La poesia ellenistica - Blog-ER
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La poesia ellenistica In età ellenistica la poesia risente dei profondi mutamenti culturali della società, adattandosi ale richieste dei nuovi committenti, al gusto del nuovo pubblico e alle nuove modalità di fruizione dei testi stessi. Dall'ascolto alla lettura In primo luogo la poesia dalla performance in pubblico in forma di canto o di recitazione accompagnata, legata ad un specifica occasione (festa, rito, spettacolo, simposio), passa ad una fruizione prevalentemente (anche se non esclusivamente) individuale o in piccoli gruppi: in sostanza diventa più oggetto di lettura (sia pure ad alta voce) che di ascolto. Questo riduce fondamentalmente la valenza psicagogica della poesia stessa, che, svincolata dall'occasione pubblica, non è più indirizzata a suscitare l'adesione di un gruppo e a rafforzarne il sentire comune, ma mira piuttosto ad ottenere il consenso intellettuale del lettore attraverso la colta eleganza della sua fattura. Poesia di corte ● Le grandi monarchie ellenistiche diventano i principali protettori e committenti dei poeti, che si presentano come celebratori di professione dei regnanti, anche attraverso arditi collegamenti mitologici. ● Da un lato il poeta appare più libero nei tempi creativi, essendo raramente condizionato da una specifica occasione pubblica, dall'altro deve adeguare la sua poesia alla realtà politica ed ideologica delle monarchia ellenistica e ad un pubblico gravitante attorno ad essa. ● La poesia come arte e dottrina ● La creazione delle grandi biblioteche mette a disposizione dei poeti di corte un repertorio immenso da studiare, citare, imitare ecletticamente, sorvolando disinvoltamente sulla realtà diacronica dei modelli stessi. La citazione dotta, il ricalco, la parodia appaiono come segni distintivi di un gusto colto e raffinato, che non esita a riprendere forme poetiche tradizionali innovandole significativamente, a livello di struttura, estensione, immaginario, lingua ma ne crea anche di completamente nuove. La mitologia La presenza del mito è costante nei poeti ellenistici, sostanzialmente spogliato della sua aura sacrale e ridotto a dotto repertorio mitologico, di cui vengono prescelte le tradizioni secondarie e rare (quando non create ad hoc), specie quelle suscettibili di trattazioni in senso erotico o anche di riletture umoristiche. ● Il realismo ● Accanto ad una poesia dominata dal gusto del meraviglioso, spinto talora al macabro e all'orrido, si afferma una poesia riferita a contesti realistici e quotidiani, sia pure filtrati attraverso una stilizzazione linguistica e formale. Ciò si allinea a quella prevalenza della dimensione individuale su quella pubblica propria dell'ellenismo, che spinge i pensatori dell'epoca a porsi come problema di fondo proprio la ricerca della εὐδαιμονία individuale. Poesia didascalica ● Una parte considerevole delle opere poetiche ellenistiche è costituito da veri e propri trattati scientifici (o pseudoscientifici), che descrivono la natura prescrivendo comportamenti adeguati secondo la tradizione delle Opere e i giorni di Esiodo, ma in forma più precisa ed articolata. ● Basti ricordare i Fenomeni di Arato (III a C.), tradotto anche da Cicerone, e i Rimedi contro i veleni animali (Θηριακά) uniti agli Antidoti (Αλεξιφάρμακα) di Nicandro di Colofone (II a. C.) Αἴτιον ed ἔχφρασις Tipiche del gusto ellenistico sono le poesie di carattere eziologico ed ecfrastico αἴτιον = racconto fondativo di una tradizione (denominazione, rito, usanza), in cui si esprime l'interesse dotto per la raccolta delle leggende locali, in particolare per quelle meno frequentate ἔχφρασις = descrizione di opere d'arte, luoghi, persone, in cui emerge il gusto ellenistico per la commistione delle arti e la loro imitazione reciproca, cfr. l'oraziano ut pictura poësis Callimaco di Cirene ● Figlio di Batto, discendente del mitico fondatore di Cirene (Libia), attivo presso la biblioteca di Alessandria, pur non diventandone mai direttore, è il più prestigioso poeta dell'Ellenismo e colui che più di ogni altro formalizzò a livello teorico i principi della nuova estetica. Le opere integralmente conservate 63 Epigrammi (raccolti nell'Antologia Palatina) 6 Inni (rielaborano il modello omerico) I. A Zeus (in esametri e lingua omerica) II. Ad Apollo (in esametri e lingua omerica) III. Ad Artemide (in esametri e lingua omerica) IV. A Delo (in esametri e lingua omerica) V. Per i lavacri di Pallade (in distici elegiaci e dialetto dorico) VI. A Demetra (in esametri e dialetto dorico) Principali opere frammentarie ● Aἴτια in 4 libri (dopo una I edizione in 2): raccolta di miti fondativi. Restano frammenti fra cui il prologo (invettiva contro i Telchini) e parte della Chioma di Berenice conclusiva dell'opera, che celebra l'identificazione in una costellazione ad opera dell'astronomo Conone di Samo del ricciolo della regina Berenice II, moglie di Tolomeo III Evergete, scomparso dal tempio di Afrodite a Zefirio dove era stato collocato come ex voto (tradotta anche da Catullo fra i carmina docta, n. 66) ● 17 giambi, di vario metro e argomento (eziologico, ecfrastico, favolistico, gnomico-moralistico, letterario), ma di tono meno alto rispetto al poema precedente ● Ècale (Ἑκάλη): epillio incentrato su una vecchia che ospita Tèseo presso Maratona ● Ibis, violento attacco contro un nemico, forse Apollonio Rodio, a cui si ispirò Ovidio per il suo omonimo poemetto. Principi caratterizzanti della sua poesia ποικιλία: varietà formale (ποικίλος = variopinto; cfr la stoà pècile, ποικίλη στοά, il portico dipinto nell'agorà di Atene) πολυείδεια: commistione di generi (da εἶδος, -ους τό “aspetto, forma”; la radice è Fιδ-, da cui l'aoristo εἶδον o il latino video) λεπτότης: sottigliezza (λεπτός = sottile, cfr. il fuoco dell'ode del sublime di Saffo) intesa come leggerezza e raffinatezza (labor limae) ὀλιγοστιχία: numero ridotto di versi (στίχος = verso, da cui “distico”), cfr. il detto a lui attribuito μέγα βιβλίον μέγα κακόν (Ateneo, Deipnosofisti, 2: Καλλίμαχος ὁ γραμματικὸς τὸ μέγα βιβλίον ἴσον ἔλεγεν εἶναι τῷ μεγάλῳ κακῷ) Alcuni testi programmatici di Callimaco 1. Inno ad Apollo, vv. 105-109 (conclusione) ● ● ὁ Φθόνος Ἀπόλλωνος ἐπ᾽ οὔατα λάθριος εἶπεν 'οὐκ ἄγαμαι τὸν ἀοιδὸν ὃς οὐδ᾽ ὅσα πόντος ἀείδει.’ τὸν Φθόνον ὡπόλλων ποδί τ᾽ ἤλασεν ὧδέ τ᾽ ἔειπεν: ' Ἀσσυρίου ποταμοῖο μέγας ῥόος, ἀλλὰ τὰ πολλὰ λύματα γῆς καὶ πολλὸν ἐφ᾽ ὕδατι συρφετὸν ἕλκει. Δηοῖ δ᾽ οὐκ ἀπὸ παντὸς ὕδωρ φορέουσι Μέλισσαι, Ἀλλ᾽ ἥτις καθαρή τε καὶ ἀχράαντος ἀνέρπει πίδακος ἐξ ἱερῆς ὀλίγη λιβὰς ἄκρον ἄωτον.’ χαῖρε ἄναξ: ὁ δὲ Μῶμος, ἵν᾽ ὁ Φθόνος, ἔνθα νέοιτο . L'Invidia sussurrò di nascosto alle orecchie di Apollo: - Non ammiro il poeta che non canta come il mare -. Apollo respinse col piede l'Invidia e così disse: Del fiume assiro grande è la corrente, ma molte impurità della terra e molto fango trascina nell'acqua. Non da ogni parte a Demetra portano acqua le api, ma quella che pura e incontaminata sgorga da una sacra fonte, piccola stilla, limpidezza estrema. Salve, o Signore, e la Maldicenza vada dove è l'Invidia. 2. Prologo degli Aἴτια (frammentario): Accuse dei Telchìni (mitici demoni nemici di Apollo) per non aver svolto un unico poema continuo (ἓν ἄεισμα διηνεκὲς) ma un poema piccino (ἔπος τυτθὸν). A loro Callimaco risponde che il suo essere ὀλιγόστιχος non lo svaluta qualitativamente, visto che anche fra i predecessori le opere migliori sono quelle più brevi. Non bisogna quindi chiedere a lui un poema grandemente reboante (μέγα ψοφέουσα ἀοιδή). Infatti il tuonare non è caratteristica sua, ma di Zeus: “βροντᾶν οὐκ ἐμόν, ἀλλὰ Διός.” Lo stesso Apollo lo invita a nutrire la sua Musa leggera (λεπταλέη) e a non percorrere le vie troppo frequentate, ma i κέλευθοι ἄτριπτοι: ● πρὸς δέ σε καὶ τόδ᾿ ἄνωγα, τὰ μὴ πατέουσιν ἅμαξαι τὰ στείβειν, ἑτέρων δ᾿ ἴχνια μὴ καθ᾿ ὁμά δίφρον ἐλᾶν μηδ᾿ οἷμον ἀνὰ πλατύν, ἀλλὰ κελεύθους ἀτρίπτους, εἰ καὶ στεινοτέρην ἐλάσεις. Inoltre anche questo ti raccomando, di percorrere vie non battute dai carri, e di non condurre il cocchio sulle orme da altri già segnate né lungo una strada ampia, ma per sentieri inusitati, anche se lo spingerai per una via più angusta". 3. Epigramma XXVIII, vv. 1-4 ● Ἐχθαίρω τὸ ποίημα τὸ κυκλικόν, οὐδὲ κελεύθῳ ● χαίρω τίς πολλοὺς ὧδε καὶ ὧδε φέρει, ● μισῶ καὶ περίφοιτον ἐρώμενον, οὐδ᾿ ἀπὸ κρήνης ● πίνω· σικχαίνω πάντα τὰ δημόσια. ● Odio il poema ciclico, né mi piace la via ● che porta molti qua e là; ● odio anche l'amasio di tutti, né alla fontana pubblica ● bevo: disprezzo tutte le cose popolari. Forme poetiche dell'Ellenismo e dell'età imperiale ● ● ● ● ● ● ● Epigramma: poesia breve in distici elegiaci Elegia: componimento in distici elegiaci a carattere narrativo, mitologico, erotico, eziologico (αἴτιον, cioè spiegazione delle origini di una tradizione) Poema epico in esametri, talora di lunghezza inferiore ai modelli arcaici (Apollonio Rodio, III sec.: Argonautiche in 4 libri) o anche superiore (Nonno di Panopoli, V sec. d. C. Dionisiache in 48 libri) Epillio (ἐπύλλιον): breve poemetto di tema epico-mitologico in esametri (es. la perduta Ecale di Callimaco) Idillio (εἰδύλλιον): testo di argomento bucolico prevalentemente in esametri e in dialetto dorico (Teocrito, III sec. a.C. Mosco, Bione, II sec. a. C.) Tragedia (Licofrone, Alessandra, monologo di datazione discussa) Mimo (Mimiambi di Ero[n]da, III sec. a.C.: trasposizione poetica di un genere in origine in prosa) L'epigramma L'espressione più singolare della poesia ellenistica, la cui produzione prosegue ininterrotta anche nell'età bizantina per quasi duemila anni, è costituita dagli epigrammi (brevi poesie) in distici elegiaci, metro di tradizione gnomica (elegia), che permetteva proprio per la struttura in sequenza (moltiplicabile secondo necessità) di esametro + pentametro (il secondo dei quali adatto a sigillare un periodo) l'espressione concisa e penetrante di tematiche quanto mai varie, spesso con arguta pointe (battuta) umoristica finale. I temi Erotici Simposiali Letterari Scoptici o scommatici (attacco ingiurioso verso qualche rivale, da σκῶμμα ingiuria ) Gnomico-moralistico Funerari (compianto rivolto a un defunto, talora come ἐπιτάφιος, iscrizione funebre posta sul sepolcro, dove spesso parla lo stesso defunto rivolgendosi al passante) ecfrastici (ἔχφρασις = descrizione di opere d'arte, luoghi, persone) Indovinelli, talora anche matematici Religiosi (preghiere agli dei, poi anche al Dio cristiano) Le “scuole” ● E' possibile distinguere tre correnti principali dell'epigramma: ● una laconico-peloponnesiaca, realistica, incline all'enfasi retorica (Anite, Nosside, Leonida); ● una ionico-alessandrina, caratterizzata da tematiche eroticosimposiali, massima eleganza e sobrietà formale (Callimaco, Asclepiade, Edilo di Samo, Posidippo, Dioscoride); ● una siriaca, sviluppatasi dopo la perdita dell'indipendenza della Grecia nel 146 a. C., dal carattere retorico e dal pathos sovreccitato (Meleagro, Antipatro di Sidone, Filodemo di Gadara) Gli epigrammisti principali ● Callimaco di Cirene (IV sec. a. C.) ● Leonida di Taranto (320-260 a. C.) ● Asclepiade di Samo (IV-III sec. a. C.) ● Teocrito di Siracusa (315-260 a. C.) ● Posidippo di Pella (310-240 a. C.) ● Meleagro di Gadara (130-60 a. C.) ● Antipatro di Sidone (II sec. a. C.) ● Filodemo di Gadara (I sec. a. C.) ● Gregorio Nazianzeno (329-390 d. C.) ● Pallada di Alessandria (IV-V sec. d.C) ● Agazia Scolastico (536 - 582 c.a) ● Paolo Silenziario (VI sec. d. C.) Alcune poetesse epigrammiste ● Erinna (IV sec. a.C.) ● Anite di Tegea (IV -III sec. a. C.) ● Nosside di Locri (IV -III sec. a. C.) Le “corone” ● Già in età ellenistica abbiamo notizie di tentativi di riordinare gli opera omnia degli elegiaci ● Corona di Meleagro (I sec. a. C.): 47 poeti, ognuno associato ad un fiore, pianta o albero ● Corona di Filippo (I sec. d. C.): 39 poeti, in ordine alfabetico ● Ciclo di Agazia (VI sec. d. C.): 7 libri distinti per argomento Anthologia Palatina codice del X secolo scoperto nel 1606 nella biblioteca dell'Elettore del Palatinato di Heildelberg e oggi smembrato in 2 parti: Palatinus Heidelbergensis gr. 23 (Heildelberg, Bibliotheca Palatina) Parisinus gr. suppl. 384 (Parigi, Bibliothèque nationale de France) 3700 epigrammi per circa 23000 versi (8.000 in più dell'Iliade), suddivisi nella prima edizione a stampa (1813-17) in 15 libri Si ritiene che alla base ci sia una racconta di epigrammi di Costantino Cefala (IX sec.), che avrebbe smembrato le raccolte precedenti. Struttura dell'Antologia Palatina ● Libro I, epigrammi cristiani (IV-X sec.) ● Libro II, ἔχφρασις (descrizione) di statue del ginnasio di Costantinopoli di Cristodoro di Coptos (V sec. d.C.); ● Libro III, epigrammi relativi al tempio della regina Apollonide di Cìzico ● Libro IV, proemi della Corona (Στέφανος) di Meleagro di Gadara (70 a.C. ca.), della Corona di Filippo di Tessalonica; del Ciclo (Κύκλος), di Agazia scolastico, avvocato del VI sec. d.C.; ● Libro V, epigrammi erotici ● Libro VI, epigrammi votivi o anatematici (ἀνάθεμα), che prendono spunto da offerte votive ● Libro VII, epigrammi funebri ● Libro VIII, epigrammi di S. Gregorio di Nazianzio (IV sec.) ● Libro IX, epigrammi epidittici (descrittivi) ● Libro X, epigrammi protreptici ● Libro XI, epigrammi conviviali e scoptici ● Libro XII, epigrammi pederotici (Μοῦσα παιδική di Stratone di Sardi, età adrianea) ● Libro XIII, epigrammi in vari metri ● Libro XIV, epigrammi aritmetici, indovinelli e oracoli ● Libro XV, epigrammi vari Stampata (1494) e diffusa prima della Palatina è l'Anthologia Planudea, una raccolta di ca. 2400 epigrammi (388 assenti nella Palatina) curata dal monaco Massimo Planude (fine XIII secolo), divisa in 7 libri: 1. epigrammi epidittici, 2. simposiaci e scoptici, 3. funerari, 4. ἔχφρασις 5. ἔχφρασις di Cristodoro di Coptos, 6. epigrammi anatematici, 7. epigrammi erotici Il poema epico ● La perdita pressoché totale dei numerosi poemi epici greci composti fra l'Odissea (VIII -VI sec. a. C.) e le Argonautiche di Apollonio Rodio (metà III sec. a.C.) impediscono di valutare l'evoluzione del genere e di misurare l'entità delle novità che quest'ultimo presentava rispetto ai suoi immediati predecessori. E' tuttavia vero che nessun poema epico successivo a quelli omerici ne incrinò comunque il ruolo di perenni pietre di paragone per tutti coloro che si dedicavano a questo genere, tanto più che gran parte degli sforzi dei filologi alessandrini furono proprio rivolti a fissarne il testo e a commentarlo. Ciò vuol dire che il confronto con l'Iliade e l'Odissea, se non esclude quello con opere recentiori, è di fondamentale importanza per misurare il rapporto fra tradizione e novità nell'opera di Apollonio Rodio. Le Argonautiche di Apollonio Rodio ● Sono l'unico poema epico greco superstite fra Omero e le Dionisiache di Nonno di Panopoli (V sec. d. C.). ● Hanno al centro la spedizione degli Argonauti, guidati da Giasone alla conquista del vello d'oro e l'amore fra l'eroe e Medea, figlia di Eeta re della Colchide, il custode del vello. ● Secondo la tradizione Apollonio Rodio (per la biografia vedi la scheda ne presentò una prima versione in una lettura pubblica ad Alessandria che incontrò critiche e lo spinse ad una rielaborazione successiva. La struttura ● ● Il poema si articola in 4 libri mediamente più lunghi di quelli dei poemi omerici, per un totale di 5836 esametri (contro i 12110 dell'Odissea e i 15.688 dell'Iliade) Un'ulteriore divisione è quella data dai tre proemi con invocazione alle muse dei libri I, III e IV che dividono l'opera in 3 sezioni corrispondenti al viaggio verso la Colchide (libri I e II), al soggiorno in Colchide (libro III) e al ritorno in patria dopo la conquista del vello (libro IV). Il precetto aristotelico (Poetica, 1459β): un poema lungo quanto 3 tragedie + 1 dramma satiresco ● Τοῦ μὲν οὖν μήκους ὅρος ἱκανὸς ὁ εἰρημένος: δύνασθαι γὰρ δεῖ συνορᾶσθαι τὴν ἀρχὴν καὶ τὸ τέλος. Εἴη δ᾽ ἂν τοῦτο, εἰ τῶν μὲν ἀρχαίων ἐλάττους αἱ συστάσεις εἶεν, πρὸς δὲ τὸ πλῆθος τραγῳδιῶν τῶν εἰς μίαν ἀκρόασιν τιθεμένων παρήκοιεν. ● Il limite conveniente della lunghezza è quello già detto, giacché si deve poter cogliere con un unico sguardo il principio e la fine. Si avrebbe questo risultato, se le composizioni fossero più brevi di quelle antiche, ma assieme si estendessero quanto l’ampiezza complessiva (τὸ πλῆθος) delle tragedie presentate (τραγῳδιῶν τῶν εἰς μίαν ἀκρόασιν τιθεμένων) per un’unica audizione (εἰς μίαν ἀκρόασιν). Unità di tempo ● Il poema sviluppa un solo argomento, senza analessi o alterazioni della sequenza cronologica degli eventi. ● Tuttavia sono vari gli elementi perturbanti: 1)le frequenti variazioni del ritmo narrativo, cioè del rapporto fra tempo della storia e tempo del racconto (dilatazioni o accelerazioni) 2)Le digressioni eziologiche (αἴτια), con paralleli fra presente e passato 3)Gli interventi in prima persona del narratore. Circolarità ● Il poema si snoda in un percorso circolare, che parte e giunge da Iolco in Tessaglia e che nel viaggio di ritorno, attaverso improbabili collegamenti fluviali fra Istro (Danubio) ed Adriatico, fra Po e Rodano, tocca alcuni luoghi e personaggi omerici, come una sorta di tour letterario (l'isola di Circe, Scilla e Cariddi, l'isola dei Feaci). L'elemento erotico ● ● Elemento di profonda diversità rispetto al modello omerico è la rappresentazione della passione amorosa, di cui Medea è l'esempio. L'amore è visto come forza corrosiva e distruttiva, grave minacca a quell'ἡσυχία (trainquillità) a cui i poeti ellenistici agognano. In questo caso la poesia epico-lirica sfrutta quell'analisi delle passioni dell'uomo che il teatro epico, Euripide in particolare, aveva portato avanti. Teocrito e il genere bucolico ● ● Espressione del desiderio di ἄσυχία è la frequenza di immagini poetiche dedicate al mondo pastorale, che dall'età ellenistica fino all'età bizantina impronta la letteratura in lingua greca, senza dimenticare le propaggini latine. Tramite indiscusso per la diffusione del topos bucolico sono stati gli idilli pastorali del siracusano, ma alessandrino di adozione, Teocrito (III a. C.), che assieme a quelli di ambiente cittadino (mimi urbani), rappresentano la quasi totalità delle opere che ci sono pervenute. Il corpus teocriteo ● ● E' costituito da 30 componimenti poetici di diverso argomento pervenuti sotto il nome di Teocrito, ma solo in parte autografi: la prima raccolta sembre essere stata pubblicata solo postuma. Il nome Εἰδύλλια, diminutivo di εἶδος è quasi sicuramente non originale, ma viene poi impiegato nella storia letteraria come sinonimo di componimento pastorale. Lo stile amebeo Copn il termine ἀμοιβαῖον (legato al verbo ἀμείβομαι “rispondo”) si indica un dialogo poetico fra due personaggi, in genere due pastori-poeti che si sfidano rispondendosi in versi in modo improvvisativo (o pseudoimprovvisativo). ΒΑΤΤΟΣ Εἰπέ μοι, ὦ Κορύδων, τίνος αἱ βόες; Ἦ ῥα Φιλώνδα; ΚΟΡΥΔΩΝ Οὔκ, ἀλλ᾽ Αἴγωνος· βόσκειν δέ μοι αὐτὰς ἔδωκεν. ΒΑ. Ἦ πᾴ ψε κρύβδαν τὰ ποθέσπερα πάσας ἀμέλγεις; ΚΟ. Ἀλλ᾽ ὁ γέρων ὑφίητι τὰ μοσχία κἠμὲ φυλάσσει. ΒΑ. Αὐτὸς δ᾽ ἐς τίν᾽ ἄφαντος ὁ βουκόλος ᾤχετο χώραν; ΚΟ. Οὐκ ἄκουσας; Ἄγων νιν ἐπ᾽ Ἀλφεὸν ᾤχετο Μίλων. ΒΑ. Καὶ πόκα τῆνος ἔλαιον ἐν ὀφθαλμοῖσιν ὀπώπει; ΚΟ. Φαντί νιν Ἡρακλῆϊ βίην καὶ κάρτος ἐρίσδειν. ΒΑ. Κἤμ᾽ ἔφαθ᾽ ἁ μάτηρ Πολυδεύκεος ἦμεν ἀμείνω. ΚΟ. Κᾤχετ᾽ ἔχων σκαπάναν τε καὶ εἴκατι τουτόθε μῆλα. ΒΑ. Πείσαι τοι Μίλων καὶ τὼς λύκος αὐτίκα λυσσῆν. ΚΟ. Ταὶ δαμάλαι δ᾽ αὐτὸν μυκώμεναι ὧδε ποθεῦντι. ΒΑ. Δειλαῖαί γ᾽ αὗται, τὸν βουκόλον ὡς κακὸν εὗρον. ΚΟ. Ἦ μὰν δειλαῖαί γε, καὶ οὐκέτι λῶντι νέμεσθαι. BATTO Corìdone, di chi sono le mucche? Dìmmelo, di Filonda? CORIDONE No, di Egone: me le dette per farle pascolare. BATTO Ma certo, verso sera, di nascosto, tu te le mungi tutte. CORIDONE No, che il vecchio mette sotto i vitelli e mi sorveglia. BATTO E in che paese, fuori della vista, si diresse il bovaro? CORIDONE Non udisti? Con Milone all'Alfeo si dirigeva. BATTO E quando mai quel tale ha visto l'olio con gli occhi suoi? CORIDONE Si dice che gareggi con Eracle per forza e per vigore. BATTO Diceva che ero meglio di Polluce anche di me mia madre. CORIDONE Con la vanga se ne partì di qui e con venti bestie. BATTO Provocherebbe anche la rabbia ai lupi sul momento Milone. CORIDONE Ma muggiscono di rimpianto per lui qui le giovenche. BATTO Che cattivo bovaro che trovarono, povere bestie! CORIDONE Povere davvero, non vogliono nemmeno pascolare! Il locus amoenus ● La poesia di Teocrito lascia in eredità alla letteratura posteriore il vagheggiamento idealizzato di un mondo pastorale, in cui una natura assolata e verdeggiante costituisce lo sfondo per tenzoni poetiche o lamenti individuali. L'iniziazione poetica (Talisie, 42-48) ὣς ἐφάμαν ἐπίταδες: ὁ δ᾽ αἰπόλος ἁδὺ γελάσσας, ‘τάν τοι" ἔφα "κορύναν δωρύττομαι, οὕνεκεν ἐσσὶ πᾶν ἐπ᾽ ἀλαθείᾳ πεπλασμένον ἐκ Διὸς ἔρνος. ὥς μοι καὶ τέκτων μέγ᾽ ἀπέχθεται, ὅστις ἐρευνῇ 45 ἶσον ὄρευς κορυφᾷ τελέσαι δόμον εὐρυμέδοντος, καὶ Μοισᾶν ὄρνιχες, ὅσοι ποτὶ Χῖον ἀοιδὸν ἀντία κοκκύζοντες ἐτώσια μοχθίζοντι. Così io dissi a bella posta; e il capraio, dolcemente ridendo: «Il mio bastone» disse «ti dono, poiché sei tutto formato sulla verità, un rampollo di Zeus. Poiché a me un architetto è fortemente antipatico il quale dica di voler costruire un edifizio raggiungente la cima dell'Oromedonte, e gli uccelli delle Muse che di faccia al cantore di Chio urlando a mo' di cuculi si affaticano invano. ● Pervenuto sotto il nome di Teocrito, ma di dubbia paternità e datazione è il τεχνοπαίγνιον (cioè “gioco d'arte”) Σύριγξ, un calligramma che imita attraverso la lunghezza decrescente dei versi la struttura di un flauto di Pan (siringa)