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la Repubblica
MERCOLEDÌ 1 DICEMBRE 2010
@
IL DOSSIER
Febbraio
coinvolti anche 1,8 milioni di
veicoli venduti in Europa. Iniziano però ad emergere anche
dei problemi relativi ai freni di
alcune vetture ibride che costringono la casa giapponese a
controllare altre 436 mila auto.
Il gruppo Volkswagen approva un piano di sviluppo con
cui punta a diventare il principale produttore mondiale di
automobili proponendosi come obiettivo quello di superare
entro il 2018 i 10 milioni di vendite l’anno. Iniziano a correre le
prime voci su un possibile acquisto da parte dei tedeschi
SONO quasi 8 milioni i veicoli
che la Toyota è costretta a richiamare in tutto il mondo e in
America scatta la “class action” per frode nei confronti dei
giapponesi accusati di essere
al corrente da tempo del problema relativo al mal funzionamento del pedale dell’acceleratore sulle loro vetture e di
averlo tenuto nascosto. Il presidente della casa nipponica
Akio Toyoda si scusa pubblicamente e conferma che sono
PER SAPERNE DI PIÙ
www.dacia.it
www.tatamotors.com
dell’Alfa Romeo dopo le rivelazioni del presidente Martin
Winterkorn che definisce il Biscione «un marchio molto interessante per la Vw, strategico
per competere con Bmw e
Mercedes».
La Fiat sigla una nuova intesa con la Sollers che dovrebbe
consentire al Lingotto di diventare il secondo produttore di
automobili in Russia dietro AvtoVaz-Renault con l’obiettivo
di assemblare fino a mezzo milione di veicoli entro il 2016 nel-
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lo stabilimento di Naberezhnye Chelny nella repubblica del Tatarstan.
La disputa tra la Fiat e il governo sul futuro di Termini Imerese influenza le decisioni dell’Esecutivo sugli ecoincentivi.
Dal ministro Scajola arriva uno
stop alle agevolazioni per l’acquisto di vetture.
Tim Lee viene nominato
chairman del board di GM
Daewoo. Prende il posto di
Nick Reilly diventato presidente di GM Europe e di Opel.
(continua nella pagina successiva)
Toyota Prius
Le parole dell’anno
i numeri
le frasi
Nata quasi per caso e per coprire una piccola
fascia di mercato ecco come queste vetture
hanno finito per affascinare il grande pubblico.
Fino a diventare anche un po’ snob
4,45%
Auto
Conviene
produrre
anche le
low cost in
paesi
emergenti,
sono più
economici
IL FATTURATO
Lo scorso
anno il
fatturato del
settore low
cost è stato
pari al 4,45%
del prodotto
interno lordo
del nostro
Paese
Ghosn,
Renault
50%
Dacia
-
Il low cost
nell’auto
sta
diventando
una realtà
concreta,
grazie a
Dacia
I PREZZI
Prodotti e
servizi low
cost alla fine
dell’anno
saranno
cresciuti
dell’8%. Ciò
in virtù di
prezzi più
bassi anche
del 50%
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
ENRICO FRANCESCHINI
LONDRA
er anni il mercato dell’auto ha fatto una gara a chi
alzava di più i prezzi: modelli sempre più belli, optional sempre più numerosi, costi in perenne ascesa. Ma una
tendenza che va nella direzione
opposta si è manifestata già da
qualche tempo e si è affermata
definitivamente nel 2010: la gara
a chi i prezzi li abbassa di più. Dopo avere penetrato i viaggi, con i
voli a basso costo della Ryan Air e
di altre compagnie aeree, e l’abbigliamento, con catene per tutte le tasche come H&M, Zara, TopShop e Gap, il concetto di “low
cost” si è esteso prepotentemente anche al mondo delle quattro
ruote. «Oggi è il singolo trend più
importante nell’industria automobilistica», sostiene Vikas Tibrewala, un analista del settore.
Quando la Tata, l’azienda indiana presieduta dall’omonimo
magnate, annunciò che avrebbe
prodotto una vettura da 2.500
dollari, in Occidente molti manager dell’auto ironizzarono che
sarebbe stata “una bicicletta a
quattro ruote”. Ora che la Nano,
in vendita a un prezzo equivalente a 1700 euro, ha conquistato
l’India e si appresta a sbarcare in
Europa, sia pure con un modello
che costerà circa il doppio, non
P
8%
I CLIENTI
Del 76%
degli italiani
che ha
utilizzato o
utilizzerebbe
prodotti o
servizi low
cost, l’8% si
rivolge
all’auto
Low cost
Quell’insostenibile
fascino
del minimalismo
ride più nessuno. Anzi, tutti cercano di imitarla. È un campo in
cui le marche asiatiche fanno la
parte del leone, basta pensare alla Jac Yue Yue cinese, in vendita a
3.500 euro, alla Santro della sudcoreana Hyundai, a vari modelli
della giapponese Suzuki. Ma anche le case europee si muovono
in questo campo, come dimostrano il successo della Dacia
(Logan, Sandero e Duster) e l’annunciato ritorno della nuova Fiat
Uno, per citare qualche esempio.
Il momento non poteva essere
più propizio: due anni della più
terribile recessione economica
del dopoguerra, 2008-09, seguiti
da un 2010 in cui l’economia dell’Occidente è apparsa fragile,
malata, spesso sul punto di ricominciare a calare, hanno ampliato a dismisura il mercato per le
auto low cost. Contemporaneamente, il boom che alimenta le
grandi nazioni emergenti, la Cina, l’India, il Brasile e in diverso
grado la Russia, ha creato milioni
di famiglie che approdano per la
prima volta alla classe media e
mettono l’auto in cima alla lista
dei loro desideri. Per gli uni e per
gli altri, la prospettiva di potere
comprare un’auto per un prezzo
tra i 2000 e gli 8 mila euro è una
tentazione irresistibile.
Morale: cresce il mercato per
le auto di lusso, perché i ricchi sono sempre più ricchi; cresce per
le succitate ragioni il mercato
delle auto low cost (si calcola che
nel 2012 raggiungerà i 18-20 milioni di autovetture vendute nel
mondo); e quello che rimane
stritolato è il mercato delle auto
di prezzo medio, l’unico che arretra. In realtà, al di là del dato
contingente della recessione,
l’auto low cost di oggi è la continuazione dell’auto low cost di ieri. Anche quando l’Europa e l’America del primo dopoguerra
vissero il boom economico degli
anni 50-60, ci fu il trend delle auto a basso costo, esemplificato in
Italia dalla Fiat 500 e dalla 600, in
Francia dalla 2CV, in Germania
dal Maggiolino. Ora è il boom dei
paesi del Terzo Mondo ad alimentare questo segmento del
mercato.
La differenza rispetto a un paio
di decenni or sono è che le auto a
basso costo erano brutte e di
scarsa qualità: basta pensare alla
indimenticabile Yugo. La Tata
Nano non è da concorso di bellezza, ma non è nemmeno un
brutto anatroccolo e lo stesso vale per le sue dirette concorrenti.
La nuova generazione di auto super-economiche ha forme piacevoli e motori affidabili. Risparmia sugli optional di base e talvolta sui materiali, ma non sulla
sicurezza, perché gli standard
minimi sono ormai obbligatori.
Il problema sono i margini di
profitto per i costruttori: una
Bmw ha un profitto medio di
2500 euro a modello, una Logan
di appena 250. Per i modelli che
costano ancora meno, il profitto
è sotto zero. E allora che senso ha
produrre auto a così basso costo?
Ce l’ha lo stesso. In primo luogo,
la quantità supplisce al basso
profitto, coprendo i costi di gestione, come i voli che la Ryan Air
offre a 1 euro più le tasse aeroportuali. In secondo luogo, è fondamentale mettere un piede
dentro i mercati emergenti dell’auto. Chi in India, Cina e Brasile compra oggi auto low cost, tra
dieci o vent’anni comprerà auto
che costano di più. Come accadde negli anni ‘60 in Italia e in Europa.
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Bousquet,
Renault Italia
Aerei
Tariffe
troppo
alte,
dall’estate
aumenti
del 10%
sui nostri
biglietti
O’Leary,
Ryanair