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CAMPIONATO GIORNALISMO 17 MARTEDÌ 28 GENNAIO 2014 ADOLESCENZA La storia di B. salvata dall’autolesionismo L’ASPETTO fisico è molto importante per gli adolescenti, che hanno, tra i loro principali scopi, quello di apparire magri, belli, ‘perfetti’. È naturale. A volte, però, questo scopo può diventare un’ossessione. Nei casi più gravi, anoressia. Questa malattia è devastante e, a lungo andare, provoca gravissimi effetti nell’organismo: i capelli cadono, i denti, le ossa e le unghie diventano fragilissime, la pelle diviene giallastra. Va curata in tempo: se si è a conoscenza di un caso di anoressia, bisogna avvertire genitori e amici. Alcuni adolescenti, però, reagiscono in un altro modo al fatto di non piacersi. Cominciano a disprezzare le imperfezioni del loro corpo, fino a odiarlo e a voler morire: cominciano a lesionarsi volutamente. L’autolesionismo è una forma di depressione. I ragazzi che ne sono vittime provano piacere nel ferirsi, quasi per punirsi per il fatto di non essere all’altezza delle aspettative degli altri. Così riescono a soffocare il dolore emotivo, spesso più forte e persistente di quello fisico, derivante da tale convinzione. PER SPIEGARE questo fenomeno, vogliamo raccontare la storia di B., una 14enne vittima dell’autolesionismo fin dalle elementari, quando i compagni erano soliti insultarla. Il passaggio alle scuole medie era stato sereno fino a quando, all’inizio del secondo anno, la situazione prese di nuovo a peggiorare: la sua autostima crollò. Lei si sentiva arrabbiata e spossata; persino i suoi genitori, da sempre assenti, avevano cominciato a disprezzarla per la sua condizione. In terza si è imbattuta in un’insegnante che l’ha trattata come nessuno aveva mai fatto. B. ha visto in lei una madre, una spalla su cui piangere, in grado di darle tutto l’affetto e la fiducia che nessuno le aveva mai dato. Con il suo aiuto, B. ha smesso di lesionarsi. Abbiamo voluto raccontare questa storia per tutelare i ragazzi che hanno lo stesso problema di B. Aiutate questi ragazzi. Marta Coralli, Giada Piras, Erika Borghesi, Samuele Sintoni, Shwanee Casadei 3˚A. Prof: Marilena Parente •• SCUOLA GESSI (I.C. SAN PIETRO IN VINCOLI) In quel volto la forza di tutte le donne Sempre più diffusa la violenza femminile. Il caso di Lucia Annibali UN CASO di violenza femminile molto noto è quello di Lucia Annibali, avvocato, che è stata sfregiata con l’acido dal suo ex compagno. Il fatto è accaduto il 16 aprile scorso a Pesaro. Lui era solito dirle che amava il suo volto e le sue mani, ma le ha distrutte con 400 cl di acido solforico: forse pensava che questo potesse essere un modo per possedere la ragazza. Lucia, in seguito a questo fatto, ha affermato: «Voleva cancellarmi, ma ho vinto io». Questa frase, accompagnata da numerose azioni coraggiose, dimostra tutto il coraggio di una donna che ha subito violenza, ma non si è vergognata di mostrare il proprio viso rovinato e non ha avuto paura di denunciare il fatto. In un’intervista ha dichiarato: «Il mio volto sono io, esso parla di me, del mio dolore e della mia speranza. Questa volto ferito mi ha insegnato a credere in me stessa». IL 25 NOVEMBRE scorso il presidente Napolitano ha nominato Lucia Cavaliere per trasmettere un forte messaggio a tutte le donne vittime di violenza: devono dimostrarsi forti e andare avanti. La stessa giornata è divenuta perciò simbolo della lotta contro la violenza sulle donne. Diverse sono state la manifestazioni in tale occasione. Tra le indagato per violenza domestica e tentato omicidio, per ora ha pagato cinquantamila dollari di cauzione. ESEMPIO Lucia Annibali, esempio di forza dopo la violenza subìta più importanti ricordiamo quella di Genova: delle scarpe rosse sono state sistemate lungo un percorso, una camminata ideale che voleva sottolineare il dolore provato da donne che subiscono violenza all’interno della propria famiglia. Il fatto poi che le scarpe siano state portate da chiunque volesse appoggiare l’iniziativa ha dimostrato un diffuso senso di solidarietà verso quelle donne che hanno subito violenza. Così il 25 novembre le scarpe rosse sono divenute un simbolo per dire basta alla violenza femminile. Un altro fatto di cronaca che ci ha molto colpiti risale a qualche anno fa: la popolare cantante Rihanna è stata picchiata dal suo compagno Chris Brown, rapper di 19 anni e assiduo consumatore di droghe e alcolici. Sul web giravano immagini della cantante con il volto gonfio, rovinato dai lividi, ricoperto da graffi, con le labbra deformate e gli occhi aperti a malapena. Semplicemente osservando gli scatti è facile comprendere l’umiliazione e il dolore subiti della ragazza. Rihanna la sera della violenza doveva partecipare ai Grammy, purtroppo è finita in ospedale. Il rapper è COSÌ la storia dei due giovani divi torna nella tragica media della normalità: il fenomeno della violenza femminile è diffuso in tutti i Paesi e in tutte le fasce sociali; gli aggressori appartengono a tutte le classi e a tutti i ceti economici, senza distinzione d’età, razza ed etnia. Le vittime spesso non denunciano il fatto per paura, perché si sono assuefatte a certi trattamenti. Ogni volta si illudono che sia l’ultima. Un forte messaggio è stato lanciato da Luciana Litizzetto nel suo discorso al Festival di Sanremo del 2013. Il passo che più ci ha colpitiè questo: «Le donne vogliono solo rispetto. In Italia, in media ogni due o tre giorni, un uomo uccide una donna: compagna, figlia, amante, sorella. La uccide perché la considera di sua proprietà. Perché non concepisce che una donna appartenga a se stessa, sia libera di vivere come vuole lei e persino di innamorarsi di un altro». Riccardo Firmiani, Erich Fragorzi, Ginevra Oliva. Enrico Savorelli, Alexia Venturi Classe III B Insegnante Paola Poleri DA NON SOTTOVALUTARE AD ESSERE COLPITI SONO SPECIALMENTE I GIOVANI Il bullismo, conoscerlo per aiutare le vittime IL BULLISMO è una forma di comportamento violento (diffuso principalmente tra gli adolescenti) che consiste in ripetute aggressioni, fisiche o verbali, effettuate ai danni di altre persone. Esso si basa su tre principi fondamentali: intenzionalità, persistenza nel tempo e irregolarità nella relazione. Si tratta di azioni intenzionali e continue eseguite allo scopo di arrecare danno alla vittima e caratterizzate da uno squilibrio di potere tra chi le compie e chi le subisce. Negli atti di bullismo si riscontrano quasi sempre i seguenti ruoli: quello del bullo vero e proprio, che compie gli atti di violenza, quello della vittima, che subisce le aggressioni, e quello dell’attendente: quest’ultimo assiste ad atti di bullismo, ma non interviene in favore della vittima, rimanendo anzi, il più delle volte, coinvolto nelle azioni stesse. SI PUÒ parlare di bullismo diretto e di bullismo indiretto. Il primo si basa su una relazione diretta tra il bullo e la vittima e può essere catalogato come fisico, verbale, psicologico, elettronico (il cosiddetto cyber bullismo). Il bullismo indiretto, diffuso soprattutto tra le adolescenti, è meno visibile, ma non meno pericoloso di quello diretto (prevalentemente maschile), perché tende a dan- cipali cause del fenomeno sono da ricercarsi non soltanto nella personalità del bullo, ma anche nella sua storia familiare, nei messaggi di violenza trasmessi dai mass media e nella società che, a volte, è poco attenta o addirittura indifferente a questioni del genere. neggiare la vittima nelle sue relazioni con gli altri, soprattutto dal punto di vista psicologico. Le conseguenze possono essere gravi e permanenti, in quanto, in più di un caso, sono in grado di portare la vittima al suicidio, come dimostrano le recenti notizie (purtroppo sempre più frequenti). Ma gli effetti di simili atti riguardano anche gli aggressori stessi, i quali sono soggetti, il più delle volte, a depressione, ansia, scarsa autostima, autolesionismo, alcolismo e altre dipendenze. Le prin- IN ALCUNI CASI, i comportamenti da bullo affondano le proprie radici nell’infanzia: per esempio, chi è stato vittima di abusi può, a sua volta, essere incline ad effettuarli nei confronti di altri. Questa piaga sociale non deve essere sottovalutata: non ci si può limitare a pensare che possa essere attribuita unicamente a ‘ragazzate’, o che possa riscontrarsi soprattutto nelle zone più povere o arretrate. E’ fuor di luogo anche, secondo noi, considerare la vittima ‘colpevole’ per il fatto di non sapersi difendere in modo adeguato. È fondamentale che l’opinione pubblica riconosca realmente la gravità degli atti di bullismo: solo così si potranno aiutare le vittime, le quali nutrono una profonda sofferenza, e i bulli stessi, che corrono il rischio di intraprendere percorsi caratterizzati da delinquenza e problemi con la giustizia. Emma Gulmanelli, Camilla Suprani, Riccardo Capizzi, Riccardo Ulivi, Andrea Tognacci Classe III A, insegnante: Marilena Parente