Distacco di lavoratori e normativa antinfortunistica

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Distacco di lavoratori e normativa antinfortunistica
Distacco di lavoratori e normativa antinfortunistica
Le responsabilità del datore di lavoro distaccante e distaccatario in caso di infortunio
del dipendente e le conseguenze in materia di responsabilità degli enti ai sensi del D.Lgs. 231/01
Angelo Bianco
I.
La normativa applicabile al distacco di lavoratori
Con l’istituto del distacco un datore di lavoro (distaccante) pone temporaneamente uno o più lavoratori
(distaccati) a disposizione di un altro soggetto (distaccatario), per l'esecuzione di una determinata attività
lavorativa. La fattispecie è disciplinata, nel settore privato, dal D. Lgs. 276/2003, attuazione della legge
14/2003 (cosiddetta “Legge Biagi”).
Oltre a fornire la definizione di distacco, l’ articolo 30 del decreto fissa una serie di requisiti, quali la
permanenza sul distaccante del trattamento economico e normativo, la sussistenza di particolari ragioni
tecniche, organizzative o produttive e la necessità del consenso del lavoratore in caso di mutamento delle
mansioni, oppure se l’unità produttiva di destinazione è a più di cinquanta chilometri da quella in cui il
lavoratore è adibito. Si tratta perciò di un potere attribuito al datore di lavoro, il quale può decidere che lo
svolgimento dell’attività di un proprio dipendente avvenga presso un altro soggetto, senza che questo
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comporti il sorgere di un nuovo rapporto contrattuale .
Successivamente, il D. Lgs. 251/2004 ha aggiunto al medesimo articolo il comma 4-bis, che sancisce la
possibilità per il lavoratore di presentare ricorso al giudice del Lavoro, quando il distacco avviene in
violazione delle norme, al fine di ottenere la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze del
distaccatario.
Da ultimo, il D. Lgs. 76/2013 (convertito con modifiche dalla legge 99/ 2013) ha aggiunto il comma 4-ter,
secondo cui - tra imprese che abbiano sottoscritto un contratto di rete - l'interesse della parte distaccante
sorge automaticamente in forza dell'operare della rete.
La disposizione, fin dalla sua prima formulazione, non chiarisce tuttavia la ripartizione degli obblighi
prevenzionistici tra distaccante e distaccatario, tanto che già nel 2004 è intervenuto il Ministro del Lavoro e
delle Politiche Sociali informando che: «Il datore di lavoro distaccante, salvo un diverso accordo fra le parti
relativamente al trattamento economico e normativo, rimane poi responsabile ex art. 10 D.P.R. 1124/65 in
caso di rivalsa dell'Istituto in occasione di un infortunio sul lavoro, integrante un'ipotesi di reato, occorso al
distaccato presso il distaccatario quale soggetto incaricato della direzione e sorveglianza del lavoro ex
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comma 3 del medesimo art. 10» .
In seguito, nel 2005, l’INAIL ha emanato una circolare («Distacco dei lavoratori in ambito nazionale.
Applicazione della nuova disciplina. Obbligo assicurativo e tutela contro gli infortuni»), che sulla scorta delle
direttive ministeriali ha fornito ulteriori delucidazioni in tema di gestione del rapporto assicurativo, denunce di
infortunio e azione di regresso da parte dell’INAIL. Sul punto, l’Istituto ha spiegato che il datore di lavoro
distaccante è tenuto ad effettuare le denunce di infortunio e di malattia professionale, nonché a dare notizia
all'autorità di Pubblica sicurezza di ogni evento che abbia per conseguenza la morte o l'inabilità al lavoro per
più di tre giorni, poiché il concedente è il titolare del rapporto di lavoro. In più, si è confermato che tanto il
distaccante, in qualità di datore di lavoro, quanto il distaccatario sono destinatari dell’azione di regresso (ai
sensi degli articoli 10 e 11 DPR 1124/1965) se si rendono responsabili di una violazione di norme integrante
un’ipotesi di reato perseguibile d’ufficio.
Anche dopo i citati interventi chiarificatori, è rimasta negli anni successivi un’incertezza sugli oneri
prevenzionistici da attribuire al distaccante e al distaccatario, tanto che la giurisprudenza di legittimità ha
optato per una sorta di responsabilità condivisa, poiché il concedente deve comunque cooperare
nell'attuazione delle misure di sicurezza, promuovere attività di coordinamento e contribuire all’effettiva
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realizzazione delle misure di sicurezza .
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Circolare INPS del 1 febbraio 2005 n. 18.
Circolare del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali 15 gennaio 2004, n. 3.
Si veda Cassazione Pen. Sez. IV, (ud. 24-06-2008) 30-09-2008, n. 37079.
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La lacuna normativa è stata dunque colmata, in via interpretativa, sdoppiando la posizione di garanzia e
sancendo che l’invio del lavoratore in distacco non esonera da responsabilità il datore di lavoro originario,
che deve vigilare sull’applicazione delle norme antinfortunistiche anche in luoghi di lavoro appartenenti ad un
altro soggetto, non trovando spazio alcuno il principio dell’affidamento, in base al quale un soggetto non
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risponde della violazione di regole cautelari da parte di terzi .
A questo punto è intervenuto il legislatore, che nel Testo Unico in materia di tutela della salute e della
sicurezza (art 3, comma 6, D.Lgs. 281/2008) ha sancito che in caso di distacco «tutti gli obblighi di
prevenzione e protezione sono a carico del distaccatario, fatto salvo l'obbligo a carico del distaccante di
informare e formare il lavoratore sui rischi tipici generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le
quali egli viene distaccato».
Si tratta, a prima vista, di una netta svolta rispetto al precedente orientamento, visto che risulta totalmente
alleggerita la posizione del distaccante, che deve solo informare e formare il lavoratore in relazione alle
mansioni di destinazione. Ad ulteriore conferma, si segnala l’utilizzo dell’avverbio “generalmente”, indice del
fatto che l’obbligo di formazione va adempiuto in relazione alla mansione e non a rischi specifici che il
lavoratore troverà nel luogo in cui viene distaccato. Nel silenzio della norma, si potrebbe presumere che
l’individuazione dei rischi specifici e la successiva formazione spetti al distaccatario, il quale effettivamente
conosce le reali condizioni nelle quali il lavoratore eseguirà le prestazioni richieste.
II.
Orientamenti giurisprudenziali in tema di ripartizione degli obblighi antinfortunistici in
caso di distacco
La Corte di Cassazione si è pronunciata diverse volte in materia di responsabilità penale del datore di
lavoro in costanza di distacco e ha fornito una diversa interpretazione della norma contenuta nel D.Lgs.
81/2008, affermando che il distaccante debba verificare che il distaccatario garantisca le condizioni di
sicurezza e controlli la mansione che verrà concretamente svolta dal dipendente.
È opportuno ricordare una pronuncia del 2013 della Suprema Corte, che tratta dell’infortunio di un
lavoratore distaccato presso un’altra società, dovuto alla caduta da un ponteggio montato in maniera errata.
In questo caso, ferma la responsabilità del distaccatario, è stato condannato anche il distaccante, al quale si
contesta di aver comunque autorizzato il distacco senza aver preventivamente accertato che i ponteggi
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fossero stati modificati e adeguati alla normativa vigente .
Più recentemente, nel 2015, i giudici di legittimità si sono nuovamente occupati del tema, giungendo
comunque a conclusioni analoghe. Nello specifico, il distaccante e il distaccatario sono stati entrambi
riconosciuti colpevoli del reato di cui all’articolo 589 c.p., commesso con violazione della normativa
antinfortunistica, per aver contribuito causalmente alla morte di un dipendete distaccato. Quest'ultimo era
stato chiamato a svolgere un’operazione di “rabbocco di olio”, in condizioni di equilibrio precario e senza
disporre di adeguati dispositivi di protezione contro le cadute dall’alto. Quindi il collegio giudicante ha
rigettato il ricorso del distaccante, unico ricorrente, condividendo il percorso motivazionale indicato nella
sentenza di merito e aggiungendo che l’imputato «era venuto meno all'obbligo di valutazione del rischio
specifico connesso all'opera di manutenzione ordinaria» da eseguirsi presso il distaccatario. Inoltre, i giudici
hanno evidenziato che la violazione dei doveri in materia di salute e sicurezza è consistita nell’aver inviato
alcuni operai «senza fornire loro dettagliate informazioni sui rischi specifici e senza collaborare
nell'attuazione delle misure di prevenzione e protezione del lavoratore dal rischio di incidenti connessi alla
esecuzione della nuova e diversa prestazione». Ribadendo che il principio di affidamento non opera
«allorché il mancato rispetto da parte di terzi delle norme precauzionali di prudenza abbia la sua prima
causa nell'inosservanza di tali norme da parte di colui che invoca il suddetto principio, come nel caso in
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esame» .
Appare dunque evidente come l’orientamento più attuale tenda a prevedere per il distaccante un obbligo
ben più importante di quello che la norma di cui all’articolo 3, comma 6, del D.Lgs. 81/2008 sancisce
espressamente. Difatti, il trasferimento degli obblighi di prevenzione e protezione avverrebbe – secondo
quanto si può desumere dalle sentenze citate – solo nella fase di esecuzione del lavoro, ovvero dal
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Tale principio indica che quando più soggetti svolgono una diversa attività e ciascuno è gravato da un proprio
obbligo di diligenza, ognuno deve poter confidare che gli altri rispettino le regole cautelari. Si veda, R. GAROFOLI,
“Manuale di diritto penale”, Neldiritto Editore, 2015, pag. 261.
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Cassazione Pen. Sez. IV, Sent., (ud. 19-04-2013) 22-07-2013, n. 31300.
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Cassazione Pen. Sez. IV, Sent., (ud. 19-02-2015) 15-04-2015, n. 15696.
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momento in cui il lavoratore inizia a svolgere le sue mansioni nel luogo in cui è distaccato. Ma ciò non
escluderebbe un obbligo del datore di lavoro originario di assicurarsi che nel sito di destinazione vengano
rispettate le norme antinfortunistiche. Egli dovrebbe addirittura controllare, ad esempio, la messa in
sicurezza dei ponteggi, nonché valutare i rischi specifici relativi alla mansione che andrà a svolgere (si badi
bene: quella che davvero va a svolgere e non quella per la quale è distaccato).
Di conseguenza non è mancato, in dottrina, chi abbia dedotto dagli assunti citati un vero e proprio obbligo
di sopralluogo preventivo da parte del distaccante e di adozione di idonee misure di prevenzione, anche
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ulteriori rispetto a quelle del distaccante .
III.
Osservazioni critiche agli orientamenti della Corte di Cassazione
È tuttavia da evidenziare il fatto che il predetto comma 6 dell’articolo 3 non faccia alcun riferimento a un
preventivo obbligo di controllo, né tantomeno a una valutazione dei rischi specifici presenti sul luogo del
distacco, bensì solo di quei rischi specifici ma relativi alla mansione in via generale. Deve quindi presumersi
che la Corte non abbia voluto esonerare il distaccante dalle responsabilità nei confronti di un soggetto che è
comunque suo dipendente: a conferma, in entrambe le pronunce si evidenzia la non operatività del principio
di affidamento, perché si tratta di una negligente condotta propria del concedente.
Vengono allora alla luce, trattandosi di delitti colposi, due distinte problematiche, che non sono chiare
nelle asserzioni della Suprema Corte: ossia l’individuazione della regola cautelare violata dal distaccante e
l’esigibilità della condotta alternativa lecita.
Per quanto attiene l’individuazione della regola cautelare – rilevata l’assenza di disposizioni che
esplicitamente attribuiscano un onere di controllo preventivo sul luogo del distacco – o si sostiene che gli
obblighi sanciti dal T.U. Sicurezza si estendano anche a unità produttive che sono sotto l’egida di un altro
datore di lavoro, oppure non resta che richiamare l’articolo 2087 del Codice civile.
La prima ipotesi può essere esclusa in base alla collocazione sistematica del precetto contenuto
nell’articolo 3, comma 6, il quale viene posto in apertura del D.Lgs. 81/2008 proprio per delimitare il campo di
applicazione delle norme contenute nei successivi articoli. Appare dunque faticoso affermare, ad esempio,
che i doveri di cui all’articolo 18 del D.Lgs. 81/2008 valgano anche nei confronti di lavoratori distaccati
presso altro imprenditore.
La seconda ipotesi dilata invece eccessivamente gli obblighi prevenzionistici, configurando una sorta di
responsabilità oggettiva, sebbene alcune pronunce della Cassazione considerino sufficiente la violazione
dell’articolo 2087 c.c.
Come attentamente osservato in dottrina, fondare la responsabilità colposa unicamente sulla norma del
codice civile rubricata “Tutela delle condizioni di lavoro” finisce per «saturare ogni interstizio di colposità» e
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rende prevedibile qualsiasi evento, salvi il caso fortuito e la forza maggiore .
Tuttavia, presupponendo una colpa specifica quanto una colpa generica, occorre chiedersi quali poteri
abbia il distaccante in un luogo di lavoro che è sotto la responsabilità di un altro soggetto. Vale a dire,
indagare il profilo dell’esigibilità della condotta alternativa lecita.
Un controllo stringente sarà sicuramente possibile nel momento in cui il distaccante si trovi nel medesimo
luogo in cui viene distaccato il proprio dipendente: considerato che qualora il datore di lavoro fosse
effettivamente presente sul posto e si accorgesse di particolari situazioni di rischio, non potrebbe in alcun
modo ignorarle e dovrebbe immediatamente revocare il distacco. Peraltro, in simili evenienze il concedente
ha spesso un concreto potere sull’utilizzatore, poiché ha facoltà di ispezione e di intervento (come ad
esempio in un distacco a un subappaltatore). È l’appaltatore che affida il lavoro a un subappaltatore, in un
contesto organizzato da sé, anche dal punto di vista della sicurezza, sicché non possono e non devono
sfuggire quei comportamenti commissivi od omissivi che compromettono l’incolumità dei distaccati.
Viceversa, guardando alla casistica del distacco, tale onere di controllo appare ben più complesso
quando il concedente non ha la materiale possibilità di verificare la situazione in un sito operativo nel quale
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R. DUBINI, “Distacco del lavoratore: obbligo di sopralluogo e aspetti critici”, in www.puntosicuro.it.
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G. CIVELLO, “La «colpa eventuale» nella società del rischio. Epistemologia dell'incertezza e «verità soggettiva»
della colpa”, Giappichelli, 2013, pag. 39.
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non ha alcun potere direttivo o organizzativo e nel quale, a rigore di logica, potrebbe non essere legittimato
ad accedere.
Ancor più critico sarebbe poi procedere, per il distaccante, a una valutazione degli specifici rischi relativi a
lavorazioni gestite e realizzate da un’altra organizzazione imprenditoriale, viste le peculiarità che ogni
operazione presenta.
In quest'ultimo caso si pensi, ad esempio, a un distacco tra imprese edili attraverso il quale un gruppo di
operai viene distaccato su un cantiere appartenente al distaccatario. Nell’edilizia il datore di lavoro deve
procedere a una valutazione del rischio più generale, cristallizzata nel documento di valutazione del rischio
di cui all’articolo 28 del D.Lgs. 81/2008, e a una valutazione dei rischi specifici di un singolo cantiere,
contenuta nel piano operativo della sicurezza (POS).
Dunque, è fuor di dubbio che il datore di lavoro debba individuare i rischi riguardanti la sua struttura
aziendale e gli accorgimenti in materia di sicurezza legati a ogni mansione, anche specifici, nonché l’attività
di sorveglianza sanitaria e di formazione necessaria.
Diversamente, non si comprende come il concedente possa anche valutare i rischi specifici riguardanti un
lavoro che viene progettato ed eseguito da un altro soggetto, il quale deve redigere il POS ai sensi del
D.Lgs. 81/2008.
Del resto, il già richiamato articolo 3, comma 6, del T.U. Sicurezza pare cogliere nel segno tale
distinzione, poiché fa permanere in capo al distaccante un obbligo di formazione e informazione unicamente
sui rischi tipici «generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni», cioè quei rischi riguardanti la
mansione in generale e non le particolarità che ogni operazione presenta.
È nel POS, al contrario, che dovrebbero essere approfondite le lavorazioni specifiche e quindi individuati
presìdi di tutela ulteriori: un documento che deve necessariamente essere predisposto dal cessionario e non
dal cedente.
Sarebbe quindi preferibile un’interpretazione più letterale della norma, perlomeno in quelle particolari
situazioni dove il rischio è maggiormente sensibile ai processi lavorativi, poiché il distaccante non è neppure
nella condizione di conoscere quale sia nello specifico il lavoro da completare, ma si limita a distaccare un
lavoratore idoneo a svolgere quella mansione, nonché formato e informato sui rischi legati in via generale.
Resta fermo, comunque, che il concedente deve distaccare i lavoratori per mansioni che essi ben
conoscono; conservando una chiara responsabilità nel caso conceda dipendenti per mansioni del tutto
estranee a quelle abitualmente svolte, senza adeguata formazione. Se le mansioni sono quindi diverse, la
necessità di formazione diventa stringente e deve essere correttamente disposta dal datore di lavoro.
In materia, può essere citata una pronuncia della Corte di Cassazione del 2014, che sancisce la
responsabilità penale del datore di lavoro che ha distaccato i lavoratori per mansioni non attinenti a quelle
per cui erano assunti e senza aver fornito alcuna informazione in merito al lavoro per il quale dovevano
essere distaccati. In particolare, l’addebito viene mosso poiché il datore «disponeva il distacco dei propri
lavoratori presso la ditta del vicino al fine di svolgere un lavoro del tutto estraneo alle mansioni da essi
abitualmente svolte, senza fornire loro dettagliate informazioni sui rischi specifici e senza collaborare
all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione del lavoratore dal rischio di incidenti connessi alla
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esecuzione della nuova e diversa prestazione» .
In tal caso è evidente come manchi l’informazione e la formazione sui rischi relativi alla mansione da
svolgere, quindi non può invocarsi alcun trasferimento dei doveri in materia di sicurezza sul distaccatario.
Per completezza è bene infine ricordare che una parte della giurisprudenza pone sempre più attenzione
al «principio di autoresponsabilità del lavoratore». Alcune recentissime sentenze tendono, nel configurare la
colpa in caso di infortunio di un dipendente, ad abbandonare «il criterio esterno delle mansioni» e a
sostituirlo «con il parametro della prevedibilità intesa come dominabilità umana del fattore causale»,
sancendo che il datore di lavoro non ha più «un obbligo di vigilanza assoluta rispetto al lavoratore, come in
passato, ma una volta che ha fornito tutti i mezzi idonei alla prevenzione ed ha adempiuto a tutte le
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Cassazione Pen. Sez. IV, Sent., 10-7-2014, n. 30483.
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obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, egli non risponderà dell'evento derivante da una
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condotta imprevedibilmente colposa del lavoratore» .
Nell’ultima affermazione di tale assunto, la Cassazione è giunta a statuire – a proposito dell’infortunio di
un lavoratore a seguito di caduta dall’alto – che «la valutazione preventiva del rischio derivante dallo
svolgimento in quota di sostituzione dei faretti e di posizionamento dei fili, ma anche la concreta dotazione al
lavoratore, nel frangente dell’infortunio, degli strumenti idonei ad effettuare tali tipi di lavoro in sicurezza»
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determinano, sotto il profilo soggettivo, l’assenza di colpa .
Non potrebbe negarsi un’applicazione analogica di questo canone al rapporto tra distaccante e
distaccatario; nel senso che può configurarsi una sorta di principio di autoresponsabilità del distaccatario,
visto che, come ampiamente evidenziato in precedenza, è quest’ultimo a dover effettuare la valutazione del
rischio specifico delle lavorazioni.
Se infatti il Testo Unico Sicurezza tenta di abbandonare l’idea di un datore di lavoro “onnipresente”,
distribuendo gli obblighi antinfortunistici tra più soggetti, la norma di cui all’articolo 3, comma 6, è un’ulteriore
espressione di questo disegno sistematico, individuando chiari doveri per il distaccante (quali l’informazione
e formazione del lavoratore sui rischi tipici generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni) e
assegnando tutti gli altri all’utilizzatore.
In quest’ottica, gli orientamenti prima esposti potrebbero essere espressione di una ricostruzione più
risalente nel tempo, che attribuiva un ruolo “iperprotettivo” al datore di lavoro (inteso come colui che ha
assunto il lavoratore) obbligandolo a una vigilanza costante e continua, a prescindere dalle circostanze
concrete del caso.
Non resta che attendere fiduciosi un’interpretazione evolutiva della disposizione sul distacco contenuta
nel D.Lgs. 81/2008.
IV.
Distacco e responsabilità penale degli enti ai sensi del D.Lgs. 231/01
Esposta l’interpretazione giurisprudenziale delle norme sul distacco, e rilevate alcune criticità, occorre
individuare le eventuali ripercussioni in materia di responsabilità penale degli enti (visto che, come noto,
l’articolo 25-septies del D.Lgs. 231/01 include i delitti di cui agli articoli 589 e 590 del Codice penale
nell’elenco dei reati presupposto).
Se, in astratto, tanto in caso di omicidio colposo quanto in caso di lesioni colpose gravi o gravissime con
violazione delle norme antinfortunistiche, è configurabile una responsabilità penale sia per l’impresa
distaccante che per l’impresa distaccataria, è bene valutare se sussista uno dei requisiti fondamentali
richiesti dal D.Lgs. 231/01, ovvero l’interesse o vantaggio dell’ente.
La Corte di Cassazione definisce così i due presupposti: «Si ritiene che il criterio dell'interesse esprima
una valutazione teleologia del reato, apprezzabile ex ante, al momento della commissione del fatto, e
secondo un metro di giudizio marcatamente soggettivo; e che il criterio del vantaggio abbia una
connotazione essenzialmente oggettiva, come tale valutabile ex post, sulla base degli effetti concretamente
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derivati dalla realizzazione dell'illecito» .
Sul punto è opportuno premettere che la giurisprudenza di legittimità ha da tempo fornito una risposta a
coloro i quali giudicavano incompatibili le fattispecie richiamate nel citato articolo 25-septies con l’interesse o
vantaggio dell’ente, sancendo che «nei reati colposi l'interesse/vantaggio si ricollegano al risparmio nelle
spese che l'ente dovrebbe sostenere per l'adozione delle misure precauzionali ovvero nell'agevolazione [sub
specie, dell'aumento di produttività] che ne può derivare sempre per l'ente dallo sveltimento dell'attività
lavorativa "favorita" dalla mancata osservanza della normativa cautelare, il cui rispetto, invece, tale attività
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avrebbe "rallentato" quantomeno nei tempi» .
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Cassazione Pen. Sez. IV, Sent., 15-10-2015, n. 41486.
Cassazione Pen. Sez. IV, Sent., 03-03-2016, n. 8883.
Cassazione Pen. Sez. Unite, Sent., 18-09-2014, n. 38343.
Cassazione Pen. Sez. IV, Sent., 16-7-2015, n. 31003.
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Di conseguenza, tale orientamento afferma anche che l’interesse e il vantaggio, nei reati colposi, vanno
riferiti non all’evento – che consiste nella morte o nella compromissione dello stato di salute del dipendente
(che logicamente è un danno per l’impresa) – bensì alla condotta posta in essere.
Ebbene, su questa scorta, è possibile prefigurare una responsabilità dell’impresa distaccataria in quanto
la mancata adozione di idonee misure di sicurezza può favorire un aumento di produttività e una maggiore
speditezza nell’esecuzione dell’attività affidata agli operai distaccati.
Al contrario, maggiori difficoltà si incontrano qualora si volessero comminare sanzioni pecuniarie o
interdittive nei confronti dell’impresa distaccante, poiché occorre un’attenta analisi dell’interesse richiesto per
il distacco dei propri dipendenti.
Infatti, l’interesse proprio del datore di lavoro, che rende legittimo il distacco, può assumere diverse
forme, l’analisi delle quali diventa determinante per comprendere se eventuali condanne del datore di lavoro
possano coinvolgere anche la società ai sensi del D.Lgs. 231/01.
A proposito, occorre prima di tutto escludere che vi possa essere un vero e proprio interesse economico
sotteso al distacco, in quanto il cedente non può chiedere più della somma spesa per la prestazione del
distaccato, perché ciò configurerebbe una somministrazione di lavoro da parte di soggetto non autorizzato,
in violazione degli articoli 30 e seguenti del D.Lgs. 81/2015. Difatti, mentre la somministrazione ha un fine di
lucro, che consiste nel fornire lavoratori ad un altro soggetto ottenendo una controprestazione in denaro, nel
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distacco tale fine deve necessariamente essere assente .
In secondo luogo, le spese per la messa in sicurezza dei lavoratori sono a carico dell'azienda
distaccataria e quindi, oltre a non esserci un concreto vantaggio patrimoniale, non può parlarsi nemmeno di
un risparmio, anche perché è il distaccatario a gestire il sito produttivo.
Come pure il contratto di distacco non ha, per il concedente, alcuna ripercussione in termini di maggiore
produttività: il dipendente presta infatti la propria opera per un altro soggetto, cosicché l’eventuale speditezza
nell’esecuzione della prestazione gioverà all’utilizzatore (che in tal modo eviterà, ad esempio, di pagare
penali o incasserà premi di produttività), ma mai al distaccante.
In realtà, si potrebbe asserire che il solo rimborso delle spese costituisca un vantaggio per l’impresa, in
grado di esporla a una responsabilità di natura penale, e che l’interesse specifico, concreto, rilevante e
attuale del datore di lavoro concedente, richiesto dall’articolo 30 del D.Lgs. 276/2003, possa di fatto
coincidere con l’interesse o vantaggio richiesto dall’articolo 5 del D.Lgs. 231/01.
Non può escludersi che il parallelismo sussista in alcuni tipi di distacco. Come nel caso in cui l’operaio
venga distaccato presso un fornitore al fine di verificare la corretta fabbricazione dell’articolo oggetto di
approvvigionamento, poiché in tale situazione si rileva un interesse per il concedente che consiste, da un
lato, nel proteggere l’investimento effettuato per la fornitura e, dall’altro, nel rendere quest’ultima più
confacente alle proprie necessità.
Al contrario, l’interesse sembra più sfumato allorché venga concesso del personale dall'impresa fornitrice
all’acquirente, ad esempio con l’obiettivo di mostrare il funzionamento di un prodotto e formare il personale
sul corretto utilizzo. Difatti, sussiste un interesse produttivo del distaccante, che intende illustrare il reale
funzionamento, ma nel contempo è più difficile configurare – in caso di incidente avvenuto sul luogo del
distacco – un vero e proprio interesse, ai sensi del D.Lgs. 231/01, in grado di giustificare una sanzione
pecuniaria o interdittiva nei confronti della società, atteso che, probabilmente, la vendita si sarebbe
comunque conclusa.
Allo stesso modo, può citarsi anche il distacco per non attivare la cassa integrazione guadagni a seguito
di contrazione dell’attività produttiva, che una circolare interpretativa del Ministero del Lavoro e delle
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Politiche Sociali ha ritenuto legittimo , almeno tra imprese appartenenti allo stesso gruppo, considerato che
l’interesse consiste nel preservare la forza lavoro, impendendo che la stessa possa cercare nuova
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Si legge nella Circolare del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali 15 gennaio 2004, n 3: «Quanto al profilo
dell'interesse, l'art. 30 del d.lgs. 276/2003 ne consente una interpretazione piuttosto ampia, tale che il distacco può
essere legittimato da qualsiasi interesse produttivo del distaccante che non coincida con quello alla mera
somministrazione di lavoro altrui».
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Circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 24 giugno 2005, n. 28, Circolare in materia di distacco
e cassa integrazione (in GU, 8 luglio 2005, n. 157).
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occupazione e consentendo la prosecuzione della crescita professionale dei singoli dipendenti. Come
immaginabile, in tale circostanza il distacco permette anche un beneficio in termini di competenza e
sicurezza, visto che non si sospendono lavoratori già formati e che hanno ormai maturato esperienza anche
sulla corretta esecuzione delle attività, evitando così che ad un nuovo incremento della produzione vengano
coinvolti lavoratori meno capaci e quindi maggiormente soggetti, presumibilmente, a infortuni. Questa
commistione di esigenze contrapposte, che comunque devono essere valutate caso per caso, potrebbe
forse evitare la configurabilità di una responsabilità penale dell’ente.
Ancor più calzante è poi la figura particolare di distacco prevista dalla legge 236/1993, articolo 8, la quale
può essere attivata, con il coinvolgimento delle parti sindacali, allo scopo di evitare licenziamenti collettivi.
Ebbene, in tal caso pare venir meno l’interesse del distaccante e si palesa invece il fine di mantenere
inalterati i livelli occupazionali, rendendo quindi molto più improbabile l’applicazione del D.Lgs. 231/01 nei
confronti dell’impresa concedente, fermo restando un potenziale addebito per la distaccataria che, viceversa,
utilizza il personale nell’esecuzione delle proprie attività.
Da tali osservazioni si può dedurre che la questione del distacco presenti, anche in tema di salute e
sicurezza sui luoghi di lavoro, criticità notevoli che si moltiplicano allorché non si consideri solo la
responsabilità del datore di lavoro ma anche quella dell’impresa.
Ne deriva che, data l’interpretazione dell’articolo 3 comma 6 del D.Lgs. 81/2008 fornita dalla Suprema
Corte di Cassazione, è necessario prestare molta attenzione alla pratica del distacco e predisporre idonei
presidi di tutela per le persone giuridiche coinvolte.
Prima di tutto, è imprescindibile la stipula di un contratto scritto (in verità non richiesto dal D.Lgs.
276/2003) nel quale indicare le parti coinvolte e le loro attività, la mansione del dipendente nell’impresa
cedente e quelle che ricoprirà nell’impresa distaccataria, un’esaustiva esposizione dell’interesse al distacco,
una descrizione analitica delle lavorazioni nelle quali verranno coinvolti i distaccati, la formazione già erogata
dal concedente e quella che verrà somministrata dall’utilizzatore, i DPI distribuiti dal distaccante e quelli che
verranno forniti dal distaccatario, la data di inizio e la data di ultimazione, l’identificazione del luogo in cui i
distaccati lavoreranno, il consenso dei distaccati espresso in calce o su atto separato (solo se l’unità
produttiva di destinazione è ubicata a più di 50 km dalla sede in cui il lavoratore è attualmente adibito o se
mutano le mansioni rispetto a quelle ordinariamente svolte).
Ciò posto, è bene che il distaccatario chieda copia del giudizio di idoneità alla mansione ex articolo 41
comma 6 del D.Lgs. 81/2008 e dei registri attestanti la formazione generale e specifica, a seconda dei casi,
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ai sensi dell’Accordo Stato-Regioni, nonché il modulo Unificato Lav relativo al distacco .
Successivamente, sarà necessario che il distaccatario formi il lavoratore in relazione alle specificità delle
lavorazioni da effettuare e ai rischi presenti sul luogo di distacco, distribuisca eventuali dispostivi di
protezione individuali, fornisca copia delle procedure operative e del codice etico. Semplificando, deve quindi
gestire il distaccato alla stregua di un proprio assunto.
Il distaccante dovrebbe tuttavia preoccuparsi di inserire clausole contrattuali che obblighino l’altra parte a
comportarsi secondo le disposizioni del codice etico aziendale, anche attraverso la rescissione dell’accordo
di distacco in caso di violazioni. Inoltre, è consigliabile prevedere con chiarezza le lavorazioni per verificare
che queste corrispondano alla mansione richiesta e che non siano necessari ulteriori presidi di tutela. Sul
punto, è vantaggioso improntare i rapporti sulla trasparenza, poiché solo un’apposita dichiarazione inerente
le lavorazioni può consentire la collaborazione in tema di sicurezza pretesa dall’attuale orientamento della
Corte di Cassazione. Almeno nelle situazioni più complesse, potrebbe poi risultare utile contemplare nel
contratto la possibilità di eseguire controlli al fine di appurare, magari mediante una check list, il rispetto delle
previsioni contrattuali e della normativa antinfortunistica.
In sede di risk assessment bisogna valutare anche se la società usufruisca del distacco: nel caso, la
parte speciale del modello di organizzazione ai sensi del D.Lgs. 231/01 dovrebbe infatti includere un’idonea
procedura che spieghi come agire quando le circostanze impongano di distaccare dei dipendenti o di
avvalersi di personale distaccato.
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Il distacco, entro cinque giorni dal suo inizio, deve essere comunicato al Ministero del Lavoro e delle Politiche
Sociali mediante il modulo Unificato Lav per la trasformazione del rapporto di lavoro. Si veda sull’argomento Nota
Circolare del Ministero del Lavoro e della previdenza sociale n. 13/SEGR/0000440 del 4.01.2007.
Angelo Bianco
Distacco di lavoratori e normativa antinfortunistica
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In conclusione, si osserva che il distacco può essere praticato, ma è bene prestare particolare attenzione
visto che occorre rispettare requisiti specifici e possono derivare gravi ripercussioni in materia di
responsabilità penale, anche dell’ente. In particolare, appare chiaro che possa allo stato escludersi un
disinteresse del concedente sulle sorti dei propri dipendenti, dunque è opportuno curare meticolosamente la
fase di disposizione del distacco, la fase della redazione dell’accordo e, a volte, anche la fase di esecuzione
dei lavori da parte dei distaccati.
Angelo Bianco
Distacco di lavoratori e normativa antinfortunistica
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