Fedrico Baricci – Il software GATTO e il Baldus di Folegno

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Fedrico Baricci – Il software GATTO e il Baldus di Folegno
Seminario di cultura digitale (LEFE)
Federico Baricci
Un’ipotesi di lavoro: il software GATTO e il Baldus di Folengo
0. In questa relazione ci si propone di ripercorrere le tappe principali dell’applicazione
dell’informatica ai lavori dell’OVI (Opera del Vocabolario Italiano) relativi al TLIO (Tesoro della
Lingua Italiana delle Origini), sostenendo l’interesse di un impiego di programmi come GATTO a
contesti linguistici e letterari diversi da quelli per i quali in origine sono stati pensati. Si suggerisce
in particolare l’uso di GATTO ai fini dello studio del lessico del Baldus di Teofilo Folengo, tuttora
da indagare in modo approfondito relativamente a vari aspetti, quali la componente dialettale del
lessico maccaronico, i debiti verso i testi maccaronici prefolenghiani e la differenze tra le quattro
redazioni dell’opera.
1. L’Opera del Vocabolario Italiano (OVI) è l’istituto del CNR che ha il compito di pubblicare il
Vocabolario Storico Italiano e che attualmente elabora e pubblica in rete il Tesoro della Lingua
Italiana delle Origini (TLIO) e la Banca Dati dell’Italiano Antico, cioè la base di dati che costituisce
il corpus testuale del TLIO.1 Tale corpus rappresenta la maggior base di dati esistente relativa alla
lingua italiana anteriore al 1375, contenendo ben 2000 testi italoromanzi editi (dato aggiornato al 21
ottobre 2011).2 Il TLIO, che intende l’italiano antico come «un insieme di varietà che vanno dal
piemontese al siciliano», configurandosi come «un vocabolario della lingua italiana delle origini,
nella sua pluralità, piuttosto che delle origini della lingua italiana, intesa come la fase antica di
quella che sarà poi codificata come varietà nazionale»3, ha come caratteristica principale quella di
essere un’opera lessicografica di prima mano, cioè un «dizionario storico i cui significati sono
dedotti non dall’analisi della tradizione lessicografica precedente ma dall’esame diretto di una
grande banca dati».4 Quest’ultima è oggi una banca dati informatizzata implementata con il
programma GATTO (Gestione degli Archivi Testuali del Tesoro delle Origini) e interrogabile
online con il programma GattoWeb, ma è solo a partire dalla fine degli anni ’80 che il progetto del
TLIO ha potuto contare sul supporto dell’informatica, diventato progressivamente sempre più
indispensabile.
2. Durante la prima fase dei lavori, dedicata prevalentemente alla raccolta del materiale, gli
spogli lessicografici venivano condotti mediante tre metodi di schedatura: 1. manuale, 2.
xerografico5, 3. elettronico.6 Sotto la direzione Mastrelli (1985-1992), si realizzarono le prime prove
1
Cfr. LARSON – ARTALE 2012, p. 25. Per una storia dell’OVI cfr. VACCARO 2013. L’indirizzo internet è
www.vocabolario.org.
2
Cfr. LARSON – ARTALE 2012, p. 25 n. 2.
3
BELTRAMI 2008, p. 34.
4
SQUILLACIOTI 2012, p. 73.
5
Cfr. VACCARO 2013, p. 7: «In sintesi: ogni pagina del libro veniva microfilmata a due, tre o più sezioni […], in modo
che ciascun fotogramma contenesse una porzione di 10-15 righe di testo. Ciascun fotogramma era poi stampato su un
rotolo in cartoncino. I fogli così ottenuti erano dati, in questo modo, allo schedatore, il quale avrebbe proceduto poi con
la stessa metodologia applicata per gli spogli manuali. Solo in un secondo tempo le schede venivano riprodotte con un
sistema Xerox su cartoncini di formato meccanografico tante volte quante era il numero delle parole sottolineate.
Queste schede finali portavano sempre il testo stampato sul lato destro, in modo tale da lasciare a sinistra uno spazio
bianco dove perforare i dati necessari per l’ordinamento alfabetico e cronologico. Le schede così ottenute erano
riconsegnate».
1
per lo sviluppo di un software lessicografico e per la redazione di voci. Il primo programma
realizzato, chiamato COVILEM, si fondava sul sistema DBT (Data Base Testuale) e fu elaborato
nel 1988 da Eugenio Picchi, dell’Istituto di Linguistica Computazionale (ILC) del CNR a Pisa.7 Il
primo corpus testuale informatizzato dell’OVI, che divenne operativo nel 1995 e fu reso
interrogabile in rete, era gestito da COVILEM, che consentiva la ricerca per forme, la
lemmatizzazione interattiva e la possibilità di costituire un lemmario comune tra quelli provenienti
da testi diversi.8 Si superò così il vecchio sistema di spoglio elettronico su singole schede, che
generava numerosi tabulati, rendendo possibile l’esame complessivo di tutte le occorrenze delle
singole forme grafiche dell’intero corpus, benché risultasse ancora impossibile la lemmatizzazione
del corpus nel suo complesso.9
Il periodo successivo è caratterizzato dall’abbandono del DBT e dal passaggio a GATTO,10
software il cui nome è un acronimo che sta per Gestione degli Archivi Testuali del Tesoro delle
Origini e che «costituisce una suite pensata per l’OVI», cioè «un ambiente di lavoro informatico nel
quale è possibile svolgere una serie più o meno ampia di funzioni correlate tra loro», quali quelle
«finalizzate a costituire e modificare corpora testuali elettronici, a lemmatizzarli e a interrogarli
secondo diverse modalità».11 La progettazione del programma, da parte di Domenico Iorio-Fili,
risale al 1992-1993 e la prima versione messa in linea dall’OVI è del 1998.
I primissimi passi per la realizzazione del programma furono compiuti utilizzando il Quick
Basic, versione priva di ausili visuali e in grado di gestire solo i file di tipo sequenziale, mentre
l’avvio effettivo della stesura del programma ha avuto luogo utilizzando il sistema operativo DOS e
il linguaggio Visual Basic 1.0 per Dos, anch’esso privo di ausili visuali: l’embrione di programma
sviluppato fino a questo punto era stato battezzato GAT (Gestione Archivi Testuali). Il codice di
GAT, tuttavia, quando veniva scritto fino al punto di avviare una semplice interrogazione per
forme, si bloccava a causa dell’esaurimento della memoria disponibile sotto DOS.12
Per ovviare a questo problema, si passò al Visual Basic 3.0 per Windows (versione 3.11), dando
vita alla serie 1 di GATTO (GATTO 1.0 è la versione a 16 bit), i cui principali limiti rispetto
all’assetto moderno erano quelli di non consentire la costituzione di sottocorpora e la ricerca di
cooccorrenze e interpunzioni, oltre alla ridottissima velocità di esecuzione, che lo rendeva in grado
di operare in modo efficace solo su corpora ben più ridotti rispetto a quello del corpus OVI.
Con la versione 2.0 di GATTO si è avuta l’estensione ai sistemi operativi a 32 bit, che consentì
l’interrogazione di cooccorrenze e interpunzioni (anche se con tempi di risposta accettabili ancora
per corpora di piccole dimensioni, ma del resto fu reso possibile limitare la localizzazione dei
contesti a un sottocorpus): tale versione vide la sua uscita ufficiale nel 1998, quando fu adottata
ufficialmente per il progetto Italant.13 Fu soltanto a questo punto che il software fu impiegato
nell’ambito dell’OVI (nella versione 2.1.), che era il contesto per cui sin dall’inizio era stato
pensato. Un netto miglioramento fu ottenuto con la versione 2.2 nella quale si spezzò ogni singola
richiesta in varie richieste successive di dimensioni ridotte, ottenendo risultati assai più rapidi. La
ricerca delle cooccorrenze rimase disponibile solo in via potenziale, poiché il programma, ormai
ottimizzato per la ricerca delle occorrenze di singole forme, localizzava separatamente tutte le
occorrenze di ogni forma in modo assai veloce, ma risultava poi molto lento nell’incrociare questi
6
Cioè «attraverso la preparazione di serie di schede cartacee perforate dalla capienza di 80 caratteri ciascuna, i cui dati,
elaborati e fusi insieme, venivano infine registrati su nastri magnetici» (LARSON - ARTALE 2012, p. 26).
7
Cfr. VACCARO 2013, p. 13.
8
Cfr. LARSON – ARTALE 2012, p. 27.
9
Cfr. LARSON – ARTALE 2012, p. 33. Mentre con DBT si poteva lemmatizzare solo per singoli testi, la lemmatizzazione
dell’intero corpus fu resa possibile da GATTO.
10
Per il periodo 1992-2013 si veda in particolare BOCCELLARI – IORIO-FILI 2013.
11
IORIO-FILI 2012, p. 41.
12
Cfr. BOCCELLARI – IORIO-FILI 2013, pp. 16-17.
13
Cfr. ivi, p. 18. Per Italant vd. sotto.
2
risultati per fornire le cooccorrenze. La ricerca sui sottocorpora, invece, divenne pienamente
operativa con la versione 2.3.14
La serie di 3 di GATTO fu scritta in Visual Basic 6.0, a 32 bit, abbandonando la compatibilità
con l’ambiente a 16 bit di Windows 3.11. La versione 3.0 era sostanzialmente una riscrittura a 32
bit della versione precedente: era infatti molto più veloce e anche la ricerca delle cooccorrenze,
purché ancora molto lenta, fu così resa possibile. Essa divenne però applicabile all’intero corpus del
TLIO, con tempi finalmente accettabili, soltanto con la versione 3.1., che rappresentò un salto di
qualità decisivo, in quanto gli strumenti di programmazione disponibili nell’ambiente a 32 bit
furono effettivamente applicati al codice.15 Le novità delle versione successiva, 3.2., furono
l’introduzione degli iperlemmi (che potevano essere associati direttamente a specifiche occorrenze)
e di note nel testo, contenute in un file separato, ma richiamate automaticamente insieme ai
contesti.16 La versione attualmente in uso presso l’OVI è la 3.3.
A questo punto, fu reso possibile scaricare via Web il programma di installazione di GATTO,
con il suo manuale e il corpus Demo: fu così consentita la diffusione del software, nato e impiegato
per i lavori del Tesoro della Lingua Italiana delle Origini, all’esterno dell’OVI e in ambiti diversi da
quelli originari.17 Il corpus del TLIO era stato reso accessibile on-line nel 1995, con un sistema di
interrogazione molto efficiente.18 A partire dal 2007 il corpus del TLIO è divenuto interrogabile online anche tramite un software derivato da GATTO e che consente la sola interrogazione via Web di
corpora precedentemente costruiti con GATTO e poi modificati per la versione Web.19 Tale
software, chiamato GattoWeb, permette di accedere a un corpus testuale esattamente equivalente a
quello gestito da GATTO: corrisponde insomma all’Ambiente Ricerche di GATTO, perché
consente di interrogare il corpus del TLIO, ma non di modificarlo o di lemmatizzare.20
Parallelamente, benché la versione 3.3. risulti adeguata alle attuali esigenze del TLIO, è stata
elaborata una quarta serie di GATTO, che possa soddisfare i bisogni di ambienti esterni a quelli
dell’OVI: in essa, oltre alla possibilità di utilizzare circa 40 alfabeti diversi (basandosi sui caratteri
Unicode anziché ANSI) e di disporre di un sistema di dati bibliografici completamente libero e
determinabile dall’autente, il ricorso a procedure manuali per la lemmatizzazione (obbligate nel
caso della lingua antica, per la quale mancano programmi di lemmatizzazione sufficientemente
efficienti) è superato tramite l’inserimento di un «lemmatizzatore automatico, ovvero di un
programma che, sulla base di un pacchetto di testi preventivamente lemmatizzati usato come
sistema di apprendimento e di una serie di regole, è in grado di procedere alla lemmatizzazione di
nuovi testi in forma, appunto, automatica»21.
3. Nati dunque per le esigenze specifiche dell’OVI, e per tale uso ottimizzati, i due programmi
GATTO e GattoWeb si sono rivelati in grado di gestire anche corpora di natura e caratteristiche
assai diverse e sono stati perciò applicati in vari ambiti, tra i quali occorre ricordare: Italant:
Grammatica dell’italiano antico, a cura di Giampaolo Salvi e Lorenzo Renzi; CLIO e CLIO2:
Progetto Corpora linguistico-testuali italiani on-line diretto da Rosario Coluccia; Vocabolario del
pavano (XIV-XVII), a cura di Ivano Paccagnella; CD allegato allo Statuto del Comune e del Popolo
di Perugia (edito dalla Deputazione di Storia Patria per l’Umbria); Le opere di Dante, a cura di
Domenico De Robertis e Giancarlo Breschi, promosso dalla Società Dantesca Italiana, con CDROM contenente le concordanze delle opere latine e volgari di Dante;22 LirIo (Lirica Italiana delle
14
Cfr. ivi, p. 19.
Cfr. ibid.
16
Cfr. ivi, p. 20.
17
Cfr. ivi, p. 21.
18
Cfr. ivi, p. 26.
19
Cfr. IORIO-FILI 2012, p. 41.
20
Cfr. BOCCELLARI – IORIO-FILI 2013, p. 26.
21
IORIO-FILI 2012, p. 44.
22
Cfr. BOCCELLARI – IORIO-FILI 2013, p. 27.
15
3
Origini), banca dati ideata e diretta da Lino Leonardi e diffusa in CD-ROM da SISMEL-Edizioni
del Galluzzo.23
4. Il caso del Baldus di Teofilo Folengo si presta particolarmente a uno studio tramite GATTO.
Del capolavoro maccaronico furono pubblicate quattro redazioni diverse (tradizionalmente siglate
così: P = Paganini, 1517; T = Toscolanense, 1521; C = Cipadense, 1534-1535; V = Vigaso Cocaio,
1554), ciascuna delle quali presenta un notevole grado di rielaborazione rispetto alla precedente
(anche quanto alla lunghezza complessiva dell’opera, specie nel passaggio da P a T). Di queste, solo
l’ultima redazione, in 25 canti, è stata interamente edita,24 mentre delle altre esistono solo edizioni
parziali o ristampe anastatiche di cinquecentine.25
L’impasto linguistico del maccaronico folenghiano, com’è noto, comprende elementi desunti da
ambiti linguistici diversi, quali il latino classico, medievale e umanistico, il dialetto lombardo e,
specialmente in C, il toscano,26 spesso intrecciati tra loro nella creazione di veri e propri neologismi.
Risulta evidente che, anche solo per la comprensionedel Baldus, si rende necessario innanzitutto un
glossario del lessico dell’opera, operazione curiosamente mai tentata in modo organico.27 Nella
citata edizione Chiesa di V, infatti, è fornito solo un esile indice lessicale delle voci annotate,
mentre un saggio di glossario dialettale ben più approfondito, benché limitato ad un numero esiguo
di schede, è stato offerto da Isella Brusamolino a inizio degli anni ’80, ma il lavoro è rimasto fermo
a tale assaggio iniziale.28
Sembrerebbe allora auspicabile una lemmatizzazione del lessico del Baldus (e non solo di quello
dialettale, al quale si limita il saggio di Isella Brusamolino) nella sua interezza, che consenta non
soltanto di mettere in evidenzia le numerose voci tuttora inspiegate,29 ma anche di organizzare il
materiale lessicale dell’opera, assegnando a ogni voce, per quanto possibile, una categoria
linguistica (come “latino” e “volgare”) tramite il sistema degli iperlemmi.30
L’indagine lessicale, inoltre, non dovrebbe rimanere circoscritta (come nei casi di Chiesa e Isella
Brusamolino) all’ultima redazione dell’opera, ma è invece auspicabile che essa sia estesa anche alle
redazioni precedenti. In primo luogo, perché nella redazione di una “voce” folenghiana, pur
partendo dall’assetto relativo a V, pare necessario tenere conto di tutte le occorrenze di una data
forma anche nelle edizioni precedenti, per meglio definirne il valore semantico attraverso l’intera
serie dei contesti. In secondo luogo, perché la valutazione dell’evoluzione del lessico folenghiano
attraverso le quattro redazioni dell’opera resta ancora uno degli aspetti su cui manca un’analisi
approfondita nel quadro degli studi folenghiani. La ricostruzione di Zaggia, secondo il quale
alla fase giovanile della Paganini, acerba e sperimentale, per quanto ambiziosa, succede con la Toscolanense
una fase estremistica, di macaronico per così dire fiammeggiante; la successiva redazione Cipadense
documenterà un ripensamento classicistico, e infine la Vigaso Cocaio presenterà un (incompiuto) lavoro
sincretistico […]31
23
Cfr. SQUILLACIOTI 2013, p. 97.
L’edizione di V è TEOFILO FOLENGO, Baldus, a cura di Mario Chiesa, Torino, UTET, 1997, 2 voll.
25
Per P cfr. MASSIMO ZAGGIA, Saggio di un’edizione critica della redazione Paganini delle Macaronee folenghiane, in
BERNARDI PERINI – MARANGONI 1993, pp. 407-457.
26
Per la segnalazione della componente toscana cfr. ZAGGIA 1993, p. 99.
27
Un lavoro pienamente soddisfacente è stato invece realizzato da Zaggia per il lessico delle altre opere maccaroniche
di Folengo, cfr. TEOFILO FOLENGO, Macaronee minori: Zanitonella – Moscheide – Epigrammi, a cura di Massimo
Zaggia, Torino, Einaudi, 1987.
28
Cfr. ISELLA BRUSAMOLINO 1981.
29
Si sofferma su alcune di queste PETROLINI 2008.
30
Sull’iperlemmatizzazione, con la quale si genera un lemma di secondo livello che interconnette più lemmi, cfr.
SQUILLACIOTI 2012, p. 102.
31
ZAGGIA 1993, p. 91. Sulle relazioni del Baldus cfr. anche POZZI 1993.
24
4
è ormai passata in giudicato, ma occorre ricordare che essa, per ammissione dello stesso studioso,
risulta una descrizione estremamente schematica (e in più non accompagnata da alcuna citazione
testuale) e in attesa di una verifica puntuale e scrupolosa.
Il ricorso a GATTO consentirebbe di muoversi agevolmente dentro un corpus così ampio come
quello delle intere quattro redazioni del Baldus, che andrebbero tutte digitalizzate interamente. Non
soltanto una banale ricerca di occorrenze consentirebbe di verificare il ricorrere della stessa forma
nello stesso punto all’interno delle quattro redazione, ma la possibilità di organizzare il materiale
lessicale tramite la funzione iperlemmatizzazione consentirebbe di disporre di un conteggio preciso
delle voci categorizzabili come “dialettali” e di quelle “latine” all’interno di ciascuna redazione,
dato da cui partire per una revisione della ricostruzione di Zaggia.
A tale corpus folenghiano, inoltre, risulterebbe di estremo interesse l’aggiunta dei testi
maccaronici prefolenghiani, quali la Macaronea di Tifi Odasi, il Nobile Vigonce Opus, la
Macarronea contra Macarroneam Bassani, ecc. Tale inclusione consentirebbe finalmente di capire,
tramite una banale ricerca di occorrenze, quali creazioni lessicali maccaroniche presenti nel Baldus
risultassero già presenti negli esperimenti maccaronici dei suoi precursori, nonché di rintracciare in
modo sistematico (anche per mezzo della ricerca di cooccorrenze) le citazioni e le riprese di tali
opere maccaroniche prefolenghiane nel Baldus, dal momento che le pur sparute segnalazioni
presenti nel commento di Chiesa inducono a ritenere che possa trattarsi di un fenomeno
significativo. Ciò renderebbe possibile una più precisa valutazione del grado di dipendenza del
linguaggio folenghiano da quello degli autori maccaronici precedenti.
5. Si fornisce infine qualche brevissimo esempio di analisi del Baldus condotto attraverso una
ricerca di occorrenze tramite GATTO, condotta su un corpus di prova comprendente il libro I del
Baldus nelle quattro redazioni.
La descrizione di Baldovina e del suo innamoramento per Guidone, nella Vigaso Cocaio si
presenta così (vv. 88-95):
Non erat in cucntis leggiadrior altra paësis,
sola patri, matura viro, gratissima regno,
quam non mortali generatam stirpe putabant,
sed magis angelicam iurabant esse figuram.
Altera Pallas erat sensu, Venus altera vultu,
splendida donatrix, accommoda, larga vasallis,
sed tanto brasata sui tamen igne Guidonis,
quod nunquam potuit minimam accattare quietem
Dal punto di vista lessicale colpisce immediatamente il volgarismo brasata, derivato da brasa, da
ricondurre all’it. brace (voce non derivata dal latino, ma dal germanico *brasa)32, che tramite
iperlemmatizzazione andrebbe associato alla categoria “volgare”. Una ricerca della forma brasat*
all’interno del corpus consente di individuare come unica altra occorrenza il corrispondente passo
della redazione C (v. 99):
sed tanto brasata sui tamen igne Guidonis
Ci si può allora chiedere quale sia in questo passo la lezione delle prime due redazioni, visto che i
corrispondenti contesti non risultano tra i risultati di ricerche di forme del tipo brasat* e bras*.
Vista la menzionata opinione di Zaggia, secondo il quale la redzione C rappresenterebbe un
«ripensamento classicistico» rispetto alla precedente T, che andrebbe invece considerata una «fase
estremistica, di macaronico per così dire fiammeggiante», ci si potrebbe aspettare che se in C si ha
un crudo volgarismo, esso non sia stato introdotto all’altezza di tale redazione, ma sarebbe in teoria
32
Cfr. DELI, s. v. brace.
5
più probabile che fosse stato introdotto all’altezza di T e inerzialmente mantenuto in C. Ma, come
abbiamo visto, la forma brasat* non presenta altre occorrenze nel corpus oltre alle due individuate:
si potrebbe allora pensare che in T si trovasse un altro volgarismo, magari ancora più caratterizzato
dal punto di vista dialettale. In realtà, il corrispondente verso di T (v. 96) è:
Sed tamen arcta fuit tanto Guidonis amore
quasi identico in P (v. 71):
Haec tamen arcta fuit tanto Guidonis amore
dove l’elemento lessicale impiegato per descrivere la passione amorosa di Baldovina è il latino
classico arcta ‘oppressa, stretta, legata’.
Si può ripetere l’esercizio con l’altra voce dialettale contenuta nel passo: accattare ‘trovare’ (v.
95). La ricerca della forma non fornisce occorrenze nel corpus: infatti, controllando il passo
corrispondente nelle tre redazioni precedenti, si osserva che il verbo impiegato è sempre il latino
reperire. In questo caso, quindi, l’introduzione del volgarismo è avvenuta all’altezza di V.
Ricerche di questo tipo possono anche arricchirsi con considerazioni sulle fonti dei passi in
questione. A proposito del v. 90, «quam non mortali generatam stirpe putabant» si può supporre
che Folengo avesse in mente un verso di uno degli inserti poetici contenuti nelle Metamorfosi di
Apuleio, libro IV, cap. 33, dove si descrive la bellezza di Psiche e il momento in cui il padre
interroga l’oracolo di Apollo chiedendo un marito per la figlia.33 Il terzo verso della risposta
dell’oracolo è appunto:
nec speres generum mortali stirpe creatum
La ricerca della cooccorrenza di mortal* e stirp* ha per risultato i corrispondenti passi di T e C, ma
non di P. In C il verso è identico, mentre in T si ha:
Quam non mortali credebant stirpe creatam
La possibilità di individuare la lezione di T consente di rafforzare l’ipotesi di una dipendenza dal
verso di Apuleio. Infatti alle affinità evidenziate si aggiunge la presenza dell’agg. creatam a fine
verso, che richiama il creatum nella medesima posizione in Apuleio. Il passaggio da T a C, quindi,
implica un lieve distanziamento dal modello, benché esso risulti ancora attivo (a maggior ragione
se, come si crede, il generatam di C è da mettere in relazione con il sost. generum del verso
apuleiano). Andando a controllare il corrispondente verso in P, si osserva che in tale redazione esso
aveva la seguente forma:
quam non humana conceptam stirpe putasses
il che probabilmente significa che solo all’altezza di P il verso si è modellato secondo la fonte
apuleiana, in seguito tenuta ben presente nel corso delle redazioni successive.
33
Tale parallelo intertestuale non è segnalato nel commento di Chiesa.
6
Bibliografia
Atti 2012 = Dizionari e ricerca filologica. Atti della giornata di studi in memoria di Valentina
Pollidori (Firenze, Villa Reale di Castello, 26 ottobre 2010), Alessandria, Edizioni dell’Orso.
BELTRAMI 2008 = Pietro G. B., La nuova lessicografia dell’italiano antico: il Tesoro della lingua
italiana delle origini, in «Bollettino dell’atlante lessicale degli antichi volgari italiani», I, pp. 33-52.
BERNARDI PERINI – MARANGONI 1993 = Teofilo Folengo nel quinto centenario della nascita (14911991). Atti del Convegno Mantova-Brescia-Padova, 26-29 settembre 1991, a cura di Giorgio B. P. e
Claudio M., Firenze, Olshki.
BOCCELLARI – IORIO-FILI 2013 = Andrea B. e Domenico I., Il supporto dell’informatica al
Vocabolario, in LARSON – SQUILLACIOTI – VACCARO 2013, pp. 15-30.
DELI = MANLIO CORTELAZZO – PAOLO ZOLLI, Dizionario etimologico della lingua italiana,
Bologna, Zanichelli, 1999 [2a ed.].
GIBELLINI 1981 = Folengo e dintorni, a cura di Pietro G., Brescia, Grafo.
IORIO-FILI 2012 = Domenico I., Il lemmatizzatore semiautomatico di GATTO4, in Atti 2012, pp. 4156.
ISELLA BRUSAMOLINO 1981 = Silvia I. B., Saggio di un Glossario folenghiano, in GIBELLINI 1981,
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LARSON – ARTALE 2012 = Pär L. e Elena A., Il punto sui corpora dell’Opera del Vocabolario
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LARSON – SQUILLACIOTI – VACCARO 2013 = Pär L., Paolo S. e Giulio V. (a cura di), «Diverse voci
fanno docli note». L’Opera del Vocabolario italiano per Pietro G. Beltrami, Alessandria, Edizioni
dell’Orso.
PETROLINI 2008 = Giovanni P., Il pane sordo e l’odore di ‘rumatico’. Due noterelle folenghiane a
proposito di “…surdas faciet pansuttus orecchias” (Baldus, XV, 108) e di “…rumatica muffa…’
(ib. XV, 355), in Id., Per indizi e per prove: indagini sulle parole. Saggi minimi di lessicologia
storia italiana, Firenze, Cesati.
POZZI 1993 = Mario P., Le quattro redazioni delle Macaronee di Teofilo Folengo e il loro contesto
culturale, in BERNARDI PERINI – MARANGONI 1993, pp. 33-47.
SQUILLACIOTI 2012 = Paolo S., Uno sguardo al Tesoro della Lingua Italiana delle Origini:
procedure e prospettive del vocabolario storico dell’italiano antico, in Atti 2012, pp. 73-84.
SQUILLACIOTI 2013 = Paolo S., Il LirIO visto dall’OVI: qualche riflessione, una proposta, in
LARSON – SQUILLACIOTI – VACCARO 2013, pp. 97-105.
7
VACCARO 2013 = Giulio V., Ab OVI. Materiali per una storia dell’Opera del Vocabolario Italiano,
in LARSON – SQUILLACIOTI – VACCARO 2013, pp. 3-14.
ZAGGIA 1993 = Massimo Z., Breve percorso attraverso le quattro redazioni delle Macaronee
folenghiane, in BERNARDI PERINI – MARANGONI 1993, pp. 85-101.
8