Richiedentiasilo,difendere legaranzielegalidell`appello

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Richiedentiasilo,difendere legaranzielegalidell`appello
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LIBERTÀ
domenica 25 settembre 2016
Dignità
«Richiedenti asilo, difendere
le garanzie legali dell’appello»
Piacenza
nona edizione
Il giudice Spataro: dignità è coerenza, non si tratta sui principi irrinunciabili
■ Il suo cantautore preferito è
Bob Dylan, citato davanti al nutrito pubblico di Palazzo Galli
per la canzone Dignity. Il suo
scrittore preferito è Javier Cercas, citato per il romanzo Il punto cieco. E partendo proprio da
qui, il magistrato Armando Spataro fa suo il personaggio dell’uomo che dice “no”, in quel dire controcorente, se lucido, se in
accordo con ciò che si pensa,
contro l’opinione dei più, l’uomo che dice “no” «preserva la dignità collettiva». E questo “no”
ha forse a che fare con il prossimo referendum costituzionale?
Spataro sorride e pronuncia un
sonoro “sì”. Finisce così un incontro molto brillante, moderato dal giornalista del Corsera Luigi Ferrarella, con il procuratore
della Repubblica del tribunale di
Torino, già coordinatore di un
Gruppo specializzato dell’antiterrorismo, ex segretario nazionale del Movimento per la giustizia, una delle correnti di sinistra dell’Associazione nazionale
magistrati che fondò nel 1988 insieme a Giovanni Falcone («anche per contrastare le degenerazioni correntizie dell’Anm»).
Spataro è a Piacenza per discutere su un tema di metafisica
complessità: La giustizia è uguale per tutti? Per lui la dignità ha
subito un retrogusto di attualità
politica: «La dignità si associa
per me alla coerenza di non
cambiare posizione sui principi
irrinunciabili. Si legge dell’esigenza di riforme condivise - prosegue - frutto di compromessi
che smussano qui e lì e rendono
traballanti i principi, non voglio
sentirne parlare».
E da Dylan a Tocqueville a Zagrebelsky, il magistrato ritiene la
solidiarietà una giustizia sociale.
Non c’è consonanza con la posizione di chi pensa che si debbano drasticamente tagliare i passaggi di garanzia e l’appello per i
richiedenti asilo. «Molti giudici
invocano il legislatore perché abolisca l’appello per motivi pratico-logistici, i giudici non ce la
fanno ad esaminare le tantissime domande in tempi normali,
le persone restano in Italia e pe-
sano sulle casse dello Stato». Ma
tanti altri si stanno organizzando
per proporre un testo che non
«rinunci alle garanzie del sistema di giustizia, un nostro patrimonio». I terroristi nascosti tra i
migranti? «Balle, non c’è una sola evidenza, chi vuol farsi esplodere non va su un barcone con il
rischio di annegare nel Mediterraneo».
Spataro ha posizioni molto garantiste, le si coglie quando arriva a parlare dell’ex Imam Abu O-
“
I terroristi nascosti tra i
migranti? Balle, non c’è
una sola evidenza...»
ARMANDO SPATARO
mar, di cui si occupò processualmente. Anche l’indagato, che
sarà poi condannato, ha un nocciolo di dignità che gli va preservata. Bene che la Corte Europea
dei diritti umani abbia condan-
nato l’Italia per il suo rapimento
e detenzione illegale.
C’è una giustizia di serie A e di
serie B? «Sarebbe imbarazzante,
ci sono vizi incredibili, giudici
che cercano risonanza mediati-
ca, chi fa il moralizzatore». Ma i
tempi brevi della giustizia a Bolzano sono imparagonabili a
quelli di Catanzaro, diverso è il
panorama di legalità. Spataro a
Torino ha creato una sezione
che tratta i casi semplici e seriali,
tipo furti al supermercato o ubriachi alla guida. I tribunali
però sono gravati da vuoti di organico «pazzeschi», hanno migliaia di fascicoli in attesa di prescrizione «criticità che rischiano
di compromettere la credibilità
della magistratura». Tocca anche
al giudice selezionare le priorità.
Infine una battuta sulle intercettazioni, Spataro ha costituito un
gruppo con linee guida: «Si depositano e quando si depositano
cade la segretezza. Lo dice la legge. Ma dico ai colleghi, prima di
depositare agli atti si tolgano le
telefonate inutilizzabili e quelle
che violano il codice della privacy su religione, orientamenti
politici, sessuali e salute».
Patrizia Soffientini
Gli alunni della scuola Giordani e gli studenti del liceo Gioia protagonisti del progetto Erodoto racconta-storie
l’ideA vincente che hA unito Alunni dellA scuolA giordAni con liceAli del clAssico gioiA
■ Che cos’è il Festival del di-
ritto? «Tre giorni in cui la città si
ferma per riflettere sui problemi
della società». Risponde così uno degli studenti coinvolti nel
progetto “Erodoto racconta-storie”, che ha visto lavorare insieme studenti della IVª B del liceo
classico Gioia e alunni della IVª
C della primaria Giordani. I risultati di un anno di percorso,
promosso e seguito dalle insegnanti Annalisa Trabacchi del
Gioia e Elda Balletti e Danila Tagliaferri della scuola Giordani,
sono stati illustrati ieri ai Teatini.
L’ottima presentarice Martina in
tandem con il piccolo Filippo
(Mentana del futuro) accompagnati musicalmente da Maristella, hanno illustrato i passaggi es-
Erodoto racconta storie: il progetto
di squadra che rispetta la dignità di tutti
senziali, attraverso interventi e
immagini, dell’esperienza vissuta. A spiegarne il senso le stesse
docenti. «La lettura ad alta voce
- ha detto Tagliaferri - è una modalità che ci arriva dal tempo antico ma che è sempre valida e
trasmette ai bambini l’amore alla lettura». In cattedra si sono alternati bambini di quinta e genitori, poi è scattata l’idea di
mettere insieme generazioni di
giovanissimi appartemente distanti anni luce. «Con sorpresa
abbiamo scoperto che si può la-
vorare bene insieme» raccontano oggi i ragazzi che hanno sperimentato la dignità nel rispetto
delle differenze di età e talenti.
Quali storie raccontare? «Abbiamo scelto Erodoto - ha detto la
Trabacchi - perché è una miniera. E siamo partiti da quello che
si fa in un liceo classico: tradurre
i testi che sono stati poi adattati
ad un pubblico di bambini di otto anni». Poi la lettura, la preparazione di cartelloni e l’emozione, condivisa, di una narrazione
a più voci che è diventata anche
laboratorio teatrale.
Piccoli e grandi, nel video
montato dall’ex alunno Nicola
Crippa, salutano elencando con
slancio le lettere dell’alfabeto
greco. Dall’alfa all’omega, inizio
e fine, ci lasciano una lezione di
dignità. In tutti i sensi. «Si è trattato - ha detto l’insegnante Balletti - di un progetto a costo zero
basato sull’amore per la professione. La scuola ha la sua dignità, dovrebbe poter contare su
maggiori finanziamenti».
Paola Romanini
A cAffexpò il ricercAtore MAtteo Andreozzi, l’esperto in biotecnologie roberto defez, lA giuristA beAtrice lA portA, ModerAti dA ettore cArpi
■ Le piante hanno dignità e
possiamo dare spazio a un sistema bio-centrico, in cui il mondo
vegetale sia considerato non più
solo in senso utilitaristico? Su
questa domanda si è articolato il
secondo incontro di Caffexpò, anche ieri particolarmente affollato
e che non ha deluso le aspettative.
In “campo” 4 esperti: Beatrice La
Porta, giurista e dottoranda di Agrisystem; Matteo Andreozzi, ricercatore all’Università di Milano,
esperto in etica ambientale; Roberto Defez, direttore del laboratorio di Biotecnologie microbiche
del Cnr di Napoli. L’incontro è
stato coordinato da Miriam Bisagni di Piace Cibo Sano, e moderato da Ettore Capri, dell’Università
Cattolica. E’ stato lui ha dare un
taglio informativo-brillante alla
conferenza, “confessando” di aver preso spunto per il tema da
Crozza e dalle sue scuse all’insalata prima di addentarla. «Da 20
anni lavoriamo al welfare delle
piante - ha esordito - con fine de-
«Lepiantehannovita,ec’èchiriconoscedignità»
Dai test “sensoriali” alla speculazione filosofica: curiosità nell’incontro con 4 esperti
terministico, guardando al rendimento e considerandole organismi a-sensoriali, ma i grandi filosofi del passato avevano in realtà
una visione olistica». E la giovane
giurista ha aperto uno spiraglio:
«La Costituzione elvetica, articolo
120, riconosce espressamente dignità alle piante. In particolare
vieta esperimenti che procurino
loro dolore e che riducano geneticamente la loro possibilità di riprodursi». Non solo vita, dunque,
ma dignità. «L’esperimento di
un’università giapponese deve
farci riflettere - continua - E’ stato
dimostrato che muffe gialle, organismi unicellulari che si uniscono
e sono “golose” di avena, si sono
mosse per raggiungere fiocchi di
avena disposti come la metropo-
litana di Tokyo».
da con la tesi, cui ha fatto cenno
Roberto Defez ha puntualizza- La Porta, secondo la quale le pianto come il tema scelto, “La dignità te hanno una memoria molto
del mondo vegetale e il rapporto lunga: esempio una specie vegecontroverso dell’uomo con le tale che se avvicinata dalla gazzelpiante”, sia cala, che se ne ciba,
duto in un gioremette feromoni
no
speciale: costituzione elvetica che attirano il
«Proprio ieri la «Vietati esperimenti
suo predatore, linotizia dagli Uberandosi così
sa che l’azienda “dolorosi” e che riducano
del pericolo. Ma
Monsanto, ap- la possibilità di riprodursi» avverte: «Non
pena “inghiottiantropomorfizta” da Bayer, ha
ziamo le piante,
annunciato di aver preso un bre- assimilandole a caratteristiche uveto per fare test molto sofisticati, mane. Ovviamente possiamo poma non cade la moratoria su e- tarle, anche perchè in caso consperimenti che rendano sterili le trario si perdono». Vita sì, ma dipiante. La tecnologia per farlo c’è gnità? Risponde senza esitazione
da 30 anni, ma è vietata la sua Andreozzi, filosofo della scienza
commercializzazione». E concor- ed etica ambientale. «Da un pun-
to di vista filosofico non si può
parlare di dignità e diritti delle
piante, ma di doveri nei loro confronti, tra cui il rispetto. Tra le
proprietà che danno valore, c’è
infatti l’essere in vita, e questo
non si può negare. Si può discutere di uno status morale del
mondo vegetale, animato ma non
senziente». La risposta a stretto
giro arriva dalla giurista, che porta
come esempio sotto il profilo legale il paradoso della cocciniglia:
«E’ un animale, ma viene trattata
come una pianta, da cui si ricava
il colore rosso». E si spinge a ipotizzare l’applicazione del concetto di essere senziente alle piante,
ricordando il test sulla memoria
fatto sulla mimosa, che chiude le
foglie in presenza di pericolo.
«Con un bastone veniva colpito il
vaso, senza toccarla, dopo la settima volta la mimosa non le ha
più chiuse, “memorizzando” il
non pericolo, e ricordandolo anche due mesi dopo, nel test di
controllo». Le piante, è dimostrato, percepiscono altre piante ed animali, e mettono in atto meccanismi reattivi. Darwin parlò del
“cervello delle piante”, e il ricercatore Defez non esclude che si