la mia “via” alla creazione di un testo anche in vista della musica

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la mia “via” alla creazione di un testo anche in vista della musica
LA MIA “VIA” ALLA CREAZIONE DI UN TESTO
ANCHE IN VISTA DELLA MUSICA
UN’ESPERIENZA1
Anna Maria Galliano, fsp2
ALL’ORIGINE
La mia “via” alla creazione di un testo poetico è solo un piccolo sentiero di terra battuta che
viene da lontano, dai primi passi del ginnasio, quando, studiando i classici, sono stata iniziata al
senso musicale del ritmo delle parole e del gioco di assonanze e rime. Cominciavo allora anche a
percepire qualcosa della poesia come visione “altra” delle cose, fatta di immagini, di simboli, di
significati ulteriori, di dimensioni diverse, di nuovi linguaggi.
Dovrei forse collocare l’origine della mia sensibilità alla poesia come visione e musicalità
ancora prima di quegli anni: quando piccolissima, nelle sere estive, con un mio fratello ci
stendevamo sul prato vicino a casa e stavamo incantati a guardare lo spettacolo delle stelle. Una
sera, rompendo il silenzio, esclamai: «Sento la musica dei mondi!». Questa esclamazione di stupore
mi è rimasta nella memoria. E, molto più tardi, con disincanto ho pensato che allora, in quelle sere
affascinanti, con tutta probabilità avevo semplicemente “sentito” il ronzio delle mie orecchie. Ma
chi può dire cosa realmente si fissa negli orecchi e negli occhi di un cuore bambino?
In seguito, i miei occhi si sono spesso incantati davanti allo splendido panorama che godevo
dall’alto della mia collina, e che si stendeva dalla corona delle Alpi con la vetta del Monviso fino al
mare della Liguria: un paesaggio per me sconfinato, cangiante ad ogni stagione, che mi faceva
sognare un “oltre” quelle frontiere geografiche. Forse è a partire da questa esperienza che ho
custodito nel tempo uno sguardo dell’animo su panorami aperti all’infinito, sul mondo, l’umanità, la
Chiesa.
Queste suggestioni ed emozioni dell’infanzia sono state probabilmente le prime espressioni di
una sensibilità per la bellezza delle cose e i primi segni di un intimo atteggiamento contemplativo,
che riconosco come una costante del mio itinerario umano e spirituale, e come una dimensione
ricorrente nei miei testi.
UNA “VIA” CONTEMPLATIVA
Dalla vita ai testi
Quel piccolo sentiero è in effetti una “via”, molto personale, coltivata nel dover essere
“contemplativa nell’azione”, che cammin facendo si è sempre più profondamente collocata
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Appunti per Eugenio Costa, sj – Universa Laus, Convegno di Loreto – dicembre 2008.
Anna Maria Galliano è nata a Niella Belbo (Cuneo) e vive a Roma nella sede centrale delle Figlie di San Paolo.
Ha studiato Teologia sacramentaria al Pontificio Ateneo di Sant’Anselmo (Roma); ha fatto studi di Pedagogia
catechistica presso l’Istituto di Catechetica della Università Pontificia Salesiana (Roma) e di Teologia e Sociologia
della comunicazione alla Università Cattolica di Lione (Francia). È stata direttrice della rivista catechistica “Via
Verità e Vita” e di Paoline Editoriale Audiovisivi. È autrice di testi poetici, di numerosi testi di canti per la
preghiera e la Liturgia, di inni per eventi ecclesiali. È tra gli autori presenti nel Repertorio nazionale “Canti per la
Liturgia”. Suo è anche il testo Nobile Icona, inno ufficiale dell’ostensione della Sacra Sindone, Torino 2010.
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all’interno della “Via” maestra della Parola, come risposta e spazio di risonanza all’incontro con la
Persona che parlando si rivela, si comunica e si dona fino a creare l’inaudita bellezza di un’Alleanza
di amore.
Dando un colpo d’occhio alle produzioni scritte, dall’adolescenza in poi, fino agli ultimi testi,
mi sembra di ritrovare, nelle varie fasi creative, le tracce di quel sentiero del monte della
contemplazione.
Da prima, più in basso: nelle liriche scritte “per me”, per esprimere le mie emozioni, i miei
sentimenti; per vedere e leggere nello specchio delle parole il mio intimo, i pensieri del mio cuore.
Poi, un poco più avanti: per esprimere la mia percezione e le mie reazioni di fronte alla realtà
oggettiva, come gli eventi e il mistero della vita, della natura, del cosmo, della storia.
In seguito, nel cammino verso la luce che veniva dall’alto, con un più evidente decentramento
da me stessa verso gli altri e l’Altro: per dire l’attrazione del mistero degli incontri umani,
dell’incontro con la Parola di Dio e con il mistero pasquale di Cristo. Riconosco in alcuni testi il
tentativo di dire lo stupore di un panorama spirituale che mi abbagliava col suo splendore, senza
nascondermi le sue valli d’ombra.
Infine, nei testi specifici per la preghiera e il canto liturgico: ritrovo ampliata e intensificata una
contemplazione di fede più ricca di sfumature, condivisa e professata con la tradizione e la vita
della Chiesa, soprattutto nei momenti celebrativi del mistero della salvezza.
Questa dimensione contemplativa si sostanzia di alcune componenti che ritrovo con vibrazioni
e modulazioni diverse, e che provo a sintetizzare:
 il silenzio profondo, liberante da sé e accogliente l’altro/Altro;
 l’ascolto ardente della Parola, luce trasfigurante, rivelazione di una Presenza
sorprendente;
 lo sguardo scrutante i segni del tempo, del mondo, con le sue speranze e le sue angosce;
 lo stupore per le “meraviglie” di Dio in opere, in eventi, in gesti umani fraterni;
 il fascino di un mistero di amore che coinvolge la nostra esistenza e la nostra storia in
Cristo;
 l’ammirazione della bellezza e sublimità della vita nelle prospettive trascendenti della
fede;
 l’incanto dell’esperienza dell’amore cristiano come rivelazione della persona ed epifania
di Dio; l’estasi dell’innamoramento di Colui che è “bellezza sopra ogni bellezza”,
immagine e presenza del Dio Amore, il Figlio amatissimo del Padre, il Verbo fatto
uomo, il Crocifisso Risorto, lo Sposo della Chiesa, che attrae e rapisce con la forza del
suo seducente amore.
Sono aspetti di una personale “visione” spirituale, che non oso definire poetica, anche se
percepisco una dimensione estetica della vita in genere e una “poetica” della vita cristiana in
particolare. Aspetti che, più o meno felicemente, possono trasparire nei contenuti e nel linguaggio
dei miei testi.
NELLA FASE DELLA “CREAZIONE” DI UN TESTO
Un iter di lavoro
Se l’arte è la forma bella di un contenuto, la scelta del linguaggio non è indifferente anche per
la creazione di un testo poetico, libero o per il canto. Nel nostro caso si tratta di un linguaggio
scritto, e dunque di parole significative, belle e musicali, di immagini e simboli evocativi: ricerca
che per me è sempre frutto di un certo “travaglio”, per la tensione tra due esigenze, quella
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espressiva e quella comunicativa: tra il desiderio di esprimere “in bellezza” e di comunicare “in
semplicità”.
Quanto ai contenuti, la parola di Dio e il mistero cristiano sono la fonte altissima e inesauribile
di ispirazione e di canto, a cui ho sempre attinto secondo le esigenze della mia sete interiore. Grazie
a una formazione tipicamente “paolina”, sono stata progressivamente condotta al centro di questa
sorgente di insondabile ricchezza: il mistero di Cristo, e in particolare il suo evento pasquale di
morte-risurrezione. I testi redatti per la preghiera e per il canto liturgico evidenziano chiaramente
una “concentrazione cristologica” in prospettiva trinitaria.
Nella fase di “creazione” di un testo, libero o da musicare, sperimento un procedimento
analogo per i due tipi di redazione, a partire da un momento iniziale riflessivo-contemplativo, in
attesa della “scintilla” dell’intuizione che accende la luce su una visione dell’insieme, sul punto di
partenza e sul suo sviluppo.
Per i testi liberi: dopo un periodo di gestazione, il “via” al momento redazionale in genere mi
viene da una emozione, una immagine o una parola luminosa, che mi canta dentro da tempo e a un
certo punto evoca e si accorda con altre immagini e altre “parole che si amano"e cantano insieme.
Quando arriva l’ispirazione, il “momento di grazia”, allora la penna corre veloce sull’onda
musicale e visiva delle parole, seguendo il loro ritmo, sviluppando e inanellando le loro evocazioni
in cellule o strofe che danno forma a un testo armonioso in stile libero.
Questi testi esprimono quasi sempre una vibrazione più emotiva di altri più calibrati da una
logica sorvegliata in funzione della utilizzazione nel canto. Ma logica ed emozione, mente e cuore,
ragione e fede, cercano sempre in qualche modo un accordo per una superiore sintesi, nel tentativo
di “dire” una grande visione in un breve testo, di esprimere qualche frammento dell’immenso
inesprimibile, condensando in pochissime parole una ricchezza di significati.
Per i testi funzionali, finalizzati al canto e al canto liturgico in particolare, mi è richiesto più
rigore: il momento riflessivo di preparazione è normalmente più lungo, più specifico e la
elaborazione più accurata. Anzitutto, definisco la finalità e la funzione del testo: se per un canto di
proclamazione del messaggio, o di risposta di fede e che tipo di risposta, o di attualizzazione
dell’incontro con Dio e in quale momento. Inoltre, cerco di precisare il contesto celebrativo, in
rapporto al tempo o alla solennità liturgica, alla natura e finalità del rito, alla realtà umana e
culturale della assemblea celebrante.
Tenuto conto dei contenuti biblici e teologici della liturgia, in base agli elementi sopra indicati,
generalmente scelgo un tema, o una parola-chiave, o un filo rosso che dia una certa unità al testo.
Inoltre, mi oriento per una forma o una struttura che ritengo possa essere adatta: inno, o
canto/canzone con ritornello, o litania, ecc. Quindi mi prendo un tempo di riflessione, di
“ruminazione” della Parola, di preghiera contemplativa del mistero. Approfondisco il tema
leggendo con la penna in mano, annotando parole, immagini, “pensieri in attesa”, finché scatta la
scintilla dell’ispirazione che illumina il significato e il percorso del testo. Allora inizio il lavoro di
scrittura a partire dal ritmo del primo verso che mi convince come incipit, seguendo una metrica
precisa e regolare per le strofe e concedendomi più libertà per i ritornelli. Fatta la prima stesura,
lascio riposare il testo per un certo tempo, riservandomi di ritornarvi sopra, per rivederne la
formulazione e possibilmente migliorarlo nel suo insieme dal punto di vista espressivo e
comunicativo, e in previsione della misura musicale.
Quando la scintilla dell’intuizione non si accende, che fare? Se non posso rifiutare una
committenza, o non completare un progetto editoriale, lavoro pazientemente di artigianato sul tema, fino
a raggiungere una forma accettabile, con la speranza che la musica possa riscattare e trasfigurare le
parole con un volo melodico elegante. Se ci può essere una musica della poesia, ci può anche essere una
poesia della musica, che soccorre gli autori di parole. È un miracolo che non sempre accade.
Per il contenuto e il linguaggio, in generale seguo il criterio comunicativo della semplicità e
della immediatezza di comprensione. Evito di accumulare immagini e parole, anche suggestive, per
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non rendere complesso il testo moltiplicando o intrecciando i significati. Cerco piuttosto di
evidenziare con differenti sfumature un significato centrale, con una linearità di sviluppo del tema
che consenta a chi utilizzerà il canto di potersi “appropriare” anche del testo oltre che della melodia.
Spesso la creazione di un testo finalizzato al canto liturgico è molto laboriosa, proprio perché
vincolata alla sua funzionalità e alle esigenze della musica, che sono una specie di gabbia d’oro in
cui non è facile volare in libertà. Alla fine, non sempre il ritmo, o la melodia che fluisce nel testo,
corrisponde a quella creata dalla musica. Sarebbe indispensabile, per “far cantare il testo”, una
consonanza tra autore e musicista. Non ho sempre avuto questa fortuna.
ALCUNE CONSIDERAZIONI
La prima considerazione è che la creazione di un testo poetico è vero lavoro, spesso è fatica. La
Bibbia dice che anche Dio creando ha lavorato, e poi si è riposato dalla sua fatica, gratificato dalla
sua opera, che era bella, molto bella!
Raramente questo miracolo accade per noi, per le nostre opere, tanto da esserne gratificati.
Anche se siamo affascinati dalla bellezza delle cose, come trasparenza di realtà più grandi e
misteriose; dalla bellezza della Parola e delle parole, come epifania della persona, dell’essere; anche
se siamo rapiti dalla stupenda bellezza del vivere e celebrare la nuova vita in Cristo, trasfigurata dal
suo amore, è raro riuscire a dare vera qualità poetica a ciò che nel nostro essere si fa pensiero e
carne, emozione e aspirazione, armonia e canto.
Come molti, credo che un testo poetico si collochi nella immensa “via del bello”, oggi
riscoperta, come dimensione del trascendente, risonanza del divino: via privilegiata da Dio per
rivelarsi a noi e da noi ripercorribile per esprimere la consapevolezza e la gioia dell’incontro con
lui. Una via esigente, che è stata sempre anche una mia aspirazione, una ricerca nella composizione
di testi personali e per il canto, senza la gratificazione di averne, in qualche frammento, raggiunta la
sublimità. Tuttavia, penso sia da tutti desiderabile cantare “in bellezza” la fede e il mistero cristiano,
in sintonia con la Chiesa tutta, la tradizione, la storia, l’umanità redenta.
Una seconda considerazione riguarda l’opportunità che ho avuto di svolgere il mio compito
apostolico nei settori dell’editoria, come servizio di redazione e di direzione. Da una parte, questo
ha favorito la mia possibilità di espressione come autrice; ma, dall’altra, un lungo e pressante
impegno di gestione non mi ha concesso spazi per un approfondimento di argomenti specifici.
Tuttavia, ho potuto a volte sperimentare la positività di un lavoro redazionale a temi e “a progetti”,
anche per testi finalizzati alla preghiera e al canto liturgico.
Dal Concilio Vaticano II in poi era cresciuto in me un appassionato amore per la Chiesa, e
quando mi è stato suggerito di tentare un contributo per nuovi canti, secondo la mia sensibilità, ho
accettato con semplicità, ho provato la gioia di “fare qualcosa” per questo servizio. Ho rivisitato e
ripercorso più volte i temi dei tempi forti e delle solennità dell’anno liturgico: avvento e Natale,
quaresima e Pasqua, Pentecoste e tempo ordinario; come pure celebrazioni per eventi, come il
matrimonio, la morte, ecc.
Tralasciando i testi dei canti religiosi per i bambini, finalizzati alla catechesi o alla celebrazione
(quasi un centinaio), riconosco che un certo numero di testi dei canti per la preghiera e la liturgia
pubblicati presso l’editrice Paoline (oltre centocinquanta)3, hanno avuto il limite di essere un po’
“affrettati”, anche per l’esigenza di scadenze della programmazione editoriale, mancanti di una
revisione stilistica più accurata, e di una musica più adeguata al testo. Tuttavia, la pubblicazione mi
ha offerto il prezioso vantaggio di un confronto con il pubblico, i destinatari, i critici, e di
raccogliere un certo consenso. Un’esperienza abbastanza positiva e orientativa per lavori successivi.
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Al termine del 2012 i testi dei canti pubblicati erano oltre duecento.
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Nella mia fatica creativa, per quanto riguarda i testi, ho avuto il dono dell’attenzione e della
sintonia con amici esperti, impegnati con grande dedizione al rinnovamento del canto liturgico. Un
privilegio che mi ha molto arricchita, e maggiormente convinta dell’esigenza di pensare e lavorare
insieme, in compagnia, in comunione. Una esperienza ecclesiale. Una condizione favorevole per
frutti più belli e maturi.
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