Sull`outsourcing decide l`impresa È insindacabile la valutazione tra

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Sull`outsourcing decide l`impresa È insindacabile la valutazione tra
Lunedì 11 Dicembre 2006
LAVORO & PREVIDENZA
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Dalla Cassazione nozione e spunti per l’attuazione dei processi di esternalizzazione di attività
Sull’outsourcing decide l’impresa
È insindacabile la valutazione tra le tecniche alternative
DI
DANIELE CIRIOLI
L
Focus sul business e dismissione delle altre attività
a scelta tra le varie alternative di outsourcing (appalto, cessione ramo d’azienda
ecc.) è rimessa all’insindacabile valutazione dell’imprenditore. L’outsourcing è il fenomeno che comprende tutte le
possibili tecniche mediante le
quali un’impresa dismette la
gestione diretta di alcuni segmenti dell’attività produttiva
e dei servizi estranei a core business (competenze di base). Il
principio è stato affermato, tra
l’altro, nella sentenza n.
21287/2006 della Corte di cassazione, che offre una nozione
e alcuni spunti operativi alla
prassi di esternalizzazione cui
fanno sempre più ricorso le imprese per assicurarsi competitività.
sourcing ha acquistato semplicità e limiti e vincoli normativi più certi, a garanzia delle parti in causa (imprese e lavoratori).
L’esternalizzazione
La tecnica dell’esternalizzazione, che conduce a una nuova organizzazione aziendale, è
una delle ricette inventate per
garantire all’impresa di conservare competitività sui mercati sempre più globali consentendo di offrire un prodotto costantemente nuovo e attuale con gli attributi tecnologici. Con essa, in pratica,
un’impresa può riservarsi di
concentrare all’interno della
sua azienda solo la parte più
innovativa di produzione (quella generalmente legata al core business), impiegando personale altamente qualificato, e
può invece delegare a imprese
satelliti le attività e le lavorazioni secondarie.
Con la riforma del lavoro (il
dlgs n. 276/2003), la tecnica
dell’esternalizzazione od out-
La Cassazione spiega
l’outsourcing
La pronuncia della Corte di
cassazione depositata il 2 ottobre scorso (sentenza n.
21287/2006) offre una nozione
di outsourcing, nonché chiarimenti sulle discipline di due
tecniche di esternalizzazione
(appalto e trasferimento di ramo di azienda) e sulle loro differenze giuridiche e operative.
Il fenomeno cosiddetto
dell’outsourcing, spiega la sentenza, comprende tutte le possibili tecniche mediante le quali un’impresa dismette la gestione diretta di alcuni segmenti dell’attività produttiva
e dei servizi estranei alle competenze di base (cosiddetto core business). Operazione che
l’impresa può fare, aggiunge la
Cassazione, sia appaltando a
terzi l’espletamento del servi-
La definizione di outsourcing
È il fenomeno che comprende tutte le possibili tecniche mediante cui un’impresa dismette la gestione
diretta di alcuni segmenti dell’attività produttiva e dei servizi che sono estranei alle competenze
di base (il core business)
Alcune possibili tecniche
Cessione di
ramo d’azienda
Con la cessione di un ramo di azienda si ha il trasferimento di un segmento
dell’organizzazione produttiva dotato di autonoma e persistente funzionalità.
L’eventuale utilizzazione da parte del cedente dei prodotti e servizi del segmento
ceduto deve formare oggetto di distinto contratto con il cessionario
Appalto di opere
Con l’appalto di opere e di servizi il committente non dismette un segmento
produttivo, ma si avvale dei prodotti e dei servizi, che gli necessitano, che gli
vengono forniti da altra impresa che li produce avvalendosi di una sua
organizzazione imprenditoriale
zio sia cedendo un ramo di
azienda. Tuttavia, l’appalto di
servizio e la cessazione di ramo di azienda sono contratti
con caratteri giuridici nettamente distinti e non confondibili. La scelta tra le varie alternative, precisa ancora la
sentenza della Cassazione, è rimessa all’insindacabile valutazione dell’imprenditore, a
norma dell’articolo 41 della
Costituzione.
La cessione di ramo
d’azienda
La pronuncia dei giudici prosegue con la disamina di due
delle possibili (le principali)
tecniche di esternalizzazione
delle attività produttive: la
cessione di ramo d’azienda e
l’appalto di opere e di servizi.
Per cessione di ramo d’azienda, agli effetti dell’articolo
2112 del codice civile, spiega
la sentenza, si intende il trasferimento di un insieme di elementi produttivi, personali e
materiali, organizzati dall’imprenditore per l’esercizio
dell’attività, che si presentino
prima del trasferimento come
una entità dotata di autonoma
e unitaria organizzazione, idonea al perseguimento dei fini
dell’impresa e che conservi nel
trasferimento la propria identità. Per quanto riguarda le
modalità attuative della cessione, si ricordano tra l’altro
le prescrizioni fissate dal dlgs
n. 18/2001 che, tra l’altro,
nell’ipotesi in cui il trasferimento d’azienda riguardi imprese con complessivamente
oltre 15 lavoratori occupati,
vincolano l’operazione a una fase di consultazione sindacale
da risolvere prima del perfezionamento dell’accordo sul
trasferimento. In particolare,
anche quando il trasferimento
riguarda solo una parte (un ramo) d’azienda, cedente e cessionario sono tenuti a darne
comunicazione per iscritto almeno 25 giorni prima alle rispettive rappresentanze sindacali unitarie o aziendali.
L’informazione dovrà riguardare la data o la data propo-
sta per il trasferimento, i motivi e le ragioni del trasferimento, le conseguente giuridiche, economiche e sociali per i
lavoratori e le eventuali misure
previste nei confronti di questi ultimi.
L’appalto
L’appalto di opere e servizi
o di manutenzione d’impianti
all’interno di stabilimenti,
spiega ancora la sentenza, costituisce il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari, con proprio personale e
con gestione a proprio rischio,
il compimento all’interno di
un’azienda di un’opera o di un
servizio verso un corrispettivo
in danaro (articolo 1655 del codice civile).
Le differenze tra appalto
e trasferimento
La Corte di cassazione, infine, illustra le differenze di fondo tra le due tecniche di outsourcing. Con la cessione di un
ramo di azienda, spiega, si ha
il trasferimento di un segmento dell’organizzazione produttiva dotato di autonoma e persistente funzionalità. L’eventuale utilizzazione da parte del
cedente dei prodotti e dei servizi del segmento ceduto formerà oggetto di distinto contratto con il cessionario. Con
l’appalto di opere e di servizi,
invece, il committente non dismette un segmento produttivo, ma si avvale dei prodotti e
dei servizi che gli necessitano,
che gli sono forniti da altra impresa che li produce avvalendosi di una propria organizzazione imprenditoriale. (riproduzione riservata)
Responsabilità incrociata tra appaltatore, subappaltatore e committente
La riforma del lavoro (il dlgs n.
276/2003) si interessa del contratto
di appalto, preliminarmente, per distinguerlo dall’istituto della somministrazione di lavoro. Quest’ultimo è
definito come contratto di fornitura
professionale di manodopera, a tempo indeterminato o a termine, che può
essere concluso da ogni soggetto denominato utilizzatore che si rivolga
ad altro soggetto denominato somministratore autorizzato all’esercizio
di tale attività. I caratteri distintivi
tra l’appalto e la somministrazione,
nei dettagli, sono individuati dall’articolo 29 del citato decreto di riforma
del lavoro, il quale stabilisce che il
contratto di appalto si distingue dal
contratto di somministrazione di lavoro per: 1) l’organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che, in relazione alle esigenze
dell’opera o del servizio dedotti in contratto, può anche risultare dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto; 2) l’assunzione del
rischio di impresa da parte del me-
desimo appaltatore.
Sempre nell’ambito della riforma
del lavoro, ma con la manovra correttiva (il dlgs n. 251/2004), è stata
estesa la responsabilità solidale tra
appaltatore e appaltante, in tutte le
ipotesi di appalti (opere e servizi). La
nuova disposizione, in vigore dal 26
ottobre 2004, stabilisce che fatte salve diverse previsioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati da
associazioni dei datori e prestatori di
lavoro comparativamente più rappresentative, in caso di appalto di opere o servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato
in solido con l’appaltatore, entro il limite di un anno dalla cessazione
dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti. Non solo; la responsabilità, ha stabilito il
decreto Bersani (il dl n. 223/2006) deve intendersi riferita anche per l’effettuazione e il versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente. E nel prossimo futuro, il
vincolo di obbligazione solidale le-
gherà anche appaltatori e subappaltatori. Sempre il dl n. 223/2006 (manovra Bersani), infatti, stabilisce che
l’appaltatore risponde in solido con il
subappaltatore dell’effettuazione e
del versamento delle ritenute fiscali
sui redditi di lavoro dipendente, nonché del versamento dei contributi previdenziali e dei contributi assicurativi obbligatori per gli infortuni sul
lavoro e le malattie professionali (i
premi Inail) dei dipendenti a cui è tenuto il subappaltatore. Una responsabilità, tuttavia, che può venire meno se l’appaltatore verifica, acquisendo la relativa documentazione prima del pagamento del corrispettivo,
che i predetti adempimenti connessi
alle prestazioni di lavoro dipendente
concernenti l’opera, fornitura o servizio affidati in appalto siano stati
correttamente eseguiti dal subappaltatore. E, in caso contrario, l’appaltatore può sospendere il pagamento
del corrispettivo fino all’esibizione da
parte del subappaltatore della predetta documentazione probante la regolarità degli adempimenti in que-
stione. Il vincolo di responsabilità solidale è sottoposto a un limite: gli importi dovuti, infatti, non possono eccedere complessivamente l’ammontare del corrispettivo dovuto dall’appaltatore al subappaltatore.
La nuova disposizione, inoltre, stabilisce che il committente provveda
al pagamento del corrispettivo dovuto all’appaltatore previa esibizione da
parte dello stesso della documentazione attestante che i predetti adempimenti (trattenuta e versamento delle ritenute fiscali, pagamento dei contributi previdenziali e versamento dei
premi assicurativi) connessi con le
prestazioni di lavoro dipendente concernenti l’opera, la fornitura o il servizio affidati in appalto siano stati
correttamente eseguiti dall’appaltatore. Prevedendo, inoltre, in caso di
inosservanza di tale modalità di pagamento l’applicazione della sanzione amministrativa da euro 5 mila a
euro 200 mila se gli adempimenti stessi vengano riscontrati non correttamente eseguiti dall’appaltatore e dagli eventuali subappaltatori.