Assistenza al diabete di tipo 1, rispettate le pari

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Assistenza al diabete di tipo 1, rispettate le pari
Assistenza al diabete di tipo 1, rispettate le pari opportunità
Giovedì 05 Marzo 2015 15:50
Nessuna disparità tra uomo e donna nel trattamento e nella qualità di cura complessivamente
erogata per il diabete di tipo 1. Lo sostengono i dati del Rapporto “Le differenze di genere nel
diabete di tipo 1", realizzato dal Gruppo Donna AMD – Associazione Medici Diabetologi e
presentato oggi a Milano.
Si tratta del primo rapporto interamente dedicato alle differenze uomo-donna nella popolazione
con diabete di tipo 1 seguita da 320 centri di diabetologia di tutta Italia, il 50% circa di quelli
attivi sul territorio nazionale, presentato a tre anni di distanza dalla pubblicazione dell’analogo
documento dedicato al diabete di tipo 2. Si basa sulla più ampia casistica mai analizzata per il
diabete di tipo 1: 28.802 pazienti (il 10% delle circa 300.000 persone con diabete 1 che il
Ministero della salute stima esserci in Italia), di cui 13.094 donne e 15.708 uomini, una
predominanza di persone di sesso maschile, quindi, il 54,5%, che trova riscontro nella realtà
della malattia.
“I risultati che emergono dal documento sono in controtendenza rispetto al resto del mondo e
alla letteratura dove si riscontrano differenze nel trattamento tra i due sessi e nella qualità di
cura erogata”, sostiene Antonio Ceriello, Presidente AMD. “Questa rappresenta un’ulteriore
prova dell’efficienza del sistema di cure per il diabete proprio dell’Italia, la rete dei servizi di
diabetologia sul territorio”.
“Il Rapporto ‘Le differenze di genere nel diabete di tipo 1’ fa parte del progetto Annali AMD, una
delle più importanti raccolte e analisi al mondo di dati clinici e assistenziali sul diabete, giunto al
10° anno di vita”, dice Paolo di Bartolo, coordinatore Annali AMD. “Uno strumento straordinario
e immediato per il miglioramento continuo della qualità delle cure”.
Efficienza e parità di trattamento tra uomo e donna sono dimostrate attraverso specifici
indicatori che permettono di valutare il processo di assistenza alla persona, oltre che a
identificare possibili aree di intervento per migliorare gli esiti. Non emergono quindi differenze
significative nei due sessi per ciò che riguarda la percentuale di pazienti che effettuano almeno
una misurazione dell’emoglobina glicata nell’anno, che è significativamente elevata, superando
in entrambi i sessi il 90%, a dimostrazione dell’attenzione dello specialista, in accordo con le
raccomandazioni nazionali per la cura del diabete. Anche per quanto riguarda gli indicatori di
processo più strettamente correlati con il profilo di rischio cardiovascolare si riscontra parità di
trattamento: circa il 70% dei pazienti ha effettuato un controllo annuale del profilo lipidico e di
quello pressorio.
Una buona percentuale, anche se la rilevazione può essere ancora migliorabile, soprattutto se
si considera il fatto che l’ipertensione arteriosa associata ad alterazioni del metabolismo
glucidico raddoppia il rischio di eventi cardiovascolari nel sesso femminile. Lo stesso può dirsi
dell’esame del fundus oculi per la valutazione della retinopatia, che è stato effettuato almeno
nel 60% per entrambi i sessi e dello screening per la microalbuminuria, che valuta il danno
renale, con percentuali di rilevazioni attorno al 50%. Il controllo del piede diabetico invece
rappresenta una aspetto critico dell’assistenza, in quanto effettuato in meno di un quinto delle
persone in entrambi i sessi.
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Anche per quanto riguarda la qualità di cura complessiva nel diabete di tipo 1 - misurata
attraverso l’indice oggettivo ‘score Q’, che valuta l’efficienza delle cure e dell’assistenza
prestate - le percentuali sono sovrapponibili tra maschi e femmine: in oltre il 40% sia degli
uomini sia delle donne è presente un elevato score Q (superiore a 25); solo in meno dell’8% di
entrambi i sessi è stato rilevato uno score Q inferiore a 15. In parole più semplici: lo score Q
varia da 0 a 40, più alto è, meglio è. Si calcola assegnando un punteggio agli interventi
assistenziali, come la valutazione dell’emoglobina glicata, della pressione arteriosa, del profilo
lipidico, della microalbuminuria, e ai risultati ottenuti dalla cura messa in atto. Un punteggio
superiore a 25 significa che la qualità di cura e assistenza è in linea o migliore (al crescere del
valore) degli standard attesi; tra 25 e 15 il rischio di complicanze della malattia aumenta del
20%; sotto a 15, il rischio cresce all’80%.
Nonostante i dati dimostrino la parità nel trattamento e nella qualità di cura erogata nel diabete
1, dal rapporto emerge una differenza sostanziale per quanto riguarda il raggiungimento del
compenso metabolico nelle donne. Solo un quinto delle donne raggiunge un controllo
metabolico adeguato (emoglobina glicata inferiore a 7%), contro un quarto degli uomini.
“Questa maggior variabilità si riscontra per le donne in tutte le fasce di età, indipendentemente
dal trattamento: sia con terapia insulinica multi-iniettiva sia con microinfusore le donne faticano
a raggiungere il target di emoglobina glicata, anche se con il microinfusore aumenta del 6% la
quota di persone con diabete di tipo 1 che raggiungono il target del trattamento,
indipendentemente dal genere”, dice Valeria Manicardi, Coordinatrice del Gruppo Donna AMD.
“Il succedersi di pubertà, gravidanza, età menopausale con le variazioni ormonali connesse può
spiegare la maggiore variabilità del compenso metabolico nelle donne ed è possibile e
probabile che il pattern ormonale femminile influenzi una diversa risposta di genere al
trattamento insulinico. Questi risultati dimostrano quanto la medicina di genere e, più nello
specifico, questo lavoro sia importante per capire quali siano i bisogni comuni e quali invece
genere-specifici, nell’ottica di miglioramento e personalizzazione dell’assistenza che dovrà
essere sempre di più tarata sulle differenze epidemiologiche, fisiopatologiche e psicoattitudinali
tra i due sessi” conclude.
“Dal rapporto emerge che il livello dell’assistenza alle persone con diabete è buono,
probabilmente sopra la media sia per gli uomini sia per le donne” dice Nicoletta Musacchio, vice
presidente AMD. “Nonostante ciò i dati dimostrano che molto si può e si deve ancora fare per
una maggiore appropriatezza delle cure. È per questo che AMD ha messo a punto ‘NICE’
(Need Is Core of Effectiveness) per la qualità e l’appropriatezza della cura in diabetologia, il
nuovo programma di formazione, educazione e comunicazione volto al miglioramento delle
competenze dei professionisti, dell’organizzazione dell’assistenza, della gestione della malattia,
in linea con i bisogni della persona con diabete”.
“Il progetto NICE sarà il filo conduttore del XX Congresso Nazionale AMD che aprirà i lavori a
Genova il 13 maggio prossimo. Molte saranno le novità presentate, sia in ambito farmacologico
che tecnologico e molto spazio sarà dedicato alla definizione e declinazione del ruolo dello
specialista, che costituisce la vera sfida per la diabetologia moderna” conclude Ceriello.
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Da PHARMASTAR
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