La geografia delle vocazioni territoriali Mauro Casavecchia

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La geografia delle vocazioni territoriali Mauro Casavecchia
LA GEOGRAFIA DELLE VOCAZIONI TERRITORIALI
MAURO CASAVECCHIA1
SOMMARIO x La centralità dei luoghi x Il sistema locale come strumento di analisi dello sviluppo
x La configurazione dei sistemi locali nell’Italia mediana x La dimensione socio-demograficax
Specializzazioni produttive, distretti industriali, sistemi urbanix Le performance territorialix
La vocazione culturale e attrattivax Note conclusive: verso nuovi modelli di governance
territoriale
La centralità dei luoghi
L’attuale percorso di ridefinizione dell’architettura territoriale - che si
tratti di città metropolitane, aree vaste, unioni di comuni, fino alle ipotesi
di integrazioni macroregionali - avviato all’interno del grande cantiere
delle riforme istituzionali può rappresentare una grande opportunità, non
solo di modernizzazione della pubblica amministrazione ma anche di
concreto rilancio economico e sociale e di rigenerazione del motore di
sviluppo dei territori. Se si intende perseguire questo più ampio obiettivo
occorre tuttavia sfuggire al rischio di considerare il processo di revisione
dei confini amministrativi come mero adempimento normativo, utile
tutt’al più ad ottenere una pur doverosa ottimizzazione di poche funzioni
gestionali. È essenziale invece indirizzare le energie verso la costruzione
di alleanze strette tra i luoghi che condividono esigenze analoghe, avendo
ben presenti le identità distintive locali, e verso un più efficace raccordo
tra istituzioni, forze produttive, centri della conoscenza e comunità
sociali dei territori coinvolti, nel solco delle politiche nazionali ed
europee.
Anche nella prospettiva europea, infatti, lo sviluppo di iniziative di
cooperazione interregionale - ovvero di strategie macroregionali - è
ritenuto un passo determinante ai fini dell’efficacia del nuovo approccio
territoriale place-based fatto proprio dalla politica di coesione, che resta il
Ricercatore responsabile dell’Area Innovazione e sviluppo locale, Agenzia Umbria
Ricerche. La realizzazione dei cartogrammi è stata curata da Emanuele Pettini.
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principale asse di riferimento per i territori che intendono cimentarsi con
lo sviluppo locale2. Mentre però, muovendo da questa consapevolezza, in
Europa una nuova generazione di politiche territoriali sta ridisegnando
città e sistemi locali dal punto di vista sociale, ambientale, urbanistico,
rafforzandone competitività ed efficienza, il ritardo che registra il nostro
Paese su questo tema denota una sostanziale assenza di visione strategica,
non solo politica ma eminentemente cognitiva: l’afasia del dibattito
pubblico deriva anche dalla carenza di analisi e interpretazioni adeguate
dell’organizzazione territoriale, economica e sociale dei contesti regionali
(Calafati e Mazzoni, 2008).
Un progresso in questa direzione è rappresentato dalla recente
pubblicazione della nuova geografia dei sistemi locali del lavoro disegnata
dall’ISTAT sulla base dei dati dell’ultimo Censimento (ISTAT, 2015b). I
sistemi locali, in quanto partizioni territoriali basate su criteri funzionali,
possono difatti costituire un valido strumento non solo per lo studio del
territorio ma anche per la definizione di politiche per lo sviluppo locale e
di politiche settoriali, come ad esempio negli ambiti dell’industria,
dell’occupazione, della pianificazione territoriale, dell’ambiente, dei
trasporti (Iommi, 2015).
Il presente contributo si propone dunque di tracciare un’analisi
descrittiva dei contesti territoriali dell’Italia mediana - intesa come
aggregazione dei sistemi locali di Umbria, Toscana e Marche - per
metterne in evidenza similarità e divergenze, anche rispetto al resto della
penisola, lungo alcune dimensioni caratterizzanti: i lineamenti sociodemografici, la specializzazione produttiva, le performance competitive
collegate a produttività, costo del lavoro, occupazione e apertura verso
l’estero, la vocazione culturale e attrattiva.
2 L’attuale programmazione europea 2014-2020 sostiene una politica di sviluppo placebased (mirata ai luoghi), intesa come strategia a lungo termine orientata a sviluppare il
potenziale sottoutilizzato e a ridurre le ineguaglianze all’interno di specifici territori,
facendo leva sulla componente endogena (le preferenze e conoscenze locali messe in
moto attraverso istituzioni politiche partecipative), attivata da trasferimenti esogeni
regolati attraverso un sistema di governance multilivello (Barca, 2009).
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Il sistema locale come strumento di analisi dello sviluppo
I sistemi locali del lavoro sono unità territoriali sub-regionali che
descrivono il perimetro dei luoghi in cui si concentra l’attività quotidiana
delle persone, definito dai flussi degli spostamenti giornalieri per motivi di
lavoro rilevati in occasione dei censimenti generali della popolazione. Da
un punto di vista tecnico, sono costituiti da insiemi di comuni contigui, in
modo da massimizzare la loro interazione. In pratica, ogni sistema è il
luogo in cui la maggior parte della popolazione residente lavora ed esercita
le principali attività sociali ed economiche: i confini dei sistemi locali
prescindono dunque dall’articolazione amministrativa e riflettono
l’organizzazione spontanea delle scelte e delle azioni dei soggetti. In questo
senso, permettono di osservare il Paese reale nelle sue differenze e
particolarità, identificando le aree omogenee in cui gravitano e si
addensano le attività e le relazioni sociali ed economiche (Alleva, 2015)3.
La numerosità e le dimensioni dei sistemi locali dipendono da molti
fattori, tra cui principalmente: il grado di sviluppo socio-economico
(maggiori occasioni di lavoro incoraggiano flussi di pendolarismo più
consistenti), la presenza di grandi realtà urbane (per la capacità attrattiva
rispetto ai comuni circostanti), la dotazione di infrastrutture di trasporto
(che facilitano o scoraggiano gli spostamenti), la morfologia del territorio
(le barriere naturali rendono più difficile la mobilità). Le loro
trasformazioni nel tempo possono essere frutto di cambiamenti
demografici, sociali e professionali, di redistribuzioni dei luoghi di lavoro
e di residenza, di evoluzioni delle specializzazioni produttive e del
sistema infrastrutturale e così via.
I sistemi locali soddisfano i criteri-chiave dell’auto-contenimento (un numero limitato di
spostamenti al di fuori dei confini dell’area di riferimento) e dell’integrazione (consistenti
flussi di pendolarismo quotidiano tra i comuni interni all’area). Possono dunque essere
assimilati ad ambiti urbani funzionali (o sistemi urbani giornalieri), costruiti a partire dalle
relazioni sociali, più che dall’edificato: “il territorio di insediamento del sistema di
imprese e di popolazione ad esso collegato risulta delineato come un sistema urbano
giornaliero (o se si preferisce un “mercato” locale del lavoro), rappresentando quel
certo territorio “comune e relativamente ristretto” entro cui si realizza quella contiguità
tra popolazione e imprese […] che insieme alle altre attività quotidiane danno forma ad
una “regione” nel tempo e nello spazio, sotto il vincolo dell’accessibilità reciproca tra
luoghi di residenza e luoghi di lavoro” (Sforzi, 1987).
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Per la loro significatività statistica e geografica, i sistemi locali sono stati
adottati come unità di osservazione per lo studio dei fenomeni
socioeconomici, trovando il massimo utilizzo nell’analisi del modello
produttivo dei distretti industriali. L’importanza di questo strumento
risiede nella possibilità di essere utilizzato proficuamente, oltre che nello
studio dei processi di sviluppo locale, anche nell’attuazione delle policy,
come ad esempio per l’individuazione in senso normativo dei distretti
industriali o, in prospettiva, per promuovere aggregazioni di comuni volte
a conseguire una maggiore efficacia nella gestione condivisa di determinati
servizi alla popolazione o nella realizzazione di politiche di area vasta.
In occasione della pubblicazione della quarta edizione dei sistemi locali,
costruiti sulla base dei flussi di pendolarismo rilevati in occasione del
censimento 2011, l’ISTAT ha rivisto per la prima volta l’impianto
concettuale e metodologico attraverso il quale erano stati definiti fin dal
1981, adottando un nuovo algoritmo armonizzato a livello europeo.
Pur con la diversa tecnica utilizzata e nonostante il notevole incremento
dei flussi di pendolarismo nel decennio intercensuario - sia in termini di
persone che si spostano per motivi di lavoro (+12,2 per cento rispetto al
2001), sia in termini di connessioni tra comuni (+23,7 per cento) l’assetto dei sistemi non ha subito ripercussioni sconvolgenti, ma ha anzi
conservato un elevato grado di stabilità4. Tale robustezza e persistenza
nel tempo conferma l’affidabilità dei sistemi locali come agglomerazioni
non meramente statistiche, ma in quanto ambiti urbani definiti da un
fitto e consolidato reticolo di spostamenti e di relazioni degli individui
che vivono e operano in questi luoghi.
La configurazione dei sistemi locali nell’Italia mediana
Tra il 2001 e il 2011 si è verificata in Italia una diminuzione del numero
di sistemi locali, passati da 683 a 611 (-10,5 per cento), principalmente
per effetto dell’aumento delle dimensioni medie delle agglomerazioni
delle maggiori realtà urbane. Analogo calo si è registrato nelle regioni
dell’Italia mediana, dove i sistemi locali sono complessivamente diminuiti
da 97 a 87: i cambiamenti maggiori sono intervenuti nelle Marche (da 31
Per rendere confrontabili le situazioni registrate nel Censimento precedente, i sistemi
locali basati sui dati 2001 sono stati ricalcolati con il nuovo metodo.
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a 25), mentre maggiore stabilità si è registrata in Umbria (da 16 a 14) e in
Toscana (da 50 a 48). Gli 87 sistemi locali complessivamente localizzati
nell’Italia mediana (14,2 per cento del totale nazionale) racchiudono circa
il 10 per cento della popolazione italiana5.
L’Umbria è suddivisa in 14 sistemi locali, che raggruppano 83 dei suoi 92
comuni. I restanti nove comuni umbri sono inseriti in sistemi multiregionali con baricentro esterno ai confini regionali: due in Toscana
(Chiusi e Cortona, che attraggono otto comuni umbri) e uno nel Lazio
(Viterbo, che ne include uno). I sistemi locali di Terni, Orvieto e Cascia
inglobano cinque comuni delle province laziali confinanti. Non esistono
sistemi che comprendono comuni sia dell’Umbria sia delle Marche.
I sistemi locali umbri rappresentano il 14,3 per cento della popolazione
dell’Italia mediana. Nonostante l’incremento del 22,7 per cento rispetto
al 2001, in termini di popolazione conservano una dimensione media
piuttosto limitata, di poco superiore alle 60 mila unità, nettamente
inferiore alla media nazionale, vicina a 100 mila, anche se presentano
un’estensione territoriale maggiore (la superficie media sfiora i 600 kmq
contro i quasi 500 kmq italiani).
Anche i 25 sistemi locali marchigiani, pur essendosi notevolmente
irrobustiti rispetto al 2001, mantengono dimensioni contenute, analoghe
a quelle dell’Umbria e assommano un quarto della popolazione totale
delle tre regioni. Nelle aree di confine, i sistemi marchigiani si scambiano
comuni con i sistemi limitrofi dell’Emilia-Romagna e ne attraggono
quattro dall’Abruzzo e uno (il comune di Sestino, nel Montefeltro
aretino) dalla Toscana.
Maggiore consistenza possiedono invece i 48 sistemi locali toscani - ben
nove dei quali figurano tra i primi dodici per dimensione - che
rappresentano circa il 60 per cento della popolazione delle tre regioni
centrali. Oltre alle interrelazioni già dette con Umbria e Marche, i sistemi
toscani registrano consistenti flussi di scambio ai confini con Liguria (otto
comuni ceduti, uno attratto) ed Emilia-Romagna (quattro comuni ceduti).
Circa metà dei sistemi locali in ciascuna delle tre regioni ha un numero di
residenti compreso tra 10 e 50 mila (Graf. 1). I primi sette sistemi per
dimensione raggruppano da soli quasi un terzo della popolazione delle
tre regioni: svetta naturalmente Firenze, unica area metropolitana con
L’elenco degli 87 sistemi locali dell’Italia mediana, con la composizione per comune di
quelli umbri e i cambiamenti rispetto al 2001, si trovano in appendice al capitolo.
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65
quasi 700 mila residenti, mentre seguono distanziati Prato e Perugia, gli
unici che superano quota 200 mila. Il maggiore sistema marchigiano è
Ancona, che figura al settimo posto, dietro Terni.
Tab. 1 - Superficie e popolazione residente nei sistemi locali
N.
SL
Sup. media
per SL (kmq)
Popolazione
residente(a)
% Pop.
residente
Var. % pop.
Pop. residente
residente media
media per SL
2001-2011
UMBRIA
14
598
884.364
1,5
63.169
TOSCANA
48
467
3.733.170
6,1
77.774
25
387
1.557.482
2,6
62.299
MARCHE
ITALIA MEDIANA
87
465
6.175.016
10,2
70.977
611
494
60.770.430
100,0
99.461
ITALIA
(a) I dati relativi alla popolazione, anche nelle tabelle successive, sono riferiti a giugno 2014.
Fonte: elaborazioni su dati ISTAT
22,7
10,7
31,6
18,6
19,2
Graf. 1 - Sistemi locali per classi di popolazione residente
0%
UMBRIA
TOSCANA
40%
14,3
10,4
MARCHE 4,0
ITALIA
20%
8,3
60%
80%
50,0
47,9
100%
21,4
10,4
52,0
24,0
45,7
25,0
14,3
29,2
2,1
20,0
18,3
Fino a 10.000 abitanti
10.001 - 50.000 abitanti
50.001 - 100.000 abitanti
100.001 - 500.000 abitanti
500.001 abitanti e più
2,6
Fonte: elaborazioni su dati ISTAT
La dimensione socio-demografica
Partendo dalle caratteristiche socio-demografiche dei territori, dalla
struttura e dalle dinamiche di popolazione e mercato del lavoro, l’ISTAT
ha definito sette diversi insiemi dove possono essere collocati i sistemi
locali che condividono analoghe specificità: le città del centro-nord, la città
diffusa, il cuore verde, i centri urbani meridionali, i territori del disagio, il
mezzogiorno interno e l’altro sud. I primi tre riguardano le regioni centrosettentrionali, mentre i restanti quattro includono sistemi locali quasi
esclusivamente situati nel Mezzogiorno. I territori dell’Italia mediana si
trovano tutti ricompresi all’interno dei primi tre aggregati.
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Fig. 1 - Caratteristiche socio-demografiche nei sistemi locali dell’Italia mediana
Fonte: elaborazioni su dati ISTAT
L’insieme più popoloso riguarda le città del Centro-nord, che comprende le
principali realtà urbane: vive infatti in questi territori quasi il 30 per cento
delle popolazione italiana, condensata in meno del 9 per cento della
superficie. Vi appartiene il 36,1 per cento dei residenti nelle regioni
dell’Italia mediana, concentrata in 11 sistemi localizzati soprattutto in
Toscana (ove riguarda oltre la metà dei residenti) e principalmente nel
sistema locale di Firenze, che insieme a quelli contigui di Prato e Pistoia
si protende collegandosi al sistema urbano di Bologna, e poi più a
occidente nei sistemi di Livorno, Pisa e Lucca. Appartengono a questo
insieme anche i sistemi locali di Ancona e Pesaro, che assommano un
quinto della popolazione marchigiana, mentre l’Umbria non vi viene
rappresentata. Nel complesso, questo aggregato si caratterizza per una
struttura e una dinamica demografica tipica dei modelli insediativi urbani:
notevole concentrazione dei residenti nel comune capoluogo del sistema
locale; accentuata prevalenza di popolazione anziana rispetto ai giovani
(165,6 per cento); forte capacità di attrazione di popolazione straniera.
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Quest’ultima caratteristica è collegata anche ad un mercato del lavoro che
si presenta favorevole: più elevato tasso di occupazione rispetto alla
media italiana; ridotta disoccupazione, anche femminile; minore presenza
di imprenditori e di lavoratori precari.
Un modello di insediamento meno addensato contraddistingue invece la
città diffusa, che riguarda il 19,9 per cento della popolazione italiana e il
28,8 per cento dei cittadini appartenenti all’Italia mediana, ove
caratterizza 19 sistemi locali. Fanno parte di questo insieme Perugia e
Assisi in Umbria, i territori del litorale marchigiano e quelli del Valdarno
e della Toscana interna. Si tratta di sistemi composti da comuni piccoli e
medi, dalla dimensione demografica contenuta (fatta eccezione per il
capoluogo umbro) e con una popolazione più distribuita sul territorio
rispetto all’insieme precedente: un modello insediativo di urbanità
diffusa, ad elevato consumo di suolo, che genera consistenti flussi di
pendolarismo. La struttura per età della popolazione risulta meno
invecchiata rispetto alla media nazionale, con un peso degli anziani sui
giovani pari al 134,5 per cento, probabilmente anche per effetto della
considerevole incidenza della componente straniera (99,4 per mille
residenti, contro 66,8 della media italiana). Il raggruppamento si
caratterizza anche per le buone performance del mercato del lavoro,
migliori rispetto alla media, con una maggiore incidenza di imprenditori e
una quota contenuta di lavoratori precari.
L’insieme territorialmente più esteso è il cuore verde, che raccoglie ben 57
sistemi locali dell’Italia mediana, che coprono quasi il 70 per cento della
superficie anche se solo il 35,1 per cento della popolazione. Caratterizza
in modo ancora più deciso l’Umbria, con oltre l’80 per cento della
superficie e due terzi della popolazione. Si tratta di una aggregazione
dalla spiccata fisionomia rurale, che comprende i territori con la più
bassa popolazione media per comune, limitata densità, centri abitati di
estensioni ridotte. La struttura demografica descrive una popolazione
particolarmente invecchiata: il peso degli anziani sui giovani arriva a
192,1 per cento, la quota più elevata dei tre insiemi. L’incidenza della
popolazione straniera risulta minore rispetto alle precedenti aggregazioni
(77,5 per mille residenti), anche se di poco superiore al dato nazionale.
La componente straniera presenta anche altre peculiarità: diversamente
dagli altri due insiemi, in questo caso il peso degli stranieri provenienti da
paesi in via di sviluppo è inferiore al dato nazionale, suggerendo un
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modello di immigrazione di altra natura rispetto allo schema tradizionale,
guidato dalla ricerca di lavoro e più legato alla qualità del territorio di
destinazione. I residenti in queste aree si avvantaggiano - come nei due
casi precedenti - di un mercato del lavoro più favorevole rispetto alla
media nazionale, con maggiori tassi di occupazione e minori tassi di
disoccupazione. La dinamica dell’ultimo decennio mostra tuttavia una
crescita della popolazione inferiore a quella nazionale.
Tab. 2 - Specializzazione socio-demografica dei sistemi locali
UMBRIA
N. di Sistemi locali
N. di comuni
Popolazione totale
% Popolazione
Superficie (kmq)
% Superficie
Le città del
La città diffusa
Centro-nord
2
13
307.963
34,8
1.486
17,7
TOSCANA
N. di Sistemi locali
N. di comuni
Popolazione totale
% Popolazione
Superficie (kmq)
% Superficie
9
53
1.917.602
51,4
3.552
15,8
9
78
916.591
24,6
4.953
22,1
30
152
898.977
24,1
13.910
62,1
48
283
3.733.170
100,0
22.415
100,0
MARCHE
N. di Sistemi locali
N. di comuni
Popolazione totale
% Popolazione
Superficie (kmq)
% Superficie
2
17
308.941
19,8
580
6,0
8
50
553.744
35,6
1.767
18,3
15
174
694.797
44,6
7.326
75,7
25
241
1.557.482
100,0
9.673
100,0
Il cuore verde
Totale
12
75
576.401
65,2
6.887
82,3
14
88
884.364
100,0
8.373
100,0
N. di Sistemi locali
11
19
57
87
N. di comuni
70
141
401
612
Popolazione totale
2.226.543
1.778.298
2.170.175
6.175.016
ITALIA
MEDIANA % Popolazione
36,1
28,8
35,1
100,0
Superficie (kmq)
4.132
8.206
28.123
40.461
% Superficie
10,2
20,3
69,5
100,0
N. di Sistemi locali
34
94
212
611
N. di comuni
908
1.552
3.180
8.092
Popolazione totale
17.800.138
12.090.689
10.372.931
60.770.430
(a)
ITALIA
% Popolazione
29,3
19,9
17,1
100,0
Superficie (kmq)
26.687
38.236
116.830
302.073
% Superficie
8,8
12,7
38,7
100,0
(a) I totali dell’ultima colonna comprendono anche altri aggregati che non coinvolgono aree
dell’Italia mediana.
Fonte: elaborazioni su dati ISTAT
69
Specializzazioni produttive, distretti industriali, sistemi urbani
Nonostante la forte contrazione dell’attività produttiva conseguente
all’avvento della crisi, le tre regioni confermano la loro importante
vocazione industriale: la maggior parte dei sistemi locali, infatti, lega la
propria specializzazione prevalente alla manifattura, mentre nel resto del
Paese se ne contano meno della metà. La forte trazione manifatturiera è
evidente soprattutto in Umbria e nelle Marche, ove i residenti dei sistemi
locali a prevalente specializzazione industriale rappresentano oltre l’88
per cento della popolazione, una quota di molto superiore a quella
toscana (49,1 per cento) e più che doppia rispetto a quella nazionale.
Fig. 2 - Specializzazione produttiva prevalente nei sistemi locali dell’Italia
mediana (2011)
Fonte: elaborazioni su dati ISTAT
La vocazione manifatturiera dell’Italia mediana si manifesta in particolare
nei settori del made in Italy: un quarto dei sistemi locali nazionali con
questa specializzazione sono concentrati nelle tre regioni. Vi afferiscono,
infatti, la metà dei sistemi locali umbri che raccolgono nel complesso
70
oltre mezzo milione di abitanti (il 61,6 per cento del totale), 18 sistemi
della Toscana con il 37,7 per cento della popolazione e ben 22 sistemi
marchigiani che rappresentano l’86,2 per cento dei residenti (tabella 3).
La classe del made in Italy si articola in due sotto-classi, che racchiudono a
loro volta sei gruppi di specializzazione produttiva. La prima sotto-classe
comprende i sistemi locali del tessile, abbigliamento e cuoio: vi si ritrovano
molti dei distretti industriali storici, come quelli della filatura e tessitura di
Prato, la confezione di articoli di abbigliamento di Empoli e di Ascoli
Piceno, il conciario di San Miniato, i calzaturieri di Civitanova Marche e
del fermano-maceratese nella parte meridionale delle Marche, dove trova
spazio il maggiore addensamento di imprese del settore di tutto il
territorio nazionale (il 60 per cento dei sistemi locali italiani specializzati
in pelli e cuoio sono concentrati in Marche e Toscana).
La seconda sotto-classe riguarda gli altri sistemi del made in Italy e racchiude
i rimanenti settori dell’industria leggera, tra i quali spiccano le lavorazioni
del legno e la produzione di mobili, che caratterizzano i quattro distretti
di Pesaro, Fano, Urbino e Sassocorvaro nella parte settentrionale delle
Marche e i distretti di Poggibonsi e Pistoia in Toscana. I sistemi locali
vocati all’agroalimentare, pur nella varietà delle specializzazioni settoriali,
contraddistinguono invece una vasta zona dell’Umbria, che da Todi (ove
la vocazione assume specificità distrettuale) risale verso Foligno e
Perugia (tra i sistemi con il maggior numero di addetti nel settore a livello
nazionale), protendendosi fino all’area del Trasimeno. Non
particolarmente diffusi i sistemi specializzati nella fabbricazione di
macchine, tra cui figurano Fabriano e Gualdo Tadino. Più caratterizzante
appare invece la specializzazione nei gioielli, occhiali e strumenti
musicali, un gruppo di dimensioni contenute (solo 10 sistemi locali in
Italia) ma fortemente specializzato e che raccoglie il distretto orafo di
Arezzo insieme a Cortona e quello incentrato sugli strumenti musicali di
Recanati e Castelfidardo.
La classe della manifattura pesante conserva una presenza importante
soprattutto in Umbria, dove caratterizza tre sistemi locali che addensano
oltre un quarto della popolazione, ma anche in Toscana, con sette sistemi
e l’11,5 per cento degli abitanti, mentre appare residuale nelle Marche. Il
gruppo della produzione e lavorazione dei metalli è rappresentato
soprattutto dai sistemi di Terni e di Piombino, mentre la specializzazione
in materiali da costruzione annovera il distretto lapideo di Massa, Carrara
71
e Pietrasanta e la produzione di cemento di Gubbio. Completano la
classe dell’industria pesante i sistemi toscani specializzati nella
fabbricazione di mezzi di trasporto (Pontedera) e nelle lavorazioni
chimiche (Rosignano Marittimo).
Tra i sistemi non manifatturieri la sotto-classe più consistente è quella dei
sistemi locali urbani, che riguarda quasi due milioni di abitanti nelle tre
regioni, concentrati soprattutto in Toscana. Il gruppo più popoloso è
quello dei sistemi pluri-specializzati, che comprende realtà urbane in cui
convivono vocazioni molteplici legate sia alla manifattura che ai servizi.
Tra esse troviamo una nutrita rappresentanza di sistemi toscani tra cui
Firenze (con una presenza importante nella lavorazione del cuoio), Siena
e Pisa (farmaceutica, ricerca e sviluppo), Lucca (alimentare e carta),
mentre nelle altre due regioni ne fanno parte solo Ancona e Spoleto.
La seconda sotto-classe è costituita dagli altri sistemi non manifatturieri, che
comprendono 14 sistemi locali di piccole dimensioni, alcuni con
specializzazione turistica, come Orvieto e Cascia in Umbria, altri a
vocazione agricola, come alcune zone della Maremma.
Completano il quadro i sistemi locali non specializzati - tra cui Norcia - nei
quali non emergono particolari vocazioni produttive, anche per il
contenuto peso demografico ed economico.
Distretti industriali
A partire dai 611 sistemi locali, l’ISTAT nel 2011 ha individuato 141
distretti industriali6, distribuiti in 15 regioni soprattutto nel Centro-Nord
del Paese, a partire da Lombardia (29 distretti) e Veneto (28). La
concentrazione è particolarmente intensa in Marche (19 distretti) e
Toscana (15), dove un’altissima quota di sistemi locali manifatturieri
(rispettivamente 86,4 e 75 per cento) è connotata come distretto
industriale, diversamente dall’Umbria, che annovera solo 3 distretti. Le
economie territoriali dell’Italia mediana pesano così per oltre un quarto
sull’aggregato distrettuale nazionale, che coagula un insieme di settori
industriali tradizionali, generalmente caratterizzati da un’intensità mediobassa di tecnologia e di capitale, dalla piccola dimensione e
dall’appartenenza a filiere dei beni per la persona e per la casa.
I distretti industriali sono entità socio-territoriali costituite da una comunità di imprese e di
persone, unite da relazioni territoriali e dai legami socio-economici che tale compresenza genera.
Le imprese appartengono prevalentemente a uno stesso settore di attività economica, che ne
definisce l’industria principale, e sono caratterizzate da piccole e medie dimensioni (Istat, 2015a).
6
72
33.974
95.017
45.943
45.943
49.074
49.074
7.882
884.364
1
3
1
1
2
2
1
14
Fonte: elaborazioni su dati ISTAT
202.434
2
3,8
10,7
5,2
5,2
5,5
5,5
0,9
100
22,9
545.057 61,6
56.227
6,4
56.227
6,4
488.830 55,3
31.334
3,5
58.786
6,6
398.710 45,1
236.408 26,7
-
7
1
1
6
1
1
4
3
-
Pop.
(%)
MADE IN ITALY
TESSILE, ABBIGLIAMENTO, CUOIO
Tessile e abbigliamento
Pelli e cuoio
ALTRI DEL MADE IN ITALY
Fabbricazione di macchine
Legno e mobili
Agro-alimentare
Gioielli, occhiali, strumenti musicali
MANIFATTURA PESANTE
Mezzi di trasporto
Produzione e lavorazione
metalli
Materiali da costruzione
Petrolchimica e farmaceutica
NON MANIFATTURIERI
URBANI
Urbani ad alta specializzazione
Urbani pluri-specializzati
Urbani prevalentemente portuali
Urbani non specializzati
ALTRI NON MANIFATTURIERI
Turistici
A vocazione agricola
NON SPECIALIZZATI
TOTALE
Pop. totale
N.
SL
Classi, sotto-classi e gruppi di
specializzazione prevalente
UMBRIA
4
1
21
10
5
3
2
11
7
4
2
48
1
18
9
3
6
9
2
3
2
2
7
1
N.
SL
213.214
36.106
1.867.945
1.679.704
1.203.785
326.481
149.438
188.241
114.495
73.746
30.502
3.733.170
57.798
1.405.689
907.906
417.553
490.353
497.783
42.054
248.121
39.681
167.927
429.034
121.916
Pop. totale
TOSCANA
73
5,7
1,0
50,0
45,0
32,2
8,7
4,0
5,0
3,1
2,0
0,8
100
1,5
37,7
24,3
11,2
13,1
13,3
1,1
6,6
1,1
4,5
11,5
3,3
Pop.
(%)
2
1
1
1
1
25
1
22
15
6
9
7
1
5
1
1
-
N.
SL
183.024
179.512
179.512
3.512
3.512
1.557.482
31.367
1.343.091
833.443
316.699
516.744
509.648
44.775
384.442
80.431
31.367
-
Pop. totale
MARCHE
Tab. 3 - Specializzazione produttiva prevalente dei sistemi locali
11,8
11,5
11,5
0,2
0,2
100
2,0
86,2
53,5
20,3
33,2
32,7
2,9
24,7
5,2
2,0
-
Pop.
(%)
5
1
26
12
7
3
2
14
10
4
3
87
4
47
25
10
15
22
4
9
6
3
11
1
247.188
36.106
2.145.986
1.905.159
1.429.240
326.481
149.438
240.827
167.081
73.746
38.384
6.175.016
291.599
3.293.837
1.797.576
790.479
1.007.097
1.496.261
118.163
691.349
438.391
248.358
696.809
121.916
Pop. totale
4,0
0,6
34,8
30,9
23,1
5,3
2,4
3,9
2,7
1,2
0,6
100
4,7
53,3
29,1
12,8
16,3
24,2
1,9
11,2
7,1
4,0
11,3
2,0
Pop.
(%)
ITALIA MEDIANA
N.
SL
17
24
224
91
5
33
19
34
133
84
49
113
611
29
189
60
35
25
129
35
31
53
10
85
15
N.
SL
ITALIA
852.574
3.794.935
31.198.702
27.432.193
8.845.639
7.829.439
7.098.529
3.658.586
3.766.509
2.169.736
1.596.773
3.625.282
60.770.430
2.933.623
15.316.339
5.368.599
3.401.873
1.966.726
9.947.740
3.149.007
2.688.132
3.375.699
734.902
10.630.107
3.048.975
Pop. totale
1,4
6,2
51,3
45,1
14,6
12,9
11,7
6,0
6,2
3,6
2,6
6,0
100
4,8
25,2
8,8
5,6
3,2
16,4
5,2
4,4
5,6
1,2
17,5
5,0
Pop.
(%)
Fig. 3 - Distretti industriali nell’Italia mediana (2011)
Fonte: elaborazioni su dati ISTAT
Tab. 4 - Distretti industriali per industria di specializzazione (2011)
UMBRIA
2
1
3
Beni per la casa
Gioielleria, oreficeria, strumenti musicali, ecc.
Industria chimica, petrolchimica, gomma, ecc.
Industria meccanica
Industrie metallurgiche
Industrie alimentari
Industrie cartotecniche e poligrafiche
Pelli, cuoio e calzature
Tessile e abbigliamento
Totale
Fonte: elaborazioni su dati ISTAT
TOSCANA
3
1
1
1
5
4
15
MARCHE
4
1
1
7
6
19
ITALIA
24
4
5
38
4
15
2
17
32
141
La distribuzione dei distretti industriali per settore di specializzazione in
Toscana e Marche mostra una particolare concentrazione nel made in
Italy, a cominciare dal comparto della moda: le due regioni assommano
12 distretti della pelletteria e delle calzature (oltre il 70 per cento del
74
totale nazionale) e 10 distretti del tessile-abbigliamento (quasi un terzo).
Registrano una presenza importante anche nel settore dei beni per la
casa, con sette distretti (quasi il 30 per cento), mentre percentualmente
rilevanti sono anche i due distretti dell’oreficeria e degli strumenti
musicali sui quattro nazionali. Ampiamente sottorappresentato risulta
invece il settore dell’industria meccanica, primo per diffusione sul piano
nazionale con 38 distretti, solamente due dei quali localizzati in Toscana
e Marche.
L’Umbria annovera due distretti specializzati nell’alimentare (Todi e
Umbertide) e uno nelle industrie cartografiche e poligrafiche (Città di
Castello). Rispetto al 2001, Umbertide ha conservato la connotazione di
distretto industriale modificando però il settore di specializzazione
principale che in precedenza era costituito dal tessile-abbigliamento,
mentre l’ex distretto industriale di Marsciano, specializzato nei beni per la
casa, è stato assorbito in parte dal sistema locale di Perugia, in parte da
quello di Todi, assurto nel 2011 al rango distrettuale. Il terzo distretto
umbro del 2001, Città di Castello, è l’unico che è rimasto tale
mantenendo la propria specializzazione prevalente, dentro un modello ad
ampia articolazione settoriale (Grasselli e Musotti, 2002).
Tra i distretti industriali marchigiani, cinque presentano una natura di
mono-specializzazione, vale a dire di concentrazione attorno ad un’unica
industria principale: si tratta dei distretti di più antica tradizione, quelli
calzaturieri di Fermo, Montegranaro, Porto Sant’Elpidio e quelli del
mobile di Pesaro e Urbino. Analoga mono-specializzazione si riscontra
in Toscana nel distretto pratese del tessile e in quello conciario di San
Miniato (ex Santa Croce sull’Arno). I rimanenti distretti, compresi i tre
umbri, presentano invece un carattere di multi-specializzazione, anche in
settori diversi da quello principale.
Nel corso del decennio intercensuario i sistemi locali di tipo distrettuale
si sono nel complesso ridotti di 40 unità, ma la contrazione numerica si è
associata ad un ampliamento dell’estensione territoriale e della densità
abitativa, mantenendo pressoché invariata la capacità di rappresentare il
sistema economico nel suo complesso (gli addetti alle unità locali
manifatturiere distrettuali rappresentano tuttora il 37,9 per cento del
totale nei sistemi locali del 2011). Inoltre, per effetto del drastico calo
dell’occupazione manifatturiera derivante dalla crisi (919 mila addetti in
meno, pari al -19%) oltre che dalla perdurante terziarizzazione
75
dell’economia, i sistemi distrettuali vedono aumentare la propria
concentrazione nelle aree di insediamento storico.
Rispetto al 2001, Umbria e Toscana mantengono invariato il numero di
distretti in termini di saldo mentre, dal punto di vista occupazionale,
subiscono una perdita un po’ superiore al 20 per cento degli addetti
manifatturieri, in linea con il dato nazionale. Le Marche, invece, nello
stesso periodo perdono quattro distretti ma registrano una flessione più
contenuta degli addetti manifatturieri (-11,8 per cento).
Sistemi produttivi urbani
Considerando la crescente rilevanza della dimensione urbana per lo
sviluppo economico regionale, pare opportuno completare la trattazione
con un focus sulle specializzazioni produttive dei principali centri urbani
dell’Italia mediana, basato su un’analisi comparata della composizione
settoriale delle loro economie7. Il quadro che emerge denota una vasta
eterogeneità dei sistemi produttivi, in termini di specializzazione
settoriale e diversità produttiva, incidenza di capitale umano e tecnologie
nei processi produttivi, economie di scala. Una analisi cluster consente di
classificare le 31 città individuate all’interno di quattro gruppi, come
indicato in tabella 5.
Tab. 5 - Tassonomia dei sistemi produttivi urbani
Città
intermedie
Città terziarie
avanzate
Città specializzate
mediamente avanzate
Città industriali/
distrettuali
Perugia(a)
Terni(a)
Pesaro(a)
Jesi(a)
Foligno
Macerata
Ascoli Piceno
Firenze
Pisa
Siena
Ancona
Massa
Lucca
Viareggio
Pistoia
Livorno
Grosseto
Spoleto
Fano
Senigallia
San Benedetto del Tronto
Carrara
Empoli
Piombino
Arezzo
Prato
Città di Castello
Gubbio
Fabriano
Civitanova Marche
Fermo
Città che si distinguono, tra le “città intermedie”, per una struttura economica più avanzata.
Fonte: Cirilli e Veneri, 2012
(a)
Questa parte di analisi si concentra sui sistemi locali del lavoro aventi come centroide comuni
con popolazioni superiori a 30.000 abitanti, identificati nel 2001 (Cirilli e Veneri, 2012).
7
76
Il primo gruppo è composto da sette città, di dimensioni medie o
piccole, caratterizzate da valori medi in quasi tutte le variabili considerate,
tanto da guadagnarsi l’appellativo di città intermedie: mediamente avanzate,
con una presenza relativamente elevata di capitale umano e di servizi ad
alta intensità di conoscenza, dotate di una significativa base industriale
anche se non tale da porle tra le città industriali/distrettuali. Un
sottogruppo di esse, tra cui i due capoluoghi umbri, mostra una
composizione settoriale relativamente più avanzata in termini di settori di
specializzazione e di capitale umano.
Tra le quattro città terziarie avanzate del secondo gruppo troviamo i due
capoluoghi di regione di Toscana e Marche, dotate di strutture
produttive molto diversificate e prevalentemente terziarie, ma anche con
una significativa presenza di settori manifatturieri avanzati. Grazie agli
elevati livelli di capitale umano e di competitività settoriale, le
appartenenti a questo gruppo si configurano come il modello di città più
evoluto e con le migliori potenzialità di sviluppo tra i territori dell’Italia
mediana.
Il gruppo delle città specializzate mediamente avanzate comprende dieci
sistemi urbani con una articolazione settoriale ad alta intensità di terziario
privato, impianti manifatturieri di minori dimensioni, capitale umano
meno qualificato, buona presenza di industrie ad alta tecnologia.
Infine, le dieci città industriali-distrettuali dell’ultimo gruppo sono
caratterizzate da un grado molto elevato di specializzazione produttiva,
concentrata in settori tradizionali ad alta intensità di lavoro, con vantaggi
comparati in un numero ristretto di settori, basso livello di capitale
umano e dimensioni ridotte degli impianti.
Le performance territoriali
Produttività e costo del lavoro
Dall’analisi della distribuzione territoriale della produttività del lavoro
(calcolata in termini di valore aggiunto per addetto), in un quadro che
vede l’Italia in grande affanno rispetto al resto d’Europa, si riconferma
innanzitutto l’annosa questione della debolezza ancora più acuta di
Umbria e Marche: tra i 103 sistemi locali complessivi che mostrano un
valore della produttività superiore alla media nazionale, sono solo otto
quelli localizzati nell’Italia mediana e tutti in Toscana (fig. 4). Si tratta
77
soprattutto di sistemi locali urbani pluri-specializzati quali Firenze, Siena,
Pisa, Lucca (caso unico tra i distretti industriali), mentre gli unici sistemi
manifatturieri sono rappresentati da Montevarchi (specializzato nella
lavorazione della pelle per l’alta moda) e da Rosignano Marittimo (che
ospita un importante polo chimico).
La totalità dei sistemi locali in Umbria e Marche presenta dunque una
produttività inferiore alla media italiana, con la metà dei primi (e un quarto
dei secondi) che si situa addirittura al di sotto del 75 per cento della
produttività media nazionale. Tra i sistemi umbri a minore produttività,
oltre alle aggregazioni più periferiche e di piccole dimensioni come Cascia,
Norcia e Gualdo Tadino, troviamo anche sistemi urbani come Spoleto,
sistemi a vocazione turistica come Orvieto, sistemi manifatturieri del made
in Italy quali Assisi e il distretto industriale di Città di Castello, a
dimostrazione del fatto che i bassi livelli di produttività non sono connessi
tanto alla classe di specializzazione ma rappresentano una caratteristica
radicata nel profondo del tessuto produttivo umbro.
Come era lecito attendersi, la distribuzione territoriale dei livelli di costo
del lavoro ricalca piuttosto fedelmente quella della produttività: come
evidenziato in figura 5, i sistemi locali di Umbria e Marche si spalmano
ben al di sotto della media e solo otto sistemi toscani (sostanzialmente i
medesimi a maggiore produttività) si elevano sopra i valori medi
nazionali. Il basso costo del lavoro si riafferma come caratteristica diffusa
soprattutto in Umbria, dove la quasi totalità dei sistemi non supera il 75
per cento della media italiana, con l’eccezione di Terni e Todi che
mostrano livelli relativamente superiori, anche se pur sempre modesti.
Tab. 6 - Sistemi locali per produttività e costo del lavoro (2012)
Produttività del lavoro (valore assoluto e percentuale)
(migliaia di euro) Fino a 22,4 22,5 - 33,6 33,7 - 44,9 45,0 - 56,1
UMBRIA
7 (50,0)
7 (50,0)
TOSCANA
- 19 (39,6) 21 (43,8)
6 (12,5)
6 (24,0) 19 (76,0)
MARCHE
ITALIA
40 (6,5) 261 (42,7) 207 (33,9) 92 (15,1)
Oltre 56,1
2 (4,2)
11 (1,8)
Totale
14 (100)
48 (100)
25 (100)
611 (100)
Costo del lavoro per dipendente nelle unità locali delle imprese (valore assoluto e percentuale)
(migliaia di euro) Fino a 24,2 24,2 - 31,2 31,2 - 34,6 34,6 - 38,1 Oltre 38,1
Totale
UMBRIA
1 (7,1) 11 (78,6)
2 (14,3)
14 (100)
TOSCANA
- 27 (56,3) 13 (27,1)
7 (14,6)
1 (2,1)
48 (100)
- 17 (68,0)
8 (32,0)
25 (100)
MARCHE
ITALIA
126 (20,6) 245 (40,1) 134 (21,9) 84 (13,7)
22 (3,6) 611 (100)
Fonte: elaborazioni su dati ISTAT
78
Fig. 4 - Produttività del lavoro nei sistemi locali dell’Italia mediana (2012)
Fonte: elaborazioni su dati ISTAT
Fig. 5 - Costo del lavoro nei sistemi locali dell’Italia mediana (2012)
Fonte: elaborazioni su dati ISTAT
79
Gli scambi con l’estero
L’intensità degli scambi commerciali con l’estero costituisce
tradizionalmente un importante indicatore del grado di sviluppo e di
integrazione di un’economia e assume rilevanza ancor più cruciale in una
fase, come l’attuale, connotata da una marcata debolezza della domanda
interna.
Tab. 7 - Sistemi locali per prestazioni negli scambi con l’estero
Apertura commerciale(a) (valore assoluto e percentuale, 2012)
Fino a 2,3
2,4 - 10,3
10,4 - 31,6
(migliaia di euro)
(Q1)
(Q2)
(Q3)
UMBRIA
2 (14,3)
2 (14,3)
8 (57,1)
TOSCANA
5 (10,4)
13 (27,1)
16 (33,3)
2 (8,0)
17 (68,0)
MARCHE
ITALIA
153 (25,0)
153 (25,0)
153 (25,0)
31,7 - 40,1
(Max)
2 (14,3)
14 (29,2)
6 (24,0)
152 (24,9)
Totale
14 (100)
48 (100)
25 (100)
611 (100)
(a) Somma del valore di esportazioni e importazioni per addetto in migliaia di euro. Le classi dell’indicatore
corrispondono ai quartili della distribuzione nazionale.
Bilancia commerciale(b) (valore assoluto e percentuale, 2012)
Forte
Prevalenza
Prevalenza
prevalenza
Equilibrio
import
export
import
UMBRIA
1 (7,1)
1 (7,1)
8 (57,1)
TOSCANA
3 (6,3)
3 (6,3)
9 (18,8)
16 (33,3)
1 (4,0)
7 (28,0)
MARCHE
ITALIA
84 (13,7)
85 (13,9)
89 (14,6)
177 (29,0)
Forte
prevalenza
export
4 (28,6)
17 (35,4)
17 (68,0)
176 (28,8)
Totale
14 (100)
48 (100)
25 (100)
611 (100)
(b)
Differenza tra valore di esportazioni e importazioni diviso la somma del valore di esportazioni e
importazioni per 100.
Propensione all’export(c) (valore assoluto e percentuale, 2012)
Fino a 0,9
1,0 - 5,9
6,0 - 20,2
(migliaia di euro)
(Q1)
(Q2)
(Q3)
UMBRIA
2 (14,3)
2 (14,3)
8 (57,1)
TOSCANA
6 (12,5)
11 (22,9)
19 (39,6)
1 (4,0)
15 (60,0)
MARCHE
ITALIA
153 (25,0)
154 (25,2)
152 (24,9)
20,3 - 151,9
(Max)
2 (14,3)
12 (25,0)
9 (36,0)
152 (24,9)
Totale
14 (100)
48 (100)
25 (100)
611 (100)
(c) Valore delle esportazioni per addetto in migliaia di euro. Le classi dell’indicatore corrispondono ai quartili
della distribuzione nazionale.
Dinamica della propensione all’export(d) (valore assoluto e percentuale, 2008-2012)
Dinamica negativa
Stabile
Dinamica positiva
Totale
UMBRIA
3 (21,4)
2 (14,3)
9 (64,3)
14 (100)
TOSCANA
8 (16,7)
12 (25,0)
28 (58,3)
48 (100)
5 (20,0)
7 (28,0)
13 (52,0)
25 (100)
MARCHE
ITALIA
164 (27,0)
125 (20,6)
319 (52,5)
608(e) (100)
(d)
Rapporto tra propensione all'export al 2012 e al 2008 per 100. Dinamica negativa se < 90, stabile se
compreso tra 90 e 110, dinamica positiva se > 110.
(e) Tre sistemi locali non hanno esportato nel 2008 e/o 2012.
80
Fig. 6 - Propensione all’export(a) nei sistemi locali dell’Italia mediana (2012)
(a) Valore delle esportazioni per addetto in migliaia di euro.
Fonte: elaborazioni su dati ISTAT
Gli indicatori del grado di apertura internazionale delle economie locali
esposti in tabella 7 mostrano la diffusa presenza nell’Italia mediana di
sistemi con un’elevata propensione agli scambi con l’estero,
particolarmente nelle Marche: secondo gli ultimi dati disponibili a livello
dei sistemi locali, riferiti al 2012, relativi al grado di apertura commerciale
- misurato dalla somma del valore di esportazioni e importazioni per
addetto - superano il valore mediano della distribuzione italiana quasi
due terzi dei sistemi toscani, quasi tre quarti di quelli umbri e ben il 92
per cento di quelli marchigiani. L’apertura si esprime come prevalenza,
spesso anche spiccata rispetto alla media nazionale, delle esportazioni
sulle importazioni in tutte e tre le regioni dell’Italia mediana (e
soprattutto nelle Marche), come si evince dall’indicatore sul saldo
normalizzato della bilancia commerciale.
Un indicatore di performance dell’export è dato dal valore delle merci
esportate rapportato al numero degli addetti, illustrato in figura 6: anche
qui si rilevano i buoni risultati dei sistemi locali dell’Italia mediana,
81
concentrati per la gran parte nei due quartili con i valori superiori. Il
contributo alle esportazioni è particolarmente concentrato nei distretti
industriali e nei sistemi produttivi a prevalente specializzazione nel made
in Italy e nella manifattura pesante, come ad esempio Terni e Umbertide
in Umbria. Tra il 2008 e il 2012, nel periodo di stagnazione della
domanda estera coincidente con la prima fase della crisi, i sistemi delle
tre regioni hanno seguito una dinamica generalmente migliore della
media nazionale e oltre la metà di essi ha migliorato la propria posizione.
Il mercato del lavoro
Per quanto riguarda la situazione strutturale del mercato del lavoro,
riferendoci ai dati del 2014, la maggior parte dei sistemi locali dell’Italia
mediana si colloca, rispetto alla distribuzione nazionale, in una situazione
intermedia, caratterizzata da tassi di occupazione medio-alti e da
disoccupazione bassa o medio-bassa. Rientrano in questa categoria due
terzi dei sistemi toscani, tre quarti di quelli umbri e l’84 per cento di
quelli marchigiani. Meno numerosi i sistemi che registrano tassi elevati di
occupazione, concentrati nell’area settentrionale del Paese: nelle nostre
regioni comprendono Firenze e i suoi sistemi contigui, alcuni distretti
industriali marchigiani e in Umbria solamente Perugia. Sporadici sono i
sistemi caratterizzati da livelli medio-bassi di occupazione e del tutto
assenti quelli a bassa occupazione, relegati al Meridione. Nel ristretto
gruppo che evidenzia le maggiori difficoltà (occupazione medio-bassa,
disoccupazione medio-alta) troviamo capoluoghi come Terni, Lucca e
Massa.
Per valutare gli effetti della crisi economica sul mercato del lavoro,
possiamo analizzare la variazione dei livelli di occupazione nel periodo
2008-2014, evidenziata in figura 7. In questo arco temporale, solo il 14,2
per cento dei sistemi locali nazionali è riuscito a registrare un incremento:
si tratta dei sistemi qualificati come vincenti che all’interno dell’Italia
mediana comprendono la fascia di territorio che da Firenze e Prato
scende verso Empoli, Siena e Grosseto, oltre ai distretti industriali di
Civitanova e Osimo nelle Marche. Tutti i restanti sistemi hanno perduto
occupazione e possono essere classificati tra i perdenti. Alcuni di essi
hanno tuttavia mostrato segnali di inversione di tendenza, riguadagnando
occupazione, almeno in parte, tra il 2013 e il 2014, e possono quindi
essere definiti in ripresa: si tratta dei sistemi collocati nelle aree più interne
82
della Toscana, nella parte meridionale delle Marche e di Perugia, Foligno,
Umbertide e Gualdo Tadino in Umbria.
Più recentemente, nella nostra regione si registra un ulteriore
miglioramento della situazione del mercato del lavoro: l’analisi condotta
sulla base della variazione congiunta di occupazione e disoccupazione fra
il 2014 e il 2015 (ISTAT, 2016) colloca i sistemi locali umbri nella loro
totalità tra i territori in ripresa (occupazione in aumento e disoccupazione
in diminuzione), in compagnia di altri sistemi su cui insistono,
complessivamente, i due terzi della popolazione nazionale. I sistemi
locali toscani sono classificati in larga prevalenza tra gli attivi
(occupazione e disoccupazione entrambe in crescita), mentre tra quelli
marchigiani figura una quota rilevante di inattivi (in calo sia occupazione
che disoccupazione).
Fig. 7 - Dinamica occupazionale nei sistemi locali dell’Italia mediana negli
anni della crisi (2008-2014)
Fonte: elaborazioni su dati ISTAT
83
La vocazione culturale e attrattiva
La vocazione culturale e attrattiva dei territori è, come noto, una
componente fondamentale dei processi di sviluppo locale, sia per la
costruzione dell’identità dei luoghi e delle popolazioni che li abitano, sia
per la capacità - effettiva e potenziale - di generare qualità della vita,
benessere e sviluppo. Per dare corpo ad una più efficace valutazione
delle concrete opportunità legate alla valorizzazione del patrimonio
artistico, culturale e naturale dei contesti locali, l’ISTAT ha provato a
misurare la presenza sul territorio delle risorse culturali,
complessivamente intese, che contribuiscono a definire l’attrattività e la
competitività dei sistemi locali, lungo due dimensioni principali: la prima
è il patrimonio culturale e paesaggistico, che comprende luoghi, beni materiali,
strutture di interesse storico, artistico e ambientale (musei, siti
archeologici, monumenti, borghi, parchi naturali ecc.); la seconda
riguarda il tessuto produttivo/culturale e comprende le attività di produzione
e formazione di interesse culturale (industrie culturali e creative, prodotti
tipici e tradizionali, istituzioni culturali e artistiche ecc.). In sostanza, si
cerca di valutare da un lato il livello di dotazione di patrimonio culturale,
dall’altro la capacità di metterlo a valore tramite iniziative imprenditoriali.
L’analisi cluster condotta rispetto a queste due dimensioni consente di
individuare cinque raggruppamenti di sistemi locali omogenei, come
evidenziato in Tabella 8. Un primo aggregato territoriale, la grande bellezza,
comprende i sistemi che evidenziano valori alti su entrambi gli assi,
dunque capaci di coniugare egregiamente le diverse espressioni dell’arte,
della cultura, delle tradizioni artigianali e imprenditoriali. Ne fanno parte
complessivamente 70 sistemi locali, il 40 per cento dei quali situato
nell’Italia mediana. Due terzi della popolazione umbra, oltre la metà dei
toscani e un quarto dei marchigiani vivono nei territori della grande
bellezza, che includono i sistemi più densamente popolati e tutte le
principali città (ad eccezione di Terni, Livorno e Ancona). A livello
nazionale, in queste aree si trova concentrata la maggior parte dei siti
italiani certificati dall’Unesco e una densità doppia rispetto alla media di
musei e biblioteche, oltre che di attività imprenditoriali culturali. Data la
predominanza di realtà urbane, l’attrattività turistica è determinata
principalmente da un intenso attivismo culturale (due terzi degli eventi,
mostre e festival sono organizzati qui) e da un patrimonio di tipo più
storico-artistico che naturalistico.
84
Un secondo insieme, la potenzialità del patrimonio, individua ancora i
sistemi dotati di elevato patrimonio culturale ma in questo caso associati
a livelli medio-bassi di tessuto produttivo culturale, dunque con ampi
margini per sviluppare ulteriori iniziative imprenditoriali. In questo caso
si tratta di sistemi a bassa densità abitativa, in cui risiede il 10 per cento
della popolazione italiana e quote di poco superiori in Toscana e Marche,
ma di maggiore rilevanza per l’Umbria, dove arriva a ricomprendere oltre
un terzo dei residenti: il maggiore tra i sistemi che ne fanno parte è
quello di Terni, insieme a centri culturalmente importanti come Spoleto e
Todi, oltre a Castiglione del Lago e alle aree interne di Norcia e Cascia.
L’insieme si connota per la dotazione di patrimonio naturale e
paesaggistico, parchi e riserve, e per la presenza di borghi caratteristici,
spesso legati a tradizioni eno-gastronomiche. La capacità di
valorizzazione turistica è buona ma, se si eccettua qualche eccellenza,
appare più debole la fertilizzazione del contesto produttivo.
Troviamo invece una situazione sostanzialmente invertita nel terzo
aggregato, l’imprenditorialità culturale, dove viene espressa una importante
vocazione nel tessuto produttivo nonostante la dotazione di patrimonio
culturale e paesaggistico stazioni su valori contenuti. È una condizione
che coinvolge soprattutto le popolazioni di Toscana e Marche con quote
importanti (quasi un terzo delle prime, la metà delle seconde) e superiori
alla media, ma non ha riscontri in Umbria. I sistemi si
contraddistinguono per i valori elevati degli indicatori riguardanti la
presenza di imprese culturali, artigianato artistico, agricoltura di qualità.
Un quarto insieme, che raggruppa i sistemi che associano livelli mediobassi in entrambe le dimensioni, viene definito il volano del turismo in
quanto comprende diverse aree attrattive dal punto di vista turistico. Si
tratta di un raggruppamento quantitativamente rilevante a livello
nazionale ma che riguarda esigue porzioni dell’Italia mediana: sette
sistemi locali in totale, tutti di dimensioni contenute, con vocazioni
produttive non collegate al settore culturale (cinque di essi, tra cui
Umbertide in Umbria, sono distretti industriali).
Infine, nel quinto insieme residuo, la perifericità culturale, trovano posto i
sistemi con livelli inferiori alla media sia nel patrimonio culturale che nel
tessuto produttivo, diffusi soprattutto nel Mezzogiorno e nelle aree
interne (unico esempio nei nostri territori Rosignano Marittimo in
Toscana).
85
Fig. 8 - Vocazione culturale e attrattiva nei sistemi locali dell’Italia mediana
Fonte: elaborazioni su dati ISTAT
Tab. 8 - Vocazione culturale e attrattiva dei sistemi locali
UMBRIA
TOSCANA
Pop.
%
N.
totale
Pop.
SL
(migl.)
La grande bellezza
Potenzialità del
patrimonio
Imprenditorialità
culturale
MARCHE
Pop.
N.
%
totale
SL
Pop.
(migl.)
ITALIA
Pop.
N.
%
totale
SL
Pop.
(migl.)
N.
SL
Pop.
%
totale
Pop.
(migl.)
23.128 38,1
7
559 63,2
16 2.022 54,2
5
412 26,4
70
6
305 34,5
16
488 13,1
7
259 16,7
138
13 1.155 30,9
9
759 48,7
138
17.713 29,1
11.571 19,0
6.002
9,9
-
-
-
Il volano del turismo
1
21
2,3
2
32
0,9
4
127
8,2
194
Perifericità culturale
-
-
-
1
36
1,0
-
-
-
71
2.356
3,9
14
884
100
48 3.733
100
25 1.557
100
611
60.770
100
Totale
Fonte: elaborazioni su dati ISTAT
86
Questo tipo di analisi evidenzia l’imponente dotazione di patrimonio
culturale e paesaggistico delle regioni dell’Italia mediana e in particolare
dell’Umbria, la regione italiana con la maggiore incidenza di sistemi locali
che si collocano nella fascia dei livelli alti, vuoi per valore storicoartistico, vuoi per aspetti più peculiarmente naturalistici. Tutte e tre le
regioni - e l’Umbria ancor più delle altre, soprattutto nei suoi territori
meridionali - presentano tuttavia, in misura più marcata rispetto al resto
d’Italia, vaste aree in cui questo giacimento culturale appare non
pienamente valorizzato, dunque con ampi margini di crescita anche ai
fini del miglioramento dell’attrattività turistica. Per converso, si ricava
l’impressione di una più diffusa capacità di Marche e Toscana di mettere
a frutto, attraverso iniziative imprenditoriali e di valorizzazione turistica,
anche una parte considerevole di aree non particolarmente ricche di
risorse culturali.
Note conclusive: verso nuovi modelli di governance territoriale
La lettura delle vocazioni territoriali dell’Italia mediana mette in evidenza
consistenti similarità come anche, inevitabilmente, non poche
divergenze. D’altra parte, ciascuna delle tre regioni racchiude già al
proprio interno notevoli varietà di stili di vita, di paesaggi, di forme di
insediamento, di sistemi produttivi, di eccellenze e di unicità, persino di
lingue, dando luogo a una vivace complessità tenuta insieme
dall’appartenenza a identità condivise8. Non a caso, a evocare le tante
specificità si è parlato a lungo di una “Toscana delle Toscane” (Bacci, 2002),
come pure delle Marche “unica regione al plurale” (Piovene, 2013) e persino
per le contenute dimensioni dell’Umbria sono state coniate espressioni,
nel tempo, che rimandano alla coesistenza di diverse sfaccettature: dalla
“regione non regione” (Grohmann, 1989) al “mosaico di comprensori economicourbanistici” negli anni Settanta o alla “rete di città e territori” del Piano
Urbanistico Territoriale del 1999 (Camicia, 2000).
Un primo elemento da rilevare, dal punto di vista delle gravitazioni
interregionali, è che l’Umbria partecipa in alcuni sistemi locali multiregionali, con sue aree di confine che ad occidente subiscono
un’attrazione verso la Toscana (la quale, dal canto suo, registra flussi
Sulle varietà linguistico-dialettali e sul sentimento di appartenenza regionale si rinvia ai
contributi di Elisa Zanganelli e di Cecilia Cristofori e Jacopo Bernardini.
8
87
cospicui anche con Emilia-Romagna e Liguria) e nella parte meridionale
dialogano con il Lazio, ma non mostra relazioni di interscambio degne di
nota con le Marche (che invece interagiscono principalmente con EmiliaRomagna e Abruzzo lungo la dorsale adriatica). I flussi dipendono
tuttavia dalle condizioni di contesto ed è legittimo attendersi che quelli
umbro-marchigiani, storicamente scoraggiati dalla barriera appenninica,
possano ricevere un impulso non trascurabile dalla recente apertura
dell’asse viario di collegamento tra i centri urbani delle zone interne e la
costa adriatica, potenzialmente in grado di modificare gli assetti di
gravitazione soprattutto delle aree più marginali9.
Estese affinità tra i sistemi locali delle tre regioni si possono rintracciare
sul piano del paesaggio, sia per le caratteristiche naturali che per le
traiettorie storico-sociali di antropizzazione: la fisionomia rurale del
territorio a prevalente morfologia collinare, la configurazione degli
insediamenti, l’urbanizzazione policentrica, l’organizzazione mezzadrile
delle campagne che ha lasciato la sua impronta sull’imprenditorialità
diffusa, il ricco corredo di patrimonio architettonico ed edilizio di
interesse artistico e storico che alimenta il potenziale di attrattività
turistica.
Guardando al sistema insediativo, un punto che merita particolare
attenzione riguarda la dimensione urbana: in un contesto economico che
impone di confrontarsi con la scala internazionale e globale, la città
assume oggi un ruolo fondamentale come motore di sviluppo e
catalizzatore di opportunità, di conoscenze e di capitale umano e non è
un caso che molte delle regioni più dinamiche, in Europa e nel resto del
mondo, facciano perno su una città, spesso di grandi dimensioni. Per
l’Italia mediana, il carattere policentrico della configurazione spaziale e la
carenza di grandi realtà metropolitane pone il problema di quale sia il
soggetto istituzionale che possa in qualche modo supplire a questa
fondamentale funzione ordinatrice gerarchica rispetto al sistema
territoriale (Moroni, 2011). Se tale esigenza può essere avvertita in tono
minore in Toscana, dotata di una città metropolitana, essa diventa
certamente più pressante in regioni come l’Umbria - con la sua trama di
urbanizzazione diffusa, in cui anche le principali realtà urbane stentano a
fungere da poli aggregatori, a partire dal capoluogo regionale (Bracalente,
Per approfondimenti sui flussi di pendolarismo e sul sistema infrastrutturale si
rimanda ai capitoli, rispettivamente, di Lorenzo Birindelli e di Marco Storelli.
9
88
2010) - e ancor più le Marche, dalla struttura urbanistica particolarmente
frammentata e dispersa.
Altro elemento comune è la ricca dotazione di patrimonio culturale: una
grande potenzialità, in grado di generare impatti economici, diretti e
indiretti, anche di molto superiori agli attuali in svariati settori, a patto di
migliorare la capacità di valorizzazione nelle vaste aree dove questa
appare più gracile, in particolare in Umbria. Per farlo, sarebbe opportuno
non solo irrobustire le politiche finalizzate a porre le risorse culturali
come fattore qualificante e strategico del sistema produttivo locale e dei
processi di sviluppo, ma anche renderle più specifiche e mirate ai
territori, ad esempio promuovendo la forma del “distretto culturale”
(Alleva, 2015)10.
Anche dal punto di vista dei sistemi produttivi si possono riscontrare diversi
punti di contatto tra gli itinerari seguiti dai territori della fascia centrale,
che tuttavia sembra stiano via via perdendo i loro caratteri di similarità.
Se fin verso la fine del secolo scorso le tre regioni hanno vissuto una fase
di convergenza, accomunate nel paradigma dell’industrializzazione
diffusa che Giorgio Fuà ravvisava nei territori del Nord-Est-Centro, nel
corso dell’ultimo ventennio le traiettorie sono andate divaricandosi, nella
struttura economica e nei motori dello sviluppo (Bracalente, 2011): in
estrema sintesi, si può dire che se le Marche hanno continuato a spingere
sulla vocazione manifatturiera, l’Umbria - pur conservando non senza
fatica una discreta base industriale - si è sorretta più che altro sul settore
pubblico e sul terziario privato tradizionale, mentre la Toscana è riuscita
a difendere la sua manifattura di alta qualità e ha puntato maggiormente
su internazionalizzazione, turismo e terziario avanzato11.
La struttura produttiva dell’Italia mediana resta tuttora per gran parte
caratterizzata dai distretti dell’industrializzazione leggera, con estese
omogeneità di specializzazioni tra Marche (a maggiore densità
distrettuale) e Toscana (con un più ampio ventaglio di attività
produttive). Fa eccezione l’Umbria, dove le trasformazioni e l’instabilità,
anche nell’articolazione settoriale, degli sporadici distretti industriali
nell’ultimo decennio confermano la debole connotazione distrettuale
dell’economia regionale, fatta più di disorganiche aree di specializzazione
Su consumi e politiche culturali si rinvia al capitolo di Andrea Orlandi.
Per una trattazione dettagliata delle dinamiche di sviluppo economico più recenti si
rimanda al saggio di Elisabetta Tondini.
10
11
89
che di sistemi complessi di filiere integrate12, e sembrano semmai
suggerire l’idea di un’incerta reazione alle difficoltà delle specializzazioni
tradizionali, piuttosto che di uno slancio di investimenti nello sviluppo di
nuovi settori.
La parte più estesa del tessuto produttivo (50 sistemi locali su 87) è
costituita comunque da sistemi non distrettuali, che fanno riferimento a
diverse tipologie: in Toscana si tratta prevalentemente di sistemi urbani a
caratterizzazione terziaria o di sistemi a elevata specializzazione turistica;
quelli marchigiani estendono la vocazione industriale affiancando le
specializzazioni in beni per la casa e meccanica a quella nella moda, con
sporadica presenza di sistemi a caratterizzazione terziaria; in Umbria
predominano i sistemi manifatturieri del made in Italy, con una
significativa presenza nei settori dell’industria pesante - rintracciabile
peraltro anche lungo la costa toscana (Alessandrini, Bracalente e Casini
Benvenuti, 2016).
Molti tratti comuni tra le tre regioni, dunque, ma anche importanti
difformità nella struttura e soprattutto nelle prestazioni dei motori dello
sviluppo, a partire dalla produttività e dal grado di internazionalizzazione.
Modesti livelli e debole dinamica della produttività, soprattutto nel
settore industriale, connotano diffusamente i territori dell’Italia mediana,
ma si presentano in forma particolarmente accentuata in Umbria e
Marche, con conseguenti ripercussioni negative su retribuzioni e costo
del lavoro. Il grado di apertura verso l’estero vede invece in posizioni di
avanguardia i sistemi marchigiani, per la potente capacità di esportazione
del manifatturiero, e quelli toscani, sospinti - oltre che dall’alta qualità dei
manufatti - anche dal solido motore turistico, mentre trova nelle retrovie
quelli umbri, per la tradizionale inferiore capacità di proiezione
internazionale.
Queste alcune delle principali evidenze emerse da un primo tentativo di
lettura integrata delle specificità territoriali nelle nostre tre regioni.
La necessità di definire nuovi equilibri nel quadro di una ristrutturazione
- ormai ineludibile - del sistema regionalista, insieme alla crescente
domanda di politiche mirate ai luoghi sostenuta dal nuovo modello di
Non a caso l’Umbria, diversamente da Toscana e Marche, è una delle otto regioni che
hanno deciso di non dotarsi di una legge regionale per il riconoscimento formale dei
distretti industriali presenti sul territorio. Per un esauriente quadro descrittivo del
motore manifatturiero si veda il saggio di Sergio Sacchi.
12
90
sviluppo regionale europeo, rende però prima di tutto auspicabile la
ricerca della condivisione, scientifica e insieme anche politica, di una idea
comune di territorio. A questo scopo, l’impegno di ricerca per cogliere,
anche in senso dinamico, lo spessore delle relazioni socio-economiche e
la dotazione dei fattori abilitanti è incoraggiato dall’accresciuta
disponibilità di dati a livello locale. L’utilizzo dei sistemi locali come
strumento analitico, oramai consolidato e condiviso anche a livello
europeo, può costituire una buona base di partenza.
Il comune substrato storico-sociale, la vicinanza culturale oltre che
geografica, i punti di contatto delle traiettorie di sviluppo, i valori del
passato possono agevolare ma non bastano a garantire una integrazione
virtuosa, se non sorretti e animati da una riflessione profonda e
partecipata sulla maturazione di una visione comune: un nuovo orizzonte
di progresso sociale ed economico, a partire dalla consapevolezza del
valore del territorio e da una appropriata “coscienza dei luoghi”
(Becattini, 2015).
Anche se le dinamiche della globalizzazione e l’economia dei flussi
immateriali e delle reti mettono sotto pressione i contesti locali,
costringendoli a ridefinire ruolo e prospettive, non pare affatto vicino il
profetizzato avvento della “fine dei territori” (Badie, 1996). È anzi
proprio dalle resistenze sperimentate nei territori rispetto alla dialettica
tra flussi e luoghi (Bonomi e De Rita, 2014) che si può ripartire. Queste
spinte impongono, semmai, di aggiornare i nostri strumenti di lettura e
interpretazione dei luoghi in cui viviamo, di imparare a riconoscere le
nuove forme con cui essi si connettono e interagiscono per tracciare
percorsi originali e coraggiosi, ma rispettosi delle collettività locali, verso
più evolute alleanze territoriali.
91
Appendice
TAVOLA I
Sistemi locali 2011 dell’Italia mediana (popolazione al 1 gennaio 2016)
Denominazione
Sistema locale 2011
N.
comuni
Pop.
residente
Sup.
(kmq)
4
4
3
4
6
6
2
4
9
6
7
3
12
18
58.845
6.368
24.888
55.924
86.427
30.896
33.609
7.835
249.371
45.327
37.501
20.472
42.034
180.540
293
487
384
563
564
477
590
518
1.193
539
547
392
696
1.129
20
3
7
19
15
10
12
20
2
2
4
12
15
8
11
5
7
12
11
7
14
5
4
99.358
46.411
84.949
119.039
17.693
98.852
78.097
35.392
21.181
43.262
75.227
110.974
31.029
80.390
35.684
3.435
21.607
102.826
30.907
129.395
19.305
13.912
29.162
632
189
325
948
481
257
290
303
51
69
159
649
747
266
415
340
581
450
432
289
418
291
300
UMBRIA
Assisi
Cascia
Castiglione del Lago
Città di Castello
Foligno
Gualdo Tadino
Gubbio
Norcia
Perugia
Spoleto
Todi
Umbertide
Orvieto
Terni
Arezzo
Bibbiena
Cortona
Montevarchi
Sansepolcro
Borgo San Lorenzo
Castelfiorentino
Empoli
Firenze
Firenzuola
Castel del Piano
Follonica
Grosseto
Manciano
Monte Argentario
Orbetello
Pitigliano
Castagneto Carducci
Cecina
Livorno
Marciana Marina
Piombino
Portoferraio
Rosignano Marittimo
Barga
Castelnuovo Garfagnana
Lucca
Pietrasanta
Viareggio
Carrara
Massa
Pontremoli
Pisa
Pomarance
Pontedera
San Miniato
Volterra
Montecatini-Terme
Pistoia
S.Marcello Pistoiese
Prato
Chiusi
Montalcino
Montepulciano
Piancastagnaio
Poggibonsi
Siena
Sinalunga
92
N.
comuni
Pop.
residente
Sup.
(kmq)
6
10
3
11
5
6
4
6
18
2
5
5
5
2
2
3
3
2
6
5
2
4
6
4
7
12
5
4
3
2
2
6
5
4
13
6
2
13
4
3
9
10
6
4
4
8
12
6
131.343
35.530
36.307
135.445
27.888
55.990
42.195
108.888
721.657
5.880
13.602
43.611
105.433
8.413
14.102
22.626
8.722
9.524
37.324
185.600
4.163
57.261
27.927
35.750
34.022
22.761
152.097
47.783
117.451
71.410
79.802
19.841
184.429
10.257
115.369
103.981
12.268
137.607
131.374
9.587
281.385
29.540
17.553
28.026
14.117
78.492
114.615
38.015
726
701
490
789
474
695
330
340
1.206
381
399
700
1.403
454
84
665
341
169
225
321
51
339
194
245
461
445
446
170
186
85
111
471
448
517
608
301
408
331
367
179
410
546
772
410
388
805
1.519
310
TOSCANA
MARCHE
Jesi
Osimo
Senigallia
Ascoli Piceno
Comunanza
S.Benedetto del Tronto
Fermo
Montegiorgio
Montegranaro
Porto Sant’'Elpidio
Civitanova Marche
Macerata
Matelica
Recanati
Tolentino
Visso
Cagli
Fano
Pergola
Pesaro
Sassocorvaro
Urbania
Urbino
Denominazione
Sistema locale 2011
TAVOLA II
Composizione dei sistemi locali 2011 dell’Umbria e cambiamenti rispetto al 2001
Denominazione SL
Comuni appartenenti al sistema locale
Cambiamenti rispetto al 2001
ASSISI
Assisi, Bastia Umbra, Bettona, Cannara
+ Cannara
CASCIA
Cascia, Monteleone di Spoleto, Poggiodomo,
Leonessa
+ Leonessa
CASTIGLIONE
DEL LAGO
Castiglione del Lago, Panicale, Piegaro
- Paciano
GUALDO
TADINO
Citerna, Città di Castello, Monte Santa Maria
Tiberina, San Giustino
Bevagna, Foligno, Montefalco, Spello, Trevi,
Valtopina
Costacciaro, Fossato di Vico, Gualdo Tadino,
Nocera Umbra, Sigillo, Valfabbrica
GUBBIO
Gubbio, Scheggia e Pascelupo
NORCIA
Cerreto di Spoleto, Norcia, Preci, Sellano
CITTÀ DI
CASTELLO
FOLIGNO
PERUGIA
SPOLETO
TODI
UMBERTIDE
ORVIETO
TERNI
=
- Cannara
+ Valtopina
- Valtopina
=
Corciano, Deruta, Magione, Marsciano,
Passignano sul Trasimeno, Perugia, Torgiano,
Tuoro sul Trasimeno, San Venanzo
Campello sul Clitunno, Castel Ritaldi,
Sant’Anatolia di Narco, Scheggino, Spoleto,
Vallo di Nera
Collazzone, Fratta Todina, Giano dell’Umbria,
Gualdo Cattaneo, Massa Martana, Monte
Castello di Vibio, Todi
- Sant’Anatolia di Narco
- Scheggino
- Vallo di Nera
+ Deruta
+ Marsciano
+ San Venanzo
+ S.Anatolia
+ Scheggino
+ Vallo di Nera
+ Collazzone
+ Fratta Todina
+ Monte Castello di Vibio
Montone, Pietralunga, Umbertide
=
Allerona, Alviano, Baschi, Castel Giorgio, Castel
Viscardo, Guardea, Montecchio, Orvieto,
=
Porano, Castiglione in Teverina, Civitella d’Agliano,
Lubriano
+ Amelia
Acquasparta, Amelia, Arrone, Calvi dell’Umbria, + Calvi dell’Umbria
Ferentillo, Giove, Lugnano in Teverina,
+ Giove
Montecastrilli, Montefranco, Narni, Otricoli,
+ Lugnano in Teverina
Penna in Teverina, Polino, San Gemini,
+ Narni
Stroncone, Terni, Avigliano Umbro, Configni
+ Otricoli
+ Penna in Teverina
N.B.: Ciascun sistema locale prende il nome dal comune al suo interno che presenta il numero massimo di
posti di lavoro. In corsivo i comuni appartenenti a regioni diverse dall’Umbria.
I rimanenti comuni umbri appartengono a sistemi locali extra-regionali: Città della Pieve, Paciano, Fabro,
Ficulle, Montegabbione, Monteleone d’Orvieto, Parrano sono inseriti nel sistema locale di Chiusi (Toscana);
Lisciano Niccone in quello di Cortona (Toscana); Attigliano in quello di Viterbo (Lazio).
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