accogliere il dono della vita una proposta concreta di pastorale pre

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accogliere il dono della vita una proposta concreta di pastorale pre
1. Fase (in famiglia): accogliere il dono della vita
una proposta concreta di pastorale pre-battesimale
per aiutare le famiglie nell’accoglienza del dono della vita.
La pastorale battesimale ha come prospettiva l’iniziazione cristiana del bambino e deve tener conto delle
difficoltà che un numero crescente di genitori incontra nel comunicare la fede ai figli e nel praticarla essi
stessi in maniera viva.
Essa parte da lontano e si rivolge a genitori e padrini, spesso giovani coppie, che a volte vivono sotto
l’influenza di un mondo secolarizzato.
È, perciò, di fondamentale importanza che esse già nel cammino verso il matrimonio siano aiutate a scoprire,
attraverso la Parola, che quello che vivono a livello umano coincide con quello che Dio, nel suo immenso
amore, vuole per loro, quello a cui le ha chiamate fin dalla creazione.
Scoprire che il sacramento del matrimonio è innanzitutto per il bene dei coniugi, ma, come l’ordine sacro, è
anche destinato ad gentes (la coppia è segno e strumento dell’amore di Dio) rende la coppia consapevole
della presenza di Dio nella sua vita, ma anche dell’impegno che si assumono i coniugi innanzitutto l’uno
verso l’altro e poi verso i figli.
Spesso le giovani coppie, dopo il matrimonio, non frequentano più la Chiesa: pertanto, la nascita di un figlio,
soprattutto il primo, è un momento propizio per aiutarle a risvegliare la loro fede ed a riscoprire l’amore di
Dio fattosi uomo, morto e risorto per noi e per la nostra salvezza, nonché la chiamata di ciascuna coppia a
collaborare con Lui alla creazione del mondo non solo con la fecondità fisica, ma anche con quella spirituale.
Per gli sposi-genitori il Battesimo dei figli dovrebbe essere occasione per ravvivare la grazia che è in loro e
che li apre al servizio della vita. Essi, infatti, sono chiamati, in virtù del sacramento del matrimonio, non solo
a farla nascere, ma anche a farla crescere nella sua dimensione naturale e spirituale: ad essere padri e madri
nella carne e nello spirito, a partecipare della paternità e maternità di Dio della quale devono essere segno e
testimonianza viva e leggibile nella Chiesa e nella società e che deve allargarsi ad ogni figlio di questo
mondo.
Quanto la nostra società ha bisogno di padri e madri che nel vivere l’ordinaria quotidianità testimonino la
preziosità di ogni vita dal suo concepimento al suo termine naturale e che si adoperino perché ogni vita sia
accolta e fatta crescere fino alla maturità!
Ecco la necessità di puntare l’attenzione pastorale sulle famiglie e sugli sposi che possono costituire una
risorsa per le nostre comunità.
La prima fase di cui ci occupiamo riguarda i primi contatti con la famiglia ed il primo incontro con il parroco
e le coppie accompagnatrici.
È la famiglia a chiedere alla parrocchia il Battesimo, spesso considerandolo più un rito di passaggio che un
sacramento: da qui la necessità di accompagnarla a scoprire la verità del Sacramento.
La celebrazione del Battesimo, perciò, deve essere preceduta da alcuni incontri con il parroco e con le coppie
accompagnatrici (è fondamentale che a svolgere questo servizio siano coppie non solo perché vivono o
hanno vissuto la stessa esperienza dei genitori dei battezzandi, ma anche perché la famiglia con la sua
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presenza in parrocchia e con il suo servizio alla Chiesa è già evangelizzante, come ci ricordano alcuni
documenti della Chiesa ).
Sarebbe opportuno che il primo incontro con la famiglia avvenisse già in occasione della nascita del figlio.
Ci è piaciuto molto il suggerimento del nostro vescovo di sollecitare le famiglie a comunicare alla parrocchia
la nascita del proprio bambino, affinché l’annuncio venga dato a tutta la comunità, facendo suonare le
campane a festa, affinché tutta la comunità possa condividere con i genitori la gioia che nasce dall’accogliere
la vita di un nuovo fratello o una nuova sorella, segno dell’amore di Dio.
Il parroco con le coppie incaricate di accompagnare genitori e padrini al Battesimo, potrebbe incontrare la
famiglia in famiglia proponendo un momento di preghiera, eventualmente con il salmo 128, per ringraziare
insieme Dio del dono ricevuto gratuitamente e non scontato, che arricchisce la loro famiglia, ma anche tutta
la comunità.
In questa occasione si potrebbe sottolineare che Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza e lo ha
chiamato alla fecondità procreativa, come partecipazione alla sua azione creatrice, ma anche ad una
fecondità che va oltre quella fisica (lavorare, dominando la terra e gli animali ed allo stesso tempo
prendendosene cura e servendoli): Dio ha affidato all’uomo l’intero creato di cui deve sentirsi ed essere
responsabile (Genesi 1, 26-31).
Ciò è vero per ogni cristiano, ma i genitori, che sono stati chiamati anche ad essere collaboratori di Dio nel
dare la vita ai figli, devono sentirne tutta la responsabilità.
Non dimenticando che ogni fecondità viene da Dio; è suo dono gratuito, e che noi genitori siamo solo un
tramite, il mezzo di trasmissione del dono, tuttavia siamo solo noi, nella nostra condizione di creature gli
strumenti attraverso cui fecondità e vita possono essere trasmesse.
La procreazione, quindi, va oltre la semplice generazione biologica, apre a nuove generosità, ad un senso di
responsabilità verso i figli e la loro vita; si completa infatti con la loro educazione e formazione.
La fecondità spirituale presuppone una scelta sempre nuova per la vita e apre la famiglia all’amore gratuito
verso ogni uomo.
In questa occasione si potrebbe consegnare alla famiglia un sussidio
 con la preghiera di benedizione dei bambini,
 le date del Battesimo,
 il ruolo dei padrini che non devono essere scelti solo perché amici o parenti, ma tenendo conto dei
requisiti e dei compiti loro propri,
 un brano biblico con spunti per la riflessione personale ed in famiglia.
Sarebbe opportuno anche anticipare che
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il Battesimo non è un rito magico, ma un sacramento istituito da Cristo,
che presupposto per riceverlo è aderire al suo Vangelo,
che i genitori ed i padrini sono chiamati ad assumersi la responsabilità di aver cura della Grazia
donata, divenendo per il bambino annunciatori e testimoni del Vangelo,
nonché la promessa di Cristo ad essere sempre con noi.
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2. Fase (in parrocchia): La richiesta del Battesimo, l’accoglienza della famiglia nel
gruppo dei catecumeni e la celebrazione del Battesimo nella comunità
“ Ti abbiamo cullato nei nostri sogni
E prima ancora nelle nostre parole d’amore
Pronunciate sottovoce pensando a te.
Eccoti ora tra le nostre braccia.
Ci guardi dalla profondità del Mistero
Con la forza e l’innocenza della Vita…
E al Dio della vita sussurriamo
La nostra gratitudine che sale al cielo.”
(M.Milani)
Ogni parrocchia cerca di fare del suo meglio per l’evangelizzazione delle famiglie, ma non è certo che tanto
lavoro abbia buon esito e questo non può essere misurato solo in base al numero delle persone che
partecipano alle varie iniziative: ogni risultato è nelle mani del Signore.
La sfida chiesta alle parrocchie è quella di riuscire ad intrecciarsi alla vita delle famiglie del nostro tempo per
averne cura e farle crescere come luogo dove si impara a vivere seguendo Gesù, per ricevere un annuncio di
fede e trovare una forma possibile di partecipazione ecclesiale. La cura per le famiglie con i bambini piccoli
pone una forte domanda di attenzione per nuovi percorsi di evangelizzazione, e richiede una riflessione per la
prassi pastorale.
La proposta che ci accingiamo a presentarvi è quella di formare un’équipe di operatori Battesimali preparata
ad accogliere e seguire le famiglie che chiedono il Battesimo e non tanto di mettere a disposizione delle
schede da utilizzare in famiglia (per cui esistono qualificate pubblicazioni che vi illustreremo oggi nella fase
successiva), ma soprattutto per essere aiutati a gustare un servizio che è per la comunità, ma si rivela
alimento della propria fede e occasione di crescita personale.
Per prendersi cura delle famiglie possiamo fissare tre punti di riflessione o di lettura della realtà:
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1. Con il Battesimo è certo che ogni bambino possiede una misteriosa capacità di rapportarsi a Dio
che va accresciuta ed esplicitata da una comunicazione positiva attraverso gesti di bontà degli adulti.
Purtroppo la maggior parte delle famiglie, comprese quelle che chiedono il battesimo per i figli, non
ha sufficienti conoscenze religiose né sagacia per rispondere alla sfida educativa per la fede dei
bambini.
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2. La prassi pastorale è carente di educazione religiosa nel tempo dell’infanzia come è stato rilevato
dai catechisti dell’I.C. che notano questo vuoto quando i bambini arrivano alla catechesi. Anche se è
vero che il vissuto cristiano dei piccoli è affidato in modo automatico alla coppia genitoriale non
possiamo escludere l’apporto significativo delle agenzie educative, dei nonni, dei padrini e madrine e
soprattutto della comunità cristiana che attraverso le celebrazioni dovrebbe dare spazio alla
partecipazione educativa dei piccoli.
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3. E’ necessaria una cura pastorale nuova per le famiglie che si avvicinano alla chiesa con il
desiderio di proteggere i loro bambini attraverso una “potenza come dio”, ma rivela anche una
domanda latente e personale sul senso della vita, della relazione e della fatica di vivere.
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Per far sì che le proposte della comunità parrocchiale non siano recepite come estranee e lontane dal vissuto
quotidiano delle famiglie è necessaria una meditazione per comprendere gli impedimenti che vi sono per i
genitori e i bambini nell’intraprendere un cammino alla sequela di Gesù e cercare di dare delle risposte
autentiche e di sostegno alle famiglie, ovvero: aiutare le coppie a superare i primi tempi con il figlio,
insegnare a leggere la realtà positiva del quotidiano per scoprire i segni della risurrezione, presentare il
Vangelo come la buona notizia che porta speranza e gioia.
La comunità dunque annuncia con forza e coraggio la morte e risurrezione di Cristo con un linguaggio chiaro
e semplice anche nelle celebrazioni liturgiche.
La proposta di itinerario che vi offriamo comporta un coinvolgimento attivo di tutti i soggetti per imparare
ad “ascoltare” alla luce del Vangelo.
E’ decisivo quindi il tempo investito sull’équipe degli operatori battesimali, che è il primo destinatario della
formazione utile ad acquisire gli strumenti per condurre a loro volta il cammino di fede di altre famiglie.
Durante il cammino di formazione l’équipe viene chiamata ad incontrare le famiglie in vari momenti che
possiamo suddividere in sei tappe:
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1. Accoglienza: Il sacerdote riceve la richiesta del battesimo dalla famiglia e per primo la accetta e la
conosce, poi la mette in contatto con l’èquipe. Il sacerdote introduce il cammino di preparazione al
sacramento, concorda con i genitori la data del battesimo (almeno un mese dopo la richiesta) e
propone gli incontri nelle case o in parrocchia.
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2. Presentazione alla Comunità e accoglienza della famiglia nel gruppo dei catecumeni: per vivere
con la comunità questi momenti, abbiamo inserito in cartella il materiale preparato in collaborazione
con l’Ufficio Liturgico per la celebrazione Eucaristica.
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3. Incontro con la famiglia (nelle case o in parrocchia) : Favorendo sempre la disponibilità delle
famiglie circa i luoghi e gli orari, si inizia mettendo particolare attenzione all’esperienza dell’ascolto
e dell’accoglienza avendo come riferimento i temi da trattare (i genitori/creatori; i figli ci parlano di
Dio; il nome del bambino). Si può pensare anche ad un gesto concreto come quello di consegnare
una preghiera.
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4. Incontro con la famiglia e i padrini/madrine (nelle case o in parrocchia): Si invitano i padrini e le
madrine. L’obiettivo è quello di esprimere le ragioni della scelta del sacramento e introdurre
chiaramente il suo valore religioso. Come gesto concreto si può pensare alla consegna di un testo
ricco quale “Lasciate che i bambini vengano a me”.
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5. In chiesa: Preparazione del rito. Il sacerdote invita i genitori e i padrini in parrocchia per spiegare
i simboli della liturgia del Battesimo. Si potrebbe consegnare un libretto semplice con disegni e
spiegazioni utili sia ai genitori che agli eventuali fratelli.
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6. La celebrazione del Battesimo nella comunità: la celebrazione del Battesimo nella Chiesa parla
con segni e gesti prima che con le parole, rivelandosi così un discorso universale che richiede però di
essere gustato passo passo. Parliamo quindi di far emergere la dimensione ecclesiale dai segni
celebrativi e di ridare carattere alla celebrazione, ai segni e ai momenti che la precedono e la
seguono; tonalità festosa dove l’appartenere non sia avvertito come un obbligo, ma come una scelta
qualificante e gratificante, anche se impegnativa. Impegno che si proietta sugli stili e nelle scelte di
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vita improntate alla novità del Vangelo. Anche per la celebrazione Eucaristica del sacramento del
Battesimo vi proponiamo in cartella il materiale preparato in collaborazione con l’Ufficio Liturgico.
Per realizzare questo percorso è necessario come sta avvenendo in molte parrocchie italiane, muoversi
nell’ottica di creare una nuova mentalità che sostenga la necessità di un cammino preparatorio al sacramento.
La meta ideale di una proposta diocesana è che sia la comunità stessa ad accogliere, accompagnare e
sostenere chi bussa alla sua porta.
Appendice – (a cura dell’Ufficio Liturgico Diocesano)
BATTESIMO DURANTE
LA MESSA DOMENICALE
Proposta di celebrazione secondo lo stile catecumenale
stimolata dal II Piano Pastorale Diocesano
“Dio non fa preferenza di persone” (At 10, 34)
• Il «Rito del Battesimo dei bambini» in lingua italiana del 1970 presenta il seguente schema da adottare
nella celebrazione domenicale dell’Eucaristia:
169. RITI DI ACCOGLIENZA
I riti di accoglienza si svolgono regolarmente prima della Messa, e sostituiscono il saluto iniziale e l’atto
penitenziale, che quindi si omettono.
170. LITURGIA DELLA PAROLA
a) Le letture sono quelle della domenica corrente. In casi particolari, si possono scegliere tra quelle proposte
per il Battesimo. (In settimana è sempre possibile scegliere le letture dal Lezionario del Battesimo).
b) L’omelia si tiene sul testo sacro, senza omettere però il riferimento alla celebrazione del Battesimo.
c) Non si recita il Credo: lo sostituisce la professione di fede di tutta l’assemblea prima del Battesimo.
d) La preghiera dei fedeli è scelta tra i formulari proposti nel rito del Battesimo (nn. 50-53, o 98-101). Prima
però della breve litania che la conclude, vi si aggiunge una intenzione per la Chiesa universale e per le
necessità del mondo. Quindi il celebrante dice l’orazione di esorcismo (n. 56 o 104) e fa l’unzione con l’olio
dei catecumeni (n. 57 o 105).
171. CELEBRAZIONE DEL SACRAMENTO
Tutto si svolge regolarmente come previsto nel rito, dalla benedizione dell’acqua prima del Battesimo ai vari
riti post-battesimali (nn. 60-74, o 108-121).
La Messa continua poi con la liturgia eucaristica, come di consueto.
172. RITI DI CONCLUSIONE
Non si fa la monizione finale, né si ripete la recita del Padre nostro. In luogo della benedizione finale della
Messa, il sacerdote può usare una delle formule proposte nel rituale del Battesimo (nn. 78-79, o 125-126).
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• Per meglio significare il cammino catecumenale si è pensato di proporre la celebrazione del rito in due
momenti sempre da viversi nell’Eucarestia domenicale:
- Il primo momento prevederà la celebrazione dei riti di accoglienza che daranno anche inizio alla
preparazione catechetica in vista del completamento di tutto il RITO e che coinvolgerà non solo il piccolo
catecumeno, i genitori, il padrino e la madrina, ma tutta la Comunità ecclesiale.
- Il secondo momento prevederà la celebrazione delle altre parti del RITO e l’avvio del percorso mistagogico
con percorsi di pastorale postbattesimale per le fasce di età 0-3 anni e 4-6 anni.
• Alcune proposte per i RITI DI ACCOGLIENZA1:
RITO PER IL BATTESIMO DI PIÙ BAMBINI
RITI DI ACCOGLIENZA
36. Il celebrante rivolge un saluto ai presenti, specialmente ai genitori e ai padrini, e accenna brevemente
alla gioia con cui i genitori hanno accolto i loro bimbi come un dono di Dio: è lui, fonte della vita, che nel
Battesimo vuole comunicare la sua vita stessa.
- È bene che il celebrante nel rivolgere il saluto a tutti i presenti spieghi anche che si tratta dell’inizio del
percorso catecumenale dei bambini e che la Comunità ecclesiale tutta è impegnata, ognuno per la sua parte,
ad accompagnarli nel percorso.
Nel rivolgere questo primo saluto, il celebrante tenga conto di eventuali situazioni familiari particolarmente
delicate.
DIALOGO CON I GENITORI E I PADRINI
37. Il celebrante domanda anzitutto ai genitori di ogni bambino:
Celebrante:
Che nome date al vostro bambino?
Genitori:
N. …
Celebrante:
Per N. che cosa chiedete alla Chiesa di Dio?
Genitori:
Il Battesimo.
Nel dialogo, il celebrante può usare altre espressioni. Nella seconda risposta, i genitori possono esprimersi
con altre parole, come ad esempio: La fede, oppure La grazia di Cristo, o La vita eterna.
Se i battezzandi sono molti, il celebrante può rivolgere le due domande a tutti i genitori insieme.
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Per praticità prenderemo in esame solo i riti di accoglienza del «Rito per il Battesimo di più bambini».
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Alla prima, sul nome, le singole famiglie rispondono in ordine successivo; alla seconda rispondono tutte
insieme.
Celebrante:
Che nome date al vostro bambino?
Genitori:
N. … N. …
Celebrante:
Per i vostri bambini che cosa chiedete alla Chiesa di Dio?
Tutti:
Il Battesimo.
- Si invita a prendere in considerazione anche le altre risposte proposte dal rito (La fede, La grazia di
Cristo, La vita eterna) e di curare il dialogo con i genitori in modo da coinvolgere tutta l’assemblea
celebrante ampliando, ad esempio, la seconda domanda in questo modo: Per i vostri bambini che cosa
chiedete alla Chiesa di Dio presente anche in questa Comunità parrocchiale e oggi nell’assemblea qui
radunata per celebrare il Giorno del Signore?.
38. Il celebrante si rivolge ai genitori con queste parole o con altre simili:
Celebrante:
Cari genitori,
chiedendo il Battesimo per i vostri figli,
voi vi impegnate a educarli nella fede,
perché, nell’osservanza dei comandamenti,
imparino ad amare Dio e il prossimo,
come Cristo ci ha insegnato.
Siete consapevoli di questa responsabilità?
Genitori:
Sì.
Questa risposta è data dalle singole famiglie. Se i battezzandi sono molti, la risposta può essere data da tutte
le famiglie insieme.
39. Rivolgendo la parola ai padrini, il celebrante, con queste espressioni o con altre simili, domanda:
Celebrante:
E voi, padrini e madrine,
siete disposti ad aiutare i genitori
in questo compito così importante?
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Padrini:
Sì.
SEGNO DI CROCE SULLA FRONTE DEI BAMBINI
40. Il celebrante prosegue:
N. e N. (Cari bambini),
con grande gioia
la nostra comunità cristiana vi accoglie.
In suo nome io vi segno con il segno della croce.
E dopo di me anche voi, genitori (e padrini),
farete sul vostro bambino il segno di Cristo Salvatore.
E, senza nulla dire, traccia sulla fronte di ogni bambino il segno di croce. Quindi invita i genitori, ed
eventualmente i padrini, a ripetere il suo gesto.
- Al segno di croce sulla fronte dei bambini potrebbero aggiungersi anche alcuni catechisti-accompagnatori
o qualche membro dell’equipe parrocchiale degli operatori di pastorale battesimale oppure alcuni fedeli che
sono in assemblea come ad esempio i padri di Battesimo dei genitori.
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3. Fase (in famiglia): Lo strumento della scheda biblica per la preghiera e la
catechesi in famiglia
Nell’itinerario di preparazione al Battesimo, lo strumento della scheda biblica per la preghiera e la catechesi
in famiglia, rappresenta una modalità di evangelizzazione diretta e concreta.
Questo strumento si propone di aiutare i genitori che chiedono il Battesimo per i loro figli, a scoprire, che la
storia della loro famiglia è già una storia abitata da Dio.
Si diversifica per fasce d’età:

Un 1° livello rivolto a coloro che abbiano figli in età compresa da 0 a 3 anni è finalizzato alla
preparazione del Battesimo e al successivo cammino di riscoperta della personale vocazione
battesimale;

un 2° livello che copre la fascia d’età compresa da 3 a 6 anni per agevolare la catechesi in famiglia .
Il 1° livello si propone un approfondimento comunitario della Parola.
Questa modalità di catechesi prevede una serie di incontri, ben distribuiti nel tempo, da tenersi in famiglia
o in parrocchia, coadiuvati dai catechisti battesimali e dal parroco, durante i quali si darà lettura di un brano
biblico legato al Battesimo. Gli incontri aiuteranno i genitori a percepire come questo Sacramento
rappresenti un’occasione importante per ritornare individualmente o come coppia ai contenuti fondamentali
della fede.
Avere un figlio o una figlia è un dono di Dio, ma anche responsabilità, compito e impegno esigente perché
regalo immeritato. Sostando sul messaggio contenuto nel brano biblico e sulle conseguenze che esso ha per
la vita, si aiuterà la coppia a prendere familiarità con le impressioni ed i sentimenti che la Parola di Dio
evoca partendo dall’ascolto. Obiettivo sarà quello di costituire una vera “Chiesa domestica” dove
l’esperienza di Dio e la preghiera non sono un fatto privato ma un’opportunità da condividere con tutti i
membri della famiglia, anche se ancora piccoli. Particolare attenzione è posta alla formazione e alla
preghiera della famiglia. Una formazione che avviene non astrattamente, ma trasformando in orazione il
momento esistenziale ed ecclesiale che la famiglia sta vivendo.
Andando al metodo queste le fasi che scandiscono ogni incontro
 L’introduzione del brano biblico,
 la preghiera,
 la lettura,
 la contestualizzazione,
 l’analisi interpretativa,
 l’attualizzazione.
L’introduzione del brano biblico esplicita il senso della scheda per il catechista battesimale; la preghiera, che
può essere anche spontanea, favorisce l’incontro col Signore; la lettura ad alta voce del brano può essere
accompagnata a cenni più narrativi del testo biblico o alla sottolineatura di qualche espressione o dimensione
importante del passo;
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la contestualizzazione relaziona il testo all’ambiente storico dell’epoca per una migliore comprensione del
brano, l’analisi interpretativa aiuta a comprendere il messaggio contenuto nel brano letto, l’attualizzazione
cala nel vissuto della famiglia la Parola ascoltata.
Tutte queste fasi devono essere svolte sobriamente dal catechista che adatterà la scheda biblica al contesto e
ai partecipanti, favorendone le reazioni più spontanee o le risonanze più profonde e presentandosi non come
maestro bensì come testimone.
Protagonista sarà la Parola, con tutta la sua forza, bellezza e capacità persuasiva.
La scheda biblica presentata in parrocchia e successivamente donata alla famiglia le darà l’opportunità di
una ri-lettura e preghiera personale.
Ma vediamo come è fatta una scheda biblica:
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Il 2° itinerario è rivolto ai genitori che in forza del Battesimo ricevuto dal loro figlio si impegnano
personalmente a continuare ad approfondire la storia della salvezza.
Questa modalità suggerisce stimolanti interazioni educative di natura religiosa e culturale, tra genitori e figli,
in ambito domestico.
E’ la famiglia stessa che si auto-educa nella fede, si interroga e riflette sulla Parola di Dio affinché possa
incidere efficacemente nella vita di fede quotidiana sia sul versante della coppia – che si rimodella
continuamente nella sua identità ed operatività - che sul versante del figlio – che cresce positivamente sotto
ogni aspetto.
Lo strumento di riferimento rimane il Catechismo della CEI, Lasciate che i bambini vengano a me, ma per
facilitare il compito dei genitori (e dei nonni) si è pensato di ricorrere non ad una scheda biblica che riporti il
testo integralmente, ma ad una scheda narrativa semplificata, a mò di racconto, corredata da una serie di
domande o attività creative che consentano la riflessione e l’appropriazione del brano biblico.
Perché il ricorso alla narrazione? Perché essa esercita un incanto suggestivo nel bambino, la storia è fonte di
fascino, può tenerlo incollato alla voce dell’adulto ore ed ore perché << vi >> agisce. Il narrare istituisce e
consolida un rapporto, un rapporto circolare dove il narratore non è indifferente ai suoi ascoltatori, l’uno è
per l’altro e viceversa.
Non dimentichiamo che il metodo narrativo era quello preferito da Gesù nelle parabole.
Intorno ai 5 anni del bambino è auspicabile l’istituzionalizzazione di un periodo di catechesi che coinvolga le
famiglie, propedeutico al catechismo canonico di preparazione ai sacramenti.
Per meglio capire, diamo lettura di una scheda narrativa :
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Per qualsiasi approfondimento si può far riferimento ai seguenti testi :
 Antonio Facchinetti, Giuseppe Nevi e Daniele Piazzi , Il suo battesimo richiesta, preparazione e
celebrazione ,EDB Bologna 2009
 Antonio Facchinetti, Giuseppe Nevi, Dopo il suo battesimo ,EDB Bologna 2008
 Antonio Facchinetti, Giuseppe Nevi, In forza del suo battesimo , EDB Bologna 2009
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4. Fase (in parrocchia): la mistagogia per comprendere il dono del Battesimo del
proprio figlio e risvegliare la vocazione battesimale degli adulti
Il termine “mistagogia” proviene dal greco “mistagogìa”, a sua volta derivante dal verbo myéò che significa
insegnare una dottrina o iniziare ai misteri. Infatti coloro che venivano inseriti ( =ago) nella piena
comprensione del significato dei tre sacramenti della IC, venivano definiti mystai. Essa, inoltre, sta ad
indicare la quarta tappa, o fase, del cammino di iniziazione cristiana che il neofita sperimenta dopo aver
ricevuto i sacramenti. Questo è il periodo in cui tutta la comunità accompagna, sorregge e conduce il
discepolo all’approfondimento del significato dei misteri vissuti, all’ascolto attento della Parola, alla
comprensione della celebrazione dell’Eucaristia e alla testimonianza della carità nella ferialità della vita.
Si tratta, pertanto, di una vera e propria catechesi esperienziale che permette di penetrare il mistero e di
scoprirne tutta la ricchezza. Il Rica, al n° 38, recita: « I neofiti sono stati rinnovati interiormente, più
intimamente hanno gustato la buona parola di Dio, sono entrati in comunione con lo Spirito Santo e hanno
scoperto quanto è buono il Signore. Da questa esperienza, propria del cristiano e consolidata dalla pratica
della vita, essi attingono un nuovo senso della fede, della Chiesa, del mondo. ».
Durante i riti battesimali della Veglia di Pasqua, i neo battezzati vengono rigenerati a nuova vita.
Quest’ultima si caratterizza per il desiderio permanente, da parte del battezzato, di addentrarsi sempre di più
nel mistero di Cristo, della Sua morte e risurrezione. Gradualmente il neofita sviluppa una sensibilità tesa
alla continua e progressiva trasformazione della propria vita. La natura dinamica espressa dall’esperienza
pasquale conduce il discepolo ad approfondire i legami con la SS. Trinità e i fratelli. La luminosità della fede
viene ripetutamente alimentata attingendo direttamente alla sorgente che è Cristo morto e risorto, fonte di
vita, di identità e di conversione.
I sacramenti hanno origine nella liturgia di Pasqua. Attraverso il percorso mistagogico è possibile riscoprire
la dimensione battesimale, attuandone tutte le potenzialità nella vita quotidiana. Quest’ultima, vissuta in
pienezza, conduce il discepolo a conoscere se stesso secondo il progetto divino, perseguendo la finalità di
guidarlo a vedere, vivere e amare il reale così come lo vede, lo vive e lo ama Gesù stesso. Qualora il
sacramento celebrato non avesse tali riflessi, il discepolo non sarebbe aiutato a sviluppare in sé la
consapevolezza del suo essere figlio di Dio e a raggiungere la maturità di fede.
Responsabile della crescita spirituale del neofita (= nuova pianta) è la comunità. Essa è chiamata ad
accogliere questo suo nuovo figlio, a condividere con lei l’esperienza di fede, che non può racchiudersi in un
passaggio esclusivamente individualistico e intimistico. La comunità, pertanto, genera e accoglie il neo
battezzato, e, allo stesso tempo, essa stessa è generata e rinnovata nella Pasqua e nella Pentecoste.
Il legame imprescindibile tra il neofita e la comunità trova la sua origine nell’azione specifica dello Spirito
Santo. Egli è presente come soffio vitale tra le pieghe della vita del fedele. Agisce costantemente in maniera
da stimolare le scelte del cristiano, proiettandolo verso l’orizzonte di Dio. Il cristiano comprende che le
opzioni effettuate vengono perseguite in un’ottica escatologica e verso la gioia senza fine.
IL METODO MISTAGOGICO NEI PADRI DELLA CHIESA
La Teologia che è alla base delle catechesi mistagogiche è la cosiddetta Tipologia. Esempi mirabili di
catechesi mistagogiche sono le catechesi in stile omiletico, tenute dai Padri della Chiesa fino al IV sec. dC. I
principi teologici, lo stile narrativo e i contenuti biblici offrono, ancora oggi, al neofita dei nostri tempi, una
formazione adeguata che lo introduca nel mistero di Cristo. L’uso della tipologia è alla base dei testi
mistagogici patristici. La scuola di Antiochia e la scuola di Alessandria si contendono il primato per la
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bellezza e per l’efficacia dei temi trattati nelle catechesi. I vari esponenti furono Teodoro che prediligeva il
metodo allegorico; Cirillo di Gerusalemme che utilizzava un metodo del tutto personale; mentre Giovanni
Crisostomo inserisce il tema morale al centro delle sue omelie. In base ai contenuti Ambrogio sovrappone
l’Antico e il Nuovo Testamento, dando un’unica prospettiva liturgica tra realismo ed efficacia sacramentale.
Di contro Cirillo, invece, differenzia i due Testamenti, senza confondere il sacramento con la realtà salvifica.
Il metodo del commento mistagogico dei riti dell’IC, viene riassunto in cinque tappe o livelli, tutte collegate
l’una alle altre.
La prima tappa inizia con l’omileta che descrive il rito, il gesto o l’azione di cui si vuole esplicitare il
significato. Durante la seconda tappa del rito si risale al riferimento biblico che richiama l’evento di salvezza
compiuto da Dio. Ci si immerge totalmente nell’evento di salvezza che può essere attinto dal Vecchio o
Nuovo Testamento. La terza tappa ci vede risalire dall’evento di salvezza, cioè si cerca di comprenderlo più
chiaramente facendosi aiutare da ulteriori passi biblici, che consentono di passare dal rito all’evento. La
tappa successiva permette di passare da tutto ciò che è stato descritto nella Scrittura e dall’evento di salvezza
all’applicazione al rito. Ovvero il rito viene arricchito dal passo biblico, dal contenuto, dall’evento e dal
contenuto teologico. La liturgia viene interpretata alla luce della Parola che reca con sé gli eventi di salvezza.
L’ultima fase non è altro che la sintesi delle tappe precedenti. Questa sintesi viene espressa mediante la
terminologia della sacramentalità. Si riassume in un unico termine la risalita all’evento ( narrata nelle
Scritture ) e la ridiscesa al rito. La terminologia della sacramentalità ha per oggetto sia gli elementi presenti
nella celebrazione, sia la celebrazione per intero. I termini mistero, figura, sacramento, immagine, non hanno
origine dalla sacramentalità, ma sono importati dall’ermeneutica biblica, o tipologia biblica, e indicano la
relazione tra rito ed evento.
IL METODO E ATTUALITA’ DELLA MISTAGOGIA - IL METODO
L’applicazione pratica dei principi metodologici testé espressi, vengono di seguito sintetizzati in otto punti
salienti. Essi rappresentano indicazioni e suggerimenti semplici e fattibili per la pastorale delle nostre
parrocchie.

Priorità della evangelizzazione e della fede. Sono due le fonti a cui attingere per illustrare in breve il
tema: la Sacrosantum Concilium, al numero 9, e la Lettera ai Romani di Paolo. Entrambe affermano
che « prima di accostarsi alla fede gli uomini devono sentirsi interpellati da essa ». Quindi, prima
conoscenza di Dio, poi adesione alla fede. Quest’ultima trae nutrimento dall’ascolto della Parola e
dalla Celebrazione del Mistero pasquale di Cristo.
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L’esperienza del sacramento ricevuto rende possibile e facilita la conoscenza del mistero di Cristo.
Gli scritti di Sant’Ambrogio e l’icona di Emmaus ci aiutano nella comprensione. Il Santo di Milano
afferma che: « una volta rinnovati per mezzo del Battesimo, possiate condurre il genere di vita che
conviene a coloro che sono stati purificati ». Pertanto, il catechista aiuta il neobattezzato a fissare lo
sguardo sul Mistero e lo Spirito Santo, ispiratore e maestro per eccellenza, opera nel suo cuore.
Inoltre, come ai discepoli di Emmaus, dapprima « stolti e lenti di cuore », così ai neofiti si « aprirono
gli occhi alla frazione del pane e lo riconobbero ». Di conseguenza, le parole ascoltate e la mensa
condivisa permettono di gustare la Presenza viva del Signore.

Il contributo di una comunità vera. La Comunità diocesana, il Vescovo, la Comunità parrocchiale
sono responsabili della crescita spirituale dell’iniziato. Sant’Agostino ci ricorda che: « E’ tutta la
Chiesa dei santi che agisce, poiché essa tutta genera tutti e ciascuno ».

Una iniziazione integrale. La maturità di fede del nuovo discepolo può avvenire soltanto se c’è
armonia tra ortodossia e ortoprassi. Cioè la formazione biblica, che culmina nella partecipazione alla
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liturgia, se non applicata alla vita reale, rimane pura e sterile catechesi concettuale e moraleggiante.
Perciò, si prediliga una catechesi esperienziale, in cui il soggetto sperimenti in sé l’oggi della
salvezza, sia toccato nella sua storia personale.

Maturazione per gradi e globalità di esperienze. La maturità di fede è un percorso graduale, fatto di
momenti legati intimamente ad esperienze forti e scandito dalle tappe dell’Anno Liturgico. La
catechesi, quindi, non sia teorica, non sia mero indottrinamento, ma vi sia sinergia tra le dimensioni
dell’ascolto, della pratica della preghiera, degli scrutini, dell’esercizio della carità. Il metodo
mistagogico propone una catechesi basata su segni tangibili da vivere: rapporti diretti con la
Comunità, testimonianza di vita.

Nel contesto celebrativo dell’Anno Liturgico . Si richiama, a tal proposito, l’insegnamento di S.
Giovanni Crisostomo. Egli afferma che: « la determinazione temporale ha qualcosa di misterioso ».
Anche nel nostro primo Piano pastorale “Nel giorno dopo il sabato…”, si afferma che l’Anno
Liturgico ruota intorno all’evento pasquale, esso è inteso come “pasqualizzazione del tempo”.

La celebrazione liturgica è una preziosa catechesi in atto. Tutte le umane dimensioni sensoriali
vengono sollecitate nella Liturgia. Lo spirito, la vista, la parola, i vari movimenti del corpo, la gioia,
il senso della festa, la comunione “con ciò che non si vede” sono i fattori che conducono i credenti
ad una partecipazione attiva e consapevole, rendendoli protagonisti e non spettatori passivi.

Esprimere nella vita quanto si è ricevuto mediante la fede. L’Iniziazione Cristiana deve permettere
al discepolo la rinascita alla vita nuova. S. Giovanni Crisostomo, nei suoi scritti, ci ricorda che: «
noi che abbiamo rivestito il Cristo e siamo ritenuti degni di averlo come ospite, potremo con la
perfezione della vita, anche tacendo, mostrare a tutti la potenza di colui che abita in noi ».
L’ATTUALITA’
I nuovi contesti culturali, ampiamente analizzati e decriptati in tante occasioni di confronto, anche nella
nostra realtà diocesana, ci obbligano a rivedere tutta la nostra pastorale. La rassegnazione e il poco coraggio
che trasudano dai nostri cammini, devono lasciare spazio ad un rinnovato slancio missionario. Recuperando i
fondamenti della fede cristiana è possibile dare vita nuova anche al nostro modo di comunicare all’uomo del
nostro tempo la bellezza del messaggio evangelico.
messaggio evangelico. Il metodo mistagogico si propone due obiettivi recuperare:
1) Il senso del mistero. I documenti riguardanti il Sinodo dei Vescovi del 1990, richiamano al concetto
di “Educare al mistero”. Tra le diverse considerazioni, si afferma, inoltre, che nella nostra società
fortemente scolarizzata, in cui il Cristo viene completamente ignorato, è necessario ripartire dai
principi fondamentali della fede e della preghiera: l’eucaristia quotidiana, la lectio divina, la
direzione spirituale. Ci si interroga anche se la vita dei presbiteri, dei religiosi, dei laici e il modo di
celebrare la Liturgia sono espressione del senso del Mistero. Si riflette, quindi, sulla coerenza di vita
di coloro che annunciano il Vangelo e cioè sulla correlazione tra fede e vita da parte di coloro che ne
hanno la responsabilità.
2) Le dimensioni dell’ascolto, della fede e dell’amore. La mistagogìa, attraverso i segni, abilita ad una
nuova capacità visiva, cioè riconoscere in quello che si vive e si fa durante la celebrazione liturgica,
l’oggi della salvezza. Una catechesi basata sui segni liturgici, pertanto, porta ad un’esplorazione
profonda dell’universo della fede, dando il primato alla vita più che ai concetti.
La mistagogìa comporta uno stile nuovo di celebrare:
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 Evitare di compiere riti, si deve celebrare una Persona.
 Servire Dio e il popolo con umiltà. Gli atteggiamenti e i comportamenti adottati nel proclamare la
Parola riconducano alla presenza viva di Cristo.
 Liberare le feste liturgiche dall’episodico e dal sensazionalismo. Si vivano nella pienezza dell’evento
pasquale del Signore morto e risorto; si renda comprensibile il compimento delle promesse di Dio
attuato nell’oggi della salvezza, attraverso l’opera di Cristo per noi.
 Educare i fedeli alla sequela di Cristo, mediante un percorso graduale, circolare e ciclico,
valorizzando la ricchezza dell’Anno Liturgico.
 Celebrare le feste come momenti favorevoli alla crescita spirituale di tutti, e non considerare le
stesse come semplici iniziative pastorali. Esse, invece, si pensino come continue occasioni offerte
dal Signore per la nostra redenzione.
Tutto ciò innanzi descritto può essere riepilogato nella metodologia catechistica di Sant’Agostino, il quale
dichiara che il fine ultimo della catechesi è la “charitas”: « chi ti ascolta, ascoltando creda, credendo speri,
sperando ami ».
I SIMBOLI DELLA PASQUA
Il Tempo di Pasqua si colloca liturgicamente tra la domenica di Resurrezione e la Pentecoste. Il Tempo di
Pasqua è anche tempo dello Spirito Santo. Per i catecumeni la Veglia di Pasqua segna l’inizio della
mistagogia. Per tutti gli altri rappresenta l’occasione per la riscoperta del proprio Battesimo e tempo di
conversione. L’uomo credente è un “rinnovato” che sempre si rinnova; dalla Risurrezione di Cristo Egli
trova slancio ed entusiasmo. La liturgia pasquale si trasforma in esperienza vitale, passando dal mistero di
Cristo alla nostra realtà quotidiana. Questo passaggio si verifica attraverso una esplicitazione e una revisione
dei segni, declinandone il significato alla nostra dimensione umana.
In nostro soccorso viene il RdC che detta i criteri da seguire affinché i segni riflettano l’essenza del
significato. I segni devono: a) lasciar trasparire la realtà divina che in essi si esprime; b) tradurre e attuare la
gloria divina per l’uomo; c) comunicare la verità di salvezza che evocano, senza fermarsi al simbolismo; d)
rendere possibile il passaggio dai segni visibili agli invisibili misteri; 5) evitare il duplice rischio di parlare
dei segni senza riferimento al mistero e di presentare il mistero senza riferimento ai segni.
IL FUOCO.
L’accensione del fuoco è il primo momento vissuto dalla comunità durante la notte di Pasqua. Essa si scopre
convocata intorno al simbolo del calore, della luce che rischiara le tenebre, della fiamma che crea intimità.
Da questo “fuoco nuovo” ogni fedele riceverà la luce che illumina, abbellisce e riscalda. Il fuoco è simbolo
di Cristo che offre il Suo Corpo in sacrificio e del potere santificante di Dio.
IL CERO PASQUALE.
La Veglia di Pasqua è un vero e proprio alternarsi di luce e di tenebre. Il popolo di Dio entra in Chiesa al
buio, in attesa che dal fuoco nuovo rinasca la sorgente della luce. Il cero nuovo, prodotto con la cera delle
api, rappresenta Cristo luce del mondo. Colui che rischiara la vita ottenebrata dal peccato. Sul cero vengono
impressi i simboli del Tempo, l’Alfa e l’Omega, Gesù Signore della Storia e del Tempo. I grani di incenso
rievocano le cinque piaghe riportate da Gesù durante la Crocifissione. Viene introdotto processionalmente in
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Chiesa e tutti i presenti, con le candele, attingono da lui la vera Luce. Il cero viene acceso sempre durante le
celebrazioni del Tempo di Pasqua, e ogniqualvolta si debba sottolineare l’importanza della Luce.
L’ACQUA.
L’elemento dell’Acqua assume un simbolismo fortissimo, durante la Veglia. Nella nostra quotidianità essa
lava, disseta, rinfresca, dona forza alle macchine e vita ai campi. Durante la notte di Pasqua essa richiama il
lavacro del Battesimo, sacramento che ci lega indissolubilmente a Cristo Risorto. L’acqua viene utilizzata
per il gesto della Croce entrando in Chiesa, per le benedizioni durante il rito di dedicazione della Chiesa e
per le Esequie. Dio ci dona l’acqua per colmare la nostra sete e per farci rinascere nel mistero della Pasqua di
Cristo.
DAI SEGNI ALLA LITURGIA DELLA VITA.
I segni della liturgia pasquale devono aiutare il cristiano a renderlo adulto nella fede. Ciò che si è vissuto
durante la Veglia, attraverso i tanti simboli, deve alimentare lo slancio missionario e la gioia da diffondere
nei vari ambiti della vita. I frutti dello Spirito che caratterizzano ogni cristiano sono: la mitezza, la pace, la
carità, la benignità, la fedeltà, la pazienza. Ciascuno porta in sé la luce che illumina i dubbiosi, la speranza
che fa rivivere gli sfiduciati, il fuoco del sacrificio di Cristo che dona perseveranza nella prova.
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