES IN VIAGGIO VERSO VIENNA Papa Pio VI PASSA PER LA MARCA 32 INSIEME CON FIDUCIA Vari documenti antichi testimoniano il ruolo di strada di grandi comunicazioni di massa che l’Ongaresca venne assumendo ancora prima del X secolo e successivamente lungo il corso di parecchi secoli, tanto che neppure i «grandi» della storia disdegnarono di tessere talvolta le fila della loro diplomazia internazionale lungo il suo tracciato. Un nodo importante della strada era rappresentato dal famoso guado sul Piave, detto di Lovadina, sul quale confluiva da sempre il traffico principale dal Nord al Sud d’Italia. Solo con l’apertura della settecentesca Règia strada postale Maestra d’Italia (poi denominata Pontebbana) fu possibile evitare il guado grazie al primo ponte stabile costruito in legno sul Piave, ormai arginato, in località Priula di Susegana. Fino a quell’epoca, infatti, risultava impossibile consolidare ponti sul rabbioso fiume, quasi privo di protezioni e spesso in piena dilagante sulla pianura. Durante il dominio veneto, in occasione del transito di re o importanti personaggi il Governo di Venezia era solito far allestire al passo di Lovadina un «ponte di zatte» (zattere), con parapetti abbastanza rialzati e protetti. Quelle «zatte» altro non erano che le barche recuperate dai vari traghetti locali autorizzati, fissate con le corde a distanza ravvicinata per sostenere il tavolato di calpestio. Su uno di quei ponti improvvisati, il pomeriggio del 12 marzo 1782 passò anche papa Pio VI (Angelo Maria Braschi), protagonista di un tempestoso pontificato (17751799), conclusosi tragicamente in esilio. Era partito da Roma il 26 febbraio 1782 per incontrare a Vienna l’imperatore Giuseppe II (il cosiddetto «re Sagrestano») con lo scopo di convincere il sovrano a desistere dal voler distaccare il clero da Roma, favorendo lo sviluppo della Chiesa nazionale sul modello gallicano di Luigi XIV. Il percorso, da farsi naturalmente in carrozza o in portantina, si presentava pieno di difficoltà e di incognite; per questo il papa aveva pensato in un primo momento di compierlo in incognito sotto il nome di «abate di San Giovanni in Laterano». Ma poi non fu così. Lo storico Angelo Marchesan scrive che quel viaggio si tramutò in un vasto e prolungato applauso al papa da parte della popolazione, accalcata dovunque, anche nei nostri paesi, lungo le strade, sui rami degli alberi e fino sopra i tetti delle case, nelle piazze dove transitava il corteo papale. Ma anche nei punti di sosta per il cambio dei cavalli o nelle chiese dove era prevista una breve visita del papa con adorazione al «Santissimo esposto». Da Treviso, dov’era stato accolto dal vescovo Paolo Francesco Giustiniani, il papa raggiunse il guado di Lovadina verso mezzogiorno scortato da due compagnie di Dragoni a cavallo con le sciabole sguainate. Preceduto e seguito da varie carrozze d’autorità, prelati e procuratori pontifici, «passò la Piave su un ponte di zatte» appositamente costruito a Lovadina dal governo di Venezia, e «in mezzo ad un’enorme folla di gente, fu ossequiato dal vescovo di Ceneda Marco Zaguri. Il papa appariva un «venerando vecchio» di nobile aspetto, affabile con tutti: «vestito di bianco con la mozzetta rossa sopra il rocchetto, croce d’oro al petto, cappello rosso e zucchetto bianco, bianche pure le calze ma le scarpe rosse, listate al piede da una croce d’oro ...». Qui le Grave apparivano letteralmente una immensa marea di teste. Tra la folla emozionata ed acclamante che agitava «pezzuole» multicolori in segno di saluto, è senza dubbio presente anche il popolo di tante nostre comunità cristiane da Ponte Priula ad Orsago e Udine, guidate dai loro parroci. Negli archivi di alcune parrocchie sono conservate larghe memorie che riportano l’evento con abbondanza di particolari, incominciando da quella di Tezze di Piave, la prima toccata dal corteo papale, per non parlare di Vazzola, San Vendemiano, ecc. Tutto è poi diligentemente segnato anche nel Libro delle Parti dei Magnifici Consigli delle Città di Conegliano e di Sacile. L’archivio diocesano ne fa memoria, per la verità, in forma eccessivamente sobria, quasi telegrafica. Sulla via Ongaresca il papa proseguì verso Conegliano dove sostò circa un’ora «per mutar cavalli». Qui Giacomo Contarini, podestà e capitano di Conegliano, colse l’occasione «per complimentarlo e fargli ossequio, davanti a grande folla di popolani». Il corteo proseguì poi per Sacile dove era predisposto il riposo e la sosta notturna. È ovvio che, per quanto le cronache del tempo tacciano sul particolare, per giungere a Conegliano dovette passare per Bocca di Strada nel territorio di Santa Lucia e successivamente per Orsago, essendo diretto a Sacile e Udine prima di varcare il confine. Diverse lapidi commemorative dell’avvenimento sono ancora oggi presenti in chiese o sedi civiche lungo il percorso da Chioggia a Udine. Lo storico Marchesan, riprendendo le note del cancelliere del Comune di Conegliano Francesco Maria Malvolti (1725-1807), scrive che i coneglianesi ne conservano la memoria con questa epigrafe, murata sul perduto arco di San Sebastiano (del 1582) a Monticella (sostituito dagli attuali «piloni» dopo il 1918). Secondo il Vital, la lapide venne invece posta sull’arco di San Rocco (sec. XVII) che esisteva in Borgo Madonna: PIO VI PONT. MAX VINDOBONAM Hac TRANSUECTO IV Id. MARTIAS CONEGLIANENSES Postere MDCCLXXXII. INNOCENTE SOLIGON MUTUALITÀ Marca Solidale UNA SOCIETÀ DI SERVIZI UN IMPEGNO NEL MIGLIORARE LE CONDIZIONI DEI SOCI E CLIENTI 34 INSIEME CON FIDUCIA Come già ampiamente pubblicizzato, la Banca della Marca ha promosso nello scorso aprile, con propria iniziativa, la costituzione di una Società di mutuo soccorso denominata «Marca Solidale». Questa nuova istituzione si configura come una Società senza finalità speculative e di lucro, con un proprio bilancio e un proprio Consiglio di amministrazione; essa è giuridicamente indipendente dalla Banca della Marca, che risulta invece come Socio sostenitore. Il Consiglio di amministrazione ed il Comitato dei sindaci di «Marca Solidale» sono costitui ti da persone facenti parte delle strutture amministrative e gestionali della Banca della Marca e da Soci esterni rappresentativi del territorio di riferimento. Con questa iniziativa, la nostra Ban ca dà organica attuazione dell’articolo 2 del suo statuto dove è sancito l’impegno per il miglioramento delle condizioni dei Soci e delle comunità in cui essi risiedono. Infatti, il mutualismo affiancato all’attività bancaria si realizza nel rispondere concretamente alle esigenze dei Soci, clienti, dipendenti della Banca della Marca e alle loro famiglie, fornendo loro un valido sostegno “ MUTUALISMO E ATTIVITÀ BANCARIE PER RISOLVERE „ CONCRETAMENTE LE ESIGENZE DELLE FAMIGLIE nei momenti di difficoltà, quali la malattia o l’infortunio, nonché promuovendo l’aggregazione e la crescita culturale e sociale. La sua missione è pertanto quella di perseguire l’eccellenza nella gestione dell’erogazione dei servizi del Settore sanitario (in campo privatistico e come integrativo al Servizio sanitario nazionale), del Settore previdenziale e ricreativo, e nel dare piena soddisfazione ai propri Soci, ai collaboratori, ai dipendenti, alle istituzioni ed alla comunità del territorio in cui opera la nostra Banca. A tutt’oggi, da un primo consuntivo, già si evidenzia un ottimo e lusinghiero risultato. L’adesione a «Marca Solidale» è stata massiccia ed immediata tanto da raggiungere in tre mesi oltre mille ade sioni, grazie in gran parte all’impegno profuso dalla Direzione e da tutta la struttura operativa della Banca che non si è risparmiata nel contattare e nel coinvolgere tutta la clientela. «Marca Solidale» opera infatti usufruendo della struttura della Banca e cioè gli sportelli delle sue filiali che sono l’interfaccia principale con i Soci della nuova Società. Visti i primi notevoli risultati delle iscrizioni, il Consiglio di amministrazione di «Marca Solidale» ha potuto promuovere immediatamente iniziative che vanno oltre quelle previste formalmente dai regolamenti della Società, come i check up iniziali dell’analisi del sangue gratuiti ed integrabili e lo screening cardiologico a condizioni di estremo favore. Anche queste iniziative sono state accolte subito con notevole interesse; numerosissimi Soci hanno aderito immediatamente. Sarà nostra cura, non appena avremo concluso queste prime iniziative, promuoverne delle altre, in sintonia soprattutto con le eventuali indicazioni e richieste dei Soci e delle istituzioni. Il Consiglio di amministrazione e il Comitato dei sindaci di «Marca Solidale», la Direzione ed il Personale della Banca della Marca, sono tutti attivamente impegnati con convinzione ed entusiasmo nel promuovere e gestire le attività di questa nuova Società, ciascuno per le parti di propria competenza, assicurando un sicuro futuro di iniziative e di interessante sviluppo. È infatti nella mission di «Marca Solidale» dare piena soddisfa zione ai propri «portatori di interesse» e cioè ai propri Soci, alla Banca della Marca quale Socio sostenitore, nonché alle istituzioni ed alla comunità di pertinenza promuovendo sempre nuove iniziative coerenti con il proprio statuto sociale. ADRIANO CEOLIN Presidente di «Marca Solidale» Janna/Pn tel. 0438.993212 [email protected] La Società di Mutuo Soccorso nata per favorire i propri iscritti in ambito socio-sanitario · culturale ricreativo · turistico e di sostegno alla famiglia Possono aderire Soci, clienti, dipendenti di Banca della Marca e relativi figli minorenni. ...e tu? SOCIO S O S T E NI TOR E CHIEDI INFORMAZIONI Il regolamento di adesione e l’elenco aggiornato delle strutture e delle prestazioni è disponibile presso le filiali di Banca della Marca. Il personale è a vostra disposizione per qualsiasi chiarimento ed informazione. Io scelgo ‘solidale’