La geografia delle vocazioni territoriali Mauro Casavecchia
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La geografia delle vocazioni territoriali Mauro Casavecchia
LA GEOGRAFIA DELLE VOCAZIONI TERRITORIALI MAURO CASAVECCHIA1 SOMMARIO x La centralità dei luoghi x Il sistema locale come strumento di analisi dello sviluppo x La configurazione dei sistemi locali nell’Italia mediana x La dimensione socio-demograficax Specializzazioni produttive, distretti industriali, sistemi urbanix Le performance territorialix La vocazione culturale e attrattivax Note conclusive: verso nuovi modelli di governance territoriale La centralità dei luoghi L’attuale percorso di ridefinizione dell’architettura territoriale - che si tratti di città metropolitane, aree vaste, unioni di comuni, fino alle ipotesi di integrazioni macroregionali - avviato all’interno del grande cantiere delle riforme istituzionali può rappresentare una grande opportunità, non solo di modernizzazione della pubblica amministrazione ma anche di concreto rilancio economico e sociale e di rigenerazione del motore di sviluppo dei territori. Se si intende perseguire questo più ampio obiettivo occorre tuttavia sfuggire al rischio di considerare il processo di revisione dei confini amministrativi come mero adempimento normativo, utile tutt’al più ad ottenere una pur doverosa ottimizzazione di poche funzioni gestionali. È essenziale invece indirizzare le energie verso la costruzione di alleanze strette tra i luoghi che condividono esigenze analoghe, avendo ben presenti le identità distintive locali, e verso un più efficace raccordo tra istituzioni, forze produttive, centri della conoscenza e comunità sociali dei territori coinvolti, nel solco delle politiche nazionali ed europee. Anche nella prospettiva europea, infatti, lo sviluppo di iniziative di cooperazione interregionale - ovvero di strategie macroregionali - è ritenuto un passo determinante ai fini dell’efficacia del nuovo approccio territoriale place-based fatto proprio dalla politica di coesione, che resta il Ricercatore responsabile dell’Area Innovazione e sviluppo locale, Agenzia Umbria Ricerche. La realizzazione dei cartogrammi è stata curata da Emanuele Pettini. 1 61 principale asse di riferimento per i territori che intendono cimentarsi con lo sviluppo locale2. Mentre però, muovendo da questa consapevolezza, in Europa una nuova generazione di politiche territoriali sta ridisegnando città e sistemi locali dal punto di vista sociale, ambientale, urbanistico, rafforzandone competitività ed efficienza, il ritardo che registra il nostro Paese su questo tema denota una sostanziale assenza di visione strategica, non solo politica ma eminentemente cognitiva: l’afasia del dibattito pubblico deriva anche dalla carenza di analisi e interpretazioni adeguate dell’organizzazione territoriale, economica e sociale dei contesti regionali (Calafati e Mazzoni, 2008). Un progresso in questa direzione è rappresentato dalla recente pubblicazione della nuova geografia dei sistemi locali del lavoro disegnata dall’ISTAT sulla base dei dati dell’ultimo Censimento (ISTAT, 2015b). I sistemi locali, in quanto partizioni territoriali basate su criteri funzionali, possono difatti costituire un valido strumento non solo per lo studio del territorio ma anche per la definizione di politiche per lo sviluppo locale e di politiche settoriali, come ad esempio negli ambiti dell’industria, dell’occupazione, della pianificazione territoriale, dell’ambiente, dei trasporti (Iommi, 2015). Il presente contributo si propone dunque di tracciare un’analisi descrittiva dei contesti territoriali dell’Italia mediana - intesa come aggregazione dei sistemi locali di Umbria, Toscana e Marche - per metterne in evidenza similarità e divergenze, anche rispetto al resto della penisola, lungo alcune dimensioni caratterizzanti: i lineamenti sociodemografici, la specializzazione produttiva, le performance competitive collegate a produttività, costo del lavoro, occupazione e apertura verso l’estero, la vocazione culturale e attrattiva. 2 L’attuale programmazione europea 2014-2020 sostiene una politica di sviluppo placebased (mirata ai luoghi), intesa come strategia a lungo termine orientata a sviluppare il potenziale sottoutilizzato e a ridurre le ineguaglianze all’interno di specifici territori, facendo leva sulla componente endogena (le preferenze e conoscenze locali messe in moto attraverso istituzioni politiche partecipative), attivata da trasferimenti esogeni regolati attraverso un sistema di governance multilivello (Barca, 2009). 62 Il sistema locale come strumento di analisi dello sviluppo I sistemi locali del lavoro sono unità territoriali sub-regionali che descrivono il perimetro dei luoghi in cui si concentra l’attività quotidiana delle persone, definito dai flussi degli spostamenti giornalieri per motivi di lavoro rilevati in occasione dei censimenti generali della popolazione. Da un punto di vista tecnico, sono costituiti da insiemi di comuni contigui, in modo da massimizzare la loro interazione. In pratica, ogni sistema è il luogo in cui la maggior parte della popolazione residente lavora ed esercita le principali attività sociali ed economiche: i confini dei sistemi locali prescindono dunque dall’articolazione amministrativa e riflettono l’organizzazione spontanea delle scelte e delle azioni dei soggetti. In questo senso, permettono di osservare il Paese reale nelle sue differenze e particolarità, identificando le aree omogenee in cui gravitano e si addensano le attività e le relazioni sociali ed economiche (Alleva, 2015)3. La numerosità e le dimensioni dei sistemi locali dipendono da molti fattori, tra cui principalmente: il grado di sviluppo socio-economico (maggiori occasioni di lavoro incoraggiano flussi di pendolarismo più consistenti), la presenza di grandi realtà urbane (per la capacità attrattiva rispetto ai comuni circostanti), la dotazione di infrastrutture di trasporto (che facilitano o scoraggiano gli spostamenti), la morfologia del territorio (le barriere naturali rendono più difficile la mobilità). Le loro trasformazioni nel tempo possono essere frutto di cambiamenti demografici, sociali e professionali, di redistribuzioni dei luoghi di lavoro e di residenza, di evoluzioni delle specializzazioni produttive e del sistema infrastrutturale e così via. I sistemi locali soddisfano i criteri-chiave dell’auto-contenimento (un numero limitato di spostamenti al di fuori dei confini dell’area di riferimento) e dell’integrazione (consistenti flussi di pendolarismo quotidiano tra i comuni interni all’area). Possono dunque essere assimilati ad ambiti urbani funzionali (o sistemi urbani giornalieri), costruiti a partire dalle relazioni sociali, più che dall’edificato: “il territorio di insediamento del sistema di imprese e di popolazione ad esso collegato risulta delineato come un sistema urbano giornaliero (o se si preferisce un “mercato” locale del lavoro), rappresentando quel certo territorio “comune e relativamente ristretto” entro cui si realizza quella contiguità tra popolazione e imprese […] che insieme alle altre attività quotidiane danno forma ad una “regione” nel tempo e nello spazio, sotto il vincolo dell’accessibilità reciproca tra luoghi di residenza e luoghi di lavoro” (Sforzi, 1987). 3 63 Per la loro significatività statistica e geografica, i sistemi locali sono stati adottati come unità di osservazione per lo studio dei fenomeni socioeconomici, trovando il massimo utilizzo nell’analisi del modello produttivo dei distretti industriali. L’importanza di questo strumento risiede nella possibilità di essere utilizzato proficuamente, oltre che nello studio dei processi di sviluppo locale, anche nell’attuazione delle policy, come ad esempio per l’individuazione in senso normativo dei distretti industriali o, in prospettiva, per promuovere aggregazioni di comuni volte a conseguire una maggiore efficacia nella gestione condivisa di determinati servizi alla popolazione o nella realizzazione di politiche di area vasta. In occasione della pubblicazione della quarta edizione dei sistemi locali, costruiti sulla base dei flussi di pendolarismo rilevati in occasione del censimento 2011, l’ISTAT ha rivisto per la prima volta l’impianto concettuale e metodologico attraverso il quale erano stati definiti fin dal 1981, adottando un nuovo algoritmo armonizzato a livello europeo. Pur con la diversa tecnica utilizzata e nonostante il notevole incremento dei flussi di pendolarismo nel decennio intercensuario - sia in termini di persone che si spostano per motivi di lavoro (+12,2 per cento rispetto al 2001), sia in termini di connessioni tra comuni (+23,7 per cento) l’assetto dei sistemi non ha subito ripercussioni sconvolgenti, ma ha anzi conservato un elevato grado di stabilità4. Tale robustezza e persistenza nel tempo conferma l’affidabilità dei sistemi locali come agglomerazioni non meramente statistiche, ma in quanto ambiti urbani definiti da un fitto e consolidato reticolo di spostamenti e di relazioni degli individui che vivono e operano in questi luoghi. La configurazione dei sistemi locali nell’Italia mediana Tra il 2001 e il 2011 si è verificata in Italia una diminuzione del numero di sistemi locali, passati da 683 a 611 (-10,5 per cento), principalmente per effetto dell’aumento delle dimensioni medie delle agglomerazioni delle maggiori realtà urbane. Analogo calo si è registrato nelle regioni dell’Italia mediana, dove i sistemi locali sono complessivamente diminuiti da 97 a 87: i cambiamenti maggiori sono intervenuti nelle Marche (da 31 Per rendere confrontabili le situazioni registrate nel Censimento precedente, i sistemi locali basati sui dati 2001 sono stati ricalcolati con il nuovo metodo. 4 64 a 25), mentre maggiore stabilità si è registrata in Umbria (da 16 a 14) e in Toscana (da 50 a 48). Gli 87 sistemi locali complessivamente localizzati nell’Italia mediana (14,2 per cento del totale nazionale) racchiudono circa il 10 per cento della popolazione italiana5. L’Umbria è suddivisa in 14 sistemi locali, che raggruppano 83 dei suoi 92 comuni. I restanti nove comuni umbri sono inseriti in sistemi multiregionali con baricentro esterno ai confini regionali: due in Toscana (Chiusi e Cortona, che attraggono otto comuni umbri) e uno nel Lazio (Viterbo, che ne include uno). I sistemi locali di Terni, Orvieto e Cascia inglobano cinque comuni delle province laziali confinanti. Non esistono sistemi che comprendono comuni sia dell’Umbria sia delle Marche. I sistemi locali umbri rappresentano il 14,3 per cento della popolazione dell’Italia mediana. Nonostante l’incremento del 22,7 per cento rispetto al 2001, in termini di popolazione conservano una dimensione media piuttosto limitata, di poco superiore alle 60 mila unità, nettamente inferiore alla media nazionale, vicina a 100 mila, anche se presentano un’estensione territoriale maggiore (la superficie media sfiora i 600 kmq contro i quasi 500 kmq italiani). Anche i 25 sistemi locali marchigiani, pur essendosi notevolmente irrobustiti rispetto al 2001, mantengono dimensioni contenute, analoghe a quelle dell’Umbria e assommano un quarto della popolazione totale delle tre regioni. Nelle aree di confine, i sistemi marchigiani si scambiano comuni con i sistemi limitrofi dell’Emilia-Romagna e ne attraggono quattro dall’Abruzzo e uno (il comune di Sestino, nel Montefeltro aretino) dalla Toscana. Maggiore consistenza possiedono invece i 48 sistemi locali toscani - ben nove dei quali figurano tra i primi dodici per dimensione - che rappresentano circa il 60 per cento della popolazione delle tre regioni centrali. Oltre alle interrelazioni già dette con Umbria e Marche, i sistemi toscani registrano consistenti flussi di scambio ai confini con Liguria (otto comuni ceduti, uno attratto) ed Emilia-Romagna (quattro comuni ceduti). Circa metà dei sistemi locali in ciascuna delle tre regioni ha un numero di residenti compreso tra 10 e 50 mila (Graf. 1). I primi sette sistemi per dimensione raggruppano da soli quasi un terzo della popolazione delle tre regioni: svetta naturalmente Firenze, unica area metropolitana con L’elenco degli 87 sistemi locali dell’Italia mediana, con la composizione per comune di quelli umbri e i cambiamenti rispetto al 2001, si trovano in appendice al capitolo. 5 65 quasi 700 mila residenti, mentre seguono distanziati Prato e Perugia, gli unici che superano quota 200 mila. Il maggiore sistema marchigiano è Ancona, che figura al settimo posto, dietro Terni. Tab. 1 - Superficie e popolazione residente nei sistemi locali N. SL Sup. media per SL (kmq) Popolazione residente(a) % Pop. residente Var. % pop. Pop. residente residente media media per SL 2001-2011 UMBRIA 14 598 884.364 1,5 63.169 TOSCANA 48 467 3.733.170 6,1 77.774 25 387 1.557.482 2,6 62.299 MARCHE ITALIA MEDIANA 87 465 6.175.016 10,2 70.977 611 494 60.770.430 100,0 99.461 ITALIA (a) I dati relativi alla popolazione, anche nelle tabelle successive, sono riferiti a giugno 2014. Fonte: elaborazioni su dati ISTAT 22,7 10,7 31,6 18,6 19,2 Graf. 1 - Sistemi locali per classi di popolazione residente 0% UMBRIA TOSCANA 40% 14,3 10,4 MARCHE 4,0 ITALIA 20% 8,3 60% 80% 50,0 47,9 100% 21,4 10,4 52,0 24,0 45,7 25,0 14,3 29,2 2,1 20,0 18,3 Fino a 10.000 abitanti 10.001 - 50.000 abitanti 50.001 - 100.000 abitanti 100.001 - 500.000 abitanti 500.001 abitanti e più 2,6 Fonte: elaborazioni su dati ISTAT La dimensione socio-demografica Partendo dalle caratteristiche socio-demografiche dei territori, dalla struttura e dalle dinamiche di popolazione e mercato del lavoro, l’ISTAT ha definito sette diversi insiemi dove possono essere collocati i sistemi locali che condividono analoghe specificità: le città del centro-nord, la città diffusa, il cuore verde, i centri urbani meridionali, i territori del disagio, il mezzogiorno interno e l’altro sud. I primi tre riguardano le regioni centrosettentrionali, mentre i restanti quattro includono sistemi locali quasi esclusivamente situati nel Mezzogiorno. I territori dell’Italia mediana si trovano tutti ricompresi all’interno dei primi tre aggregati. 66 Fig. 1 - Caratteristiche socio-demografiche nei sistemi locali dell’Italia mediana Fonte: elaborazioni su dati ISTAT L’insieme più popoloso riguarda le città del Centro-nord, che comprende le principali realtà urbane: vive infatti in questi territori quasi il 30 per cento delle popolazione italiana, condensata in meno del 9 per cento della superficie. Vi appartiene il 36,1 per cento dei residenti nelle regioni dell’Italia mediana, concentrata in 11 sistemi localizzati soprattutto in Toscana (ove riguarda oltre la metà dei residenti) e principalmente nel sistema locale di Firenze, che insieme a quelli contigui di Prato e Pistoia si protende collegandosi al sistema urbano di Bologna, e poi più a occidente nei sistemi di Livorno, Pisa e Lucca. Appartengono a questo insieme anche i sistemi locali di Ancona e Pesaro, che assommano un quinto della popolazione marchigiana, mentre l’Umbria non vi viene rappresentata. Nel complesso, questo aggregato si caratterizza per una struttura e una dinamica demografica tipica dei modelli insediativi urbani: notevole concentrazione dei residenti nel comune capoluogo del sistema locale; accentuata prevalenza di popolazione anziana rispetto ai giovani (165,6 per cento); forte capacità di attrazione di popolazione straniera. 67 Quest’ultima caratteristica è collegata anche ad un mercato del lavoro che si presenta favorevole: più elevato tasso di occupazione rispetto alla media italiana; ridotta disoccupazione, anche femminile; minore presenza di imprenditori e di lavoratori precari. Un modello di insediamento meno addensato contraddistingue invece la città diffusa, che riguarda il 19,9 per cento della popolazione italiana e il 28,8 per cento dei cittadini appartenenti all’Italia mediana, ove caratterizza 19 sistemi locali. Fanno parte di questo insieme Perugia e Assisi in Umbria, i territori del litorale marchigiano e quelli del Valdarno e della Toscana interna. Si tratta di sistemi composti da comuni piccoli e medi, dalla dimensione demografica contenuta (fatta eccezione per il capoluogo umbro) e con una popolazione più distribuita sul territorio rispetto all’insieme precedente: un modello insediativo di urbanità diffusa, ad elevato consumo di suolo, che genera consistenti flussi di pendolarismo. La struttura per età della popolazione risulta meno invecchiata rispetto alla media nazionale, con un peso degli anziani sui giovani pari al 134,5 per cento, probabilmente anche per effetto della considerevole incidenza della componente straniera (99,4 per mille residenti, contro 66,8 della media italiana). Il raggruppamento si caratterizza anche per le buone performance del mercato del lavoro, migliori rispetto alla media, con una maggiore incidenza di imprenditori e una quota contenuta di lavoratori precari. L’insieme territorialmente più esteso è il cuore verde, che raccoglie ben 57 sistemi locali dell’Italia mediana, che coprono quasi il 70 per cento della superficie anche se solo il 35,1 per cento della popolazione. Caratterizza in modo ancora più deciso l’Umbria, con oltre l’80 per cento della superficie e due terzi della popolazione. Si tratta di una aggregazione dalla spiccata fisionomia rurale, che comprende i territori con la più bassa popolazione media per comune, limitata densità, centri abitati di estensioni ridotte. La struttura demografica descrive una popolazione particolarmente invecchiata: il peso degli anziani sui giovani arriva a 192,1 per cento, la quota più elevata dei tre insiemi. L’incidenza della popolazione straniera risulta minore rispetto alle precedenti aggregazioni (77,5 per mille residenti), anche se di poco superiore al dato nazionale. La componente straniera presenta anche altre peculiarità: diversamente dagli altri due insiemi, in questo caso il peso degli stranieri provenienti da paesi in via di sviluppo è inferiore al dato nazionale, suggerendo un 68 modello di immigrazione di altra natura rispetto allo schema tradizionale, guidato dalla ricerca di lavoro e più legato alla qualità del territorio di destinazione. I residenti in queste aree si avvantaggiano - come nei due casi precedenti - di un mercato del lavoro più favorevole rispetto alla media nazionale, con maggiori tassi di occupazione e minori tassi di disoccupazione. La dinamica dell’ultimo decennio mostra tuttavia una crescita della popolazione inferiore a quella nazionale. Tab. 2 - Specializzazione socio-demografica dei sistemi locali UMBRIA N. di Sistemi locali N. di comuni Popolazione totale % Popolazione Superficie (kmq) % Superficie Le città del La città diffusa Centro-nord 2 13 307.963 34,8 1.486 17,7 TOSCANA N. di Sistemi locali N. di comuni Popolazione totale % Popolazione Superficie (kmq) % Superficie 9 53 1.917.602 51,4 3.552 15,8 9 78 916.591 24,6 4.953 22,1 30 152 898.977 24,1 13.910 62,1 48 283 3.733.170 100,0 22.415 100,0 MARCHE N. di Sistemi locali N. di comuni Popolazione totale % Popolazione Superficie (kmq) % Superficie 2 17 308.941 19,8 580 6,0 8 50 553.744 35,6 1.767 18,3 15 174 694.797 44,6 7.326 75,7 25 241 1.557.482 100,0 9.673 100,0 Il cuore verde Totale 12 75 576.401 65,2 6.887 82,3 14 88 884.364 100,0 8.373 100,0 N. di Sistemi locali 11 19 57 87 N. di comuni 70 141 401 612 Popolazione totale 2.226.543 1.778.298 2.170.175 6.175.016 ITALIA MEDIANA % Popolazione 36,1 28,8 35,1 100,0 Superficie (kmq) 4.132 8.206 28.123 40.461 % Superficie 10,2 20,3 69,5 100,0 N. di Sistemi locali 34 94 212 611 N. di comuni 908 1.552 3.180 8.092 Popolazione totale 17.800.138 12.090.689 10.372.931 60.770.430 (a) ITALIA % Popolazione 29,3 19,9 17,1 100,0 Superficie (kmq) 26.687 38.236 116.830 302.073 % Superficie 8,8 12,7 38,7 100,0 (a) I totali dell’ultima colonna comprendono anche altri aggregati che non coinvolgono aree dell’Italia mediana. Fonte: elaborazioni su dati ISTAT 69 Specializzazioni produttive, distretti industriali, sistemi urbani Nonostante la forte contrazione dell’attività produttiva conseguente all’avvento della crisi, le tre regioni confermano la loro importante vocazione industriale: la maggior parte dei sistemi locali, infatti, lega la propria specializzazione prevalente alla manifattura, mentre nel resto del Paese se ne contano meno della metà. La forte trazione manifatturiera è evidente soprattutto in Umbria e nelle Marche, ove i residenti dei sistemi locali a prevalente specializzazione industriale rappresentano oltre l’88 per cento della popolazione, una quota di molto superiore a quella toscana (49,1 per cento) e più che doppia rispetto a quella nazionale. Fig. 2 - Specializzazione produttiva prevalente nei sistemi locali dell’Italia mediana (2011) Fonte: elaborazioni su dati ISTAT La vocazione manifatturiera dell’Italia mediana si manifesta in particolare nei settori del made in Italy: un quarto dei sistemi locali nazionali con questa specializzazione sono concentrati nelle tre regioni. Vi afferiscono, infatti, la metà dei sistemi locali umbri che raccolgono nel complesso 70 oltre mezzo milione di abitanti (il 61,6 per cento del totale), 18 sistemi della Toscana con il 37,7 per cento della popolazione e ben 22 sistemi marchigiani che rappresentano l’86,2 per cento dei residenti (tabella 3). La classe del made in Italy si articola in due sotto-classi, che racchiudono a loro volta sei gruppi di specializzazione produttiva. La prima sotto-classe comprende i sistemi locali del tessile, abbigliamento e cuoio: vi si ritrovano molti dei distretti industriali storici, come quelli della filatura e tessitura di Prato, la confezione di articoli di abbigliamento di Empoli e di Ascoli Piceno, il conciario di San Miniato, i calzaturieri di Civitanova Marche e del fermano-maceratese nella parte meridionale delle Marche, dove trova spazio il maggiore addensamento di imprese del settore di tutto il territorio nazionale (il 60 per cento dei sistemi locali italiani specializzati in pelli e cuoio sono concentrati in Marche e Toscana). La seconda sotto-classe riguarda gli altri sistemi del made in Italy e racchiude i rimanenti settori dell’industria leggera, tra i quali spiccano le lavorazioni del legno e la produzione di mobili, che caratterizzano i quattro distretti di Pesaro, Fano, Urbino e Sassocorvaro nella parte settentrionale delle Marche e i distretti di Poggibonsi e Pistoia in Toscana. I sistemi locali vocati all’agroalimentare, pur nella varietà delle specializzazioni settoriali, contraddistinguono invece una vasta zona dell’Umbria, che da Todi (ove la vocazione assume specificità distrettuale) risale verso Foligno e Perugia (tra i sistemi con il maggior numero di addetti nel settore a livello nazionale), protendendosi fino all’area del Trasimeno. Non particolarmente diffusi i sistemi specializzati nella fabbricazione di macchine, tra cui figurano Fabriano e Gualdo Tadino. Più caratterizzante appare invece la specializzazione nei gioielli, occhiali e strumenti musicali, un gruppo di dimensioni contenute (solo 10 sistemi locali in Italia) ma fortemente specializzato e che raccoglie il distretto orafo di Arezzo insieme a Cortona e quello incentrato sugli strumenti musicali di Recanati e Castelfidardo. La classe della manifattura pesante conserva una presenza importante soprattutto in Umbria, dove caratterizza tre sistemi locali che addensano oltre un quarto della popolazione, ma anche in Toscana, con sette sistemi e l’11,5 per cento degli abitanti, mentre appare residuale nelle Marche. Il gruppo della produzione e lavorazione dei metalli è rappresentato soprattutto dai sistemi di Terni e di Piombino, mentre la specializzazione in materiali da costruzione annovera il distretto lapideo di Massa, Carrara 71 e Pietrasanta e la produzione di cemento di Gubbio. Completano la classe dell’industria pesante i sistemi toscani specializzati nella fabbricazione di mezzi di trasporto (Pontedera) e nelle lavorazioni chimiche (Rosignano Marittimo). Tra i sistemi non manifatturieri la sotto-classe più consistente è quella dei sistemi locali urbani, che riguarda quasi due milioni di abitanti nelle tre regioni, concentrati soprattutto in Toscana. Il gruppo più popoloso è quello dei sistemi pluri-specializzati, che comprende realtà urbane in cui convivono vocazioni molteplici legate sia alla manifattura che ai servizi. Tra esse troviamo una nutrita rappresentanza di sistemi toscani tra cui Firenze (con una presenza importante nella lavorazione del cuoio), Siena e Pisa (farmaceutica, ricerca e sviluppo), Lucca (alimentare e carta), mentre nelle altre due regioni ne fanno parte solo Ancona e Spoleto. La seconda sotto-classe è costituita dagli altri sistemi non manifatturieri, che comprendono 14 sistemi locali di piccole dimensioni, alcuni con specializzazione turistica, come Orvieto e Cascia in Umbria, altri a vocazione agricola, come alcune zone della Maremma. Completano il quadro i sistemi locali non specializzati - tra cui Norcia - nei quali non emergono particolari vocazioni produttive, anche per il contenuto peso demografico ed economico. Distretti industriali A partire dai 611 sistemi locali, l’ISTAT nel 2011 ha individuato 141 distretti industriali6, distribuiti in 15 regioni soprattutto nel Centro-Nord del Paese, a partire da Lombardia (29 distretti) e Veneto (28). La concentrazione è particolarmente intensa in Marche (19 distretti) e Toscana (15), dove un’altissima quota di sistemi locali manifatturieri (rispettivamente 86,4 e 75 per cento) è connotata come distretto industriale, diversamente dall’Umbria, che annovera solo 3 distretti. Le economie territoriali dell’Italia mediana pesano così per oltre un quarto sull’aggregato distrettuale nazionale, che coagula un insieme di settori industriali tradizionali, generalmente caratterizzati da un’intensità mediobassa di tecnologia e di capitale, dalla piccola dimensione e dall’appartenenza a filiere dei beni per la persona e per la casa. I distretti industriali sono entità socio-territoriali costituite da una comunità di imprese e di persone, unite da relazioni territoriali e dai legami socio-economici che tale compresenza genera. Le imprese appartengono prevalentemente a uno stesso settore di attività economica, che ne definisce l’industria principale, e sono caratterizzate da piccole e medie dimensioni (Istat, 2015a). 6 72 33.974 95.017 45.943 45.943 49.074 49.074 7.882 884.364 1 3 1 1 2 2 1 14 Fonte: elaborazioni su dati ISTAT 202.434 2 3,8 10,7 5,2 5,2 5,5 5,5 0,9 100 22,9 545.057 61,6 56.227 6,4 56.227 6,4 488.830 55,3 31.334 3,5 58.786 6,6 398.710 45,1 236.408 26,7 - 7 1 1 6 1 1 4 3 - Pop. (%) MADE IN ITALY TESSILE, ABBIGLIAMENTO, CUOIO Tessile e abbigliamento Pelli e cuoio ALTRI DEL MADE IN ITALY Fabbricazione di macchine Legno e mobili Agro-alimentare Gioielli, occhiali, strumenti musicali MANIFATTURA PESANTE Mezzi di trasporto Produzione e lavorazione metalli Materiali da costruzione Petrolchimica e farmaceutica NON MANIFATTURIERI URBANI Urbani ad alta specializzazione Urbani pluri-specializzati Urbani prevalentemente portuali Urbani non specializzati ALTRI NON MANIFATTURIERI Turistici A vocazione agricola NON SPECIALIZZATI TOTALE Pop. totale N. SL Classi, sotto-classi e gruppi di specializzazione prevalente UMBRIA 4 1 21 10 5 3 2 11 7 4 2 48 1 18 9 3 6 9 2 3 2 2 7 1 N. SL 213.214 36.106 1.867.945 1.679.704 1.203.785 326.481 149.438 188.241 114.495 73.746 30.502 3.733.170 57.798 1.405.689 907.906 417.553 490.353 497.783 42.054 248.121 39.681 167.927 429.034 121.916 Pop. totale TOSCANA 73 5,7 1,0 50,0 45,0 32,2 8,7 4,0 5,0 3,1 2,0 0,8 100 1,5 37,7 24,3 11,2 13,1 13,3 1,1 6,6 1,1 4,5 11,5 3,3 Pop. (%) 2 1 1 1 1 25 1 22 15 6 9 7 1 5 1 1 - N. SL 183.024 179.512 179.512 3.512 3.512 1.557.482 31.367 1.343.091 833.443 316.699 516.744 509.648 44.775 384.442 80.431 31.367 - Pop. totale MARCHE Tab. 3 - Specializzazione produttiva prevalente dei sistemi locali 11,8 11,5 11,5 0,2 0,2 100 2,0 86,2 53,5 20,3 33,2 32,7 2,9 24,7 5,2 2,0 - Pop. (%) 5 1 26 12 7 3 2 14 10 4 3 87 4 47 25 10 15 22 4 9 6 3 11 1 247.188 36.106 2.145.986 1.905.159 1.429.240 326.481 149.438 240.827 167.081 73.746 38.384 6.175.016 291.599 3.293.837 1.797.576 790.479 1.007.097 1.496.261 118.163 691.349 438.391 248.358 696.809 121.916 Pop. totale 4,0 0,6 34,8 30,9 23,1 5,3 2,4 3,9 2,7 1,2 0,6 100 4,7 53,3 29,1 12,8 16,3 24,2 1,9 11,2 7,1 4,0 11,3 2,0 Pop. (%) ITALIA MEDIANA N. SL 17 24 224 91 5 33 19 34 133 84 49 113 611 29 189 60 35 25 129 35 31 53 10 85 15 N. SL ITALIA 852.574 3.794.935 31.198.702 27.432.193 8.845.639 7.829.439 7.098.529 3.658.586 3.766.509 2.169.736 1.596.773 3.625.282 60.770.430 2.933.623 15.316.339 5.368.599 3.401.873 1.966.726 9.947.740 3.149.007 2.688.132 3.375.699 734.902 10.630.107 3.048.975 Pop. totale 1,4 6,2 51,3 45,1 14,6 12,9 11,7 6,0 6,2 3,6 2,6 6,0 100 4,8 25,2 8,8 5,6 3,2 16,4 5,2 4,4 5,6 1,2 17,5 5,0 Pop. (%) Fig. 3 - Distretti industriali nell’Italia mediana (2011) Fonte: elaborazioni su dati ISTAT Tab. 4 - Distretti industriali per industria di specializzazione (2011) UMBRIA 2 1 3 Beni per la casa Gioielleria, oreficeria, strumenti musicali, ecc. Industria chimica, petrolchimica, gomma, ecc. Industria meccanica Industrie metallurgiche Industrie alimentari Industrie cartotecniche e poligrafiche Pelli, cuoio e calzature Tessile e abbigliamento Totale Fonte: elaborazioni su dati ISTAT TOSCANA 3 1 1 1 5 4 15 MARCHE 4 1 1 7 6 19 ITALIA 24 4 5 38 4 15 2 17 32 141 La distribuzione dei distretti industriali per settore di specializzazione in Toscana e Marche mostra una particolare concentrazione nel made in Italy, a cominciare dal comparto della moda: le due regioni assommano 12 distretti della pelletteria e delle calzature (oltre il 70 per cento del 74 totale nazionale) e 10 distretti del tessile-abbigliamento (quasi un terzo). Registrano una presenza importante anche nel settore dei beni per la casa, con sette distretti (quasi il 30 per cento), mentre percentualmente rilevanti sono anche i due distretti dell’oreficeria e degli strumenti musicali sui quattro nazionali. Ampiamente sottorappresentato risulta invece il settore dell’industria meccanica, primo per diffusione sul piano nazionale con 38 distretti, solamente due dei quali localizzati in Toscana e Marche. L’Umbria annovera due distretti specializzati nell’alimentare (Todi e Umbertide) e uno nelle industrie cartografiche e poligrafiche (Città di Castello). Rispetto al 2001, Umbertide ha conservato la connotazione di distretto industriale modificando però il settore di specializzazione principale che in precedenza era costituito dal tessile-abbigliamento, mentre l’ex distretto industriale di Marsciano, specializzato nei beni per la casa, è stato assorbito in parte dal sistema locale di Perugia, in parte da quello di Todi, assurto nel 2011 al rango distrettuale. Il terzo distretto umbro del 2001, Città di Castello, è l’unico che è rimasto tale mantenendo la propria specializzazione prevalente, dentro un modello ad ampia articolazione settoriale (Grasselli e Musotti, 2002). Tra i distretti industriali marchigiani, cinque presentano una natura di mono-specializzazione, vale a dire di concentrazione attorno ad un’unica industria principale: si tratta dei distretti di più antica tradizione, quelli calzaturieri di Fermo, Montegranaro, Porto Sant’Elpidio e quelli del mobile di Pesaro e Urbino. Analoga mono-specializzazione si riscontra in Toscana nel distretto pratese del tessile e in quello conciario di San Miniato (ex Santa Croce sull’Arno). I rimanenti distretti, compresi i tre umbri, presentano invece un carattere di multi-specializzazione, anche in settori diversi da quello principale. Nel corso del decennio intercensuario i sistemi locali di tipo distrettuale si sono nel complesso ridotti di 40 unità, ma la contrazione numerica si è associata ad un ampliamento dell’estensione territoriale e della densità abitativa, mantenendo pressoché invariata la capacità di rappresentare il sistema economico nel suo complesso (gli addetti alle unità locali manifatturiere distrettuali rappresentano tuttora il 37,9 per cento del totale nei sistemi locali del 2011). Inoltre, per effetto del drastico calo dell’occupazione manifatturiera derivante dalla crisi (919 mila addetti in meno, pari al -19%) oltre che dalla perdurante terziarizzazione 75 dell’economia, i sistemi distrettuali vedono aumentare la propria concentrazione nelle aree di insediamento storico. Rispetto al 2001, Umbria e Toscana mantengono invariato il numero di distretti in termini di saldo mentre, dal punto di vista occupazionale, subiscono una perdita un po’ superiore al 20 per cento degli addetti manifatturieri, in linea con il dato nazionale. Le Marche, invece, nello stesso periodo perdono quattro distretti ma registrano una flessione più contenuta degli addetti manifatturieri (-11,8 per cento). Sistemi produttivi urbani Considerando la crescente rilevanza della dimensione urbana per lo sviluppo economico regionale, pare opportuno completare la trattazione con un focus sulle specializzazioni produttive dei principali centri urbani dell’Italia mediana, basato su un’analisi comparata della composizione settoriale delle loro economie7. Il quadro che emerge denota una vasta eterogeneità dei sistemi produttivi, in termini di specializzazione settoriale e diversità produttiva, incidenza di capitale umano e tecnologie nei processi produttivi, economie di scala. Una analisi cluster consente di classificare le 31 città individuate all’interno di quattro gruppi, come indicato in tabella 5. Tab. 5 - Tassonomia dei sistemi produttivi urbani Città intermedie Città terziarie avanzate Città specializzate mediamente avanzate Città industriali/ distrettuali Perugia(a) Terni(a) Pesaro(a) Jesi(a) Foligno Macerata Ascoli Piceno Firenze Pisa Siena Ancona Massa Lucca Viareggio Pistoia Livorno Grosseto Spoleto Fano Senigallia San Benedetto del Tronto Carrara Empoli Piombino Arezzo Prato Città di Castello Gubbio Fabriano Civitanova Marche Fermo Città che si distinguono, tra le “città intermedie”, per una struttura economica più avanzata. Fonte: Cirilli e Veneri, 2012 (a) Questa parte di analisi si concentra sui sistemi locali del lavoro aventi come centroide comuni con popolazioni superiori a 30.000 abitanti, identificati nel 2001 (Cirilli e Veneri, 2012). 7 76 Il primo gruppo è composto da sette città, di dimensioni medie o piccole, caratterizzate da valori medi in quasi tutte le variabili considerate, tanto da guadagnarsi l’appellativo di città intermedie: mediamente avanzate, con una presenza relativamente elevata di capitale umano e di servizi ad alta intensità di conoscenza, dotate di una significativa base industriale anche se non tale da porle tra le città industriali/distrettuali. Un sottogruppo di esse, tra cui i due capoluoghi umbri, mostra una composizione settoriale relativamente più avanzata in termini di settori di specializzazione e di capitale umano. Tra le quattro città terziarie avanzate del secondo gruppo troviamo i due capoluoghi di regione di Toscana e Marche, dotate di strutture produttive molto diversificate e prevalentemente terziarie, ma anche con una significativa presenza di settori manifatturieri avanzati. Grazie agli elevati livelli di capitale umano e di competitività settoriale, le appartenenti a questo gruppo si configurano come il modello di città più evoluto e con le migliori potenzialità di sviluppo tra i territori dell’Italia mediana. Il gruppo delle città specializzate mediamente avanzate comprende dieci sistemi urbani con una articolazione settoriale ad alta intensità di terziario privato, impianti manifatturieri di minori dimensioni, capitale umano meno qualificato, buona presenza di industrie ad alta tecnologia. Infine, le dieci città industriali-distrettuali dell’ultimo gruppo sono caratterizzate da un grado molto elevato di specializzazione produttiva, concentrata in settori tradizionali ad alta intensità di lavoro, con vantaggi comparati in un numero ristretto di settori, basso livello di capitale umano e dimensioni ridotte degli impianti. Le performance territoriali Produttività e costo del lavoro Dall’analisi della distribuzione territoriale della produttività del lavoro (calcolata in termini di valore aggiunto per addetto), in un quadro che vede l’Italia in grande affanno rispetto al resto d’Europa, si riconferma innanzitutto l’annosa questione della debolezza ancora più acuta di Umbria e Marche: tra i 103 sistemi locali complessivi che mostrano un valore della produttività superiore alla media nazionale, sono solo otto quelli localizzati nell’Italia mediana e tutti in Toscana (fig. 4). Si tratta 77 soprattutto di sistemi locali urbani pluri-specializzati quali Firenze, Siena, Pisa, Lucca (caso unico tra i distretti industriali), mentre gli unici sistemi manifatturieri sono rappresentati da Montevarchi (specializzato nella lavorazione della pelle per l’alta moda) e da Rosignano Marittimo (che ospita un importante polo chimico). La totalità dei sistemi locali in Umbria e Marche presenta dunque una produttività inferiore alla media italiana, con la metà dei primi (e un quarto dei secondi) che si situa addirittura al di sotto del 75 per cento della produttività media nazionale. Tra i sistemi umbri a minore produttività, oltre alle aggregazioni più periferiche e di piccole dimensioni come Cascia, Norcia e Gualdo Tadino, troviamo anche sistemi urbani come Spoleto, sistemi a vocazione turistica come Orvieto, sistemi manifatturieri del made in Italy quali Assisi e il distretto industriale di Città di Castello, a dimostrazione del fatto che i bassi livelli di produttività non sono connessi tanto alla classe di specializzazione ma rappresentano una caratteristica radicata nel profondo del tessuto produttivo umbro. Come era lecito attendersi, la distribuzione territoriale dei livelli di costo del lavoro ricalca piuttosto fedelmente quella della produttività: come evidenziato in figura 5, i sistemi locali di Umbria e Marche si spalmano ben al di sotto della media e solo otto sistemi toscani (sostanzialmente i medesimi a maggiore produttività) si elevano sopra i valori medi nazionali. Il basso costo del lavoro si riafferma come caratteristica diffusa soprattutto in Umbria, dove la quasi totalità dei sistemi non supera il 75 per cento della media italiana, con l’eccezione di Terni e Todi che mostrano livelli relativamente superiori, anche se pur sempre modesti. Tab. 6 - Sistemi locali per produttività e costo del lavoro (2012) Produttività del lavoro (valore assoluto e percentuale) (migliaia di euro) Fino a 22,4 22,5 - 33,6 33,7 - 44,9 45,0 - 56,1 UMBRIA 7 (50,0) 7 (50,0) TOSCANA - 19 (39,6) 21 (43,8) 6 (12,5) 6 (24,0) 19 (76,0) MARCHE ITALIA 40 (6,5) 261 (42,7) 207 (33,9) 92 (15,1) Oltre 56,1 2 (4,2) 11 (1,8) Totale 14 (100) 48 (100) 25 (100) 611 (100) Costo del lavoro per dipendente nelle unità locali delle imprese (valore assoluto e percentuale) (migliaia di euro) Fino a 24,2 24,2 - 31,2 31,2 - 34,6 34,6 - 38,1 Oltre 38,1 Totale UMBRIA 1 (7,1) 11 (78,6) 2 (14,3) 14 (100) TOSCANA - 27 (56,3) 13 (27,1) 7 (14,6) 1 (2,1) 48 (100) - 17 (68,0) 8 (32,0) 25 (100) MARCHE ITALIA 126 (20,6) 245 (40,1) 134 (21,9) 84 (13,7) 22 (3,6) 611 (100) Fonte: elaborazioni su dati ISTAT 78 Fig. 4 - Produttività del lavoro nei sistemi locali dell’Italia mediana (2012) Fonte: elaborazioni su dati ISTAT Fig. 5 - Costo del lavoro nei sistemi locali dell’Italia mediana (2012) Fonte: elaborazioni su dati ISTAT 79 Gli scambi con l’estero L’intensità degli scambi commerciali con l’estero costituisce tradizionalmente un importante indicatore del grado di sviluppo e di integrazione di un’economia e assume rilevanza ancor più cruciale in una fase, come l’attuale, connotata da una marcata debolezza della domanda interna. Tab. 7 - Sistemi locali per prestazioni negli scambi con l’estero Apertura commerciale(a) (valore assoluto e percentuale, 2012) Fino a 2,3 2,4 - 10,3 10,4 - 31,6 (migliaia di euro) (Q1) (Q2) (Q3) UMBRIA 2 (14,3) 2 (14,3) 8 (57,1) TOSCANA 5 (10,4) 13 (27,1) 16 (33,3) 2 (8,0) 17 (68,0) MARCHE ITALIA 153 (25,0) 153 (25,0) 153 (25,0) 31,7 - 40,1 (Max) 2 (14,3) 14 (29,2) 6 (24,0) 152 (24,9) Totale 14 (100) 48 (100) 25 (100) 611 (100) (a) Somma del valore di esportazioni e importazioni per addetto in migliaia di euro. Le classi dell’indicatore corrispondono ai quartili della distribuzione nazionale. Bilancia commerciale(b) (valore assoluto e percentuale, 2012) Forte Prevalenza Prevalenza prevalenza Equilibrio import export import UMBRIA 1 (7,1) 1 (7,1) 8 (57,1) TOSCANA 3 (6,3) 3 (6,3) 9 (18,8) 16 (33,3) 1 (4,0) 7 (28,0) MARCHE ITALIA 84 (13,7) 85 (13,9) 89 (14,6) 177 (29,0) Forte prevalenza export 4 (28,6) 17 (35,4) 17 (68,0) 176 (28,8) Totale 14 (100) 48 (100) 25 (100) 611 (100) (b) Differenza tra valore di esportazioni e importazioni diviso la somma del valore di esportazioni e importazioni per 100. Propensione all’export(c) (valore assoluto e percentuale, 2012) Fino a 0,9 1,0 - 5,9 6,0 - 20,2 (migliaia di euro) (Q1) (Q2) (Q3) UMBRIA 2 (14,3) 2 (14,3) 8 (57,1) TOSCANA 6 (12,5) 11 (22,9) 19 (39,6) 1 (4,0) 15 (60,0) MARCHE ITALIA 153 (25,0) 154 (25,2) 152 (24,9) 20,3 - 151,9 (Max) 2 (14,3) 12 (25,0) 9 (36,0) 152 (24,9) Totale 14 (100) 48 (100) 25 (100) 611 (100) (c) Valore delle esportazioni per addetto in migliaia di euro. Le classi dell’indicatore corrispondono ai quartili della distribuzione nazionale. Dinamica della propensione all’export(d) (valore assoluto e percentuale, 2008-2012) Dinamica negativa Stabile Dinamica positiva Totale UMBRIA 3 (21,4) 2 (14,3) 9 (64,3) 14 (100) TOSCANA 8 (16,7) 12 (25,0) 28 (58,3) 48 (100) 5 (20,0) 7 (28,0) 13 (52,0) 25 (100) MARCHE ITALIA 164 (27,0) 125 (20,6) 319 (52,5) 608(e) (100) (d) Rapporto tra propensione all'export al 2012 e al 2008 per 100. Dinamica negativa se < 90, stabile se compreso tra 90 e 110, dinamica positiva se > 110. (e) Tre sistemi locali non hanno esportato nel 2008 e/o 2012. 80 Fig. 6 - Propensione all’export(a) nei sistemi locali dell’Italia mediana (2012) (a) Valore delle esportazioni per addetto in migliaia di euro. Fonte: elaborazioni su dati ISTAT Gli indicatori del grado di apertura internazionale delle economie locali esposti in tabella 7 mostrano la diffusa presenza nell’Italia mediana di sistemi con un’elevata propensione agli scambi con l’estero, particolarmente nelle Marche: secondo gli ultimi dati disponibili a livello dei sistemi locali, riferiti al 2012, relativi al grado di apertura commerciale - misurato dalla somma del valore di esportazioni e importazioni per addetto - superano il valore mediano della distribuzione italiana quasi due terzi dei sistemi toscani, quasi tre quarti di quelli umbri e ben il 92 per cento di quelli marchigiani. L’apertura si esprime come prevalenza, spesso anche spiccata rispetto alla media nazionale, delle esportazioni sulle importazioni in tutte e tre le regioni dell’Italia mediana (e soprattutto nelle Marche), come si evince dall’indicatore sul saldo normalizzato della bilancia commerciale. Un indicatore di performance dell’export è dato dal valore delle merci esportate rapportato al numero degli addetti, illustrato in figura 6: anche qui si rilevano i buoni risultati dei sistemi locali dell’Italia mediana, 81 concentrati per la gran parte nei due quartili con i valori superiori. Il contributo alle esportazioni è particolarmente concentrato nei distretti industriali e nei sistemi produttivi a prevalente specializzazione nel made in Italy e nella manifattura pesante, come ad esempio Terni e Umbertide in Umbria. Tra il 2008 e il 2012, nel periodo di stagnazione della domanda estera coincidente con la prima fase della crisi, i sistemi delle tre regioni hanno seguito una dinamica generalmente migliore della media nazionale e oltre la metà di essi ha migliorato la propria posizione. Il mercato del lavoro Per quanto riguarda la situazione strutturale del mercato del lavoro, riferendoci ai dati del 2014, la maggior parte dei sistemi locali dell’Italia mediana si colloca, rispetto alla distribuzione nazionale, in una situazione intermedia, caratterizzata da tassi di occupazione medio-alti e da disoccupazione bassa o medio-bassa. Rientrano in questa categoria due terzi dei sistemi toscani, tre quarti di quelli umbri e l’84 per cento di quelli marchigiani. Meno numerosi i sistemi che registrano tassi elevati di occupazione, concentrati nell’area settentrionale del Paese: nelle nostre regioni comprendono Firenze e i suoi sistemi contigui, alcuni distretti industriali marchigiani e in Umbria solamente Perugia. Sporadici sono i sistemi caratterizzati da livelli medio-bassi di occupazione e del tutto assenti quelli a bassa occupazione, relegati al Meridione. Nel ristretto gruppo che evidenzia le maggiori difficoltà (occupazione medio-bassa, disoccupazione medio-alta) troviamo capoluoghi come Terni, Lucca e Massa. Per valutare gli effetti della crisi economica sul mercato del lavoro, possiamo analizzare la variazione dei livelli di occupazione nel periodo 2008-2014, evidenziata in figura 7. In questo arco temporale, solo il 14,2 per cento dei sistemi locali nazionali è riuscito a registrare un incremento: si tratta dei sistemi qualificati come vincenti che all’interno dell’Italia mediana comprendono la fascia di territorio che da Firenze e Prato scende verso Empoli, Siena e Grosseto, oltre ai distretti industriali di Civitanova e Osimo nelle Marche. Tutti i restanti sistemi hanno perduto occupazione e possono essere classificati tra i perdenti. Alcuni di essi hanno tuttavia mostrato segnali di inversione di tendenza, riguadagnando occupazione, almeno in parte, tra il 2013 e il 2014, e possono quindi essere definiti in ripresa: si tratta dei sistemi collocati nelle aree più interne 82 della Toscana, nella parte meridionale delle Marche e di Perugia, Foligno, Umbertide e Gualdo Tadino in Umbria. Più recentemente, nella nostra regione si registra un ulteriore miglioramento della situazione del mercato del lavoro: l’analisi condotta sulla base della variazione congiunta di occupazione e disoccupazione fra il 2014 e il 2015 (ISTAT, 2016) colloca i sistemi locali umbri nella loro totalità tra i territori in ripresa (occupazione in aumento e disoccupazione in diminuzione), in compagnia di altri sistemi su cui insistono, complessivamente, i due terzi della popolazione nazionale. I sistemi locali toscani sono classificati in larga prevalenza tra gli attivi (occupazione e disoccupazione entrambe in crescita), mentre tra quelli marchigiani figura una quota rilevante di inattivi (in calo sia occupazione che disoccupazione). Fig. 7 - Dinamica occupazionale nei sistemi locali dell’Italia mediana negli anni della crisi (2008-2014) Fonte: elaborazioni su dati ISTAT 83 La vocazione culturale e attrattiva La vocazione culturale e attrattiva dei territori è, come noto, una componente fondamentale dei processi di sviluppo locale, sia per la costruzione dell’identità dei luoghi e delle popolazioni che li abitano, sia per la capacità - effettiva e potenziale - di generare qualità della vita, benessere e sviluppo. Per dare corpo ad una più efficace valutazione delle concrete opportunità legate alla valorizzazione del patrimonio artistico, culturale e naturale dei contesti locali, l’ISTAT ha provato a misurare la presenza sul territorio delle risorse culturali, complessivamente intese, che contribuiscono a definire l’attrattività e la competitività dei sistemi locali, lungo due dimensioni principali: la prima è il patrimonio culturale e paesaggistico, che comprende luoghi, beni materiali, strutture di interesse storico, artistico e ambientale (musei, siti archeologici, monumenti, borghi, parchi naturali ecc.); la seconda riguarda il tessuto produttivo/culturale e comprende le attività di produzione e formazione di interesse culturale (industrie culturali e creative, prodotti tipici e tradizionali, istituzioni culturali e artistiche ecc.). In sostanza, si cerca di valutare da un lato il livello di dotazione di patrimonio culturale, dall’altro la capacità di metterlo a valore tramite iniziative imprenditoriali. L’analisi cluster condotta rispetto a queste due dimensioni consente di individuare cinque raggruppamenti di sistemi locali omogenei, come evidenziato in Tabella 8. Un primo aggregato territoriale, la grande bellezza, comprende i sistemi che evidenziano valori alti su entrambi gli assi, dunque capaci di coniugare egregiamente le diverse espressioni dell’arte, della cultura, delle tradizioni artigianali e imprenditoriali. Ne fanno parte complessivamente 70 sistemi locali, il 40 per cento dei quali situato nell’Italia mediana. Due terzi della popolazione umbra, oltre la metà dei toscani e un quarto dei marchigiani vivono nei territori della grande bellezza, che includono i sistemi più densamente popolati e tutte le principali città (ad eccezione di Terni, Livorno e Ancona). A livello nazionale, in queste aree si trova concentrata la maggior parte dei siti italiani certificati dall’Unesco e una densità doppia rispetto alla media di musei e biblioteche, oltre che di attività imprenditoriali culturali. Data la predominanza di realtà urbane, l’attrattività turistica è determinata principalmente da un intenso attivismo culturale (due terzi degli eventi, mostre e festival sono organizzati qui) e da un patrimonio di tipo più storico-artistico che naturalistico. 84 Un secondo insieme, la potenzialità del patrimonio, individua ancora i sistemi dotati di elevato patrimonio culturale ma in questo caso associati a livelli medio-bassi di tessuto produttivo culturale, dunque con ampi margini per sviluppare ulteriori iniziative imprenditoriali. In questo caso si tratta di sistemi a bassa densità abitativa, in cui risiede il 10 per cento della popolazione italiana e quote di poco superiori in Toscana e Marche, ma di maggiore rilevanza per l’Umbria, dove arriva a ricomprendere oltre un terzo dei residenti: il maggiore tra i sistemi che ne fanno parte è quello di Terni, insieme a centri culturalmente importanti come Spoleto e Todi, oltre a Castiglione del Lago e alle aree interne di Norcia e Cascia. L’insieme si connota per la dotazione di patrimonio naturale e paesaggistico, parchi e riserve, e per la presenza di borghi caratteristici, spesso legati a tradizioni eno-gastronomiche. La capacità di valorizzazione turistica è buona ma, se si eccettua qualche eccellenza, appare più debole la fertilizzazione del contesto produttivo. Troviamo invece una situazione sostanzialmente invertita nel terzo aggregato, l’imprenditorialità culturale, dove viene espressa una importante vocazione nel tessuto produttivo nonostante la dotazione di patrimonio culturale e paesaggistico stazioni su valori contenuti. È una condizione che coinvolge soprattutto le popolazioni di Toscana e Marche con quote importanti (quasi un terzo delle prime, la metà delle seconde) e superiori alla media, ma non ha riscontri in Umbria. I sistemi si contraddistinguono per i valori elevati degli indicatori riguardanti la presenza di imprese culturali, artigianato artistico, agricoltura di qualità. Un quarto insieme, che raggruppa i sistemi che associano livelli mediobassi in entrambe le dimensioni, viene definito il volano del turismo in quanto comprende diverse aree attrattive dal punto di vista turistico. Si tratta di un raggruppamento quantitativamente rilevante a livello nazionale ma che riguarda esigue porzioni dell’Italia mediana: sette sistemi locali in totale, tutti di dimensioni contenute, con vocazioni produttive non collegate al settore culturale (cinque di essi, tra cui Umbertide in Umbria, sono distretti industriali). Infine, nel quinto insieme residuo, la perifericità culturale, trovano posto i sistemi con livelli inferiori alla media sia nel patrimonio culturale che nel tessuto produttivo, diffusi soprattutto nel Mezzogiorno e nelle aree interne (unico esempio nei nostri territori Rosignano Marittimo in Toscana). 85 Fig. 8 - Vocazione culturale e attrattiva nei sistemi locali dell’Italia mediana Fonte: elaborazioni su dati ISTAT Tab. 8 - Vocazione culturale e attrattiva dei sistemi locali UMBRIA TOSCANA Pop. % N. totale Pop. SL (migl.) La grande bellezza Potenzialità del patrimonio Imprenditorialità culturale MARCHE Pop. N. % totale SL Pop. (migl.) ITALIA Pop. N. % totale SL Pop. (migl.) N. SL Pop. % totale Pop. (migl.) 23.128 38,1 7 559 63,2 16 2.022 54,2 5 412 26,4 70 6 305 34,5 16 488 13,1 7 259 16,7 138 13 1.155 30,9 9 759 48,7 138 17.713 29,1 11.571 19,0 6.002 9,9 - - - Il volano del turismo 1 21 2,3 2 32 0,9 4 127 8,2 194 Perifericità culturale - - - 1 36 1,0 - - - 71 2.356 3,9 14 884 100 48 3.733 100 25 1.557 100 611 60.770 100 Totale Fonte: elaborazioni su dati ISTAT 86 Questo tipo di analisi evidenzia l’imponente dotazione di patrimonio culturale e paesaggistico delle regioni dell’Italia mediana e in particolare dell’Umbria, la regione italiana con la maggiore incidenza di sistemi locali che si collocano nella fascia dei livelli alti, vuoi per valore storicoartistico, vuoi per aspetti più peculiarmente naturalistici. Tutte e tre le regioni - e l’Umbria ancor più delle altre, soprattutto nei suoi territori meridionali - presentano tuttavia, in misura più marcata rispetto al resto d’Italia, vaste aree in cui questo giacimento culturale appare non pienamente valorizzato, dunque con ampi margini di crescita anche ai fini del miglioramento dell’attrattività turistica. Per converso, si ricava l’impressione di una più diffusa capacità di Marche e Toscana di mettere a frutto, attraverso iniziative imprenditoriali e di valorizzazione turistica, anche una parte considerevole di aree non particolarmente ricche di risorse culturali. Note conclusive: verso nuovi modelli di governance territoriale La lettura delle vocazioni territoriali dell’Italia mediana mette in evidenza consistenti similarità come anche, inevitabilmente, non poche divergenze. D’altra parte, ciascuna delle tre regioni racchiude già al proprio interno notevoli varietà di stili di vita, di paesaggi, di forme di insediamento, di sistemi produttivi, di eccellenze e di unicità, persino di lingue, dando luogo a una vivace complessità tenuta insieme dall’appartenenza a identità condivise8. Non a caso, a evocare le tante specificità si è parlato a lungo di una “Toscana delle Toscane” (Bacci, 2002), come pure delle Marche “unica regione al plurale” (Piovene, 2013) e persino per le contenute dimensioni dell’Umbria sono state coniate espressioni, nel tempo, che rimandano alla coesistenza di diverse sfaccettature: dalla “regione non regione” (Grohmann, 1989) al “mosaico di comprensori economicourbanistici” negli anni Settanta o alla “rete di città e territori” del Piano Urbanistico Territoriale del 1999 (Camicia, 2000). Un primo elemento da rilevare, dal punto di vista delle gravitazioni interregionali, è che l’Umbria partecipa in alcuni sistemi locali multiregionali, con sue aree di confine che ad occidente subiscono un’attrazione verso la Toscana (la quale, dal canto suo, registra flussi Sulle varietà linguistico-dialettali e sul sentimento di appartenenza regionale si rinvia ai contributi di Elisa Zanganelli e di Cecilia Cristofori e Jacopo Bernardini. 8 87 cospicui anche con Emilia-Romagna e Liguria) e nella parte meridionale dialogano con il Lazio, ma non mostra relazioni di interscambio degne di nota con le Marche (che invece interagiscono principalmente con EmiliaRomagna e Abruzzo lungo la dorsale adriatica). I flussi dipendono tuttavia dalle condizioni di contesto ed è legittimo attendersi che quelli umbro-marchigiani, storicamente scoraggiati dalla barriera appenninica, possano ricevere un impulso non trascurabile dalla recente apertura dell’asse viario di collegamento tra i centri urbani delle zone interne e la costa adriatica, potenzialmente in grado di modificare gli assetti di gravitazione soprattutto delle aree più marginali9. Estese affinità tra i sistemi locali delle tre regioni si possono rintracciare sul piano del paesaggio, sia per le caratteristiche naturali che per le traiettorie storico-sociali di antropizzazione: la fisionomia rurale del territorio a prevalente morfologia collinare, la configurazione degli insediamenti, l’urbanizzazione policentrica, l’organizzazione mezzadrile delle campagne che ha lasciato la sua impronta sull’imprenditorialità diffusa, il ricco corredo di patrimonio architettonico ed edilizio di interesse artistico e storico che alimenta il potenziale di attrattività turistica. Guardando al sistema insediativo, un punto che merita particolare attenzione riguarda la dimensione urbana: in un contesto economico che impone di confrontarsi con la scala internazionale e globale, la città assume oggi un ruolo fondamentale come motore di sviluppo e catalizzatore di opportunità, di conoscenze e di capitale umano e non è un caso che molte delle regioni più dinamiche, in Europa e nel resto del mondo, facciano perno su una città, spesso di grandi dimensioni. Per l’Italia mediana, il carattere policentrico della configurazione spaziale e la carenza di grandi realtà metropolitane pone il problema di quale sia il soggetto istituzionale che possa in qualche modo supplire a questa fondamentale funzione ordinatrice gerarchica rispetto al sistema territoriale (Moroni, 2011). Se tale esigenza può essere avvertita in tono minore in Toscana, dotata di una città metropolitana, essa diventa certamente più pressante in regioni come l’Umbria - con la sua trama di urbanizzazione diffusa, in cui anche le principali realtà urbane stentano a fungere da poli aggregatori, a partire dal capoluogo regionale (Bracalente, Per approfondimenti sui flussi di pendolarismo e sul sistema infrastrutturale si rimanda ai capitoli, rispettivamente, di Lorenzo Birindelli e di Marco Storelli. 9 88 2010) - e ancor più le Marche, dalla struttura urbanistica particolarmente frammentata e dispersa. Altro elemento comune è la ricca dotazione di patrimonio culturale: una grande potenzialità, in grado di generare impatti economici, diretti e indiretti, anche di molto superiori agli attuali in svariati settori, a patto di migliorare la capacità di valorizzazione nelle vaste aree dove questa appare più gracile, in particolare in Umbria. Per farlo, sarebbe opportuno non solo irrobustire le politiche finalizzate a porre le risorse culturali come fattore qualificante e strategico del sistema produttivo locale e dei processi di sviluppo, ma anche renderle più specifiche e mirate ai territori, ad esempio promuovendo la forma del “distretto culturale” (Alleva, 2015)10. Anche dal punto di vista dei sistemi produttivi si possono riscontrare diversi punti di contatto tra gli itinerari seguiti dai territori della fascia centrale, che tuttavia sembra stiano via via perdendo i loro caratteri di similarità. Se fin verso la fine del secolo scorso le tre regioni hanno vissuto una fase di convergenza, accomunate nel paradigma dell’industrializzazione diffusa che Giorgio Fuà ravvisava nei territori del Nord-Est-Centro, nel corso dell’ultimo ventennio le traiettorie sono andate divaricandosi, nella struttura economica e nei motori dello sviluppo (Bracalente, 2011): in estrema sintesi, si può dire che se le Marche hanno continuato a spingere sulla vocazione manifatturiera, l’Umbria - pur conservando non senza fatica una discreta base industriale - si è sorretta più che altro sul settore pubblico e sul terziario privato tradizionale, mentre la Toscana è riuscita a difendere la sua manifattura di alta qualità e ha puntato maggiormente su internazionalizzazione, turismo e terziario avanzato11. La struttura produttiva dell’Italia mediana resta tuttora per gran parte caratterizzata dai distretti dell’industrializzazione leggera, con estese omogeneità di specializzazioni tra Marche (a maggiore densità distrettuale) e Toscana (con un più ampio ventaglio di attività produttive). Fa eccezione l’Umbria, dove le trasformazioni e l’instabilità, anche nell’articolazione settoriale, degli sporadici distretti industriali nell’ultimo decennio confermano la debole connotazione distrettuale dell’economia regionale, fatta più di disorganiche aree di specializzazione Su consumi e politiche culturali si rinvia al capitolo di Andrea Orlandi. Per una trattazione dettagliata delle dinamiche di sviluppo economico più recenti si rimanda al saggio di Elisabetta Tondini. 10 11 89 che di sistemi complessi di filiere integrate12, e sembrano semmai suggerire l’idea di un’incerta reazione alle difficoltà delle specializzazioni tradizionali, piuttosto che di uno slancio di investimenti nello sviluppo di nuovi settori. La parte più estesa del tessuto produttivo (50 sistemi locali su 87) è costituita comunque da sistemi non distrettuali, che fanno riferimento a diverse tipologie: in Toscana si tratta prevalentemente di sistemi urbani a caratterizzazione terziaria o di sistemi a elevata specializzazione turistica; quelli marchigiani estendono la vocazione industriale affiancando le specializzazioni in beni per la casa e meccanica a quella nella moda, con sporadica presenza di sistemi a caratterizzazione terziaria; in Umbria predominano i sistemi manifatturieri del made in Italy, con una significativa presenza nei settori dell’industria pesante - rintracciabile peraltro anche lungo la costa toscana (Alessandrini, Bracalente e Casini Benvenuti, 2016). Molti tratti comuni tra le tre regioni, dunque, ma anche importanti difformità nella struttura e soprattutto nelle prestazioni dei motori dello sviluppo, a partire dalla produttività e dal grado di internazionalizzazione. Modesti livelli e debole dinamica della produttività, soprattutto nel settore industriale, connotano diffusamente i territori dell’Italia mediana, ma si presentano in forma particolarmente accentuata in Umbria e Marche, con conseguenti ripercussioni negative su retribuzioni e costo del lavoro. Il grado di apertura verso l’estero vede invece in posizioni di avanguardia i sistemi marchigiani, per la potente capacità di esportazione del manifatturiero, e quelli toscani, sospinti - oltre che dall’alta qualità dei manufatti - anche dal solido motore turistico, mentre trova nelle retrovie quelli umbri, per la tradizionale inferiore capacità di proiezione internazionale. Queste alcune delle principali evidenze emerse da un primo tentativo di lettura integrata delle specificità territoriali nelle nostre tre regioni. La necessità di definire nuovi equilibri nel quadro di una ristrutturazione - ormai ineludibile - del sistema regionalista, insieme alla crescente domanda di politiche mirate ai luoghi sostenuta dal nuovo modello di Non a caso l’Umbria, diversamente da Toscana e Marche, è una delle otto regioni che hanno deciso di non dotarsi di una legge regionale per il riconoscimento formale dei distretti industriali presenti sul territorio. Per un esauriente quadro descrittivo del motore manifatturiero si veda il saggio di Sergio Sacchi. 12 90 sviluppo regionale europeo, rende però prima di tutto auspicabile la ricerca della condivisione, scientifica e insieme anche politica, di una idea comune di territorio. A questo scopo, l’impegno di ricerca per cogliere, anche in senso dinamico, lo spessore delle relazioni socio-economiche e la dotazione dei fattori abilitanti è incoraggiato dall’accresciuta disponibilità di dati a livello locale. L’utilizzo dei sistemi locali come strumento analitico, oramai consolidato e condiviso anche a livello europeo, può costituire una buona base di partenza. Il comune substrato storico-sociale, la vicinanza culturale oltre che geografica, i punti di contatto delle traiettorie di sviluppo, i valori del passato possono agevolare ma non bastano a garantire una integrazione virtuosa, se non sorretti e animati da una riflessione profonda e partecipata sulla maturazione di una visione comune: un nuovo orizzonte di progresso sociale ed economico, a partire dalla consapevolezza del valore del territorio e da una appropriata “coscienza dei luoghi” (Becattini, 2015). Anche se le dinamiche della globalizzazione e l’economia dei flussi immateriali e delle reti mettono sotto pressione i contesti locali, costringendoli a ridefinire ruolo e prospettive, non pare affatto vicino il profetizzato avvento della “fine dei territori” (Badie, 1996). È anzi proprio dalle resistenze sperimentate nei territori rispetto alla dialettica tra flussi e luoghi (Bonomi e De Rita, 2014) che si può ripartire. Queste spinte impongono, semmai, di aggiornare i nostri strumenti di lettura e interpretazione dei luoghi in cui viviamo, di imparare a riconoscere le nuove forme con cui essi si connettono e interagiscono per tracciare percorsi originali e coraggiosi, ma rispettosi delle collettività locali, verso più evolute alleanze territoriali. 91 Appendice TAVOLA I Sistemi locali 2011 dell’Italia mediana (popolazione al 1 gennaio 2016) Denominazione Sistema locale 2011 N. comuni Pop. residente Sup. (kmq) 4 4 3 4 6 6 2 4 9 6 7 3 12 18 58.845 6.368 24.888 55.924 86.427 30.896 33.609 7.835 249.371 45.327 37.501 20.472 42.034 180.540 293 487 384 563 564 477 590 518 1.193 539 547 392 696 1.129 20 3 7 19 15 10 12 20 2 2 4 12 15 8 11 5 7 12 11 7 14 5 4 99.358 46.411 84.949 119.039 17.693 98.852 78.097 35.392 21.181 43.262 75.227 110.974 31.029 80.390 35.684 3.435 21.607 102.826 30.907 129.395 19.305 13.912 29.162 632 189 325 948 481 257 290 303 51 69 159 649 747 266 415 340 581 450 432 289 418 291 300 UMBRIA Assisi Cascia Castiglione del Lago Città di Castello Foligno Gualdo Tadino Gubbio Norcia Perugia Spoleto Todi Umbertide Orvieto Terni Arezzo Bibbiena Cortona Montevarchi Sansepolcro Borgo San Lorenzo Castelfiorentino Empoli Firenze Firenzuola Castel del Piano Follonica Grosseto Manciano Monte Argentario Orbetello Pitigliano Castagneto Carducci Cecina Livorno Marciana Marina Piombino Portoferraio Rosignano Marittimo Barga Castelnuovo Garfagnana Lucca Pietrasanta Viareggio Carrara Massa Pontremoli Pisa Pomarance Pontedera San Miniato Volterra Montecatini-Terme Pistoia S.Marcello Pistoiese Prato Chiusi Montalcino Montepulciano Piancastagnaio Poggibonsi Siena Sinalunga 92 N. comuni Pop. residente Sup. (kmq) 6 10 3 11 5 6 4 6 18 2 5 5 5 2 2 3 3 2 6 5 2 4 6 4 7 12 5 4 3 2 2 6 5 4 13 6 2 13 4 3 9 10 6 4 4 8 12 6 131.343 35.530 36.307 135.445 27.888 55.990 42.195 108.888 721.657 5.880 13.602 43.611 105.433 8.413 14.102 22.626 8.722 9.524 37.324 185.600 4.163 57.261 27.927 35.750 34.022 22.761 152.097 47.783 117.451 71.410 79.802 19.841 184.429 10.257 115.369 103.981 12.268 137.607 131.374 9.587 281.385 29.540 17.553 28.026 14.117 78.492 114.615 38.015 726 701 490 789 474 695 330 340 1.206 381 399 700 1.403 454 84 665 341 169 225 321 51 339 194 245 461 445 446 170 186 85 111 471 448 517 608 301 408 331 367 179 410 546 772 410 388 805 1.519 310 TOSCANA MARCHE Jesi Osimo Senigallia Ascoli Piceno Comunanza S.Benedetto del Tronto Fermo Montegiorgio Montegranaro Porto Sant’'Elpidio Civitanova Marche Macerata Matelica Recanati Tolentino Visso Cagli Fano Pergola Pesaro Sassocorvaro Urbania Urbino Denominazione Sistema locale 2011 TAVOLA II Composizione dei sistemi locali 2011 dell’Umbria e cambiamenti rispetto al 2001 Denominazione SL Comuni appartenenti al sistema locale Cambiamenti rispetto al 2001 ASSISI Assisi, Bastia Umbra, Bettona, Cannara + Cannara CASCIA Cascia, Monteleone di Spoleto, Poggiodomo, Leonessa + Leonessa CASTIGLIONE DEL LAGO Castiglione del Lago, Panicale, Piegaro - Paciano GUALDO TADINO Citerna, Città di Castello, Monte Santa Maria Tiberina, San Giustino Bevagna, Foligno, Montefalco, Spello, Trevi, Valtopina Costacciaro, Fossato di Vico, Gualdo Tadino, Nocera Umbra, Sigillo, Valfabbrica GUBBIO Gubbio, Scheggia e Pascelupo NORCIA Cerreto di Spoleto, Norcia, Preci, Sellano CITTÀ DI CASTELLO FOLIGNO PERUGIA SPOLETO TODI UMBERTIDE ORVIETO TERNI = - Cannara + Valtopina - Valtopina = Corciano, Deruta, Magione, Marsciano, Passignano sul Trasimeno, Perugia, Torgiano, Tuoro sul Trasimeno, San Venanzo Campello sul Clitunno, Castel Ritaldi, Sant’Anatolia di Narco, Scheggino, Spoleto, Vallo di Nera Collazzone, Fratta Todina, Giano dell’Umbria, Gualdo Cattaneo, Massa Martana, Monte Castello di Vibio, Todi - Sant’Anatolia di Narco - Scheggino - Vallo di Nera + Deruta + Marsciano + San Venanzo + S.Anatolia + Scheggino + Vallo di Nera + Collazzone + Fratta Todina + Monte Castello di Vibio Montone, Pietralunga, Umbertide = Allerona, Alviano, Baschi, Castel Giorgio, Castel Viscardo, Guardea, Montecchio, Orvieto, = Porano, Castiglione in Teverina, Civitella d’Agliano, Lubriano + Amelia Acquasparta, Amelia, Arrone, Calvi dell’Umbria, + Calvi dell’Umbria Ferentillo, Giove, Lugnano in Teverina, + Giove Montecastrilli, Montefranco, Narni, Otricoli, + Lugnano in Teverina Penna in Teverina, Polino, San Gemini, + Narni Stroncone, Terni, Avigliano Umbro, Configni + Otricoli + Penna in Teverina N.B.: Ciascun sistema locale prende il nome dal comune al suo interno che presenta il numero massimo di posti di lavoro. In corsivo i comuni appartenenti a regioni diverse dall’Umbria. I rimanenti comuni umbri appartengono a sistemi locali extra-regionali: Città della Pieve, Paciano, Fabro, Ficulle, Montegabbione, Monteleone d’Orvieto, Parrano sono inseriti nel sistema locale di Chiusi (Toscana); Lisciano Niccone in quello di Cortona (Toscana); Attigliano in quello di Viterbo (Lazio). 93 Riferimenti bibliografici Alessandrini P., Bracalente B., Casini Benvenuti S. 2016 Italia di mezzo: omogeneità originarie e progetto di macroregione sistema, in Rossi E. (a cura di), L’Italia centrata. Ripensare la geometria dei territori, Quodlibet, Macerata, pp. 57-94. Alleva G. 2015 Patrimonio culturale: identità del Paese e inestimabile opportunità di crescita, slide presentate il 14 luglio 2015 presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, Roma. Bacci L. 2002 Sistemi locali in Toscana. Modelli e percorsi territoriali dello sviluppo regionale, FrancoAngeli, Milano. 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