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Trent’anni di successi
PY 012:
Il Prototipo del futuro
LUCA GHIOTTO:
“Così studio
da campione”
n.1 - 2013
iMAGAZINE
TATUUS STORY:
LA
STORIA
“Quella
scommessa
con Renault”
2
3
rent’anni di corse, di avventure, di
successi. Dalla Formula Monza
alla Formula Renault 2000, dalla
Formula Ford alla nuova sfida nel
campo dei prototipi. Tatuus
Racing, la creatura di Artico
Sandonà a Gianfranco De Bellis dal 1980 in poi
si è guadagnata fama e credibilità
internazionale nel motorsport: investendo su
passione, efficienza e capacità di fornire ottimi
prodotti a costi concorrenziali. Le grandi doti
dell’imprenditoria italiana, e in particolare di
quella lombarda.
«La Tatuus è nata negli anni ’80 proprio dalla
passione del mio socio Artico Sandonà per le
corse, per la Formula Monza in particolare»,
spiega Gianfranco De Bellis nel suo ufficio di
Concorezzo, in provincia di Monza.
«L’azienda del padre in origine si occupava di
carpenteria, ma lui iniziò proprio lì a
costruire macchine da corsa. Anch’io
frequentavo la Formula Monza, ma da pilota;
quando ho smesso di correre le nostre due
passioni si sono unite».
Il nome Tatuus, per chi non lo sa, viene dal
vezzeggiativo – “Tato” ‐ con cui Artico
Sandonà veniva chiamato in famiglia da
piccolo. E proprio come una creatura molto
amata e molto curata è cresciuta negli anni
anche la Tatuus.
«Io ho frequentato la scuola federale di
pilotaggio, scuola di cui a distanza di anni
gestiamo le macchine, nel 1982», racconta De
Bellis. «Al corso ero andato in treno perché
T
non avevo la macchina; del resto a fare le gare
a Monza andavo in bicicletta: erano altri
tempi. Uno degli istruttori era Alberto
Colombo, titolare della Sanremo Racing, team
storico all’epoca. Vide che mi davo da fare, che
cercavo sponsor e mi chiese di diventare
direttore sportivo del suo team. Era il mio
sogno. Quando Alberto ha lasciato l’attività
delle corse, io insieme a un altro ragazzo di
Monza che seguiva come fotografo la Formula
Monza e che purtroppo è mancato, abbiamo
creato una società che fornisse servizi ai team:
cartelline stampa, fotografie, adesivi,
hospitality, così potevano appoggiarsi per ogni
necessità a un’unica società. Era un’esigenza
che avevo avvertito quando ero direttore
sportivo del team. Qualche anno dopo siamo
entrati in società con Sandonà, che cercava
qualcuno che lo aiutasse a crescere, poi sono
rimasto solo io con il 50 per cento».
La svolta arrivò all’inizio degli anni ’90, grazie
ad una opportunità legata alla Renault.
«A fine ’94 la Renault propose un nuovo
regolamento per una macchina con il telaio
tubolare, nuovo motore, nuovo cambio. Era
aperta a tutti, io presi contatto e capii che si
trattava di una occasione d’oro per il mercato
europeo. Ci saremmo scontrati con costruttori
molto importanti ed era un buon banco di
prova per capire se eravamo in grado di
affrontare la sfida».
«Erano gli anni in cui Dallara iniziava a
proporsi contro gli inglesi ‐ continua De Bellis
‐ all’epoca i marchi che andavano per la
maggiore erano Van Diemen, Swift, la francese
Martini. Il primo anno arrivammo con 3, 4
macchine ma faticammo molto: tutti
compravano le altre. Imparammo però ad
apprezzare Renault Sport, quello che facevano
per promozione sportiva. Ci diedero un aiuto
importante perché dopo aver visto il progetto
ci comprarono la prima macchina. Invece dei
soldi ci pagarono con 3‐4 kit, che allora
avevano un valore di 60 milioni di lire».
La spinta giusta. Ma ancora una volta per
trasformare l’opportunità in successo sono
servite doti imprenditoriali – coraggio,
professionalità, amore per l’innovazione – da
affiancare alla passione per le corse. «Da lì
siamo partiti», continua De Bellis. «Abbiamo
avuto la fortuna, che serve sempre vuole, ma
anche la bravura di fare qualcosa di diverso
dagli altri costruttori. La macchina funzionò
benissimo. Nel primo anno partecipammo al
campionato europeo: 6 pole position su 10 gare.
Vincemmo 4 gare, le uniche che la macchina
terminò, per via di problemi elettrici».
E nel 1996 arrivarono 35 ordini. «In quel periodo
esistevano il campionato europeo, l’inglese, il
tedesco e lo spagnolo: li vincemmo tutti. Nei 5
anni successivi abbiamo conquistato 4
campionati europei, 4 inglesi, 4 tedeschi, 2
spagnoli e uno francese. Nel ‘98‐‘99 il 70 per
cento dei team utilizzava nostre macchine. Ne
costruivamo più di 100, e soprattutto eravamo
presenti sui campi di gara con i ricambi,
fornivamo un servizio diverso, organizzavamo
test durante l’inverno dividendo i costi.

Domenico Porfiri di Renault Italia e Gianfranco De Bellis
2
Gianfranco De Bellis e Artico “Tato” Sandonà
Corrado Casiraghi
«Nessuna rigidità e collaborazione
con i team, questo è lo stile Tatuus»
Corrado Casiraghi, laureato in Ingegneria
Aeronautica al Politecnico di Milano, è una delle
giovani colonne della Tatuus. Segue la
progettazione, in particolare quella che riguarda
l’aerodinamica, e cura l’assistenza tecnica ai
team. «Alla Tatuus sono arrivato portando il
curriculum – spiega – mentre la passione per i
motori l’ho sviluppata per… osmosi, essendo nato
e cresciuto appena fuori dal circuito di Monza».
Come è organizzato il lavoro alla Tatuus?
«Non essendo una grande realtà non ci sono
ruoli rigidamente definiti e questo è positivo.
Il lavoro quindi varia dalla progettazione dei
componenti all’assistenza ai team durante i test.
Seguo la progettazione fino a un certo punto,
poi nel momento in cui comincia l’attività in
galleria del vento passo alla parte più
sperimentale rispetto a quella puramente di
disegno.
Quando mi occupo dei team l’istruzione
rappresenta il grosso del lavoro, soprattutto dal
punto di vista della gestione della macchina e dei
dati che vengono acquisiti. Ad esempio, se
parliamo degli ultimi due nostri progetti, la
Formula Abarth e il Prototipo, la grossa
differenza rispetto a macchine per noi
“tradizionali” come quelle della Renault 2000, è
che la quantità di informazioni da raccogliere, e
che il team può utilizzare, è molto superiore,
poiché la complessità dei sistemi di acquisizione
a sua volta è cresciuta molto.
Quindi c’è tanto lavoro di istruzione, anche di
base, al di là dello studio degli assetti o del lavoro
puramente tecnico che varia da team a team. Noi
cerchiamo di dare il massimo supporto in modo
che siano i team a crescere e a far crescere di
conseguenza le prestazioni delle macchine».
Ci può parlare più in dettaglio degli ultimi due
progetti?
«L’Abarth è un progetto interessante, nel senso
che contenimento dei costi e tempi di
realizzazione sono stati gli obiettivi prioritari.
Abbiamo quindi cercato di fare il meglio
possibile già in stadio di progettazione,
integrando studi fatti per altre vetture. Per la
Sport abbiamo avuto un po’ più di tempo.
Stiamo ancora imparando come funziona il
concetto della macchina, e lavorando sullo
sviluppo per migliorarla. E’ stato molto
istruttivo per noi perché ci sono aspetti nuovi ‐
impianti in vettura, luci, impianti benzina per
le gare di durata ‐ che non avevamo mai
considerato prima».
In che cosa si distingue l’approccio italiano
all’engineering?
«L’approccio italiano è più versatile ed elastico di
quello inglese. Una volta dato un sistema, in
Inghilterra difficilmente viene stravolto. Da noi si
dà più peso all’aspetto della gestione in pista, del
costo della macchina rispetto al puro approccio
tecnico e di performance. E in Italia abbiamo
esempi di progettisti che riescono a ottimizzare il
rendimento complessivo anche dal punto di vista
delle prestazioni, non solo da quello della
gestione».
Un esempio?
«L’inizio di tutto è forse stato il telaio in fibra di
carbonio in Tatuus, anche se io non lavoravo
ancora qua. Probabilmente agli occhi di un
inglese allora sembrava impossibile fare una
macchina a quei costi con un telaio in fibra di
carbonio, perché il suo concetto di telaio è
l’unico che conosce, cioè quello della Formula 1.
E’ chiaro che non può avere le prestazioni della
Formula 1, perché è evidente che non avrà gli
stessi materiali, le stesse finiture: tante cose
vanno sacrificate per il contenimento dei costi.
Per chi è nato nella cultura anglosassone
dell’engineering è più difficile prendersi questo
rischio».
Qual è il progetto che la entusiasma di più?
«A me piacciono molto le vetture Sport, che
stiamo iniziando a conoscere, e che
appartengono a una realtà più compatibile con la
nostra rispetto alla Formula 1. La Formula 1 è a
ordini di grandezza di distanza. I progetti P2
sono ancora al di sopra di quello che abbiamo
realizzato in passato, ma non sono
filosoficamente incompatibili. E’ il prossimo
traguardo che vedo, molto impegnativo ma
molto affascinante».
3
Decidemmo di
uomini Renault».
condividere le nostre
Una “dote” capace di
informazioni con team,
annullare anche difficoltà
di offrire i nostri set up:
improvvise. E non da
era una novità assoluta.
poco.
Così tanti piccoli team,
«La banca ci aveva
partiti dal nulla, hanno
assicurato una linea di
potuto crescere».
credito ma quando il
Il tassello più
contratto cambiò
Gianfranco De Bellis e Giancarlo Minardi
importante,
cambiarono anche i
accompagnato da non pochi patemi d’animo,
parametri bancari. Venivamo da 5 anni di
arrivò con la nascita della Formula Renault
Renault: conoscendo la validità degli uomini
2000. «Il prezzo delle vetture cresceva di anno
impegnammo tutto quello che avevamo.
in anno», spiega De Bellis. «Fino a quando la
Facemmo la presentazione della scocca e del
Renault ebbe la brillante idea e il coraggio, ‐
motore con Contzen, Charles, Porfiri a giugno
grazie a Christian Contzen, Daniel Charles e a
‘99. Preparammo nella notte una brochure,
Domenico Porfiri di Renault Italia ‐ di dar vita
con dei disegni perché
a un campionato monomarca con macchine
non esisteva niente: a
tutte uguali con un prezzo “impossibile”. Ci
partire dalla settimana
convinsero a non pensare alle perdite iniziali e seguente arrivò una
ci garantirono il loro appoggio e
pioggia di ordini con
l’organizzazione di quattro campionati. La
acconti che nessuno si
richiesta era di costruire 80 macchine senza
aspettava, nemmeno i
garanzia di acquisto, ad un prezzo che doveva
team. La domanda di
scendere del 30 per cento rispetto all’anno
tutti era: se il prezzo
prima. Cifra bassissima, ma con telaio in
della macchina è 32.500
carbonio omologato Fia dell’anno 2000,
euro, il motore quanto
cambio sequenziale‐manuale che nessuno
costa, e il cambio?
aveva mai utilizzato: in Formula 3 lo
All’epoca la macchina in
adottarono nel 2003, 3 anni dopo. Per mesi io e tubolare si vendeva
Sandonà letteralmente non dormimmo. Il
intorno ai 95 milioni di lire, 47‐48 mila euro di
contratto era molto impegnativo, con molte
oggi, con motore 8 valvole, cambio 5 marce ad
penali, ma potevamo contare sulla fiducia degli H, freni e aerodinamica limitate.
4
Morale: dovettero posticipare la prima gara del
campionato europeo del 2000 perché avevamo
troppi ordini e non ce la facevamo. Alla fine
lavorammo anche di notte, sabato e domenica
compresi. Eravamo in 25, assemblammo le
scocche in piedi perché non c’era
materialmente lo spazio, con l’aiuto di esterni
che assemblavano alcuni particolari. Da lì è
partito grande successo Formula Renault 2000.
Al termine dei 10 anni con due kit di
modifiche siamo arrivati a costruire più di 900
vetture. Ci sono stati anni in cui correvano 13
campionati di Formula Renault 2000 in tutto il
mondo».
Una storia di successo, appunto. Iniziata con
una scommessa.
«In seguito con Renault
abbiamo fatto Formula
Renault 1600, Renault
V6. Inoltre FC 106 per
Honda, Toyota e Nissan
per il Giappone,
Formula Toyota,
Formula Master.
Dobbiamo ringraziare la
Renault, perché io non
so se avrei affidato al
posto loro un progetto
così impegnativo a una
ditta come la nostra. E’
vero però che noi abbiamo dato tutto quello
che potevamo, e di più. Una parte del merito è
anche nostra».

La zona assemblaggio nella factory di Concorezzo
Brandon Maisano con il Prototipo a Magione nel 2012
Luca Orlandi
“Libertà e autonomia: il motorsport
ti fa crescere professionalmente”
Luca Orlandi, laureato in Ingegneria
Meccanica presso la Facoltà di Ingegneria di
Brescia, ha avuto come mentore l’Ingegner
Gadola. In Tatuus, spiega sorridendo, «mi
occupo della progettazione di qualsiasi cosa si
pensi di realizzare, dalle vetture
all’installazione di componenti come il cambio
elettrico Magneti Marelli, alla progettazione di
modellini per la galleria del vento. Seguo
magari meno la pista. In pratica opero da
supervisore: vedo cosa succede alle macchine,
intervisto i team, cerco di capire le loro
esigenze, le rielaboro e offro soluzioni. Non
offro aiuto diretto al team ma cerco di capire il
problema, di interpretare. Intervengo sul
progetto solo se necessario».
Come è arrivato in Tatuus?
«Occuparmi di macchine da corsa in realtà
non era mio obiettivo. Sono sempre stato
appassionato di motociclette, il mio sogno era
progettare moto. Mi è stata però offerta la
possibilità di lavorare in Tatuus alla fine del
mio percorso di studi, e oggi farei fatica adesso
a cercare altro. La cosa bella di questo lavoro è
la libertà che ti offre, l’autonomia nelle scelte».
Anche lei è convinto nel programma che
riguarda il Prototipo?
Il progetto della Sport mi “prende” parecchio
perché la mia tesi di laurea
riguardava su un piccolo Cn,
quindi sul progetto sto
riversando tutta l’esperienza fatta
durante la tesi. Le gare non sprint
ma di durata del campionato
VdeV e Speed sono stimolanti
anche dal punto di vista della
progettazione. C’è qualcosa in più
rispetto alla Formula, che deve
durare mezz’ora e nell’arco del
weekend gira al massimo 2‐3 ore
di pista, un complessità che
riguarda anche l’organizzazione
pre‐gara e la strategia della pista.
E’ quello che mi attira di più al momento».
Le corse possono ancora avere una ricaduta
tecnologica sulle vetture di tutti i giorni?
«In Tatuus, a partire dalla progettazione della
macchina nella galleria del vento, abbiamo
studiato anche una piccola city‐car ibrida: da
questo punto di vista è un ottimo lavoro
perché offre la possibilità di crescere e di far
esperienza, anche se per ora
la city car è rimasta un
progetto. Abbiamo
realizzato un prototipo con
motorizzazione elettrica a
cui ha collaborato l’Ingegner
Giancarlo Bruno».
L’esperienza nel motorsport
può aprire orizzonti
professionali anche al di
fuori delle corse?
«Il budget di conoscenze che
mettiamo da parte mi ha
fatto crescere da un punto di
vista sia personale sia culturale. Credo mi
possa servire anche al di fuori dell’ambito
racing, o dell’automobile in generale».
5
Tatuus, le sfide
“Nuovi mercati e competizione
il vero obiettivo è la continuità”
Dall’avventura della Formula Renault Alps, che
oggi sta lanciando piloti italiani di grande
interesse come Fuoco, alla voglia di nuove
sfide, la Tatuus è cresciuta così. Con la stessa
passione di sempre, l’esperienza accumulata
stagione dopo stagione e strumenti di lavori
raffinati come la galleria del vento, dove è
stato testato il prototipo PY 012 che partecipa
al campionato VdeV. Le linee guida che
sostengono la filosofia aziendale sono semplici,
ma importantissime. «La nostra priorità è la
disponibilità verso il cliente», spiega
Gianfranco De Bellis. «Sappiamo di essere
un’azienda piccola, la nostra fortuna è di
impiegare ragazzi che amano e vengono da
questo sport. Grazie a loro riusciamo sempre a
rispettare gli impegni. Il cliente ci conosce: sa
che se chiama a mezzanotte qualcuno
risponde. Siamo partiti grazie alla Formula
Monza, e l’autodromo di Monza nelle
competizioni rappresenta una risorsa, un
enorme serbatoio di personale. Ingegneri,
meccanici, piloti: Alboreto iniziò con la
Formula Monza, e come lui Stefano Modena,
Fabrizio Barbazza». Con l’orgoglio di aver
costruito una via italiana all’engineering,
sulle orme e in parallelo a quanto ha fatto
Gian Paolo Dallara in Emilia‐Romagna.
Conquistando, cioé, una leadership a livello
mondiale.
«Negli ultimi 15‐20 anni noi e Dallara abbiamo
spostato il baricentro di competizioni che
erano solo inglesi. Forse non abbiamo ricevuto
apprezzamento o aiuto dalle nostre istituzioni,
dalla Regione Lombardia, dal sistema Italia.
Credo che questo sia un cruccio comune ad
altre piccole realtà di eccellenza. La Ferrari
attira su di sé il 99 per cento degli interessi.
Intendiamoci: è innegabile che a Maranello
questo primato se lo siano costruiti, e che
rappresenti un punto d’orgoglio italiano. A
volte può aver però tarpato le ali ad altre
realtà. Penso a Minardi, persona eccezionale:
20 anni in Formula 1, quello che ha fatto lui
non avrei mai avuto il coraggio di farlo, senza
avere in cambio benefici. Se fosse nato in
Inghilterra, probabilmente oggi lo
chiamerebbero Sir Minardi».
La battaglia per convincere i mercati
tradizionali che il prodotto italiano è affidabile,
anzi eccellente, è stata vinta. La strada per non
adagiarsi sugli allori vinti passa per nuovi
confronti, nuovi orizzonti.
«La competizione con altri ci è sempre
piaciuta», conferma De Bellis. «Nel 97‐98‐99
abbiamo gareggiato in Formula Ford negli Stati
Uniti ed è stata una bella esperienza: abbiamo
venduto macchine, c’era molto entusiasmo.
Un’avventura anche quella: prodotta la
macchina, siamo andati giusto a provarla e
l’abbiamo spedita negli Stati Uniti. Per gli
States giravamo con la piantina in mano,
eppure abbiamo vinto la prima gara e finito il
campionato secondi, conquistato il
campionato sugli ovali. Si stava aprendo il
mercato, ma nel ‘99 dopo la firma con Renault,
non ce la siamo sentita di proseguire. E’ stata
una scelta giusta; forse avremmo potuto fare
un ulteriore sforzo, ma è andata bene così». 
Eugenio Bardoscia
“Con l’integrazione fra Cfd e galleria del vento
è cambiato il modo di progettare”
Eugenio Bardoscia, 39 anni, alla Tatuus dal 2004, è
ingegnere aeronautico e proviene dal dipartimento
di ingegneria aerospaziale di Pisa. «A Pisa tutt’ora
si impara la Cfd, la Fluidodinamica
computazionale – spiega Bardoscia ‐ I primi
approcci li ho avuto lì, anche se le prime
applicazioni non riguardavano il motorsport».
Ci racconta il suo percorso professionale?
A fine anni ‘90 a Pisa ho lavorato in settori
altamente specializzati. In quegli anni partirono
progetti in collaborazione tra Ferrari e il mio
dipartimento per verificare l’efficacia del Cfd così
da affiancarlo a quello tradizionale della galleria
del vento. Questo tipo di indagine numerica fu poi
estesa ad altri settori altamente competitivi, ad
esempio alle barche di Coppa America. Fino a
metà anni 2000 gran parte delle riviste che si
occupavano di Cfd avevano come oggetto
principale di studio il motorsport o l’ambiente
automotive. Ora questo strumento si è talmente
diffuso che il motorsport è diventato quasi una
nicchia, perché la simulazione ha preso piede in
tutti i campi».
In cosa consiste la Cfd e quali sono le sue
applicazioni attuali?
«L’evoluzione dei software permette ormai di
legare la simulazione dei fluidi a quella strutturale;
accoppiare questi due risultati per ottenere valori
che aiutino nelle scelte progettuali, prima ancora
di costruire il primo prototipo, è un grande
vantaggio. Ormai si parla di progettazione guidata
dalla simulazione.
Le diverse fasi del progetto si devono integrare e
confrontare».
Come viene utilizzato questo compromesso
vincente dalla Tatuus?
«Io mi occupo principalmente di simulazioni
fluidodinamiche. Da quando è stato introdotto
questo strumento in azienda tutte le nostre
macchine sono passate attraverso questo tipo di
indagine preliminare, che è stato impiegato
abbondantemente anche per il progetto del
prototipo. E’ un punto di inizio per lo sviluppo e
per ciò che avviene poi quando la scala diventa 1 a
1. Potrebbe essere visto come primo punto di
arrivo per gli studi della Cfd, perché per arrivare
alla definizione di quelle linee ne sono state
vagliate tante altre, con forme completamente
diverse, una scrematura che poi ha via via
permesso di “congelare” le varie parti della
macchina. In seguito sono state affinate, e col
passare del tempo lo saranno ancora di più, ma
quello è un primo risultato degli studi a monte».
Per una azienda come la Tatuus che importanza
hanno queste tecnologie?
«Forse proprio perché la Tatuus è un’azienda di
piccole dimensioni ha più senso utilizzarle.
Disponendo di budget limitati, un numero elevato
di simulazioni preliminari permette di sbagliare
meno in seguito. Realizzare un modello da galleria
del vento non ha un costo trascurabile: tanto più si
riesce a simulare a monte, tanto meno si perde
tempo dopo. Qui si innesta anche il discorso
legato alle risorse di cui questo strumento
necessita. Il costo dell’hardware negli ultimi 10
anni è andato in picchiata, quindi ora si può
pensare di reinvestire in altri modi, ad esempio
aumentando il numero delle licenze per i software,
il cui costo rimane elevato».
Non si arriverà mai ad avere una macchina
completamente pensata in laboratorio?
«Ci hanno già provato in Formula 1, con
l’esperimento della vecchia Virgin, che si diceva
fosse stata completamente progettata in
laboratorio. Ma è un compromesso: ogni misura
sperimentale, finita la galleria, ha i suoi margini di
errore e di incertezza. Si validano l’una con l’altra
ma vanno anche validate dalla pista. Storicamente
la galleria ha vissuto senza la Cfd, ma ora la Cfd
può dare quell’aiuto che permette di spendere
meno in galleria».
Qual è il progetto che la coinvolge di più al
momento?
«Il prototipo: una macchina nuova che non aveva
una tradizione consolidata in azienda, anche se
tutte le conoscenze del Formula sono state
riversate nel progetto. Siamo partiti da un foglio
bianco, e giorno dopo giorno ci siamo scontrati
con nuovi problemi da risolvere. Anche in
prospettiva offre gli spunti più interessanti.
E’ come girare pagina e ricominciare da capo,
sempre stimolante. In più, grazie a strumenti che
sono molto flessibili, possiamo accogliere le
richieste più disparate, e fare sviluppo a 360 gradi.
Tutto ciò che è aria, o fluidi che si muovono
intorno, può essere in qualche modo simulato e
affinato».
Crede, proprio per questo motivo, che in futuro la
Tatuus possa occuparsi anche di progetti esterni al
motosport?
«Tutto va nella direzione di un incontro
dei vari settori. La storia dell’azienda
ci dice che costruiamo macchine da corsa
perché all’inizio c’erano persone che avevano una
passione e l’hanno fatta diventare un business.
Altre passioni potrebbero dunque diventare
oggetto di lavoro, per gusto personale o interesse.
E se parliamo di fluidi che si muovono,
aerei o barche potrebbero rappresentare una
bellissima evoluzione».
7
La nuova avventura
nel mondo dei
prototipi incarna la
possibilità di riaprire
il discorso:«negli
ultimi 12 anni,
durante i quali
abbiamo prodotto più
di 1300 vetture, siamo
sempre stati impegnati a seguire questi clienti
e i mercati cinesi, giapponesi, brasiliano e
messicano. Non abbiamo mai avuto il tempo
per ritornare in competizione, e questo ci
mancava. Abbiamo ritenuto quindi
interessante iniziare a progettare e realizzare la
vettura prototipo, che ha già avuto un buon
mercato sopra le aspettative. Non avevamo mai
fatto vetture a ruote coperte e per noi è stata
una piacevole sorpresa. La possibilità di
utilizzare scocche in carbonio, con progetti ex‐
novo, ci ha affascinato, e la riteniamo più alla
nostra portata come struttura e competenze
tecniche. Anche perché oggi è più difficile
identificare l’oggetto della competizione. Solo
il mercato di Formula 3 è aperto, sappiamo
però che in Italia esiste un produttore
fenomenale – la Dallara ‐ con cui peraltro
abbiamo un ottimo rapporto. Vogliamo
affrontare sfide impegnative che un domani
possano offrire un ritorno all’azienda per farla
andare avanti. Oggi non abbiamo i mezzi
economici per rivaleggiare Dallara… magari un
giorno: ci interesserebbe tantissimo. Ma non
adesso».
Progettare il futuro significa anche
differenziare le proposte, trovare nuovi
Le monoposto della F. Challenge giapponese
8
partner, osservando
con attenzione cosa
accade nei mercati
in espansione.
«Oggi le persone
che possono
dedicarsi a questo
F.Master
sport sono calate
perché i costi sono
molto alti, anche nelle categorie minori. Ma ci
sono mercati interessanti: la Cina per esempio.
Da diversi anni abbiamo ottimo rapporto con
Davide De Gobbi, che ha acquistato macchine
nostre e fatto partire laggiù un campionato
Formula Abarth. Quest’anno c’è stata la
trasformazione, con la nuova motorizzazione
Volkswagen, un grande marchio con cui
Davide collabora da diversi anni. Volkswagen
ha apprezzato il
prodotto e per noi
è stato affascinante
lavorare
direttamente con
loro, in Germania e
Cina, condividere
le nostre idee su
come adattare il
motore al telaio già
esistente, realizzare
le modifiche alla carrozzeria, riuscire a
produrre tutto in tempo e arrivare in pista per
la prima gara senza nessun problema. Il
mercato sudamericano, sotto la spinta dei
piloti di Formula 1, è molto buono. E’ partita
un’altra iniziativa con macchine nostre a
Taiwan, dove hanno costruito una pista e
stanno realizzando un secondo circuito.
Continua poi l’ottima collaborazione con
Toyota Nuova Zelanda, siamo al decimo anno
in cui utilizzano le nostre vetture, e c’è una
trattativa per realizzare una vettura nuova. E
in Giappone la scuola piloti Toyota utilizza
macchine Tatuus. Da un anno è partita una
miniserie con poche macchine in Russia,
stanno arrivando piloti anche molto validi
dall’est. Sono tutti mercati che hanno un
potenziale superiore».
Stretti dalle esigenze di un presente non facile
in tutti i campi e sotto molte latitudini, il
business‐plan più autentico è quello di
costruire un futuro. La vera sfida è saper
guardare avanti. «Mi piacerebbe lasciare la
testimonianza che siamo riusciti a costruire a
qualche giovane», conclude De Bellis. «Il
ricambio è
fondamentale. Di
errori ne abbiamo
fatti tanti, ma se
riesci a far
convivere
l’esperienza che
hai maturato,
partendo dal
Renault V6
niente, con
l’entusiasmo di
giovani che hanno passione, intelligenza e
maturità, la strada per il futuro è tracciata. Ho
una bellissima famiglia, altri interessi che a
fatica coltivo, non mi vedo a 80 anni a fare
quello che faccio oggi. Mi piacerebbe che a
portare avanti il progetto fossero altri, e
semmai essere di aiuto nel caso servisse».
a global motorsport partner
Magneti Marelli Motorsport designs and produces electronic and electro-mechanical systems for two
and four wheels racing vehicles.
Present in the world of competitions since 1919, it develops hi-tech systems for engine control and
data acquisition, telemetry systems, electro-hydraulic and fuel components, energy recovery systems.
magnetimarelli.com/focus-on-racing
is an open window on the world of motorsport competitions: news, results,
race classifications, statistics and history.
Tatuus ne
F.Renault 2.0
Europeo
Italia
Regno Unito
Svizzera
Francia
Germania
Danimarca
Olanda
North European Cup
West European Cup
Usa
Messico
150
i kit prodotti nel 2013
per la F.Renault 2.0
Formula
Formula
Formula
Formula
Formula
Formula
Formula
Formula
Monza
15 vetture
Panda Monza
70 vetture
Konig
50 vetture
Marbella
25 vetture
Alfa Boxer
15 vetture
Renault 95/97
100 vetture
Ford 2000
15 vetture (Usa)
Ford 1600
10 vetture (EU)
Formula Renault 2.0
Formula Renault 1.6
Formula Renault V6
850 vetture
130 vetture
30 vetture
Formula Toyota
40
Formula Challenge Japan
30
Formula Master 50
Formula Abarth
120
Prototipo PY 012
15
vetture
vetture
vetture
vetture
vetture
Formula Toyota
el mondo
F.Renault 1.6
Belgio
Spagna
Italia
Messico
Usa
F.Master
Europa
Prototipo PY 012
VdeV (Europa)
F.Abarth
Italia
Europa
Asia
Panamerica
F.Challenge Japan
Giappone
F.Renault V6
Europa
Asia
F.Toyota
Nuova Zelanda
11
LA
NOVITÀ
PY 012
o
p
i
t
o
t
o
r
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il
del futuro
le gare endurance la Tatuus
r
pe
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al
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st
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Con la vettu
. L’obiettivo era
ito
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PY 012
apre. Una
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’orizzonte che si allarga,
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scommessa in più da vin
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ssione per le corse. Batte
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entati è il segreto per ma
sconosciuti o poco frequ
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Tatuus, dopo oltre trent’
sempre giovani, e per la
ovata) giovinezza si
successo, l’elisir di (rinn
costruire monoposto di
getto che negli anni
ipo di classe CN2 è il pro
chiama PY 012. Il protot
factory di Concorezzo.
maggiore entusiasmo la
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Casiraghi, per continuare
Luca Orlandi e Corrado
A partire dagli ingegneri
a e ovviamente con i due
amica Eugenio Bardosci
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De Bellis. «Sì, per noi il
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13
14
La PY012 è nata sui tavoli, nei computer
e nella galleria del vento di
Concorezzo, sei mesi di studi
approfonditi per trovare il progetto
giusto capace di coniugare
prestazioni, facilità di utilizzo sia
nelle gare in pista sia in quelle in
salita, e costi ridotti. Un design
accattivante, ma soprattutto funzionale,
di dimensioni contenute come
consentono i regolamenti FIA di
categoria, con una carrozzeria che non
comporta grandi difficoltà di
manutenzione. E soluzioni meccaniche
anch’esse all’insegna della praticità: come
le sospensioni a barra di torsione a due
ammortizzatori, a cui può essere
aggiunto un terzo elemento in grado di
regolare l’altezza da terra e quindi
consentire ai piloti più “agilità” e
sicurezza sui cordoli. La monoscocca è
in carbonio, la resistenza ai crash test
va oltre i parametri richiesti dalla FIA e
comprende anche la dislocazione delle
strutture collassabili in posizioni
strategiche per ridurre i costi dei pezzi
di ricambio. Caratteristiche che hanno
attratto le scuderie del campionato
Endurance VdeV, per il quale sono
state realizzate 15 PY 012, compresa
quella schierata proprio dalla Tatuus
Racing con Sebastian Merchan e il francese Brandon
Maisano, che dalla tappa di Digione ha affiancato il driver
ecuadoriano. Ad Aragon. nella più recente tappa del campionato
è arrivato i secondo posto in qualifica. «Anche in gara siamo
stati a lungo in testa – continua De Bellis – e possiamo dire che
proprio dalla gara di Motorland abbiamo capito di avre
imboccato la strada giusta. Ora ci aspettiamo un finale di
stagione pieno di soddisfazioni, in attesa del 2014. Siamo molto
contenti dei nostri due piloti, con i quali abbiamo svolto un
lavoro interessante nelle sessioni di test (l’ultima a Misano a fine
luglio), raccogliendo dati molto importanti». In occasione della
12 ore di Motorland fra l’altro si aggiunto al campo dei
partecipanti il team Ultimate, che ha sede a Saint Gregoire, in
Francia, e la cui responsabile tecnica è Marie‐Alice Lahaye,
moglie di Matthieu Lahaye, il drivere che in Spagna ha
condiviso l’abitacolo con il fratello Jean‐Baptiste e con Francois
Héreiu. La Ultimate nel 2014 schiererà anche una seconda
vettura Tatuus, a testimonianza del gradimento che il prototipo
italiano sta riscuotendo. Gli ultimi appuntamenti della stagione
2013 del Campionato VdeV sono in programma a Magny‐Cours
il 25‐26‐27 di ottobre, e all’Estoril dal 15 al 17 novembre.
A Concorezzo non si nascondono di aspettarsi in
quell’occasione una prova di maturità sia da parte del team sia
da parte del piccolo gioiello che si chiama PY 012.
15
IL
PILOTA
U
“ na vettura
che ti fa
crescere”
Il driver vicentino è uno dei protagonisti della Formula Renault
Alps in questo 2013. Dal suo debutto in monoposto Luca Ghiotto
ha sempre guidato vetture Tatuus: per due anni in Formula Abarth
ed ora nella serie del costruttore francese organizzata
dalla Fast Lane di Domenico Porfiri. Scopriamo insieme a lui
quali sono i pregi di questa monoposto
16
Luca, come ti trovi con la Tatuus Formula
Alps?
«Mi trovo bene, è una macchina simile
all’Abarth, l’unica altra monoposto che ho
guidato nella mia carriera, ma rappresenta un
piccolo passo avanti dal punto di vista
evolutivo. Va guidata come se fosse un kart, nel
senso che bisogna portarla al limite soprattutto
a centro curva per cercare di andare forte,
perché non ci sono motori con grosse potenze
ad aiutarti».
Quali sono secondo te le soluzioni tecniche
più interessanti?
«Questo telaio è una via di mezzo tra una
Formula 3 ed una Formula Abarth. I tempi sono
vicini a quest’ultima, ma come stile di guida per
certi aspetti è simile alla F3 ».
E' un tipo di vettura che ti può preparare
bene a categorie superiori? E perché?
«Secondo me è una vettura propedeutica a
categorie superiori perché l’aerodinamica non è
molto esasperata, e quindi ti insegna a guidare.
Non c’è tanta potenza, che in alcuni casi ti può
salvare se fai degli errori, quindi devi guidare
pulito, e sfruttare aerodinamica e meccanica in
curva. In WSR e GP2 con 500 CV è proprio la
potenza che ti assiste, ma se disponi di buone
basi di guida arrivando da una categoria come la
F.Renault Alps, parti favorito rispetto agli altri».
Puoi fare un raffronto con la Formula
Abarth che hai provato l'anno scorso?
«Esteticamente sono vetture simili, ma si
possono avvicinare anche come stile di guida. A
fare la differenza sono anche le gomme, perché
si passa ad una mescola molto performante
come Michelin. Come bilanciamento le
macchine si assomigliano, a dimostrazione che
il pacchetto è vincente. Il Renault ha una
miglior frenata, simile alla Formula 3».
Quali sono i tuoi obiettivi nel campionato?
E i tuoi sogni per la carriera?
«Nell’Alps punto ad arrivare secondo, perché
con i problemi di adattamento agli pneumatici
che ho avuto ad inizio anno, essendo abituato
alle Kumho, ho perso tanti punti su Fuoco. Se
avessi corso come ho poi fatto a metà stagione,
ora avrei potuto lottare per il titolo. Purtroppo
a Imola avevo già 50 punti di ritardo. Per
quanto riguarda la carriera, il sogno è di arrivare
in Formula 1, ma mi piacerebbe anche diventare
un pilota professionista in programmi come
DTM o Le Mans».
Quali suggerimenti daresti, da pilota, agli
ingegneri Tatuus per migliorare
ulteriormente la vettura?
«Difficile migliorare una vettura che deve
mantenere questi standard! È una monoposto
nata per svezzare i giovani nel passaggio dal
kart alle formule, e non credo che debba essere
modificata. Se la macchina è troppo
performante non si ha poi il salto di qualità con
la Formula 3, quindi credo che in Tatuus
abbiano fatto un buon lavoro».
Antonio Caruccio
17
IL
TECNICO
L
“ a passione
prima di tutto”
La collaborazione fra Tatuus e Magneti Marelli è l’esempio di un’inte‐
sa perfetta fra due realtà italiane di rilievo internazionale. Matteo
Mereghetti, programmatore della Magneti Marelli ci spiega il segreto
del successo e ci svela gli ultimi progetti comuni
Matteo Mereghetti, programmatore della
Magneti Marelli, è uno dei più stretti
collaboratori della Tatuus. Un prezioso aiuto
nello sviluppo degli ultimi progetti curati dalla
fabbrica di Concorezzo, in un settore, quello del
software applicato al motorsport, che negli
ultimi anni ha conosciuto una grande
evoluzione. Anche se Matteo nel mondo del
lavoro non è entrato occupandosi di cambi e
motori, anzi.
«Ho iniziato 12 anni fa a fare il programmatore
in un ambiente
totalmente diverso –
spiega Mereghetti ‐
mi occupavo di
tracciabilità della
carne, e l’ho fatto
per sei anni, poi
sono passato a
programmare su
palmari. Quando ho
saputo che la
Magneti Marelli
cercava personale,
spinto dalla passione
per il motorsport ho
mandato il
curriculum, e dopo
un paio di colloqui
ho iniziato la nuova
avventura.
Nell’azienda dove
lavoravo mi trovavo
bene, non è stata
una questione di
soldi ma di amore
per le corse».
18
In che cosa consiste esattamente il suo
lavoro?
«Come Magneti Marelli seguiamo diversi tipi di
categorie nel campo del motorsport: dalla
Formula 1, alle vetture Sport alla MotoGP, a
Superbike ed endurance, un po’ tutto. Ci sono
settori che si occupano del software, altri
dell’hardware, nello specifico il mio compito è
sviluppare software in linguaggio C, nel middle‐
range o nel campo del software personalizzato
per il cliente ( dall'endurance alle gare in salita
passando per SBK,
supersport e rally‐cross).
Con Tatuus abbiamo
sviluppato e messo a
punto software generico
che si adatta alle
esigenze dei diversi
campionati (passando
per esempio dalle
diverse mappature (5)
selezionabili tramite
rotary switch per
adattarsi alle esigenze di
massimi regimi motore
e benzine con
caratteristiche
differenti), restando
sempre all’interno del
regolamento. In altre
parole si possono
utilizzare mappe
specifiche per varie
categorie senza la
necessità di ricorrere
alla Tatuus per passare,
ad esempio, dagli 8200
giri del VdeV ai 9000 del campionato italiano».
Come alla Tatuus, dunque, anche per voi al
primo posto ci sono le esigenze dei clienti..
«Sì, l’esperienza che ha sviluppato Tatuus, e che
noi condividiamo, è proprio quella di rendere la
vita facile a chi utilizza i nostri prodotti. A patto
ovviamente che si tratti di un team di livello
adeguato. Del resto l’utilizzo dell’elettronica è
ormai diffusissimo in tutte le categorie».
Come è iniziata la sua collaborazione con la
factory di Concorezzo?
«Dall’inizio ho seguito la fase della mappatura in
Ftp per la Abarth, dal primo shake‐down con
Giammaria a Vairano fino alla presentazione a
Vallelunga. Il secondo progetto che sto seguendo
dall’inizio, come supporto, è ora quello che
riguarda il prototipo. In particolare per quanto
riguarda il controllo motore, il cambio idraulico,
il setup di base e la configurazione del logger e
dashboard».
Come avviene lo scambio di esperienza e
informazioni?
«Attraverso un rapporto sempre molto schietto e
collaborativo da entrambi le parti: cosa, mi
permetto di aggiungere, che non è purtroppo
sempre facile trovare. Il rapporto a livello umano
con Tatuus è ottimo, un dare‐avere continuo che
pure non è scontato, e che forse è l’aspetto che
mi rende più felice».
Insieme, immaginiamo, alla soddisfazione di
contribuire al successo di due realtà italiane
di assoluto valore nel campo del
motorsport...
«Certo. Prima di iniziare a lavorare nel
motorsport non conoscevo una realtà come
quella della Tatuus, che da tanti anni è presente
nel settore con prodotti di ottima qualità.
Capaci, anche a detta degli stessi team, di offrire
ottime performance con costi di manutenzione
“giusti”».
Quali sono i progetti che sta ora sviluppando
con Tatuus?
«Insieme abbiamo effettuato un test del nuovo
cambio elettrico sulla Formula Abarth, a
Franciacorta, che è stato frutto anche dell’ottima
collaborazione fra i vertici della Tatuus e di
Magneti Marelli Motorsport. Il test è andato
bene, ci siamo fermati giusto un run prima del
previsto ma ricavandone un ottimo feedback con
il pilota, anche in rapporto ai tempi di cambiata.
Partivamo da una base sovradimensionata, con
coppia e cavalli diversi, studiata per una GP2, ma
l’esperimento è andato bene e ora pensiamo di
poter utilizzare l’esperienza e i dati accumulati
per il progetto Formula 4 e per altri ancora».
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