Numero 4 - Provincia di Lucca

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Numero 4 - Provincia di Lucca
Una rete per i minori migranti
Questo
numero
del
bollettino
informativo
“MigrantiInforma” affronta il tema dei minori stranieri non
accompagnati che è stato oggetto della Conferenza realizzata da questa Amministrazione provinciale in collaborazione
con la Regione Toscana nei giorni del 30 e 31 marzo scorsi.
Un appuntamento che rientra tra quelli organizzati in vista
della Conferenza regionale sull’immigrazione, e per la quale
la Provincia di Lucca ha scelto il tema dei minori migranti in
considerazione dell’importanza e dell’urgenza che il fenomeno dei piccoli stranieri soli sta assumendo anche per la nostra
realtà locale. In questi ultimi anni, infatti, e in correlazione con
i grandi fenomeni migratori che si dirigono legalmente o illegalmente dal Sud e dall’Est verso i paesi ricchi si è verificata
in Italia una crescente presenza di minori stranieri. Già nella
seconda metà degli anni ’80 si sono avvertiti i primi segnali
principalmente relativi a minori provenienti dal Nord Africa e
dai confini con la Jugoslavia. Ma il fenomeno è esploso negli
anni ’90, a seguito della caduta del muro di Berlino che ha
provocato un imponente flusso immigratorio di minori. Si tratta di un numero non sempre facilmente rilevabile, la cui presenza è colta attraverso vari indicatori : la scuola, le strutture assistenziali, e gli istituti di pena. L’improvviso aumento
numerico ha colto impreparato il nostro paese, costretto a trasformarsi rapidamente da paese di emigrazione a meta di
immigrazione. Amministrazioni locali, enti di vario grado e
quanti si occupano a diverso titolo di minori hanno fatto i conti
con diverse modalità di lavoro per poter rispondere ai bisogni
e alle nuove esigenze di cui queste persone sono portatrici.
I minori stranieri, anche se entrati irregolarmente in Italia,
sono titolari di tutti i diritti sanciti dalla Convenzione di New
York sui diritti del fanciullo del 1989, ratificata in Italia e resa
esecutiva con la legge n. 179/61. La convenzione stabilisce
che in tutte le decisioni riguardanti i minori deve essere tenuto in conto come considerazione preminente “il superiore
interesse del minore” e che i principi da essa sanciti devono
essere applicati a tutti i minori, senza distinzione.
E’ con questo spirito che la Provincia di Lucca ha aderito con convinzione, insieme alla Regione Toscana, alla prima
Conferenza euro-mediterranea sui minori migranti soli che ha
dato vita all’esperienza della Rete Remi per la protezione di
questi bambini/ e ragazzi/e. In questo senso, nel corso della
conferenza di fine marzo, un segno di riconoscimento importante al lavoro svolto ci è arrivato da Guillame Thiérot, consigliere del presidente della regione francese Provenza-Costa
Azzurra che ci ha spronati ad andare avanti per “trasformare
la carta della rete in uno statuto effettivo” adottato dal più
ampio numero possibile di paesi. La nuova legge italiana sull’immigrazione, nota come “Bossi-Fini”, presenta alcune par-
ticolarità sulle quali è necessario riflettere perché, a volte,
possono creare difficoltà al processo di integrazione del
minore nel nostro paese. Infatti, per il minore migrante non
accompagnato la possibilità di restare in Italia con un regolare permesso di soggiorno dopo i 18 anni di età dipende dal
tipo di permesso ricevuto precedentemente. E da una serie di
altre condizioni, fra cui quella di essere in Italia da tre anni e
di aver seguito un progetto di integrazione per due anni. Ciò
comporta, inevitabilmente, un aumento del movimento migratorio di minorenni che non abbiano più di 15 anni, con tutte le
evidenti conseguenze negative sul piano socio-educativo per
il minore, ma anche per le amministrazioni locali che si troveranno a farsi carico di un servizio ancora più impegnativo.
La condizione di fragilità e di esclusione sociale in cui si
vengono a trovare i minori migranti soli può favorire l’insorgere di fenomeni di tratta, sfruttamento sessuale, lavorativo
(furti e accattonaggio) da parte di organizzazioni criminali.
Per questo motivo, tutta la società deve attivarsi per garantire idonee misure di protezione e attivare risorse necessarie a
garantire l’armonico sviluppo psico-fisico di questi cittadini.
Ciò pone numerosi interrogativi sulle modalità di intervento
da attuare nella presa in carico di questi minori.
A partire dal fatto che i servizi pubblici e tutti i soggetti
preposti alla loro tutela sono oggi chiamati a “ripensarsi” per
potersi organizzare in modo adeguato e più rispondente ai
nuovi bisogni. L’esperienza della Rete Remi ci dice che a
questo si può arrivare grazie al confronto e allo scambio con
altri contesti, operando appunto in rete. Per questo, tra gli
impegni che la Provincia di Lucca ha ritenuto di assumersi al
termine della conferenza c’è quello di valorizzare attraverso
momenti di formazione/informazione l’attività delle associazioni di volontariato e le imprese sociali nella “presa in carico”
dei minori. A questo si aggiunge la disponibilità, come richiesto dalla regione, ad essere l’amministrazione referente con
le varie Province e i maggiori Comuni del territorio per creare
una rete regionale a tutela dei minori stranieri non accompagnati che si faccia, al contempo, portatrice di istanze e proposte per la prossima Conferenza regionale sull’immigrazione che si svolgerà in autunno. Garantendo uno stretto collegamento tra la rete Remi e l’attività del gruppo di lavoro regionale.
La Provincia si è inoltre impegnata a pubblicare gli atti
della Conferenza lucchese e a collaborare con i partner stranieri all’elaborazione del nuovo statuto della rete Remi per
una sua maggiore “istituzionalizzazione”, coinvolgendo
anche i paesi di origine dei minori.
David Pellegrini
(Assessore alle Politiche Sociali e Politiche Giovanili)
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MIGRANTI in-forma - Anno 2 - n. 1/2 2004 - Allegato al n. 1/2 2004 di Volontariato Oggi
Risultati della Conferenza
provinciale
Une rete europea per i migranti
Chi sono, dove vivono,
cosa fanno i minori stranieri
che la legge definisce “non
accompagnati” e che si trovano sul territorio della provincia
di Lucca? E soprattutto, che
storie portano con sè attraversando mari e frontiere
qualche volta al seguito di
concittadini poco più grandi,
parenti e non, qualche altra
trascinati lontano da casa da
adulti che fanno immaginare
alle famiglie di questi ragazzi
un futuro migliore. Che, bene
o male che vada, peserà sulle
spalle di questi figli del
mondo che il mondo fatica a
riconoscere come propri. Il
fenomeno dei minori migranti
non accompagnati interessa
prevalentemente le aree
urbane, Lucca, Viareggio,
Capannori, ha spiegato
Giovanna Giannasi, assistente sociale Asl 2 zona Valle del
Serchio che ha parlato a
nome delle segreterie tecni-
che delle articolazioni zonali
delle Conferenze dei sindaci,
intervenendo alla Conferenza
sui minori non accompagnati.
In prevalenza “sono minori di
sesso maschile, provenienti
da Marocco e Albania. Nel
2003 Lucca è intervenuta su
13 minori migranti, Capannori
per 2 e Viareggio per 8. L’età
è in prevalenza di 16-18 anni,
ma con tendenza ad abbassarsi fino ai 12 anni. Sono soli
dal punto di vista giuridico,
ma sono sempre presenti
almeno delle persone da loro
conosciute”.
Cosa chiedono questi
figli del mondo? “I minori
albanesi - spiega ancora
Giannasi - chiedono subito un
lavoro per guadagnare e
mandare un aiuto economico
alla famiglia rimasta in patria.
Ma tutti hanno bisogno di una
comunità che faccia le veci
della famiglia, di completare il
percorso scolastico, educati-2-
vo e formativo”. Anche al fine
di trasformare il permesso di
soggiorno in un documento
che consenta di svolgere
un’occupazione. E conquistare l’obiettivo finale, quello dell’autonomia abitativa e lavorativa. Condizione indispensabile per costruirsi nuovamente un futuro.
Le modalità di risposta
alle esigenze dei minori
migranti - ha spiegato la relazione di Sonia Ridolfi, rappresentante delle Comunità per
minori presenti sul territorio
provinciale - “sono legate
all’elaborazione di percorsi
individuali, diversi da quelli
previsti per i minori italiani.
Tenendo conto che noi trattiamo i minori migranti chiedendo loro di fare le stesse cose
che fanno i nostri minori.
Senza considerare cosa
significa avere vissuto in giovane età percorsi di autonomia, senza considerare il
peso delle esperienze fatte
nel mondo degli adulti”.
Percorsi che tengano conto,
per esempio, delle situazioni
terribili da cui provengono le
giovani migranti, provenienti
per lo più da Equador,
Romani, Nigeria, Albania.
Tutte le ragazze - ha sottolineato Sonia Ridolfi - “che
sono state accolte nel 2003
erano soggette a sfruttamento sessuale o lavorativo”.
Le strutture di accoglienza per questi giovani immigrati, per lo più di sesso
maschile e in una fascia di
età compresa tra i 12 ai 18
anni non sono molte. E, nella
maggior parte dei casi, - ha
dall’Albania, 4 dal Marocco e
altri 4 di diverse nazionalità.
Sono passate dal centro di
ascolto anche tre giovani
rumene per le quali - sottolineano gli operatori - “è difficile fare un progetto perché
non accettano di entrare in
nessuna struttura. Le comunità rumene emigrate, infatti,
si aggregano e identificano
nei legami familiari, anche per
gradi di parentela che la
nostra società non prende più
in considerazione. Dei sei
minori albanesi - spiegano gli
operatori del Gvai - 3 sono
stati inseriti al Villaggio del
fanciullo e frequentano la
scuola media, mentre gli altri
vivono nei centri di accoglienza gestiti dall’associazione:
due di loro frequentano corsi
professionali, uno lavora.
I giovani marocchini,
invece, sono stati tutti inseriti
nelle strutture del Gvai: uno di
loro frequenta un corso professionale, tre lo hanno appena terminato e hanno iniziato
a lavorare.
Tre degli altri minori
“sono stati inseriti dalla
Questura e dal servizio sociale alla struttura Carlo Del
Prete. Di uno si sono perse le
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tracce perché non ha accettato il programma proposto”.
Un esempio, questo, di quanto possa essere fragile il legame che si instaura con questi
adolescenti così diversi dai
nostri, così forti da attraversare il mondo da soli e così fragili da non poter nemmeno
cominciare a immaginarlo un
futuro diverso. Fatto prima di
tutto di un permesso di soggiorno (il Gvai, come altre
associazioni sul territorio,
opera con l’ufficio minori della
Questura e con il servizio
sociale), di un lavoro, una
casa, un ritorno in famiglia
non più da emigranti.
Al Villaggio del fanciullo,
dal 1999 a oggi, sono stati
ospitati, in qualità di minori
non accompagnati, 8 ragazzini albanesi, 1 marocchino, 1
somalo. “Due dei ragazzi
albanesi - spiega la responsabile della struttura, Anna
Protto, arrivati da solo in Italia
all’età di tredici anni, nel giro
di cinque anni, sono riusciti a
riunire in Italia la loro famiglia
con la quale sono tornati a
vivere; altri tre, giunti in Italia
ancora minorenni (16-17
anni), si sono inseriti ne
mondo del lavoro, ma, rag-
MIGRANTI in-forma - Anno 2 - n. 1/2 2004 - Allegato al n. 1/2 2004 di Volontariato Oggi
sottolineato Sonia Ridolfi - “il
minore vi viene catapultato
senza che si possa scegliere
la struttura più adatta alle sue
esigenze”.
A Lucca si trovano la
comunità
“Carlo
Del
Prete” gestita dalla cooperativa “L’impronta” e il
“Villaggio del fanciullo”
che ospita in prevalenza
bambini.
A Viareggio l’accoglienza è assicurata dalla
comunità alloggio di via della
Gronda, gestita dalla cooperativa Crea. Mentre, per tutta
la provincia, accoglie anche
ragazze minorenni la casafamiglia del Ceis che da
tempo promuove un progetto
di protezione sociale per
combattere lo sfruttamento a
scopo sessuale delle giovani
donne straniere.
Il Gruppo volontari
accoglienza immigrati
(Gvai) a Lucca fa colloqui
anche con i minori migranti e
li inserisce, se è il caso, nelle
proprie strutture chiedendo al
Tribunale per i minori l’affidamento al proprio presidente,
Claudio Puccinelli, tutore
anche di minori affidati ad
altre comunità.
Tra gli elementi messi in
evidenza dal Gvai quello che
colpisce di più è l’assenza di
problematiche specifiche rilevata nella maggior parte dei
casi. Se si esclude la povertà
totale che si lasciano alle
spalle, quando la famiglia di
origine individua nell’ultima
spiaggia l’invio del minore
all’estero. “Arrivano tutti con il
consenso delle famiglie” spiega la relazione del Gvai “che li mandano in Italia per
avere un futuro migliore”.
Nel 2003 il Gvai ha
accolto 6 minori provenienti
giunta la maggiore età, non
sono ancora in grado di vivere in piena autonomia in
quanto le loro famiglie sono
rimaste nel paese di origine.
Quindi sono ancora ospiti
della nostra Comunità. Gli altri
cinque, di dodici-tredici anni,
frequentano la scuola media”.
I minori che, fin dagli
anni ‘80, sono passati per il
Villaggio provenivano dai più
svariati
paesi:
Cile,
Venezuela, Santo Domingo,
Cambogia, Polonia, Somalia,
Eritrea, Marocco e soprattutto
Albania. Bambini e ragazzi spiega ancora Anna Protto “giungono al Villaggio inviati
dalla Questura che provvede
ad un affido provvisorio da
parte del Tribunale dei minori,
attraverso il servizio sociale, e
alla nomina di un tutore.
Condizioni essenziali per
ottenere il permesso di soggiorno. Il periodo di permanenza varia da 3-4 fino a 1011. Il minore viene subito
inserito nella scuola, con la
quale si stabiliscono frequenti contatti per un lavoro comune di sostegno nello studio.
Purtroppo, quasi sempre, ci si
trova di fronte al problema
che il ragazzo, per età
dovrebbe essere inserito in
una certa classe e per prepa-
razione qualche anno più
indietro. Il dilemma non è di
facile soluzione: il regolamento scolastico tende a far prevalere l’età sulla preparazione, ma le lacune sono difficili
da colmare per cui il minore,
spesso, si ritrova a non essere in grado di seguire la classe ed è meno stimolato a partecipare al lavoro scolastico”.
Generalmente i ragazzi
si inseriscono con facilità nell’ambiente del Villaggio. Ma i
responsabili non negano l’esistenza di problemi dovuti, in
primo luogo, “al fatto di non
avere alcun parente al di fuori
della comunità, neanche per
trascorrere il periodo delle
vacanze. A questo si cerca di
supplire favorendo attività
ricreative, sportive e turistiche, o giornate presso amici
o compagni di scuola. Ma
non è ovviamente la stessa
cosa”.
Le esperienze vissute da
questi minori, in patria e nel
tragitto che li ha portati in
Italia, inoltre richiedono “un
lavoro
personalizzato,
paziente, che non sempre
può risultare del tutto adatto
perché è difficile conoscere e
capire fino in fondo le cause
di alcuni comportamenti”.
Fanno supporto al lavoro
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svolto dal Villaggio i contatti
frequenti con gli insegnanti,
gli psicologi e le altre realtà
del territorio che si occupano
di minori immigrati.
Sul
territorio
di
Viareggio e Versilia operano le cooperative sociali
Crea
Impresa
ed
Extraordinaire. Che non si
occupano solo di minori, ma
hanno attuato da tempo un
ampio spettro di servizi per
tutti i cittadini immigrati.
Quattordici minori presi
in carico vivono nel centro
comunale di accoglienza “La
lisca”. Sono tutti maschi e
provengono dal Marocco. In
Italia passano da pochi mesi
fino a 4-5 anni e vivono insieme a familiari di vario grado
di parentela, tutti maschi. Nel
centro di accoglienza è stato
attivato, vista la presenza di
minori stranieri in molti casi
impegnati
nella
vendita
ambulante o in lavori occasionali, un progetto specifico di
intervento che va da un lavoro su strada, fino ad un’animazione educativa o a un
vero e proprio tutoraggio
verso l’inserimento lavorativo.
Inoltre, in collaborazione
con le scuole medie della
Versilia è stato attivato un servizio di mediazioni linguistico
culturale finanziato dalla
Conferenza dei sindaci e, per
il 2004, anche dalla Provincia
di Lucca. Il servizio prevede
l’attivazione di interventi di
mediazione linguistico culturale
da
parte
di
operatori/mediatori culturali
che operano individualmente
con il minore sia in classe che
in famiglia. E la realizzazione
di laboratori educativi multiculturali con piccoli gruppi di
alunni.
venti di sostegno alla famiglia
che vanno da quelli socio
sanitari, all’accompagnamento scolastico, all’affido temporaneo a famiglie italiane grazie alla collaborazione con il
Centro affidi versiliese.
Tra i problemi aperti sul
territorio versiliese, gli operatori segnalano il crescente
impiego dei minori in attività
di spaccio di stupefacenti
inseguendo il miraggio del
facile e rapido guadagno,
all’interno di un progetto di
vita degli adulti di riferimento
che non prevede una lunga
permanenza in Italia. Inoltre
viene definito “debole” il collegamento con le forze dell’ordine “per le attività legate
allo sfruttamento minorile e
alla tutela dei minori in questione. Inoltre - concludono
gli operatori delle due cooperative Crea - “è fondamentale
che venga migliorata la rete
di contatto e collaborazione
tra tutte le associazioni di
volontariato,
cooperative
sociali e le agenzie del territorio che svolgono attività con i
minori stranieri. Molto spesso
i problemi nascono da un
mancato o insufficiente scambio di informazioni. Data la
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complicata legislazione in
materia di immigrazione e le
relativi pesanti prassi burocratiche, sarebbe opportuno
dotare gli enti del terzo settore di strumenti di collegamento che possano costituire un
valore aggiunto alla loro attività”.
“Il fenomeno dei minori
migranti non accompagnati ha
concluso
Giovanna
Giannasi nella sua relazione si sta sempre più ampliando.
Creando molte difficoltà sia
per quel che riguarda i fondi
necessari - Lucca spende
annualmente 500mila euro sia per l’adeguamento delle
strutture di accoglienza alle
esigenza di crescita di questi
minori.
Strutture che erano nate
per accogliere ragazzi italiani
in situazioni di grave problematicità familiare e che si trovano ad affrontare invece
l’accoglienza dei giovani
migranti, offrendo loro accoglienza sia a livello educativo
che formativo. Allo scopo di
migliorare l’integrazione tra
immigrati e comunità locale,
salvaguardando le esigenze
culturali e religiose di questi
minori”.
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Gli interventi di mediazione linguistico-culturale prevedono l’elaborazione di un percorso individualizzato di integrazione e apprendimento
della lingua italiana, in collaborazione con la direzione
scolastica, gli insegnanti
della classe, la famiglia degli
alunni ed in alcuni casi anche
con il servizio sociale sul territorio. L’intervento prosegue
con verifiche a cadenza definita monitorando il raggiungimento degli obiettivi a breve e
medio termine. Alle verifiche
partecipano costantemente
gli insegnanti di riferimento e
gli operatori/mediatori culturali in collaborazione con la
coordinatrice del servizio e
con la referente per la
Conferenza dei sindaci. La
rete di mediatori è costituita
grazie alla collaborazione con
il Centro per l’impiego di
Viareggio e con la Rete accoglienza migranti (Ram) della
Provincia.
Nel caso in cui l’intervento sia rivolto a minori non
accompagnati si utilizzano
risorse specifiche individuate
sul territorio per l’accoglienza
emergenziale : la Comunità
alloggio del Comune di
Viareggio gestita da Crea
cooperativa sociale o altre
comunità residenziali, fuori e
dentro la provincia.
Un capitolo a parte è
quello degli interventi sui
minori di origini Rom, per lo
più provenienti dalla Romania
o
dall’area
della
ex
Jugoslavia. Presso il centro di
accoglienza del gruppo
“Insieme” di Viareggio vive
un’intera famiglia, mentre
altre hanno trovato sistemazione grazie all’intervento di
alcune parrocchie. Per questi
minori sono stati attivati inter-
Ragazzi in fuga:
parlano i rappresentanti
dei paesi di emigrazione
Un’iniziativa, quella della conferenza sui
minori non accompagnati organizzata dalla
Provincia di Lucca, fortemente segnata dalla presenza dei rappresentanti stranieri che hanno preso
la parola a nome delle associazioni e delle istituzioni che nei paesi di maggior emigrazione si
occupano dei minori in fuga da guerra, povertà,
fame, analfabetismo.
Sono intervenuti la signora Karadja, presidente di Ansedi e rappresentante della Rete euromediterranea per la protezione dei minori isolati ;
Azibout Mokrai, presidente dell’associazione
Tadamoun di Tangeri e il signor Koudil dell’associazione “Giovani erranti” di Marsiglia, rappresentante della Rete ; Naziha Harrak, magistrata
della Corte suprema al Ministero di Grazia e
Giustizia del Regno del Marocco ; Meriem
Belala, presidente dell’associazione algerina
“Femmesen Detresses” e Dominique Lodwik,
direttrice dell’associazione “Giovani erranti” di
Marsiglia ; Amina Oufroukhi, magistrata a
capo del servizio per la prevenzione della delinquenza giovanile del Ministero di Grazia e Giustizia
del Regno del Marocco. In rappresentanza della
regione Paca (Provenza-Costa Azzurra) e di quella
dell’Andalusia sono intervenuti Guillaume
Thierot e Manuela Juntas Lopez; mentre il
signor Benadouda ha parlato a nome dell’Unicef
essendone il rappresentante in Algeria.
Personaggi autorevoli, dunque, e di esperienza. Che hanno portato alla conferenza organizzata
a Lucca - il quarto incontro delle rete Remi dopo la
conferenza euro-mediterranea sui minori migranti
soli che ha dato vita alla Carta di intenti - il peso del
lavoro in atto nei paesi di emigrazione dei bambini
e ragazzi di cui ci troviamo a prenderci cura.
Ne è uscito, tra i tanti aspetti, un interessante
ritratto dei piccoli e grandi Remì che attraversano
le frontiere del mondo del duemila.
“Ognuno di noi ha un sogno nel cassetto - ha
spiegato forte anche dell’esperienza personale - il
presidente dell’associazione “Tadamoun” di
Tangeri, Azibout Mokrai - che è un sogno di bambino, di adolescente: quello di andare altrove, di
scoprire nuovi mondi, nuove terre, di darsi all’avventura. E niente può fermare questo desiderio
così come niente può ostacolare lo spostamento
degli esseri umani”. Passano lo stretto di Gibilterra
- continua Azibout - “i minori che emigrano in modo
fortuito, sollecitati da amici, parenti, coetanei dello
stesso quartiere. Così come i minori che hanno
problemi sociali e che, appena finita la scuola,
cominciano a preparare la fuga. E i ragazzi di strada”. Viaggiano sulle navi - spiega Karadja, presidente di Ansedi - che scelgono con cura: “Alla
larga da quelle asiatiche intorno alle quali si raccontano storie terribili. Vanno bene, invece, quelle
spagnole o che battono bandiera panamense, più
disponibili verso i piccolo clandestini”. Qualche
volta il mezzo di trasporto è un camion, sempre più
spesso sono quelle che gli spagnoli chiamano “las
paterras”: bagnarole da dieci posti.
La porta d’accesso all’Europa è l’Andalusia,
come ha spiegato la rappresentante di quella
regione: “Utilizzano la nostra terra come punto di
passaggio - racconta Manuela Jumtas Lopez - ma
senza l’intenzione di fermarsi. Vengono cercando
un mondo sognato, in fuga per ottenere quella vita
migliore alla quale li sollecitano le famiglie e la
realtà dei paesi d’origine. Arrivano in condizioni
limite di salute per il freddo e la tensione del viaggio. Ma non si fermano per più di 9 giorni”.
Sono soprattutto giovani marocchini - ha continuato Lopez - “ma stanno arrivando anche rumeni, polacchi, qualche bambino russo. Qualcuno si
spaventa e chiede di tornare indietro, a casa. Per
quelli che decidono di restare il governo andaluso
assume su di sé la loro tutela e prendono il via i
programmi di studio e avviamento al lavoro. Nel
rispetto del vissuto di questi minori, della loro cultura, della loro religione”.
L’area del Maghreb - hanno sottolineato un
po’ tutti i relatori - vede un’alta concentrazione di
persone con meno di 30 anni di età. Nella sola
Algeria - sono i dati del rappresentante locale
dell’Unicef - “il 48% dei cittadini ha meno di 18 anni
e il 72% meno di 30”. Proprio qui è stato realizzata,
nel 2003, un’inchiesta sociologica per capire - ha
spiegato la presidente di Ansedi - “chi sono i minori candidati all’emigrazione, quali i loro contesti
sociali, il loro vissuto, i motivi che li spingono a
lasciare patria e famiglia”. L’inchiesta ha coinvolto
120 minori che avevano già tentato l’esperienza
dell’emigrazione clandestina e altri che erano,
invece, in procinto di realizzarla. Con loro, naturalmente, sono state oggetto di analisi anche le fami-
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non accompagnati sparsi per l’Europa - gli spagnoli li chiamano “spalle bagnate” dal sudore e
dalla fatica - è vivo quello che Karadja definisce
come “il mito del rientro”: tutto è finalizzato al giorno in cui, tornando a casa, si potrà sfoggiare denaro e successo, in un trionfo di consumismo.
Di fronte a tutto questo, la vecchia Europa si
pone con quello che Dominique Lodwik, direttrice
e anima dell’associazione “Giovani erranti” di
Marsiglia, definisce senza mezzi termini un atteggiamento “ambiguo”: “Gli stati ci dicono “occupatevi di questo problema, ma non troppo. Altrimenti
i bambini crederanno di poter restare”. La nostra
esperienza ci dice che la domanda se sia o meno
necessario occuparsi di questi minori non ha alcun
senso”. L’associazione di Marsiglia, che è stata la
molla per il progetto Remi, tra i tanti progetti in atto
ha anche quello della collaborazione ad ampio
raggio con tutte le istituzioni che accolgono i minori migranti non accompagnati e alle quali fornisce
un aiuto concreto per ricostruire la storia del minore, ritrovare la famiglia di origine. Per il momento
solo nel caso che la nazionalità sia marocchina, ma
è in fase di sperimentazione un progetto simile per
l’Algeria. Ma, tra le proposte avanza nel corso della
conferenza lucchese, anche quello di lavorare (per
l’Algeria) con le madri, fornendo sostegno e aiuto
alla famiglia di origine per prevenire concretamente le partenze dei figli e la loro trasformazione in
bambini soli. Per chi, invece, è già in viaggio o le
cui spalle sono già bagnate dalla fatica del lavoro,
la Rete Remi - ha spiegato Guillaume Thiérot “vuole esser non un territorio di buone intenzioni,
ma una rete di uomini e don ne impegnati nella protezione dei minorenni in pericolo, minacciati da se
stessi e da quelli che li sfruttano”.
Una rete li protegge
Il piccolo Remì aveva almeno una scimmietta come compagna del suo girovagare. I troppi minori che ancora oggi sono costretti, con la forza della violenza ma anche con la violenza della miseria, a
vivere fuori dal proprio ambito familiare vivono situazioni di solitudine estrema che segnerà per sempre
il loro essere adulti. Per affrontare una situazione i cui numeri si moltiplicano di anno in anno a livello
mondiale, i paesi firmatari della Convenzione internazionale dei diritti dell’infanzia hanno avviato un percorso che li porterà a dotarsi di un sistema comune di protezione e assistenza di questi minori in
conformità con le disposizioni della troppo disattesa Convenzione. Il sistema comune prende il nome
di “Rete euro mediterranea per la protezione dei minori isolati”, la cui sigla è, appunto, Remi.
I componenti della rete si impegnano a sensibilizzare gli stati interessati dal fenomeno dell’erranza e dello sfruttamento dei giovani da parte di reti criminali ; apportare un aiuto al trattamento di situazioni individuali dei minori interessati, attraverso lo scambio di informazioni e del saper fare di gruppi
locali ; assicurare il raccordo tra i gruppi educativi dei paesi interessati ; organizzare delle sessioni
internazionali comuni di formazione per il personale che si occupa delle situazioni dei minori (assistenti
sociali del settore pubblico e associativo, magistrati, polizia e funzionari). Ogni anno - è previsto nel
progetto - si terrà una riunione plenaria in una delle collettività firmatarie per fare il bilancio dell’attività
e fissarne gli orientamenti futuri.
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MIGRANTI in-forma - Anno 2 - n. 1/2 2004 - Allegato al n. 1/2 2004 di Volontariato Oggi
glie. Tra le tante spinte a tentare la fortuna lasciando l’Algeria, l’inchiesta ne ha messo in evidenza
alcune ricorrenti: non ultimo il pessimo rapporto
con una “metodica scolastica vecchia, non riformata, segnata da una cristallizzazione dei programmi scolastici e da metodiche di insegnamento poco motivanti. Una situazione dalla quale deriva, spesso, una visione generale della scuola che
è negativa”. Se a questo malessere si sommano ha spiegato la signora Karadja - “il pessimismo per
la situazione del paese e la crisi economica delle
famiglie”, ecco spiegato come, pur in quadro legislativo che vieta il lavoro minorile, il fenomeno sia
ampio. “Sono i minori che decidono, da soli o con
altri ragazzi, cosa fare. Si va dalla vendita delle
sigarette di contrabbando, a piccoli negozi di abbigliamento, a attività artigianali come il cuoco o il
parrucchiere. Molti lavorano nel catering, alcuni
fanno i custodi nei parcheggi, o i manovali, i meccanici. Il carico orario di lavoro non è mai inferiore
alle 10 ore e i bambini sono spesso esposti a
sostanze tossiche o cadono preda degli affari della
malavita”. Più di un milione sono i minori che
abbandonano la scuola prima dei 16 anni e
478mila quelli che, tra i 15 e i 18 anni, lavorano nei
cantieri.
Quando decidono di provare a dare una svolta al proprio destino - continua Karadja - “si organizzano. Per anticipare l’arrivo in Europa a qualche
conoscente, per nascondere la propria identità,
per conoscere la legislazione del paese di emigrazione, per capire quali sono le città europee in cui
vivono più connazionali. Molte sono le famiglie che
non condividono la scelta, ma per altrettante vale il
principio che se il minore sarà all’estero non potrà
comunque vivere peggio che in patria”. Nei minori
L’ARTICOLO 31 DEL D. Lgs 286/98:
UNO STRUMENTO CHE CONSENTE
DI OPERARE NEL “SUPREMO
INTERESSE DEL FANCIULLO”
L’art. 31 comma 3° D.Lgs 286/98 rappresenta un importante riferimento normativo che
non ha subito le notevoli modificazioni apportate
dalla Legge 189/2002.
Esso testualmente recita: “Il Tribunale per i
Minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle
condizioni di salute del minore che si trova nel
territorio italiano, può autorizzare l’ingresso o la
permanenza del familiare, per un periodo di
tempo determinato, anche in deroga alle
altre disposizioni del presente testo
unico…”.
Occorre premettere che l’esperienza di chi
scrive è incentrata essenzialmente sul Tribunale
per i Minorenni di Firenze il quale ha interpretato
estensivamente la norma de quo concedendo a
molti richiedenti di rimanere in Italia anche e
soprattutto in virtù di una consolidata situazione
del nucleo familiare di appartenenza, a volte
prescindendo quindi da reali motivi di salute del
minore.
La situazione tipica per un intervento in
questo senso è quella della madre di minore
che, a fronte della scadenza del permesso di
salute connesso allo stato di gravidanza, voglia
rimanere in Italia accanto al marito, regolare e,
spesso, ad altri figli minori quasi sempre in età
scolare.
Una volta esclusa la possibilità del ricongiungimento familiare per la mancanza di un
requisito - quasi sempre quello dei parametri
abitativi minimi previsti dalla legge - o in presenza di una pratica avviata ma per la definizione
della quale ci vorrà tempo, non rimane che tentare questo procedimento.
Preliminarmente occorre riunire la documentazione necessaria da allegare al ricorso,
rappresentata essenzialmente da:
1) certificati medici che attestino l’indispensabile presenza della madre accanto al minore –
neonato (ad es. in caso di allattamento);
2) attestati scolastici che dimostrino la frequenza e quindi l’inserimento nel tessuto socia-
le, in caso di minore non neonato ;
3) eventuale permesso di soggiorno dell’altro genitore;
4) contratto di affitto ovvero dichiarazione di
ospitalità;
5) disponibilità all’assunzione del genitore
senza permesso da parte di un datore di lavoro;
6) relazione degli assistenti sociali nel caso
in cui abbiano già in carico la famiglia.
Quest’ultimo punto è determinante poiché
in tutte le richieste dovrà essere specificato che:
“…..ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 31
comma 3 D. Lgs 286/98, si fa istanza affinché
questo Ill.mo Tribunale Voglia AUTORIZZARE
la permanenza sul territorio italiano con
POSSIBILITÀ
DI
SVOLGERE
UN’ATTIVITÀ LAVORATIVA”.
L’attività lavorativa è indispensabile, nel
caso di genitore solo o capofamiglia senza permesso di soggiorno, per poter sostentare in
maniera adeguata un nucleo familiare: accogliere una richiesta di questo tipo significa sia tutelare realmente il minore consentendo al genitore
irregolare di rimanere al suo fianco, sia tutelare il
diritto all’unità familiare.
A tal riguardo si ricorda che, accanto al
superiore interesse del minore tutelato e preso in
considerazione in via principale dal Tribunale
per i Minorenni (attraverso il richiamo all’art. 3
comma 1° della Convenzione di New York sui
diritti del fanciullo del 20/11/1989), esiste ed è
costituzionalmente garantito il diritto all’unità
familiare ribadito dallo stesso T.U. all’art. 28 e
dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
Europea: quest’ultima, in particolare, mentre con
l’art. 7 fissa il diritto al rispetto della vita familiare, con il successivo art. 9 tutela il diritto di costituire una famiglia.
Una volta ricevuta la documentazione il
legale redigerà il ricorso strutturandolo essenzialmente in tre parti: una prima espositiva con la
narrazione della vicenda personale dell’istante,
una seconda normativa e giurisprudenziale con
il richiamo agli articoli di riferimento nonché ai
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gere attività lavorativa;
3. dà mandato al Servizio Sociale
del Comune di……… autorizzandolo ad
avvalersi della collaborazione della
U.O.P. competente, perché mantenga la
presa in carico della minore, attuando
gli opportuni interventi di orientamento
e sostegno dei minori e del nucleo familiare e perché riferisca al P.M. presso
questo Tribunale per i Minorenni qualora dovesse sopravvenire la necessità di
sospendere, modificare o revocare il
presente provvedimento.
Efficacia immediata.
Il ragionamento logico giuridico che conduce il giudice ad un siffatto epilogo verte preliminarmente sulla necessaria interpretazione della
stessa disposizione richiamata: quando il legislatore scrive anche il deroga alle disposizioni
della presente legge, secondo l’orientamento
del Tribunale di Firenze, avvalora l’idea che l’autorizzazione in discorso rappresenti un’ipotesi
particolare giustificante il rilascio del permesso
di soggiorno per motivi familiari in deroga –
ovvero ad integrazione – delle evenienze ordinarie contemplate dalla disposizione immediatamente precedente (art. 30).
Secondariamente poi l’attenzione del giudicante si sposta sul preminente e superiore interesse del fanciullo a non essere separato dal
genitore: questo può dirsi effettivo solo e proprio
nella misura in cui al genitore non abbiente,
autorizzato ex art. 31 ad entrare ovvero a permanere sul territorio italiano, sia consentito di
svolgere regolare attività lavorativa, esercitando
ed adempiendo il proprio diritto- dovere di mantenere i figli.
Infine l’analisi si addentra nel merito della
vicenda: dopo aver illustrato la situazione del
minore il Tribunale spesso richiama gli elementi
contenuti nell’art. 31 ovvero lo sviluppo psicofisico e le condizioni di salute del minore.
Nel far questo dopo aver precisato che
nulla autorizza a limitare l’intervento ai
soli casi di malattia organica anche ove
non si consideri arbitraria tale distinzione, conclude sottolineando che entrambi gli
aspetti sarebbero fortemente compromessi sia
in caso di rimpatrio con il genitore - con conseguente sradicamento dal contesto relazionale
quasi sempre documentato in atti - sia in caso di
espulsione del solo genitore – con conseguente
violazione del diritto all’unità familiare e smembramento del sistema famiglia.
Avv. Cinzia Tiziana Pedonese
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MIGRANTI in-forma - Anno 2 - n. 1/2 2004 - Allegato al n. 1/2 2004 di Volontariato Oggi
precedenti dello stesso o di altri Tribunali ed una
terza conclusiva.
Una volta depositato il ricorso il Tribunale
farà richiesta ai servizi sociali di zona ed alla
Questura competente affinché entrambi lo relazionino sullo stato del richiedente ovvero del
nucleo familiare nel suo complesso.
Fornire già in sede di ricorso il riferimento
nominativo dell’assistente sociale o quantomeno
del distretto cui l’istante deve rapportarsi, permetterà di anticipare i tempi di definizione della
procedura.
Questo, purtroppo, è il punto dolente: nella
maggioranza dei casi i tempi sono abbastanza
lunghi e mediamente per ottenere un decreto è
necessario attendere circa 5/6 mesi.
Ad ogni buon conto, una volta ottenuti i
resoconti dalle amministrazioni interessate, il
Tribunale emetterà un decreto con il quale, nella
migliore delle ipotesi, autorizzerà la permanenza
del genitore per un periodo di tempo determinato (nella migliore delle ipotesi per un periodo di
due anni, in altri casi fino ad un anno ovvero per
6/8 mesi).
Lo straniero non dovrà fare altro che recarsi in Questura per richiedere il rilascio del permesso di soggiorno producendo il provvedimento e gli altri documenti richiesti (foto, dichiarazione di ospitalità…).
Il problema che si è presentato in alcuni
casi è la precedente emissione di un decreto di
espulsione a carico del soggetto richiedente: la
Questura rilascerà il permesso solo a fronte di
una sospensione dell’esecuzione dell’espulsione che dovrà essere richiesta alla Prefettura (si
sottolinea che si tratta di un provvedimento di
sospensione e non di revoca per cui una volta
trascorso il periodo fissato dal Tribunale per i
Minorenni l’espulsione avrà di nuovo piena efficacia).
A titolo esemplificativo si trascrive un provvedimento emesso di recente dal Tribunale per i
Minorenni di Firenze: “ visti gli artt. 31 D.
L.vo n. 286/98, 737 ss c.p.c., così pronunciando nell’interesse della minore……
1. autorizza la permanenza in Italia
del ricorrente……..madre, per il periodo
di anni due a decorrere dalla comunicazione del presente provvedimento;
2. dichiara che la predetta ha diritto di ottenere il rilascio del permesso di
soggiorno per motivi familiari e di esercitare le facoltà a questo connesse, ai
sensi dell’art. 30 comma 2 D. L.vo
286/98, ivi compresa la facoltà di svol-
MINORI STRANIERI NON
ACCOMPAGNATI: LA NORMATIVA
Nella relazione presentata al convegno organizzato dalla Provincia di Lucca, Joseph Moyerson, coordinatore del segretariato di ChildONEurope (Rete europea degli osservatori nazionali sull'infanzia) e consulente legale presso l’Istituto degli Innocenti di Firenze, e
Giovanni Tarzia, consulente legale di comunità di accoglienza per minori stranieri, hanno approfondito realtà e
contraddizioni della normativa vigente in tema di minori stranieri “non accompagnati”. Specificando, prima di
tutto, cosa si intende con questa dicitura nel secondo
comma dell’articolo 1 del regolamento del Comitato italiano per i minori stranieri costituito presso la
Presidenza del Consiglio dei ministri. Si definisce come
“minore straniero non accompagnato presente nel territorio dello Stato” il minorenne “non avente cittadinanza
italiana o di altri Stati dell’Unione europea che, non
avendo presentato domanda di asilo, si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato, privo di assistenza
e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti
per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano”.
Una definizione diversamente interpretata - spiegano i due consulenti legali - da parte di numerosi tribunali per i minori e alcune Questure che, diversamente da quanto indicato dal Comitato per i minori, hanno
ritenuto di non considerare “non accompagnati” i minori migranti affidati di fatto a parenti maggiorenni fino al
quarto grado che non ne siano tutori o affidatari in base
a un provvedimento formale. In quanto - è stato ritenuto - questi minori “sarebbero legittimamente affidati dai
genitori nell’ambito del gruppo parentale”.
Attualmente, la legge italiana in materia di immigrazione prevede la possibilità di rilasciare un permesso di soggiorno al minore straniero non accompagnato
che sia stato ammesso “per un periodo non inferiore a
due anni in un progetto di integrazione sociale e civile
gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel
registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei
ministri”. Condizione perché il progetto possa essere
avviato è che “l’interessato si trovi sul territorio nazionale da non meno di tre anni”. E’, dunque, il Comitato per
i minori stranieri a valutare l’interesse del minore straniero non accompagnato e a deciderne l’eventuale rimpatrio. Una disciplina - sottolineano Moyerson e Tarzia
- “alla quale è stato mosso un triplice ordine di osservazioni critiche : di sospetta illegittimità costituzionale,
di scarso coordinamento con la normativa precedente
e di lacuna per quanto concerne la disciplina del procedimento amministrativo in cui si realizza l’attività del
Comitato”.
Comparando quanto prescritto dalla norma con la
situazione descritta sul territorio lucchese, salta agli
occhi, per esempio, l’impossibilità di fatto di proseguire
nell’accoglienza e negli interventi dei giovani migranti
di età compresa tra i 16 e i 18 anni, il cui flusso non
sembra arrestarsi.
Ma vediamo quali sono i principali riferimenti normativi in materia, in ambito internazionale come nella
legislazione italiana.
Convenzione Onu sui diritti del fanciullo, New
York 20 novembre 1989 ratificata e resa esecutiva
dall'Italia con legge 176/91. All'articolo 3 viene fissato
il principio per cui "in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle istituzioni pubbliche o
private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità
amministrative o degli organi legislativi, l'interesse
superiore del fanciullo deve essere una considerazione
preminente".
Convenzione di Lussemburgo del 20 maggio 1980 e Convenzione de L'Aja del 25 ottobre
1980 rese esecutive con legge 64/94.
Convenzione europea del 25 gennaio 1996
sull'esercizio dei diritti dei fanciulli ratificata e resa esecutiva dall'Italia con legge 77/03.
Direttiva 2003/9/CE del Consiglio dell'Unione
europea del 27 gennaio 2003 recante norme minime
relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati
membri.
Costituzione
italiana,
articoli
2,3,29,30,31,37.
Testo unico, Dlgs 25 luglio 1998 n. 286
delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero che
istituisce il Comitato per i minori stranieri. L'articolo 19,
comma 2 del testo unico dispone il divieto di espulsione del minore.
Legge 4 maggio 1983 n.184, Diritto del
minore ad una famiglia (articoli 33 e 37bis) come modificata dalla legge n. 476 del 31 dicembre 1998.
Entrambi i testi dispongono la competenza del
Tribunale per i minorenni a valutare l'interesse del minore straniero, rendendo applicabili tutti gli istituti di tutela previsti per i minori italiani. Gli articoli 4 e 9 della
184/83 disciplinano i casi in cui un minore debba essere affidato a persone diverse dai suoi genitori,
Codice civile articolo 343 e seguenti (apertura
di tutela), articolo 403 (interventi urgenti di protezione
per i minori).
Legge n. 189 del 30 luglio 2002, Modifica della
normativa in materia di immigrazione e di asilo (cosiddetta legge Bossi-Fini) inerente i minori affidati al compimento della maggiore età.
Alla normativa italiana si aggiunge una luna serie
di circolari interpretative della normativa. Ma anche il
Dpcm n. 535 del 9 dicembre 1999, Regolamento
concernente i compiti del Comitato per i
minori stranieri a norma dell'articolo 33,
commi 2 e 2-bis del decreto legislativo 25
luglio 1998 n.286 che stabilisce la definizione di
"minore straniero non accompagnato", i compiti del
Comitato per i minori stranieri, che i rimpatri devono
essere effettuati nel rispetto della legge e delle convezioni internazionali.
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Julian Lici oggi ha 24 anni e la sua faccia
pulita la potete incontrare allo sportello della
Rete accoglienza migranti (Ram) che ha sede
nei locali della Cgil di Lucca. Sembra passata
una vita da quando Julian ha lasciato Fier, la
città a nord di Valona, in cui è cresciuto e ha abitato con la famiglia e che ha lasciato, l’ultimo
giorno di maggio del 1996 appena sedicenne.
“Frequentavo il liceo - racconta Julian - e
mio padre lavorava la terra. Per 20 anni ha guidato il trattore. Poi, i rivolgimenti politici hanno
travolto l’economia albanese. Mangiavamo solo
perché avevamo un po’ di orto, ma se non hai un
soldo in tasca finisce che non puoi neppure
lavorare la terra”.
In classe di Julian - prosegue il racconto
“eravamo in quindici e tutti sono partiti per cercare maggior fortuna in Grecia, Germania, Italia.
Anch’io avevo già cercato un passaggio per
l’Italia ma il mare era mosso. La mattina che ho
lasciato l’Albania ero andato al punto di ritrovo
per sapere quando avrei potuto riprovare.
Indossavo maglietta e jeans, in tasca i soldi
necessari, e il giorno giusto era quello”. Delle
ore che precedono il suo arrivo in Italia, Julian
ricorda “la sosta, prima dell’imbarco, in una
pineta, aspettando il buio. L’unico momento di
stop, perchè poi è stato tutto un andare. Ricordo
anche gli uomini armati che sorvegliavano la
costa e i gommoni che si trovavano al largo”.
C’è un momento che resta impresso nella
mente e nel cuore di chi lascia il proprio paese
via mare : “Me lo ricordo come fosse ora quando è sparita la terra e non si vedeva più niente.
Solo buio e noi, in trenta, su una bacinella in
mezzo al mare”. Quando spunta l’alba si vedono
già le luci della costa pugliese e il carico di essere umani compie a nuoto l’ultimo tratto del viaggio. “Eravamo sulla costa intorno a Lecce - prosegue il racconto - in una zona boscosa, senza
segni di vita. Lì c’era un uomo che ci aspettava,
lo chiamavano la guida. Il suo compito era portarci fuori dal bosco. Dalle nove e mezzo di sera
alle 3 del mattino non abbiamo fatto altre che
camminare, bagnati, affamati. Poi abbiamo fatto
una sosta in un gruppo di case abbandonate”. Il
viaggio a piedi si interrompe quando la “guida”
lascia la scena al “taxista” che per un’ora di
macchina “ci ha chiesto 300mila lire a testa”. Per
fortuna - continua Julian - “è arrivato un furgone
e ci hanno fatto lo sconto”.
Quando il mezzo viene intercettato dagli
uomini della Guardia di finanza, insospettiti dai
vetri oscurati, l’uomo alla guida spiegherà che il
carico umano non è altro che “un passaggio
dato a un gruppo di persone che faceva l’autostop”. Gli albanesi, invece, raccontano il viaggio
e quanto hanno pagato : “Ci hanno tenuto in
caserma un paio di notti, in sette in una stanza,
con una coperta e un letto a castello a due posti.
Di trenta che eravamo partiti, in venti eravamo
minorenni. Per poter mangiare abbiamo tirato
fuori i nostri soldi e gli agenti ci hanno comprato
dei panini”. Il viaggio finisce quando gli adulti
vengono rimpatriati e i minori inviati a un centro
di accoglienza a Foggia. “In realtà - è la storia di
Julian - io sono finito direttamente in ospedale.
Scontavo il freddo, la fame, la fatica. Quando
sono tornato in istituto avevo bisogno di lavorare
per rimandare a casa i soldi spesi per il viaggio,
più o meno un milione di vecchie lire. Così, da
giugno ad agosto, ho fatto il gelataio, il barista, il
garzone di un negozio di alimentari. Mi pagavano 2000-3000 lire l’ora e a settembre avevo già
spedito a casa il denaro necessario. A settembre la comunità di accoglienza mi ha iscritto alle
magistrali con indirizzo linguistico : studiavo sei
lingue, compreso l’italiano. Ma io sapevo che a
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MIGRANTI in-forma - Anno 2 - n. 1/2 2004 - Allegato al n. 1/2 2004 di Volontariato Oggi
GIOVANI MIGRANTI CRESCONO
casa c’erano mio padre, mia madre e due fratelli. Perciò dovevo lavorare e sono scappato”.
Non chiedete a Julian perché è arrivato a
Lucca. Vi spiegherà ciò che è ovvio : “Quando
devi scappare un posto vale l’altro”. Per tre settimane Lici abita in una fabbrica abbandonata,
rifugio provvisorio per altri connazionali.
“Mangiavo alla Caritas e cercavo lavoro senza
trovare niente. Il permesso di soggiorno l’avevo
lasciato a Foggia. Ai primi di febbraio non ho
retto più e ho cercato rifugio all’istituto Carlo Del
Prete. Alla fabbrica venivano i carabinieri, anche
alle tre del mattino. Io facevo da interprete, ma in
tasca avevo solo il tesserino del pullman. Un
militare una mattina mi indicò agli altri dicendo
“ma questo parla italiano meglio di mio figlio”.
Un corso di informatica e un lavoro in fabbrica segnano la svolta per il ragazzo sempre in
fuga che, compiuti i 18 anni deve però lasciare
la comunità. “A gennaio del 1998 è venuto mio
fratello che, a 17 anni, ha fatto in inverno lo stesso viaggio che avevo fatto io. Ho fatto domanda
di affidamento al giudice tutelare che, però, ha
preso una decisione lo stesso giorno che lui
compiva 18 anni. Per avere un permesso di sog-
giorno, così, abbiamo dovuto aspettare fino al
2003. Lui lavorava in nero, poi ha avuto un incidente ed è stato fermo tre mesi. Guadagnavo
solo io, ma ho preso una casa più grande per
fare il ricongiungimento con mio padre e mia
madre. Pagavo di affitto 1 milione e 200mila lire
e, da apprendista non arrivavo al milione e
mezzo di stipendio. Avevo anche cercato di
riprendere gli studi: dalle 7 del mattino alle 18,30
stavo in fabbrica, poi a scuola fino alle 23”. Nel
2001 Julian conclude il suo viaggio: arrivano i
genitori e poi l’ultimo fratello. “Oggi - spiega - ho
preso la carta di soggiorno. Che ti cambia la
vita, perché fino a che non ce l’hai sei permesso
dipendente. E’ come una droga, qualsiasi cosa
fai hai il permesso in testa”. Oltre a lavorare
come operatore Ram allo sportello per immigrati, Julian Lici frequenta la scuola superiore
“Matteo Civitali” ad indirizzo sociale. Un fratello
lavora, l’altro si sta diplomando come assistente
sociale e vorrebbe lavorare per gli altri immigrati. Da sei anni non torna in Albania, ma se gli
chiede se ci tiene ad essere albanese ti risponde senza indugio : E perché no ?”. E ha più di
un motivo per esserne orgoglioso.
DUE PROPOSTE DALLE ASSOCIAZIONI
Il Gruppo volontari accoglienza immigrati (Gvai) e Arci Nuova associazione propongono un
calendario di incontri sul tema dell’immigrazione.
Per il 18 maggio il Gvai ha organizzato l’incontro “Lo straniero nel pensiero contemporaneo”
con la professoressa Ilaria Vietina, insegnante di filosofia.
Per l’8 giugno, invece, presso la sede dei Missionari Comboniani di via dei Fossi 184, Lucca
(ore 21) è previsto l’incontro con l’avvocato Andrea Callaioli del Foro di Pisa sul tema “Lo straniero nella riflessione giuridica”.
Per informazioni 0583/953707.
Il calendario di iniziative dell’Arci, invece, prevede per il mese di maggio Maggio la festa del
Plenilunio di Maggio, Wesak (Festa di Buddha), in collaborazione con la comunità lucchese dello
Sri Lanka.
La cerimonia sarà officiata da un monaco buddista cingalese e da uno italiano.
Presso il Circolo Arci di S.Alessio. Per informazioni 0583/490004.
“Migranti in-forma”
è un bollettino realizzato dalla Provincia di Lucca - Servizio Politiche Sociali e Sport
Hanno collaborato: Rossana Sebastiani, Donatella Francesconi, Biancamaria Cigolotti, Loris Banducci.
Grafica: Gianluca Testa
Stampa e fotocomposizione: Nuova Grafica Lucchese.
Anno 2 – N° 1/2 2004 - Allegato al N. 1/2 2004 di Volontariato Oggi
Se volete ricevere la rivista, fare osservazioni o dare suggerimenti scrivete a:
Provincia di Lucca, Servizio Politiche Sociali e Sport, Cortile Carrara - 55100 Lucca;
tel. 0583 417752/208; e mail [email protected]
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