domenica 15 gennaio 2017
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domenica 15 gennaio 2017
Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum Anno CLVII n. 11 (47.445) POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano domenica 15 gennaio 2017 . Papa Francesco denuncia i mali di una globalizzazione irresponsabile Nel documento preparatorio del prossimo sinodo Quando si ignora la miseria Le difficoltà di una scelta definitiva I rischi paventati da Giovanni Paolo II si sono ampiamente verificati di LUCETTA SCARAFFIA «Coloro che causano o permettono lo scarto degli altri» diventano essi stessi «macchine senza anima, accettando implicitamente il principio che anche loro, prima o poi, verranno scartati». È da questo effetto “boomerang” che Papa Francesco ha voluto mettere in guardia la società contemporanea, parlando sabato mattina, 14 gennaio, a una delegazione della Global Foundation. Nel suo discorso il Pontefice ha denunciato come «inaccettabile, perché disumano, un sistema economico che scarta uomini, donne e bambini, per il fatto che questi sembrano non essere più utili secondo i criteri di redditività delle aziende o di altre organizzazioni». Del resto, ha aggiunto, «proprio questo scarto delle persone costituisce il regresso e la disumanizzazione» di ogni sistema politico ed economico che mette «al centro il dio denaro». Da qui l’invito a usare «intelligenza» e «risorse» per «risanare i mali prodotti da una globalizzazione irresponsabile». Riuniti a Roma per una tavola rotonda volta «a individuare le vie giuste, capaci di condurre a una globalizzazione “cooperativa” cioè positiva, opposta alla globalizzazione dell’indifferenza», i membri della fondazione — ha spiegato il Papa — sono chiamati a dare il loro contributo affinché «istituzioni, aziende e rappresentanti della società civile» possano «raggiungere effettivamente gli obiettivi e obblighi internazionali solennemente dichiarati e assunti, come quelli dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile». Già Giovanni Paolo II nel 1991 — ha ricordato Francesco — «di fronte al crollo di sistemi politici oppressivi e alla progressiva integrazione dei mercati, avvertiva il rischio che si diffondesse ovunque l’ideologia capitalistica». E purtroppo, ha constatato il Papa, «i rischi paventati si sono ampiamente verificati». Eppure nello stesso tempo, ha rimarcato, si sono anche «sviluppati e attuati tanti sforzi di individui e di istituzioni» nella direzione inversa. Lo testimonia l’esempio di Teresa di Calcutta, che «rappresenta e riassume tali sforzi». PAGINA 8 Misura reintrodotta in Ungheria Richiedenti asilo detenuti Udienza del Papa al presidente Mahmoud Abbas Per la pace in Medio oriente Nella mattina di sabato 14 gennaio, Papa Francesco ha ricevuto in udienza il presidente dello Stato di Palestina, Sua Eccellenza il Signor Mahmoud Abbas, il quale successivamente ha incontrato il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, accompagnato dall’arcivescovo Paul Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati. Nel corso dei cordiali colloqui si sono rilevati anzitutto i buoni rapporti esistenti tra la Santa Sede e la Palestina, suggellati dall’Accordo globale del 2015, che riguarda aspetti essenziali della vita e dell’attività della Chiesa nella società palestinese. In tale contesto, si è ricordato l’importante contributo dei cattolici in favore della promozione della dignità umana e in aiuto dei più bisognosi, particolarmente nei campi dell’educazione, della salute e dell’assistenza. Ci si è quindi soffermati sul processo di pace in Medio oriente, esprimendo la speranza che si possano riprendere i negoziati diretti tra le parti per giungere alla fine della violenza che causa inaccettabili sofferenze alle popolazioni civili e a una soluzione giusta e duratura. A tale scopo, si è auspicato che, con il sostegno della comunità internazionale, si intraprendano misure che favoriscano la reciproca fiducia e contribuiscano a creare un clima che permetta di prendere decisioni coraggiose in favore della pace. Non si è mancato di ricordare l’importanza della salvaguardia del carattere sacro dei Luoghi santi per i credenti di tutte e tre le religioni abramitiche. Particolare attenzione è stata infine dedicata agli altri conflitti che affliggono la regione. Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza Sua Eccellenza il Signor Mahmoud Abbas, Presidente dello Stato di Palestina, e Seguito. y(7HA3J1*QSSKKM( +/!z!#!#!\! Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza l’Eminentissimo Signor Cardinale Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi. Il Santo Padre ha nominato Membro della Congregazione per la Dottrina della Fede l’Eminentissimo Signor Cardinale Sean Patrick O’Malley, Arcivescovo di Boston (Stati Uniti d’America), Presidente della Pontificia Commissione per la tutela dei minori. Il Santo Padre ha nominato Membri della Pontificia Commissione per l’Ame- Un giovane migrante a Belgado (Afp) BRUXELLES, 14. Mentre in Europa fa discutere la decisione del primo ministro dell’Ungheria, Viktor Orbán, di mettere in detenzione tutti i migranti irregolari, anche quelli che chiedono legittimamente asilo, nel Mediterraneo si continua a morire: tre migranti sono stati trovati senza vita su barconi nel Canale di Sicilia. Alla Magyar Ràdio, l’emittente radiofonica pubblica ungherese, Orbán ha parlato di «esigenza di difendere l’Europa dalla minaccia del terrorismo islamista» e ha spiegato che ripristinerà la misura di detenzione, prevista durante tutta la durata di esame della richiesta di asilo, che era stata sospesa nel 2013, dopo le pressioni dell’Unione europea, della Corte europea dei diritti dell’uomo e delle Nazioni Unite. Il primo ministro ungherese ha affermato che da allora in Europa ci sono stati sanguinosi attentati e, dunque, sulle regole internazionali e dell’Europa, liberamente accettate da Budapest, «deve prevalere l’interesse della autodifesa del paese». In particolare, Orbán ha affermato di «aver reintrodotto la pratica della custodia cautelare nei casi di coloro le cui domande d’ingresso in Europa non abbiano ancora avuto un esito legale» perché, a suo parere «l’emergenza migrazione non diminuirà a breve e, dunque, l’Ungheria non può affidarsi a una soluzione qualunque che venga dalla Ue». E in sostanza Orbán ha chiarito che Budapest non farà entrare nel suo territorio i migranti che rischiano di morire assiderati al confine serbo. All’inizio dell’estate 2015, il governo ungherese ha dato il via alla costruzione della barriera di filo spinato e di lame di rasoio al confine, per blindare le sue frontiere che sono un limite esterno dello spazio europeo aperto di Schengen. Intanto, in queste ore sono sbarcate sulle coste italiane 550 persone salvate in mare in diverse operazioni di soccorso. Tre migranti versano in gravi condizioni, tra cui una donna incinta. Si trovavano sullo stesso barcone sul quale sono stati individuati i tre corpi senza vita. Nella Repubblica Democratica del Congo Una Chiesa che sa mediare PAGINA 3 on la scelta del tema del prossimo sinodo, incentrato sui giovani e sulla loro scelta di una vocazione di vita, Papa Francesco, ancora una volta dopo le assemblee sulla famiglia, dimostra di saper cogliere le necessità del mondo in cui vive e di andare incontro con proposte innovative alle difficoltà delle società. Mai come oggi, infatti, le nuove generazioni sono in difficoltà nello scegliere la propria vita, anche in contesti di benessere economico e di libertà; anzi, sembra che proprio queste due condizioni siano fonte di disorientamento più che di fiducia nel futuro e di volontà di lasciare un segno nel proprio tempo. E giustamente il documento preparatorio del sinodo individua il nucleo di questa difficoltà proprio nell’incapacità di decidere, affermando che «non si può rimanere all’infinito nell’indeterminazione». Chi sta accanto ai giovani ha quindi soprattutto il compito di aiutarli a rischiare e a compiere scelte coraggiose per cercare di mantenere fede al progetto di vita sognato e iniziato. Alle radici di questa debolezza nella scelta di una vocazione vi è senza dubbio il collasso del sistema scolastico, ormai evidente in tutti i paesi occidentali e che non sa più preparare i giovani a sforzi prolungati in vista di obiettivi di lungo periodo. La possibilità di avere tutto subito, infatti, è dilagata in ogni ambito della vita, accentuando un atteggiamento che ha molti aspetti in comune con il consumismo. Un altro aspetto decisamente positivo, e del tutto nuovo in un documento di tale natura, è l’attenzione costante alla differenza fra donne e uomini nel vivere gli stessi fenomeni. Per ben tre volte infatti si sottolinea che i problemi delle donne sono sempre più gravi. «Per le giovani donne questi ostacoli sono normalmente ancora più ardui da superare» si legge; poi «spesso le bambine, le ragazze e le giovani donne devono affrontare difficoltà ancora maggiori rispetto ai loro coetanei»; e «infine non possiamo dimenticare la differenza tra il genere maschile e quello femminile: da una parte essa determina una diversa sensibilità, dall’altra è origine di forme di dominio, esclusione e discriminazione di cui tutte le società hanno bisogno di liberarsi». Osservazioni quanto mai pertinenti, perché chi paga più caro il prezzo di questa indeterminatezza nel decidere il futuro sono le giovani donne, almeno per quanto riguarda la procreazione. Infatti, mentre per loro l’orologio biologico impone scelte in un tempo determinato e abbastanza ristretto — che non tiene conto della dilatazione della gioventù che le società avanzate stanno vivendo — il pro- C NOSTRE INFORMAZIONI rica Latina gli Eminentissimi Signori Cardinali: Baltazar Enrique Porras Cardozo, Arcivescovo di Mérida (Venezuela); Sérgio da Rocha, Arcivescovo di Brasilía (Brasile); Carlos Aguiar Retes, Arcivescovo di Tlalnepantla (Messico). Il Santo Padre ha annoverato tra i Consultori della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti i Reverendi: Monsignor Giovanni Di Napoli, Docente di liturgia alla Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, Sezione San Luigi di Napoli, e al Seminario di Salerno, Segretario del Centro di Azione Liturgica; Claudio Magnoli, Docente di Liturgia presso la Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale, Responsabile Servizio per la Pastorale Li- turgica dell’Arcidiocesi di Milano, Preside del Pontificio Istituto Ambrosiano di Musica Sacra; Monsignor Vincenzo De Gregorio, Preside del Pontificio Istituto di Musica Sacra; Monsignor Massimo Palombella, S.D.B., Maestro Direttore della Cappella Musicale Pontificia; José Luis Gutiérrez Martín, della Prelatura dell’Opus Dei, Direttore dell’Istituto di Liturgia della Pontificia Università della Santa Croce in Roma; Padre Marko Rupnik, S.I., Docente di arte liturgica presso il Pontificio Istituto Liturgico, Direttore del Centro Aletti di Roma; Monsignor Bruce Edward Harbert, già Docente di Liturgia e Teologia Sacramentaria, Parroco; Jaume Gonzáles Padrós, Direttore dell’Istituto Superiore di Liturgia di Barcelona; Padre Olivier- Marie Sarr, O.S.B., Docente al Pontificio Istituto Liturgico Sant’Anselmo in Roma; Elias Frank, Docente di diritto liturgico presso la Pontificia Università Urbaniana; Monsignor Patrick Chauvet, Docente di Teologia, Arciprete della Cattedrale Notre Dame in Parigi; Padre Robert McCulloch, S.S.C.M.E., Procuratore Generale della Società di San Colombano per le Missioni Estere; Padre Olivier-Thomas Venard, O.P., Vice Direttore dell’«Ecole biblique et archéologique française de Jérusalem»; Marc-Aeilko Aris, Docente alla Ludwig-Maximilian-Universität in München; Professoressa Donna Lynn Orsuto, Docente all’Istituto di Spiritualità della Pontificia Università Gregoriana, alla Pontificia Università San Tommaso d’Aquino e blema non si pone per i ragazzi. Quindi, almeno per questo aspetto, anche la modernità, in genere così favorevole all’uguaglianza fra i sessi, provoca una nuova ragione di disuguaglianza a danno delle donne, che incontrano sempre maggiori difficoltà ad avere un figlio. Indicare come uno dei principali nodi da affrontare proprio questa difficoltà a fare scelte definitive costituisce dunque uno dei grandi meriti del documento. Bisogna però anche ricordare che uno dei problemi più gravi che devono affrontare i giovani che si riconoscono nella Chiesa o che si stanno avvicinando a essa è quello della forte differenza che esiste fra la pratica sessuale prevalente e le regole della morale cattolica. Un giovane cattolico rischia, in molte occasioni, di sentirsi veramente un “diverso” e trova molte difficoltà nello spiegare una scelta che lo pone spesso ai margini della comunità dei coetanei. Come nei sinodi sulla famiglia, anche in questa occasione la Chiesa si deve confrontare con una questione — quella sessuale — che la pone in netto contrasto con la società moderna. Non è certo la prima volta; e la ricchezza della tradizione cristiana, insieme con la realtà che oggi rivela una profonda crisi di ciò che resta della rivoluzione sessuale, possono rendere meno duro il confronto. Ma a condizione che il problema venga affrontato, e non solo dal punto di vista teologico, e che soprattutto lo si faccia coinvolgendo le donne, le quali non accettano più che degli uomini parlino al posto loro. È morto il cardinale Agustoni PAGINA 7 all’Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia, CoFondatrice e Direttore del «The Lay Centre al Foyer Unitas» in Roma; Dottoressa Valeria Trapani, Docente di Liturgia presso la Facoltà Teologica di Sicilia San Giovanni Evangelista di Palermo, Membro della Commissione Liturgica Diocesana di Palermo; Dottor Adelindo Giuliani, Addetto presso l’Ufficio Liturgico del Vicariato di Roma. Dalle Chiese Orientali Il Sinodo dei Vescovi della Chiesa Arcivescovile Maggiore Siro-Malabarese, con previo assenso del Santo Padre, ha eletto Vescovo Ausiliare dell’Arcieparchia di Changanacherry (India) il Reverendo Sacerdote Thomas (Tomy) Tharayil, al quale è stata assegnata la Sede titolare Vescovile di Agrippia. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 domenica 15 gennaio 2017 Abitanti di Damasco si riforniscono d’acqua (Reuters) Via le sanzioni a Mosca e incontro con Putin Trump pronto a un nuovo corso WASHINGTON, 14. Se la Russia avrà un atteggiamento «disponibile» gli Stati Uniti sono pronti a cancellare le sanzioni contro Mosca. È quanto ha lasciato intendere il presidente eletto Donald Trump in un’intervista al «Wall Street Journal». Le sanzioni contro Mosca, ha detto, verranno mantenute «almeno per un certo periodo», ma, ha aggiunto, «se andremo d’accordo e se la Russia ci aiuterà veramente, perché dovremmo tenere le sanzioni?». Trump si è anche detto disponibile a incontrare il presidente russo, Vladimir Putin, nei prossimi mesi. «Per me va benissimo», ha affermato. Nel frattempo, il senato statunitense avvierà un’indagine per verificare l’esistenza di presunti legami tra la Russia e persone associate alle campagne politiche per le presidenziali. A indagare sarà la commissione intelligence, nell’ambito di un’inchiesta più ampia volta ad appurare eventuali interferenze di Mosca sul voto dello scorso novembre. La decisione nasce dalla necessità di fare chiarezza soprattutto sui sospetti contatti tra il Cremlino e uomini dell’entourage del presidente eletto Donald Trump. Ma, intanto, la camera dei rappresentanti, dopo il senato, ha approvato una risoluzione sul budget che di fatto rappresenta il primo passo verso l’abrogazione della Obamacare. Il presidente uscente per gran parte dei suoi due mandati ha visto schierarsi la maggioranza del congresso contro la sua riforma sanitaria. Di fatto il voto segna l’inizio dell’era di Donald Trump, che a differenza di Obama comincerà la sua avventura alla Casa Bianca forte di una solida maggioranza repubblicana a Capitol Hill. «L’Obamacare sarà presto storia», apparterrà al passato, aveva scritto poche ore prima su Twitter lo stesso Trump, facendo un gioco di parole tra Affordable (“accessibile”) Care Act e Unaffordable (“troppo costoso”) Care Act. Il testo approvato consentirà ai repubblicani di abolire la riforma con la sola maggioranza semplice al senato, evitando così lo scenario di un ostruzionismo da parte dei democratici. Inoltre la risoluzione prevede l’istituzione di quattro commissioni di camera e senato per redigere una nuova riforma sanitaria. «Siamo di fronte a un passo fondamentale», ha esultato lo speaker della camera dei rappresentanti, Paul Ryan, uno dei più fieri oppositori della riforma sanitaria entrata in vigore nel 2010. Ma al di là dell’esultanza i repubblicani si trovano ora a un bivio. Manca per ora, infatti, una alternativa alla Obamacare. E il partito è in realtà diviso al suo interno sulla necessità di andare così velocemente verso l’azzeramento della riforma, non essendo ancora stato trovato un accordo sulle nuove norme da mettere in campo. Il timore è che possa crearsi un vuoto a discapito di milioni di assicurati, che in assenza di norme e in attesa di una nuova legislazione potrebbero perdere la copertura. Quanto paga Moody’s per la crisi NEW YORK, 14. Moody’s, l’agenzia internazionale di rating, ha patteggiato il pagamento di circa 864 milioni di dollari alle autorità federali e statali degli Stati Uniti per porre fine all’inchiesta scaturita dall’accusa di aver gonfiato i mutui ipotecari rischiosi negli anni che hanno portato alla grave crisi finanziaria del 2008-2009. Moody’s, insieme con le altre due grandi agenzie di rating internazionali Standard & Poor’s e Fitch, è stata accusata di aver favorito il terremoto finanziario partito dai mutui subprime, per il fatto di aver assegnato un basso indice di rischio a titoli che erano invece molto rischiosi. Lo avrebbe fatto a fronte di commissioni molto vantaggiose da incassare. A muovere per primo la causa contro l’agenzia è stato lo stato del Connecticut nel 2010. Da parte sua, Moody’s ha riconosciuto di non aver seguito i suoi standard di giudizio. Nel 2015, Standard and Poor’s ha pagato una sanzione di 1,375 miliardi di dollari per chiudere l’inchiesta penale federale, che aveva avanzato una richiesta di sanzione per cinque miliardi di dollari. Nel caso dell’agenzia internazionale Moody’s non si è mai arrivati all’inchiesta federale. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va Gli Stati Uniti invitati ai prossimi negoziati ad Astana sulla crisi siriana Per una soluzione politica DAMASCO, 14. Fino a oggi l’amministrazione Obama era stata esclusa dall’iniziativa di Mosca sui negoziati di pace sulla Siria, mentre la partecipazione dell’amministrazione di Donald Trump, soprattutto se sarà raggiunto un accordo, potrebbe rappresentare un primo passo per il rafforzamento della cooperazione tra Russia e Stati Uniti dopo anni di rapporti tornati quasi ai livelli della fine della guerra fredda. Mosca ha infatti invitato l’amministrazione Trump, che si insedierà Va avanti il dialogo per riunificare Cipro alla Casa Bianca il prossimo 20 gennaio, al tavolo di pace sulla Siria con la Turchia e l’Iran. Lo rivela il «Washington Post», citando fonti del team di transizione. L’invito sarebbe arrivato tramite l’ambasciatore russo a Washington, Serghiei Kislak, che lo scorso 28 dicembre avrebbe chiamato Micheal Flynn, scelto da Trump come consigliere per la sicurezza nazionale. Anche il ministro degli esteri turco, Mevlüt Çavusoğlu, ha affermato che ai prossimi colloqui di Astana per cercare una «soluzione politica in Siria, gli Stati Uniti dovrebbero assolutamente essere invitati e su questo siamo d’accordo con la Russia». Il capo della diplomazia di Ankara ha aggiunto che «nessuno può ignorare il ruolo degli Stati Uniti». La conferenza di Astana sulla Siria del 23 di questo mese si propone come obiettivi quelli di «consolidare il cessate il fuoco in una tregua sostenibile e a lungo termine e di proseguire la lotta contro i gruppi terroristici». L’appuntamento «potrà an- Si apre a Parigi con la defezione di Israele Conferenza sulla pace nel Vicino oriente GINEVRA, 14. Il negoziato sulla riunificazione dell’isola di Cipro va avanti, anche se a fatica. È questa la conclusione dei colloqui che si sono svolti ieri a Ginevra sotto l’egida delle Nazioni Unite: i paesi garanti della sicurezza (Grecia, Regno Unito e Turchia) si sono dati appuntamento con le parti la prossima settimana. Prosegue una delle più lunghe trattative diplomatiche del dopoguerra, che dovrebbe portare a far cadere i muri tra la Repubblica di Cipro, riconosciuta dalla comunità internazionale, e la cosiddetta Repubblica di Cipro del Nord, riconosciuta solo da Ankara. I turco-ciprioti e i greco-ciprioti sono divisi dal 1974. E ancora una volta il nodo più difficile da sciogliere è quello della sicurezza, cioè della presenza di truppe turche sulla parte nord dell’isola. La parte greco-cipriota vorrebbe che tutti i 30.000 militari turchi fossero ritirati. Il ministro degli esteri turco, Mevlüt Çavusoğlu, e l’omologo greco, Nikos Kotzias, hanno bocciato l’idea, affermando che rappresentano «una forza di stabilità». Secondo il presidente greco-cipriota Nikos Anastasiades, invece «sono una fonte di instabilità». PARIGI, 14. L’obiettivo della conferenza per il Vicino oriente convocata per domani a Parigi dal presidente François Hollande è di ribadire, prima dell’ingresso di Donald Trump alla Casa Bianca, che quella dei due stati resta l’unica formula per la soluzione del conflitto israelo-palestinese. Ai lavori, però, non parteciperà il premier israeliano Be- nyamin Netanyahu. il quale si è espresso in favore di colloqui diretti tra le parti. «Su quello che può dare questa conferenza resto lucido: la pace potranno farla gli israeliani con i palestinesi e nessun altro», ha detto il presidente Hollande, che ha fortemente voluto l’incontro al quale sono stati invitati oltre settanta paesi. Il presidente francese François Hollande (Ansa) Da parte sua il presidente palestinese Mahmoud Abbas sarà a Parigi domani. Ma, per non peggiorare ulteriormente i rapporti tra la Francia e Israele, dovrebbe incontrare Hollande in luogo diverso dai locali in cui sono organizzati i lavori. La conferenza, come recita il documento negoziato dagli esperti lo scorso 6 gennaio, ha lo scopo dichiarato di varare un piano negoziato con «Israele e Palestina che vivano fianco a fianco in pace e sicurezza, unica via per arrivare a una pace duratura». «Il processo di pace non può aspettare innanzi tutto perché la situazione è urgente: molte crisi nella regione, dalla Siria alla Libia, dallo Yemen all’Iraq, hanno generato nuove minacce alla sua stabilità», ha detto il ministro degli esteri francese, Jean-Marc Ayrault, in un intervento sul quotidiano israeliano «Haaretz». «Il conflitto israelo-palestinese — ha aggiunto — non può essere considerato in forma separata dal suo ambiente regionale». Pensare che si possa ripristinare la stabilità nel Vicino oriente «senza trovare una soluzione per il suo conflitto più vecchio è irrealistico. Se questo conflitto non sarà risolto esso continuerà a generare frustrazione e ad aggravare il circolo vizioso della radicalizzazione e della violenza». che offrire nuovo impeto al processo politico», hanno deciso rappresentanti diplomatici di Russia, Iran e Turchia nel corso di consultazioni ieri a Mosca dedicate all’appuntamento, come ha reso noto ieri sera il ministero degli esteri russo. Intanto, tecnici inviati dalle autorità siriane sono potuti entrare ieri nella valle del fiume Barada, che si estende una ventina di chilometri a nord-ovest di Damasco e comprende le località strategiche di Wadi Barada e Ain Al Fijeh, per intraprendere i lavori di riparazione e bonifica necessari al ripristino delle forniture di acqua potabile alla capitale e al suo circondario, di cui l’area costituisce la fonte principale. Lo ha riferito Alaa Ibrahim, governatore della provincia del Rif Dimashq sul cui territorio si estende la vallata, a detta del quale l’intervento di normalizzazione è stato reso possibile da un’intesa con le milizie che finora la controllavano: in base al patto, saranno le truppe governative ad assumerne il controllo, interrompendo in cambio tutte le operazioni militari e avviando «colloqui di riconciliazione». Secondo lo stesso Ibrahim, «l’acquedotto sarà rimesso a posto entro tre giorni e si adotteranno rapidamente provvedimenti per far affluire l’acqua a Damasco fin da oggi». Ammontano a ben cinque milioni e mezzo gli abitanti della capitale che da settimane ne sono privi. Sul fronte iracheno, invece, per la prima volta dopo due anni e mezzo le forze governative irachene hanno strappato al cosiddetto stato islamico (Is) alcuni edifici dell’università di Mosul, roccaforte jihadista nel nord del paese, assicurandosi un’importante vittoria militare e simbolica nel quadro dell’offensiva per la presa di quella che era la seconda città dell’Iraq e che dal 2014 è di fatto la roccaforte dei jihadisti in Iraq. I militari iracheni affermano di aver preso il controllo anche del secondo ponte sul Tigri, il fiume che divide in due la città sotto attacco. L’ateneo di Mosul, fondato negli anni ’60 e fino alla caduta del regime di Saddam Hussein nel 2003 uno dei maggiori istituti di ricerca accademica di tutto il Medio oriente, è oggi in gran parte distrutto. Secondo le fonti filo-governative irachene i locali delle facoltà scientifiche, con i laboratori e macchinari moderni, erano stati trasformati dalla fine del 2014 «in centri per la produzione di armi chimiche». Visita di Xi Jinping a Berna prima di partecipare al Forum di Davos Cina e Svizzera sempre più vicine BERNA, 14. Visita ufficiale in Svizzera, domenica e lunedì, per il presidente cinese Xi Jinping, che poi da martedì 17 prenderà parte ai lavori del World economic forum (Wef) che si svolgerà nella cittadina elvetica di Davos fino al 20 gennaio. Negli appuntamenti con il consiglio federale di Berna discuterà del crescente avvicinamento politico ed economico tra Svizzera e Cina. Al Forum economico mondiale, Xi porterà il punto di vista di Pechino sui tanti temi della globalizzazione e sa- GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio rà la prima volta che partecipa un capo di stato cinese. La Repubblica popolare cinese rappresenta per la Svizzera il terzo partner commerciale mondiale dopo l'Unione europea e gli Stati Uniti. Domenica sono previsti alcuni discorsi ufficiali e la cena di gala con la presidente della Confederazione Doris Leuthard, cui prenderà parte anche la moglie di Xi, Peng Liyuan. I colloqui veri e propri tra le delegazioni dei due paesi si terranno il giorno successivo. Sono previste di- Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va scussioni su temi quali il commercio mondiale, il sistema finanziario globale, la protezione dell’ambiente, i mutamenti climatici, ma anche la situazione in Siria. Quanto alle relazioni bilaterali, saranno messi sul tappeto vari argomenti: la collaborazione in campo economico e scientifico, la cooperazione in ambito finanziario, la cultura, i diritti umani e l’energia. Lunedì è in programma anche una tavola rotonda con i maggiori esponenti dell’economia elvetica. Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale La Svizzera è stata uno dei primi paesi occidentali a riconoscere, il 17 gennaio del 1950, la neo costituita Repubblica popolare cinese, che dal 2010 è diventata il primo partner commerciale della Confederazione in Asia. Dal 2014 la Svizzera, assieme all’Islanda, è inoltre il solo paese ad aver concluso un accordo di libero scambio con Pechino. Nell’aprile del 2016 è stato Schneider-Ammann, allora presidente della Confederazione, a compiere una visita ufficiale in Cina e in quell'occasione i due paesi Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 si sono accordati per definire le relazioni bilaterali come un «partenariato strategico innovativo». Ma Xi Jinping è in Svizzera proprio in questi giorni anche per partecipare al Forum economico mondiale di Davos. Nella delegazione che lo accompagna ci sono tra gli altri Jack Ma (fondatore del gigante dell’e-commerce Alibaba), Wang Jianlin (fondatore del mastodonte degli hotel e dei centri commerciali Wanda Group) e Zhang Yaqin (presidente di Baidu, il Google cinese). Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO domenica 15 gennaio 2017 pagina 3 Una manifestazione per la pace svoltasi a Kinshasa (Reuters) Intervista al vescovo di Tshumbe nella Repubblica Democratica del Congo Una Chiesa che sa mediare di GIUSEPPE FIORENTINO SOLÈNE TADIÉ E Una sfida, un’opportunità e, soprattutto, una testimonianza della vicinanza della Chiesa alla popolazione. Questa è stata l’opera di mediazione intrapresa nelle scorse settimane nella Repubblica Democratica del Congo e grazie alla quale è stato possibile arginare le violenze che minacciavano la già fragile stabilità del paese. A parlarne all’Osservatore Romano è il vescovo di Tshumbe, monsignor Nicolas Djomo Lola, già presidente dell’episcopato e uno degli artefici dell’intesa. politico per raggiungere un’intesa che permetta alla classe politica di governare insieme il paese fino alle prossime elezioni. L’aspetto più importante dell’intesa è il fatto che il presidente Kabila non si ricandiderà per un terzo mandato ma che continuerà a svolgere il proprio incarico fino alle prossime elezioni, col presupposto che si deve assicurare la continuità dello stato. La costituzione lo permette. Kabila si è inoltre impegnato a non modificare la costituzione, né per via referendaria nè per via parlamentare durante il periodo di cogestione. Questo ha ridotto le tensioni fra la popolazione che è tornata a sperare in una maggiore alternanza politica. È il punto più importante dell’accordo, mentre questa settimana stiamo lavorando sulle modalità di applicazione. Quali sono i punti in discussione? Come è stato raggiunto l’accordo? L’intesa di San Silvestro I capi di stato, riuniti in Angola nell’ottobre scorso per il vertice convocato dalla conferenza internazionale sulla regione dei Grandi Laghi, dall’Onu e da altri organismi regionali, hanno consigliato al presidente Joseph Kabila di affidare una mediazione alla conferenza episcopale, tenuto conto dell’influenza della Chiesa, dei suoi rapporti con la classe politica e, soprattutto, della sua presenza alla base della società. Abbiamo quindi intrapreso dei negoziati con le due parti in conflitto: da un lato i firmatari di un accordo siglato il 18 ottobre a Kinshasa — ossia i rappresentanti della maggioranza presidenziale, di una parte della società civile e di una piccola parte dell’opposizione — e dall’altro la maggior parte dell’opposizione. Abbiamo dunque riunito in queste settimane tutta la classe politica: i membri dell’opposizione, nella sua grande diversità, e quelli della maggioranza presidenziale. Tenuto conto della fiducia riposta nella Chiesa, tutti hanno risposto al nostro appello e abbiamo potuto negoziare durante tre settimane un compromesso Il cosiddetto accordo di San Silvestro, raggiunto grazie alla mediazione condotta dalla Conferenza episcopale nazionale congolese, prevede in sintesi il mantenimento al potere del presidente Joseph Kabila per un altro anno (il suo mandato era scaduto il 20 dicembre), la nomina di un premier designato dall’opposizione e la creazione di un consiglio nazionale di sorveglianza dell’accordo e del processo elettorale (Conseil national de suivi de l’accord et du processus électoral). A marzo il parlamento dovrebbe approvare la legge per istituire questo organismo in vista delle prossime elezioni presidenziali e legislative che potrebbero svolgersi già alla fine di quest’anno. Kabila si è inoltre impegnato a non presentarsi per ottenere un terzo mandato presidenziale. In questa fase provvisoria, si tratta di parlare della figura del primo ministro, che dovrebbe essere espressione dell’opposizione, di parlare del formato del governo che guiderà il paese verso le elezioni. Bisogna pensare alla ripartizione dei ruoli tra i partiti. Si tratta anche di parlare del consiglio nazionale di sorveglianza dell’accordo e, poi, dei tempi: quando avverrà la nomina del primo ministro, quando il governo sarà approvato dal parlamento e così via. Abbiamo chiesto ai nostri interlocutori di trovare una soluzione al più presto possibile. Dovremmo giungere molto presto a un accordo. La mediazione realizzata nel vostro paese può essere considerata come un modello esportabile in altre zone del continente colpite dalla violenza etnica e politica? Direi proprio di sì. Innanzitutto perché la Chiesa in Africa gode di una grande credibilità grazie alla sua statura morale e alla sua vicinanza alla popolazione civile. I sacerdoti e i vescovi non hanno nessuna ambizione di potere. La neutralità della Chiesa ispira fiducia, perciò pensiamo che il modello si possa facilmente allargare ad altre regioni in conflitto. In Burundi, per esempio, l’episcopato sta operando in una si- tuazione molto delicata. Anche nella Repubblica Centrafricana, la Chiesa ha svolto un ruolo di grande importanza promuovendo il dialogo tra le diverse confessioni religiose. Questo modello può funzionare in modo stabile o sarà necessario mantenere la vigilanza sempre alta? Mi lasci intanto esprimere la nostra gratitudine al Papa, perché ci ha sostenuti tanto fin dall’inizio. La nostra conferenza episcopale è stata accolta in udienza lo scorso 19 dicembre appunto per ricevere un incoraggiamento in questa difficile opera. In realtà, la situazione è davvero ancora molto fragile e le stesse forze politiche ci chiedono di accompagnare il futuro processo politico. Bisogna giungere a organizzare le elezioni, con tutte le problematiche che ne scaturiranno. In ogni modo, come ho detto, la classe politica ha formulato l’auspicio che l’episcopato sia vigile. E questo per noi è una vera opportunità. Come riesce la Chiesa a essere al fianco della popolazione? Pensiamo in partico- lare alle donne, spesso vittime di violenze sessuali usate come arma di guerra. La Chiesa ha numerose istituzioni sociali in tutto il Paese, a partire dalla Caritas. Queste sono molto impegnate nell’assistenza alle vittime della violenza, in particolare le donne e i bambini. Ancora una volta, i nostri rapporti stretti con gli esponenti dello stato e con i nostri partner internazionali si rivelano preziosi per arginare la violenza ricorrente, specialmente nell’est del paese. Sappiamo che queste violenze sono legate alle ricchezze, soprattutto nel Kivu. Qui le società esportatrici di minerali finanziano e armano piccoli gruppi che terrorizzano la popolazione. Abbiamo interpellato direttamente l’Unione europea, le Nazioni Unite e il Congresso statunitense affinché si possa giungere a una legislazione internazionale capace di regolamentare lo sfruttamento delle miniere, e per fare in modo che l’attività mineraria non sia sinonimo di violenza e sopraffazione. Stiamo usando tutti i mezzi possibili per trovare una solu- Mentre resta alta la tensione a Tripoli Per la festa nazionale Prossimo dialogo interlibico Migliaia di detenuti graziati in Tunisia TRIPOLI, 14. Si terrà a Tunisi mercoledì prossimo, il 18 gennaio, la riunione della commissione per il dialogo libico inizialmente prevista per l’11. Lo hanno annunciato alcuni delegati giunti all’aeroporto di Ghadames, nella parte occidentale della Libia, dove sono stati informati del rinvio della riunione. In ogni caso, come riporta il «Libya Herald», i delegati hanno deciso di riunirsi in una sala dell’aeroporto di Ghadames e deciso di fissare un nuovo incontro a Tunisi per il 18, hanno elaborato un’agenda per il meeting e stabilito che i partecipanti saranno solo esponenti libici. Alla commissione per il dialogo si sono uniti anche cinque nuovi membri della camera dei rappresentanti di Tobruk per «riflettere tutte le posizioni all’interno» dell’assemblea. L’agenda messa a punto prevede un ritorno alla formula dell’1+2, con un presidente del consiglio e due vice, dove il primo ministro viene scelto al di fuori della presidenza del consiglio. Oggetto di discussione sarà anche la revisione del ruolo di comandante supremo dell’esercito e del consiglio supremo di stato. A determinare il rinvio della riunione prevista nella città di Ghadames sarebbe una decisione dell’amministrazione comunale che ha sostenuto di non essere stata informata dagli organizzatori. «La prima volta che ne abbiano sentito parlare è stato quando lo abbiamo letto sui giornali», ha detto un funzionario dell’amministrazione comunale. Nel frattempo, resta alta la tensione in Libia all’indomani del tentato colpo di mano a Tripoli delle milizie fedeli all’ex premier Khalifa Ghwell. Il consiglio presidenziale guidato da Fayez Al Sarraj ha incaricato unità delle forze speciali di ristabilire l’ordine. In un clima di grande preoccupazione, almeno per ieri le armi nella capitale libica hanno taciuto. Tiene banco invece lo scontro politico: il parlamento di Tobruk ha bollato la riapertura dell’ambasciata italiana nella capita- Il premier libico Fayez Al Sarraj (Ansa) le libica, quattro giorni fa, come una «nuova occupazione» e «il ritorno militare» dell’Italia a Tripoli. La risposta di Roma, seppure su un piano informale, non si è fatta attendere: il sedicente “governo” di Tobruk guidato dal premier Al Thani non è un’entità riconosciuta dalla comunità internazionale e mira solo a creare tensioni attraverso «strumentalizzazioni» che i media possano montare, hanno spiegato fonti italiane. Gli stessi ambienti sottolineano come l’unica autorità legittima e riconosciuta in Libia sia il consiglio presidenziale di Tripoli sotto la guida del premier Fayez Al Sarraj, sostenuto dall’O nu. TUNISI, 14. Festa nazionale oggi in Tunisia per la ricorrenza del sesto anniversario della rivoluzione del 14 gennaio. Previste cerimonie in molte città per ricordare il giorno della cacciata dell’ex presidente Zine Ben Adibine Ben Ali, costretto alla fuga in seguito all’insurrezione popolare che diede il via alla cosiddetta “primavera araba”. E in occasione della festa nazionale il presidente della Repubblica, Béji Caïd Essebsi, ha concesso un provvedimento di clemenza, dopo essersi consultato con il ministro della giustizia che riguarda 3706 persone. Lo rende noto un comunicato della presidenza tunisina. Esclusi dal provvedimento i condannati per reati gravi. Il 53 per cento dei detenuti in Tunisia si trova in carcere, secondo l’alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, per reati legati alla droga. A sei anni da quei giorni tumultuosi, la Tunisia rimane l’unico paese tra quelli interessati dalle rivendicazioni di piazza per una maggior dignità e libertà ad aver superato la transizione democratica ed essersi Attentato suicida nel nord-est della Nigeria ABUJA, 14. Tre donne kamikaze si sono fatte esplodere a un posto di controllo nella città nordorientale nigeriana di Madagali, uccidendo almeno sei persone tra le quali due combattenti dei gruppi di autodifesa civile. Lo hanno riferito alcuni testimoni alle agenzie di stampa. Due delle tre attentatrici hanno compiuto l’attentato suicida tenendo ognuna un bambino in fasce legato dietro le spalle, ha reso noto l’agenzia nigeriana per le emergenze (Nema). «Finora si registrano nove morti, incluse le tre donne e i bambini, mentre altre quattordici persone hanno subito ferite di varia gravità», ha detto Saad Bello, coordinatore della Nema per gli stati di Adamawa, dove sorge Madagali, e Taraba. Le autorità sospettano che l’attacco sia attribuibile al gruppo fondamentalista Boko Haram che da ieri è impegnato in violenti scontri con l’esercito nel quale sono morti almeno dieci miliziani. I combattimenti sono iniziati dopo che i miliziani del gruppo terroristico hanno sferrato dalle rive del Lago Ciad un vasto attacco contro i militari dislocati a Kangarwa, nello stato nord orientale di Borno. La scorsa settimana altre tre donne si erano fatte saltare in aria nella stessa città, mentre a dicembre dello scorso anno, sempre a Madagali ma nel mercato, due attentatrici fecero una strage uccidendo 57 persone e ferendone 177, tra cui 120 bambini. dotato di istituzioni democratiche stabili, ma molti problemi di allora rimangono ancora da risolvere. Tra i principali problemi la mancanza di occupazione e lo sviluppo nelle zone marginalizzate, ai quali si è aggiunto negli anni successivi il terrorismo. Proprio per dare un segnale di vicinanza ai cittadini, il presidente tunisino si recherà per l’occasione a Gafsa, città industriale nel centro sud del paese, che ebbe un ruolo importante nella rivoluzione tunisina. Gafsa infatti fu teatro nel 2008 della prima rivolta contro l’ex presidente Ben Ali che fu violentemente repressa dalla polizia. zione e porre fine a questo fenomeno drammatico. L’Africa può sperare in un futuro senza violenza? I conflitti hanno diverse cause. Nella regione dei Grandi Laghi, si tratta spesso di cause economiche e nel nostro paese, come detto, sono legati allo sfruttamento minerario per la raccolta di componenti preziosi per l’informatica. Bisogna fare emergere una classe politica che abbia a cuore l’interesse comune, e questo è possibile solo attraverso l’educazione. Bisogna poter contare su uomini politici onesti, che lavorino per il proprio paese e non per se stessi. Solo così si potrà giungere a un vero stato di diritto, con una giustizia solida ed equa. E solo così potrà nascere un sistema che possa funzionare e proteggere i più fragili, in particolare le donne e i bambini. Insomma, si tratterebbe di seguire gli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa e noi lavoriamo in questo senso. Per il futuro e per dare vita a una nuova società congolese. Accordo tra governo e militari in Costa d’Avorio YAMOUSSOUKRO, 14. Dopo giorni di tensione è stato raggiunto un accordo tra il governo della Casto d’Avorio e le unità militari che la scorsa settimana si sono ammutinate per il mancato pagamento degli stipendi arretrati. L’intesa, ha annunciato il ministro della difesa Alain-Richard Donwahi, «è soddisfacente per entrambe le parti». Conferme in questo senso sono giunte anche da un rappresentante dei militari. I soldati chiedevano il pagamento di circa 20.000 dollari ciascuno per stipendi arretrati e premi non conferiti. L’Ua chiede al presidente del Gambia di lasciare il potere BANJUL, 14. L’Unione africana (Ua) ha chiesto di fare un passo indietro al presidente uscente del Gambia, Yahya Jammeh, restio a lasciare il potere dopo essere stato sconfitto da Adama Barrow nelle elezioni del dicembre scorso. Il mandato di Jammeh, che ha guidato il Gambia per ventidue anni trasformandolo nel 2015 in una Repubblica islamica, scade il prossimo 19 gennaio, ma il capo di stato ha detto esplicitamente di non essere intenzionato a cedere il posto ammonendo la comunità internazionale a non interferire nella vita politica del paese. In un intervento televisivo, Jammeh ha attaccato «le interferenze straniere nelle elezioni e negli affari interni» chiedendo di attendere il riesame dei risultati del voto da parte della corte suprema, atteso per maggio. Ma l’Ua ha assunto una posizione ferma e molto chiara sottolineando che nel caso Jammeh non lasci il potere in modo pacifico nei tempi previsti ci saranno «pesanti conseguenze». «A partire dal 19 gennaio — si legge in un documento approvato dal consiglio per la pace e la sicurezza dell’Ua — cesseremo di riconoscere Jammeh come legittimo presidente della Repubblica del Gambia». Nello stesso testo viene rivolto un appello all’esercito e alle forze di sicurezza gambiane affinché «si mettano a disposizione delle autorità democraticamente elette». Intanto a Banjul, capitale del piccolo stato anglofono dell’Africa occidentale, è giunta una delegazione di mediatori, guidata dal presidente della Nigeria, Muhammadu Buhari, che tenterà di condurre una transizione pacifica. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 Clint Eastwood racconta nel suo ultimo film come il 15 gennaio 2009 si evitò un disastro aereo di EMILIO RANZATO l 15 gennaio 2009 il comandante Chesley Sullenberger, per i colleghi semplicemente Sully (Tom Hanks), salva se stesso e 155 passeggeri da un disastro aereo optando per una manovra fuori dal protocollo che si conclude con un clamoroso ma riuscito ammaraggio nel fiume Hudson di New York, dopo che il velivolo che pilotava aveva perso l’uso di entrambi i motori a causa dello scontro con uno stormo di uccelli. Acclamato subito come un eroe dall’opinione pubblica, Sullenberger viene messo sotto inchiesta per la sua procedura anomala, anche perché alcune simulazioni realizzate con il computer hanno dimostrato che seguendo le regole sarebbe riuscito a portare in salvo l’aereo atterrando negli aeroporti più vicini. Il nuovo paladino degli americani, però, durante il dibattimento saprà dimostrare la decisiva incidenza del fattore umano in simili circostanze. I Tom Hanks incarna la figura di un comandante che fa valere le ragioni dell’umanesimo e del libero arbitrio contro il determinismo che nasce da meccanismi incapaci di comprendere la necessità del dialogo Clint Eastwood dirige con la consueta asciuttezza un racconto che ha il carattere placido del suo protagonista, a dispetto della drammaticità dell’argomento. Sully viene definito un eroe da chi lo circonda, ma ha l’aria stanca e disillusa di tanti antieroi del regista. Un’attitudine dimessa e dolente che in questo caso serve anche a introdurre con discrezione, ma non troppo velatamente, una riflessione e un bilancio definitivo sui fatti dell’11 settembre 2001, di cui l’episodio del volo US Airways rappresenta chiaramente una sorta di catartico contraltare positivo. Decisive, benché azzardate, sono allora le scene in cui Sully immagina di vedere il proprio La catarsi nelle acque dell’Hudson aereo schiantarsi fra i grattacieli di Manhattan, per poi svegliarsi sano e salvo nel proprio letto. Questo atteggiamento di stampo psicanalitico, consistente nel voler rivivere un’esperienza traumatica per superarla, è già ben noto al cinema americano. Negli anni ottanta, per esempio, film come Fratelli nella notte, I guerrieri della palude silenziosa, la serie dei Rambo — spesso grossolani ma basati su un assunto insospettabilmente profondo — facevano rivivere al pubblico statunitense la tragedia ancora fresca del Vietnam attraverso un suo immaginario sviluppo, che poteva anche implicare lo scenario di nuove tensioni e nuovi conflitti intrisi del sapore del riscatto. Un filone in cui significativamente lo stesso Eastwood in qualche modo si inserì con Firefox (1982). La vicenda di Sully segue un itinerario simile, anche se più pacifico: poteva esserci un altro aereo contro un grattacielo, e invece c’è un aereo sulle acque dell’Hudson. Acque quel giorno gelide, ma che sul piano simbolico evocano invece una potente immagine positiva. È un liquido amniotico che sa di rinascita. Questa è l’idea principale su cui si basa il film e la sceneggiatura firmata da Todd Komarnicki. Forse anche l’unica idea strettamente creativa, nel senso che per il resto il racconto vuole essere una cronaca fedele dei fatti di quel giorno e della successiva inchiesta. È bello anche il modo in cui il protagonista farà valere le ragioni dell’essere umano contro la freddezza dei regolamenti e delle simulazioni computerizzate. Ma questo è un meri- to che va ascritto più che altro al vero Sully, e che gli autori si limitano a riportare. Pur con il pregio di non spettacolarizzare la vicenda e di non cadere nella tentazione di una retorica che era dietro l’angolo. Sully, insomma, non è e non vuole essere il miglior film di Eastwood, e, preso da solo, potrebbe risultare una semplice opera di transizione. Ma inquadrandolo invece nel contesto dell’intera filmografia del regista, e della poetica che la sottende, appare al contrario come un significativo punto di arrivo. Come accennato, Sully è, nei suoi presupposti, un tipico personaggio eastwoodiano, ovvero l’individualista che finisce per scontrarsi con un sistema, che può essere istituzionale, sociale o culturale, in certi casi anche morale. La persona che, magari anche sbagliando, fa valere le ragioni dell’umanesimo e del libero arbitrio contro il determinismo che nasce inevitabilmente da meccanismi ormai incapaci, anche solo per dimensioni, di accogliere e comprendere le necessità del singolo. Si tratta di una tematica di abissale importanza, tanto da forgiare buona parte della storia dell’America e, di conseguenza, del suo cinema. Tutto il noir e tutto il western degli anni quaranta e cinquanta parlano proprio di questo, della dicotomia fra individuo e società. Che può portare a una dialettica feconda, come talvolta capita nel western romantico, o a La Lady di ferro e il caffè di Churchill E l’Iron Lady scalzò Winston Churchill. Nell’ultima edizione dell’autorevole Oxford Dictionary of National Biography ha dato più spazio a Margaret Thatcher rispetto al longevo statista e stratega che guidò il paese durante la seconda guerra mondiale, che fu due volte primo ministro, e che nel 1953 vinse il Nobel per la letteratura per i suoi scritti storici. Nel dare notizia della sorprendente gerarchia, «The Guardian» sottolinea anche che l’estensione della voce riservata a Thatcher risulta seconda soltanto a quelle di Elisabetta I e di Shakespeare. Ma precede in questa classifica, oltre a Churchill, anche la regina Vittoria ed Enrico VIII. Particolarmente dettagliata, dunque, è la rivisitazione della vicenda biografica e politica, tra le oltre sessantamila voci del monumentale dizionario biografico, della prima donna inglese a ricoprire la carica di primo ministro. Non mancano naturalmente, in questa lunga trattazione enciclopedica, alcune delle più celebri citazioni attribuite alla Lady di ferro. «Essere potenti è come essere una donna: se hai bisogno di dimostrarlo vuol dire che non lo sei» sentenziò il primo ministro in più di un’occasione. Sebbene, a dire il vero, è proprio nell’ambito degli aforismi e delle battute al vetriolo che Churchill non teme confronti. «Winston, se fossi tua moglie, ti metterei il veleno nel caffè» tuonò, durante una seduta parlamentare, la sua acerrima nemica Nancy Astor. «Se fossi tuo marito, lo berrei» replicò gelidamente Churchill. Devono passare quattro anni dalla morte prima che una personalità del Regno Unito sia posta al vaglio degli editori chiamati a decidere la sua idoneità a entrare nell’Oxford Dictionary (la cui prima edizione risale al 1885 e che dal 2004 è consultabile on line). Era l’8 aprile 2013 quando Thatcher morì. Dunque, ancora prima della scadenza, le si sono aperte le porte del prestigioso repertorio. (gabriele nicolò) insanabili disfunzioni, sia sul piano privato che su quello sociale, come viceversa accade puntualmente nel cinema nero. Alla fine della Hollywood classica, western e noir di fatto scompariranno fondendosi nel poliziesco moderno. O rivivendo, rielaborati su un piano più ludico, nel western all’italiana. Non a caso, i territori cinematografici in cui Eastwood si formerà come attore, e a cui anni più tardi renderà omaggio dedicando Gli spietati (1993) a Sergio Leone e Don Siegel. Film come Per un pugno di dollari di Leone conferiranno al suo antieroe i connotati cinematografici, dunque una forma. Film come Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo di Siegel ne delineeranno il difficile rapporto con la società e il potere, dunque il contenuto. Nel frattempo, poi, il cinema di Martin Scorsese, Abel Ferrara e William Friedkin provvederà a fare delle moderne metropoli il teatro di un vuoto morale in cui eroi e criminali si confonderanno, dando alla nascente poetica eastwoodiana ulteriore slancio. La filmografia dell’Eastwood regista procederà inizialmente lungo questo binario, ovvero con l’intento di plasmare e far evolvere una propria figura di antieroe, guardando però spesso ai modelli e ai maestri. Ecco allora la deriva del pistolero proveniente dallo spaghetti-western, il cui esito ultimo non poteva che essere la trasfigurazione fantastica. Sono infatti praticamente degli spettri i protagonisti de Lo straniero senza nome (1973) e Il cavaliere pallido (1985), anche se fra i due viene realizzato il più classico e fordiano Il texano dagli occhi di ghiaccio (1976). Nel frattempo il regista porta avanti, con risultati meno originali, anche l’altra sua matrice, quella del poliziesco, con L’uomo nel mirino (1977) e Coraggio... fatti ammazzare (1983). Ma sottilmente, sta cominciando a cercare una via del tutto personale, paventando già la figura di un solitario disorientato e sottilmente alienato, detentore di un codice morale che però mal si sposa con il resto della società e che viene regolarmente domenica 15 gennaio 2017 messo in crisi dai rapporti interpersonali e sentimentali. Come vagamente si accenna anche nell’opera prima Brivido nella notte (1971), ancora un po’ imparentato con Siegel, e in Breezy (1973), commedia dai risvolti problematici. Con Gunny (1986) arriva il primo passo importante verso la completa maturità autoriale. La miscela del registro leggero con quello drammatico, una rappresentazione della guerra impossibile da leggere in maniera univoca, spingono per la prima volta lo spettatore nel vivo della poetica eastwoodiana. Le scelte morali sono dettate dall’urgenza del momento, della situazione contingente, nell’ormai piena disillusione di poter aspirare a valori assoluti. Il nuovo livello qualitativo viene quindi confermato subito dopo da un film molto diverso, Bird (1988), sul grande musicista jazz Charlie Parker. Le tematiche ormai peculiari del regista verranno invece portate al massimo grado di drammaticità con quella che può essere definita la trilogia sulla confusione morale della metropoli. La brutale e impunita giustizia privata ai danni di un innocente in Mystic river (2003), l’eutanasia in Million dollar baby (2004), la missione dichiaratamente suicida in Gran Torino (2008), possono turbare più d’uno spettatore. Ma sono azioni che non vengono certo esaltate. Sono atti di disperazione di un individuo al centro di un deserto morale ormai completo. Nel dittico bellico Flags of our fathers (2006) e Lettere da Iwo Jima (2008), entrambi sulla nota battaglia fra americani e giapponesi durante la seconda guerra mondiale, ma raccontata da opposti punti di vista, la disperazione è passata, rimane la consapevolezza che gli eroi non esistono. Un concetto che viene parzialmente contraddetto da American sniper (2014), con cui si torna, meno brillantemente, all’ambiguità di Gunny, almeno fino a una caduta finale nella retorica. Laddove con lo spensierato e sottovalutato Jersey boys (2014), sul famoso gruppo vocale dei Four seasons, il regista aveva appena dato ancora una volta prova di grande vitalità narrativa. Con Sully un certo grado di ambiguità sul fondo rimane. Si parla di eroismo ma l’espressione offerta dal volto del sempre ottimo Hanks sembra voler respingere per tutto il film quel termine. Anche perché sull’aereo c’era anche il protagonista. Si dovrebbe dunque parlare più che altro di istinto di sopravvivenza. Eppure Eastwood vuole farne una figura per certi versi ancora più salvifica ed emblematica. Come già detto, non conta tanto il gesto in sé, quanto ciò che simboleggia, per New York e per l’America intera. Con quest’ultimo film, dunque, il grande regista americano va a chiudere un cerchio. Facendo del suo tipico antieroe, se non un eroe, un individuo pronto a riconciliarsi con la società, all’interno della quale ha finalmente trovato un posto e una funzione. L’OSSERVATORE ROMANO domenica 15 gennaio 2017 pagina 5 Copertina del libro «Our Bodies, Ourselves» (edizione del 1976) Intervista alla filosofa Sylviane Agacinski Di fronte ai propri limiti di EUGÉNIE BASTIÉ VINCENT TREMOLET DE VILLERS Oggi tutti si appellano ciecamente al progressismo mentre molti progressi tecnici possono essere accompagnati da terribili alienazioni sociali. Ad affermarlo, in un’intervista uscita su «Le Figaro» del 9 gennaio che pubblichiamo integralmente, è la filosofa laica Sylviane Agacinski, che sulla differenza sessuale e sull’utero in affitto ha posizioni vicine a quelle della Chiesa. «La querelle del femminismo, che ha fatto versare molto inchiostro, al momento è pressoché chiusa; non parliamone più» scrive Simone de Beauvoir come introduzione a «Il secondo sesso». Settant’anni dopo la sua pubblicazione, ha la sensazione che il femminismo sia ancora una lotta fondamentale nella nostra società? Certo! Il femminismo è un movimento storico profondo, che ha già cambiato radicalmente il volto delle nostre società. Proseguirà finché certe ideologie e istituzioni si sforzeranno di mantenere le donne in qualsiasi forma di assoggettamento, come scrisse nel 1869 John Stuart-Mill, mostrando che non occorre essere donna per essere femminista. Lei è progressista? Oggi tutti si appellano ciecamente al progressismo, mentre molti progressi tecnici possono essere accompagnati da terribili alienazioni sociali. Inoltre, quando una forma di dominazione scompare, come la famiglia patriarcale, o perde la propria legittimità, come il sistema della prostituzione organizzata, finalmente riconosciuto in Francia come una violenza fatta alle donne, ne compaiono altre. Si vedono per esempio “progressisti” perorare la In «Corps en miettes», lei evoca una nuova minaccia per le donne, quella della presa di possesso del loro corpo da parte della tecnica e del mercato. Eppure negli anni settanta lo slogan femminista era «il mio corpo mi appartiene», soprattutto per difendere il diritto all’IVG. Se una donna ha il diritto di abortire, perché non dovrebbe avere quello di prestare il proprio grembo? Lo slogan lanciato da alcune femministe americane era: Our bodies, ourselves, ossia “il nostro corpo, noi stesse”. È stato tradotto con la formula ambigua «il mio corpo mi appartiene». Ma, contrariamente a ciò che dicono i liberali-libertari, noi non siamo proprietari del nostro corpo. Merleau-Ponty giustamente scriveva: «Non ho un corpo, sono il mio corpo». La maternità coinvolge l’insieme dell’esistenza, la vita fisica e personale delle donne, e per questo vogliono assumerlo, oppure no, liberamente, controllando la propria fecondità grazie alla contraccezione e all’IVG. Al contrario, chiedere a una donna di affittare il proprio corpo, per il tempo di una gravidanza, e di partorire un figlio che dovrà abbandonare ad altri fin dalla nascita, è fare della sua vita uno strumento di produzione. Quelle che accettano un simile contratto dicono sempre che lo fanno per motivi economici. A essere scandaloso è che alcuni stati tollerino o legalizzino simili mercati e che la Corte europea dei diritti dell’uomo chiuda un occhio su questa commercializzazione della persona umana, sia della donna che del bambino. È ora che cessi la vergognosa indulgenza verso quanti praticano un turismo procreativo. La quasi totalità delle associazioni femministe comunque continuerà a interpellare i politici al riguardo. L’aggettivo “etico” purtroppo serve spesso a indicare che si vogliono limitare i danni di una pratica ingiusta. Se una pratica sociale è contraria ai diritti umani, non può essere etica. È come se si dicesse: si può accettare una schiavitù etica. Io credo profondamente alla funzione civilizzatrice del diritto. Lotta contro gli stereotipi, campagne contro le molestie sessuali, abc dell’uguaglianza a scuola, cambiamento di linguaggio: si ha a volte l’impressione che una parte delle femministe, soprattutto negli Stati Uniti, cerchino di “rieducare” gli uomini... Qual è l’origine della gerarchia dei sessi? Per quanto riguarda l’uguaglianza, c’era, e c’è ancora, molto da fare. Quando ho preso il diploma di maturità, ci è stato distribuito un opuscolo sulle “carriere femminili”: parrucchiera, hostess di volo, nel migliore dei casi studi letterari o giuridici. Nel campo delle tradizioni, la Francia resta fortunatamente legata alla libertà e poco incline al puritanesimo. Sarebbe veramente triste perseguire la seduzione con il pretesto di lottare contro le molestie sessuali. Non è questo il punto: nel primo caso si cerca di suscitare il desiderio nell’altro, nel secondo lo si ignora e lo si offende. In parte una relativa disparità delle forze fisiche e l’asimmetria dei rapporti sessuali. Che la maternità naturale sia certa e il padre progenitore incerto ha portato a costruire la paternità su un legame coniugale stabile tra un uomo e una donna. Come diceva sant’Agostino, a differenza In «Femmes entre sexe et genre», lei dice che il genere, così come lo teorizza Judith Butler, non esaurisce la differenza tra i sessi. Ma se non tutto è cultura, in che cosa consiste allora, in sostanza, la differenza tra un uomo e una donna? “libertà” di affittare una donna per “produrre” un bambino su ordinazione... È dunque una lotta permanente che non avrà mai fine? Credo che ci sia nella diversità dei sessi una fonte di contrasti, di conflitti, che girano attorno alla sessualità, al desiderio, alla genitorialità, alla procreazione, e che potrebbero non avere fine. Ma il conflitto non è necessariamente negativo e l’alterità è una fonte di attrazione e di solidarietà. Un servizio su «France 2» ha mostrato ultimamente alcuni locali di periferia dove le donne non avevano diritto di cittadinanza. Il ritorno di forme patriarcali provenienti dalla cultura islamica la preoccupa? delle donne, gli uomini devono sposarsi per «conoscere i propri figli». Attribuendosi l’esclusività di una partner, potevano anche appropriarsi della sua progenie. Quanto alla donne, trovavano forse un vantaggio in questa esclusività riconosciuta che le proteggeva dalla violenza degli altri uomini? Sono ipotesi poco romantiche ma plausibili. Lei non crede dunque alla possibilità di una “GPA etica”? La filosofa francese zione” di cui ha bisogno. La cosa peggiore, in queste divagazioni, è che si dimenticano i diritti del bambino. Di fatto si tratta di stabilire uno stato civile sulla base di una transazione commerciale, come in California. È il tracollo del diritto delle persone, equiparate a beni scambiabili. La dualità dei sessi caratterizza gli esseri viventi in generale, proprio come la nascita, la crescita, l’invecchiamento e la morte. È il ruolo degli individui nella generazione (o riproduzione) a fondare la distinzione tra i due sessi. Aristotele diceva senza mezzi termini: il maschio genera al di fuori di sé, la femmina procrea dentro di sé. Quindi, con rarissime eccezioni (quando il sesso è incerto), si nasce maschio o femmina, prima di diventare uomo o donna nella pubertà. Al tempo stesso, tutte le società umane stabiliscono rapporti convenzionali tra gli uomini e le donne. Attribuiscono loro status, ruoli, caratteristiche psicologiche, estetiche, intellettuali, morali e così via, che sono variabili culturalmente e storicamente. Perciò la nozione di “sesso sociale”, o genere, è preziosa per analizzare il senso di queste variazioni. A maggior ragione perché si osserva una gerarchia dei generi — maschile e femminile — in tutte le culture, come mostra Françoise Héritier. In Métaphysique des sexes mi sono proposta di descrivere la costruzione di questa gerarchia alle origini della nostra civiltà, nella teologia cristiana e nella filosofia. Ma decostruire la gerarchia dei generi non consente di dissolvere la differenza sessuale. di mettere la potenza tecnologica alla portata di tutti, senza preoccuparsi delle conseguenze. Si sa che la GPA, con alcune condizioni restrittive, è possibile in Gran Bretagna. Ebbene, lo scorso 14 dicembre, durante un dibattito alla Camera dei Lord, alcuni suoi membri hanno chiesto al governo britannico di riconoscere ai single, come a tutte le coppie, il diritto Certo. Il rinascere di un patriarcato che si credeva superato fa parte delle spiacevoli sorprese che la storia ci riserva. I discorsi ingenui sulla mescolanza delle culture mostrano i loro limiti quando alcuni gruppi, qui e là, rifiutano proprio questa mescolanza e si appellano a usanze contrarie al nostro diritto e ai nostri costumi: autorità maschile nella famiglia, cuore del patriarcato, e segregazione delle donne dallo spazio pubblico. Bisogna tuttavia fare attenzione a non additare solo il fattore religioso. Anzitutto perché la segregazione delle donne ha caratterizzato fin dall’Antichità le culture mediterranee. Tertulliano ci insegna che il velo integrale, «che lasciava vedere solo un occhio» era imposto alle pagane già nel II secolo, molto prima della nascita dell’islam. Poi perché la cultura patriarcale è stata inizialmente solidale con tutti i monoteismi, senza eccezioni, e ha regnato a lungo in Occidente. Infine, l’autorità maschile, ammorbidita dai costumi, ha regnato in tutti gli ambiti. È stata consustanziale alla democrazia antica e moderna — bisogna rileggere Tocqueville al riguardo — senza dimenticare la Repubblica francese, Secondo lei, perché è importante difendere la differenza sessuale? Non c’è bisogno di difendere l’umanità sessuata. È un dato di fatto. Persino la diversità delle sessualità lo conferma, perché tutti gli orientamenti sessuali presuppongono che vi sia l’altro sesso; altrimenti non si potrebbe nemmeno parlare di eterosessualità, di omosessualità, di bisessualità e di transessualità. Una coppia non è mai sessualmente neutra, è mista, gay o lesbica. È stato importante che la diversità delle sessualità sia stata riconosciuta e rispettata, grazie all’apertura del matrimonio a tutte le coppie, ma questa evoluzione non neutralizza minimamente l’alterità sessuale e il suo ruolo nella procreazione. Lei ha criticato la mono-genitorialità e insistito sulla difesa della filiazione. Perché? La genitorialità come relazione educativa e affettiva non è in discussione. L’interrogativo riguarda la parentela, ossia l’istituzione di legami di filiazione. Finora la struttura della filiazione (paterna e materna) è dipesa dalla struttura bilaterale e asimmetrica della generazione sessuata (genitore-genitrice) anche nel caso dell’adozione. È l’unica ragione per cui i genitori sono due. Si tratta allora di sapere se l’istituzione deve cancellare l’origine duale, eterogenea, della vita umana abbandonando la filiazione, duale, padremadre. Una simile cancellazione per i nuovi nati significherebbe che non sono più «figli dell’uno e dell’altro sesso», per riprendere la formula di Giustiniano (Digesto, libro L, titolo XVI, 163). Fare come se i genitori fossero sessualmente indifferenti è negare le condizioni reali della nascita, che resta dipendente dai due sessi, ed è creare diversi regimi di filiazione. È anche rischiare che il bambino non sia più messo di fronte alla propria differenziazione sessuale, e dunque ai propri limiti. Il “diritto al figlio” che lei critica non è la conseguenza logica di un femminismo libertario e individualista? Di un individualismo, certamente, ma non specificamente femminista. Il principio del “diritto al figlio” esprime il sogno Jean Raoux, «Jeune vestale ranimant le feu sacré» (particolare, circa 1730) di fondare una famiglia ricorrendo a una “madre surrogata”. E tutto ciò in nome dell’“uguaglianza” tra una persona e... due persone. Al di là di ogni ragionevole considerazione, si passa qui sotto silenzio l’utilizzazione di terze persone che devono fornire a chiunque, a un prezzo ragionevole, le cellule o il grembo di “sostitu- a lungo e ferocemente refrattaria all’uguaglianza civile e politica dei due sessi. In altre parole, la gerarchia dei sessi è molto più profonda dei sistemi nei quali s’insinua. Tra l’apparizione di forme moderne di alienazione e il ritorno di forme arcaiche, per il femminismo c’è ancora molto da fare! Una festa lunga un anno per Monteverdi «Sì dolce è ‘l tormento / ch’in seno mi sta / ch’io vivo contento / per cruda beltà»: un’aria che ha attraversato i secoli grazie alla musica di Claudio Monteverdi, affascinando generazioni di artisti dal XVI secolo ai giorni nostri, dall’interpretazione rarefatta e luminosa del controtenore francese Philippe Jaroussky al jazz poetico di Paolo Fresu e Uri Cane. Solo uno dei tanti esempi possibili del genio di un artista amato e stimato anche dai contemporanei, tanto da guadagnarsi l’appellativo di “padre del melodramma”. Per tutto il 2017, a 450 anni dalla sua nascita, Cremona ricorderà il suo compositore più insigne. Fulcro delle celebrazioni sarà un festival musicale a lui dedicato, occasione di alta formazione e perfezionamento musicale all’Accademia Stauffer e all’Istituto Monteverdi. Durante tutto l’anno la città lombarda sarà sede nei prossimi mesi di mostre ispirate al compositore, con due appuntamenti principali: tra aprile e giugno, al Museo del violino, un’esposizione di liuteria al tempo di Monteverdi e, da settembre, al Museo civico, un percorso di arte figurativa. Non mancheranno seminari, giornate di studio e momenti di formazione appositamente pensati per le scuole e per i non specialisti, concerti diffusi e installazioni a tema. Sul sito www.monteverdi450.it è in rete il programma. (silvia guidi) L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 domenica 15 gennaio 2017 Appello dei presuli venezuelani Serve l’impegno di tutti Nel dossier di Caritas Italiana sulla povertà rurale nel mondo Il dramma dei bambini ad Haiti ROMA, 14. Tre quarti degli 800 milioni di persone che vivono in stato di povertà assoluta nel mondo si trovano in aree rurali. È quanto emerge dal primo dossier 2017 di Caritas italiana sulla povertà rurale nel mondo dal titolo: «Ripartire dalla terra. Dalla povertà rurale a nuove politiche per lo sviluppo». Un focus particolare Caritas italiana lo dedica ad Haiti, a sette anni dallo spaventoso sisma che ha causato 230.ooo vittime e dove tre mesi fa un uragano ha ulteriormente aggravato la situazione. Nel paese caraibico, centinaia di migliaia di bambini vivono una situazione drammatica, nonostante il sostegno delle Ong e degli enti caritativi, in particolare Caritas italiana. «Il passaggio di Matthew nell’ottobre dello scorso anno — ha dichiarato a Radio Vaticana Marta Da Costa, unica operatrice Caritas italiana ad Haiti — ha portato molti problemi legati a carenze alimentari, che hanno causato malnutrizione; oltre a questo, ci sono grandi problemi sociali legati anche a violenze familiari e scolastiche. Ci sono difficoltà grandi che i bambini haitiani vivono quotidianamente». Secondo l’Unicef sono seicentomila i piccoli che necessitano di assistenza umanitaria. Finora ad Haiti sono stati finanziati 205 progetti di solidarietà, per un importo di quasi ventiquattro milioni di euro e in diversi ambiti e nelle zone più colpite dal sisma, ma si è comunque intervenuti in tutte e dieci le diocesi. «Gli aiuti continuano e spero che in qualche modo possano continuare ancora. La situazione del paese non è semplice. Non a caso — ha spiegato Da Costa — è uno degli stati più poveri del mondo. Ci sono innumerevoli bisogni e difficoltà, tanto a livello infrastrutturale quanto a livello sociale. Vi sono zone ancora completamente isolate, dove non ci sono strade, non arriva l’acqua, non ci sono neanche scuole e la maggior parte della gente vive di pura sussistenza». L’operatrice della Caritas si sofferma, in parti- colare, su come l’ente ha operato in un paese terribilmente colpito dalle calamità naturali. «L’idea che abbiamo portato avanti è quella dell’accompagnamento. Caritas italiana non si trova ad Haiti per sostituirsi agli haitiani, ma cerchiamo di accompagnarli in una prospettiva di lungo periodo e con interventi volti al raggiungimento dell’autonomia. Siamo intervenuti dopo il terremoto, chiaramente con una prima emergenza che riguardava i bisogni primari, immediati e tuttora abbiamo in atto progetti che riguardano formazione, inclusione sociale, progetti a livello idrico-sanitario, progetti anche di ricostruzione e, ovviamente, nelle zone rurali in cui siamo molto presenti, progetti legati all’agricoltura e all’allevamento». Il focus su Haiti evidenza, inoltre, come «la maggior parte degli haitiani vive di sussistenza e le prime fonti di sostentamento sono agricoltura e allevamento. Lo sviluppo in ambito rurale richiede interventi multisettoriali accompa- I vescovi statunitensi sull’immigrazione cubana Per un trattamento umano WASHINGTON, 14. D isappunto per la decisione dell’amministrazione Obama di revocare la politica delle “porte aperte” verso gli immigrati clandestini cubani è stata espressa dalla Conferenza episcopale statunitense. In una dichiarazione diffusa anche dal sito in rete dell’episcopato, monsignor Joe Steve Vasquez, vescovo di Austin e presidente della commissione sulle migrazioni, si è detto «deluso» per un provvedimento che improvvisamente cancella una norma che è stata un «modello di trattamento umano» del fenomeno migratorio. Il provvedimento dell’amministrazione statunitense, varato a pochi giorni dal cambio della guardia alla Casa Bianca, pone fine alla cosiddetta norma dei “piedi asciutti - piedi bagnati” (wet foot dry foot) che concede automaticamente la residenza agli immigrati cubani che arrivano negli Stati Uniti senza visto. «Con effetto immediato, i cittadini di Cuba che cercheranno di entrare illegalmente e che non siano qualificati per avere assistenza umanitaria saranno soggetti al rimpatrio a Cuba, secondo le leggi degli Stati Uniti», ha spiegato il presidente Barack Obama in una nota, sottolineando come «con questa misura tratteremo i migranti cubani allo stesso modo in cui trattiamo i migranti di altri Paesi». Fu il presidente Bill Clinton a introdurre questo “regime speciale” 22 anni fa. Ma dopo la storica svolta che ha portato alla ripresa delle relazioni diplomatiche tra Stati Uniti e Cuba, per Obama la norma era oramai divenuta obsoleta: «Appartiene ad un’altra era», ha spiegato. L’abrogazione della regola del wet foot dry foot era stata una delle richieste principali di Cuba al tavolo dei negoziati con Washington. Resta però il disappunto dell’episcopato statunitense. «Anche se abbiamo accolto favorevolmente la normalizzazione delle relazioni con Cuba — osserva monsignor Vasquez — la violazione dei diritti umani fondamentali rimane una realtà per alcuni cubani e la politica del wet foot dry foot è uno strumento per assicurare rifugio negli Stati Uniti». Ricordando il contributo importante fornito negli ultimi decenni dagli immigrati cubani all’intera società statunitense, il presule ha poi espresso preoccupazione perché, a suo dire, la cancellazione della normativa «renderà più difficile la ricerca di protezione da parte della popolazione vulnerabile di Cuba, come i richiedenti asilo, i bambini e le vittime della tratta». Di qui anche l’impegno, assunto a nome dell’intero episcopato, a lavorare con l’attuale e poi con la nuova amministrazione «al fine di garantire un trattamento umano per le popolazioni vulnerabili che, da Cuba e altrove, cercano rifugio negli Stati Uniti». gnati da politiche inclusive». Secondo l’ente caritativo, «è fondamentale coinvolgere i più emarginati con investimenti mirati che possano migliorare gli effetti di una rapida trasformazione strutturale in termini di equità nella distribuzione dei benefici da essa generati». Dal dossier Caritas emerge che solo a un quinto delle comunità rurali e delle popolazioni indigene del mondo vengono riconosciuti titoli di proprietà della terra. Inoltre, si registra un incremento di episodi di espropri forzati, violenze e omicidi nei territori in cui queste popolazioni abitano e da cui traggono sostentamento. «Papa Francesco — ricorda la Caritas — in più occasioni ha sottolineato la centralità della “Madre Terra”, ad esempio nell’enciclica Laudato si’. Oggi possiamo dire che i potenti si sono dimenticati delle zone periferiche del pianeta. Lo scandalo della povertà — si legge — esiste in tante zone ma sembra lasciare indifferenti coloro che reggono i destini dei popoli. Certamente non è facile trovare delle soluzioni al problema della povertà. Per passare dalle parole ai fatti è necessario essere coscienti che il Creato non è appannaggio di una minoranza ma è eredità comune a tutta l’umanità. Si calcola che nel 2050 il mondo necessiterà del 60 per cento di cibo in più rispetto ad ora, mentre la riduzione della povertà sembra seguire un processo più lento». CARACAS, 14. I presuli del Venezuela tornano a esprimere profonda preoccupazione per la grave situazione nel paese e sottolineano che «il 2016 è finito in malo modo, con grande disperazione. L’attuale realtà venezuelana è estremamente critica. Una grande oscurità copre il nostro paese. Stiamo vivendo situazioni drammatiche». Nell’esortazione pastorale intitolata «Gesù Cristo luce e cammino per il Venezuela» la Conferenza episcopale riunita nei giorni scorsi a Caracas, in occasione della centosettesima assemblea plenaria ordinaria sottolinea la «grave carenza di cibo e di medicine. Mai prima d’ora abbiamo visto tanti nostri fratelli rovistare nella spazzatura per cercare cibo!». Uno studio dell’Università centrale del Venezuela stima che nel 2017 il tasso di denutrizione dei bambini in età scolare aumenterà del tre per cento rispetto al 2016, e raggiungerà tra i 350.000 e i 380.000 minori. Inoltre, si prevede che la mancanza di generi alimentari si aggraverà, a causa della semina insufficiente del 2016 e della mancanza di risorse per importare cibo. «Il deterioramento della salute pubblica, l’alta malnutrizione nei bambini, l’ideologizzazione dell’istruzione, l’alto tasso di inflazione e la conseguente perdita del potere di acquisto, la corruzione diffusa e l’impunità — sottolineano i vescovi venezuelani — dipingono un quadro a tinte fosche che peggiora ogni giorno che passa». Attualmente, nel paese vivono 3.200.000 bambini al di sotto dei cinque anni. Tra questi, il dodici per cento soffrirà di denutrizione acuta grave nel 2017 se non si interverrà al più presto. La mancanza di cibo e di medicine, inoltre, colpirà anche le donne incinte, le persone anziane, i malati psichiatrici e i detenuti. C’è il rischio che possa registrarsi una mag- giore propensione alle malattie perché il sistema immunitario non avrà difese. La grave crisi economica che affligge il Venezuela è caratterizzata da livelli di inflazione altissimi, da una forte caduta del prodotto interno lordo, oltre che dalla gravissima emergenza alimentare in genere legata alla penuria di prodotti di prima necessità. Il paese, infatti, produce solo il trenta per cento degli alimenti necessari e per importare quanto manca servirebbero 900 milioni di dollari al mese solo per quest’anno. L’episcopato esprime profonda preoccupazione anche per «l’odio e la violenza politica, gli alti tassi di criminalità e di insicurezza, con conseguenze oppressive e distruttive» che «generano una cultura della morte». Durante i lavori della conferenza, il presidente, vescovo di Cumaná, monsignor Diego Rafael Padrón Sánchez, ha ricordato «i 29.000 decessi per morte violenta» e gli oltre 120 prigionieri politici detenuti. Il presule ha citato alcuni fatti accaduti nelle ultime settimane: «il massacro di Barlovento, commesso da gruppi paramilitari, saccheggi e atti di vandalismo a Cumaná, Ciudad Bolívar e altre città, l’aggressione al monastero trappista di Mérida». I vescovi, nella lettera, hanno ricordato il tentativo della Santa Sede di favorire il dialogo tra le parti, rammaricandosi del fatto che al momento non sono arrivati i risultati di questo sforzo. Di qui, l’appello affinché tutte le parti in causa intervengano per «intraprendere azioni che portino al superamento della crisi nel paese», per «riattivare l’apparato produttivo, garantendo lo stato di diritto e la ricostruzione del tessuto sociale», per «promuovere onestà e responsabilità nella vita pubblica e promuovere la riconciliazione tra le persone». Ritrovato in Messico il corpo senza vita di padre Joaquín Hernández Sifuentes Ucciso un altro prete impegnato nella lotta alla droga CITTÀ DEL MESSICO, 14. Un altro prete, impegnato nella difficile lotta al narcotraffico, è stato ucciso in Messico. Padre Joaquín Hernández Sifuentes, di cui non si avevano notizie dal 3 gennaio scorso, è stato trovato morto a Parras, nel Coahuila, giovedì notte. La notizia del ritrovamento del corpo è stata data dal vescovo di Saltillo, monsignor José Raúl Vera López. Secondo le prime ricostruzioni della polizia, il religioso sarebbe morto a causa delle percosse ricevute. Due uomini sono attualmente detenuti, accusati di essere gli autori dell’omicidio. Durante un incontro con i giornalisti, monsignor Vera López ha ringraziato le autorità per il lavoro svolto e ha riferito che non si hanno ancora dettagli certi su quanto accaduto: in particolare sul momento, il luogo e i motivi per cui il sacerdote è stato assassinato. In ogni caso, «la Chiesa — ha sottolineato il presule — può concedere il perdono per i presunti assassini del sacerdote, ma dovrà pesare su di loro la giustizia da parte delle autorità». Il presule ha rivolto parole di conforto ai familiari della vittima: «Abbraccio la mamma, Juanita, i fratelli e le sorelle per le sofferenze provate». Monsignor Vera López ha ricordato che da quando è vescovo di Saltillo, è la prima volta che vive una situazione del genere, e ha invitato i cittadini a rendersi conto che anche i membri del clero possono diventare vittime di qualsiasi reato, come tutta la società. La Chiesa diocesana, alla notizia del ritrovamento del cadavere, ha deciso subito di riunirsi per pregare, riflettendo sulla difficoltà e i rischi nell’annuncio della parola del Vangelo in una terra che sta soffrendo molto e che sta assistendo a un’escalation di violenza. «Viviamo — ha ricordato il vescovo di Saltillo — in un ambiente deteriorato, in una società frammentata dove i sacerdoti non vivono sotto una campana di vetro». Lunedì il corpo di padre Joaquín Hernández Sifuentes sarà portato nella cattedrale di Saltillo, dove la comunità si riunirà per dargli l’ultimo saluto. Dal 2006 a oggi — riferisce il sito del «Sismografo» — sono stati assassinati in Messico trentasette sacerdoti. Solo nel corso dell’ultimo anno sono stati uccisi tre preti e quattro seminaristi. L’OSSERVATORE ROMANO domenica 15 gennaio 2017 pagina 7 Aveva novantaquattro anni È morto il cardinale Agustoni Domenica il Papa in visita alla parrocchia romana di Santa Maria a Setteville Magi di periferia di MAURIZIO FONTANA Venerdì 13 gennaio è morto il cardinale svizzero Gilberto Agustoni, prefetto emerito del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. Nato il 26 luglio 1922 a Schaffhausen, nella diocesi di Basel, era stato ordinato sacerdote il 20 aprile 1946. Eletto il 18 dicembre 1986 alla chiesa titolare di Caorle, con il titolo personale di arcivescovo, era stato nominato segretario della Congregazione per il clero. Il 6 gennaio 1987 aveva ricevuto l’ordinazione episcopale. Il 2 aprile 1992 era stato nominato pro-prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. Nel concistoro del 26 novembre 1994 Giovanni Paolo II lo aveva creato e pubblicato cardinale diacono dei Santi Urbano e Lorenzo a Prima Porta, diaconia poi elevata pro hac vice a titolo presbiterale. Ricevuta la porpora era divenuto prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, ricoprendo l’incarico fino al 5 ottobre 1998. Le esequie saranno celebrate martedì 17 gennaio alle ore 10 all’altare della cattedra nella basilica di San Pietro e presiedute dal cardinale decano Angelo Sodano. Insigne giurista, già segretario del cardinale Alfredo Ottaviani, Gilberto Agustoni dal 1° luglio 1950 ha messo la sua esperienza a servizio diretto della Santa Sede. Uomo austero, tracciò un proprio profilo spirituale nella riflessione del 12 novembre 2000, alla preghiera vespertina giubilare in piazza San Pietro, indicando come prioritarie le dimensioni dell’umiltà, del perdono e della penitenza che portano alla Il cordoglio del Pontefice Appresa la notizia della morte del cardinale Agustoni, il Pontefice ha espresso il proprio cordoglio in un telegramma inviato alla signora Luisa Santandrea, nipote del porporato svizzero. Nell’apprendere la triste notizia della scomparsa del suo caro zio Cardinale Gilberto Agustoni, desidero esprimere a Lei e ai familiari la mia partecipazione al lutto che colpisce quanti conobbero e stimarono il compianto porporato, per tanti anni sincero e solerte collaboratore della Santa Sede in particolare come prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, offrendo una testimonianza di zelo sacerdotale e di fedeltà al vangelo. Mentre elevo fervide preghiere al Signore Gesù affinché, per intercessione della Vergine Maria, voglia donare al defunto Cardinale il premio eterno promesso ai suoi fedeli discepoli, invio di cuore a Lei, alle religiose figlie di Santa Maria di Leuca, che lo hanno assistito, e a quanti ne piangono la dipartita la benedizione apostolica. FRANCISCUS PP. conversione, e mettendo in guardia dalla ricerca di successo e guadagno che «prima di essere un problema economico è un problema dell’anima». Dal padre, funzionario statale originario del Ticino, e dalla madre, nativa di una cittadina sulle rive del lago di Costanza, aveva ricevuto un’educazione cristiana rigorosa, insieme alla sorella e ai quattro fratelli, due dei quali divennero presbiteri. Volendo farsi sacerdote, entrò giovanissimo nel seminario diocesano di Lugano seguendo i passi del fratello maggiore Luigi. Terminato il liceo, il vescovo Angelo Giuseppe Jelmini lo inviò a Roma dove iniziò a studiare filosofia alla Pontificia università San Tommaso d’Aquino. A causa della guerra il vescovo lo ri- chiamò in Svizzera per farlo laureare in teologia all’Università di Friburgo. Sacerdote dal 1946, ordinato nella cattedrale di Lugano, è stato vice assistente generale dell’Azione cattolica occupandosi della formazione degli studenti nelle varie sedi universitarie svizzere. E ha anche elaborato itinerari formativi, soprattutto per gli scout. Nel 1950, a Roma, iniziò a collaborare con monsignor Alfredo Ottaviani (1890-1979), dal 1953 pro-segretario della Congregazione del Sant’Uffizio, che subito apprezzò la preparazione teologica del giovane sacerdote e dovette insistere con monsignor Jelmini, che aveva su di lui altri progetti, per ottenere il permesso di trattenerlo a Roma come suo segretario. Agustoni stesso ricordava come Ottaviani avesse chiesto a Pio XII «la licenza di assumere un sacerdote non ancora trentenne presso un Dicastero dalle competenze particolarmente gravi e delicate, soprattutto prima della riforma avvenuta dopo il concilio Vaticano II». E il cardinale Ottaviani ha poi seguito con attenzione il percorso di formazione del suo collaboratore: per completare la sua preparazione nelle scienze teologiche lo incoraggiò a intraprendere gli studi di diritto alla Pontificia università Lateranense. Nel frattempo Agustoni continuava a prestare il suo servizio al Sant’Uffizio, fino a diventarne capo ufficio. In quegli anni fu anche nominato commissario presso la Congregazione per la disciplina dei Sacramenti per la trattazione delle cause matrimoniali. Subito dopo il concilio Vaticano II divenne consultore del Consilium ad exsequendam Constitutionem de Sacra Liturgia, «fungendo in tale veste — come ebbe a ricordare — anche da collegamento tra i due Dicasteri che erano massimamente coinvolti nella difficile e storica impresa del rinnovamento liturgico post-conciliare». In seguito venne nominato consultore della Congregazione per il culto divino, istituita da Paolo VI. Nel maggio 1970 divenne prelato uditore del Tribunale della Rota Romana. Un ufficio portato avanti fino al 18 dicembre 1986, quando Giovanni Paolo II lo elesse arcivescovo e nominò segretario della Congregazione per il clero, conferendogli poi personalmente l’ordina- Ufficio delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice Cappella papale per le esequie NOTIFICAZIONE † Il cardinale Dominique Mamberti, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, il segretario monsignor Giuseppe Sciacca, i prelati, gli officiali, i collaboratori del dicastero annunciano il passaggio alla vita eterna di Sua Eminenza reverendissima il cardinale GILBERTO AGUSTONI prefetto emerito Mentre, con grata memoria ne ricordano il serio e competente ministero lungamente svolto a servizio della Santa Sede, lo raccomandano all’amore misericordioso del Signore Gesù che ha promesso generosa ricompensa ai suoi servi fedeli. Città del Vaticano, 14 gennaio 2017 zione episcopale il 6 gennaio 1987, nella basilica Vaticana. Christus spes gloriae il suo motto episcopale. Monsignor Agustoni ha svolto la sua attività alla Congregazione per il clero in un momento particolarmente significativo per due avvenimenti di grande portata ecclesiale. Anzitutto la preparazione e la celebrazione, nel 1990, dell’ottava Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi sulla formazione del clero. E inoltre la collaborazione con la commissione per la redazione del nuovo Catechismo della Chiesa cattolica, istituita da Giovanni Paolo II e presieduta dal cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. La Congregazione per il clero venne chiamata a dare un contributo — ricordava Agustoni — «per la sua competenza specifica, istituzionale nel campo della catechesi». In particolare, proprio al segretario del Dicastero era stato chiesto di coordinare la collaborazione con la commissione. Inoltre, sempre nella veste di segretario della Congregazione per il clero, è stato membro di diritto del Consiglio internazionale per la catechesi. Agustoni ha poi svolto una parte attiva anche nella elaborazione della Costituzione apostolica Pastor bonus sulla Curia romana (28 giugno 1988) e del Regolamento generale della Curia romana, approvato da Giovanni Paolo II nel febbraio 1992. Nel maggio 1991 fu nominato membro del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. Un anno dopo, il 2 aprile 1992, ne divenne pro-prefetto, succedendo al cardinale Achille Silvestrini; e come tale venne nominato anche pro-presidente della Corte di Cassazione della Città del Vaticano. Con la porpora cardinalizia, il 9 novembre 1994, divenne prefetto del Supremo tribunale, incarico che ha mantenuto fino al 1998. Prese parte a quattro assemblee del Sinodo dei vescovi. Dopo l’assise del 1990, intervenne ai due sinodi del 1994: alla prima assemblea speciale per l’Africa — con una relazione sulla «retta amministrazione della giustizia nella Chiesa» — e alla nona assemblea generale ordinaria dedicata alla vita consacrata. Nel 1997 partecipò all’assemblea speciale per l’America. Più volte inviato speciale del Papa, nella Curia romana ha fatto parte di diversi Dicasteri. Martedì 17 gennaio 2017, alle ore 10, all’Altare della Cattedra della Basilica Vaticana, avranno luogo le Esequie del Signor Cardinale Gilberto Agustoni, del titolo dei Santi Urbano e Lorenzo a Prima Porta. La Liturgia Esequiale sarà celebrata dal Signor Cardinale Angelo Sodano, Decano del Collegio Cardinalizio, insieme con gli Em.mi Signori Cardinali e gli Ecc.mi Arcivescovi e Vescovi. Al termine della Celebrazione Eucaristica, il Santo Padre Francesco presiederà il rito dell’Ultima Commendatio e della Valedictio. I Signori Cardinali, gli Ecc.mi Arcivescovi e Vescovi che desiderano concelebrare vorranno trovarsi alle ore 9.30 nella sagrestia della Basilica Vaticana per indossare le vesti sacre, portando con sé: i Signori Cardinali la mitra bianca damascata, gli Ecc.mi Arcivescovi e Vescovi la mitra bianca semplice. *** Coloro che, in conformità al Motu Proprio “Pontificalis Domus”, fanno parte della Cappella Pontificia e intendono partecipare al Sacro Rito, indossando il proprio abito corale completo, sono pregati di trovarsi per le ore 9.30 presso l’Altare della Cattedra per occupare il posto che sarà loro indicato. Città del Vaticano, 14 gennaio 2017 Per mandato del Santo Padre Mons. Guido Marini Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie «Il nostro esempio sono i magi. Loro non cercavano cose: cercavano il Signore». Don Luigi Tedoldi ama sintetizzare così il programma pastorale della parrocchia di Santa Maria a Setteville, nel comune di Guidonia ma in diocesi di Roma, che domenica 15 gennaio accoglie Papa Francesco. «La gente cerca sempre tante cose — incalza con entusiasmo il sacerdote che qui è per tutti don Gino — cerca la pace, ma la pace non la troveremo mai se non troviamo il Signore. Ecco il nostro costante impegno: cerchiamo il Signore, portiamo il Signore. Corriamo al Signore come fecero i magi e i pastori. Allora avremo la pace in famiglia, la riconciliazione quando si litiga, la carità, un cuore indulgente e caritatevole». Nell’estrema periferia orientale della diocesi di Roma, segnata da una fame di lavoro che mina giorno dopo giorno la solidità delle famiglie, il primo impegno, secondo il settantenne don Gino, è quello di «creare un ambiente cristiano». La parrocchia, dice, «non è una onlus, o una agenzia sociale. Noi annunciamo Cristo crocifisso e risorto. È lui che ha il potere di aprire i cuori, anche a livello sociale». È in questo fazzoletto di terra, abitato da circa cinquemila persone raccolte in una decina di palazzoni, che Papa Francesco riprenderà, dopo la pausa dell’anno giubilare, le visite alle parrocchie della sua diocesi. Era già venuto in questa borgata il 16 marzo 2014, per incontrare i parrocchiani di Santa Maria dell’O razione. Il vescovo di Roma torna per incontrare un suo sacerdote malato, don Giuseppe Berardino, viceparroco di Santa Maria a Setteville. Il prete quarantasettenne è da due anni colpito da una grave forma di sclerosi laterale amiotrofica. «È stata questa — ci spiega don Gino — una vicenda che ha colpito moltissimo l’intera comunità. Tutto è cominciato con una caduta a un campo estivo con i ragazzi: in due mesi è rimasto completamente paralizzato». Don Giuseppe prestava servizio in parrocchia già da dodici anni, era ed è amatissimo da tutti. «Aveva la fila al confessionale, e spesso dovevo chiedere ai parrocchiani di non soffocarlo». A testimonianza di questo legame, oggi, ad assisterlo, oltre a due infermieri, ci sono una ventina di giovani sposi che ogni sabato e domenica si alternano accanto a lui: «Nei suoi confronti c’è grande riconoscenza e gratitudine». Don Gino parla con molta partecipazione di questo legame, è evidente che per lui è espressione dello stile che da ventuno anni cerca di dare alla sua comunità. La parrocchia è di giovane costituzione. Nasce nel 1973 quando il cardinale D ell’Acqua chiamò dei preti piemontesi a prendersi cura della scarsa popolazione che viveva, in pieno clima di abusivismo selvaggio, in un’area molto vasta, oggi divisa in tre parrocchie. Gli abitanti sono per lo più famiglie provenienti soprattutto dal sud Italia. Con loro, ci racconQuesto rapporto personale ta il parroco, «insieme ai miei è una delle vie che la parrocvalidissimi collaboratori, ab- chia ha per entrare in contatto biamo portato avanti anno do- con la realtà al di fuori delle po anno un lavoro paziente. sue mura, per “toccare la carChe ha portato frutti: pensi ne” del piccolo centro di Setche una parrocchia così picco- teville. «Il tessuto sociale della la ha tre preti ordinati e cin- parrocchia — ci spiega don Gino — è caratterizzato da una que seminaristi!». emergenza, All’attività pastorale parteci- fondamentale pano attivamente anche otto quella del lavoro. Il lavoro comunità neocatecumenali. Da precario porta alla difficoltà a queste, ad esempio, provengo- pagare il mutuo o le bollette. no le dodici coppie che si im- E su questo versante la parrocpegnano a seguire il post-cre- chia interviene in maniera sima: in tutto 120 ragazzi che massiccia. Facciamo anche ogni settimana si ritrovano un’opera di distribuzione di nelle case di queste famiglie a viveri, ma il lavoro più preziofare un percorso formativo cri- so che portiamo avanti, è prostiano. È questo un aspetto al prio l’individuazione di coppie quale don Gino tiene molto: che hanno difficoltà nella ge«Ai ragazzi proponiamo anche momenti ricreativi, ma l’80 per cento del cammino è formativo. Bisogna insistere su questo. A livello pastorale c’è chi vorrebbe maggiormente puntare sull’aspetto ludico. Ma i ragazzi hanno millecinquecento possibilità di svago che la parrocchia non potrà mai dare. Noi non possiamo competere nel campo ricreativo. Possiamo invece governare la loro ricreazione se li formiamo. E i ragazzi si entusiasmano». Inoltre, continua, «questo accompagnamento postcresima ci consente di seguire al meglio quanto indicato da Papa Edmund Lewandowski, «I tre re» (1949) Francesco riguardo la formazione dei giovani e l’accompagnamento nelle lo- stione economica della casa, ro scelte vocazionali. Nascono giovani in cerca di lavoro, così matrimoni cristiani». Un donne e uomini licenziati, esolavoro prezioso, così come dati». Bisogna tener conto, quello delle 11 coppie che si poi, che qui la parrocchia è dedicano invece ai genitori anche l’unico luogo di aggregazione se si fa eccezione per la piazza e i bar dove è purtroppo grave il pericolo dello spaccio. «In parrocchia — aggiunge il sacerdote — abbiamo realizzato un centro ricreativo per proteggere i nostri ragazzi. Ma ripeto, il momento ricreativo funziona perché prima c’è quello formativo». Papa Francesco, dopo la visita a don Giuseppe, nel pomeriggio di che hanno bambini da battezzare. «Molti di loro non sono neanche sposati. Facciamo gli incontri prima del sacramento, poi continuiamo con un incontro al mese, una giornata intera che chiamiamo “Tobia e Sara”». Ogni anno a Santa Maria a Setteville si celebrano un’ottantina di battesimi. domenica incontrerà tutti questi ragazzi e con loro anche le famiglie dei bambini battezzati nel 2016, una trentina di malati e gli operatori pastorali. Quindi, dopo aver confessato alcuni parrocchiani, celebrerà la messa per tutta la comunità. Nomina episcopale in India La nomina di oggi riguarda la Chiesa siro-malabarese. Thomas Tharayil ausiliare dell’arcieparchia di Changanacherry Nato a Changanacherry il 2 febbraio 1972, è entrato nel seminario minore di Kurichy e ha completato gli studi istituzionali a Saint Thomas Apostolic Seminary, Vadavathoor. Ordinato presbitero il 1° gennaio 2000, ha conseguito la licenza e il dottorato in psicologia a Roma presso l’Università Gregoriana. È stato segretario dell’arcivescovo Powathil, vice-parroco di diverse comunità, professore in vari seminari e collegi, e attualmente era direttore dell’Istituto di formazione Danahalaya. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 domenica 15 gennaio 2017 Papa Francesco denuncia i mali di una globalizzazione irresponsabile Quando si ignora la miseria I rischi paventati da Giovanni Paolo II si sono ampiamente verificati «Coloro che causano o permettono lo scarto degli altri» diventano essi stessi «macchine senza anima, accettando implicitamente il principio che anche loro, prima o poi, verranno scartati. È un boomerang». Parlando a una delegazione della Global Foundation, ricevuta sabato mattina 14 gennaio nella Sala Clementina, Papa Francesco ha messo in guardia da una «società che ha messo al centro il dio denaro» e ha invitato a usare «intelligenza» e «risorse» per «risanare i mali prodotti da una globalizzazione irresponsabile». Cari Amici, Sono lieto di trovarmi con voi in questa nuova edizione della “Tavola Rotonda” di Roma della Global Foundation, nella quale vi riunite, ispirati dal motto della stessa Fondazione — “Insieme ci impegniamo per il bene comune globale” (“Together we strive for the global common good”) —, per individuare le vie giuste, capaci di condur- re ad una globalizzazione “cooperativa” cioè positiva, opposta alla globalizzazione dell’indifferenza. La finalità è quella di assicurare che la comunità globale, formata dalle istituzioni, dalle aziende e dai rappresentanti della società civile, possa raggiungere effettivamente gli obiettivi e obblighi internazionali solennemente dichiarati e assunti, come ad esempio quelli dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e gli Obiettivi di Sviluppo sostenibile. Anzitutto vorrei ribadire che è inaccettabile, perché disumano, un sistema economico mondiale che scarta uomini, donne e bambini, per il fatto che questi sembrano non essere più utili secondo i criteri di redditività delle aziende o di altre organizzazioni. Proprio questo scarto delle persone costituisce il regresso e la disumanizzazione di qualsiasi sistema politico ed economico: coloro che causano o permettono lo scarto degli altri — rifugiati, bambini abusati o schiavizzati, poveri che muoiono per la strada quando fa freddo — diventano essi stessi come macchine senza anima, accettando implicitamente il principio che anche loro, prima o poi, verranno scartati — è un boomerang questo! Ma è la verità: prima o poi loro verranno scartati — quando non saranno più utili ad una società che ha messo al centro il dio denaro. Nel 1991, san Giovanni Paolo II, di fronte al crollo di sistemi politici oppressivi e alla progressiva integrazione dei mercati che ormai chiamiamo abitualmente globalizzazione, avvertiva il rischio che si diffondesse ovunque l’ideologia capitalistica. Essa avrebbe comportato una scarsa o nulla considerazione per i fenomeni dell’emarginazione, dello sfruttamento e dell’alienazione umana, ignorando le moltitudini che vivono ancora in condizioni di miseria materiale e morale, e affidandone fideisticamente la soluzione unicamente al libero sviluppo delle forze del mercato. Il mio Predecessore, domandandosi se un tale sistema economico fosse il modello da proporre a coloro che cercavano la via del vero progresso economico e sociale, giunse a una risposta nettamente negativa. Questa non è la via (cfr. Centesimus annus, 42). Purtroppo, i rischi paventati da san Giovanni Paolo II si sono ampiamente verificati. Tuttavia, nello stesso tempo si sono sviluppati e attuati tanti sforzi di individui e di istituzioni per risanare i mali prodotti da una globalizzazione irresponsabile. Madre Teresa di Calcutta, che ho avuto la gioia di proclamare Santa alcuni mesi fa e che è un simbolo e un’icona dei nostri tempi, in qualche modo rappresenta e riassume tali sforzi. Lei si è chinata sulle persone sfinite, lasciate morire ai margini della strada, riconoscendo in ciascuna di esse la dignità data da Dio. Ha accolto ogni vita umana, quella non nata e quella abbandonata e scartata, e ha fatto sentire la sua voce ai potenti della terra perché riconoscessero i crimini della povertà creata da loro stessi (cfr. Omelia per la canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta, 4 settembre 2016). Questo è il primo atteggiamento che può portare ad una globalizzazione solidale e cooperativa. Occorre, innanzitutto, che ognuno, personalmente, non sia indifferente alle ferite dei poveri, ma impari a com-patire con coloro che soffrono per le persecuzioni, la solitudine, lo spostamento forzato o per la separazione dalle loro famiglie; con coloro che non hanno accesso alle cure sanitarie; con coloro che patiscono la fame, il freddo o il caldo. Questa compassione farà sì che gli operatori economici e politici possano usare la loro intelligenza e le loro risorse non solo per controllare e monitorare gli effetti della globalizzazione, ma anche per aiutare i responsabili nei diversi ambiti politici — regionali, nazionali e internazionali — a correggerne l’orientamento ogni volta che sia necessario. La politica e l’economia, infatti, dovrebbero comprendere l’esercizio della virtù della prudenza. La Chiesa è sempre fiduciosa, perché conosce le grandi potenzialità dell’intelligenza umana che si lascia aiutare e guidare da Dio e anche la buona volontà di piccoli e grandi, poveri e ricchi, imprenditori e lavoratori. Pertanto vi incoraggio a portare avanti il vostro impegno, sempre guidati dalla Dottrina sociale della Chiesa, promuovendo una globalizzazione cooperativa insieme con tutti gli attori coinvolti — società civile, governi, organismi internazionali, comunità accademiche e scientifiche e altri — ed auguro ogni successo al vostro lavoro. Vi ringrazio della vostra attenzione e vi assicuro la mia preghiera; e vi prego di portare il mio personale saluto, insieme con la mia benedizione, alle vostre famiglie e ai vostri collaboratori. Grazie. Intervista al cardinale presidente del nuovo dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale Per dare voce ai minori migranti di NICOLA GORI Di fronte alla drammatica «situazione dei migranti minorenni racchiusi nei centri di detenzione e nei campi di permanenza obbligatori, dove si trovano segregati, senza possibilità di frequentare normalmente la scuola, e con il rischio di essere reclutati dalla criminalità organizzata, urge trovare alternative che rispettino l’importanza dell’unità della famiglia». È l’appello lanciato dal cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, alla vigilia della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, dedicata quest’anno proprio ai «migranti minorenni, vulnerabili e senza voce». In questa intervista al nostro giornale il porporato parla anche del nuovo dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale da lui presieduto. Domenica 15 ricorre la 103a Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Non c’è il rischio di celebrare solo i morti in mare? Questa giornata ha, certamente, tra le sue finalità, il ricordo e la denuncia degli accadimenti dell’ultimo anno. Non possiamo dimenticare, infatti, tutti coloro che, volendo scappare da morte sicura o cercando un futuro migliore, hanno perso la vita o soffrono pene indicibili. Se guardiamo il solo contesto mediterraneo, le statistiche parlano di oltre cinquemila migranti morti in mare durante il viaggio verso l’Europa nel 2016. Ci troviamo di fronte al peggior bilancio annuale mai registrato in termini di perdite di vite umane. E tra loro numerosi sono, purtroppo, i bambini; ricordiamo il caso del piccolo Aylan nel settembre 2015. Da allora nel mare sono morti più di 400 minori. Eppure, dobbiamo sforzarci di allargare lo sguardo, ed essere consapevoli delle realtà che affliggono anche gli altri continenti. Ad esempio, in America sono molti i bambini che sono costretti a muoversi da un Paese all’altro. Secondo l’Agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr), più della metà dei rifugiati nel mondo ha una età inferiore a 18 anni, e i dati indicano anche che, nel 2015, la cifra di bambini non accompagnati che hanno cercato rifugio è arrivata quasi a 100.000. Quindi, ci troviamo davanti a un problema attuale e urgente, che coinvolge tutto il pianeta e che richiede la nostra attenzione e il nostro impegno. Per questo, invitiamo tutti i cristiani a prendere consapevolezza della sfida sociale e pastorale che rappresenta la situazione dei minori migranti e rifugiati. Questa giornata mondiale, però, è anche un’occasione per sottolineare tanti elementi positivi. Il movimento migratorio rappresenta esso stesso una ric- chezza: a livello di risorse umane; per il beneficio economico che apporta; e nel suo aspetto culturale. E questi sono solo alcuni degli aspetti positivi che la migrazione porta con sé. Da parte di chi accoglie, poi, non possiamo dimenticare tutte quelle risposte generose e creative messe in atto sia dalla società civile sia dalla Chiesa. mi tempi è intervenuto più volte sul dramma dei bambini, anche migranti, che da soli devono affrontare abusi o violenze nei loro confronti. Cosa si può fare per arginare questo fenomeno? È vero. Le statistiche evidenziano questo triste incremento. Se, per esempio, parliamo della situazione italiana, constatiamo che i minori non accompagnati sbarcati nel paese sono addirittura radMinori migranti e rifugiati e seconde generadoppiati, passando da 12.360 nel 2015 a zioni costituiscono un elemento importante 25.772 nel 2016. Ed essere soli li rende inedella crescita delle nostre società. Quali struvitabilmente più vulnerabili, e li fa cadere menti abbiamo per integrarli? vittime della tratta per scopi indegni. Di Benedetto XVI ha voluto dedicare ben fronte a ciò, il Pontefice leva continuadue messaggi ai giovani migranti, nel mente la propria voce per denunciare que2008 e nel 2010. Egli rifletteva sulle sfide sta drammatica situazione, ad esempio, che i giovani devono affrontare nei luoghi nella recente Lettera ai vescovi nella Festa di arrivo, e rivolgeva la sua attenzione, in dei Santi Innocenti e nel discorso al corpo modo particolare, al supporto della fami- diplomatico dello scorso 9 gennaio. Nel messaggio del 2017, il Papa incoraggia la protezione e la difesa dei minori migranti, partendo dalla conoscenza dei fattori che contribuiscono a creare uno stato di vulnerabilità, come la mancanza dei mezzi di sopravvivenza, il basso livello di alfabetizzazione, e l’ignoranza delle leggi, della cultura e della lingua. Spesso si vuole rispondere con politiche d’immigrazione più restrittive, controlli più severi alle frontiere e lottando contro la criminalità organizzata. È necessario però affrontare le cause Una bambina nel campo profughi di Gevgelija in Macedonia (Reuters) più profonde del fenomeno. Papa Francesco glia e della scuola. Papa Francesco, oggi, ribadisce che anche una collaborazione approfondisce tale riflessione e pone l’ac- sempre più stretta tra immigrati e comunicento sulla sollecitudine della Chiesa per i tà che li accolgono aiuta ad arginare il fe«fanciulli che sono tre volte indifesi per- nomeno. E tante persone, ricordiamolo ché minori, perché stranieri e perché iner- sempre, si spendono già quotidianamente, mi, quando, per varie ragioni, sono forzati mettendo instancabilmente le loro vite al a vivere lontani dalla loro terra d’origine e servizio di questi bambini. separati degli affetti familiari». La tutela dei loro diritti in base all’ordinamento Questo aumento esponenziale del numero dei giuridico internazionale è di fondamentale minori stranieri non accompagnati trova la importanza. Il principio del superiore in- necessaria accoglienza? teresse del bambino è sancito dall’articolo Nel suo messaggio, una delle quattro 3 della Convenzione sui diritti dell’Infanzia direttrici indicate dal Pontefice come ridel 1989. Perciò, le autorità dei Paesi che sposta al fenomeno della migrazione miaccolgono hanno l’obbligo di garantirli. norenne è proprio la necessità d’integrazione. Questa è, per molti, un periodo di Secondo le statistiche il numero dei minori instabilità, nel quale si deve fare una transtranieri non accompagnati è quasi raddop- sizione dalla cultura e società di origine a piato in un anno. Papa Francesco negli ulti- una nuova vita nel Paese di arrivo. Tanti sperimentano la cosiddetta «difficoltà della duplice appartenenza». Per tale motivo, il Papa richiama alla necessità dell’«adozione di adeguate politiche di accoglienza, di assistenza e di inclusione», e dell’«inserimento sociale dei minori migranti, o programmi di rimpatrio sicuro e assistito». Il Canada, nel 1996, è diventato il primo tra i Paesi che hanno introdotto direttive specificamente mirate ai minorenni richiedenti asilo, ma molti altri governi affrontano con difficoltà la questione e le loro azioni oscillano tra l’adozione di rigide misure di controllo e sforzi tesi a seguire l’articolo 22 della Convenzione sui diritti dell’Infanzia, che richiede ai Paesi firmatari di fornire una protezione e un’assistenza adeguata ai bambini. In tale contesto, il Pontefice ha voluto rivolgere una particolare attenzione alla situazione dei migranti minorenni racchiusi nei centri di detenzione e campi di permanenza obbligatori, dove si trovano segregati, senza possibilità di frequentare normalmente la scuola, e con il rischio di essere reclutati dalla criminalità organizzata. Urge trovare alternative che rispettino l’importanza dell’unità della famiglia. In più, come nota Papa Francesco, rimane fondamentale la creazione di iniziative di cooperazione tendenti a ridurre le cause dell’emigrazione. Per quanto detto, e in vista dell’integrazione dei migranti e rifugiati minorenni, è logicamente fondamentale avere una legislazione specifica che venga incontro alle loro specifiche problematiche. Favorire il ricongiungimento familiare o, nel caso in cui non sia possibile, promuovere la loro accoglienza da parte di famiglie, evitando così per quanto possibile i campi e altri centri, sarebbe un buon inizio. Punto importante è anche quello dell’integrazione scolastica nel sistema educativo nazionale, offrendo specifici itinerari formativi d’integrazione adatti alle loro esigenze, in modo da garantire la loro preparazione e dotarli delle basi necessarie per un corretto inserimento nel nuovo mondo sociale, culturale e professionale. E non possiamo dimenticare il bisogno che il passaggio dal paese di partenza al paese di arrivo sia sicuro, per esempio attraverso corridoi umanitari. Questa è la prima Giornata mondiale che si celebra dall’istituzione del nuovo Dicastero per la promozione dello sviluppo umano integrale, entrato nelle sue funzioni dal 1° gennaio. Quali sono state le priorità della vostra attività in queste prime settimane? Il Dicastero sta prendendo forma, riunione dopo riunione, con la necessità di dare un profilo unitario a quelle che erano le funzioni di quattro diversi Pontifici Barcone di migranti sul Mediterraneo (Afp) consigli: Giustizia e pace, Pastorale dei migranti e degli itineranti, Cor Unum e Operatori sanitari. Dal motuproprio Humanam progressionem (17 agosto 2016) all’entrata in vigore del Dicastero (1° gennaio 2017) abbiamo avuto tempi un po’ stretti per la riorganizzazione. Per questo abbiamo chiesto una proroga al Papa, che ce l’ha concessa, fino a Pasqua. Nel nuovo Dicastero è previsto un ufficio di ricerca e studio; un ufficio che si occuperà dell’applicazione pratica dei progetti; un ufficio che si occuperà in maniera sistematica della comunicazione, del rapporto con il mondo, per dialogare non solo con i nostri usuali interlocutori, ma per uscire Lo sfruttamento senza scrupoli fa molto male ai bambini trattati come merce e resi schiavi. Dio benedica quelli che li liberano @M_RSezione (@Pontifex_it) all’incontro con tutti e attuare la sfida di promuovere il bene della società. Il tema migratorio ha assunto un peso sempre più grave al giorno d’oggi. La creazione di una Sezione per i migranti e i rifugiati dimostra tutta l’attenzione del Papa alla delicata questione del fenomeno migratorio. Tale Sezione si avvarrà della collaborazione di esperti in materia e manterrà contatti specifici con gli organismi internazionali dell’ambito migratorio. La Chiesa, sotto la guida del Papa, è sempre più chiamata a offrire gesti concreti di prossimità e di umanità, elementi essenziali di quello sviluppo a cui milioni di bambini hanno diritto.