io, don giovanni - Mediateca Toscana

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io, don giovanni - Mediateca Toscana
RASSEGNA STAMPA CINEMATOGRAFICA
IO, DON GIOVANNI
Editore S.A.S. Via Bonomelli, 13 - 24122 BERGAMO
Tel. 035/320.828 - Fax 035/320.843 - Email: [email protected]
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Regia: Carlos Saura
Interpreti: Lorenzo Balducci (Lorenzo da Ponte), Lino Guanciale (Mozart), Emilia Verginelli (Annetta), Tobias Moretti (Casanova), Ennio Fantastichini (Salieri), Ketevan Kemoklidze (Adriana Ferrarese/Donna Elvira), Sergio Foresti (Leporello), Borja Quiza (Don Giovanni), Francesca
Inaudi (Costanza), Franco Interlenghi (Padre di Annetta), Cristina Giannelli (Caterina Cavalieri), Francesco Barilli (Sacerdote), Alessandra Marianelli (Zerlina), Sylvia De Fanti (Tipoletta)
Genere: Biografico/Musicale - Origine: Italia/Spagna/Austria - Anno: 2009 - Soggetto: Raffaello Uboldi - Sceneggiatura: Carlos Saura, Raffaello Uboldi, Alessandro Vallini - Fotografia: Vittorio Storaro - Musica: Nicola Tescari (coordinamento) - Montaggio: Julia Juaniz - Durata:
127' - Produzione: Andrea Occhipinti, Andres Vicente Gomez E Igor Ubaldi Per Lucky Red, Lola Film, Edelweiss Cinematografica - Distribuzione: Lucky Red (2009)
Carlos Saura dirige un film lussuoso,
con un notevole senso dello spettacolo
per il grande pubblico. Affidata alla fotografia luminosa, a volte perfino lambiccata, di Storaro, l’opera racconta
come in un "teatro nel teatro" le vicende che hanno portato Da Ponte ad identificarsi col mitico Don Giovanni. E’
certo un Settecento di maniera quello
che Saura ci presenta, con un Mozart
ripreso, in parte, dall’Amadeus di Forman e con le musiche del grande compositore riadattate mediante una orchestrazione scintillante. Il film, più che
raccontare, presenta una serie di quadri
scenici che si susseguono l’uno dopo
l’altro, narrando in modo leggero e talvolta superficiale (i consueti cliché anticlericali) la biografia di Da Ponte e la
nascita del Don Giovanni, con "spezzoni" dell’opera. La recitazione degli
attori segue l’andamento lineare del
film, affidandosi agli sguardi del protagonista (Balducci) e di Casanova (Moretti), forse la figura meglio ritagliata.
Ne esce un prodotto visivamente bello,
senza eccessivi approfondimenti psicologici. Il film, dal punto di vista pastorale, é da valutare come consigliabile e
nell'insieme semplice.
Commissione Nazionale Valutazione Film:
Consigliabile/Semplice
Per incunearsi fra "Don Giovanni" di
Joseph Losey e "Amadeus" di Milos
Forman, "Io, don Giovanni" di Carlos
Saura finisce stritolato. Perché il regista
spagnolo, che ammette d'aver ignorato
l'esistenza di Lorenzo Da Ponte (Lorenzo Balducci) prima di fare il film, si
sia lanciato in questa impresa, si spiega
solo col voler lavorare comunque e che
questo gli passava il convento. Lino
Guanciale è un Mozart dall'aria gaya;
Franco Interlenghi è quasi irriconoscibile; la fotografia è di Vittorio Storaro.
Il Giornale - 23/10/09
Maurizio Cabona
Mescolando i settecenteschi destini di
tre incantatori e seduttori, Casanova,
Lorenzo Da Ponte e Amadeus, Saura ci
racconta come il paroliere di Mozart,
ebreo convertito e esiliato dalla Chiesa,
traslochi il suo eros da Venezia a Vienna, identificandosi con la sublime opera
che aiuterà a comporre. Talvolta zoppicante nel cast, il film (dove appare il
solito Salieri) è cronistoria di un'ispirazione in cui molti amatori s'identificarono e, tra alti e bassi, conta due miracoli: la fotografia di Storaro e la musica
sublime.
Il Corriere della Sera - 23/10/09
Maurizio Porro
Questo film esce con un po' di ritardo,
ma merita di essere recuperato, in una
delle pochissime sale d'essai della nostra Isola.
Lorenzo Da Ponte, pseudonimo di Emanuele Conegliano (Vittorio Veneto
1749 - New York 1838), è definito 'avventuriero inquieto ed estroso' dalla
Garzanti, che ne esalta, però, la prosa
vivace e fustigatrice. Fu lui a comporre
tre famosi libretti d'opera per il genio di
Mozart: 'Le nozze di Figaro', 'Don Giovanni' e 'Così fan tutte'.
Sullo schermo, nell'impareggiabile evocazione di Carlos Saura, il profilo del
letterato acquista linfa con l'ascolto delle immortali partiture del Salisburghese, Saura, non dimentichiamolo, genero di Charles Chaplin - è biografo di
eccezionale sensibilità, avendone dato
prova almeno nello splendido "Goya"
del 2000. Se in quel film "La maya desnuda" ed il "2 e 3 maggio" rifulgevano
nelle luci di Vittorio Storaro, la nuova
pellicola appassiona per la mescolanza
assai abile del pentagramma e dell'immagine.
Anche l'interpretazione è all'altezza dei
personaggi: Lorenzo Balducci incarnando il protagonista, e Fantastichini
offrendo duttilità al ruolo, ormai proverbiale, di Antonio Salieri. Appare
ben motivante lo sfondo storico, fra casanovismi d'attacco e l'intelligenza sontuosa della corte viennese.
Il Giornale di Sicilia - 19/11/09
Antonella Ely
Lorenzo Da Ponte, abate libertino, è
amico ed emulo di Giacomo Casanova.
Per il suo fustigare i costumi clericali,
nel 1781 la Santa Inquisizione lo esilia
da Venezia, e il great pretender lo raccomanda come librettista a Salieri, alla
corte reale di Vienna. Qui Da Ponte
propone a Mozart di comporre un'irriverente versione del 'Don Giovanni'.
L'intuizione di Saura è usare la biografia poco nota del librettista italiano come passepartout quasi fisico nel classico mozartiano, e realizzarne un making
of esplicativo. Tentativo apprezzabile
di 'vulgata' per le masse, e anche di divertissement per i melomani. ll meccanismo ripetuto di regia è 'sfumare' il set
(del film) nella messa in scena (dell'opera). Una coproduzione pensata per il
mercato internazionale che dà molta
attenzione a valori di produzione (la
fotografia di Storaro e, ovvio, la supervisione musicale di Nicola Tescari).
Soffrono fa sceneggiatura, che casca
spesso nel cliché sulla creazione che
condanna agli inferi. E la recitazione,
visto che non tutti gli interpreti spiccano per convinzione e sono appiattiti dal
doppiaggio (vedi Casanova/Moretti). I
fondali fotografici, poi, danno un'impressione dì posticcio quanto l'hair
styling a cura di Aldo Signoretti. Per
amatori, come dicono gli annunci di
moto d'epoca.
Film TV - 2009-43-8
Raffaella Giancristofaro
La suggestione di ritrovare le tracce dei
processi creativi e di rappresentarne il
segreto, soprattutto se il caso è quello
esemplare di Mozart, è stata più volte
tentatrice nel cinema anche se con esiti
spesso deludenti, tra caricatura e stereotipo. A meno che non si scelga la strada
del divertissement, come fa Saura e
come aveva già fatto prima di lui Milos
Forman, con l'accortezza di non prendere di petto il Genio ma Salieri o il
librettista Lorenzo Da Ponte. La cui figura contraddittoria e molto interessante viene messa al centro dello snodo
che porta nel 1787 alla creazione del
capolavoro mozartiano, fra trasfigurazione del modello edonista appreso dal
maestro e mentore Giacomo Casanova
e catarsi di un impenitente seduttore.
Spesso le formule coproduttive (film in
parte italiano: Salieri è Fantastichini)
mancano di personalità: ma questo è un
film godibile.
La Repubblica - 23/10/09
Paolo D'Agostini
La storia - La vita e gli amori di Lorenzo Da Ponte, amico di casanova e
librettista per Mozart.
Le altezze immacolate e vertiginose del
pensiero e dell'arte talvolta non rifuggono le bassezze istintuali e capricciose
dell'uomo, il genio attraversa l'esistenza
dedito al piacere, indifferente alle regole e sordo alla morale: la mitografia dei
grandi libertini settecenteschi, veri (Casanova, De Sade, Da Ponte, Mozart) o
fittizi (Don Giovanni, Versac, Valmont), ci consegna, tra ingegnose licenze e ovvi riciclaggi, una fitta rete di
storie e testi che declinano ossessivamente questo luogo comune, come ogni
altro ottuso e allo stesso tempo innegabilmente veridico.
Riunisce quattro di quei grandi edonisti
in un sol luogo e tempo un'aneddotica
non del tutto certa sulla quale Carlos
Saura ha costruito il suo "lo, don giovanni". Nel dicembre 1786 il Nationaltheater di Praga commissiona a Da
Ponte e Mozart un'opera nuova, il cui
soggetto (la storia di Don Giovanni Tenorio) viene suggerito al poeta forse dal
concittadino e amico Casanova (a quei
tempi residente in Boemia) e certo dalla
lettura del recente libretto 'Don Giovanni ossia il convitato di pietra' di
Giovanni Bertati. All'imperatore Giuseppe lI, che dubita della sua capacità
di far fronte al 'Don Giovanni' insieme
ai già intrapresi 'Axur, re d'Ormus' per
Salieri e 'L'arbore di Diana' per Martín
y Soler, Da Ponte risponde: 'scriverò la
notte per Mozart e farò conto di leggere
'Inferno' di Dante. Scriverò la mattina
per Martin e mi parrà di studiare il Petrarca. La sera per Salieri e sarà il mio
Tasso'. Dopo alcuni mesi di lavoro,
quasi sicuramente coadiuvato dall'illustre competenza di Casanova, 'Don
Giovanni' va in scena per la prima volta
il 29 ottobre 1787. Saura spiega di aver
affrontato quei fatti attraverso 'una lettura e una ricostruzione personali: non
so se è sempre fedele alla storia così
come si è svolta, ma nel cinema ci vuole anche un po' di immaginazione'. Passino le evidenti lacune e imprecisioni
storiche. Passi l'intenzione non particolarmente inventiva né proficua di rappresentare, ce lo dice Vittorio Storaro
(al suo quinto cimento con Saura), 'l'identificazione di un creativo con la
propria opera' (l'abbiamo già vista in
atto nell'ovvio "Amadeus" di Forman
così come in "Shakespeare in love" di
Madden): ma qui sono ben tre i creativi
(Da Ponte, Mozart e Casanova) a identificarsi con la creatura (Don Giovanni)
e in definitiva gli uni con gli altri nel
mito metastorico del genio sregolato.
Accattivante il riferimento a "Il Casanova" di Federico Fellini (la statua del
commendatore che passa sulla laguna),
e lode al coraggio di usare costumi e
parrucche andando contro il tedioso
realismo del contemporaneo di tanto
cinema italo-spagnolo, spingendosi fino
al punto da ricreare, continua Storaro,
'un ambiente che sia vero negli oggetti
ma latente nella parte tutta intorno, così
da poter ogni volta entrare e uscire dalla vita personale e creativa attraverso
l'immagine' (la Venezia e la Vienna del
film sono evidenti fondali di teatro ispirati a stampe d'epoca e quadri di Canaletto), facendo cinema che non teme di
dichiarare la sua natura di avventura
fittizia. Ma perché, con tanta cura della
scena (l'uso delle luci è un prevedibile
trionfo di preziosismi) e del canto, così
poca attenzione per la dizione degli attori e la recitazione delle attrici?
Duellanti - 2009-57-24
Fabio Vittorini