indagine storica - Ordine Architetti Roma

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indagine storica - Ordine Architetti Roma
ANTOLOGIA DI IMMAGINI
a cura Francesca Rosa
i
UFFICIO IDEALE
Concorso Nazionale di Idee
L'UFFICIO IDEALE
ANTOLOGIA D'IMMAGINI
Queste brevi note accompagnano alcune immagini e alcuni significativi brani
antologici con i quali si è deciso di ripercorrere, toccando in alcuni casi anche episodi
trascurati o dimenticati, l'evoluzione dell'ambiente per il lavoro, nelle caratteristiche
spaziali e architettoniche, nelle interrelazioni con gli elementi di arredo e, infine, nelle
valenze simboliche e rappresentative, in particolare, degli edifici per uffici pubblici.
Pertanto, muovendo dalla peculiarità delle prime importanti strutture ministeriali che
incarnavano con severità il senso dello Stato Monarchico, attraverso gli intenti
celebrativi dei 'moderni uffici italiani' costruiti nel ventennio fascista, si giunge agli
edifici realizzati dopo il 1946, in cui sono espressi, nella specificità del caso italiano, i
moderni ideali democratici.
Conclude
la
digressione
un
cenno
ad
alcune
proposte
e
sperimentazioni
contemporanee nel settore degli edifici per il terziario che, sotto l'impulso dei nuovi
modi di concepire il lavoro, delle mutevoli esigenze dei fruitori, delle implicazioni
relative alla sostenibilità ambientale, delle possibilità offerte dai nuovi materiali, e
delle interrelazioni, sempre più spinte, tra architettura e comunicazione, si delineano
particolarmente propulsive d'innovazione.
IL PALAZZO PER UFFICI OTTOCENTESCO
Palazzo di Giustizia_ G. Calderini_ Roma
1887-1912 _Vedute interne
“La situazione di un fabbricato per uffici amministrativi deve essere tale che l'edificio
cada facilmente sotto gli occhi del pubblico, sicché si possa rinvenirlo senza molte
ricerche, e quindi sorga nelle vie più frequentate o in piazze pubbliche. Si comprende
come sia perciò vantaggioso che l'edificio risulti isolato da tutti i lati e contornato da
strade. (…) La forma fondamentale della pianta dell'edificio dipende naturalmente
dalla forma dell'area disponibile ed è evidente che se una forma irregolare può qualche
volta essere favorevole all'estetica, è generalmente contraria a una buona
distribuzione della pianta, che deve riuscire semplice e chiara. Lo studio di tale
distribuzione non è in genere difficile, poiché si tratta soprattutto di ricavare stanze
per ufficio, più o meno grandi, di comodo accesso e quindi disimpegnate da un
corridoio, siano esse sopra una o due file, ossia da un lato soltanto del corridoio o dai
due lati, nel qual caso però il corridoio, o galleria, deve essere direttamente illuminato
dall'esterno. Se l'edificio deve essere adibito a un corpo amministrativo collegiale, si
provvederà a una o più sale per le adunanze degli amministratori, le quali talvolta
sono presenziate anche dal pubblico. Nelle sezioni di quegli uffici a cui deve accedere il
pubblico vi devono poi essere adatti luoghi di aspetto, o in locali appositi, o in
ampliamenti degli stessi corridoi, magari disposti a gallerie, accentuandosi così il
carattere proprio dell'edificio. Le scale, di adatta larghezza, devono essere collocate in
Ministero della Marina_ Arch. G. Magni_
Roma 1912-1928_ Pianta del piano terra
modo da riuscire visibili fin dall'ingresso principale, o dal vestibolo che ad esso fa
seguito, e la loro salita dev'essere comoda e facile: si eviteranno perciò le scale a
rampe curve, ma si faranno rettilinee e con un numero limitato di scalini, di alzata non
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superiore di cm 15”.
In questo modo Daniele Donghi introduce, nel suo Manuale dell'Architetto edito nel
1935, le pagine dedicate alle problematiche progettuali, architettoniche e distributive,
nonché
a
quelle
inerenti
alla
scelta
dell'area,
degli
organismi
destinati
all'amministrazione pubblica.
Gli aulici edifici ministeriali o governativi del periodo umbertino, ampi complessi in
grado di imprimere ancora un forte segno nella realtà urbana in cui insistono,
presentano caratteri architettonici e spaziali riferiti principalmente al 'palazzo'
rinascimentale, riproponendo di questo anche la tipologia a corte e il blocco
volumetrico compatto. Reinterpretando schemi compositivi classico-rinascimentali,
sono per lo più costituiti da un piano terreno di maggiore rappresentanza, dotato di
ingressi monumentali, solenni cortili d'onore, 'scaloni' magniloquenti - probabilmente
poco adatti e scomodi per il passaggio del pubblico - e da altri livelli, che si ripetono
uguali per tutto lo sviluppo dell'edificio, riservati agli uffici amministrativi. Il 'pianotipo' è configurato sull'aggregazione delle singole stanze - unità elementari - disposte
in sequenza lungo il perimetro interno delle corti e lungo quello esterno e
disimpegnate da un lungo corridoio. Questi 'templi della burocrazia', concepiti per
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ospitare la struttura dirigenziale dello stato da poco costituito , come sintetizza
efficientemente Michele Furnari, hanno caratteristiche distributive estremamente
semplici:
“a) gli uffici sono i mattoni di queste architetture e sono disposti intorno alle corti e
lungo il perimetro esterno;
b) ogni ufficio corrisponde ad una singola stanza;
c) le stanze sono occupate dagli impiegati, i quali vi possono lavorare da soli oppure in
piccoli gruppi da due o quattro persone.
(…) Gli edifici organizzati in una successione di stanze si basano su di uno schema di
distribuzione a corridoio (…) non solo il principio distributore dell'edificio, (…) ma
anche l'elemento spaziale principale. (…) Come collegamento all'interno dei corpi di
fabbrica e di distribuzione verso i vari ambienti - stanze o servizi - diviene uno dei
principi generatori dell'organizzazione dell'edificio. Come tale il corridoio può essere o
uno spazio di comunicazione e di disimpegno, oppure servire da spina portante di tutto
(3)
l'edificio” .
Il Manuale dell'Architetto del Donghi riporta anche alcuni suggerimenti costruttivi
appositamente pensati per gli edifici amministrativi, tra i quali quello di impiegare
tramezzi sottili da abbattere facilmente in caso di necessità in cui è possibile ravvisare
un'anticipazione dei moderni concetti di flessibilità e reversibilità degli spazi:
Ministero dell'Educazione Nazionale_C.
Bazzani_Roma 1914-1928_dall’alto: il
salone delle cerimonie; l’atrio;lo scalone
d'onore.
“Siccome è facile che si presenti la necessità di aumentare il numero degli uffici, così
gli alloggi (del capo ufficio, o del presidente dell'amministrazione, o del segretario - N.
d A.) saranno studiati in modo da potere all'occorrenza trasformarli in locali di ufficio,
e perciò sarà sempre meglio limitare, quanto più possibile, i muri maestri allo stretto
necessario, e formare le divisioni dei locali con pareti sottili da demolirsi nel caso
(4)
surricordato” .
Lo stesso Manuale accenna, infine, ad alcune accortezze sulla scelta dei materiali di
finitura da impiegare negli interni allo scopo di trasmettere agli utenti la valenza
dell'istituzione ospitata: “Circa l'aspetto estetico esterno ed interno esso dovrà essere
tale da rivelare la destinazione dell'edificio, ma senza inutili lussi. Si ricorrerà
preferibilmente a materiali nobili cosicché l'aspetto risulti non soltanto decoroso, ma
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orrispondente alla dignità dell'ufficio a cui il fabbricato è destinato” .
Palazzo di Giustizia_ G. Calderini_ Roma
1887-1912 _Veduta interna
In alto a sinistra: Scrivania con corpi
laterali ruotanti_W. S. Wooton_
Brevettata ad Indianapolis nel 1876
In alto a destra: Catalogo della Sears
Roebuck di Chicago_ Fine secolo XIX_
Sedia a schienale alto e braccioli “office
chair” e scrivania variamente attrezzata
“curtain top desk”
In basso a sinistra: Palazzo di Giustizia_
G. Calderini_ Roma 1887-1912 _Veduta
interna
In basso a destra: Banca d'Italia_ G.
Koch_ Roma 1886-1892_Veduta interna
Ministero della Marina
Arch. Giulio Magni
Progetto 1912
Realizzazione 1924-28.
Lungotevere delle Navi, Roma.
Lo studio degli arredi è opera di U. Bellotto; gli affreschi sono di G. Rivaroli.
Il Ministero della Marina, realizzato a Roma tra il 1924 e il 1928 in base al progetto
elaborato dall'eclettico Giulio Magni qualche anno prima, presenta lo schema tipico
della gran parte dei monumentali Ministeri costruiti a Roma tra la fine del XIX e il
principio del XX secolo. Il Donghi nel suo Manuale riporta una sintetica descrizione
dell'edificio: “Il nuovo palazzo, dovuto all'architetto Magni, sorge tra la via Flaminia e il
Lungotevere. Conta 7 piani oltre il seminterrato; copre mq. 11.500 ed ha un volume di
mc. 280.000. L'ingresso principale è sul Lungotevere delle Navi, ma un altro ingresso
si ha dalla via Flaminia. Contiene 750 locali per sale di rappresentanza, riunioni, uffici
e biblioteca, oltre allo scalone d'onore, alle scale, ai vestiboli, ai corridoi. La fondazione
fu eseguita con pali di cemento armato ma la muratura sopratterra è di laterizio. La
parte basamentale è rivestita di travertino, mentre la parte superiore è di finta pietra
per contorni aperture e cornici, e di mattoni a faccia vista nei fondi. Le facciate verso
cortile sono decorate a stucco romano; però il cortile d'onore è a finto travertino. I
finimenti interni delle sale di rappresentanza sono ricchi, mentre si è adottata grande
sobrietà nella decorazione degli uffici. Tutti gli impianti sono di tipo moderno. Il
palazzo fu iniziato nel 1912, ma i lavori si sospesero durante la guerra: ripresi nel
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1919, si ultimarono nel 1928; è condotto in stile classico e costò 65 milioni” .
Da sopra: Banca d'Inghilterra_J. Soane_
Londra 1788-1834_Pianta del piano terra
e veduta interna
Una serie di ambienti voltati e illuminati
dall'alto, sono posti in continuità e
disimpegnati da corti aperte. Modello
alternativo alla sequenza delle stanze
disimpegnate dal corridoio è quello
concepito da J. Soane alla fine del
settecento a Londra, nel suo intervento di
ampliamento e completamento della
Banca di Inghilterra, in cui una serie di
ambienti voltati e illuminati dall’alto, sono
posti in continuità e disimpegnati da corti
aperte.
A sinistra: Ministero della Marina_ Arch.
G. Magni_ Roma 1912-1928_ Veduta
prospettica
“UFFICI MODERNI”
“In questi ultimi tempi nelle nostre città sono sorte le più grandiose costruzioni per
uffici che l'Italia abbia mai visto. (…) Si tratta di edifici nei quali la razionalità delle
installazioni è pari alla importanza delle masse ad alla nobiltà delle linee
architettoniche; edifici nei quali è, anche, evidentissimo l'intento di fornire al
lavoratore un ambiente di decoro e di perfezione tecnica che, se sono elementi
indispensabili ad un alto grado di efficienza del lavoro stesso, sono anche
testimonianza del nuovo elevato spirito di comprensione che unisce datori di lavoro e
prestatori d'opera. Sono, queste opere, l'espressione del nuovo clima di fede, di
potenza e di espansione della nostra magnifica era di risveglio nazionale. Gli architetti
italiani vi dimostrano la loro maturità e originalità; i costruttori vi provano, ancora una
volta, la loro efficienza; e la nostra industria dei moderni materiali da costruzione vi
rende palese come si possa costruire magnificamente con prodotti veramente
(7)
italiani” .
E' con queste parole, elogiative per l'operato dei progettisti italiani nel settore del
terziario, che si apre il numero della rivista “Edilizia Moderna” del semestre gennaiogiugno 1936, interamente dedicato alle nuove costruzioni per “sedi di uffici italiani”
ritenute suscettibili di porsi anche a “modello” per le “più progredite aziende estere
verso le quali gli occhi di molti di noi ancora troppo sovente usano rivolgersi con
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adorante ammirazione, trascurando di guardare ciò che è nato in casa nostra” .
Ufficio postale_ Arch. M. Ridolfi_ Roma
1933_ in alto: atrio; in basso: sala del
pubblico
Il rinnovamento formale perseguito durante il ventennio fascista, in particolare
nell'architettura degli edifici più rappresentativi, tra i quali anche alcune sedi di uffici
amministrativi, di là dalle interrelazioni linguistiche col Movimento Moderno, esprime
insieme agli intenti celebrativi, la volontà di riflettere l'efficienza e la modernità dello
Stato e il buon funzionamento della 'cosa pubblica'.
La solenne monumentalità raggiunta attraverso la semplificazione linguistica e
compositiva dei volumi e delle masse - forme stereometriche, nudità delle superfici,
essenzialità dei partiti decorativi, adozione della dimensione del 'fuori scala' - si
accompagna ad un'estrema semplificazione tipologica e funzionale, tesa al
Sede delle Assicurazioni sociali_ Arch. M.
Piacentini_ Milano 1932_ La sala del
pubblico
raggiungimento di una razionale organizzazione spaziale e distributiva in grado di
rispondere in modo adeguato alle nuove necessità del moderno apparato burocratico
statale: “Ed ecco, a poco a poco, questo ambiente di modernità, generalizzatosi in
tutti i campi della vita, giungere alla Burocrazia, investirla, assorbirla, trasformarla.
(…) Ecco alfine la «burocrazia» divenire amministrazione scientifica, ecco cioè
l'amministrazione di stato, per rispondere alle moderne condizioni di vita nazionale,
evolversi in forme più razionali (…) che permettono la coesistenza di metodi economici
e veloci nel disbrigo delle pratiche, coll'esistenza di molti uffici e di masse imponenti di
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personale” .
Nel nuovo linguaggio razionalista e negli innovativi materiali a disposizione - il
Palazzo delle Poste e Telegrafi_ Arch. A.
Mazzoni_Trento 1934_La sala del pubblico
cemento armato, il ferro, il vetro, il linoleum, i materiali isolanti - nello studio di
attrezzature e componenti di arredo più efficienti e razionali - macchine da scrivere,
calcolatrici, schedari, classificatori - nei moderni sistemi tecnologici e impiantistici
scale mobili, veloci ascensori 'paternoster', montacarichi, montacarte, sistemi di
posta pneumatica, impianti di condizionamento dell'aria - si scorge l'opportunità di
rendere più efficiente il sistema burocratico, migliorando, al contempo, la vita di chi
trascorre, lavorando, gran parte del proprio tempo all'interno di quegli ambienti: “Ed
ecco il cemento armato, il ferro, il vetro, gli isolanti contro i rumori, l'umidità, il calore
o il freddo; ecco le pareti di vetro, le perfette laccature, i metalli brillanti, e le
cromature, i rivestimenti e i pavimenti in Linoleum, materiale sopra ogni altro adatto a
questo scopo, perché facilita la pulizia nei locali molto frequentati. Ecco perciò
realizzate le idee di piante ed alzati perfettamente razionali e moderni, e allora i
funzionari divenire partecipi e solleciti animatori di questi concetti di modernità e i
Ministeri ordinare edifici di organizzazione assolutamente moderna, costruiti con idee
modernissime, da architetti all'avanguardia. (…) Abbiamo così visti uffici di polizia ed
uffici amministrativi e annonari, così modernamente attrezzati, così luminosi ed anche
sereni e belli, che pensiamo di quanto moderno e vitale spirito si sentiranno animati i
funzionari, vivendo in questi ambienti, e quanto meno gli amministrati proveranno
(10)
l'uggia del venire e poi attendere i turni qui”
.
Palazzo del Ministero delle Corporazioni_
Arch. M. Piacentini, G. Vaccaro_ Roma
1934_ sopra: Anticamera dello studio del
Ministro - arredamento di G. Ponti;
sotto: sala riunioni
Con analoga attenzione ai requisiti di praticità, resistenza, manutenzione, negli
ambienti più rappresentativi degli uffici - negli atri e nelle sale di accoglienza per il
pubblico - si predilige sovente l'impiego di materiali pregiati, marmi o rivestimenti
musivi, in grado di trasmettere agli utenti la valenza dell'organismo in cui si trovano.
E' sempre in questo momento che, in particolare nelle proposte e negli studi di alcuni
tra i più giovani e dotati architetti, gli aspetti propriamente spaziali e architettonici si
integrano compiutamente anche con quelli inerenti alla precisazione delle finiture
interne e al disegno degli arredi.
Materiali e tecniche all'avanguardia - doppi infissi in alluminio, ascensori paternoster
con cabina in alluminio, sistema di canalizzazione dei cavi - furono adottati da Giò
Ponti nel palazzo della Montecatini realizzato a Milano nel 1938. Il progettista disegnò
arredi altrettanto innovativi, come, ad esempio, le scrivanie in cui era previsto il
passaggio dei cavi elettrici e telefonici.
Tipi di mobili diversificati secondo i destinatari e le mansioni da compiere - per le
attività direzionali e per quelle programmate - furono disegnati da Giuseppe Pagano e
da Gino Levi Montalcini per Palazzo Gualino a Torino. Franco Albini e Paolo Masera si
misurarono nel disegno di mobili per ufficio “moderni, semplici ed essenziali”,
concepiti per la produzione di serie e realizzati in metallo o in legno, con le superfici
rivestite in linoleum.
(11)
La cura con cui architetti come Adalberto Libera o Giuseppe Terragni
, si applicarono
Palazzo Montecatini_Arch. G. Ponti_
Milano 1938_in alto: Scrivanie e
attrezzature addizionabili della ditta A.
Parma; in basso: ufficio di un dirigente: i
mobili sono in noce chiaro naturale con
guarnizioni in pelle pergamena.
al disegno degli arredi mobili e alla scelta dei nuovi materiali prodotti dall'industria
autarchica con cui realizzarli, era connessa allo stesso processo di modernizzazione
che investiva in quel momento tutta l'architettura. Come scrive Sergio Poretti: “Gli
stessi intenti innovativi alla base della concezione degli interni ispiravano anche la
progettazione degli arredi mobili. Del resto il Terragni designer, in un'ininterrotta linea
parallela alla progettazione edilizia intrapresa fina dal 1929, aveva già ripetutamente
sperimentato negli oggetti d'arredamento gli stessi motivi figurativi alla base della sua
architettura: la figura primaria, nella quale la scrivania o la sedia conservano la
propria fisionomia, era articolata con equilibri asimmetrici e dinamici e arricchita con
gli effetti materici e cromatici generati dall'accostamento di materiali tradizionali e
nuovi. Senza nessuna discontinuità, dunque, il Terragni designer subentrava al
Terragni progettista e costruttore e disegnava alcuni memorabili pezzi, perfettamente
integrati negli ambienti. Il tavolo della sala del direttorio (nella Casa del Fascio N. d.
A.), ad esempio, dalle eccezionali dimensioni di 7 m di lunghezza, con la struttura di
supporto di alpacca cromata, anticorodal e barre di vetro, con il piano di palissandro
ricoperto da un unico cristallo (…) o la scrivania destinata all'ufficio del segretario
federale, con la singolarità del disco di cristallo dello spessore di 20 mm che fungeva
da piano di appoggio sulla destra. Fino al vero e proprio catalogo di tipici mobili da
ufficio comprendente scrivanie a uno e due posti, con o senza cassetti, scaffalature
con parti chiuse e aperte
nel quale era impiegata la stessa gamma di materiali
alpacca, legno, vetro ma con lavorazioni ed essenze meno pregiate. La particolare
sintonia di stampo figurativo che si instaurava tra oggetto di arredo ed edificio,
trovava significative sintesi nella sedia 'Lariana' e nella poltroncina 'Benita', costruite
come prototipi destinati alla produzione di serie”
(12)
.
Dall’alto: Palazzo Gualino_ Arch. G.
Pagano, G. Levi Montalcini_ Torino 1928 _
Ufficio per attività programmate;
Mobile per macchina da scrivere:
Seggiola girevole e regolabile in altezza;
A lato (destra): Mobili per ufficio in
metallo e linoleum_Arch. P. Masera_
Piccolo scrittorio per macchina da
scrivere, scrivania;
A lato (sinistra): Mobili per ufficio in legno
e linoleum_Arch. F. Albini_ Scrittoio in
legno di rovere con piani ricoperti di
linoleum nero e cassetti rotanti con
maniglie di alluminio
Casa del Fascio_ Arch. G. Terragni_ Como
1935_ Disegno della sedia 'Lariana'
(Centro studi G. Terragni)
Casa del Fascio_ Arch. G. Terragni_ Como
1935_ Interno dell'Ufficio del segretario
federale (Centro studi G. Terragni)
Casa del Fascio_ Arch. G. Terragni_ Como
1935_ La sala del direttorio
Sede dell'I.N.F.P.S.
Vittorio Ballio Morpurgo
Realizzazione 1937-38
Piazza Augusto Imperatore, Roma.
“La fronte degli edifici sul vaso della piazza è prevalentemente porticata con portici
architravati, il che permette l'unificazione dei negozi ed ammezzati in ampie superfici
vetrate; (…) Sulla Piazza sono i nuovi edifici che, in armonia con le testimonianze
monumentali del passato, creano l'ambiente. Sul Corso, invece, le due testate
Piazza Augusto Imperatore_Arch. V. Ballio
Morpurgo_ Roma 1936_ Veduta
gemelle, con cui la nuova sistemazione si affaccia, non disdegnano, per rapporti di
pieni e di vuoti e per un accenno di gerarchia nell'importanza dei sovrapposti piani,
qualche analogia con il carattere medio delle case-palazzo, che, attraverso il tempo, si
sono andate schierando sulle due fronti. (...)
Altri vincoli distributivi di gran peso erano inevitabilmente offerti dalla necessità di
conseguire un buono sfruttamento edilizio delle aree edificabili ricavate dalle
demolizioni. E' ovvio, infatti, che il benemerito Ente, il quale si è assunta la
ricostruzione di gran parte della nuova Piazza Augustea, l'Istituto Nazionale Fascista
per la Previdenza Sociale (…) non avrebbe potuto essere sacrificato da una
sistemazione che non avesse saputo accoppiare ai pregi architettonici quelli di una
rigorosa utilizzazione. Le Sale di pubblici spettacoli (Accademia Filarmonica, grande
Cinematografo) e gli appartamenti di abitazione, compresi nel progetto, rispondono
appunto a questi requisiti, ed anche il Collegio Jugoslavo di San Gerolamo degli Illirici,
occupante la fiancata della Piazza verso via Tomacelli, è caratterizzato, nei suoi
interni, da una sapiente distribuzione.
Tuttavia ben poco traspare all'esterno di tali vincoli e pratiche difficoltà, perché anzi la
volumetria del complesso, la partizione in essa dei vuoti e dei pieni, ogni modulazione
insomma, rispondono, nell'insieme, ad una larga visione di monumentalità e, nel
dettaglio, a quella aristocratica sensibilità che sappiamo propria dell'arte del
Morpurgo.
La concezione è nettamente moderna, ma vigono in essa quelle affinità intime e non
semplicemente formali ed esteriori, per cui gli edifici antichi, di varia epoca del nostro
classico ed anche l'augusto Rudere romano, in essa riposano a loro agio.
Notevole contributo ad una felice fusione delle nuove costruzioni nel vecchio
organismo delle nostre Città, è sempre offerto dal colore tradizionale. Ogni Città ha il
suo colore: e Roma è dorata.
Giocheranno dunque nella nuova piazza le più vaste oscillazioni di intensità cromatica:
dal biondo pallido dei travertini, appena usciti di cava, al fulvo delle cortine di mattoni,
scelte con severa ricerca, al bruno delle pietre porfiriche; e un ulteriore apporto sarà
dato dal tempo, che, con la sua patina delicata, ha sempre saputo completare in modo
(13)
impensabile l'opera dell'architetto”
.
Sistemazione di piazza Augusto
Imperatore_Arch. V. Ballio Morpurgo_
Roma 1936
Dall'alto: Prospetto del fabbricato A con il
cinematografo, appartamenti
d'abitazione, uffici, negozi, galleria di
passaggio da Corso Umberto alla piazza
Augusto Imperatore;
pianta parziale del fabbricato B adibito ad
abitazioni, negozi, uffici e alla Sede
dell'Accademia Filarmonica;
prospetto parziale del fabbricato B
DOPO IL 1946
“Gli edifici per ufficio sono di sue specie: quelli totalmente dedicati ad un unico
organismo amministrativo e quelli che invece ospitano un certo numero di uffici
diversi, di solito uffici piccoli e numerosi.
Ciò porta ad una sistemazione diversa degli edifici a cominciare dagli ingressi. (…) Il
secondo tipo è caratterizzato negli ingressi - secondo le forme che questi edifici hanno
raggiunto
in
America
dove
essi
costituiscono
prevalentemente
(se
non
esclusivamente) i centri cittadini - da gallerie di accesso al piano terreno sulle quali si
aprono gli ascensori, il cui numero e la cui portata sono facilmente ed esattamente
calcolabili secondo coefficienti sperimentati in rapporto al traffico interno. Non esiste
in queste gallerie una grande portineria, ma il posto per un portiere, che ha piuttosto
le funzioni di vigile e si aggira nelle gallerie: tutte le indicazioni necessarie sono date
da una grande scritta dove sono elencati in ordine alfabetico i vari uffici, affiancati da
cifre, due indicanti il piano, due la porta dell'ufficio nel piano. (…) In queste gallerie se
l'edifico è grande, vi sono cabine telefoniche pubbliche, bar, giornalaio, ed altri servizi.
Gli uffici, ad ogni piano, o sono prospettanti sul vano d'arrivo degli ascensori o sono
raggiungibili da gallerie che si diramano da esso. Questi uffici sono costituiti da
elementi più o meno componibili, a due, tre, quattro ambienti, con un ingresso
ricavato nella profondità dell'elemento ed aperto sulla galleria. (…)
I due edifici della Montecatini si sviluppano nei piani secondo l'usanza prevalente in
Europa, cioè ad ambienti tuttora separati, con la soluzione “di elasticità” a tramezze
mobili che, del resto, consentono grandi saloni longitudinali. In quanto agli ingressi
generali per il pubblico al piano terreno, essi sono stati concepiti inizialmente con una
certa liberalità in fatto di penetrazione del pubblico stesso, che viene avviato dai
portieri ai vari piani dove un servizio di fattorini smista i visitatori nelle varie
predisposte “salette d'attesa”, i così detti “salottini”.
Palazzo Montecatini_ Arch. G. Ponti con
Ing. Soncini e Ing. Fornaroli_ Milano 1938
Da sopra: atrio di un corpo laterale
dell’edificio; ufficio per impiegati d’ordine
e un corridoio; sala attesa ricavata con
divisori in cristallo; locale del centralino
telefonico
L'esperienza dell'ingombro e della confusione recata da una eccessiva permanenza,
spesso non controllabile, del pubblico nell'interno dell'edificio, ed il bisogno assillante
di spazio utilizzabile spingono ad una trasformazione di questo funzionamento,
eliminando i salottini per piano e concentrando l'attesa di tutti all'ingresso principale
del pubblico (l'ingresso degli impiegati, che avviene per massa, deve essere
naturalmente separato).
(…) Questi edifici, che ospitano migliaia di persone, sono soggetti ad usura, e secondo
il grado di educazione delle masse degli utenti il loro finimento interno viene
naturalmente realizzato con materiali vieppiù resistenti.
(…) L'ufficio ideale per uffici non dovrebbe avere costrizioni dimensionali dipendenti
dal terreno, ma elevarsi su una pianta razionale indipendente. (…) Costruire un bel
palazzo per uffici non è difficile, purché si assecondino le sue esigenze ed
esclusivamente quelle. Esse chiedono orientamenti precisi, sviluppi estesi (non più a
Uffici della Pirelli_ Arch. G. Ponti con A.
Fornaroli, A. Rosselli, G. Valtolina, E.
Dell'Orto, A. Danusso, P.L. Nervi_ Milano
1956-1961_Grande zona a ufficio.
torre), ma a grandi, alti parallelepipedi di sottile spessore. Un complesso di impianti e
servizi, ai quali concorre tutta la civiltà tecnica e scientifica della nostra epoca, e la
civiltà sociale nella assistenza e nella bellezza degli ambienti, distribuiti logicamente,
corredano questi edifici”.
(…) Una particolare risoluzione planimetrica ed architettonica può caratterizzare gli
accessi e dotarli di vari servizi aperti anche al pubblico (con una concezione
predisposta che amerei realizzare e veder realizzare): questi elementi possono
costituire in un certo modo (con sale, auditori per conferenze ecc.) anche una
dotazione ad uso misto (esterno e interno), offerta dall'Azienda, se è potente, anche a
Palazzo della Federconsorzi_Ing. A. Della
Rocca, I. Guidi, E. Lenti, G.
Sterbini_Roma 1958_Vedute dell'atrio: il
bancone del controllo (a sinistra) e la
scala d'onore (a destra)
beneficio della Città. Questi edifici sono l'onore della città e della civiltà.
Oggi questi edifici si inseriscono nelle città moderne come elementi d'onore.La loro
assoluta e intransigente funzionalità deve risolversi in una dignità intrinseca, definita
dalla proporzione, dalla semplicità, dalla purezza, dalla felicità dei materiali, dalla
estrema cura dei particolari, che debbono tuttavia risolversi tutti nella unità, nella
“espressione unica”, unitaria dell'edificio. (…) Si è detto che questi edifici si
inseriscono nella città come elementi d'onore. La dignità dei loro interni, l'ordine e la
perfezione del funzionamento non sono che un dovere dell'architetto e dell'Azienda
verso la dignità di quel “tributo al lavoro” al quale, dentro questi uffici, uomini e donne
dedicano le ore più fattive delle loro giornate (cioè della loro vita), ore nelle quali
l'uomo esplica le più vive facoltà di intelligenza e di volontà. Per questa sua
dedicazione umana e sociale, l'ambiente del lavoro, l'ufficio, deve essere bello”
Uffici della Pirelli_ Arch. G. Ponti con A.
Fornaroli, A. Rosselli, G. Valtolina, E.
Dell'Orto, A. Danusso, P.L. Nervi_ Milano
1956-1961_Veduta dell'atrio
(14)
.
Con queste parole, per certi aspetti ancora attuali, si esprimeva Gio' Ponti nelle sue
Considerazioni sugli edifici per uffici, nel fascicolo di “Edilizia Moderna” del dicembre
1952, elencando aspetti compositivi e progettuali inerenti agli organismi per uffici, da
lui del resto già anticipati all'interno del primo Palazzo Montecatini realizzato a Milano
tra la fine degli anni '30 e il principio degli anni '40.
Nell'immediato dopoguerra alla ripresa del mercato del terziario, se il modello di
riferimento che prevale nella gran parte dei paesi europei, in un'ottica di
standardizzazione degli spazi, dei componenti edilizi e dei procedimenti costruttivi, è
Palazzo della Regione Trentina_ Arch. A.
Libera_ Trento 1954 _Atrio
la torre americana per uffici, in Italia, per contro, si assiste, nello stesso periodo e nello
stesso ambito, a tentativi di definizione di un linguaggio architettonico alternativo
all'imperante lessico modernista, anche attraverso la ricerca sui materiali di
costruzione.
Il lavoro dei progettisti in quegli anni è incentrato sulla messa a punto di un'
“architettura 'concreta', che aborrisce l'astrazione, la ripetizione, lo standard; che, in
pratica, rifiuta alcuni presupposti dell'architettura del Movimento Moderno.
Rifiutandone alcuni ne esalta altri, fino a scoprire di questi il senso più vero e duraturo.
Contro ogni apparenza la cultura architettonica italiana di quel periodo esalta la
«funzione», intesa nella pienezza del suo significato: adeguamento della forma allo
Sede centrale dell'Inps_Arch. PaniconiPediconi _ Roma 1957-67_L'atrio
scopo, ai desideri ed alle aspettative degli utenti, al luogo, alla storia del luogo, alle
tecniche, ai materiali”
(15)
.
Nella sua monografia dedicata agli architetti Paniconi e Pediconi, Alessandra Muntoni
ha messo in luce quanto questi intenti siano stati ampiamente condivisi nella ricerca
architettonica dello studio di progettazione romano, in particolare proprio nell'ambito
dell'edilizia per il terziario.
I numerosi palazzi per uffici, realizzati dai due architetti nel secondo dopoguerra, sono
caratterizzati, in un deciso rifiuto della trasparenza dell'involucro realizzato in curtainwall - tipico dell'architettura internazionale - dall'adozione di “materiali solidi,
durevoli, - la pietra, i marmi, sempre intrecciati comunque con le strutture in cemento
armato in vista”, dall' “insistenza sull'importanza del coronamento, sui grandi «Atrii»
sfondati, ricordo della continuità dei cortili romani”, dall' “aspirazione all'equilibrio,
alla compostezza”, infine, da “una solida qualificazione stilistica, che si sottolinea nella
cura dei particolari e nel ricorso ad artisti, già collaudati nella collaborazione per gli
(16)
edifici sacri, come Alessandrini, Montanarini, Mirko Basaldella ed altri”
.
La gran parte degli edifici progettati per il terziario e realizzati in questo periodo in
Italia, presenta i caratteri del 'palazzo' integrato e contestualizzato nel tessuto urbano
nell'intento “di conciliare le indiscusse necessità prestazionali degli uffici - struttura,
luce, aerazione, arredo, flessibilità- con la necessità di recuperare elementi formali in
(17)
grado di inserirsi nella continuità della memoria storica della città”
. Per quanto
riguarda la spazialità interna, è negli atri che si continuano ad esprimere, con le
possibilità offerte dal nuovo linguaggio del cemento armato lasciato in vista, quei
caratteri di magniloquenza e aulicità propri, negli edifici pubblici, degli ambienti per
Società del Linoleum_Arch. M.
Zanuso_Milano 1952_Interni della
biblioteca per la consultazione delle
riviste tecniche
l'accoglienza.
Valida testimonianza di questa tendenza è ancora l'atrio nel palazzo dell'INPS all'Eur,
caratterizzato dalle “presenze quasi totemiche, che solidificano l'ampio spazio
ribassato attraversante tutto l'edificio”, dei “bellissimi pilastri nervati che si aprono a
delta verso l'alto (confermando un omaggio per l'architettura di Nervi già altre volte
riscontrato)” e da altri materiali come il legno per il soffitto, il metallo per le travi
sospese a supporto delle fonti luminose, il granito lucido del pavimento, in “una
continua intesa tra le tecnologie più avanzate e i materiali antichi, riproposti nella loro
durevole bellezza, nella loro precisione tecnica”
(18)
.
Il prevalere della dimensione funzionalista in concomitanza alla diffusione di una
logica tesa esclusivamente all'incremento della redditività e alla riduzione dei costi di
costruzione e gestione, grazie anche al diffondersi dei sistemi costruttivi
industrializzati e al potenziamento degli impianti per il controllo meccanizzato delle
condizioni ambientali negli spazi confinati, conduce inevitabilmente e un po' ovunque
nel corso degli anni '50 e '60 - salvo rare eccezioni - ad un'eccessiva semplificazione
dei caratteri architettonici e spaziali dei grandi organismi per il terziario. Anche
Copertina di Stile n 17 maggio
1942_GIENLICA (G. Ponti E. Bo L. Bo C.
Pagani)
l'adozione della pianta libera nella configurazione dello spazio di lavoro propriamente
detto, più che di natura squisitamente compositiva e formale, diviene scelta obbligata
per l'esercizio della supervisione e, di conseguenza, per il miglioramento della
produzione. L'attenzione dei designer è volta in questo momento, sostenuta
nuovamente dagli interessi della committenza, alla definizione di componenti di
arredo sempre più razionalizzati: scrivanie speciali, comode sedie, archivi e
quant'altro ritenuto utile all'incremento della produttività dell'impiegato.
Scrivania metallica attrezzata realizzata
dalla Rima di Padova _Arch.G. Ponti_1950
Nel corso di quegli anni, tuttavia, l'ampio lavoro di revisione del concetto di funzione,
svolto nell'ambito della cultura tecnologica della progettazione, conferendo rinnovata
centralità all'uomo e alle sue esigenze - non solo quelle primarie ma soprattutto quelle
psicologiche, sociali e culturali - innesca una reazione a questa perdita di identità
architettonica, dando, al contempo, impulso alla revisione dello spazio interno
dell'ufficio e all'attribuzione di una maggiore cura nel disegno degli arredi.
Sotto il profilo della definizione della spazialità interna, considerare gli 'aspetti
comportamentali' nello svolgimento delle attività, ha significato non solo risolvere i
consueti problemi dimensionali, quantitativi e distributivi, ma anche tentare di
imprimere valore oggettivo agli aspetti ottico-emozionali e percettivo-ambientali,
rivalutando le proprietà tattili e le capacità espressive dei materiali. Ecco quindi
l'importanza del trattamento delle superfici, delle condizioni di illuminazione, degli
effetti cromatici, dei colori, degli odori, i cui parametri e valori - non altrettanto
immediatamente quantificabili come i dati geometrici e dimensionali inerenti allo
spazio - sono percepibili nella sfera della percezione, delle sensazioni e del benessere
psico-fisico. Il rinnovato interesse per l'individualità dell'essere umano, 'essere
sensibile' collocato al 'centro del progetto' in modo più profondo di quanto non fosse
stato fatto nel passato, spiega anche il contributo, nell'organizzazione degli ambienti
per il lavoro, di discipline scientifiche quali l'ergonomia, l'antropometria, la
prossemica.
In Europa questo approccio alla progettazione degli spazi per il lavoro si è
concretizzato nelle note esperienze dell' 'Ufficio paesaggio', ovvero l' 'Ufficio
panoramico', scaturito in Germania dalle riflessioni del gruppo di progettazione
'Quickborner' e identificabile attraverso alcuni componenti di arredo flessibili,
integrati con elementi vegetali usati a mo' di schermi, per creare ambiti spaziali
apparentemente provvisori e casuali, suscettibili di continue riconfigurazioni. Al fine di
aumentare il benessere psico-fisico e, di conseguenza, l'efficienza lavorativa degli
impiegati, si interveniva soprattutto sui materiali di finitura, adottando, ad esempio
per attutire i rumori, la moquette per i pavimenti e i materiali fonoassorbenti per i
controsoffitti.
Più tardi, negli Stati Uniti il progettista R. Propst mette a punto l' 'Action office' l'
'Ufficio d'azione'
in grado di definire, sempre all'interno della pianta libera, con
Pagine pubblicitarie di mobili per ufficio:
Sedia della SOCELL per il salone dei
congressi della FAO; mobili della MMG
Herman Miller; arredamenti metallici
serie ARCO della Olivetti.
attrezzature previste ad altezza d'uomo, spazi di lavoro trasformabili secondo le
esigenze dei singoli utenti, rispondenti, al contempo, agli indispensabili requisiti di
riservatezza e di assenza di rumore.
Sotto la spinta della ricerca architettonica incentrata in quegli anni sul 'progetto
aperto', in un incessante approfondimento dei requisiti di flessibilità e di
trasformabilità volti ad assicurare la massima libertà d'uso dello spazio, entrambi i
sistemi erano basati sul concetto dell'ampio ambiente aperto e flessibile attraverso cui
agevolare la fluidità nelle relazioni e nelle comunicazioni di lavoro.
'Action Office'_Mobili componibili per
ufficio realizzati dalla Herman Miller_R.
Propst_anni '70 circa
In Italia sulla linea di quegli esempi europei e statunitensi, si sono mossi con successo
diversi designers tra i quali Mario Bellini e Michele De Lucchi, progettando sistemi di
arredo per la pianta aperta. In particolare, Mario Bellini, con la proposta del 'Pianeta
Ufficio', concepisce un insieme di attrezzature componibili, tra cui spiccano i piani di
lavoro per la prima volta diversificati secondo le mansioni da compiere, indagando
l'influenza della luce sulle proprietà cromatiche dei materiali di finitura impiegati.
Michele De Lucchi mette a punto per la Olivetti Synthesis il sistema ICARUS, costituito
da un insieme componibile di pannelli-parete e piani di lavoro, adattabile sia agli
ambienti di lavoro 'aperti' sia a quelli, più tradizionali, chiusi, e caratterizzato da una
'Pianeta Ufficio'_Mobili componibili per
ufficio realizzati dalla Marcatré_ Mario
Bellini con G. Origlia_anni '70 circa
elevata integrazione tra elementi di arredo e tecnologie di automazione.
Lo 'spazio aperto', con i suoi complessi e costosi impianti e attrezzature d'arredo, ha
continuato a contraddistinguere a lungo l'ambiente dell'ufficio, sebbene, dopo il
grande successo riscontrato nel corso degli anni '70, si sia in seguito rivelato, a causa
dei cambiamenti sociali e culturali intervenuti nella società, inadeguato nel fornire
risposte alle sempre più articolate esigenze degli utenti.
Tuttavia in alternativa allo 'spazio aperto', sempre più frequentemente vissuto come
promiscuo, precario ed insoddisfacente, negli anni '70 furono concepiti edifici per
uffici, in seguito divenuti importanti esempi di riferimento per ulteriori proposte
progettuali, altrettanto rispondenti ai bisogni di un ambiente di lavoro più 'umano'.
Nella Central Bheer di Herman Hertzberger, ad esempio, realizzata ad Apeldoorn, nei
Paesi Bassi, gli elementi architettonici, tornano a caratterizzare decisamente la
'Icarus'_Mobili componibili per ufficio
realizzati dalla Olivetti Synthesis _M. De
Lucchi anni '80 circa
spazialità interna costituendo lo scenario per elementi e componenti di arredo assai
semplici, scrivanie, lampade e tavoli, il cui aspetto quasi domestico è accentuato
dall'opportunità data a ciascun impiegato di personalizzare la postazione di lavoro con
piante o soprammobili: “Il sorprendente effetto ottenuto dalla gente che lavora alla
Centraal Beheer nell'organizzazione e nella personalizzazione dei loro uffici con colori,
piante o oggetti di loro preferenza non è semplicemente la logica conseguenza del
fatto che la finitura dell'interno è stata lasciata deliberatamente agli utenti degli uffici.
Sebbene la povertà dell'interno, spoglio e grigio, sia un invito affinché gli utenti diano
un tocco di loro gusto allo spazio, ciò di per sé non è sufficiente.
E' necessario molto di più: innanzi tutto la stessa forma dello spazio deve offrire,
Edificio per uffici Centraal Beheer_ Arch.
H. Hertzberger_ Apeldoorn 196872_veduta interna
includendo le attrezzature e gli accessori, l'opportunità agli utenti di poter completare
(19)
lo spazio secondo i loro bisogni e desideri”
.
In antitesi al blocco unico per uffici, quest'edificio, costituito da un rilevante numero di
elementi di esigue dimensioni tra loro giustapposti, evoca, nella complessa
articolazione degli interni, un pezzo di città: “Il progetto è stato concepito in modo che
i membri dello staff, quando lasciano il loro posto di lavoro per una interruzione,
possano conversare e prendere un caffè a uno dei tanti banconi posti nello spazio
centrale del complesso, come se stessero facendo una passeggiata nel centro della
città; quest'area, inoltre, può essere utilizzata completamente come spazio
(20)
pubblico”
.
Edificio per uffici Centraal Beheer_ Arch.
H. Hertzberger_ Apeldoorn 196872_Veduta interna
Multinazionale McDonald's_W. Nichols e R. Stonis_ Chicago anni '70 circa _'Pensatoio' per gli impiegati_
“Negli anni '70 c'era un posto singolare nel ventre della multinazionale McDonald's a Chicago che forse
oggi non esiste più, ma di cui vale la pena raccontare. Rientrava nella logica dei quartieri generali delle
corporations americane, in cui si cercava di aumentare la produttività dei propri impiegati modificando le
condizioni ambientali. Si chiamava Think Tank ed era una sorta di pensatoio per gli impiegati progettato
da William Nichols e Richard Stonis. Si trattava di un luogo dove meditare per trovare idee nuove e
creative, o semplicemente per estraniarsi dalla promiscuità degli open space: un grembo per pensare
collocato al centro degli uffici di una delle più famose multinazionali del cibo. I progettisti di questi uffici e
del loro “grembo” avevano realizzato un luogo con le pareti morbide al tatto dove ogni impiegato andava
(su appuntamento) a rilassarsi. Il pensatoio era di forma circolare e vi si accedeva attraverso una porta a
spicchi come un ventricolo. Al centro, affinché l'opera fosse assolutamente amniotica, si trovava un grande
letto riscaldato ad acqua, le cui pareti erano di camoscio sintetico. Anche la luce faceva il suo gioco unita
ad una musica studiata appositamente per il luogo e la sua destinazione” (A. Barbara, Storie di
architettura attraverso i sensi, Milano 2000, pag. 78)
Edificio per uffici - Sede centrale dell'INPS
Studio Paniconi e Pediconi
(con l'ing. M. Raffo e, per l'ufficio dell'INPS, l'arch. G. Coletta)
Impresa di costruzioni Abinati
Realizzazione 1957-1967
Viale Ciro il Grande, Roma.
La sede centrale dell'INPS all'Eur costituisce l'ampliamento degli edifici ad esedra,
progettati dallo studio Paniconi e Pediconi con G. Muzio e completati poco prima
dell'inizio della guerra nel 1939, collocati a segnare l'accesso all'Esposizione
Universale. Il nuovo nucleo comprende, insieme al palazzo per uffici, un attiguo
palazzetto con i servizi terziari, la mensa e le sale comuni.
Come scriveva P. Marconi nelle pagine del numero dell'”Architettura Cronache e
Storia” del dicembre 1967: “A più di vent'anni di distanza da quell'episodio (…) Il
nuovo organismo si aggiunge all'antico rispettandone l'asse fondamentale ed alcune
indicazioni di colore e di materiale, oltre che di modulazione delle strutture portanti
(…) il problema proposto dal palazzo dell'INPS in particolare può essere enunciato con
relativa chiarezza: si tratta o meno di un palazzo cittadino?
Se si, l'utile sarebbe evidente: la generazione degli “architetti di periferia” (così Ridolfi
denomina quella cui egli stesso appartiene) avrebbe finalmente imbroccato la strada
della città, abbandonando i residui del gergo neo-realista o delle influenze
extranazionali (poli estremi della “perdita del centro” post-bellica).
Occorrerebbe però dimostrare che l'EUR possa essere assimilata ad una città, anziché
essere un fondale per fondali di felliniana invenzione; il che non sembra facile né
possibile.
Potrebbe costituire il palazzo dell'INPS l'elemento, la tessera di un mosaico cittadino
moderno, progettato però con in mente la nostalgia per la città che si è impressa nei
nostri sensi fin dall'infanzia, con la tenerezza di chi abbia imparato ad amare i ritmi
scanditi ma regolari, il disegno trascurato ma pure preciso, i materiali naturali in tutta
la gamma della loro grana o colore? Allora la risposta diviene positiva; allora anche
l'olimpicità degli autori del palazzo dell'INPS, anziché suonare indifferenza agli echi
(21)
dei tempi, assume una sfumatura di sano, di vitale ottimismo”
.
Sede centrale dell'Inps_ Arch. PaniconiArch. Pediconi_ Roma 1957-67
dall’alto:Veduta esterna; L'atrio; Lo
'scalone';Veduta laterale esterna
NUOVI LUOGHI DI LAVORO
Nell'ultimo decennio altri elementi hanno contribuito, un po' ovunque, alla revisione
dei caratteri spaziali e architettonici degli edifici per uffici e delle relazioni tra l'uomo e
lo spazio del lavoro: le nuove e sempre mutevoli esigenze dei fruitori, la rigida e
restrittiva normativa di sicurezza e di tutela della salute dei lavoratori, la tendenza ad
insediare attività terziarie all'interno di grandi strutture dismesse originariamente
concepite per scopi diversi, l'istanza di maggior comfort e di qualità ambientale degli
spazi confinati, l'impegno ad arginare la veloce obsolescenza propria di questo tipo di
organismi.
In particolare questi ultimi aspetti, a causa delle forti implicazioni relative alle
questioni ecologiche e alla necessità del controllo delle risorse, hanno giocato un ruolo
fondamentale nell'innovazione tipologica degli edifici per uffici: i 'green buildings', ad
esempio, gli enormi complessi per il terziario realizzati in particolare nei paesi
anglosassoni, si contraddistinguono per la mancanza di impianti di condizionamento,
Commerzbank Headquarters_ Arch. N.
Foster_ Francoforte 1991-1997_ Uno dei
giardini pensili
risolvendo il problema del ricambio dell'aria attraverso sistemi di ventilazione naturale
basati su studi inerenti all'organizzazione tipologico-spaziale dell'edificio.
L'incessante ricerca di condizioni che incrementino il comfort alleviando il più possibile
la permanenza nel luogo di lavoro, favoriscano la cooperazione e la socievolezza
proteggendo dallo stress, motivino e potenzino, al contempo, la creatività del
personale, implementa costantemente la ricerca sulle attività complementari che è
possibile
svolgere
all'interno
dello
spazio
dilatato
dell'
“ufficio-territorio”,
(22)
continuamente “cangiante e mutevole alle diverse occorrenze”
. Gli spazi per la
cultura - ambienti per esposizioni, sale per convegni e stage di aggiornamento,
auditorium, biblioteche - e per la ricreazione - ristoranti, caffetterie, attrezzature
sportive - affiancano sempre più spesso gli ambienti di lavoro stimolando, in una
Agenzia pubblicitaria 'J Walter
Thompson'_ Arch. DEGW_ Londra
2002_Veduta interna
singolare mescolanza di funzioni, l'innovazione spaziale nel settore del terziario.
C'è da notare, inoltre, che lo sviluppo e la diffusione della tecnologia informatica non
solo hanno operato una vera rivoluzione nella definizione dello spazio dell'ufficio - i
primi 'edifici intelligenti', cablati e tecnologicamente avanzati, sono stati proprio quelli
per il terziario - ma hanno influenzato notevolmente anche il disegno degli arredi.
Paradossalmente la “sempre maggiore leggerezza ma anche pervasività dell'oggetto
tecnologico” che trasforma chi lavora “in un ibrido tra intelligenza vivente e protesi
(23)
tecnologica”
, consentendo di lavorare ovunque e senza limiti di orario, rende priva
di senso l'esistenza stessa del luogo di lavoro e di tutte le attrezzature utili alla
rigorosa conformazione dei suoi spazi: scrivanie, archivi, scaffali specializzati e
articolati sono pressoché inutili nell' 'ufficio privo di carta' in cui, come avveniva nei
tempi più remoti, è sufficiente per mettersi al lavoro, avere a disposizione
semplicemente qualche tavolo e alcune sedie.
Tuttavia, come ci ricorda R. Fehalbaum, amministratore delegato della Vitra, industria
I.Net _ Arch. Cibic & Partners_ Milano
2002_Vedute interne
svizzera di mobili, “L'ufficio è una specie di tempio del lavoro: è lì che i valori
dell'azienda sono definiti e confermati. In assenza dell'ufficio è difficile comprendere
in che modo un'azienda concepisca se stessa”
(24)
.
E questo è ancor più vero nel caso dei principali enti pubblici, diffusi capillarmente sul
territorio, per i quali è essenziale comunicare agli utenti la 'personalità', o, con termine
anglosassone, la 'corporate identity', della struttura. E' questo il sostanziale campo
d'indagine del 'design dei servizi': “Tutte le aziende che erogano servizi hanno bisogno
di un design specifico. Il design dei servizi va affrontato con una competenza specifica
(…) Non è più un problema disciplinare, ma è quello di saper comprendere l'industria e
di saperle dare personalità. Il problema della personalità è un problema del design che
(25)
deve rendere figurativamente forti le immagini e i segni”
.
Ecco allora la mescolanza di razionali ed efficienti soluzioni distributive, di arredi -
Uffici della Snowcrash _ Arch. Tham
Videgård Hansson Architeckter _
Stoccolma 2002 _Uno scorcio sull'atrio
elementi modulari, aggregabili e facilmente trasportabili - e di segnali - messaggi
grafici, scritte e simboli - che, combinati all'uso dei colori, dei materiali di rivestimento,
della luce, degli odori, si trasformano in veri e propri 'stimoli ambientali' migliorano la
fruibilità dello spazio, e informando, al contempo, sulla natura e sul significato del
luogo che abitiamo.
D'altro canto nell'era segnata dall'elettronica, in cui l'immaterialità, la multimedialità e
la sensorialità sono al centro della ricerca architettonica producendo continue
sperimentazioni sulle contaminazioni ed interrelazioni tra spazio costruito e realtà
virtuale, l'architettura torna decisamente a porsi come esperienza sensoriale, in grado
soprattutto di comunicare sensazioni e informazioni. Per dirla con De Lucchi anche il
design di servizio “è decisamente un problema di architettura (…) di capacità di
intervenire in tutti gli aspetti sensoriali del luogo specifico (…) non solo nelle pareti,
non solo nei materiali, non solo nell'arredamento, ma soprattutto nei parametri
cosiddetti 'soft', cioè la luce, il colore, il calore, l'odore, e via via il senso
dell'accoglienza, dell'efficienza, della piacevolezza, del comfort”
(26)
.
Uffici 'People'_ Arch. Studio Radaelli
Speranza Associati_ Milano 2002_Veduta
della zona di attesa. Gli uffici sono
ricavati all'interno di un ex opificio.
A sinistra: Postazioni di lavoro A3_Arch.
Asymptote, H. Rashid e A. L. Couture; a
destra postazione di lavoro work 4 _Arch.
Albera-Monti & Associati -Sintetica
Dall’alto:
Edificio Municipale_ Arch. A. Anselmi_
Rezé Nantes 1987-1989_L'atrio di
accesso al pubblico
'Interpolis office'_Abe Bonnema_Olanda
1996_Veduta interna sullo spazio di
accoglienza per i clienti
Uffici 'Enel Power'_Studio MDL: M. De
Lucchi con A. Micheli, collaboratori: L.
Parolin, G.B. Mercurio_Milano 2001_Lo
spazio di accoglienza
'Posteitaliane' al Cordusio_ Arch. M. De
Lucchi con A. Bianchi, S. Agabio_Milano
2001_Veduta interna della sala del
pubblico.
“Il cuore del progetto delle Poste sta nel
bancone, elemento che identifica e
realizza il servizio al cliente, che permette
di dialogare. (…) Una volta il bancone
era blindato per dare sicurezza a chi
lavorava. Il bancone da noi progettato è
privo di qualsiasi blindatura e di vetri, ed
è fatto per contenere tutte le macchine
(13 in tutto). Il problema è stato trovare
una combinazione che permettesse a
questo bancone di raccogliere tutta la
dotazione elettronica, oltre a dover
risolvere tutta una serie di rapporti tra
utente e operatore.
Abbiamo inventato un concetto: il
cosiddetto piano di transito, che permette
di allontanare il cliente dall'operatore,
interponendosi tra la mensola (dove si
trova il cliente) e il bancone (dietro al
quale lavora l'operatore). L'operatore è
rialzato dal livello di terra, in modo tale
che da seduto sia complanare all'utente,
e non esistono gerarchie. Per i colori
ambientali, dopo varie ricerche, l'azzurro
è sembrato il migliore” (M. De Lucchi, Il
progetto: spazio della nuova relazione col
cliente in Progettare il futuro. Il disegno
della materia, Milano 2002).
Ambiente virtuale al New York stock
exchange_Asymptote Architecture_ New
York 1999_Visualizzazione
tridimensionale
“Asymptote (Hani Rashid e Lise Anne
Couture) indagano l'interrelazione fra
modellazione virtuale, realtà virtuale e
spazio costruito. Negli I-scapes (paesaggi
dell'informazione), essi si muovono fra
diverse geometrie e materialità, verso
una bidimensionalità fluttuante nella
relazione che si instaura fra l'osservatore
e il virtuale attraverso l'immagine sullo
schermo. In misura sempre maggiore
abbiamo a che fare con la tecnologia, e
gli architetti esaminano le implicazioni
formali delle mutevoli spazialità che si
evolvono negli ambienti virtuali” (A.
Imperiale, Nuove bidimensionalità.
Tensioni superficiali nell'architettura
digitale, Torino 2001)
Centro operativo avanzato al New York
stock exchange_Asymptote Architecture_
New York 1999_I vani degli operatori e gli
schermi informativi
1
Cfr. D. Donghi, Manuale dell'architetto, Torino 1935, vol. II, parte 1°, sez. V, pag. 414-416.
2
Cfr. AA. VV., I ministeri di Roma capitale: l'insediamento degli uffici e la costruzione delle nuove
sedi: Roma capitale 1870-1911, Venezia 1985; AA. VV., Roma Capitale 1870-1911. Architettura
e urbanistica. Uso e trasformazione della città storica, Venezia 1984; G. Accasto, V. Fraticelli, R.
Nicolini, L'architettura di Roma capitale. 1870-1970, Roma 1970; I. de Guttry, Guida di Roma
moderna. Dal 1870 ad oggi, Roma 2001.
3
Cfr. M. Furnari, Gli Uffici, Roma-Bari 1995, pp. 9-10.
4
Cfr. D. Donghi, Manuale dell'architetto, Torino 1935, vol. II, parte 1°, sez. V, pag. 415-416.
5
Cfr. D. Donghi, Manuale dell'architetto, Torino 1935, vol. II, parte 1°, sez. V, pag. 415-416.
6
Cfr. D. Donghi, Manuale dell'architetto, Torino 1935, vol.II, parte 1°, sez. V, pag. 415-416.
7
Cfr. Nostra edilizia per uffici, Editoriale in “Edilizia Moderna” n 30, gennaio-giugno 1936,
pag. 15.
8
Cfr. Nostra edilizia per uffici, Editoriale in “Edilizia Moderna” n 30, gennaio-giugno 1936, pag.
15.
9
Cfr. P. Bottoni, Uffici moderni, in “Edilizia moderna” n 5, aprile 1932, pag. 19.
10
11
Cfr. P. Bottoni, Uffici moderni, in “Edilizia moderna” n 5, aprile 1932, pag. 17.
Cfr. A. Saggio, Giuseppe Terragni. Vita e opere, Roma-Bari 1995, pp. 91-96. Su Terragni
designer vedi anche: R. Crespi, Giuseppe Terragni Designer, Milano 1986; AA. VV., Interni a
Milano e a Como 1927-1936, a cura di G. Polin, in “Rassegna” n 11, settembre 1982; P. Thea, Gli
interni di Giuseppe Terragni, in “Rassegna” n 87, 1987; S. Poretti, La casa del Fascio di Como,
Roma 1998.
12
Cfr. S. Poretti, La casa del Fascio di Como, Roma 1998, pp. 68-69.
13
Cfr. M. Piacentini, La sistemazione della zona circostante l'Augusteo. Arch. Vittorio
Morpurgo, in “Architettura”, fascicolo speciale, Natale 1936; sull'opera di Vttorio Ballio
Morpurgo vedi anche: M. Piacentini, Vittorio Ballio Morpurgo, Accademia di San Luca, Roma
1961.
14
Cfr. G. Ponti, Considerazioni sugli edifici per uffici in “Edilizia Moderna” n 49, dicembre 1952, pp.
11-18.
15
Cfr. M. Rebecchini, Architetti italiani 1930-1990, Giovanni Michelucci, Adalberto Libera, Mario
Ridolfi, Ignazio Gardella, Giancarlo De Carlo, Carlo Aymonino, Aldo Rossi, Roma 2002, pp. 7-8.
16
Cfr. A. Muntoni, Lo studio Paniconi e Pediconi 1930-1984, Roma Kappa 1987.
17
Cfr. M. Furnari, op. cit. pag. 111.
18
Cfr. A. Muntoni, op. cit. pag. 56.
19
Cfr. H. Hertzbeger, Lezioni di architettura, Roma-Bari, 1996, pp. 17-18.
20
Cfr. H. Hertzbeger, op. cit., pp. 74-75.
21
Cfr. P. Marconi, La sede centrale dell'INPS a Roma, in “L'Architettura Cronache e Storia” n
146, dicembre 1967, pp. 512-519.
22
Cfr. F. Fabbrizzi, Uffici, Milano 2001, pag. 13.
23
Cfr. F. Carmagnola, in Come cambia il modo di lavorare in “Ottagono” n 154 ottobre 2002, pp.
54-47.
24
Cfr. Conversazione di Rolf Fehlbaum con D. Sudjic in AA. VV., Next, 8° Mostra Internazionale di
Architettura, Venezia 2002, pp. 258-259.
25
Cfr. M. De Lucchi, Il progetto: spazio della nuova relazione con il cliente in AA. VV.,
Progettare il futuro. Il disegno della materia, Milano 2002, pag. 101.
26
Cfr. S. Suardi, Michele de Lucchi. Dopotolomeo, Ginevra-Milano, 2002 cit. in Posteitaliane
al Cordusio in “Abitare” n 421, ottobre 2002.
NOTE
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
(a cura di Francesca Rosa)
MANUALISTICA
AA. VV.
Manuale dell'architetto
Consiglio Nazionale delle Ricerche
3 edizione, Roma, 1962
AA. VV., (coordinatore Bruno Zevi, direzione editoriale di Luca Zevi)
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