l`osservatore romano
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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum Anno CLVII n. 30 (47.464) POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano lunedì-martedì 6-7 febbraio 2017 . All’indomani dell’appello in favore della vita lanciato all’Angelus il Papa incontra una delegazione ecumenica tedesca Forze curde attaccano la città siriana controllata dall’Is Abbiamo lo stesso battesimo Scatta l’offensiva su Raqqa E in un videomessaggio per il Super Bowl ribadisce l’importanza di una cultura dell’incontro Un invito a «inoltrarsi su percorsi nuovi» per giungere all’unità tra tutti i cristiani è stato rivolto dal Papa alla delegazione ecumenica della Chiesa evangelica in Germania, ricevuta in udienza lunedì mattina, 6 febbraio. «Abbiamo lo stesso Battesimo: dobbiamo camminare insieme, senza stancarci!» ha esortato il Pontefice. Del resto, la presenza all’incontro del cardinale Marx, presidente della Conferenza episcopale tedesca, ha testimoniato proprio «una collaborazione di lunga data ed espressione di un rapporto ecumenico maturato negli anni». Da qui l’esortazione del Pontefice ad «andare avanti su questa strada benedetta di comunione fraterna, proseguendo con coraggio e decisione verso un’unità sempre più piena». E in proposito il Papa considera significativo che nel «500° anniversario della Riforma, cristiani evangelici e cattolici colgano l’occasione della commemorazione comune degli eventi storici del passato per mettere nuovamente Cristo al centro dei loro rapporti». Anche perché, ha fatto notare, «ciò che animava e inquietava i riformatori era, in fondo, indicare la strada verso Cristo». Ed è, ha aggiunto, anche «quello che deve starci a cuore oggi, dopo aver nuovamente intrapreso, grazie a Dio, una strada comune». Ecco quindi che «quest’anno di commemorazio- y(7HA3J1*QSSKKM( +/!z!$!"!_! Mezzo milione di rohingya trasferiti su un’isola DACCA, 6. Circa mezzo milione di rifugiati della minoranza etnica musulmana dei rohingya, fuggiti dal Myanmar, dove sono sistematicamente perseguitati, ed attualmente residenti in Bangladesh, saranno al più presto possibile trasferiti dalla zona di Cox’s Bazar, sull’isola di Thengar Char, nella baia del Bengala. Il distretto di Cox’s Bazar, attualmente disabitato, sarà attrezzato con tutte le infrastrutture socio-sanitarie necessarie. Lo riferisce il portale di notizie BdNews24. Il progetto, ha reso noto Abul Hassan Mahmood Ali, alto responsabile del ministero degli esteri bengalese, è stato presentato ieri da rappresentanti del governo di Dacca ad un gruppo di 60 diplomatici accreditati e a responsabili di organizzazioni internazionali umanitarie e di assistenza sociale. Le violenze e le vessazioni in Myanmar contro i rohingya — definiti dalle Nazioni Unite il popolo più perseguitato al mondo — non si sono fermate neanche con l’arrivo al governo del premio Nobel per la pace (1991) Aung San Suu Kyi. Secondo fonti ministeriali a Dacca, il progetto sarebbe stato ben accolto e incoraggiato dai diplomatici stranieri, che hanno offerto tutto il possibile aiuto per il suo successo. In base ai rapporti dell’O nu, quasi 70.000 persone sono fuggite nelle ultime settimane dal Myanmar verso il Bangladesh dall’inizio di vaste operazioni di rastrellamento dell’esercito governativo di Naypyidaw. Si calcola che siano circa un milione i rohingya in Myanmar, soprattutto nello stato nordoccidentale del Rakhine, al confine con il Bangladesh, di cui oltre 100.000 vivono da quattro anni in squallidi e fatiscenti campi di sfollati sorti dopo un’esplosione di violenze settarie. ne offre l’opportunità di compiere un ulteriore passo in avanti, guardando al passato senza rancori». Attualizzando la riflessione, il Papa ha evidenziato come le attuali «differenze in questioni di fede e di morale, che tuttora sussistono, rimangono sfide sul percorso verso la visibile unità, alla quale anelano i nostri fedeli». E in particolare «il dolore è avvertito dagli sposi che appartengono a confessioni diverse». Perciò bisogna impegnarsi «con preghiera insistente e con tutte le forze, a superare gli ostacoli ancora esistenti». In precedenza, in occasione del “Super Bowl”, la finale del campionato della lega professionistica di football americano, giocata domenica sera, il Pontefice aveva ribadito l’importanza dello sport «per costruire una cultura di incontro». E all’Angelus aveva lanciato un appello per la tutela di ogni persona in occasione della giornata per la vita celebrata dalla Chiesa in Italia. PAGINA 8 Nella letteratura spirituale Riforma e terapia Curtis Verdun, «L’incontro» MARCELLO SEMERARO A PAGINA 4 Oltre cento morti causati da una serie di valanghe Villaggi seppelliti in Afghanistan KABUL, 6. Oltre cento persone sono morte in Afghanistan a causa di una serie di valanghe che hanno letteralmente distrutto diversi villaggi del paese. Le valanghe, causate dalla neve che si sta sciogliendo dopo diversi giorni di intense precipitazioni, hanno ucciso cinquanta persone in un villaggio nel nord-est. Altre 54 sono morte nel nord e nel centro del paese. L’ondata di freddo e l’emergenza maltempo hanno colpito in particolare le zone settentrionali con fortissime nevicate, piogge e temperature record che hanno provocato anche la chiusura dell’aeroporto internazionale di Kabul. Per far fronte all’emergenza le autorità locali hanno invitato la popolazione a non spostarsi, proclamando anche una giornata di festa nazionale per evitare che le persone si rechino in ufficio. Il ministro del Lavoro e degli Affari sociali, Nasrin Oriakhail, ha confermato che la misura è dovuta all’enorme quantità di neve caduta nelle ultime 24 ore che ha causato l’interruzione di moltissime vie di comunicazione. Quasi tutto il paese è coperto da un denso manto nevoso che riguarda perfino province, come quella meridionale di Kandahar, dove da 25 anni non nevicava in questa stagione. L’Authority afghana per la gestione dei disastri naturali (Andma) sta valutando anche altre misure eccezionali per fronteggiare la situazione. Le province più colpite dalle bufere sono quelle orientali di Badakhshan, Nangahar e Parwan, a nord di Kabul, dov’è stato chiuso il Salang Pass. Polizia e militari hanno soccorso automobilisti e passeggeri di almeno 250 veicoli intrappolati dalla bufera lungo la strada che collega Kabul a Kandahar. Anche i talebani che combattono contro il governo centrale hanno reso noto di essere impegnati nel soccorso dei civili in difficoltà. In una notizia pubblicata sul portale internet «La voce della Jihad», gli insorti sostengono che loro militanti sono intervenuti nella provincia meridionale di Zabul per portare aiuto a decine di passeggeri di veicoli bloccati dalla neve. Citando un esempio del loro intervento, i talebani hanno indicato che nel distretto di Hassan Karez «molta gente è stata aiutata a ritornare a casa propria e a molte perso- ne sono stati offerti alloggio, cibo e generi di prima necessità». Il maltempo si è abbattuto anche sul vicino Pakistan. È di almeno nove morti il bilancio della valanga che si è registrata nella località turistica di Shershal, nel distretto settentrionale pakistano di Chitral, nei pressi del confine afghano. Tra le vittime accertate ci sono 4 donne e 3 bambini. Tre feriti gravi sono stati inoltre ricoverati all’ospedale di Peshawar. La valanga ha travolto e completamente distrutto 4 abitazioni in cui vivevano 19 famiglie. Molte persone erano state sgomberate dalla zona a causa del maltempo ma alcune erano rimaste sul posto, ha spiegato un rappresentante dell’autorità locale. La visita «ad limina» dei vescovi della Chiesa patriarcale di Alessandria dei copti A colloquio con Giorgia Alla ricerca di un senso più grande ELENA BUIA RUTT A PAGINA 5 Nella mattina di lunedì 6 febbraio, Papa Francesco ha ricevuto in udienza i presuli della Chiesa patriarcale di Alessandria dei copti, in visita «ad limina Apostolorum» Truppe curde in rotta per Raqqa (Reuters) DAMASCO, 6. Non conosce sosta la lotta contro l’avanzata dei jihadisti in Siria. Le forze curde sostenute dagli Stati Uniti hanno annunciato ieri l’avvio di una nuova fase dell’offensiva contro Raqqa, la città nel nordest della Siria considerata una delle maggiori roccaforti dei jihadisti del cosiddetto stato islamico (Is). In un comunicato le forze curde affermano che l’obiettivo è «accerchiare Raqqa con il sostegno crescente della coalizione internazionale a guida statunitense». I caccia di Washington «garantiscono copertura aerea all’avanzata delle nostre forze o con l’assistenza di unità speciali alle nostre forze nella battaglia sul campo». Raqqa è sotto il controllo dell’Is dal 2014 e si ritiene che nella città vivano più di 200.000 civili. È uno snodo strategico essenziale. Citato dai media curdi, il portavoce delle forze militari, Jihan Sheikh Ahmed, ha spiegato che l’obiettivo della nuova fase dell’offensiva è «liberare dalla presenza dell’Is i villaggi a est di Raqqa». Le operazioni per la riconquista della città sono iniziate lo scorso novembre, ma sono andate avanti a fasi alterne. Il sostegno degli Stati Uniti alle forze curde è oggetto di tensioni con la Turchia. Ankara ritiene che le forze curde siano legate al Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan, organizzazione che i turchi considerano terroristica). E intanto, i combattimenti proseguono in molte altre zone della Siria non comprese nel cessate il fuoco. Nel nord della Siria militari turchi hanno colpito ieri 59 obietti- vi dell’Is e ucciso 51 jihadisti del gruppo. Lo ha annunciato lo stato maggiore turco in una nota che riferisce delle ultime 24 ore di operazioni. Stando a quanto reso noto, tra i 51 jihadisti uccisi ci sono anche quattro importanti esponenti. I jet turchi hanno distrutto 56 edifici utilizzati dai jihadisti e tre strutture di comando. L’operazione militare turca in Siria, chiamata “Scudo dell’Eufrate”, è stata lanciata lo scorso agosto. Sul piano politico, nel frattempo, mentre ad Astana si riuniscono i rappresentanti russi, turchi e iraniani, per cercare di prolungare la tregua in atto nel paese, il leader dell’Is, Abu Bakr Al Baghdadi, è arrivato ieri nella città siriana di Merkadeh, a sud della provincia di Hasaka, per partecipare «a un incontro molto importante dei leader del gruppo» secondo quanto riferiscono diversi media internazionali. Negli ultimi due giorni i jihadisti hanno intensificato le misure di sicurezza «senza precedenti» in tutta l’area. La notizia non è stata tuttavia confermata dal Pentagono. Sul piano interno, il presidente siriano Bashir Al Assad ha firmato l’estensione fino al 30 giugno 2017 del decreto che prevede l’amnistia per miliziani e ribelli che decidono di arrendersi e consegnare le armi. Lo riferisce l’agenzia iraniana Mehr, precisando che l’amnistia riguarda anche rapitori che accettano di rilasciare i loro ostaggi. Il decreto era stato emanato alla fine di luglio 2016 e prevedeva inizialmente una scadenza di tre mesi. NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza: l’Eminentissimo Cardinale Theodore Edgar McCarrick, Arcivescovo emerito di Washington (Stati Uniti d’America); Sua Beatitudine Ibrahim Isaac Sedrak, Patriarca di Alessandria dei Copti, con il Vescovo di Curia, Sua Eccellenza Monsignor Youhanna Golta, Vescovo titolare di Andropoli, in visita «ad limina Apostolorum»; le Loro Eccellenze i Monsignori: — Kyrillos William, Vescovo di Assiut dei Copti, in visita «ad limina Apostolorum»; — Antonios Aziz Mina, Vescovo emerito di Guizeh dei Copti, in visita «ad limina Apostolorum»; — Makarios Tewfik, Vescovo di Ismayliah dei Copti, in visita «ad limina Apostolorum»; — Emmanuel Ayad Bishay, Vescovo di Luqsor dei Copti, in visita «ad limina Apostolorum»; — Botros Fahim Awad Hanna, Vescovo di Minya dei Copti, in visita «ad limina Apostolorum»; — Youssef Aboul El Kher, Vescovo di Sohag dei Copti, in visita «ad limina Apostolorum». Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale del Vicariato Apostolico di Tripoli, in Libia, presentata da Sua Eccellenza Monsignor Giovanni Innocenzo Martinelli, O.F.M.. Gli succede Sua Eccellenza Monsignor George Bugeja, O.F.M., Coadiutore del medesimo Vicariato Apostolico. Il Provvedimento è stato reso noto in data 5 febbraio. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 lunedì-martedì 6-7 febbraio 2017 Migranti intercettati in mare dalle forze libiche (Reuters) Dopo che la corte di appello federale ha confermato la sospensione del provvedimento sugli ingressi di stranieri Trump attacca i giudici WASHINGTON, 6. «Non posso semplicemente credere che un giudice abbia potuto mettere così a rischio il nostro Paese. Se dovesse succedere qualcosa date la colpa a lui e al sistema giudiziario. La gente inizia a riversarsi qui. È un male». Ha usato queste parole, ieri, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, per commentare la decisione della corte di appello federale di San Francisco che stabilisce il blocco dell’ordine esecutivo sull’immigrazione. La corte, infatti, ha respinto il ricorso del dipartimento di giustizia contro la sospensione del provvedimento decisa da un giudice federale di Seattle. Il presidente Trump ha aggiunto di aver comunque «dato ordine alla sicurezza interna di verificare molto attentamente le persone che arrivano nel nostro paese. I tribunali stanno rendendo il lavoro molto più difficile». L’ordine esecutivo bloccato stabilisce la sospensione degli arrivi da sette paesi islamici: Somalia, Siria, Sudan, Iraq, Iran, Yemen e Libia. Era stato firmato da Trump il 27 gennaio scorso, sette giorni dopo il suo insediamento. Dopo le numerose critiche e le manifestazioni di protesta, l’ordine è stato sospeso dal giudice federale James Robart. Il dipartimento della Giustizia ha dunque presentato appello contro la sentenza, affermando che quest’ultima «viola la separazione costituzionale dei poteri, ferisce l’interesse pubblico ostacolando l’applicazione di un ordine esecutivo emanato da chi, eletto, è rappresentante responsabile dello stato in materie quali immigrazione e affari esteri». La corte di appello federale ha chiesto all’amministrazione di presentare oggi argomenti a sostegno del provvedimento. La battaglia giudiziaria si annuncia molto complessa e lunga. E non è da escludere che il caso arrivi alla Corte suprema. Il vicepresidente, Mike Pence, ha dichiarato: «Il popolo americano è ormai abituato a questo presidente che parla in maniera diretta». E poi ha annunciato: «Combatteremo questa battaglia per proteggere il nostro paese». Intanto, sabato scorso si sono tenute diverse manifestazioni di protesta contro l’ordine esecutivo. A Washington un gruppo di dimostranti si è radunato nel centro della città e ha marciato verso la sede della Corte Porto Rico vota per entrare negli Stati Uniti SAN JUAN, 6. Porto Rico si appresta a votare sulla possibilità di diventare il cinquantunesimo membro a tutti gli effetti degli Stati Uniti d’America. L’11 giugno si terrà un referendum nell’isola caraibica, che al momento è un paese libero associato agli Stati Uniti. Già nel 2012, in realtà, i cittadini si erano espressi per l’adesione. Il governatore Ricardo Rossello ha approvato ieri un referendum che però resta «non vincolante» per determinare il futuro politico del paese. I cittadini saranno chiamati a dire se vogliono l’adesione o se la rifiutano per mantenere la libera associazione o optare addirittura per l’indipendenza. Se la maggioranza sceglierà la seconda opzione, si tornerà al voto in ottobre. Se prevarrà la scelta dell’adesione, in ogni caso servirà un voto favorevole del Congresso americano per far entrare Porto Rico nella federazione. Il piccolo paese, che soffre una disastrosa crisi economica, potrebbe tra le altre cose ottenere più fondi federali. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va Il presidente statunitense Donald Trump (Afp) Suprema a Capitol Hill. Anche le grandi compagnie del settore hightech (da Facebook a Microsoft, da Apple a Google) hanno presentato un’azione legale per opporsi al provvedimento. E poco dopo l’intervento della corte di appello federale, l’Iran ha deciso di revocare il divieto di iscrizione degli atleti statunitensi ai mondiali di lotta in programma a Kermanshah il 16 e 17 febbraio. Ma non è solo l’immigrazione a tenere banco in queste prime fasi dell’amministrazione Trump. Un al- tro punto cruciale è il nuovo rapporto con Mosca. Ieri, in un’intervista alla Fox News, Trump ha dichiarato: «Io rispetto Putin. Rispetto molte persone, ma non vuol dire che andrò d’accordo con lui, si vedrà. È un leader del suo paese. Io dico che è meglio andare d’accordo con la Russia che non andarci d’accordo». Legato a doppio filo al tema dei rapporti con la Russia, c’è quello della collaborazione con l’Europa e della considerazione della Nato. Tema sul quale il presidente Trump si è espresso più di una volta, spesso in modo esplicito, come quando definì l’alleanza atlantica «obsoleta». Ieri Trump ha avuto un lungo colloquio telefonico con il segretario della Nato, Jens Stoltenberg. L’inquilino della Casa Bianca ha assicurato che parteciperà al vertice dei leader Nato che si terrà in Europa a fine maggio. Come riferisce un comunicato, il presidente ha espresso un «deciso sostegno alla Nato» ma ha sollecitato i paesi europei che ne fanno parte a dare un maggiore contributo finanziario. Revocato il decreto salva-corrotti anche se la consulta si deve ancora pronunciare A Bucarest vince la protesta BUCAREST, 6. Non si ferma la protesta in Romania e, anche dopo il ritiro del contestato decreto “salvacorrotti”, decine di migliaia di persone sono tornate oggi in piazza a manifestare contro il governo del premier socialdemocratico, Sorin Grindeanu, che non intende rassegnare le dimissioni. A Bucarest, come previsto, sono affluite colonne di autobus con dimostranti provenienti da ogni angolo del paese. «Il ritiro del decreto è solo una prima vittoria, noi continueremo a lottare per l’affermazione di Romania veramente democratica, non corrotta e fondata sullo stato di diritto», hanno detto gli organizzatori della protesta. «Resteremo in piazza fino a quando il governo non se ne andrà. Non era il governo che volevamo. I corrotti non li vogliamo», hanno aggiunto. Sventolando bandiere tricolori della Romania, i dimostranti hanno chiesto le dimissioni del premier. Ma stamane, parlando alla tv privata Antenu 3, Grindeanu ha detto che non ha intenzione di dimettersi «per soddisfare la piazza». Ad alimentare l’insoddisfazione del movimento di protesta c'è l’intenzione di Grindeanu — in carica da poco più di un mese dopo il voto di dicembre — di presentare a breve in parlamento un nuovo disegno di legge in fatto di norme sulla corruzione. E in parlamento la coalizione di governo di centrosinistra ha la maggioranza. Intanto, per la prima volta dall’inizio dell’ondata di proteste, alcune centinaia di persone hanno manifestato a sostegno del governo, in polemica con il capo dello stato, Klaus Iohannis, schierato sin dall’inizio in appoggio alla protesta popolare e per il ritiro del controverso decreto, che depenalizzava l’abuso d’ufficio e altri reati di corruzione. Sulle legittimità della revoca del decreto si pronun- cerà nei prossimi giorni la Corte costituzionale, chiamata in causa dallo stesso Iohannis. La delicata situazione e le nuove tensioni politiche in Romania sono seguite con preoccupazione dall’Unione europea, che nei giorni scorsi ha lanciato un duro monito alle autorità di Bucarest a non fare «passi indietro» nella lotta fondamentale a corruzione e criminalità. GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio Gaetano Vallini BRUXELLES, 6. Primi massicci interventi in mare delle forze libiche. Sono oltre 900 i migranti tratti in salvo nella giornata di ieri in diverse operazioni della guardia costiera italiana, ma anche la Libia fa sapere di aver salvato, e riportato indietro sulle proprie coste, almeno 500 persone in tre giorni. Si tratta dei primi interventi messi in atto da Tripoli dopo il memorandum d’intesa firmato con l’Italia per fermare il flusso sulla rotta mediterranea. Molti migranti stanno sbarcando in queste ore in diversi porti sulle coste italiane. Seicento a Vibo Valentia, in Calabria; cinquecento ad Augusta, in Sicilia. Si tratta di persone tratte in salvo al largo delle coste italiane su barconi di fortuna ieri e l’altro ieri. Tra di loro — dicono i media — sono stati individuati e arrestati due scafisti. La stessa cosa avviene sulle coste libiche per quanti sono stati individuati dalle forze navali di Tripoli. Oggi oltre 120 migranti sono stati tratti in salvo. Tra di loro ci sono dieci donne e un bambino piccolo. Si aggiungono agli altri 400 bloccati negli ultimi tre giorni. Per questi ultimi resta la preoccupazione sulle condizioni di vita che ritrova- no in Libia. L’intesa con l’Italia è stata promossa dal vertice europeo di Malta di venerdì scorso, ma con la promessa di contribuire a migliorare le condizioni di vita in centri che attualmente sono di vera e propria detenzione. I fronti preoccupanti in tema di migrazioni restano diversi. Un profugo è stato travolto da un treno lungo la ferrovia che porta in Francia, nel disperato tentativo di attraversare il confine. È il secondo migrante, in tre mesi, che muore in questo modo in territorio italiano. In Grecia, dopo le manifestazioni di piazza di tanti cittadini della capitale per le precarie condizioni di vita nei campi di accoglienza, da ieri circa duecento rifugiati ospitati nel campo profughi di Ellinikò, a sud di Atene, hanno iniziato uno sciopero della fame. Le tensioni scatenate dalle proteste hanno richiesto l’intervento della polizia che si è schierata nel campo profughi che ospita circa 1300 persone. Mancano beni di prima necessità e acqua calda. I media locali hanno fatto sapere che i rifugiati chiedono l’intervento immediato nel campo del ministro greco per l’immigrazione, Yannis Muzalas. Frexit e niente Nato Manifestanti riuniti nei pressi della sede centrale del governo a Bucarest (Ansa) Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va PARIGI, 6. Francia fuori dall’Europa e dalla Nato. È quanto ha promesso ieri il leader del Front National, Marine Le Pen, nel suo primo comizio in vista delle presidenziali francesi del 23 aprile e del 7 maggio. «Se verrò eletta convocherò entro sei mesi un referendum sulla “Frexit”» ovvero l’uscita del paese dall’Unione europea. Le Pen ha anche sottolineato di volere che «Parigi lasci il comando integrato dell’alleanza atlantica per provvedere da sola alla sua difesa». Inoltre, ha spiegato di voler abbandonare la moneta unica e ripristinare il franco come moneta nazionale. Elezioni parlamentari nel Liechtenstein ta a causa della costruzione di questo breve tratto di muro a ridosso del ponte, nel settore serbo della città. I serbi sostengono che si tratta di una sistemazione logistica per favorire il passeggio nella zona pedonale a ridosso del ponte, gli albanesi affermano, invece, che il muro serbo è un segnale ostile e inammissibile e ne chiedono il suo abbattimento. Il Kosovo ha dichiarato l’indipendenza dalla Serbia nel 2008, mai riconosciuta da Belgrado. caporedattore segretario di redazione Ora intervengono anche le forze di Tripoli Marine Le Pen lancia la corsa all’Eliseo Rimosso il muro della discordia a Kosovska Mitrovica PRISTINA, 6. Si è svolta senza i temuti incidenti la rimozione del controverso tratto di muro a ridosso del ponte sull’Ibar, realizzato nei mesi scorsi nel settore nord di Kosovska Mitrovica, la città kosovara divisa in due settori, uno a nord abitato dai serbi e uno a sud con popolazione albanese. L’abbattimento del muro fa seguito all’accordo tra il governo kosovaro e la parte serba, con la mediazione di Unione europea e Stati Uniti. Negli ultimi tempi la tensione fra le due comunità era sali- Operativa l’intesa firmata con l’Italia sui migranti VADUZ, 6. Nelle elezioni parlamentari del Liechtenstein i partiti di opposizione hanno guadagnato voti. A perdere consensi è stato il partito Fortschrittliche Bürgerpartei (Fbp), del premier, Adrian Hasler, che ha perso 4,8 punti percentuali di voto, anche se con il 35,2 per cento rimane la forza politica maggiore del Principato. La Vaterländische Union (VuU), partner di coalizione della Fbp al governo di Vaduz, ha raggiunto il 33,7 per cento dei suffragi (più 0,2 punti percentuali rispetto al 2013). Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale A uscirne vincenti sono stati ancora una volta i partiti dell’opposizione, Unabhängigen (Du, indipendenti) e la Freie Liste (Fl). Da quattro anni in parlamento, Du ha ricevuto il 18,4 per cento dei voti, più 3,1 per cento rispetto alle elezioni del 2013. Fl ha invece raggiunto il 12,6 per cento, 1,5 punti percentuali in più rispetto a quattro anni fa. Nel nuovo parlamento siedono tre donne, due in meno in confronto al 2013. La partecipazione al voto è stata del 77,8 per cento degli aventi diritto. Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 Davanti a migliaia di militanti riuniti nella città di Lione, Le Pen ha poi affermato che «il presidente degli Stati Uniti Trump e la Brexit (l’uscita del Regno Unito dall’Europa, ndr) hanno indicato la via da seguire». Ha quindi usato parole di condanna per «l’ultraliberismo» e «il fondamentalismo islamico» che ha definito «i due totalitarismi che minacciano la Francia». Mali, questi, causati da «una globalizzazione senza regole» contro cui l’unica soluzione è «il patriottismo». Netto il giudizio sull’Unione europea che — ha detto — «è un fallimento». Se verrà eletta all’Eliseo, Le Pen condurrà un negoziato con Bruxelles per recuperare quattro sovranità: monetaria, legislativa, territoriale e di bilancio. E se l’esito delle trattative, di «non più di sei mesi», non dovesse soddisfarla, ha promesso che si schiererà a favore di una Frexit in tempi rapidi. «In cinque anni voglio rimettere la Francia in ordine» ha affermato, avvertendo che «leggi e valori saranno soltanto francesi». Tra gli altri punti del suo programma ci sono: «Stop all’immigrazione di massa, agli aiuti medici di stato, abrogazione dello ius soli, precedenza ai francesi nell’accesso al lavoro». E sempre a Lione, intanto, ieri ha aperto la campagna elettorale anche Emmanuel Macron, ex ministro dell’economia di François Hollande e leader del partito indipendente «En marche!». Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO lunedì-martedì 6-7 febbraio 2017 pagina 3 Una bimba di circa nove anni che sta per subire mutilazioni genitali Netanyahu chiede il rinvio della regolarizzazione retroattiva di migliaia di case Scontro sugli insediamenti TEL AVIV, 6. È scontro sugli insediamenti all’interno del governo israeliano. Mentre in Cisgiordania la tensione resta alta, il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha respinto ieri l’ultimatum del ministro dell’educazione, Naftali Bennett, esponente di Focolare ebraico (formazione politica molto vicina al movimento dei coloni), per l’approvazione in tempi brevi della regolarizzazione retroattiva di migliaia di case negli insediamenti. «Sono impegnato nella gestione dello stato e mi dedico all’interesse nazionale e agisco solo sulla sua base» ha dichiarato Netanyahu. Se la legge venisse approvata, sarebbero regolarizzati tra i 2500 e i 4000 alloggi tra i quali figurano — secondo l’associazione Peace Now — anche circa 797 strutture in 55 avamposti. Secondo fonti di stampa, Netanyahu ha chiesto alla coalizione di governo il rinvio dell’approvazione della norma, ma la richiesta sarebbe stata respinta da Bennett. La propo- sta di rinvio è stata avanzata anche in vista dell’incontro del 15 febbraio tra Netanyahu e Trump. La questione degli insediamenti rappresenta uno dei punti centrali del contenzioso tra israeliani e palestinesi. Questi ultimi chiedono il blocco totale dei lavori edilizi israeliani in Cisgiordania, considerandolo una condizione imprescindibile per l’avvio dei negoziati. Gli israeliani, dal canto loro, chiedono lo stop degli attacchi e un rafforzamento della sicurezza. La tensione, su questo tema, si è particolarmente elevata nelle ultime settimane. All’inizio di gennaio il governo israeliano ha dato il via libera alla costruzione di 143 nuove case nel quartiere ebraico di Gilo a Gerusalemme est, territorio che i palestinesi rivendicano quale capitale di un loro futuro stato autonomo. Gli alloggi — secondo altre fonti sarebbero 153 — erano stati già deliberati e bloccati tempo fa su pressione della Teheran e Mosca rafforzano la collaborazione militare Missile dei ribelli huthi colpisce una base saudita MOSCA, 6. Collaborazione militare rafforzata tra Iran e Russia. La commissione per la difesa e la sicurezza russa visiterà l’Iran il prossimo marzo per discutere della vendita di armamenti e della situazione in Siria. Lo riferisce l’agenzia iraniana Mehr. La visita comincerà il primo marzo, durerà sei giorni e sarà guidata dal presidente della commissione russa, Viktor Ozerov. La visita — riferiscono i media — arriva pochi mesi dopo l’attuazione di un contratto per la fornitura all’Iran dei sistemi missilistici russi S-300, rafforzando di fatto la cooperazione nel campo degli armamenti tra i due paesi. «Attualmente entrambi i paesi vogliono espandere la collaborazione nel settore della difesa, con l’Iran pronto per l’acquisto di altri tipi di armi dalla Russia per la sua marina e aeronautica» ha spiegato l’analista politico iraniano Bahman Shoeib in un’intervista. Shoeib ha inoltre sottolineato che «la cooperazione tecnica e militare tra Teheran e Mosca non si limita alla fornitura del sistema missilistico S-300», ma va molto oltre. Negli ultimi mesi, i due Paesi hanno avuto colloqui per discutere la fornitura all’Iran di caccia russi e armamenti leggeri. SANA’A, 6. Ancora violenza nello Yemen. I ribelli huthi hanno colpito nella notte una base militare alla periferia di Riad, capitale dell’Arabia Saudita. Il missile, uno scud modificato, ha percorso circa mille chilometri prima di raggiungere l’obiettivo. Le autorità saudite non hanno confermato la notizia. Non è chiaro se ci sono vittime o feriti. Fonti vicine agli huthi sostengono che il razzo ha colpito la base militare di Mazahimiyah, a ovest della capitale saudita. Secondo le stesse fonti, Riad avrebbe dichiarato lo stato di emergenza. Nel confermare stamane l’attacco, gli huthi hanno minacciato «qualcosa di ancora più grande» in arrivo. I ribelli hanno cacciato il presidente Hadi dalla capitale nel febbraio 2015 e occupato la metà settentrionale dello Yemen. Riad guida una coalizione di paesi a maggioranza sunnita che appoggia il tentativo di Hadi di riconquistare i territori perduti. Il presidente, però, controlla soltanto parte del sud, Aden e la zona circostante. Nella parte orientale dello Yemen intere province sono finite sotto il controllo di Al Qaeda. La guerra, e il blocco imposto dalla coalizione, hanno provocato una catastrofe umanitaria, con 14 milioni di persone che soffrono la fame. Haftar esclude il dialogo con Al Sarraj TRIPOLI, 6. Il generale Khalifa Haftar, uomo forte della Cirenaica, non sembra avere intenzione di negoziare con i suoi rivali sul controllo della Libia. Haftar non intende quindi incontrare il premier di Tripoli, sostenuto dalle Nazioni Unite, Fayez Al Sarraj. È quanto avrebbe detto lo stesso generale all’ambasciatore francese in Libia, Brigitte Qormi, secondo quanto riferito dal quotidiano panarabo, stampato a Londra, «Al Hayat». Qormi ha consigliato ad Haftar di aprire un dialogo con la controparte e di non ricorrere all’uso delle armi. La questione libica è stata uno degli argomenti affrontati nel colloquio telefonico tra il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e il capo del governo italiano, Paolo Gentiloni. «Il presidente Trump ha parlato con il primo ministro italia- no Paolo Gentiloni per discutere il rafforzamento della cooperazione bilaterale rispetto a una serie di interessi condivisi, compresa sicurezza e antiterrorismo», ha riferito la Casa Bianca confermando che Trump parteciperà al summit del G7 a Taormina a maggio. Il presidente, continua la nota, «aspetta di incontrare il primo ministro in quell’occasione». I capi di governo, prosegue la Casa Bianca, «hanno parlato di Libia, del flusso di migranti e profughi verso l’Europa, così come delle priorità dell’Italia e del prossimo summit del G7 in Italia. Il presidente Trump ha ribadito l’impegno degli Stati Uniti rispetto alla Nato e ha sottolineato l’importanza per tutti gli alleati dell’Alleanza Atlantica di condividere l’onere monetario della spesa per la difesa». passata amministrazione statunitense di Barack Obama. La questione degli insediamenti sarà il punto centrale anche del colloquio, oggi, tra Netanyahu e il premier britannico Theresa May. Ma non solo. Netanyahu intende anche affrontare il nodo del nucleare iraniano. Per il premier, il recente test missilistico iraniano «ha violato le risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’O nu». Intanto, riesplode la violenza al confine con la striscia di Gaza. Le sirene di allarme sono risuonate questa mattina nella città di Ashqelon in seguito al lancio da Gaza di un razzo che è esploso poi in una zona aperta senza provocare danni né vittime. Hamas ha poi reso noto che uno dei responsabili del suo braccio armato, Muhammad Walid Al Koka, è morto in una esplosione avvenuta nella notte di sabato nel nord della striscia in circostanze ancora da chiarire. Duecento milioni di donne nel mondo subiscono mutilazioni genitali Vittime nel fisico e nello spirito NEW YORK, 6. Almeno 200 milioni di donne nel mondo sono vittime della pratica delle mutilazioni genitali. È quanto emerge oggi nella giornata mondiale indetta dall’Onu per combattere una piaga culturale ancora radicata in almeno trenta paesi, per la maggior parte africani. Come conseguenza dei flussi migratori degli ultimi decenni, tale fenomeno è divenuto una triste realtà anche in Europa, dove si contano almeno 550.000 vittime. In Italia, paese di approdo dei migranti provenienti dal Mediterraneo, ci sono almeno 50.000 donne straniere maggiorenni che hanno subito tali mutilazioni. E sol- tanto tra le donne immigrate che hanno ottenuto la cittadinanza italiana, ce ne sono almeno 14.000 che denunciano le stesse violenze. Sono le donne somale ad essere più colpite (83,5 per cento), seguite da quelle che provengono dalla Nigeria (79,4), dal Burkina Faso (71,6), dall’Egitto (60,6), dall’Eritrea (52,1 per cento). Ma nel mondo sta crescendo anche il numero di donne che si ribellano a questa disumana pratica. Sono sempre di più le africane che portano avanti nel continente dure battaglie per sradicare una mentalità che porta atroci sofferenze nel fisico e nello spirito. Arrestati oltre 760 affiliati all’Is Blitz antiterrorismo in Turchia ANKARA, 6. In Turchia è in corso da ieri una vasta operazione antiterrorismo delle forze di sicurezza, coordinate dai servizi segreti. Finora sono state tratte in arresto oltre 760 persone, per presunti legami con il cosiddetto stato islamico (Is). Lo rendono noto stamane fonti del ministero dell’interno. Solo nella capitale, sono stati arrestati 60 terro- risti, 18 ad Istanbul, tutti sospettati di fare parte di un rete di cellule jihadiste dedite alla propaganda e al reclutamento. Le operazioni sono state condotte in 29 province e in diverse città alla frontiera con la Siria. Nei raid sono stati sequestrati ingenti quantitativi di armi e munizioni e documenti. Secondo l’intelligence, l’Is starebbe preparando nuovi attacchi nel paese, dopo quelli dei mesi scorsi, tra cui la strage di Capodanno a Istanbul, che ha provocato 39 morti e decine di feriti. L’attentatore, Abdulgadir Masharipov, cittadino uzbeko affiliato allo stato islamico, è stato catturato il 16 gennaio dalla polizia dopo due settimane di fuga. Forze antiterrorismo turche in azione a Istanbul (Ap) Elezioni presidenziali in Angola ad agosto Dos Santos lascia il governo dopo 37 anni LUANDA, 6. «Sono pronto a raccogliere la sfida: una sfida grande quella di succedere al presidente José Eduardo dos Santos. Grande e, benché difficile, non impossibile». Ha mostrato decisione e sicurezza João Lourenço, ministro della difesa e vicepresidente del Movimento popolare di liberazione dell’Angola (Mpla), all’indomani dell’ufficializzazione della sua candidatura alla presidenza della Repubblica del paese africano, in vista delle elezioni del prossimo mese di agosto. «Abbiamo molto da fare perché il partito possa raggiungere l’obiettivo di vincere le elezioni — ha sottolineato Lourenço — a partire dal consolidamento della democrazia e dal rafforzamento della nostra economia, ma penso che il mio volto sia abbastanza conosciuto e 7 mesi siano sufficienti» per convincere gli angolani. Nonostante alle ultime elezioni del 2012 il suo partito abbia ottenuto il 71,84 per cento dei voti, Lourenço rimane cauto. «Sono uno dei giocatori in campo e intendo giocare la partita ad armi pari, tale e quale agli altri» candidati, questo non esclude che «io sia positivamente ottimista», ha detto il ministro della difesa. Venerdì, con un discorso al Comitato centrale del Mpla, la forza politica che ha portato il paese all’indipendenza nel 1975, il presidente dos Santos, 75 anni, ha annunciato l’intenzione di porre fine, con il prossimo appuntamento elettorale alla sua carriera politica, dopo 37 anni alla guida dell’Angola. «Il paese avanza quando le sue istituzioni si rafforzano — ha detto dos Santos — e creano le condizioni per una crescita del settore produttivo, dell’impiego e della ricchezza nazionali». Il presidente uscente ha inoltre tenuto a sottoli- neare che con la scelta dei nuovi candidati è stato «tenuto insieme il principio del rinnovamento con quello della continuità». Secondo la costituzione angolana il capolista del partito che vince le elezioni politiche diventa presidente della Repubblica e capo del governo, il numero due in lista è il suo vice. Per il Movimento popolare di liberazione dell’Angola al fianco di Lourenço, come suo vice, sarà schierato Bornito de Sousa, 63 anni, attuale ministro per l’Amministrazione del territorio, considerato l’uomo politico più moderno del paese. Da parte sua dos Santos, fino al prossimo congresso, resterà presidente del Mpla. Giunto al potere nel 1979 alla morte di Agostinho Neto, padre dell’indipendenza angolana, dos Santos è un importante punto di riferimento politico per avere condotto il paese durante la guerra civile. Il terribile prezzo della guerra in Afghanistan KABUL, 6. Il rapporto della missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama) denuncia che lo scorso anno 3512 bambini sono rimasti vittime della guerra o di esplosivi e mine abbandonati dalle parti dopo i combattimenti. I morti tra i più piccoli sono stati 923 e i feriti 2589. Si tratta del numero più alto registrato nel conflitto, iniziato nel 2001 con l’attacco alle Torri gemelle. La guerra nel 2016 ha causato migliaia di vittime tra i civili tra i quali si contano 3398 morti e 7920 feriti, un aumento del tre per cento rispetto all’anno precedente. Lo scorso anno, inoltre, è stato registrato un aumento del 66 per cento delle vittime civili causate da esplosivi presenti massicciamente sul territorio a causa dei numerosi bombardamenti. «I bambini sono stati uccisi, accecati, azzoppati o hanno inavvertitamente causato la morte di loro amici, giocando con esplosivi lasciati indietro dalle parti coinvolte nel conflitto», ha spiegato l’Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite Zeid Ra’ad al Hussein. Inoltre è salito a 200, il doppio del 2015, il numero dei bambini vittime di raid sferrati sia da afghani, sia da statunitensi. Legislative algerine in maggio ALGERI, 6. Il presidente della Repubblica algerina, Abdelaziz Bouteflika, ha firmato ieri il decreto che fissa al 4 maggio prossimo la data delle votazioni per l’elezione dei membri delle due camere del parlamento: il Consiglio della nazione (Camera alta, con un terzo dei membri di nomina presidenziale) e l’Assemblea nazionale del popolo (Camera bassa). Saranno chiamati alle urne circa 23 milioni di elettori in oltre 4700 seggi. A gestire le operazioni sarà l’Alta commissione indipendente per la sorveglianza delle elezioni (Hiise). Una delle grandi incognite del voto del prossimo maggio sarà l’affluenza alle urne, pari al 43,14 per cento alle consultazioni del 2012. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 lunedì-martedì 6-7 febbraio 2017 Hieronymus Bosch «Sette peccati capitali» (1500-1525) Nella letteratura spirituale Riforma e terapia titolato De suavitate et efficacia in gubernatione coniungendis), prima di dare inizio a una ben nutrita serie di malattie — ne sono elencate addirittura sedici — l’autore si diffonde sull’importanza di comporre nel governo mitezza e fermezza: fortiter in re, suaviter in modo direbbe un gesuita ispirandosi alle Costituzioni (IX, 727). Parlando nel 2014 di un «catalogo delle malattie», il Papa disse esplicitamente di volersi rifare all’«esempio dei Padri del deserto». Classici in camenti delle divine scritture, se infine la bruciatura della scomunica o quella delle piaghe della verga, e vede che a nulla approdano le sue industrie, adoperi anche, ciò che ancor vale di più, preghiera propria e di tutti i monaci per lui, perché il Signore che tutto può operi la salute del fratello infermo. Ma se neppure in tal modo quello guarirà, allora l’abate si serva ormai del ferro dell’amputazione». Anche Giovanni Climaco nel suo Sermone al pastore paragona l’igumeno al medico e perciò gli prescrive di avere «impiastri, polveri disseccanCicerone già descriveva ti, colliri, pozioni, spugne, rimedi contro la le malattie dell’animo umano nausea, lancette da salas- resto. Curare nes para religiosos, Poi trattate dagli autori monastici so, cauteri, unguenti, le ferite, curare le Buenos Aires, Ediciosonniferi, bisturi, ben- ferite... E bisogna e in età moderna nes Diego de Torres, de». E subito dopo (cfr. cominciare dal basso». 1982, pagine 123) riferiva losoprattutto nella tradizione ignaziana 11-13) spiega per quali ro quanto il padre Pedro de RiIn tema, però, di “riforma malattie dell’anima tutto terapeutica” in rapporto alla curia badeneyra aveva annotato circa il ciò deve servire. romana l’antecedente più calzante è ta diagnosi dei mali che travagliano «modo di governare di sant’Ignamateria sono Evagrio Pontico (345Insomma, ce n’è abbastanza per quello di san Giovanni Leonardi la Chiesa per poter così essere in zio» spiegando come per colui che 399) e Giovanni Cassiano (360 circa inserire nell’alveo di una solida tra- (1541-1609), grande figura di riforma- grado di prescrivere a ciascuno di es- tratta con il prossimo sia molto ne- 435). Il primo nel suo Trattato pra- dizione ascetica che affonda le sue tore la cui opera risulta essere per al- si il rimedio più appropriato». È un cessario averne cura alla maniera di tico e il secondo nelle sue Istituzioni radici nei monaci del deserto cuni versi affine a quella di Papa testo, questo, che è stato citato pure un buon medico, e che non si spacenobitiche ne elencano otto: ingordi- quell’immagine della Chiesa come France sco. Si tratta del «memoria- da Benedetto XVI nella sua catechesi venti delle sue infermità, né provi gia, fornicazione, avarizia, collera, ospedale da campo di cui Francesco del 7 ottobre 2009. ripugnanza delle sue piaghe, e che tristezza, acedia, vanagloria e super- parlò nella notissima intervista rila- le» da lui scritto a Papa Paolo V per Bisogna ricordare che prima di bia. Si dirà, in ogni caso, che per la sciata nell’estate del 2013: «Io vedo la riforma generale della Chiesa, essere ammesso agli ordini sacri nel soffra con pazienza e con mansuetudine le sue debolezze e inadeguaconservato nell’archivio dell’o rd i n e gran parte degli autori ascetici questi con chiarezza che la cosa di cui la suo paese di origine Giovanni Leotezze, e per questa ragione lo guardei chierici regolari della Madre di elenchi erano fatti risalire a due Chiesa ha più bisogno oggi è la ca- Dio da lui fondato. Dopo avere sot- nardi era stato farmacista. France- di non come un figlio di Adamo o “passioni madri” che sono l’ingordipacità di curare le ferite e di riscal- tolineato che quanti vogliono impe- sco, come si sa ha compiuto gli stu- come un vaso fragile di vetro o di gia, intesa come radicale avidità condi da perito chimico, ma non è prodare il cuore dei fedeli, la vicinanza, argilla, ma come una immagine di gnarsi alla riforma dei costumi degli cernente le facoltà irrazionali (thymós ed epithymía), e la superbia, che s’at- la prossimità. Io vedo la Chiesa co- uomini debbono loro stessi essere babilmente per questo che oggi egli Dio, acquistato col sangue di Gesù tacca alla parte razio- me un ospedale da campo dopo una «specchi di ogni virtù e come lucer- parla di medicine e di ospedali da Cristo. Secondo il modello ignazianale (noús). Ma già battaglia. È inutile chiedere a un fe- ne poste sul candelabro», scrive: campo. Ritengo che la ragione sia no, dunque, vero ministro di Dio è Cicerone, nel De fini- rito grave se ha il colesterolo e gli «Chi vuole operare una seria riforma da ritrovarsi piuttosto nel carisma el que trata con los prójimos para cubus bonorum et malo- zuccheri alti! Si devono curare le sue religiosa e morale deve fare anzitut- ignaziano. In una meditazione det- rarlos, “colui che tratta con il prossirum (I, 59), aveva ini- ferite. Poi potremo parlare di tutto il to, come un buon medico, un’atten- tata ai gesuiti Bergoglio (Meditacio- mo per curarlo”. ziato così il suo cataanimi autem logo: morbi sunt cupiditates inmensae et inanes (“malattie dell’animo sono le cupidigie smiTra Sturzo e Dossetti surate e vane”). Alla radice di tutto e causa di ogni male vi è l’amore di sé, che i padri chiamano philautía. Noi potremmo e di studiare non solo la storia della ChieLa memoria del Vangelo nella storia conanche renderlo con di PIETRO MARIA FRAGNELLI sa, ma anche la storia della civiltà e della tribuisce a liberarsi dai miti del tempo. Da “narcisismo”. San el 2014, in occasione del cento- società civile, quella che noi chiamiamo tal memoria rinasce un autentico amore per Massimo il Confessore settantesimo anniversario di fon- “storia mondana”. [...] Se si ha un po’ di la nostra polis, Trapani. Abbiamo bisogno la indica come la somdazione della diocesi di Trapani, senso storico si relativizzano, giustamente e di ritrovare modelli credibili di amore alla ma di tutte le passioni abbiamo celebrato un primo con liberazione, anche tante cose che devo- città. Tra gli altri cito don Luigi Sturzo, che e descrive analiticaconvegno storico, che ha definito le fonti e no essere evidentemente superate, che pos- si rifaceva a tante personalità spirituali: mente il processo che il metodo per elaborare una storia della sono essere state convinzioni solide ma non Contardo Ferrini, Giuseppe Toniolo, Giuavendola come princinostra Chiesa. Un anno dopo, sempre in sufficientemente rapportate al nucleo essen- seppe Moscati, Ludovico Necchi, Bartolo pio prende le mosse Longo, Pier Giorgio Frassati. Sturzo è «teoccasione della festa della dedicazione del- ziale del kerygma, dell’Evangelo». dall’ingordigia e si Ma penso anche a Martin Buber, filosofo stimone di quella che qualche studioso ha la cattedrale, un secondo momento di apconclude nella superprofondimento storico con la pubblicazione e mistico ebraico, che guardava al rapporto chiamato la “carità politica”. Ricordando il bia (cfr. Centurie sulla del primo quaderno per la storia della tra la storia e la Parola di Dio: «È la parola magistero di Pio XI, don Sturzo afferma che carità 3, 56-57). È il Chiesa di Trapani, che ha riconsegnato i più sovraccarica di tutto il linguaggio uma- “la politica è un ramo dell’amore del prossimedesimo processo testi del primo convegno. Il significativo ti- no, nessun’altra è tanto insudiciata e lacera- mo”. Essa non è una cosa sporca, né tanto cui fece riferimento tolo di Tabernacolo della memoria. La Chiesa ta, proprio per questo non devo rinunciare meno un male in se stessa. Piuttosto è “un anche Francesco locale tra storia e teologia trae spunto dall’at- ad essa. Generazioni di uonell’omelia tenuta a tenzione di Papa Paolo VI verso gli archivi mini hanno scaricato il peSanta Marta il 26 setSan Benedetto assistito dall’angelo con il libro della «Regola» storici della Santa Sede. È certo che l’ispi- so della loro vita angustiatembre scorso, quando trasmesso all’abate Giovanni (914-934) razione del Papa risale alla frequentazione ta su questa Parola e l’hanindicò nella cupidigia, con don Giuseppe De Luca (1898-1962), il no schiacciata al suolo. nella vanità e nella supromotore dell’«Archivio della storia della Ora giace nella polvere e perbia la radice di tutpietà». A questo infaticabile erudito, inna- porta tutti i loro fardelli. 2014. Come ogni corpo umano — te le malattie spirituali: alla radice morato di Cristo e della Chiesa, amico di Generazioni di uomini disse il Papa — la curia «è esposta però c’è la «vanità» descritta come storici e letterati, filosofi e politici di ogni hanno lacerato questo noanche alle malattie, al malfunziona- «osteoporosi dell’anima». indirizzo si deve il rinnovamento dei gran- me e sono morti per quemento, all’infermità». Francesco, in L’analogia fra le malattie del cordi studi non solo di erudizione filologica, sta idea, e il nome di Dio verità, ne parlò non soltanto come po e della psiche e le malattie porta tutte le loro impronma anche di spiritualità popolare. malattie, ma pure come «tentazioni» dell’anima, o spirituali, in rapporto Si tratta di fare nostra la lezione che te digitali e il loro sanche indeboliscono il servizio al Si- alla responsabilità di chi presiede la grandi maestri del Novecento ci hanno gue». gnore. Propose perciò come orizzon- comunità è poi un classico nelle reIl secondo convegno consegnato circa la presenza del «Vangelo te, nell’ultimo periodo di prepara- gole monastiche. Nelle Regole diffuse nella storia». Penso in particolare a Giu- storico dedicato alla figura zione al Natale, la celebrazione del (30), ad esempio, san Basilio osserva seppe Dossetti, «il cui sguardo era rivolto del vescovo Francesco Raisacramento della riconciliazione. che colui che presiede deve essere ti e soprattutto alla sua al passato per rendere più acuta l’analisi Bisogna innanzi tutto accennare convinto «che aver cura di molti sidell’oggi e la prefigurazione dell’avvenire». lettera pastorale Perché si brevemente all’opera di padre Clau- gnifica servire molti. E come dunque abbia la pace contro «l’imIl monaco di Montesole, prossimo alla dio Acquaviva (1543-1615), che fu il chi presta le proprie cure a molti feFrancesco Maria Raiti, vescovo di Trapani (1906-1932), a Custonaci morte, raccomandava di «immergersi nella mane bufera», l’inumana, quinto preposito generale della riti e raschia via l’infezione da ogni «bestiale guerra», ha prestoria, conoscerla profondamente. Non poCompagnia di Gesù. Le Industriae piaga usando i rimedi adatti al tipo tete fare a meno di conoscerla, di studiarla; ceduto un momento eccle(pubblicate nel 1600 Apud Philippum di malattia che incontra, non trova siale forte che abbiamo Iunctam, famosa officina di Firenze) in questo una occasione di vanto ma vissuto subito dopo in cattedrale: l’ordina- bene”: “un atto di amore per la collettività”, furono scritte dal generale per i su- piuttosto di umiltà, di lotta e comzione di tre diaconi permanenti. Eventi di- che nulla ha e deve avere a che fare con la periori della Compagnia al fine di battimento, così a maggior ragione stinti eppure sintonici a ricordarci che la lotta faziosa, con la guerra tra i partiti, con aiutarli ad rectam gubernationem, os- colui al quale è stato affidato il comdiaconia della Carità, della Parola e dell’al- i risentimenti tra le persone, con l’odio di sia “per il buon governo” e anche pito di guarire le infermità della cotare ha bisogno di essere supportata e sti- classe. [...] Ma affinché la politica sia una per la crescita delle comunità. Inte- munità». molata anche dalla “diaconia della memo- sorta di carità, è necessario comprendere e Similmente scrive san Benedetto ressante da notare è l’uso dell’espresria”, che continueremo ad elaborare insie- praticare l’amore come un valore anche posione cura animarum — Acquaviva al- nel capitolo XXVII della sua Regola: me per ritrovare il Vangelo nella storia e litico, come lasciava intendere lo stesso don terna il termine cura con curatio, che «Con ogni premurosa diligenza portare la storia nel Vangelo. La generosità Sturzo quando nel 1925 lanciava la “crociata intende come l’esercizio effettivo l’abate deve curarsi dei fratelli colpeÈ quasi per intero dedicato agli anni del nel servizio ai poveri di oggi si qualifica e dell’amore nella politica”, dando vigore stodella cura — in senso non ammini- voli, perché non hanno bisogno del primo conflitto mondiale il secondo dei rafforza se sostenuta dalla memoria Dei, rico alla devozione del Sacro Cuore propastrativo, ma spirituale. medico i sani ma gli infermi. Deve «Quaderni per la storia della Chiesa di dalla capacità di guardare indietro, quasi a gandata in quegli anni da predicatori come La cura delle malattie dell’anima è perciò comportarsi del tutto come Trapani» intitolato Oltre “l’inutile strage”. cogliere umilmente le spalle di Dio, che padre Matteo Crawley. L’amore è una forza poi trattata in analogia con la cura un sapiente medico». La figura del Il vescovo Raiti, Trapani e la grande guerra continuamente ci apre al futuro consegnan- anche politica, nella misura in cui “non delle malattie del corpo; infatti, su- sapiens medicus era cara a san Benee curato dal vescovo Pietro Maria dosi nel volto di Cristo. Dalla “diaconia consiste né nelle parole, né nelle moine”, bito si legge nel proemio la seguente detto, che v’insiste anche nel capitoFragnelli (Trapani, Il Pozzo di Giacobbe, della memoria” di questo secondo conve- ma si traduce nelle opere della verità, nella affermazione: «La cura dell’anima, lo successivo nel caso che il colpevo2016, pagine 102, euro 10), con un gno auspichiamo nasca un triplice frutto. giustizia, nella difesa della libertà di tutti, che è molto più importante e più le non si corregga, o monti in supercontributo, tra gli altri, dell’arcivescovo Anzitutto la riscoperta della nostra identità nel rispetto dei diritti altrui e nella fedeltà difficile della cura del corpo, esige bia: «L’abate faccia come un esperto Santo Marcianò, ordinario militare per antropologica, frantumata dall’attuale cul- ai propri doveri, nel sacrificio di sé per gli una sollecitudine e un’abilità ancora medico: se ha usato i lenitivi, se gli l’Italia. Pubblichiamo quasi per intero il altri» (Massimo Naro). tura narcisistica. testo del vescovo di Trapani. maggiori». Nel capitolo secondo (in- unguenti delle esortazioni, se i medidi MARCELLO SEMERARO el discorso per gli auguri natalizi del 22 dicembre scorso Francesco è tornato a riflettere, come nei precedenti due anni, sulla riforma della curia romana. Al termine ha ricordato che dopo il discorso del 2014, quando aveva parlato delle «malattie curiali», un partecipante gli aveva domandato «Dove devo andare, in farmacia o a confessarmi?» e che egli aveva risposto «Mah, tutt’e due». Ha riferito poi che, salutando il cardinale Brandmüller, questi aveva detto «Acquaviva». E il Papa ha proseguito nella spiegazione: «Io, al momento, non ho capito, ma poi, pensando, pensando, ho ricordato che Acquaviva, quinto generale della Compagnia di Gesù, aveva scritto un libro che noi studenti leggevamo in latino. I padri spirituali ce lo facevano leggere, si chiamava così: Industriae pro Superioribus ejusdem Societatis ad curandos animae morbos, cioè le malattie dell’anima». Aggiungendo subito dopo che aveva deciso di farne dono natalizio a tutti i presenti. L’episodio merita di essere commentato, perché aiuta a mettere meglio a fuoco l’altro livello che, insieme con quelli ecclesiologico e istituzionale, Francesco intende quando fa uso della parola “riforma”. Intendo il livello spirituale, che fu dominante nel discorso del 22 dicembre N A scuola dalla storia N Oltre l’inutile strage L’OSSERVATORE ROMANO lunedì-martedì 6-7 febbraio 2017 pagina 5 La cantante Giorgia A colloquio con la cantante italiana Giorgia ospite al festival di Sanremo Alla ricerca di un senso più grande di ELENA BUIA RUTT n una carriera musicale in continua ascesa, iniziata a Sanremo nel lontano 1994, ha venduto sette milioni di dischi, ha vinto i premi più prestigiosi, ha duettato con i mostri sacri della musica mondiale, ha cantato due volte per Giovanni Paolo II. Nata nel 1971, Giorgia (al secolo Giorgia Todrani), che sarà ospite del sessantasettesimo festival della canzone italiana nella serata dell’8 febbraio, è una delle cantanti più note e apprezzate dal pubblico italiano e sulla scena internazionale. Oronero (Michroponica, distribuito da Sony Music), il suo decimo album, recentemente uscito, contiene quindici canzoni capaci di restituire l’immagine di una donna che con I autenticità si pone in ricerca, che con sincerità si interroga, che con umiltà si mostra. I testi, scarni, sobri, essenziali, sono quasi tutti scritti dalla stessa Giorgia, che con noi ne ripercorre il sofferto cammino esperienziale. In tutte le canzoni di questo album, il dolore infatti sembra essere lo sfondo di partenza, il grado zero da cui iniziare una tenace risalita volta alla conquista delle vette della chiarezza e della fiducia. Per non pensarti è una canzone incentrata su un lutto ancora insuperabile, la morte di una persona cara, che si spera di incontrare nuovamen- te, in un’altra vita. La morte, la finitezza, sono misteri che pongono domande: «La perdita è uno dei temi della condizione umana — riflette Giorgia — forse il più difficile da elaborare e comunque resta razionalmente ingiustificabile. Ma per assurdo, i momenti di lutto, di un dolore che appare infinito sono anche occasioni per accedere a risorse personali ancora sconosciute. Il decidere di sopravvivere e passarci attraverso richiede l’apertura di porte nuove, lo svelamento di risposte diverse da quelle in cui credevamo fino a poco prima. È uno di quei momenti in cui ci si avvinghia all’anima per ascoltare attraverso di lei l’eco di chi non c’è, e sentire che la morte non è una fine ma un passaggio». Eppure in Amore quanto basta Giorgia canta il desiderio di sentirsi «libera da ogni strappo che ho addosso», facendo i conti con un passato il cui peso rischia di diventare insopportabile, compromettendo il presente, paralizzando il futuro. Gli errori, gli sbandamenti, i dolori della propria vita divengono pietre miliari di un cammino duro, ma necessario, volto alla costruzione di un’individualità finalmente decisa a spiccare il volo: «Il passato, o meglio le esperienze fatte, ovviamente aiutano a definirci. Voltarsi indietro e guardare può rafforzare, ma può anche essere l’inizio di una libertà nuova: libertà da ciò che si è stati prima, una libertà comunque all’insegna del cambiamento. Il sentirsi “liberi dagli strappi addosso” è questo: corrisponde cioè a quei rari momenti di grazia in cui il passato diventa spinta e non àncora. Davvero rari!». Il cambiamento, al centro di Credimi si cambia, ha come suo motore l’amore: «Sempre si cambia per amore — commenta Giorgia — ma non necessariamente per amore verso qualcun altro, bensì per uno stato di amore cellulare direi, che non ha pretese e non ha giudizio, ma che ci appartiene intimamente». Un amore disinteressato, fraterno, smisurato, che non è solo un sentimento, ma una virtù, uno stato spirituale: un amore gratuito da parte di chi dona se stesso, senza prevedere o pretendere nulla in cambio, ed è perciò incondizionato e assoluto. Una postura esistenziale che richiede un atteggiamento, non sempre scontato, di ascolto e di apertura: «Credimi si cambia / Ogni cosa che sfiori ti cambia / Ogni voce che sogni nel buio/ Ti parla». Continua Giorgia: «A volte abbiamo il coraggio di morire e rinascere nel percorso di una vita, di distruggere e ricostruire la nostra personalità, a volte riusciamo, nel caos della vita quotidiana, a coltivare la nostra vita interiore, a volte intuiamo di essere parte di un tutto, a volte, cioè in quelle occasioni che generano terreno fertile per la capacità di credere, riusciamo ad affidarci, senza pretesa o condizioni. È in quel momento che guardiamo alla realtà relativizzandola all’insegna di un senso più grande». Il bisogno di affidamento diviene centrale per mettersi radicalmente in gioco, rompendo così le chiusure di un ego barricato in se stesso, nelle proprie sterili ma coriacee convinzioni, incapace dunque di aprirsi per accogliere l’altro. «La parola “credo” — spiega Giorgia — con le sue implicazioni è forse una delle più difficili da pronunciare in questo tempo, dove i valori cambiano di continuo e in cui a volte vale tutto e niente vale. La capacità di credere, di provare fede in sé, nell’altro, nell’oltre, è invece una conquista. Nel mio caso, questo è un passaggio fondamentale con cui mi confronto ogni giorno; un passaggio che richiede un processo di rinascita, frutto della conoscenza e anche della messa in discussione di sé: e come ogni nascere, porta con sé un’immancabile sofferenza». Giorgia è mamma di un bambino di 7 anni, che ogni giorno accompagna e riprende a scuola, insieme al suo compagno, senza delegare mai a tate o nonni. Più che mai, dopo la nascita di suo figlio, la necessità di ridefinire i propri desideri e scopi le si è rivelata pressante: «Quando arriva un figlio, tutto si scompone, le priorità cambiano radicalmente e bisogna dunque reimpostarsi come persona. Un figlio lo richiede, perché sa arrivare nei punti più fragili e incerti di te; bisogna riprogrammare anche la vita di coppia, che non sarà più quella di prima, ma sarà una vita rinnovata, spesa nel grande privilegio di assistere alla crescita di una persona nuova». Di nuovo ricorre nelle parole di Giorgia, come anche nei suoi testi, l’intuizione di un «arretramento personale» come possibilità di crescita e di maturazione. La nascita di un figlio o la volontà di vivere un rapporto di coppia solido e duraturo (come in Scelgo ancora te), la costringe a ridefinire la portata della propria libertà, constatando come questa si realizzi solo in relazione alla libertà delle persone amate: «Sono cresciuta con due genitori folgorati da un amore passionale e contraddittorio, che a volte si trasformava in una guerra; da qui ho capito invece che l’amore richiede impegno, volontà, scambio alla pari. In un’ottica forse molto femminile, penso che ci si debba rinnamorare di continuo della stessa persona, e che non si debba mai darla per scontata: il tempo che passa è un valore aggiunto al rapporto solo se diviene un’occasione quotidiana di rinnovare la promessa, e a volte ciò non è facile mentre la vita corre». In tutto l’album di Giorgia si dispiega a gran voce una critica allo stile e ai ritmi di vita della società attuale basata su falsi valori, sull’egoismo, sull’avere anziché sull’essere, come nella canzone Vanità: «Vanità racconta appunto le cose vane, le illusioni a cui ci appendiamo per sentirci accettati o integrati in una società che vive di modelli di inconscio collettivo, e ne siamo vittime anche senza accorgercene, tanto che anche la spiritualità viene travolta dalle “esigenze del mercato” o diventa strumento di potere: l’amore viene facilmente confuso con altro, ma poiché continua a essere chiamato amore, diventa un imbroglio». Il titolo dell’album, Oronero, ben stigmatizza il concetto che ciò che nasce come risorsa può diventare invece veleno: «Così come il petrolio è risorsa per la terra, ma usato male diventa potere, guerra e morte, così la relazione con gli altri, che nasce come scambio gratuito, diventa veleno se, nell’illusione di elevare noi stessi, giudichiamo l’altro, lo distruggiamo». Come acrobati dà voce alla reazione di Giorgia a questo stato di cose: qui la percezione di una precarietà esistenziale è unita alla fiducia nelle proprie forze e il bene provato è frutto di un entrare in relazione («Sarò sole e vento tra la gente che si sente sola»). Il proprio talento artistico, lungi da essere vissuto come vanità e autoreferenzialità, viene messo al servizio delle altre persone: «Avere un dono comporta responsabilità e libertà. Responsabilità di sviluppare questo dono, farlo progredire, e libertà di esprimersi. Per questo ogni lavoro interiore influisce sulla mia espressione artistica e la alimenta. Comunque quando compongo, non mi fermo a pensare a un probabile influsso sui pensieri degli altri, altrimenti mi blocco dalla paura di sbagliare e sbagliare è inevitabile! Spero solamente, con tutte le mie forze, di riuscire ogni tanto a provocare un’emozione, e questo si può definire dono, il dono di cui si è tramite, non proprietari». Le canzoni di Giorgia nascono nei modi più vari: «Parto da un beat di basso e batteria e ci faccio sopra una melodia, oppure riadatto canzoni in inglese, oppure lavoro su basi di altri, o ancora su accordi di pianoforte che suono d’istinto. Lavoro anche col mio compagno e con lui c’è una grande sinergia». Eppure esiste un momento in cui il potere creativo e la spinta comunicativa delle sue canzoni raggiungono l’apice: «La vera magia succede quando in qualche misterioso modo ci si ritrova connessi con l’alto, per cui si diventa strumenti di qualcosa di già scritto che va colto con un volo d’anima senza la mente, e allora sai che nella canzone c’è qualcosa che dev’essere raccontata. Per parlare di noi, di come soffriamo i sentimenti, del tempo che viviamo, dell’ansia che condividiamo, e della speranza che, anche davanti alle peggiori brutture, l’essere umano possa ritrovare se stesso». La Civiltà Cattolica parlerà spagnolo Varcherà l’Atlantico con un’edizione iberoamericana, e dunque sarà pubblicata in spagnolo, la storica rivista dei gesuiti italiani «La Civiltà Cattolica». A presentare l’iniziativa a Roma saranno, il 9 febbraio alle 18 nella sede dell’ambasciata di Spagna presso la Santa Sede, il gesuita Antonio Spadaro, direttore della testata, Raimund Herder, editore della nuova pubblicazione, e la giornalista Elisabetta Piqué. Fondata nel 1850 a Napoli, «La Civiltà Cattolica» è sempre stata scritta da gesuiti. Dagli anni del concilio Vaticano II, la rivista è stata diretta da Roberto Tucci, Bartolomeo Sorge e GianPaolo Salvini. Un progetto di catechismo teatrale di SILVIA GUIDI eatro, scuola di incarnazione, luogo privilegiato in cui «le parole si alzano in piedi» (Fabrizio Gifuni) diventano tridimensionali e si tramutano in esperienza concreta sia per chi recita che per chi guarda e ascolta; uno strumento comunicativo tanto semplice quanto efficace. Non è certo una scoperta recente nella storia della Chiesa: dai dialoghi di Rosvita, monaca dell’abbazia di Gander- T Il lavoro in scena è un habitat ideale per favorire tra i ragazzi una vera dinamica di gruppo Se sono fieri dello spettacolo inviteranno anche i loro amici sheim nella Sassonia del X secolo, che recitava i suoi testi ad alta voce per l’edificazione delle consorelle, al teatro dei gesuiti nel Seicento, dai presepi viventi che vengono allestiti in tutto il mondo durante l’Avvento alle rappresentazioni contemporanee di testi profondamente drammatici e profondamente cristiani come L’annuncio a Maria di Paul Claudel o il Miguel Mañara di Oscar Milosz, una mise-en-scène ispirata dalla fede è sempre stata considerata uno strumento pedagogico di forte impatto. Superando nei secoli diffidenze, Impresari per conto di Dio perplessità, divieti, aperture eccessive e acritiche, le mode più disparate e i più vari corsi e ricorsi storici ma mai sparendo del tutto dall’orizzonte dell’evangelizzazione cristiana. La stessa celebrazione della Messa, in fondo, è un concreto “fare memoria” di un fatto del passato, una sacra rappresentazione sui generis in cui il personaggio evocato si rende materialmente incontrabile nel sacramento dell’eucaristia. Come amava dire monsignor Lorenzo Albacete, portoricano di origine ma neworkese di adozione, «non c’è Living Theatre più vivente di questo». E nessuna performance sperimentale di estrema avanguardia raggiungerà mai la forza di provocazione di un Dio che si è fatto uomo e ha accettato di farsi, letteralmente, mangiare dai suoi. Fedeli a questo metodo, antico ma sempre efficace, gli operatori della Missio Luxembourg hanno cercato un modo concreto per rilanciarlo. È nato così il progetto Ad gentes: un kit “chiavi in mano” per allestire una commedia musicale, dalle tracce audio alle locandine personalizzabili, dai testi delle canzoni al vademecum per i formatori che accompagnano e guidano i ragazzi. Un canovaccio, l’avrebbero chiamato i teatranti del passato, ma in versione 2.0, disponibile in molte lingue diverse, pensato e accuratamente progettato nei particolari per far riflettere i ragazzi su te- mi come il perdono, il battesimo, la condivisione, e insieme far fiorire la loro creatività. Tre i punti fermi da tenere presenti durante il percorso: la motivazione al lavoro, l’attenzione a calamitare costantemente idee, energie e interesse, una modalità di realizzazione che non perda mai di vista la formazione umana integrale secondo la visione cristiana dell’uomo e infine l’apertura al mondo, ovvero la disponibilità a partecipare a un gesto esplicitamente missionario, per gli attori come per gli spettatori. «Credo che questo progetto — scrive Grégory Turpin, cantante pop molto famoso in Francia, nel sito della Missio Luxembourg — risponda davvero a una esigenza attuale. I nostri giovani vogliono poter apprendere tutto sviluppando i loro talenti artistici. E questo è un habitat ideale per creare una dinamica di gruppo e rinforzare i legami di amicizia. Vogliamo davvero che durante le repliche i ragazzi siano sempre più motivati e fieri del loro spettacolo per invitare i loro amici. E, così facendo, essere, di fatto, missionari». Un anno di spettacoli in Francia, in Lussemburgo e in Polonia, in occasione dell’ultima giornata mondiale della gioventù, ha dimostrato che l’idea, sul capo, funziona. In Argentina, molti gruppi sono già al lavoro sui testi tradotti in spagnolo, mentre già molte parrocchie usano il kit per far allestire la commedia musicale dai ragazzi che si preparano alla cresima. In cantiere c’è una trasferta di tutto il gruppo in Bénin, Paese africano francofono, prevista per luglio, grazie alla disponibilità del vescovo di Djougou Paul Kouassivi Vieira. «La musica — spiega l’abate Maurice Réporté, direttore nazionale della Mis- sio Luxembourg — è un mezzo eccellente per raggiungere i giovani e anche i meno giovani. Lo spettacolo presenta temi che hanno un posto importante nella vita quotidiana delle persone nei cinque continenti. E permette ai ragazzi di mettere in gioco i loro talenti e di essere testimoni del Vangelo in modo semplice ma autentico». Un’occasione anche per i catechisti, chiamati a diventare impresari “per conto di Dio”. Una foto tratta da uno degli spettacoli del progetto Ad gentes L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 lunedì-martedì 6-7 febbraio 2017 Conclusa la visita del segretario di Stato nel paese africano WASHINGTON, 6. «Moralmente ingiusto» e «religiosamente pericoloso». Così il board of directors della Catholic Theological Society of America definisce, chiedendone il ritiro, il recente discusso ordine esecutivo con cui il presidente statunitense Donald Trump ha imposto un severo di giro di vite alla normativa sull’immigrazione che, come è noto, presenta ferree limitazioni degli ingressi da alcuni paesi a maggioranza islamica. Un’altra voce autorevole dunque, quella dell’associazione nazionale dei teologi cattolici, che si aggiunge a quelle dei tanti presuli, della Conferenza episcopale e di numerose organizzazioni religiose, in particolare ebraiche. Voci che si sono levate contro un provvedimento, in queste ore anche al centro di scontro legale nelle aule di giustizia, considerato fortemente lesivo della dignità umana e contro il quale si sono verificate imponenti proteste di piazza. Per la Catholic Theological Society, una delle maggiori organizzazioni teologiche mondiali, che conta oltre 1300 membri, l’ordine esecutivo della Casa Bianca si presenta in palese «contrasto con i valori religiosi ed etici contenuti nella tradizione cattolica», perché, viene sottolineato, «la nostra fede ci chiama ad accogliere lo straniero». L’importanza di questo dovere, ricordano i teologi statuni- Pace e unità per la Repubblica del Congo Teologi statunitensi sul blocco all’immigrazione Ingiusto e pericoloso tensi, è rimarcato dal fatto che questo «comando» compare in non meno di trentasei occasioni nell’antico Testamento, mentre nel nuovo Testamento (Matteo, 25, 40 e 45) è Gesù stesso a identificarsi con la condizione dello straniero. «La nostra fede biblica ci chiama a trattare rifugiati e migranti in modo molto diverso rispetto a quanto fa l’ordine esecutivo», avvertono i teologi. Non solo, «i nostri doveri verso i rifugiati e gli altri immi- Critiche anche dall’episcopato di Inghilterra e Galles La scelta di Washington mette a rischio i cristiani LONDRA, 6. Il divieto di ingresso per i rifugiati di alcuni paesi islamici deciso dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, «non migliorerà la sicurezza nel paese e potrebbe mettere a rischio i cristiani in Medio oriente»: è quanto afferma l’arcivescovo di Westminster e presidente della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, cardinale Vincent Gerard Nichols. Secondo il porporato, tale divieto è sostenuto dalla «falsa idea» che islam e cristianesimo siano in conflitto. In un’intervista rilasciata alla Bbc Radio Four’s Lettera pastorale sugli abusi sessuali in Australia SYDNEY, 6. La Chiesa in Australia prova vergogna, si scusa ed è profondamente scossa e umiliata dal risultato dell’indagine condotta dalla Royal Commission in merito ai numerosi casi di abusi sessuali perpetrati da membri del clero e da laici. Sarebbero 572 preti, di cui 384 diocesani, 597 religiosi e 96 religiose accusati di aver commesso abusi ai danni di minori a partire dal 1950. Le cifre sono state rese note dall’arcivescovo di Sydney, Anthony Colin Fisher, il quale, di fronte alla gravità di queste accuse, verificate in parte anche da uffici ecclesiastici, ha diffuso una lettera pastorale nella quale, oltre appunto a dirsi «scosso» e «umiliato» dai risultati dell’indagine, avverte come le prossime settimane «saranno traumatiche per tutte le persone coinvolte, specialmente per le vittime. Nonostante ciò che sarà — ha affermato il presule — rimango determinato a fare tutto ciò che è necessario per assistere chi è stato ferito dalla Chiesa e a lavorare per una cultura di maggiore trasparenza, affidabilità e sicurezza per tutti i bambini». Sulla vicenda è intervenuto anche il presidente della Conferenza episcopale australiana, l’arcivescovo Denis J. Hart, attraverso un messaggio nel quale ha ricordato come «Papa Francesco ha invitato tutta la Chiesa a trovare il coraggio necessario per adottare tutte le misure necessarie» affinché «tali crimini non possano mai essere ripetuti». Westminster, il cardinale si è detto convinto che «il divieto potrebbe aumentare la determinazione dei terroristi a colpire obiettivi statunitensi. Credo che, a lungo andare, la sicurezza non sia garantita dalla paura ma dal miglioramento dei rapporti, dall’apertura e non dalla chiusura». Il cardinale Nichols riconosce che uno dei doveri principali di un politico è quello di proteggere il proprio paese da ogni minaccia violenta, ma, ha specificato, «penso che la questione sia come si esercita questo dovere». grati gravemente a rischio si basano anche sulla convinzione che ogni uomo, donna e bambino è creato a immagine e somiglianza di Dio e ha una dignità che deve essere rispettata da tutti». Tanto più, quando coloro che bussano alle frontiere sono persone che fuggono dalla guerra o dalla persecuzione: in questi casi vi è un «dovere di fornire assistenza». Un dovere a cui in passato gli Stati Uniti generalmente non si sono mai sottratti tanto da guadagnarsi l’appellativo di “madre degli esuli” (the mother of exiles). In questo senso, avvertono i teologi, il decreto presidenziale contravviene non solo i valori della fede cristiana ma anche quelli degli Stati Uniti. E tutto ciò, mettono in guardia, potrebbe avere «un impatto negativo duraturo sulle relazioni degli Stati Uniti con i popoli del mondo». Così, pur riconoscendo innegabili esigenze di sicurezza e di controllo delle frontiere, si ricorda che «i confini nazionali non potranno mai costituire dei limiti assoluti ai nostri doveri morali verso altri esseri umani». Tanto più, viene osservato, che l’ordine esecutivo del presidente Trump costituisce anche una severa minaccia al dialogo interreligioso: «Il decreto rischia di minare i nostri sforzi per migliorare la comprensione reciproca tra cristiani e musulmani». Con l’atto di consacrazione della Repubblica del Congo alla Vergine Maria, al termine della messa celebrata sabato 4 febbraio nella basilica nazionale di Sant’Anna a Brazzaville, si è conclusa la visita del cardinale Pietro Parolin nel paese africano. La solenne cerimonia è stata trasmessa in diretta televisiva su tutto il territorio. Insieme con il segretario di Stato hanno concelebrato il nunzio apostolico, l’arcivescovo Francisco Escalante Molina, tutti i vescovi del paese e 150 sacerdoti. Alla presenza di circa tremila fedeli, che gremivano l’interno e l’esterno dell’enorme chiesa, la messa è stata celebrata col formulario della Madonna patrona del paese. Hanno partecipato il presidente Denis Sassou N’Guesso; il primo ministro Clemente Mouamba, con il governo; il presidente del senato, quello dell’Assemblea parlamentare, senatori, deputati, il prefetto di Brazzaville, il corpo diplomatico e autorità militari. L’omelia del porporato è stata più volte interrotta da applausi, soprattutto quando ha fatto riferimento alla giustizia e alla pace. Commentando le letture (Ebrei 13, 15.2021; 1 Corinzi 13, 1-9; Marco 6, 30-34) il celebrante ha infatti esortato a «vivere in pace e nel dialogo; a coltivare la tenerezza di Dio, la sua compassione e non il risentimento e l’odio, la condivisione e non l’egoismo, l’unità e non la divisione o il tribalismo, la solidarietà e non l’indifferenza». Il Congo, ha aggiunto, è un paese benedetto con incredibili risorse naturali e umane, ma ha anche bisogno di tanto amore, un amore come quello di Cristo «capace di resistere alla tentazione dell’indifferenza, e che considera il bene altrui come il proprio». Perché, ha concluso, «il buon cristiano è prima di tutto uno che si impegna ogni giorno a camminare con Dio e in armonia con lui, facendo del bene e fuggendo dal male». È seguito il pranzo offerto dall’arcivescovo di Brazzaville, monsignor Anatole Milandou, presso la propria residenza. In serata il cardinale Parolin è stato accompagnato all’aeroporto Maya-Maya, da dove è ripar- Messaggio dei vescovi filippini Contro la droga con giustizia e verità MANILA, 6. «Il Signore non gode della morte del malvagio». Richiamandosi a un celebre passo del profeta Ezechiele, i vescovi delle Filippine hanno rinnovato la loro contrarietà alle brutali modalità di contrasto al traffico e al consumo di droghe, che rischiano di trasformare il paese, soprattutto nelle sue aree più povere e depresse, in una sorta di «regno del terrore». È quanto si sostiene nella lettera pastorale, letta domenica in tutte le chiese, che interviene nell’acceso dibattito sulla liceità delle esecuzioni extragiudiziali — che in sei mesi hanno procurato la morte di circa settemila persone fra presunti spacciatori e con- sumatori di droga — come pure sull’introduzione della pena capitale, sostenuta apertamente dal presidente Rodrigo Duterte. Una presa di posizione che ricalca quanto già espresso in numerose altre occasioni dallo stesso episcopato. Solo pochi giorni fa, riuniti a Manila per la consueta assemblea plenaria, i presuli hanno ribadito senza mezzi termini, e suscitando la reazione risentita degli organi governativi, che «affrontare la violenza con la violenza non risolverà nulla». Nel documento letto nel corso delle celebrazioni domenicali e firmato dal presidente dell’episcopato, l’arcivescovo di Lingayen-Dagupan, Socrates B. Villegas, i presuli filippini esprimono dunque forte preoccupazione per le modalità di questa campagna antidroga. Certo, affermano, «questo traffico di droghe illegali deve essere fermato e superato», tuttavia «la soluzione non sta nell’uccisione dei tossicodipendenti e dei presunti spacciatori». Allo stesso tempo, viene espressa preoccupazione anche per un certo silenzio dell’opinione pubblica — «è considerato come normale, e, ancora peggio, come qualcosa che deve essere fatto» — che rischia di assecondare comportamenti fortemente lesivi della dignità umana. «Anche noi, come molti nostri connazionali vogliamo il cambiamento. Ma il cambiamento deve essere guidato dalla verità e dalla giustizia», avvertono i vescovi. Di qui anche il richiamo preciso, in sette punti, di alcune fondamentali norme etiche. «Insegnamenti — affermano — che sono radicati nel nostro essere umani, nel nostro essere filippini e nel nostro essere cristiani». In primo luogo l’intangibilità della vita umana. «La vita di ogni persona — ribadiscono — viene da Dio. È lui che la dona, ed è solo lui che la può riprendere. Nemmeno il governo ha il diritto di uccidere la vita, perché è solo amministratore e non il proprietario della vita». E se la possibilità di redimersi e di cambiare vita «è sempre possibile per ogni persona», i presuli ricordano anche che «ogni persona ha diritto a essere considerata innocente fino a prova contraria». tito alla volta di Roma dopo la cerimonia di congedo allestita dal Protocollo del ministero degli affari esteri. Si è così conclusa la permanenza del porporato nel paese africano, che nella mattinata di venerdì 3, scortato da un corteo ufficiale della presidenza della Repubblica, era stato accompagnato al palazzo del popolo per incontrare il capo dello stato. Dopo la solenne accoglienza, secondo un cerimoniale prestabilito, è seguito l’incontro col presidente durato un’ora e mezza. Il cardinale era accompagnato dal nunzio, dal desiderio di accelerare il processo di beatificazione del cardinale Emile Biayenda (1927-1977). Il cardinale Parolin, ha risposto al saluto ripercorrendo le tappe fondamentali delle relazioni diplomatiche e il raggiungimento della firma dell’Accordo quadro. Nel tardo pomeriggio ha visitato la cattedrale di Brazzaville, accolto dall’arcivescovo. L’edificio era gremito di fedeli, presenti tutti i vescovi congolesi, sacerdoti e religiose. Dopo un momento di preghiera, il cardinale Parolin ha impartito la benedizione eucaristica e ha sostato presso la tomba del car- Il segretario di Stato in preghiera sulla tomba del cardinale Emile Biayenda vescovo presidente della Conferenza episcopale Daniel Mizonzo, dall’arcivescovo di Brazzaville e da monsignor Gianfranco Gallone, officiale della Segreteria di Stato. Erano presenti inoltre il primo ministro, con i ministri dell’interno, Raymond Zéphirin Mboulou, e degli affari esteri Jean-Claude Gakosso, e il segretario generale della Presidenza, Jean Baptiste Ondaye. Durante il colloquio, sono stati affrontati vari argomenti di politica internazionale, con riferimento alla situazione in Libia, in Centrafrica e nella Repubblica democratica del Congo. Sono stati evidenziati i buoni rapporti esistenti tra la Chiesa cattolica locale e le autorità dello Stato, rafforzati ora dalla stipula dell’Accordo quadro. Si è accennato ai quarant’anni delle relazioni diplomatiche con la Santa Sede e alle istituzioni ecclesiastiche che lavorano a beneficio della popolazione, in particolare in campo educativo e sanitario. Il presidente si è pure soffermato sul conflitto nella regione del Pool e sulla politica del governo per riportare stabilità e ordine pubblico e permettere alla popolazione di vivere tranquillamente. Ha elogiato l’attività del Pontefice e della Santa Sede per ciò che fanno per promuovere la pace e la composizione dei conflitti. Infine, ha chiesto ufficialmente al cardinale Parolin che il Papa visiti il Congo nel suo prossimo viaggio in Africa. Dopo l’udienza, si è svolta la cerimonia ufficiale della firma dell’Accordo quadro, trasmessa anch’essa in diretta dalla televisiva nazionale. È seguito il pranzo ufficiale offerto dal capo dello stato. Durante il saluto pronunciato dal primo ministro è stata rivolta al segretario di Stato la richiesta di reiterare a Papa Francesco i saluti, l’affetto e la devozione di tutto il popolo congolese. Nel contempo il premier ha espresso il † Sua Eminenza il Cardinale Arciprete Agostino Vallini e il Capitolo Lateranense annunciano l’ingresso nella Gerusalemme Celeste di Monsignor OTTAVIO PETRONI Canonico Lateranense e, mentre ne ricordano il generoso Ministero sacerdotale, lo affidano alla divina Misericordia. Le esequie saranno celebrate martedì 7 febbraio alle ore 15.30 nella Basilica Papale di San Giovanni in Laterano. dinale Biayenda. Quindi si è recato nell’antico palazzo episcopale dove ha visitato le stanze in cui visse il servo di Dio. La serata si è conclusa con la visita alla casa gestita dalle suore Minime dei poveri, che accoglie 70 persone anziane indigenti. Le religiose, a turno, giornalmente fanno la questua nella capitale per poterle sfamare. Tra gli assistiti anche due sacerdoti gravemente ammalati. Il cardinale si è intrattenuto con ciascuno degli ospiti; e prima di lasciare l’istituto, ricordando le parole del Papa, ha detto che gli anziani sono come le radici di un albero: se vengono esclusi dalla società essa muore. Poi ha ringraziato le suore per questo meritorio e prezioso ministero d’amore. L’OSSERVATORE ROMANO lunedì-martedì 6-7 febbraio 2017 pagina 7 La statua di Justus Takayama Ukon a Takatsuki Presentate la giornata del malato e la Carta per gli operatori sanitari La cura è un diritto per tutti «Nuove linee guida chiare per i problemi etici più scottanti che si devono affrontare nel mondo della salute, in armonia con gli insegnamenti di Cristo e con il magistero della Chiesa». Ecco che cosa contiene la nuova Carta degli operatori sanitari presentata lunedì mattina, 6 febbraio, dal Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale. Occasione per illustrarla nei dettagli è stata la presentazione, nella Sala stampa della Santa Sede, della venticinquesima giornata mondiale del malato, che si terrà l’11 febbraio prossimo a Lourdes. A prendere la parola, anche a nome del cardinale presidente Peter Kodwo Appiah Turkson, è stato monsignor Jean-Marie Mate Musivi Mupendawatu, segretario delegato del dicastero. Con lui Antonio Gioacchino Spagnolo, professore di bioetica e direttore dell’Institute of bioethics and medical humanities all’Uni- Summit alla Casina Pio IV Contro le nuove schiavitù Il dramma del traffico di organi e il cosiddetto “turismo dei trapianti” sono al centro del summit che si tiene martedì 7 e mercoledì 8 febbraio nella Casina Pio IV, sede della Pontificia accademia delle scienze, che lo ha organizzato. L’iniziativa si inserisce nel cammino di riflessione su uno dei temi cari al magistero di Papa Francesco, il quale, denunciando le «nuove forme di schiavitù del XXI secolo», ha posto in stretto collegamento la tratta delle persone con il traffico di organi. All’incontro partecipano specialisti provenienti da oltre venti paesi dei cinque continenti: funzionari statali, pubblici ministeri, magistrati, ricercatori e giornalisti che da anni si occupano del tema, divenuto una vera e propria emergenza sociale. Basti considerare che esso versità Cattolica, tra i redattori della nuova Carta, e Alessandro de Franciscis, presidente dell’ufficio delle constatazioni mediche di Lourdes, che ha parlato dell’attualità del messaggio spirituale del santuario, presentando anche il programma della giornata, istituita da Giovanni Paolo II nel 1992 e giunta quest’anno a festeggiare il suo giubileo d’argento che, per volontà di Francesco, sarà celebrato in forma straordinaria sul tema: «Stupore per quanto Dio compie: “Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente...” (Luca 1, 49)». A presiedere le celebrazioni tra il 10 e il 13 febbraio, in veste di legato pontificio, il segretario di Stato cardinale Pietro Parolin, con l’obiettivo — ha puntualizzato monsignor Mupendawatu — di dare «un nuovo slancio alla diffusione di una cultura rispettosa della vita, della salute e dell’ambiente», che tuteli tutte le persone, «soprattutto le più deboli». Un fondamentale contributo a questo progetto arriva proprio dalla nuova Carta per gli operatori sanitari, che «è il risultato di un’opera di revisione e attualizzazione» del precedente documento, pubblicato nel 1995. Quel vademecum venne «rapidamente tradotto in diciannove lingue e, per quasi venti anni, ha costituito il testo base per gli operatori sanitari». È evidente, ha fatto presente monsignor Mupendawatu, che «far arrivare in tipografia la nuova Carta ha richiesto diversi anni di lavoro a un gruppo qualificato di esperti». E presto saranno pronte anche le traduzioni in più lingue. La Carta «è un valido compendio di dottrina e di prassi, un testo in cui si è dunque operata una revisione e un aggiornamento». E così «anche i temi già a suo tempo affrontati vengono illustrati in un linguaggio più accessibile e attuale, e contengono un aggiornamento scientifico e contenutistico», oltre a essere «accompagnati da una rivisitazione delle note teologiche del documento». Tra le novità, il coinvolgimento diretto anche di amministratori e legislatori sulle questioni centrali della salute; e poi l’introduzione del concetto di «giustizia sanitaria», con la denuncia della mancanza di assistenza ai più poveri e la poca attenzione per le malattie rare e neglette. Tutti hanno diritto a essere curati: questo il messaggio centrale. Dal punto di vista dottrinale, ha spiegato ancora il segretario delegato, «la nuova Carta riafferma la sacralità della vita e la sua indisponibilità in quanto dono di Dio». Gli operatori sanitari «sono ministri della vita in quanto ne sono servi e sono chiamati ad amarla e accompagnarla nel percorso esistenziale del generare, vivere e morire, trinomio tematico dell’indice». E così ecco presentate tutte le questioni scottanti, a cominciare da aborto e eutanasia. In sostanza, ha poi spiegato il professor Spagnolo, «la Carta è stata aggiornata con i pronunciamenti del magistero e i documenti, usciti dopo il 1994, tenendo conto delle conquiste della ricerca biomedica e delle nuove realtà sociosanitarie». Divenendo quindi «un aggiornato strumento per una seria preparazione e formazione continua, sul piano etico, degli operatori sanitari». Dalla spada alla croce di TONI WITWER* È stato il più grande “missionario giapponese” del Cinquecento, il laico Justus Takayama Ukon che il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, beatifica il 7 febbraio a Osaka in rappresentanza di Papa Francesco. Egli infatti ha vissuto la fede cristiana non come qualcosa di “straniero” ma proprio da giapponese: da principe di altissimo rango, ha aiutato a inculturare il cristianesimo per mezzo del suo esempio di vita fino alla morte in esilio. Hikogorō, questo il suo nome giapponese, nacque probabilmente nel 1552 a Takayama — l’antica sede dell’omonima famiglia cui apparteneva — tre anni dopo l’arrivo del cristianesimo, introdotto dal gesuita Francesco Saverio. Apparteneva alla classe alta, i daimyō, signori feudali, governanti che erano al secondo posto dopo lo shogun nel Giappone medievale e della prima età moderna. I Takayama, che possedevano vaste proprietà, accettarono la presenza dei missionari e sostennero le loro attività, proteggendoli. Dal 1558 la famiglia viveva nella fortezza Sawa, divenuta un centro cristiano dopo la conversione del padre Dario. Un missionario Messa per san Biagio Martiri contemporanei Di fronte alle «grandi questioni della vita», sia personali sia collettive, non basta «esprimersi come se si mettesse un “mi piace” su una foto»; occorre invece una testimonianza concreta e coraggiosa, come è stata quella degli antichi martiri e come è quella dei martiri contemporanei. La celebrazione della memoria liturgica di san Biagio, il 3 febbraio, è stata occasione per il cardinale Leonardo Sandri di ricordare quanti «nelle terre provate dell’Oriente, soffrono violenza e versano il loro sangue per il nome di Gesù»; ma anche per richiamare quei testimoni che, «compiendo il loro dovere quotidiano con abnegazione, sono giunti persino a perdere la vita», come, per esempio, «gli figura nell’agenda dell’O rganizzazione mondiale della sanità da circa trent’anni. Al termine dei lavori, suddivisi in sei gruppi su base territoriale (America, Africa, Europa, Mediterraneo orientale, Pacifico occidentale e sud est asiatico), verrà redatta una dichiarazione. «Il traffico di organi — sottolinea la Pontificia accademia — viola i principi di giustizia, uguaglianza e rispetto della dignità umana». Esso «è diventato anche una forma di schiavitù che sfrutta i lavoratori in condizioni di povertà, le popolazioni migranti, i rifugiati in fuga dai genocidi commessi nei loro paesi di origine, i prigionieri giustiziati e i minori. In una parola: i diseredati e gli esclusi». Secondo statistiche presentate al Papa nel 2014, sono circa un milione gli interventi di trapianti di organi effettuati, ma di questi quelli davvero necessari sono appena il 10 per cento (120.000). La maggior parte riguarda i reni, che costituiscono il 75 per cento del commercio illegale, seguiti da fegato, cuore, polmoni, pancreas e intestino. In Giappone la beatificazione di Justus Takayama Ukon eroici soccorritori dei nostri fratelli e sorelle provati dai terremoti e da altre calamità naturali». Avvenimenti sismici che, tra l’altro, hanno toccato pesantemente la stessa chiesa romana della diaconia dei Santi Biagio e Carlo ai Catinari, costringendo il porporato a celebrare la messa in un locale allestito ad aula liturgica. La riflessione del prefetto della Congregazione per le Chiese orientali ha preso le mosse dalla testimonianza del martire Biagio «che ha sopportato atroci torture e violenze prima del colpo mortale», con una resistenza «animata dalla fede» in Dio che «non delude mai». Seguendo l’esempio del santo guaritore, ha detto il porporato, Lutto nell’episcopato Monsignor Carmelo Cassati, arcivescovo emerito di Trani-BarlettaBisceglie, è morto il 3 febbraio. Il compianto presule era nato in Tricase, nella diocesi di Ugento - Santa Maria di Leuca, il 6 aprile 1924, ed era stato ordinato sacerdote dei missionari del Sacro Cuore di Gesù il 17 dicembre 1949. Inviato in Brasile e in Perú, in quest’ultimo paese era divenuto segretario del nunzio apostolico, poi cardinale, Giovanni Panico. Tornato in missione in Brasile nel 1970, il 27 aprile di quell’anno era stato eletto alla Chiesa titolare di Nova Germania e nel contempo nominato ausiliare del prelato di Pinheiro. Aveva ricevuto l’ordinazione episcopale il successivo 28 giugno e il 17 giugno 1975 era divenuto prelato di Pinheiro, rinunciando alla Sede titolare di Nova Germania il 26 maggio 1978. Rientrato in Italia per motivi di salute, il 12 febbraio 1979 gli era stata assegnata la diocesi lucana di Tricarico. Successivamente, il 7 settembre 1985, era stato trasferito alle diocesi pugliesi di Lucera e di San Severo. A seguito della riorganizzazione territoriale della Chiesa italiana, il 30 settembre 1986 aveva rinunciato a Lucera, mantenendo la guida di San Severo fino al 1990, anno in cui, il 15 dicembre, era stato promosso a Trani-Barletta-Bisceglie. Il 13 novembre 1999 aveva rinunciato al governo pastorale dell’arcidiocesi. Le esequie sono state celebrate nel pomeriggio di lunedì 6 febbraio, alle ore 16, nella chiesa parrocchiale della Natività di Maria Vergine in Tricase, dall’arcivescovo Francesco Cacucci, presidente della Conferenza episcopale pugliese. occorre chiedersi «dove stiano le nostre radici, su quale roccia stiamo decidendo ogni giorno di appoggiare la nostra vita, a quale sorgente cerchiamo con tutte le nostre forze di abbeverarci». Anche perché, ha concluso, «intorno a noi c’è tanta confusione, a livello internazionale e locale, tante voci che insinuano per dividere o per offendere, e forse troppo poche per incoraggiare e costruire». istruiva nella fede la famiglia e suoi sudditi. Justus ricevette il battesimo a dodici anni, insieme alla madre, ai fratelli e ad altre 150 persone. Tuttavia, crebbe comunque con la mentalità del guerriero e nel 1573 si batté in duello uccidendo l’avversario e riportando ferite che lo costrinsero a letto. Durante la convalescenza poté riflettere sul senso profondo della vita. Intanto, a causa di conflitti, la famiglia dovette porsi al servizio di Wada Koremasa e si trasferì a Takatsuki. Dopo la rinuncia del padre al dominio, Justus divenne sovrano di Takatsuki. Nel 1574 si sposò con Justa: ebbero cinque figli e cinque nipoti. La sua fede fu messa a dura prova quando, a causa di un conflitto tra signori, fece qualcosa di impensabile per un guerriero: invece di gettarsi nella battaglia, cercò di limitare le perdite il più possibile e di negoziare la pace. Presentandosi disarmato all’avversario, Ukon rinunciò a se stesso e si affidò completamente a Dio. Il prendere coscienza della situazione in cui si trovava e l’aver sperimentato la propria impotenza gli permisero di approfondire la fiducia nel Signore e lo resero in modo crescente capace di rinunciare alla propria posizione, all’onore e alla vita stessa. Lo trasformarono da guerriero abituato a lottare come un eroe, in un uomo disposto a offrire se stesso per gli altri, capace di amare secondo l’esempio di Cristo. Grazie a questa seconda conversione Justus Takayama Ukon divenne un “missionario” che sapeva convincere non solo con le parole e le opere, ma anche con la condotta di vita, dando onore al proprio nome “Giusto”. Al punto che i giapponesi chiamarono il cristianesimo la “legge di Takayama”. Per favorire la crescita della fede, si impegnò nella fondazione di seminari per la formazione di missionari e catechisti nativi, prima ad Azuchi, poi nella residenza di Takatsuki e infine a Osaka. La maggioranza dei seminaristi venivano dalle famiglie dei suoi sudditi. Tra loro san Paolo Miki e compagni martiri, la cui memoria si celebra il 6 febbraio. Il cardinale Ribat ha preso possesso del titolo di San Giovanni Battista de’ Rossi Nella mattina di domenica, 5 febbraio, il cardinale John Ribat, arcivescovo di Port Moresby in Papua Nuova Guinea, ha solennemente preso possesso del titolo di San Giovanni Battista de’ Rossi. Davanti alla chiesa romana in via Cesare Baronio il porporato è stato accolto dal parroco, monsignor Mario Pecchielan, che gli ha presentato il crocifisso per il bacio e la venerazione. Il rito è stato preceduto da una processione ispirata ai ritmi tradizionali dei popoli dell’Oceania, animata dai missionari del Sacro Cuore di Gesù, confratelli del cardinale Ribat, e dai suoi connazionali residenti a Roma. All’interno della chiesa parrocchiale il porporato ha presieduto l’Eucaristia. Hanno concelebrato il vescovo di Bereina, monsignor Rochus Josef Tatamai, e una ventina di sacerdoti, tra i quali il parroco. Ha diretto il rito monsignor Massimiliano Matteo Boiardi, cerimoniere pontificio. Grazie alle attività missionarie e sociali di Justus, il numero dei cristiani nel dominio di Takatsuki, con circa 30.000 abitanti, aumentò da 600 nel 1576 a 25.000 nel 1583: in pratica la maggioranza del popolo. A lui si deve anche la fondazione della chiesa nella città di O saka. Particolarmente grande fu l’influsso di Justus sulla conversione di amici e nobili. Nella cerimonia del tè, che approfondisce il legame dell’amicizia e, quindi, il livello orizzontale, egli includeva la dimensione verticale che conduce all’unione con Dio e in lui. Il trasferimento di Justus in un altro feudo aprì nuove possibilità di evangelizzazione cosicché, dal 1585 al 1587, furono battezzate alcune migliaia di persone. Ma l’editto di proibizione della religione cristiana, per cui nel 1587 fu ordinata l’espulsione dei missionari dal Giappone, interruppe la sua feconda attività. A Justus fu richiesto di abbandonare la fede; ma egli preferì lasciare il feudo e subire l’espulsione. Si rifugiò nell’isola di Shodoshima e un anno più tardi fu consegnato alla custodia di Maeda Toshiie, al servizio del quale rimase per i successivi 25 anni. A motivo dei meriti nelle battaglie, nel 1592 Justus fu riabilitato. Dopo la morte di Maeda Toshiie, servì il figlio Maeda Toshinaga. Ritiratosi dopo il 1600 secondo l’usanza giapponese, egli non portava più il titolo nobile Ukon-no-tayu ma il nome Tōhaku o Minami-no-bō, il nome del maestro della cerimonia del tè. Su desiderio di Justus, nel 1603 venne eretta la nuova residenza dei gesuiti a Kanazawa ed egli continuò a promuovere le attività missionarie nelle province del nord fino al 1614. Il 14 febbraio di quell’anno, infatti, Justus Takayama e i suoi amici cristiani furono esiliati anche da Kanazawa: se non avessero abbandonato la fede cristiana, sarebbero stati deportati. L’espulsione dalla patria e il cammino faticoso in esilio a Manila fecero ulteriormente progredire Ukon nella fede. Malgrado tutte le sofferenze e le difficoltà, l’ultimo anno della sua vita fu decisivo per trasformarlo in un “vero martire”, come lo venerano i cristiani giapponesi. Durante questo tempo egli nutrì la speranza del martirio per morte violenta. Era certo che sarebbe stato ucciso e aspettava la fine con grande serenità. La navigazione verso le Filippine e l’esilio a Manila furono il tempo in cui Dio gli fece capire la differenza tra il desiderio attivo del martirio e l’essere esposto passivamente a condizioni che solo lentamente conducono alla morte. Ukon comprese che Dio gli chiedeva l’offerta della vita, nella forma del “martirio prolungato” dell’esilio. Sfinito dopo le fatiche del cammino e la navigazione di 43 giorni da Nagasaki a Manila, morì il 3 febbraio 1615, quaranta giorni dopo l’arrivo. *Postulatore generale dei gesuiti Possesso cardinalizio Il cardinale albanese Ernest Simoni prenderà possesso della diaconia di Santa Maria della Scala, sabato 11 febbraio. Ne dà comunicazione l’Ufficio delle Celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice specificando che la celebrazione avrà luogo alle 18 nella chiesa romana di piazza della Scala, 23. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 lunedì-martedì 6-7 febbraio 2017 Messa a Santa Marta Due meraviglie Con la certezza che «Dio lavora sempre», non bisogna aver paura di vivere il dono dell’amore e della libertà, mettendo da parte una volta per tutte le false sicurezze che vengono dalle rigidità. È il suggerimento spirituale proposto dal Papa nella messa celebrata lunedì mattina 6 febbraio nella cappella della Casa Santa Marta. Per la sua meditazione, Francesco ha preso le mosse dal salmo 103, nel quale, ha fatto notare, «abbiamo lodato il Signore» dicendo: «Sei tanto grande, Signore, mio Dio! Sei tanto grande!». Un salmo che, ha affermato, «è stato un canto di lode: lodiamo il Signore per le cose che abbiamo sentito in ambedue le letture, per la creazione, tanto grande; e, nella seconda lettura, per la ri-creazione, ancora più meravigliosa della creazione, che fa Gesù». Il riferimento è appunto ai testi proposti dalla liturgia della parola, tratti dal libro della Genesi (1, 1-19) e dal vangelo di Marco (6, 53-56). Il Papa ha spiegato che «il Padre lavora» e lo stesso «Gesù dice: “Mio Padre opera e anch’io opero”. È un modo di dire “lavoro”, ad instar laborantis, come uno che lavora, come precisa sant’Ignazio negli esercizi» (cfr. Esercizi spirituali 236). E così «il Padre lavora per fare questa meraviglia della creazione — ha proseguito Francesco — e per fare col Figlio questa meraviglia della ricreazione; per fare quel passaggio dal caos al cosmo, dal disordine all’ordine, dal peccato alla grazia». E «questo è il lavoro del Padre e per questo noi abbiamo lodato il Padre, il Padre che lavora». «Ma perché Dio ha voluto creare il mondo?»: questa fa parte delle «domande difficili», ha riconosciuto il Papa. Confidando anche che, «una volta, un bambino mi ha messo in difficoltà perché mi ha fatto questa domanda: dimmi, padre, cosa faceva Dio prima di creare il mondo, si annoiava?». Sicuramente «i bambini sanno fare le domande — ha aggiunto il Papa — e fanno le domande giuste e ti mettono in difficoltà». Per rispondere a quel bambino, ha raccontato Francesco, «il Signore mi ha aiutato e ho detto la verità: Dio amava, nella sua pienezza amava; nella sua comunicazione, fra le tre Persone, amava e non aveva bisogno di più». È una risposta che, ha proseguito il Pontefice, suscita un’altra domanda: ma se Dio «non aveva bisogno, perché ha creato il mondo?». Ma questa è una questione, ha confidato ancora Francesco, posta non da un bambino ma che «si facevano i primi teologi, i grandi teologi, i primi». Dunque, perché Dio «ha creato il mondo?». La risposta da dare è questa: «Semplicemente per condividere la sua pienezza, per avere qualcuno al quale dare e col quale condividere la sua pienezza». In una parola, «per dare». «La stessa domanda — ha detto ancora il Papa — possiamo farla nella ri-creazione: perché lui ha inviato suo Figlio per questa opera di ricreazione?». Lo ha fatto «per condividere, per ri-sistemare». E «così nella prima creazione, come nella seconda, lui fa del caos un cosmo, del brutto un bello, dell’errore un vero, del cattivo un buono». Proprio «questo è il lavoro di creazione che è di Dio e lo fa artigianalmente». E «in Gesù si vede chiaramente: col suo corpo dà la vita totalmente». Tanto che «quando Gesù dice: “Il Padre sempre opera e anche io opero sempre”, i dottori della legge si scandalizzarono e volevano ucciderlo perché non sapevano ricevere le cose di Dio come dono», ma «soltanto come giustizia», arrivando persino a pensare: i comandamenti «sono pochi, facciamone di più!». Così, ha proseguito Francesco, «invece di aprire il cuore al dono, si sono nascosti, hanno cercato rifugio nella rigidità dei comandamenti, che loro avevano moltiplicato fino a cinquecento o più: non sapevano ricevere il dono». Del resto, ha detto il Pontefice, «il dono soltanto si riceve con la libertà», ma «questi rigidi avevano paura della libertà che Dio ci dà; avevano paura dell’amore». E per questo volevano uccidere Gesù, «perché ha detto che il Padre ha fatto questa meraviglia come dono: ricevere il dono del Padre!». «Sei grande Signore, Ti voglio tanto bene, perché mi hai dato que- sto dono, mi hai salvato, mi hai creato»: questa, ha affermato il Papa, «è la preghiera di lode, la preghiera di gioia, la preghiera che ci dà l’allegria della vita cristiana». E «non quella preghiera chiusa, triste, della persona che mai sa ricevere un dono perché ha paura della libertà che sempre porta con sé un dono». E così, alla fine, «sa fare soltanto il dovere, ma il dovere chiuso: schiavi del dovere, ma non dell’amore». Invece «quando tu diventi schiavo dell’amore sei libero: è una bella schiavitù, ma questi non capivano». Ecco dunque, ha affermato Francesco, le «due meraviglie del Signore: la meraviglia della creazione e la meraviglia della redenzione, della ricreazione; quella dell’inizio del mondo e quella, dopo la caduta dell’uomo, di ripristinare il mondo e per questo ha inviato il Figlio: è bello!». Certo, «possiamo domandarci come io ricevo queste meraviglie, come io ricevo questo che Dio mi ha dato — la creazione — come un dono». E «se lo ricevo come un dono, amo la creazione, custodisco il creato perché è stato un dono». Insomma, ha insistito Francesco, è opportuno domandarsi «come io ricevo la redenzione, il perdono che Dio mi ha dato, il farmi figlio con suo Figlio, con amore, con tenerezza, con libertà». Senza mai nascondermi «nella rigidità dei comandamenti chiusi che sempre, sempre, sono più sicuri — fra virgolette — ma non ti danno gioia, perché non ti fanno libero». Ognuno di noi — è il suggerimento del Papa — «può domandarsi come vive queste due meraviglie: la meraviglia della creazione e l’ancora più meraviglia della ricreazione». Con la speranza «che il Signore ci faccia capire questa cosa grande e ci faccia capire quello che lui faceva prima di creare il mondo: amava. Ci faccia capire il suo amore verso di noi e noi possiamo dire — come abbiamo detto oggi — “Sei tanto grande, Signore, grazie, grazie!”». E «andiamo avanti così». Il Pontefice a una delegazione ecumenica tedesca Abbiamo lo stesso battesimo Un invito a «inoltrarsi su percorsi nuovi» per giungere all’unità tra i cristiani è stato rivolto dal Papa alla delegazione ecumenica della Chiesa evangelica in Germania, ricevuta in udienza lunedì mattina, 6 febbraio, nella Biblioteca privata del Palazzo Apostolico vaticano. Ecco le sue parole. Cari fratelli e sorelle, con piacere vi do il benvenuto e vi saluto cordialmente. Ringrazio il Vescovo regionale Bedford-Strohm per le sue gentili parole — ein Mann mit Feuer im Herzen —; e sono contento della presenza del Cardinale Marx: che il Presidente della Conferenza episcopale tedesca accompagni la delegazione della Chiesa Evangelica in Germania è frutto di una collaborazione di lunga data ed espressione di un rapporto ecumenico maturato negli anni. Vi auguro di andare avanti su questa strada benedetta di comunione fraterna, proseguendo con coraggio e decisione verso un’unità sempre più piena. Abbiamo lo stesso Battesimo: dobbiamo camminare insieme, senza stancarci! È significativo che, in occasione del 500° anniversario della Riforma, cristiani evangelici e cattolici colgano l’occasione della comme- morazione comune degli eventi storici del passato per mettere nuovamente Cristo al centro dei loro rapporti. Proprio «la questione su Dio», su «come poter avere un Dio misericordioso» era «la passione profonda, la molla della vita e dell’intero cammino» di Lutero (cfr. Benedetto XVI, Incontro con i Rappresentanti della Chiesa Evangelica in Germania, 23 settembre 2011). Ciò che animava e inquietava i Riformatori era, in fondo, indicare la strada verso Cristo. È quello che deve starci a cuore anche oggi, dopo aver nuovamente intrapreso, grazie a Dio, una strada comune. Quest’anno di commemorazione ci offre l’opportunità di compiere un ulteriore passo in avanti, guardando al passato senza rancori, ma secondo Cristo e nella comunione in Lui, per riproporre agli uomini e alle donne del nostro tempo la novità radicale di Gesù, la misericordia Videomessaggio per il Super Bowl Una cultura dell’incontro In occasione del Super Bowl, la finale del campionato di football statunitense giocata il 5 febbraio a Houston, in Texas, il Papa ha inviato un videomessaggio di cui pubblichiamo il testo in una traduzione italiana. I grandi eventi sportivi come il Super Bowl sono altamente simbolici dimostrando che è possibile costruire una cultura di incontro e un mondo di pace. Prendere parte ad attività sportive ci fa andare oltre la nostra visione personale della vita — e in modo sano — ci fa imparare il significato del sacrificio, crescere nel rispetto e fedeltà alle regole. Possa il Super Bowl di quest’anno essere un segno di pace, amicizia e solidarietà per il mondo. Grazie! senza limiti di Dio: proprio ciò che i Riformatori ai loro tempi volevano stimolare. Il fatto che la loro chiamata al rinnovamento abbia suscitato sviluppi che hanno portato a divisioni tra i cristiani, è stato certamente tragico. I credenti non si sono più sentiti fratelli e sorelle nella fede, ma avversari e concorrenti; per troppo tempo hanno alimentato ostilità e si sono accaniti in lotte, fomentate da interessi politici e di potere, talvolta senza nemmeno farsi scrupolo nell’usare violenza gli uni contro gli altri, fratelli contro fratelli. Oggi, invece, rendiamo grazie a Dio perché finalmente, «deposto tutto ciò che è di peso», fraternamente «corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù» (Eb 12, 1-2). Vi sono grato perché, con questo sguardo, avete intenzione di accostarvi insieme, con umiltà e franchezza, a un passato che ci addolora, e di condividere presto un importante gesto di penitenza e di riconciliazione: una funzione ecumenica, intitolata “Risanare la memoria — testimoniare Gesù Cristo”. Cattolici ed Evangelici in Germania, potrete così rispondere, nella preghiera, alla forte chiamata che insieme avvertite nel Paese originario della Riforma: purificare in Dio la memoria per essere rinnovati interiormente e inviati dallo Spirito a portare Gesù all’uomo di oggi. Con questo segno e con altre iniziative ecumeniche previste quest’anno — come il comune pellegrinaggio in Terra Santa, il congresso biblico congiunto per presentare insieme le nuove traduzioni della Bibbia e la giornata ecumenica dedicata alla responsabilità sociale dei cristiani — avete in animo di dare una configurazione concreta alla “Festa di Cristo” che, in occasione della commemorazione della Riforma, intendete celebrare insieme. La riscoperta delle comuni sorgenti della fede, il risanamento della memoria nella pre- ghiera e nella carità e la collaborazione concreta nel diffondere il Vangelo e servire i fratelli siano impulsi a procedere ancora più speditamente nel cammino. È grazie alla comunione spirituale rinsaldatasi in questi decenni di cammino ecumenico, che possiamo oggi deplorare insieme il fallimento di entrambi a riguardo dell’unità nel contesto della Riforma e degli sviluppi successivi. Al tempo stesso, nella realtà dell’unico Battesimo che ci rende fratelli e sorelle e nel comune ascolto dello Spirito, sappiamo, in una diversità ormai riconciliata, apprezzare i doni spirituali e teologici che dalla Riforma abbiamo ricevuto. A Lund, il 31 ottobre scorso, ho ringraziato il Signore di questo e ho chiesto perdono per il passato; per l’avvenire desidero confermare la nostra chiamata senza ritorno a testimoniare insieme il Vangelo e a proseguire nel cammino verso la piena unità. Facendolo insieme, nasce anche il desiderio di inoltrarsi su percorsi nuovi. Sempre di più impariamo a chiederci: questa iniziativa, possiamo condividerla con i nostri fratelli e le nostre sorelle in Cristo? Possiamo fare insieme un altro tratto di strada? Le differenze in questioni di fede e di morale, che tuttora sussistono, rimangono sfide sul percorso verso la visibile unità, alla quale anelano i nostri fedeli. Il dolore è avvertito specialmente dagli sposi che appartengono a confessioni diverse. In modo avveduto occorre che ci impegniamo, con preghiera insistente e con tutte le forze, a superare gli ostacoli ancora esistenti, intensificando il dialogo teologico e rafforzando la collaborazione tra noi, soprattutto nel servizio a coloro che maggiormente soffrono e nella custodia del creato minacciato. La chiamata urgente di Gesù all’unità (cfr. Gv 17, 21) ci interpella, come pure l’intera famiglia umana, in un periodo in cui sperimenta gravi lacerazioni e nuove forme di esclusione e di emarginazione. Anche per questo la nostra responsabilità è grande! Nella speranza che questo incontro accresca ulteriormente la comunione tra noi, chiedo allo Spirito Santo, artefice e rinnovatore di unità, di fortificarvi nel cammino comune con la consolazione che viene da Dio (cfr. 2 Cor 1, 4) e di indicarvi le sue vie profetiche e audaci. Invoco di cuore la benedizione di Dio su tutti voi e sulle vostre comunità e vi chiedo, per favore, di ricordarmi nella preghiera. Vi ringrazio tanto e vi vorrei invitare ora a pregare insieme il Padre Nostro. All’Angelus il Papa invoca una società accogliente verso tutte le persone «Ogni vita è sacra»: lo ha ribadito con forza il Pontefice ricordando, all’Angelus del 5 febbraio, la celebrazione in Italia della giornata per la vita. In precedenza, Francesco aveva commentato il vangelo domenicale per i fedeli presenti numerosi in piazza San Pietro. Cari fratelli e sorelle, buongiorno! In queste domeniche la liturgia ci propone il cosiddetto Discorso della montagna, nel Vangelo di Matteo. Dopo aver presentato domenica scorsa le Beatitudini, oggi mette in risalto le parole di Gesù che descrivono la missione dei suoi discepoli nel mondo (cfr. Mt 5, 13-16). Egli utilizza le metafore del sale e della luce e le sue parole sono dirette ai discepoli di ogni tempo, quindi anche a noi. Gesù ci invita ad essere un riflesso della sua luce, attraverso la testimonianza delle opere buone. E dice: «Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5, 16). Queste parole sottolineano che noi siamo riconoscibili come veri discepoli di Colui che è la Luce del mondo, non nelle parole, ma dalle nostre opere. Infatti, è soprattutto il nostro comportamento che — nel bene e nel male — lascia un segno negli altri. Abbiamo quindi un compito e una responsabilità per il dono ricevuto: la luce della fede, che è in Ogni vita è sacra noi per mezzo di Cristo e dell’azione dello Spirito Santo, non dobbiamo trattenerla come se fosse nostra proprietà. Siamo invece chiamati a farla risplendere nel mondo, a donarla agli altri mediante le opere buone. E quanto ha bisogno il mondo della luce del Vangelo che trasforma, guarisce e garantisce la salvezza a chi lo accoglie! Questa luce noi dobbiamo portarla con le nostre opere buone. La luce della nostra fede, donandosi, non si spegne ma si rafforza. Invece può venir meno se non la alimentiamo con l’amore e con le opere di carità. Così l’immagine della luce s’incontra con quella del sale. La pagina evangelica, infatti, ci dice che, come discepoli di Cristo, siamo anche «il sale della terra» (v. 13). Il sale è un elemento che, mentre dà sapore, preserva il cibo dall’alterazione e dalla corruzione — al tempo di Gesù non c’erano i frigoriferi! — . Pertanto, la missione dei cristiani nella società è quella di dare “sapore” alla vita con la fede e l’amore che Cristo ci ha donato, e nello stesso tempo di tenere lontani i germi inquinanti dell’egoismo, dell’invidia, della maldicenza, e così via. Questi germi rovinano il tessuto delle nostre comunità, che devono invece risplendere come luoghi di accoglienza, di solidarietà, di riconciliazione. Per adempiere a questa missione, bisogna che noi stessi per primi siamo liberati dalla degenerazione corruttrice degli influssi mondani, contrari a Cristo e al Vangelo; e questa purificazione non finisce mai, va fatta continuamente, va fatta tutti i giorni! Ognuno di noi è chiamato ad essere luce e sale nel proprio ambiente di vita quotidiana, perseverando nel compito di rigenerare la realtà umana nello spirito del Vangelo e nella prospettiva del regno di Dio. Ci sia sempre di aiuto la protezione di Maria Santissima, prima discepola di Gesù e modello dei credenti che vivono ogni giorno nella storia la loro vocazione e missione. La nostra Madre ci aiuti a lasciarci sempre purificare e illuminare dal Signore, per diventare a nostra volta “sale della terra” e “luce del mondo”. Al termine della preghiera mariana, dopo aver ricordato la giornata per la vita, il Papa ha salutato i vari gruppi di fedeli. Cari fratelli e sorelle, oggi, in Italia, si celebra la Giornata per la Vita, sul tema «Donne e uomini per la vita nel solco di Santa Teresa di Calcut- ta». Mi unisco ai Vescovi italiani nell’auspicare una coraggiosa azione educativa in favore della vita umana. Ogni vita è sacra! Portiamo avanti la cultura della vita come risposta alla logica dello scarto e al calo demografico; stiamo vicini e insieme preghiamo per i bambini che sono in pericolo d’interruzione della gravidanza, come pure per le persone che stanno alla fine della vita — ogni vita è sacra! — perché nessuno sia lasciato solo e l’amore difenda il senso della vita. Ricordiamo le parole di Madre Teresa: «La vita è bellezza, ammirala; la vita è vita, difendila!», sia col bambino che sta per nascere, sia con la persona che è vicina a morire: ogni vita è sacra! Saluto tutti quelli che lavorano per la vita, i docenti delle Università romane e quanti collaborano per la formazione delle nuove generazioni, affinché siano capaci di costruire una società accogliente e degna per ogni persona. Saluto tutti i pellegrini, le famiglie, i gruppi parrocchiali e le associazioni provenienti da diverse parti del mondo. In particolare, saluto i fedeli di Vienna, Granada, Melilla, Acquaviva delle Fonti e Bari; così come gli studenti di Penafiel (Portogallo) e Badajoz (Spagna). A tutti auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!