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Economia
Frédéric Bastiat
Sofismi economici
1845-1846
PERCHÉ LEGGERE QUESTO LIBRO
Nell’Europa del diciannovesimo secolo i due grandi centri propulsori del liberalismo sono
l’Inghilterra e la Francia. Nell’isola britannica la Scuola di Manchester di Richard Cobden e
John Bright promuove le virtù del libero scambio, cogliendo anche un importante
successo politico con l’abolizione delle leggi protettive sul grano nel 1846. La stessa
battaglia liberoscambista viene condotta in Francia da numerosi economisti, tra i quali
risplende la meteora di Frédéric Bastiat, che in un arco di tempo molto breve, dal 1844
(anno della pubblicazione del suo primo articolo) fino alla morte nel 1850, riesce a
scrivere una serie rilevantissima di articoli che colpiscono per la chiarezza dello stile e per
il rigore teorico. I Sofismi economici, pubblicati in due volumi nel 1845 e nel 1846,
raccolgono diversi saggi in difesa della libertà economica, e racchiudono la più brillante
critica al protezionismo che sia mai stata scritta
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PUNTI CHIAVE

I liberoscambisti vogliono l’abbondanza dei beni, i protezionisti la scarsità

I desideri dei consumatori sono in armonia con l’interesse generale

I dazi doganali sono ostacoli artificiali che producono lo stesso effetto degli
ostacoli naturali

L’isolamento economico di una nazione prelude alla guerra

Se non ci fosse la spogliazione la società sarebbe perfetta

Dietro ogni sofisma economico si cela un’estorsione
RIASSUNTO
Un maestro del paradosso
Bastiat è convinto che gli argomenti a favore del libero scambio siano troppo forti, e che
per far trionfare la verità basti farli comprendere alla maggioranza delle persone. Per
questa ragione si sforza di essere il più logico e persuasivo possibile. Le difficoltà del suo
compito nascono però dal fatto che i benefici della protezione sono ben visibili, perché
concentrati, mentre i suoi effetti negativi sono poco visibili perché distribuiti sulla massa
delle persone. I vantaggi del protezionismo statale, nota Bastiat, si possono vedere con gli
occhi, mentre i suoi svantaggi si possono cogliere solo con la mente. Questo fatto dà un
vantaggio politico ai sostenitori dell’interventismo statale, perché è più facile mostrare i
disagi che accompagnano le riforme a favore del libero scambio, anziché i benefici finali.
Gli avversari delle liberalizzazioni hanno quindi buon gioco quando si soffermano sulle
sofferenze immediate dovute al ricollocamento dei lavoratori delle industrie non più
protette, «le esagerano, le ingrandiscono, ne fanno il soggetto principale della questione,
le presentano come il risultato esclusivo e definitivo della riforma … I partigiani dell’abuso
citano fatti particolari, nominano le persone, i loro fornitori e i loro operai che saranno
danneggiati, mentre quel povero diavolo di riformatore non può che fare riferimento al
bene generale che deve diffondersi in maniera invisibile fra le masse. Questo non fa, con
grande differenza, lo stesso effetto» (p. 175).
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Per afferrare tutti i benefici della libertà occorre un lungo lavoro d’analisi, che le persone
comuni, compresi i legislatori, spesso non hanno tempo di svolgere. Questo compito
spetta all’economista, il quale non si deve fermare agli effetti immediati di una
determinata causa, ma deve seguirli lungo tutto il concatenamento degli eventi fino agli
effetti finali. Coloro che, al contrario, si fermano agli effetti immediati e ristretti,
riguardanti solo un uomo o una classe di uomini e non l’intera società, non sono buoni
economisti. In altre parole, per comprendere l’economia non basta osservare, ma siamo
costretti a ragionare.
Questo interesse per la logica porta Bastiat a denunciare i sillogismi incompleti, i falsi
ragionamenti e i sofismi di ogni genere, usando di frequente i “casi limite” come mezzo
per illuminare le leggi dell’economia (“Volete giudicare le due dottrine? Provate ad
esagerarle al massimo grado”). Egli si rivela un maestro soprattutto nella tecnica della
reductio ad absurdum, come nella celeberrima “Petizione dei fabbricanti di candele”,
nella quale i produttori di lampade e candele chiedono al governo l’oscuramento della
luce del sole per contrastare la concorrenza sleale di questo concorrente straniero che
offre lo stesso bene a un prezzo imbattibile, cioè gratis. Come fa notare Bastiat, i
protezionisti non possono respingere la spavalda richiesta dei fabbricanti di candele se
non entrando in contraddizione con le teorie che professano.
Abbondanza e scarsità
Bastiat rivolge quindi al pubblico una domanda retorica: per il benessere dell’uomo e
della società, è preferibile l’abbondanza o la scarsità? L’abbondanza, ovviamente. Perché
allora la teoria contraria, favorevole alla scarsità dei beni, è di gran lunga più popolare
nelle conversazioni di piazza, sui giornali e nelle aule legislative? A ben guardare, infatti, le
restrizioni legali al commercio che tanti invocano per questo o quel prodotto hanno «per
scopo manifesto e per effetto riconosciuto quello di provocare il rincaro dei beni, che non
è altro che la rarità dei prodotti» (p. 22).
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All’uomo isolato, spiega Bastiat, non verrebbe mai in mente di sostenere la causa
della scarsità. Lo scambio inerente alla vita sociale, però, complica le cose perché crea
due interessi divergenti, quello del consumatore e quello del produttore. In quanto
consumatore, l’uomo desidera beni abbondanti e a buon mercato; in quanto produttore
vuole la scarsità nel proprio ramo d’industria, che gli permette di vendere a prezzi più alti.
Occorre quindi stabilire quale dei due interessi coincida con l’interesse generale della
società. Per scoprirlo basta domandarsi come sarebbe il mondo se tutti i desideri degli
uomini fossero esauditi.
Come produttori, osserva Bastiat, in cuor nostro facciamo sempre voti antisociali. Un
vignaiolo, ad esempio, sarebbe felice se gelassero tutte le vigne del mondo eccetto la sua.
Ecco dove nasce la teoria favorevole alla scarsità. Se i desideri segreti di tutti i produttori
fossero realizzati, il mondo tornerebbe rapidamente alla barbarie: la vela vieterebbe il
vapore, il remo vieterebbe la vela, che a sua volta sarebbe messa fuori legge dal carro, poi
dal mulo e dal facchino, fino a quando la scarsità di tutte le cose non farebbe sparire
l’uomo dalla faccia della terra. Al contrario, il consumatore può spingere i suoi desideri
fino al massimo, può volere l’infinita abbondanza dei beni a costo zero, senza che i suoi
sogni cessino di essere umanitari. Ne consegue che l’interesse del consumatore è in
perfetta armonia con l’interesse generale. Le leggi dovrebbero prendere la sua parte,
invece di favorire il produttore.
Eliminare o aggiungere ostacoli?
Un secondo sofisma usato dai protezionisti è quello di valutare il lavoro non dal suo
risultato, ma dallo sforzo impiegato. In altre parole, non come un mezzo ma come un fine.
Le limitazioni commerciali hanno infatti come fine manifesto ed effetto riconosciuto
quello di aumentare il lavoro necessario a produrre la stessa quantità di beni. Al tempo di
Bastiat molti uomini politici francesi cercavano di impedire l’arrivo di stoffe a buon
mercato dal Belgio o dall’Inghilterra per farle produrre in patria e dare così lavoro ai
francesi. Bastiat chiama “sisifismo” (da Sisifo, costretto per l’eternità a spingere pesanti
massi su una montagna per vederli poi rotolare a valle e ricominciare da capo) questo
modo di pensare, che confonde gli ostacoli da superare con la causa della ricchezza.
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Nelle attività pratiche, nota Bastiat, nessuno adotta il sisifismo; solo i teorici e i legislatori
la seguono. Bastiat fa l’esempio del signor Bugeaud, agricoltore e deputato, che si
comporta in maniera opposta a seconda che agisca in veste privata o in veste pubblica.
Quando lavora i campi cerca, come tutti i lavoratori, di ottenere il massimo risultato col
minimo sforzo; quando vota le leggi cerca invece di moltiplicare gli sforzi e gli ostacoli per
“dare alimento all’industria”.
In realtà il lavoro aggiuntivo necessario a produrre le stoffe in patria anziché acquistare
quelle straniere, migliori e meno care, è del tutto inutile, come quello di Sisifo. Il libero
scambio non distrugge mai lavoro, ma lo sposta verso altri impieghi più utili. Il risultato
finale è che, a parità di lavoro, gli uomini possono soddisfare un maggior numero di
bisogni.
Il luddismo, cioè l’odio per le nuove tecnologie industriali, si basa sullo stesso errore del
protezionismo. Se fosse vero che le invenzioni creano disoccupazione, dice Bastiat, allora
dovrebbero esserci più opportunità di lavoro tra i selvaggi cherokee o uroni che tra gli
inglesi o i francesi, mentre è vero il contrario. Il luddismo presuppone un’antitesi
irrisolvibile tra la forza mentale e la forza fisica dell’uomo, tra il suo progresso
intellettuale e il suo benessere materiale. Ma per quale motivo, si chiede l’autore dei
Sofismi economici, la natura avrebbe dato all’uomo due facoltà che si distruggono a
vicenda?
Di fatto il protezionismo cerca di intralciare i trasporti delle merci, rendendoli più costosi
o difficoltosi. Una tassa doganale, scrive Bastiat, è come una palude, una frana, una
laguna, un ripido pendio, cioè un ostacolo artificiale che ha lo stesso effetto di un ostacolo
naturale: forzare l’aumento del prezzo, allargando la differenza tra il prezzo di produzione
e quello di consumo. Che senso ha, allora, costruire strade, porti e canali, se poi si
rifiutano i loro benefici? Il contribuente è beffato due volte: prima paga la costruzione di
una nuova via di collegamento, poi paga il dazio per annullare l’utilità dell’opera.
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Fisiologia della spogliazione
Il protezionismo non è solo dannoso, ma è anche ingiusto, perché «disporre per legge dei
consumatori, riservarli al lavoro nazionale, è invadere la loro libertà, è vietare loro
un’azione, lo scambio, che di per sé non ha nulla di contrario alla morale; in una parola, è
far loro ingiustizia» (p. 86). Ciononostante i sostenitori del protezionismo lo ritengono
necessario per salvaguardare l’economia nazionale e la prosperità pubblica. In questo
modo, osserva Bastiat, gli scrittori della scuola protezionista arrivano a questa triste
conclusione: Giustizia e Utilità sono radicalmente incompatibili. Nella loro visione, infatti,
gli uomini possono raggiungere la prosperità solo attraverso l’ingiustizia, la violenza, la
guerra.
Il commercio crea invece una dipendenza reciproca tra le nazioni, perché «noi non
possiamo dipendere dallo straniero, senza che lo straniero dipenda da noi; è questa
l’essenza stessa della società. Rompere delle relazioni naturali non significa mettersi in
uno stato d’indipendenza, ma piuttosto in uno stato d’isolamento» (p. 99). Di solito si
cerca l’indipendenza economica in previsione di una guerra, ma l’atto di isolarsi è già
foriero di conflitti, perché un popolo che non partecipa al commercio non ha altro modo
di procurarsi le risorse se non con la conquista, o spogliazione, degli altri popoli.
Infatti, spiega Bastiat, esistono solo due mezzi per procurarsi le cose necessarie alla vita:
la produzione e lo scambio, oppure la spogliazione. In questo secondo caso si aspetta che
qualcun altro abbia prodotto qualche cosa, per poi strapparglielo con l’inganno o con la
forza. Forme di spogliazione sono i furti, le rapine, le frodi commerciali, le conquiste
militari, i privilegi monopolistici, i dazi, le tasse.
Un’opera di spogliazione particolarmente estesa e sistematica viene esercitata dallo Stato
attraverso l’abuso dei servizi pubblici. Mentre nelle transazioni ordinarie ciascuno rimane
giudice del servizio ricevuto, potendo rifiutare lo scambio o farlo altrove, con lo Stato le
cose cambiano perché «noi siamo sempre costretti ad accettare quelli che ci fornisce, e a
pagarli al prezzo che egli assegna loro» (p. 140). La tattica dello Stato consiste quindi «nel
presentare come servizi effettivi ciò che in realtà non è che un ostacolo; in questo modo
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la nazione non paga per avere dei servizi, ma dei disservizi. I governi, assumendo
proporzioni gigantesche, finiscono per assorbire metà di tutti i redditi» (p. 142). I
governanti, come tutti gli uomini, hanno l’irresistibile tendenza ad esagerare il valore dei
servizi che rendono. L’unico limite a questa pretesa è la libera accettazione o il libero
rifiuto di coloro ai quali questi servizi vengono offerti. Per questa ragione «è meglio
lasciare il maggior numero possibile di servizi nella categoria in cui le parti interessate
commerciano a prezzo dibattuto» (p. 143), cioè offerti dal settore privato.
Ciò che separa l’ordine sociale dalla perfezione, spiega Bastiat, è proprio lo sforzo
costante dei suoi membri di vivere e crescere alle spese gli uni degli altri. Se la
spogliazione non esistesse, la società sarebbe perfetta, e le scienze sociali non avrebbero
molta importanza. Dietro ogni sofisma economico, infatti, si cela sempre un’estorsione,
perché «per derubare il pubblico, occorre ingannarlo. Ingannarlo è convincerlo che viene
derubato per il suo bene; è fargli accettare in cambio dei suoi beni servizi fittizi, e spesso
di peggio» (p. 126). L’utilità dell’economia politica è quindi evidente: è come una fiaccola
che svela gli inganni e dissipa gli errori, distruggendo così le basi della spogliazione, la
fonte maggiore del disordine sociale. Pochi economisti hanno svolto questo compito
meglio di Frédéric Bastiat.
CITAZIONI RILEVANTI
La petizione dei fabbricanti di candele
«Noi sopportiamo l’intollerabile concorrenza di un rivale straniero posto, a quanto pare,
in condizioni talmente superiori alle nostre, riguardo alla produzione della luce, che ne
inonda il nostro mercato nazionale a un prezzo incredibilmente basso … Questo rivale,
altro non è che il Sole ... Noi chiediamo di fare una legge che ordini la chiusura di tutte le
finestre … attraverso le quali la luce del sole è solita penetrare nelle nostre case …
Prevediamo le vostre obiezioni, signori, ma non potreste utilizzarne una sola che non sia
presa dai libri usati dai partigiani della libertà dei commerci … Scegliete, dunque, ma siate
logici: fino a quando respingerete, come fate, il carbone, il ferro, il frumento, i tessuti
stranieri, in maniera proporzionale a quanto il loro prezzo si avvicina a zero, che
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incoerenza sarebbe ammettere la luce del sole, il cui prezzo è zero durante tutto il
giorno?» (p. 53-57).
Ostacoli naturali e ostacoli artificiali
«Perché una cosa, fatta per esempio a Bruxelles, quando è arrivata a Parigi costa più
cara? … ciò dipende dall’esistenza di ostacoli di diversa natura, fra Parigi e Bruxelles. In
primo luogo la distanza … vengono poi i fiumi, le paludi, gli accidenti del terreno, il fango.
Sulle strade vi saranno poi dei ladri … Ora, fra questi ostacoli, ve n’è uno che noi stessi
abbiamo messo, e con grandi spese, fra Bruxelles e Parigi. Sono gli uomini appostati lungo
la frontiera, armati fino ai denti, e incaricati di creare difficoltà al trasporto delle merci fra
un paese e un altro. Si chiamano doganieri … Io mi domando come possa essere entrata
nei nostri cervelli tanta bizzarria da indurci a pagare molti milioni per distruggere gli
ostacoli naturali che si frappongono tra la Francia e l’estero, e pagare allo stesso tempo
molti altri milioni per sostituire ad essi degli ostacoli artificiali che hanno esattamente gli
stessi effetti» (p. 61-62).
Il piccolo arsenale del liberoscambista
«Se vi dicono: “Le altre nazioni hanno su di noi mille vantaggi”. Rispondete: “Col
commercio, esse sono costrette a farvene parte”. Se vi dicono: “Con la libertà, noi saremo
inondati di pane, di manzo, di carbone, e di cappotti”. Rispondete: “Non avremo né fame
né freddo”. Se vi dicono: “Con cosa pagheremo?” Rispondete “La cosa non vi preoccupi.
Se saremo inondati significa che con qualcosa avremo pagato; e se non potremo pagare,
non saremo inondati” ... Se vi dicono: “Anche ammettendo che la protezione sia ingiusta,
tutto si è adeguato a questo sistema; vi sono capitali impegnati, diritti acquisiti: non si
può uscirne senza sofferenze”. Rispondete: “Ogni ingiustizia avvantaggia qualcuno …
Argomentare riguardo ai disagi che la cessazione dell’ingiustizia porterebbe a colui che ne
trae ora vantaggio è come dire che un’ingiustizia, solo perché è stata commessa in un
dato momento, debba continuare per sempre” (p. 245-250).
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L’AUTORE
Fréderic Bastiat (1801-1850) nasce il 29 giugno 1801 a Mugron vicino a Bayonne,
nell’Aquitania (Francia sud−occidentale). Per lunghi anni svolge una tranquilla vita di
intellettuale di provincia, svolgendo l’attività di giudice di pace nel proprio cantone e
frequentando un circolo di studi economici. Nel 1844 scopre le battaglie libero−scambiste
condotte in Inghilterra dalla “Anti-Corn Law League” di Richard Cobden e John Bright, e
rimane folgorato dall’idea di creare anche in Francia un movimento favorevole al libero
commercio. Invia allora uno scritto, intitolato “De l’influences des tarifs français et anglais
sur l’avenir de deux peuples” al prestigioso Journal des Economist. Il successo
dell’articolo, pubblicato nell’ottobre 1844, è immediato. La rivista gli chiede altri scritti, e
Bastiat diventa improvvisamente un autore di fama. Nel 1845 e nell’anno successivo
pubblica le due serie dei Sofismi economici. Nel 1846 partecipa a Bordeaux alla
fondazione dell’Associazione per la libertà degli scambi, e inizia le pubblicazioni del
settimanale “Le libre echange”, di cui sarà direttore fino al febbraio 1848. Nello stesso
anno viene eletto prima all’assemblea costituente e poi in quella legislativa. Siede a
sinistra, ma si dedica a una battaglia su due fronti contro i conservatori protezionisti e
contro i socialisti. Inizia infatti una polemica, destinata a durare fino al marzo del 1850,
con Pierre-Joseph Proudhon sul credito gratuito. Cerca poi di sistematizzare il suo
pensiero con la pubblicazione di un’opera, le Armonie economiche, che raccolga tutte le
sue idee. Riesce però a completare solo il primo volume. Il suo stato di salute purtroppo
peggiora, e gli viene consigliato di trascorrere l’inverno nel clima più mite dell’Italia. In
settembre parte verso l’Italia e soggiorna a Pisa e a Roma, dove muore la vigilia di Natale.
La sua tomba si trova nella navata sinistra della Chiesa di San Luigi dei francesi, a Roma.
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NOTA BIBLIOGRAFICA
Frédéric Bastiat, Sofismi economici, Libreria San Giorgio, Carnago (VA), 2013, a cura di
Michele Liati, p. 274.
La prima versione italiana è: Federigo Bastiat, Sofismi economici, tradotti dal dott.
Antonio Contrucci con aggiunte dell’autore e un discorso del prof. Scialoja, C. P. Onesti
Editore, Firenze, 1847.
Titolo originale: Sophismes économiques
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