KTM 690 DUKE 2016

Transcript

KTM 690 DUKE 2016
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Numero 213
22 Settembre 2015
109 Pagine
SBK Jerez
Jonathan Rea è
campione del mondo!
Articoli,
commenti e pagelle
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Scarica l’APP del Magazine
Novità 2016
Prove
Yamaha, YZF-R1
ed R1M 2016
Husqvarna FS 450
2016, la SM è servita
Kawasaki J300
by Polini
vs J300 standard
| PROVA SU STRADA |
KTM 690
DUKE 2016
da Pag. 2 a Pag. 13
All’Interno
NEWS: Le 15 Moto dal design controverso | M. Clarke Dan Gurney e il suo geniale motore | N. Cereghini Quell’esultanza
per la caduta di Lorenzo | MOTOGP: DopoGP Il GP di San Marino | MXGP: Febvre domina anche l’ultimo GP
KTM 690 Duke 2016
PROVA SU STRADA
KTM 690 DUKE
2016: TEST
ESCLUSIVO
Mai paga di successi, sportivi e commerciali, KTM ha
riprogettato il monocilindrico più potente sul mercato
che debutta sulla Duke a EICMA 2015. L’abbiamo
provata in esclusiva: poche vibrazioni, elettronica
evoluta e tantissimi cavalli. Scopritela con noi
di Andrea Perfetti
Foto Heiko Mandl
2
3
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Scarica l’APP del Magazine
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Prove
Media
O
ra ve lo possiamo dire: la
grande, vera novità della
Duke per il 2016 si chiama
690 e debutterà a Milano
durante EICMA 2015. Partiamo da questa premessa
fondamentale, perché in queste settimane si
sono sprecati i rumor oltre oceano riguardanti
una ipotetica Duke 800 spinta dal motore bicilindrico parallelo. Nulla di più sbagliato, almeno per
il momento. Ce lo conferma lo stesso Thomas
Kuttruf, responsabile della comunicazione della
Casa austriaca: “Come ha dichiarato di recente
anche il nostro CEO, Mr. Stefan Pierer, stiamo
lavorando allo sviluppo di una nuova famiglia di
motori (bicilindrici paralleli fronte marcia, nda).
Ma questo sviluppo è solo agli inizi e sicuramente
– così rispondo alla tua domanda – non vedremo una moto con questo motore al Salone di
4
Milano. Nella gamma Duke la nostra novità si
chiama 690 ed è per noi molto importante. Ha
infatti un motore nuovo, ancora più potente, e
una elettronica che nessuna moto concorrente può vantare nel segmento delle moto nude
di media cilindrata”. Ed è per lei che siamo corsi a Mattighofen in un’assolata giornata di fine
agosto. KTM ha infatti invitato Moto.it per una
prova anteprima in esclusiva della 690 Duke
2016, che sarà poi svelata al pubblico a EICMA
e venduta nei concessionari dalla fine del 2015.
Provare per una intera giornata una moto in
versione prototipale è un privilegio di cui siamo
onorati, ma è anche un’emozione incredibile per
qualsiasi giornalista che faccia questo mestiere.
Si ha la possibilità di toccare con mano il lavoro
degli ingegneri e dei collaudatori di una industria
motociclistica, si comprendono così immediatamente gli obiettivi che hanno guidato il lavoro dei
progettisti per lunghi mesi. I responsabili austriaci ci tengono a sottolineare l’impegno dedicato
alla 690. Di fatto era già lo stato dell’arte tra i
grandi monocilindrici in produzione. Nel 2014
eravamo volati in Spagna per raccontarvi proprio gli ultimi aggiornamenti riservati alla gamma
LC4, forte dell’acceleratore Ride by wire esteso
dalla Duke alla SMC e alla Enduro. Dopo un anno
siamo qui a parlarvi della 690 Duke, spinta da un
motore nuovo. Perché rivedere una moto che
già oggi è un punto di riferimento per tutti? La
risposta di Thomas alla nostra domanda è per
certi versi sorprendente. “La 690 Duke è un progetto recente, ha solo tre anni. Non aveva certo bisogno di un upgrade. Ma i nostri ingegneri
sono mossi da una passione per la moto incredibile e in questi tre anni hanno continuato a lavorare sul motore a porte chiuse, col desiderio
di migliorare ulteriormente qualcosa che era già
eccellente. Sono riusciti così a ridurre drasticamente le vibrazioni, ma anche a aumentare la potenza e la coppia. Tutto rispettando la normativa
Euro4. Trovo che abbiano fatto un lavoro semplicemente eccezionale”.
La proposta KTM nel segmento
naked di media cilindrata
La vitalità in questa fascia di mercato è altissima
e unisce prodotti di qualità a prezzi di listino molto aggressivi (basti pensare alle Yamaha MT-07
o XSR 700, persino alla Ducati Scrambler). La
KTM intende restare attrice in questo scenario
con un prodotto dalle caratteristiche uniche. La
690 Duke unisce infatti la leggerezza del monocilindrico con le prestazioni tipiche di una moto
bicilindrica. Il nuovo motore ha per questo ricevuto un secondo controalbero (posizionato nella testa monoalbero SOHC, l’altro è sempre nel
5
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Scarica l’APP del Magazine
contralbero studiato per azzerare le vibrazioni. È presente come prima il Ride by wire per la
gestione dell’acceleratore, che consente di selezionare tre mappe (sport, street, rain). In più
troviamo il controllo di trazione (disattivato sul
prototipo che abbiamo guidato, ma presente
sulle moto in produzione) e, optional, l’MSR che
aiuta a gestire il freno motore in scalata (in pratica aumenta leggermente i giri del motore per
evitare il bloccaggio della ruota). La 690 conferma l’ABS 9M+ di ultima generazione, a due canali e con la possibilità di escluderne l’intervento.
Dentro il 690 cambia parecchio. Aumenta infatti
l’alesaggio (da 102 a 105 mm) e si riduce la corsa
(da 84,5 a 80 mm), la cilindrata effettiva passa
così da 690 e 693 cc. In questo modo il motore
raggiunge regimi più elevati. Il mono LC4 gira a
oltre 9.000 giri (il limitatore interviene a 9.500
giri circa) e ha la potenza massima di 73 cavalli
(54 kW) a 8.500 giri/min. Il pistone più grande
basamento), che abbatte le vibrazioni. Gli studi
fatti sulla nuova LC8 hanno poi consentito di migliorare la termica per aumentare ancora (!) il regime di rotazione, che ora arriva fino a 9.500 giri
(1.000 più di prima). Ci sono poi tre mappe del
motore, selezionabili attraverso lo stesso blocchetto sul manubrio che già abbiamo imparato a
conoscere sulla gamma Adventure. Di serie troviamo poi l’ABS, il controllo di trazione (entrambi disinseribili) e una nuova strumentazione TFT.
La Duke è già in versione Euro 4 e non dovrebbe aumentare di prezzo (oggi costa 8.300 euro
f.c.). Ci sono sulla carta tutti gli ingredienti per
confermare la 690 Duke regina tra le monocilindriche stradali. Con 73 cavalli a 8.500 giri e un
peso di circa 150 kg le credenziali sono ottime.
D’altra parte di qualità il motore LC4 ha sempre
dimostrato di possederne tante: dal 1994 (anno
di debutto della Duke) a Mattighofen hanno
6
Prove
ospita sul suo cielo valvole di aspirazione da 42
mm (2 in più rispetto a prima), mentre quelle di
scarico misurano sempre 34 mm. Il sistema di
iniezione non cambia e resta fedele all’iniettore
singolo fornito da Keihin. Il motore a corsa corta
non danneggia la coppia, che anzi cresce del 6%
e raggiunge un picco di 74 Nm a 6.500 giri. Anche lo scarico è stato riprogettato e fa della Duke
la prima KTM conforme alla normativa Euro 4.
Ciclistica più stabile e più confort
La 690 Duke resta fedele all’ottima ciclistica che
già ci ha fatto divertire lo scorso anno. Ritroviamo quindi il telaio a traliccio in acciaio, il robusto
forcellone in lega e le sospensioni WP. La Casa
ha modificato l’avantreno, che ha ora un diverso
offset (da 32 a 28 mm) in virtù della sostituzione
delle piastre di sterzo. In questo modo aumenta
l’avancorsa e migliora la stabilità della moto sul
veloce. Non cambiano invece le sospensioni. Alla
costruito oltre 70.000 moto monocilindriche che
hanno conquistato altrettanti motociclisti, fedelissimi al motto che “single è meglio”. Più avanti
arriverà anche la versione R, dotata di pinza anteriore Brembo monoblocco, sospensioni WP regolabili, silenziatore Akrapovic , pedane e manubrio diversi (per una guida più sportiva e caricata
sul davanti), e qualche cavallo in più (circa due,
ma attendiamo le specifiche tecniche definitive).
Motore a corsa corta. Raddoppiano gli alberi anti-vibrazioni
Vediamo ora nel dettaglio come cambia il mono.
Il mono LC4 conferma i suoi tratti salienti. È un
monoalbero in testa con distribuzione a 4 valvole
comandate da una catena, con doppia accensione e raffreddamento a liquido. Il dimensionamento è molto compatto, ma si nota subito
una testa più voluminosa per ospitare il secondo
7
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
forcella con steli da 43 mm e 135 mm di escursione (priva di regolazioni) fa da contraltare il mono
dotato della stessa escursione, che lavora mediante il leveraggio progressivo Pro-lever. I freni
sono Brembo; davanti c’è un disco da 320 mm
con pinza ad attacco radiale e quattro pistoncini; dietro troviamo il classico disco da 240 mm
con pinza dotata di un solo pistoncino. I cerchi
sono da 17 pollici e calzano i nuovi pneumatici
Metzeler M7RR nelle misure 120/70-17 davanti
e 160/60-17 dietro. Le due selle restano separate e hanno una conformazione leggermente
diversa, più ampia e volta a migliorare il confort
in viaggio. L’estetica della moto non cambia sostanzialmente; si nota immediatamente il telaio
verniciato in nero (prima era arancione), mentre
le grafiche definitive saranno due e saranno svelate a EICMA 2015 nel mese di novembre.
8
Periodico elettronico di informazione motociclistica
La nostra prova
Saltare in sella a un prototipo non capita tutti i
giorni e ha l’effetto di amplificare le nostre capacità sensoriali. Proviamo tante moto bellissime
nel corso della stagione, ma la 690 Duke - nella
sua misteriosa livrea nera - ci regala una scarica
di adranalina ancor prima di accenderla. Da una
parte c’è Thomas Kuttruf, convinto che la sua
Duke sia una alternativa vincente rispetto alle
tante moto nude arrivate sul mercato negli ultimi
due anni. Dall’altra ci siamo noi: siamo i primi ad
avere l’onore di provare il nuovo motore 690 e
non sappiamo bene cosa ci aspetta; era già una
gran bella moto prima, cosa diavolo avranno tirato fuori dal cilindro ora? Non facciamo in tempo
a scendere dall’auto, che la Duke è già lì che ci
aspetta col suo look total black appena fuori dai
cancelli della fabbrica. Notiamo subito la nuova
Scarica l’APP del Magazine
strumentazione e il motore con una testa insolitamente grande, d’istinto vorremmo estrarre lo
smartphone e fare un bello scoop da condivedere coi nostri lettori. Ma la KTM oggi ha in mente
ben altro. La moto è qui solamente per noi, non ci
resta che accenderla e partire lungo le fantastiche strade collinari che circondano Mattighofen.
L’ergonomia non ci riserva alcuna sorpresa. E’
cambiata la sella, ma francamente siamo troppo
presi dal nuovo mono per cogliere la differenza.
La strumentazione TFT è una bella novità in questo segmento, si legge con chiarezza anche col
sole ed è molto completa. Il nuovo offset, volto a
migliorare la stabilità della 690, non ha per nulla
inficiato la sconvolgente maneggevolezza della
Duke. Questa moto ha una cilindrata di tutto rispetto (693 cc), ma tra le gambe si muove come
una piccola 125. Pesa pochissimo (circa 160
Prove
chili col pieno) e ha una maneggevolezza che le
fa divorare i tornanti più stretti con una semplicità che non teme rivali nel panorama delle moto
nude di media cilindrata. Ma questo lo sapevamo
già, la Duke è sempre stata così. Ora si dimostra
più precisa anche nella guida sul veloce e ha un
avantreno molto comunicativo. Il merito è imputabile alla nuova geometria dell’avantreno, ma
anche alle eccellenti gomme montate sul nostro
prototipo (le Metzeler M7RR). Nella sostanza
il grande equilibrio della 690 Duke non cambia
ed è confermato sulla nuova versione, che frena
bene e vanta un’ottima risposta da parte delle
sospensioni, rigide al punto giusto per assecondare anche la guida sportiva sui passi di montagna. Passiamo ora al piatto forte della nuova
Duke, il monocilindrico più osannato dai motociclisti negli ultimi anni. Il motore si stabilizza al
9
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Scarica l’APP del Magazine
Prove
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
minimo a meno di 1.500 giri e già in folle risponde
alle nostre sgasate con una prontezza esagerata. Rispetta la normativa Euro 4, ma non appare per nulla soffocato nelle prestazioni o nella
tonalità di scarico, che anzi sembra più sportiva
rispetto a prima. Già questo ci fa ben sperare sui
motori puliti che verranno, non è infatti detto che
le prestazioni pagheranno pegno sull’altare delle
basse emissioni.
Anzi, la nuova KTM dimostra che, lavorando
correttamente sulla testata e con l’elettronica, il
gusto alla guida non cala certamente. Il big single manifesta un’erogazione fluida e regolare a
partire dai 3.000 giri; sotto sono ancora evidenti
gli strappi alla trasmissione legati a questo tipo
di configurazione. Da qui in poi ci sono però un
sacco di belle sorprese. A partire dai 4.000 giri il
690 spinge con una grinta entusiasmante e sfodera un allungo sconosciuto alla Duke che cono10
scevamo. Si arriva in un attimo a oltre 9.000 giri.
Non temiamo smentite nello scrivere che la Duke
vanta un range di utilizzo unico tra i monocilindridici, pari a oltre 5.000 giri “buoni”. Non ci sono
complessi di inferiorità nemmeno con le migliori
bicilindriche di pari cilindrata. L’allungo notevole
si sposa con un tasso di vibrazioni che ha subito
un drastico taglio. Il secondo contralbero fa il suo
lavoro e riduce a zero le risonanze del motore sia
sul manubrio che sulle pedane.
E’ stato eliminato il tallone d’Achille storico della Duke, presente sin dal primo modello lanciato nel 1994. I benefici si sentono sia nella guida
sportiva che in quella turistica, perché l’assenza
di vibrazioni modifica lo stile di guida del pilota.
Nel primo caso la Duke accetta una guida nuova,
più vicina a quella di una bicilindrica sportiva. Tra
le curve si può insistere con la marcia inserita,
senza l’obbligo di passare al rapporto superio-
re a cui si era costretti dalle vibrazioni presenti
sul manubrio oltre gli 8.000 giri. Agli alti regimi
il timbro dello scarico è un rock che ricorda i
mono da competizione costruiti in Austria. C’è
poi la guida turistica, dove oggettivamente non
si soffrono più i lunghi trasferimenti a velocità
costante.
Già la 690 Duke del 2011 aveva fatto un bel salto
in avanti, ma con la nuova in KTM hanno trovato
la quadratura del cerchio.
Il single ora convince in ogni frangente. L’ha dimostrato durante la nostra speciale giornata a
Mattighofen. Thomas ci ha fatto da apripista, veloce come sempre, in sella alla 1190 Adventure.
La Duke in incognito ha tenuto testa all’ammiraglia da 150 cavalli sia sui percorsi più lenti, sia
nel misto veloce. Segno che 73 cavalli e un peso
welter possono fare grandi cose. Le altre nude
sono avvisate.
ABBIGLIAMENTO
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbb
Casco Nolan
Giacca Dainese
Jeans OJ
Guanti OJ
Scarpe Dainese
11
12
13
Kawasaki J300 by Polini vs J300
CONFRONTO KIT CONTRO SERIE
KAWASAKI J300
BY POLINI VS J300
Si deve a Kawasaki Italia, e al noto preparatore
bergamasco, lo speciale allestimento dello scooter
J300 di Kawasaki. Sottolineate da una colorazione
Polini Racing, ci sono alcune novità su variatore e
scarico per aggiungere pepe alle prestazioni
di Cristina Bacchetti
Foto Thomas Bressani
14
15
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Scarica l’APP del Magazine
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Prove
Kawasaki J300 Polini: variatore
Hi Speed e scarico dedicato
Media
“
Polini trasforma il meglio in massimo!”. E’ questo lo slogan che da
sempre accompagna la Casa bergamasca, produttrice di moto, ricambi e parti speciali racing per
scooter e non solo. Anche in questo caso la Polini Motori non si è voluta smentire
e ci ha messo tra le mani un mezzo che proprio
non ci aspettavamo: un Kawasaki J300, primo
scooterone della Casa di Akashi, sapientemente
kittato in versione GP. Rileggendo le impressioni
di guida del nostro Licciardello per quanto riguarda il modello di serie, traspare quanto i tecnici
Kawasaki abbiano lavorato sulla sostanza, tant’è
che il motore viene definito brillante tanto in città
quanto fuori, caratteristica non indifferente su
mezzi di questo genere. E’ agile e divertente nel
16
Ebbene sì, ha vinto lui, ma... gli piace vincere
facile: il variatore Polini Hi Speed mantiene le
promesse e migliora le prestazioni in ripresa e
allungo, grazie alle avanzate caratteristiche tecniche che lo contraddistinguono. Prima tra tutte
la boccola in acciaio speciale nickel cromo cementato, temprato, rettificato. Si distingue per la
capiente sacca interna con funzione di serbatoio
del grasso all’interno della quale è posizionata
una speciale molla che consente una costante
distribuzione del lubrificante sullo spinotto anche nelle condizioni di utilizzo più gravose. Grazie a tutto ciò le prestazioni rimangono costanti,
evitando anche la continua ricerca della perfetta
taratura dei rulli per trovare una resa migliore.
Rulli da 16 grammi, su questa versione, ricoperti
di nuova mescola in nylon / fibre aramidiche, e
che hanno subito al loro interno un trattamento
di brillantatura per migliorare lo scorrimento e ritardare l’usura. Il variatore è fornito completo di
misto e stabile a tutte le velocità. Ed ecco che allora, in questo neonato scooter, l’azienda bergamasca ritrova quel “meglio che ama trasformare
in massimo”, e non esita un secondo a metterci
le mani, per creare questa appariscente versione
biancoazzurra, portabandiera dei colori Polini.
Molto bella, a nostro avviso, questa livrea bianca
con loghi Polini e sportivissimo il tocco di bianco
dato ai contorni della strumentazione. Qualche
dettaglio carbon-look sapientemente piazzato e il gioco è fatto. Messi vicini non sembrano
nemmeno lo stesso prodotto. Nel video qui sotto
i nostri tester (Cristina Bacchetti sulla versione
di serie e Maurizio Vettor sul kittatissimo Polini)
si sono divertiti a suon di accelerate, derapate e
sfide coi caschi in carena. Chi ha avuto la meglio?
Scopriamolo insieme!
17
18
19
Scarica l’APP del Magazine
Periodico elettronico di informazione motociclistica
SCHEDA TECNICA
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
molla di contrasto con una durezza maggiore del
30% rispetto al gruppo originale, innalzando così
anche il regime di rotazione del motore in partenza. Altro elemento chiave di questa elaborazione
e conseguente vittoria nella nostra piccola sfida
è senza dubbio lo scarico Polini in acciaio inox
con collettore “racing”. Ha un design moderno
ed è curata nelle finiture, oltre che affidabile e soprattutto omologata per la circolazione su strada. Sia in partenza che in ripresa la presenza del
marmittone si fa sentire eccome, non solo per il
bel sound cupo e grintoso, ma anche per quello
sprint in più che regala al J300 in tutte le situazioni. I soventi scoppiettii in rilascio gaseranno
non poco i più invasati pistaioli! Buona parte
della progettazione del J300 è stata portata a
termine in Italia e completamente Made in Italy
sono tutti i particolari Polini utilizzati per renderlo più brioso e performante. Ci è piaciuto? Sì,
senza dubbio un lavoro ben fatto e ben riuscito,
su una già ottima base, come ci aspettavamo da
due Case quali Polini e Kawasaki. Una sola scocca, due anime completamente diverse: grazie ad
un paio di accorgimenti mirati il pacioso scooterone tira fuori vocione e grinta e regala non poco
divertimento alla guida. Cara Kawasaki, ora lo
vogliamo a listino!
20
Prove
Kawasaki J 300 ABS 5.090 euro
Cilindrata 299 cc
Tempi 4
Cilindri 1
Raffreddamento a liquido
Avviamento elettrico
Alimentazione iniezione
Frizione multidisco
Potenza 28 cv - 20 kw - 7.750 rpm
Coppia 3 kgm - 29 nm - 6.250 rpm
Emissioni Euro 3
Capacità serbatoio carburante 13 lt
ABS Sì
Pneumatico anteriore 120/70ZR17M/C (58W)
Pneumatico posteriore 160/60ZR17M/C (69W)
Peso a secco 191 Kg
21
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Scarica l’APP del Magazine
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Media
YAMAHA
YZF-R1 ED R1M 2016
News
L’edizione 2016, che comprenderà anche conferenze e workshop, offrirà la possibilità di effettuare turni in sella alla propria YZF-R1M e chiedere consigli professionali sull’assetto da gara
ad istruttori qualificati e piloti tre diapason internazionali, in maniera da imparare da persone
di grande esperienza e tecnici Yamaha il modo
migliore di mettere a punto la propria moto per
trarne il meglio in pista. Per festeggiare inoltre il
sessantesimo anniversario di Yamaha, ricorrenza celebrata al Goodwood Festival of Speed, la
Casa di Iwata ha pensato di creare una versione
speciale di YZF-R1 in edizione limitata con livrea
speedblock giallo/nera, che rende omaggio alle
imprese di Kenny Roberts e della filiale americana, e silenziatore Akrapovic. Il modello viene presentato oggi al Bol d’Or (che prenderà il via domani sul tracciato del Paul Ricard a Le Castellet)
dai piloti dei team Yamaha GMT94 e YART-Monster Energy impegnati nell’ultima gara del Mondiale Endurance. Confermate, naturalmente, le
colorazioni già in gamma Race Blu (con nuove
grafiche) e Racing Red. Nuove colorazioni anche
per gli altri modelli della gamma Supersport YZFR6, YZF-R3 e YZF-R125.
Nuove affascinanti livree per l’R1, nuova produzione per
la R1M prenotabile solo online dall’1 ottobre
F
orse nemmeno in Yamaha si aspettavano tanto successo per la versione
super-sofisticata della YZF-R1 2015,
battezzata R1M per sottolineare l’ispirazione alla YZR-M1 MotoGP che abbiamo provato tanto all’epoca del lancio australiano che
nella nostra comparativa delle supersportive
2015. Un successo tale da mandare esaurita la
prima produzione della YZF-R1M già nei primi
mesi dell’anno, ma naturalmente sufficiente a
convincere Yamaha a realizzare una nuova “ti22
ratura”, sempre in serie limitata e nella sola colorazione Silver Blu Carbon, e come lo scorso
anno ordinabile unicamente online dal prossimo
primo ottobre, con consegne previste a gennaio
2016. I fortunati possessori potranno accedere
alla Yamaha Racing Experience, manifestazione
che avrà luogo la prossima primavera nei principali circuiti europei. L’edizione 2015 è stata un
grande successo, con la possibilità per i proprietari di YZF-R1M di girare in pista – qui in Italia al
Mugello – nientemeno che con Colin Edwards.
23
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Scarica l’APP del Magazine
Periodico elettronico di informazione motociclistica
News
Media
HUSQVARNA FS 450 2016
LA SM È SERVITA
Attesa nelle concessionarie entro la fine di settembre, la nuova
supermotard FS 450 di casa Husqvarna si segnala per la nuova
ciclistica, a partire dal telaio d’acciaio. Alleggerito e rimpicciolito
anche il potente mono 450 cc da 63 cavalli. Pesa 105 kg
S
ono tanti i cambiamenti di sostanza
per la nuova versione della supermotard professionale FS 450. Sono
molte le novità che riguardano il modello 2016 che arriverà in vendita entro il mese
di settembre. La R&D Husqvarna ha progettato
un nuovo telaio in acciaio al cromo-molibdeno
24
che ridefinisce la parte strutturale del veicolo;
i materiali di alta qualità e i processi produttivi hanno portato a un risparmio di peso di 380
grammi rispetto alla FS 450 del 2015 Il nuovo
telaietto posteriore, realizzato in un materiale
composito costituito per il 30% da fibra di carbonio, e ora in tre pezzi ed è 1 kg più leggero del
precedente. Pesa ora solo 1,4 kg ed è più corto
e più compatto, con un’ergonomia migliorata. Il
nuovo forcellone fuso in alluminio è stato riprogettato in funzione della rigidezza ottimale, per
migliorare la trazione e il feeling. È anche di 250
grammi più leggero, pur conservando la sua integrità e affidabilità. Il motore monocilindrico monoalbero 450 cc, con i suoi 63 cavalli, è il più potente motore Husqvarna 450 da supermoto mai
realizzato. È più piccolo, più leggero ed è stato
riconfigurato nella disposizione degli elementi
per raggiungere la centralizzazione ottimale delle masse all’interno del nuovo telaio in acciaio
CrMo. In sintesi, rappresenta il perfetto complemento del telaio di nuova generazione. Il nuovo
motore è ora più corto di 23 mm, più stretto di
23 mm e più basso di 9 mm. Ogni componente
interno è stato riposizionato e rivisto per ridurre
il peso di 1,8 kg (il peso complessivo è di 27,8 kg).
La riprogettata testata monoalbero pesa 350 g
in meno ed ha condotti e camera di combustione
ottimizzati. L’albero motore ha il 10% di inerzia
in più ed è stato spostato 9 mm più indietro e 7
mm più in alto. I nuovi carter motore sono più
compatti e leggeri. La FS 450 ha un cambio a 5
rapporti più compatto e leggero, che è 8 mm più
stretto e 350 grammi più leggero rispetto alla
precedente generazione. La frizione antisaltellamento APTC (Adler Power Torque Clutch) a comando idraulico evita il saltellamento della ruota posteriore quando si imposta una curva con
una frenata al limite. La nuova centralina Keihin
(EMS) è più piccola, leggera e veloce nel processare i dati, per una più efficace gestione del motore. La FS 450 dispone di un selettore mappe
al manubrio che attiva anche il “launch control”.
25
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Questa funzione limita la coppia trasmessa alla
ruota posteriore per circa due secondi, aumentando la trazione e scongiurando la perdita di
controllo in fase di massima accelerazione. Il riposizionamento dell’iniettore all’interno del nuovo corpo farfallato da 44 mm ottimizza il flusso
verso la camera di combustione.
L’impianto di scarico è stato riprogettato per migliorare la centralizzazione delle masse e ridurre
la rumorosità. La camera di risonanza integrata
nel collettore di scarico ricorda ora l’espansione
di un 2 tempi. Il silenziatore è più corto rispetto
alla versione 2015. La FS 450 ha freni Brembo
al top di gamma, con pompa e pinza anteriori a
montaggio radiale, con 4 pistoncini e disco da
310 mm. Al posteriore una pinza a pistoncino
singolo è abbinata a un disco da 220 mm. Le
ruote a raggi Alpina, sono da 16,5” e 17” e calzano pneumatici slick Bridgestone 125/80 R420 e
165/65 R420.
26
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Scarica l’APP del Magazine
News
Le sospensioni WP vedono la forcella da 48 mm
a cartuccia chiusa (corsa 280 mm) e l’ammortizzatore singolo WP. Le piastre lavorate CNC anodizzate nere, in virtù della rigidezza calcolata con
precisione, trasmettono un accurato feedback e
distribuiscono omogeneamente la forza di serraggio sugli steli forcella.
Il monoamortizzatore WP è stato realizzato specificamente per la supermoto e offre 266 mm
di escursione alla ruota posteriore. È completamente regolabile in estensione e in compressione alle alte e basse velocità, garantisce eccellente stabilità e smorzamento. Anche l’airbox è
stato riprogettato, e si accompagna a un nuovo
condotto di aspirazione a bassa deformabilità,
che assicura il massimo flusso all’aria e la massima protezione al filtro.
Il filtro dell’aria può essere raggiunto senza attrezzi, semplicemente rimuovendo il fianchetto
sinistro.
27
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Scarica l’APP del Magazine
corta con relativo telaietto in fibra di carbonio,
materiale usto per altri particolari La Silver Edition è praticamente nuova a livello di componentistica (dall’impianto di scarico fino alla viteria)
e finiture, e il cambiamento sottopelle è stato
molto visto che sulla bilancia la VR6 ha perso
la bellezza di 28 kg, con il peso sceso a 221 kg.
Non ci sono invece cambiamenti significativi nel
particolare motore sei cilindri a V stretta (di soli
15°) che è facile confondere con un sei in linea
con fosse per l’ingombro frontale ridotto. Ha tre
assi a camme (quello centrale comanda le due
bancate) e tre valvole per cilindro. La potenza del
News
1.218 cc è di 170 cavalli e la coppia è di 138 Nm.
Nessuna novità anche per il telaio in fusione di
lega d’alluminio, mentre sono da citare le ruote
a raggi Kineo, le sospensioni Öhlins (forcella rovesciata da 43 e mono posteriore TTX 36GP) e i
freni con pinze Brembo CCN P4. I fari sono a Led
e la strumentazione è digitale. La Silver Edition
sarà costruita in 33 esemplari (ovvero lo stesso
numero delle Café Racer previste l’anno scorso
ma non consegnate se non in minima parte). Il
prezzo non è stato comunicato ma è prevedibile
che supererà i 22.500 euro richiesti per il modello precedente.
HOREX
VR6 SILVER EDITION 2016
di Maurizio Gissi | La risorta Horex, l’ultima volta nel febbraio scorso,
riparte con questa sei cilindri VR6 Silver Edition dal sapore
modern-classic. E’ stata presentata al Salone di Francoforte.
Curata nei dettagli, pesa 28 kg meno della precedente edizione
U
n nuovo capitolo Horex è iniziato ieri
al Salone dell’Auto di Francoforte
con la presentazione della sei cilindri VR6 Silver Edition. La 3C-Carbon,
azienda tedesca che ha rilevato la marca a febbraio dopo la sfiorata bancarotta dello scorso
dicembre, ha scelto la platea di Francoforte un
po’ per anticipare la rassegna milanese di fine
anno ma soprattutto per avere un’importante
28
vetrina nazionale. La VR6 riproposta dalla gestione 3C-Carbon riprende la base della nota sei
cilindri a V di 15° lanciata nel 2010, dopo che erano passati 50 anni dall’ultima Horex, nel primo
tentativo di rilancio di una casa che in passato
ha conosciuto una certa importanti. Le novità
più evidenti sono di ordine estetico, determinate
da una impostazione quasi da stradale classica.
Quindi manubrio più rialzato e nuova sella più
29
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Scarica l’APP del Magazine
Periodico elettronico di informazione motociclistica
CLAUDIO DOMENICALI
“NOVE NOVITÀ DUCATI PER IL 2016.
INVENTARE IL FUTURO È IL BELLO DEL
NOSTRO LAVORO”
Intervista
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbb
di Ippolito Fassati | Una lunga intervista con l’Amministratore Delegato
di Ducati, Claudio Domenicali per parlare di presente e futuro del
marchio bolognese
A
All’IAA di Francoforte abbiamo
potuto incontrare in una lunga
intervista l’Amministratore Delegato di Ducati, Claudio Domenicali. Analizziamo con lui le novità più attese, la vision futura
e le sinergie con l’R&D Audi in
termini di sicurezza e tecnologie che ci aspettano. «Abbiamo
inaugurato IAA» esordisce Domenicali «presentando la nuova Monster 1200R. Una moto
molto importante per noi, perché si tratta della Monster più
potente mai creata. Abbiamo
sviluppato il modello attuale
per portarlo a 160 cavalli. E’
una vera moto ad alte prestazioni che si può utilizzare tutti i
giorni, perché ha la solita ergonomia di una Monster con una
potenza mostruosa. Si tratta
di una parte di un’offensiva di
30
prodotto importantissima, che
lanceremo per il 2016: da qui
alla fine dell’anno presenteremo nove nuovi prodotti, uno
sforzo senza precedenti nella
storia di Ducati. Questo è il primo, altri sette verranno presentati durante la Ducati World
Premiere, che avrà luogo il 16
novembre, il giorno prima di
EICMA (con tanto di streaming
live) in cui sveleremo al pubblico e alla stampa la grande
maggioranza delle nostre novità 2016. A questo proposito
voglio anticiparvi che grazie a
questo sforzo produttivo e alla
nostra espansione internazionale per la prima volta passeremo il traguardo delle 50.000
unità vendute. Un obiettivo
importantissimo perché Ducati non punta a fare volumi. I
volumi di vendita, la crescita,
non sono che il risultato del
plauso del pubblico, del successo dei nuovi prodotti lanciati sul
mercato. Non abbiamo obiettivi
precisi in termini di volumi, non
puntiamo a vendere 70.000 o
100.000 moto, ma sicuramente il nostro venduto continuerà
a crescere perché continuiamo
ad investire su nuovi mercati
e segmenti. Siamo da poco in
Brasile, India e ora Cina, dove
dall’inizio dell’anno le Ducati
verranno importate attraverso
Audi China, un altro segno della
crescita della nostra partnership. Vi ricordo che nei primi sei
mesi del 2015 siamo cresciuti
in termini di vendite del 22%,
raggiungendo quota 32.600
moto vendute – naturalmente il nostro miglior risultato di
sempre ottenuto soprattutto
grazie al successo del nuovo
brand Scrambler, moto accessibile, divertente e meno
esasperata tecnologicamente.
Nei prossimi mesi riusciremo
ad immatricolare e consegnare
più di 9.000 unità».
Avete citato nove modelli.
Quanti sono modelli completamente nuovi e quanti rinnovamenti?
«Due sono quasi del tutto nuovi, uno è del tutto nuovo ed un
altro è costituito da parti per la
stragrande maggioranza nuove. Infine abbiamo un certo
numero di nuovi modelli che,
per esempio, sono moto attualmente in produzione ma cambiano di cilindrata, o moto di
cui viene prodotta una versione
differente per un uso diverso.
Inoltre abbiamo una clientela
che ama molto le versioni in
serie limitata, per esempio, e
quindi continueremo a produrre edizioni speciali realizzate
con materiali speciali oppure
in serie limitatissime. Ci piace
lavorare per i nostri fan, ascoltare quello che ci chiedono e
sviluppare i prodotti che desiderano». Un mix di prodotti che
si identifica abbastanza con le
nostre previsioni.
A parte la Diavel già “spiata”,
noi possiamo ipotizzare una
Multistrada in allestimento
più fuoristradistico che punti
dritta alle varie Adventure ed
Adventure R della concorrenza tedesca ed austriaca, ma
anche novità importanti nella
serie Hyper. Ma c’è altro?
«Sulle vostre ipotesi non posso confermare nulla, vi posso
però preannunciare che in un
momento preciso del prossimo
anno entreremo in un segmento specifico in cui attualmente
non siamo presenti. Vogliamo
offrire lo spirito Ducati anche
a clienti che, per qualsivoglia
motivo, amano moto che al
momento non produciamo.
Oggi costruiamo moto supersportive come la Panigale, naked come la Monster in tante
versioni, modelli on-off come
la Multistrada o la Scrambler.
Restano segmenti scoperti, in
cui l’anno prossimo troverete
prodotti dai tipici valori Ducati
– prestazioni, design, sofisticatezza che contribuiranno alla
crescita della Casa».
31
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Scarica l’APP del Magazine
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Intervista
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbb
Possiamo attenderci una
Scrambler dalla cilindrata dimezzata rispetto all’attuale,
ancora più accessibile ed appetibile?
«Credo proprio di sì. Scrambler
al momento per noi è una piattaforma basata su un motore
800 a due valvole, raffreddata
ad aria. Tecnicamente parlando si tratta di un modello che
non punta sulle prestazioni
come selling point principale.
Resta una moto molto piacevole da guidare, valida anche nella
guida sportiva in montagna: se
la confrontate con le concorrenti è la più leggera e performante nel segmento heritage».
32
Credete che sia comunque
possibile inventare un nuovo
tipo di moto, come ha fatto
per esempio Honda con Integra, incrociando uno scooter
e una moto?
«Credo che il bello del nostro
lavoro stia proprio nell’inventare il futuro. E’ una cosa che ci
stimola moltissimo. Crediamo
che al momento il futuro abbia
trend molto precisi, con città
che crescono in continuazione e un continuo spostamento delle popolazioni dalle aree
rurali verso i centri urbani in
tutto il mondo. Le città si fanno
sempre più affollate, rendendo
la vita delle auto sempre più
difficile. D’altra parte, chi passa tanto tempo in auto vuole
qualcosa per divertirsi – ecco
perché le moto restano un
prodotto interessante anche
nel futuro, anche in paesi in cui
l’ambiente non è facile come la
Cina: la gente sta scoprendo
l’uso delle moto per divertirsi
nel fine settimana. Fra questi
due segmenti ci sono tantissime possibilità da esplorare,
e negli ultimi cinque anni si
sono viste moltissime proposte: moto a tre o quattro ruote,
prodotti di ogni tipo fra cui però
nessuno ha ancora attecchito
realmente. Resta comunque
un ambito molto interessante».
Ma per Ducati continueremo a
parlare di moto, vero?
«Continueremo a produrre
moto» sorride Domenicali. «Nel
futuro non escludiamo divagazioni in altri segmenti, ma per
i prossimi anni non abbiamo
nessun prodotto diverso dalle
moto tradizionali. Insomma,
per favore, lasciamo perdere
titoli relativi a scooter o tre ruote…»
Tornando a parlare di Scrambler, quanto pensate che
durerà il successo di questo
trend?
«Siamo fiduciosi del fatto che
si tratti di un trend a lungo
termine. Per noi Scrambler non
è una moto ma una vera e propria gamma di prodotti. Stiamo
sviluppando diversi altri modelli, di cui vedrete una parte
il prossimo anno e ne arriveranno altri nelle stagioni successive. Crediamo che Scrambler sia un modo eccellente di
entrare nel mondo delle due
ruote. Alcune persone trovano un po’ troppo impegnative
ed intimidatorie le Ducati; con
Scrambler abbiamo risolto il
problema, perché è una moto
estremamente accessibile in
termini di prestazioni, tecnologia ma anche prezzo. E’ un modello premium, costruito molto
bene, ma accessibile – piace a
molte persone giovani che non
sono motociclisti o sono motociclisti di ritorno».
In passato avete parlato di
una crescita del 15% come
obiettivo, un target che avete già superato con il 22%
del primo semestre che avete
appena citato, grazie anche al
brand Scrambler. Una sorpresa?
«No, è stata una crescita pianificata. Prova ne sia il fatto che
siamo cresciuti del 22% perché
abbiamo prodotto il 22% in più.
Il volume che abbiamo venduto
è stato quello prodotto».
33
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
La cosa vi porterà ad un ripensamento in termini di nuovi
stabilimenti, di ristrutturazioni o altre decisioni di questo
tipo?
«Assolutamente no – avremmo potuto produrre ancora di
più. Ci siamo in qualche modo
autolimitati, un po’ perché
prevedere il futuro è sempre
molto difficile, un po’ perché
è sempre meglio avere un po’
meno disponibilità di prodotto
che non dover piazzare moto
che non trovano clienti dai concessionari. Quando le moto
sono un po’ meno rispetto alla
richiesta si alimenta il desiderio; non ci interessa arrivare a
sfruttare l’ultima vendita, preferiamo essere sicuri che le
moto siano tutte sane, che non
34
Scarica l’APP del Magazine
Periodico elettronico di informazione motociclistica
ci sia necessità di promozioni
particolari. E’ per questo che in
fase di definizione del volume
di budget cerchiamo di restare
sempre un pelo sotto le nostre
stime».
Quindi nessun cambiamento
a livello industriale.
«No, anche perché se la richiesta dovesse restare alta com’è,
risponderemmo
comunque
progressivamente, sempre con
la strategia di restare un filo più
prudenti rispetto alle previsioni
di domanda. La cosa ci consente di mantenere alto il valore
dell’usato, di aiutare il concessionario, abbiamo più pulizia
nei listini e negli stock, che
quest’anno abbiamo ridotto. I
rivenditori sono più sani, pos-
sono gestire meglio l’usato del
cliente – ci sono solo vantaggi».
E’ vero che state sviluppando
una quattro cilindri per il Mondiale Superbike?
«La risposta è no, non stiamo
lavorando ad una quattro cilindri per la Superbike. Crediamo
che la nostra gamma attuale di
bicilindriche sia perfettamente
adeguata per competere nel
Mondiale Superbike, e continueremo a farlo. Anche per uso
stradale posso confermarvi
che non ci sono progetti approvati in questo senso».
Le tendenze attuali nel mondo dell’auto vanno verso un
sempre più intenso impiego
della propulsione elettrica.
Possiamo quindi attenderci
una Panigale e-Tron, o comunque soluzioni del genere
nel futuro?
«Credo che prima o poi queste
soluzioni arriveranno anche
sulle due ruote. Il problema
oggi è che il costo per ottenere
potenze ed autonomie che rendano appetibile una soluzione
del genere è elevatissimo e le
previsioni per i prossimi tre/
cinque anni non prospettano
miglioramenti in questo senso.
Quindi diciamo che potrebbe
essere una soluzione praticabile per un prodotto di nicchia,
dal prezzo elevatissimo, ma
non certo per un mezzo realmente di serie».
«Naturalmente questa è la nostra opinione, altri costruttori
potrebbero pensarla diversamente, e già spostando a
sette anni l’orizzonte diventa
praticamente impossibile prevedere gli sviluppi. Pensiamo
ad esempio alla potenza di un
costruttore come Tesla: già
solo il suo impegno potrebbe
spostare in maniera sensibile
gli equilibri fra prezzo e prestazioni. Il problema è che con un
orizzonte così lontano le possibilità sono infinite, le certezze
davvero poche».
Cosa ne pensate dell’uso di
propulsori Ducati in concept
automobilistici?
«Prodotti come la Volkswagen
XL1 ci sono stati chiesti dalla
Casa madre, direttamente dal
professor Piech, che voleva
dimostrare come un concept
del genere potesse essere non
soltanto una soluzione nata per
ridurre i consumi, ma anche
per aumentare le prestazioni.
Resta comunque un prototipo,
ma lavoriamo con i colleghi di
Audi con uno scambio bidirezionale, con informazioni molto
interessanti per entrambi».
Intervista
Ultimamente si parla molto
di guida autonoma o semi autonoma per le auto. Le moto
spesso sono vittime di errori
di guida o peggio distrazioni di
automobilisti. Il fatto di vivere
gomito a gomito con Audi aiuta a sviluppare questi sistemi
di sicurezza anche nell’interesse dei motociclisti? Siete
stati coinvolti in sviluppi di
questo tipo come è avvenuto
ad esempio con Dainese?
«Sicuramente il problema degli incidenti è importantissimo,
e ci interessa direttamente
perché coinvolge praticamente sempre il mondo dell’auto.
Abbiamo svolto dei crash-test
specifici lavorando con Audi, e
si tratta di una delle sinergie da
cui potremo beneficiare tanto
noi quanto l’industria in generale».
Nelle auto c’è una ricerca continua sui sistemi di
35
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Scarica l’APP del Magazine
Periodico elettronico di informazione motociclistica
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbb
più appetibile nel mondo della
moto. Non produrremo modelli
di grande serie – restiamo un
marchio per appassionati che
amano comprare moto di altissima qualità, specializzati in
prestazioni e design».
C’erano voci che volevano
Ducati un semplice capriccio
di Piech, sconfessate prontamente alla sua uscita che non
ha avuto conseguenze strategiche.
«Piech è un ducatista appas-
infotainment. Sulle moto il
cruscotto può rivelarsi molto
utile per navigare, informare,
rendere più sicura la guida.
«E’ un tema su cui stiamo sviluppando prototipi interessanti, è uno dei campi su cui vedremo – e vedrete – progressi
molto importanti».
Se dovesse descrivere il rapporto fra Ducati e Audi?
«E’ molto interessante. Audi è
la nostra shareholder, quindi il
nostro rapporto è quello tipico
fra due case in quel tipo di relazione. Audi controlla il Board of
36
Directors, approvando o meno
attraverso i suoi supervisori le
decisioni strategiche della compagnia, come accade in tutte le
grandi case. Nel quotidiano invece ci sono legami molto forti fra le diverse unità delle due
Case – l’ufficio acquisti Audi
è legatissimo alla sua controparte Ducati, creando sinergie
molto vantaggiose. Un conto
è proporsi come una casa di
1.500 persone, farlo con la forza di un marchio da 600.000
dipendenti è ovviamente tutta
un’altra cosa. Già solo acquistare computer o materiale da
Intervista
sionato, cosa che aveva certamente influito al momento della
decisione di acquistare la Casa,
ma il marchio è ormai perfettamente integrato nel gruppo
con tanti tifosi ed appassionati
al suo interno. C’è una grande
simpatia per le moto e per Ducati – gli appassionati di auto
sono anche appassionati di
moto, e per i tedeschi Ducati
è un marchio molto appassionante. E’ italiano, sportivo, rappresenta valori con cui è facile
identificarsi».
ufficio è diverso, si entra in contratti quadro molto vantaggiosi
già negoziati. La cosa ci aiuta
non poco. La parte interessante sta nel fatto che quando
Audi ha acquistato Ducati ci
sono state analisi e discussioni
molto approfondite sulle strategie. La strategia che Ducati
stava perseguendo all’epoca,
ovvero il mantenere il marchio
su un livello molto alto senza
diluirlo con proposte di piccola
cilindrata è stata confermata.
La missione che abbiamo ora,
restando parte del gruppo, è di
rendere il nostro brand ancora
37
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Scarica l’APP del Magazine
Periodico elettronico di informazione motociclistica
ANDREA BUZZONI
“IN DUCATI VI SORPRENDEREMO
CON NUOVI SEGMENTI”
Intervista
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbb
di Ippolito Fassati | Parliamo di strategie e futuro con il direttore
vendite Ducati in occasione del Salone di Francoforte
I
Il Salone di Francoforte - l’IAA
2015, per gli addetti ai lavori - è
diventata una vetrina importantissima anche per Ducati,
almeno da quando è confluita
nella grande famiglia Audi. Il
palcoscenico tedesco del resto
non è stato scelto a caso per
la presentazione della nuova
Monster 1200R, l’ormai tradizionale novità che Ducati svela
in anticipo sui saloni autunnali
Di fatto quella di Francoforte costituisce la prima uscita
pubblica per Andrea Buzzoni,
nuovo Sales and Marketing
Director della Casa di Borgo
Panigale, con il quale abbiamo
potuto fare un’interessante
chiacchierata a tutto tondo sul
presente e sul futuro di Ducati.
Iniziamo con le prime impressioni nel passaggio da BMW a
Ducati e sulle tue priorità.
«Sicuramente la cosa che mi
38
ha colpito di più entrando in
Ducati è il talento delle persone nelle varie funzioni e il suo
legame con la passione. Mai
come in Ducati si nota come
la passione delle persone sia
capace di produrre talento, da
cui nascono delle belle cose
a partire dai prodotti. Mi ha
impressionato molto anche il
piano di produzione in pipeline,
davvero importante, e la qualità di questi prodotti, di questa
gamma che sarà protagonista
di un’accelerazione nella crescita – ad EICMA vedrete una
vetrina davvero importante.
Stiamo entrando nel 2016 con
un numero incredibile di novità
di prodotto fra nuove versioni
e modelli completamente inediti, che vanno ad aggredire
segmenti di mercato ancora
non coperti. Un vero e proprio big bang ed un segnale
della nostra determinazione a
crescere. Il nuovo brand lanciato quest’anno è stato un
successo planetario – abbiamo dovuto aumentare in corso
d’anno la produzione più che
potevamo e nonostante questo
non siamo riusciti a soddisfare
la domanda per il naturale collo
di bottiglia che si verifica nella
produzione di un prodotto nuovo. Scrambler è un prodotto
strategico, perché apre a Ducati una clientela nuova, che forse
prima non riuscivamo a cogliere completamente. Un tipo di
clientela che magari predilige
l’aspetto lifestyle, la praticità,
la facilità, una moto molto accessibile rispetto a tecnologia
e performance, e questo dal
punto di vista strategico ci aiuta moltissimo».
Un discorso che anticipa
la nostra prossima domanda: su quali segmenti vi
espanderete? Magari pensate
anche alla mobilità urbana?
«La crescita per il futuro è basata fondamentalmente su due
pilastri: quello del brand Ducati, con i suoi valori di tecnologia,
performance, sportività e stile
declinato nei segmenti in cui
siamo già presenti ma anche
in segmenti nuovi, in cui a breve entreremo. L’altro pilastro
è evidentemente quello dello
Scrambler, che in un futuro
dovrà diventare non solo una
moto ma una vera e propria
gamma, che si svilupperà in
varie direzioni. Credo che non
esistano progetti da non prendere in considerazione, però
penso di poter dire che ad oggi
non stiamo prendendo in considerazione la mobilità urbana
o lo scooter, almeno a livello di
progetti deliberati. Il che non
significa che Ducati non possa
pensarci, ma solo che al momento questo progetto nei nostri cassetti non c’è».
Un allargamento dei segmenti
può significare anche un allargamento della tipologia di
motori, che magari non siano
rigorosamente bicilindrici?
«Secondo noi la strategia di
allargamento della gamma
e degli utenti non deve passare necessariamente da un
ampliamento della gamma motoristica» dice lasciandosi però
andare ad una risata Buzzoni.
«Riteniamo che con il bicilindrico, su cui abbiamo investito
tanto, ci sia ampio spazio per
l’interpretazione di segmenti
nuovi, e in questo senso non
c’è un progetto specifico con
propulsori di diversa tipologia.
Il bicilindrico offre tantissimi
vantaggi e offre grandi possibilità di impiego in segmenti
diversissimi».
Si vocifera però di un ritorno
in Superbike con configurazioni diverse dal bicilindrico.
E parlando di sport, Andrea
39
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Buzzoni di esperienza ne ha
da vendere visto il passato in
BMW con il team schierato
dalla filiale italiana.
«No comment» risponde Buzzoni, lasciandosi andare ad
un’altra risata. «Seriamente:
il quattro cilindri ce l’abbiamo
già e lo abbiamo sviluppato per
partecipare dove serviva, in
MotoGP. I piani della Superbike
sono confermati, nei prossimi
giorni probabilmente arriveranno ulteriori conferme su piloti e
programmi sportivi».
Lo diciamo noi, non Buzzoni: se parliamo di conferma,
40
Scarica l’APP del Magazine
Periodico elettronico di informazione motociclistica
l’ipotesi più plausibile è una
conferma di tutti e quattro i
piloti.
«Il team sarà supportato dallo
sponsor per altri due anni, e i
piloti hanno fatto tutto quello
che ci si aspettava da loro se
non di più. Il povero Davide Giugliano è stato molto sfortunato,
mentre Chaz è andato ben oltre le aspettative, con quattro
vittorie e un secondo posto nel
Mondiale…»
Torniamo
all’allargamento
della gamma in vista di EICMA.
Lasciando da parte Scrambler
(su cui, ma anche questo lo
diciamo noi, ci aspettiamo
una 400 bicilindrica…) puoi
darci altre novità?
«I piani non sono ancora definiti» ride nuovamente Buzzoni.
«Seriamente, posso dirvi che
entreremo in nuovi segmenti in modo secondo me molto
convincente, e anche un po’
sorprendente. Sono convinto – ma sarà il mercato a darci ragione o a smentirci – che
entriamo in nuovi segmenti
con un ottimo bilanciamento
di valori fra i nostri, tradizionali,
e quelli del segmento stesso.
Un po’ come nei segmenti in
cui siamo entrati nel passato
con Multistrada, o Diavel: mi
piace sottolineare che Ducati
quando entra in un nuovo segmento tende a reinterpretarlo
secondo i propri valori. Quello
che faremo vedere a breve sarà
un ulteriore esempio di questa
coerenza».
Il fatto di avere sia in BMW
che in Audi un gruppo automobilistico alle spalle permette di sfruttare tante sinergie
tecnologiche. Ci interessano
però anche quelle relative al
valore del brand, che Audi
e Ducati offrono molto forte. Puoi parlarcene a livello
globale, senza limitarci alla
sola Italia?
«Sicuramente il fatto di avere
uno shareholder come Audi,
al di là dei numerosi benefici
tecnici e tecnologici ci offre potenzialità enormi in termini di
vendite e marketing. Dove siamo oggi (all’IAA di Francoforte,
NdR) ne è un esempio, anche
se forse il meno rilevante. Il più
valorizzante dal punto di vista
comunicativo ma forse anche il
meno significativo. Da un punto di vista globale abbiamo una
rete di vendita che offre grandissime opportunità, perché
comunque dobbiamo pensare
Intervista
che l’imprenditore auto, l’investitore auto offre normalmente
una solidità e una competenza
interessanti per un costruttore moto, a patto che ci sia
una chiara interpretazione del
mondo delle moto, dei suoi valori, dei suoi clienti, del reason
why di acquisto, tutti completamente diversi da quelli del
mondo auto. In questo caso
ci possono essere ottime sinergie, cosa che naturalmente
avevo già potuto sperimentare
nella mia esperienza precedente. E’ recente, per esempio, la notizia che per quanto
riguarda il mercato cinese
41
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Scarica l’APP del Magazine
Periodico elettronico di informazione motociclistica
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbb
Il modello cinese è replicabile
anche altrove?
«Non vogliamo considerarlo
una legge ma un’opportunità.
Qui c’era l’opportunità e un
percorso di partnership con
l’importatore giunto a maturazione. Non è detto che questo si verifichi anche su altri
mercati, ma in caso si tratta di
un’opzione molto strategica,
che possiamo sfruttare quando
ci è utile».
A livello personale, girando
molto in questi mesi: come
hai trovato il percepito Ducati
nel mondo?
«E’ impressionante. Paradossalmente, più ti allontani da
Bologna, dall’Italia, più il percepito, la passione, l’interesse
verso il brand aumenta. E’ una
Ducati entra in partnership con
Audi. All’interno di Audi Cina è
stata costituita una business
unit moto, denominata Ducati
Cina. In questo caso possiamo
sfruttare una sinergia non solo
di vendita ma anche di brand
image, di posizionamento, di
conoscenza del mercato. Ci
mettiamo sulle spalle… del
papà e godiamo di un vantaggio
competitivo nell’ingresso su un
mercato come quello cinese,
evidentemente importante e
strategico ma contraddistinto
42
da meccanismi diversi da quelli
del mercato tradizionale, spesso difficili da interpretare. Avere un’Audi, presente da tempo
e con successo, ci offre grandi
vantaggi e allo stesso tempo
è conferma della fiducia della
Casa madre nei nostri confronti. Ho visto nel top management
di Ingolstadt una motivazione,
una passione nei confronti del
marchio Ducati veramente notevole. La dimensione finanziaria ed economica delle moto,
ovviamente non paragonabile a
quella del mondo auto, non influenza affatto determinazione
e motivazione della dirigenza
Audi a valorizzarci il più possibile, sia nell’interesse di Ducati
ma anche in quello di Audi perché comunque il nostro marchio offre un posizionamento
molto sportivo e sexy anche a
loro. Tenuta ferma la differenza
di valori e di brand, ci possono
essere valori aggiunti anche
per Audi che in questo momento è interessatissima a sviluppare la parte sportiva».
Intervista
cosa che mi ha veramente sorpreso, in particolare negli Stati
Uniti e in Asia, due contesti
completamente diversi fra di
loro ma in cui l’immagine del
brand Ducati è un vero sogno,
senza retorica. In Europa è un
marchio premium, che appassiona, ma in USA e Asia è incredibile – lì è un vero e proprio
luxury. Il potenziale è fortissimo.
In Thailandia, pur non essendo
un produttore di massa, siamo
market leader con quote del
25% del mercato nei segmenti
rilevanti.
Anche in Brasile, pur con un
mercato in difficoltà per motivi macroeconomici, l’interesse
attorno al brand Ducati è incredibile. La forza del brand mi ha
davvero colpito».
PARADOSSALMENTE, PIÙ TI
ALLONTANI DA BOLOGNA,
DALL’ITALIA, PIÙ IL PERCEPITO,
LA PASSIONE, L’INTERESSE
VERSO IL BRAND DUCATI
AUMENTA!
43
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Scarica l’APP del Magazine
mercato di riferimento di un modello e si finisce
per non piacere altrove. Fra alcuni dei modelli che vi segnaliamo qui sotto ve ne sono alcuni
che sono stati disegnati da ottimi professionisti,
esperti in altri ambiti ma che non così profondi
conoscitori della storia, delle pulsioni e del mondo della moto in genere.
Ecco una selezione di 15 modelli che, secondo
noi, di sicuro non hanno convinto la maggioranza degli appassionati e hanno sollevato critiche
solitamente più all’estetica che alla sostanza.
Sebbene a distanza di anni alcune di queste siano state rivalutate, e sebbene ve ne siano altre
che sono state difese a spada tratta da chi le ha
apprezzate allora come oggi. Anche in questa
nostra selezione la scelta è stata ovviamente
soggettiva e immaginiamo che ciascun motociclista abbia una classifica personale a riguardo.
Media
LE 15 MOTO
DAL DESIGN CONTROVERSO
Rassegne
Munch 4TTS “Mammuth”, 1967
Friedl Muth costruì la prima Mammuth attorno al
motore automobilistico di una NSU quattro cilindri di 996 cc. Nel 1968 la cilindrata salì a 1200
(1177 cc). La mole meccanica complicò la linea
della moto, per la quale vennero usati anche i
fari automobilistici. Molto criticata ai suoi tempi,
quest’anno è stata votata Best in Show al Concorso d’Eleganza di Villa d’Este.
Suzuki RE 5, 1974
La RE5 montava un motore Wankel 500 e tanta
singolarità richiedeva un designer speciale. Per
questo venne coinvolto Giorgetto Giugiaro, che
giocò con la forma cilindrica – a richiamare il motore a pistone rotante - in alcuni dettagli come la
custodia della strumentazione. Come a volte accade, la sua estetica è stata rivalutata a distanza
di tempo. Di questa moto ne sono stati costruiti
oltre 5.500 esemplari.
di Maurizio Gissi | Il concetto di bello è soggettivo. Tuttavia, è innegabile,
ci sono moto esteticamente più riuscite di altre. Una nostra - soggettiva
- selezione di modelli che negli ultimi anni hanno fatto discutere, oppure
che non sono proprio piaciuti
N
on diciamo nulla di nuovo ricordando che anche quando si discute
della bellezza di una nuova moto il
giudizio è estremamente soggettivo. Tuttavia ci sono moto esteticamente più
riuscite di altre, che sanno interpretare meglio
le tendenze, hanno una loro armonia stilistica,
oppure che sanno essere innovative nel design
oltre che nei contenuti. Ce ne sono invece molte che fanno discutere, vengono anche criticate
duramente pur avendo un pubblico di estimatori.
Per questo siamo convinti che non abbia senso
parlare di moto “brutte” in assoluto, sarebbe
44
arbitrario e ingeneroso, ma sappiamo bene che
ci sono - e che ci sono state - molto moto dalle
forme sbilanciate, fuoritempo, dalle linee scombinate e dai colori male assortiti. Senza contare
che magari erano contemporanee a modelli concorrenti di ben altro livello stilistico, una condizione che in alcuni casi ha contribuito a tarpare le
ali a moto altrimenti interessanti. Diverso il caso
di alcune moto dall’indubbio fascino estetico, ma
che hanno diviso nettamente i giudizi, A volte è
il desiderio di essere originali a tutti i costi, o la
necessità di farsi notare dalla massa, che porta ad eccedere. In altre occasioni si considera il
45
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Scarica l’APP del Magazine
Rassegne
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbb
Yamaha XJ 650 Turbo, 1982
E’ stata la seconda con il motore Turbo ad arrivare in vendita, dopo la Honda CX 500, e con la sua
turbina Mitsubishi arrivava a 90 cavalli. Il quattro
cilindri 650 derivava dalla XJ 650, moto dalla linea più convenzionale e morbida. La Turbo era
invece massiccia, sgraziata, troppo spigolosa e
non dava l’impressione della velocità. E’ stata
prodotta tre anni in circa 8.000 esemplari.
Moto Guzzi Le Mans 1000, 1984
Arrivata dopo le fortunate prime tre serie Le
Mans 850 (la prima è del 1976), la Le Mans 1000
non riusci a ripeterne il successo, vuoi anche per
la poco convincente ruota anteriore da 16 pollici,
vuoi per il cresciuto livello prestazionale e qualitativo delle concorrenti (nel 1984 arrivava la
46
Kawasaki GPZ 900R per esempio), e vuoi per
una estetica certamente infelice.
Buell RR 1000 Battle Twin, 1986
Una delle prime moto di serie (anche se ne
vennero costruiti soltanto 50 esemplari) con la
carenatura a copertura totale è la replica della
Harley-Davidson da corsa dei primi anni Ottanta.
Si deve al geniale Erik Buell che costruisce questa versione dopo essere uscito dalla H-D. La sua
RR vincerà poi il campionato BoTT americano
AMA, quello riservato alle bicilindriche. Originale
ma, giusto per fare un esempio contemporaneo,
meno efficace della DB1 Bimota.
BMW K1, 1988
Con la K 100 RS del 1984 la BMW aprì il nuovo
corso dei quattro cilindri a sogliola e seppe farsi luce anche nel design. Sull’evoluzione tecnica
di quel modello, a Monaco realizzarono la prima
sport touring d’alta prestazioni della casa. Sigla
K1, il primo motore 16 valvole, carenatura totale,
parafango carenato, ma impossibilità di montare
le borse rigide... Anche la linea non contribuì al
successo sperato, tanto che rimase in produzione solo cinque anni per un totale di circa 6.900
esemplari. Andò meglio alla successiva, e più
tradizionale, RS.
Moto Guzzi NTX 750, 1988
Arrivare nelle concessionarie e farsi notare dopo
le varie Africa Twin, Super Ténéré, BMW GS
e compagnia bella, nel pieno della moda delle
moto dakariane, non era semplice per nessuno.
Ma certo la Moto Guzzi fece meno di quando
avrebbe potuto con la NTX 750, e non solo per la
potenza contenuta in soli 52 cavalli.
Laverda Navarro 125, 1990
Giunta nell’epoca d’oro delle 125 stradali, la Laverda Navarro non seppe continuare la trazione
che la vide apripista con la LZ nel lontano 1977.
Dopo che la Lesmo non aveva incontrato molto
successo, a Breganze con la Nuova Moto Laverda (sorta dopo la chiusura di quella storica) realizzarono la Navarro.
Il motore è della Cagiva, i colori ricordano un po’
troppo le Aprilia, le forme faticano a piacere e
inoltre il prezzo è anche alto in rapporto al resto
della concorrenza italiana. Peraltro più moderna.
47
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Scarica l’APP del Magazine
Rassegne
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbb
Aprilia Motò 6.5, 1995
Aprilia attraversa un periodo di grande successo
commerciale, siamo agli inizi degli anni Novanta,
quando decide di affidare al designer francese
Philippe Stark la sua monocilindrica stradale che
affianca la Pegaso. Stark è appassionato di moto
e questa è la sua prima esperienza nel settore.
Sfrutta le linee curve e le tonalità del grigio per
le componenti tecniche. Resta in produzione cinque anni e ne vengono prodotte circa 3.500 unità. C’è chi l’ha sempre apprezzata per lo stile - ci
mettiamo anche noi - ma la verità è che la Motò
6.5 è andata molto peggio del previsto nelle vendite. E un po’ anche per alcuni limiti dinamicofunzionali causati proprio da scelte stilistiche.
Bimota DB3 Mantra, 1995
Per quella che era la prima Bimota per così dire
turistica, rispetto a quanto fatto in precedenza, a
48
Rimini affidarono il design al francese Sacha Lakic. Un giovane talento che, fermandosi in campo moto, aveva già collaborato con MBK e poi
avrebbe disegnato alcune Voxan. La DB3 Mantra venne realizzata in due versioni, la seconda
nel 1997, per un totale di circa 450 esemplari.
Qualcuno ha anche azzardato alcuni richiami alla
Mantra nella Diavel Ducati...
Suzuki TL 1000 R, 1998
Suzuki era ai vertici nella produzione delle super sportive a quattro cilindri in linea, ma volle
anch’essa cimentarsi con una bicilindrica (come
fece Honda nel 2000 con la SP-01) per entrare in
concorrenza con Ducati e avere una mille (996
cc per l’esattezza...) nel mondiale SBK. La TL
1000R aveva un gran motore, ma anche un peso
importante per la categoria e un’estetica che
non l’aiutava. Restò in produzione sino al 2003,
mentre la TL 1000S ci restò appena quattro anni
pur vendendo bene negli USA soprattutto.
BMW F650 C Scarver, 2001
Disegnata dall’americano David Robb, a capo del
centro stile di Monaco e già autore fra le altre di
R 1100 RT, R 1200 C e R 1100 S, la Scarver nasceva dalla piattaforma F 650. Il nome giocava
con le parole street e carver, mentre la sigla CS
stava appunto per city-street. Molti elementi
decorativo-funzionali erano in plastica traslucida
(secondo i dettami Swatch), mentre il serbatoio
sotto la sella lasciava spazio a un vano portaoggetti modulare al posto del tradizionale contenitore della benzina. Aveva anche la trasmissione
a cinghia dentata e il forcellone monobraccio.
Nella sua ricerca di motociclisti nuovi la Scarver
puntava anche a ringiovanire il marchio, tuttavia
i risultati di vendita furono complessivamente
inferiori alle attese e la moto uscì di produzione
dopo quattro anni. Nel frattempo la rivista americana Motorcyclist l’aveva valutata come “un flop
senza attenuanti”.
Bimota Tesi 2D, 2005
La prima, rivoluzionaria, Bimota Tesi 1D va in
vendita nel 1990 prendendo le mosse dalla precedente versione da corsa. Nel 2005 arriva la
nuova versione Tesi 2D, aggiornata e soprattutto
rivista nello stile grazie all’intervento del Ascanio
Rodrigo, già alla Bimota e divenuto noto grazie
alla sua Vyrus. La moto resterà in produzione un
paio anni. A indiscutibile difesa del sua design, la
personalità forte che può permettersi una moto
di nicchia.
Honda DN-01, 2008
Presentata al Salone di Tokyo del 2005, la DN-01
49
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
entrò in produzione nel 2008 – quando arrivò in
Europa – e ne uscì già nel 2010. Fra gli obiettivi
dei tecnici c’erano anche la semplicità di guida
(vedi il cambio automatico), il comfort, la sicurezza e i bassi consumi. Esteticamente c’era la
volontà di creare una cruiser originale rispetto
alla moda custom, non gradita a tutti, utile a dirottare verso la moto alcuni scooteristi. La linea,
anch’essa di rottura, divise da subito i giudizi.
Ma certi concetti non sono stati abbandonati da
Honda, vedi la recentissima Vultus.
50
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Scarica l’APP del Magazine
Rassegne
Kawasaki Versys 1000, 2011
Un’ottima moto penalizzata dalla sua estetica. E’
questo il giudizio largamente diffuso, almeno in
Italia, nei confronti dello styling della prima edizione della Versys 1000; soprattutto nei confronti del suo frontale, tanto originale quanto poco
convincente. Un’interessante crossover, arrivata
dopo la vendutissima e apprezzata versione 650,
che è stata aggiornata quest’anno in maniera importante proprio nella linea e poco nella tecnica.
Guarda caso.
51
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Scarica l’APP del Magazine
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Tecnica e storia
Media
Eddie Lawson sulla prima Alligator con motore Honda
Il prototipo della Gator con il V2 S&S
DAN GURNEY
E IL SUO GENIALE MOTORE
di Massimo Clarke | Dagli USA e da un vecchio protagonista della scena
motoristica, Dan Gurney, una proposta fuori dagli schemi per un
bicilindrico ad alberi controrotanti. Con radici nelle Velocette e
nelle Kawasaki da corsa
G
li appassionati non più tanto giovani si ricorderanno sicuramente di
Dan Gurney, coraggioso e veloce
pilota di auto da corsa degli anni
Sessanta. Questo grande protagonista della scena sportiva, con al suo attivo tra l’altro una 24
ore di Le Mans e quattro gran premi di Formula
Uno, è anche un valido tecnico, tanto è vero che
52
esiste una appendice aerodinamica che porta il
suo nome (Gurney flap). Fondatore della famosa
scuderia All American Racers (AAR), nella seconda metà degli anni Sessanta è stato l’anima
di una iniziativa che ha portato alla realizzazione
di un moderno V12 da Gran Premio di 3000 cm3
disegnato da Aubrey Woods e con fluidodinamica curata da Harry Weslake. Questo motore con
distribuzione bialbero e quattro valvole per cilindro, che ha fatto la sua apparizione nel 1966, ha
consentito allo stesso Gurney di imporsi l’anno
successivo nel GP del Belgio. Tra le sue caratteristiche spiccava un angolo tra le valvole nettamente minore di quelli che si usavano all’epoca:
soli 30° (un valore leggermente inferiore, rispetto a quello impiegato nel V8 Cosworth comparso
poco dopo). Sotto questo aspetto quindi mostrava la strada.
Dalla F1 alle moto feet forward
Una volta ritiratosi dalla attività agonistica Gurney ha continuato a interessarsi al motorismo.
Negli anni Ottanta ha iniziato a pensare anche al
settore motociclistico. Dopo una serie di prototipi e una lunga serie di prove, all’inizio degli anni
Duemila ha cominciato a produrre, in numeri limitati, delle moto caratterizzate da un assetto
di guida anticonvenzionale: il pilota è infatti seduto con i piedi che vengono a trovarsi davanti
al corpo. Una posizione che ricorda quella tipica
di alcuni maxiscooter; qui però si tratta di vere
moto, con pneumatici di grande diametro e motore collocato in posizione convenzionale, ossia
subito dietro la ruota anteriore. Per le sue moto,
denominate Alligator e tutte dotate di questa architettura (FF, ovvero feet forward), Gurney ha
utilizzato inizialmente un monocilindrico Honda
e successivamente alcune versioni del noto bicilindrico ad aste e bilancieri S & S, con cilindrate di 1,8 e di 2,0 litri. Con l’obiettivo di ottenere
prestazioni più elevate, senza rinunciare però a
una erogazione corposa a tutti i regimi, ha poi
sviluppato un bicilindrico a V di 45° che utilizza il
basamento e l’imbiellaggio del motore S & S, opportunamente modificati, ma impiega teste bialbero a quattro valvole ed è raffreddato ad acqua;
53
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Nel bicilindrico in tandem di 1800 cm3 ideato da Gurney e Palmgren c’è un albero a gomito per ogni cilindro. Il cambio è piazzato posteriormente
la potenza è nettamente superiore ai 200 cavalli.
Non contenti, Gurney e il progettista Palmgren di
recente hanno ideato un bicilindrico parallelo raffreddato ad acqua che abbina il meglio di quanto
offerto dalla attuale tecnica motoristica (ridotto
angolo tra le valvole, che ovviamente sono quattro per cilindro, comando dei due alberi a camme
affidato a una cascata di ingranaggi, etc…) con
una architettura molto inconsueta, anche se non
del tutto inedita. Il motore infatti è dotato di due
alberi a gomito controrotanti, in presa tra loro
mediante una coppia di ruote dentate. Si tratta
quindi di un bicilindrico “in tandem”. La soluzione consente di eliminare le vibrazioni. Basta
infatti contrappesare al 100% ciascuno dei due
manovellismi e fasarli correttamente (con i due
pistoni che vanno assieme al punto morto superiore e, 180° dopo, al punto morto inferiore).
54
Inoltre, permette anche di annullare l’effetto giroscopico in quanto i due alberi girano in sensi
opposti.
Da MZ a Kawasaki
L’architettura in tandem per i motori bicilindrici è stata adottata dalla MZ per una sua 125 da
Gran Premio comparsa nel 1969 e un paio di
anni dopo anche per una 250, entrambe rimaste allo stadio di prototipo in quanto la casa tedesca stava abbandonando le gare di velocità.
Era stata scelta dall’ing. Walter Kaaden perché,
mantenendo l’ammissione a disco rotante, consentiva di ridurre drasticamente la larghezza
rispetto ai bicilindrici paralleli frontemarcia; aumentava però la lunghezza del motore. I due alberi a gomito non erano in presa tra loro, ma con
una corona dentata direttamente collegata alla
Scarica l’APP del Magazine
Tecnica e storia
La sezione longitudinale mostra chiaramente i due ingranaggi che collegano gli alberi a gomito controrotanti
e assicurano una perfetta equilibratura. La lubrificazione è a carter secco
frizione. Di conseguenza, giravano nello stesso
verso. Sotto questo aspetto la strada scelta dagli altri costruttori che in seguito hanno adottato
una architettura in tandem per i loro bicilindrici
(sempre a due tempi da competizione con ammissione a disco rotante) è stata diversa. Tanto
nei Kawasaki KR 250 e 350, vincitori di otto titoli
mondiali, quanto nel Rotax tipo 256, grande protagonista dei GP degli anni Ottanta, i due alberi
erano infatti controrotanti e in presa tra loro. È
interessante osservare che i motori con quattro
cilindri in quadrato possono essere considerati
dei bicilindrici in tandem “accoppiati”. Occorre
anche ricordare che alla fine degli anni Trenta la
Velocette ha realizzato un motore da competizione di 500 cm3 con due cilindri paralleli e due
alberi a gomito (in presa tra loro tramite coppia di
ingranaggi) con asse di rotazione longitudinale.
Passato alla storia come “Roarer”, questo interessante bicilindrico progettato da Harold Willis
aveva la distribuzione monoalbero ed era dotato
di un compressore volumetrico Centric. Lo scoppio della seconda guerra mondiale ha impedito
che venisse sviluppato come avrebbe indubbiamente meritato. Meno noto è il prototipo di 700
cm3 con eguale architettura, ma con distribuzione ad aste e bilancieri, sul quale la casa inglese
stava lavorando nello stesso periodo. I cosiddetti
motori a “U” erano dotati di due file parallele di
cilindri, con alberi a gomiti collegati mediante
ingranaggi a uno stesso albero di uscita. Ne hanno realizzati costruttori automobilistici come la
Fiat (tipo 406 da GP, nel 1927) e la Bugatti. Pure
la Miller e la Maserati hanno adottato una soluzione di questo genere per un paio di loro realizzazioni, con le file di cilindri che però non erano
55
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Scarica l’APP del Magazine
Il Velocette 500 da GP del 1939, noto come Roarer, aveva due cilindri paralleli disposti trasversalmente
e due alberi a gomito controrotanti. Era sovralimentato e aveva la distribuzione monoalbero
perfettamente verticali ma leggermente a V.
Vanno anche ricordati i motori a U per impiego
ferroviario della Sulzer (serie LD), costruiti per
lungo tempo in numeri considerevoli, in versioni con 6, 8 e 12 cilindri. Il compatto bicilindrico
sul quale Gurney e Palmgren stanno lavorando
alacremente (è prevista la costruzione di cinque
prototipi) ha una cilindrata di 1800 cm3, ottenuta abbinando un alesaggio di ben 127 mm con
una corsa di 71 mm, ed è dotato di variatori di
fase. La potenza prevista una potenza dell’ordine di 280 cavalli, con una coppia mostruosa ai
bassi regimi. L’architettura costruttiva è stata
brevettata, benché come visto non sia del tutto
inedita. Le prove al banco dovrebbero iniziare nel
giro di due o tre mesi.
56
57
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Scarica l’APP del Magazine
che il mio fotografo in tutto il primo periodo della
mia carriera da giornalista, quando ancora nemmeno possedevo una macchina fotografica! Cicli
e ricicli della storia… eccoci qui, dopo 26 anni,
ancora immersi nella sabbia ed avvolti dal profumo della miscela e deliziati dallo “scrocchio” delle mezzolitro a due tempi. Ovviamente ci siamo
divertiti come matti, Roberto in pista sulla sua
CR500 ibrida (telaio in alluminio derivato dalla
CRF a 4T) e io a bordo rettilineo con una reflex
digitale di fortuna e l’iPhone come videocamera.
Il “perché e percome” ve lo faccio invece spiegare dall’altro mio coetaneo (’68, classe di ferro….)
Stefano Braga: bergamasco trapiantato a Lecco,
FreddieFix19 (questo il suo nick) è l’ideatore e il
promotore del sito CR500.forumfree.it e ha molte cose interessanti da raccontare…
Quando nasce e perché nasce il forum?
«Nasce dalla passione che condividiamo noi “ragazzi” prossimi ai 50 anni… Io con queste moto
ci ho corso diversi anni, quindi mi sono rimaste
On the road
sempre nel cuore. Il 500 in particolare, anche
se ci ho corso per una sola stagione… Però da
pischelli sono quelle cose uno non si dimentica
più, ti lasciano il segno, per così dire… Così per
scherzo, una decina di anni fa un mio amico ne
ha comprata una ma non riusciva ad avviarla. Io
gli ho detto “se non riesci ad accenderla e vuoi
venderla devi darla a me” e da li è partito tutto.
Adesso ne ho 30…».
Trenta cinquecento a due tempi?
«Sì, in particolare ne ho 8 che sono solo dell’85.
Ho le quattro europee, Cagiva, Husqvarna, KTM e
Maico, e le 4 giapponesi Honda, Yamaha, Kawasaki e Suzuki, l’ultimo anno in cui l’hanno prodotta».
Perché proprio il 1985, scusa?
«Un po’ perché in quegli anni li ci ho corso, ma
anche perché il 1985 è stato un po’ lo spartiacque con l’introduzione per quasi tutte del raffreddamento ad acqua, tranne Yamaha e Suzuki, e
RIDE IN THE USA
EDIZIONE SPECIALE AL
3° SIL DAY DI CREMONA
di Pietro Ambrosioni | La nostra rubrica dagli Stati Uniti devia per
questa volta nell’esotica Cremona per raccontarvi di un week end
di passione per il motocross d’epoca
Q
uesta settimana vi faccio fare un
tuffo nel passato, non solo nella
storia del motocross ma anche nella mia storia. Come vi dicevo l’altra
volta, mi trovo in Italia e domenica
ho avuto l’opportunità di andare a vedere un
evento dedicato alle vecchie moto a due tempi,
58
in particolare le cinquecento, che sono legate a
doppia mandata con la mia storia professionale.
Non solo le mie prime gare che ho seguito come
fotografo e giornalista sono state quelle del Mondiale di Motocross classe 500 (il mio “debutto” a
Namur nel 1989), ma Roberto, l’amico che mi ha
convinto ad andare con lui a Cremona, è stato an59
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Periodico elettronico di informazione motociclistica
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbb
Scarica l’APP del Magazine
Oggi invece?
«Oggi non è riservato unicamente ai 500, come
succede per il raduno del forum. Il Sil Day è infatti dedicato a Silvano, uno dei nostri amici,
grande appassionato di due tempi e che viveva
in Mozambico. Purtroppo è mancato tre anni fa e
il raduno è dedicato a lui ed è aperto a tutti i due
tempi».
Ancora non riesco a immaginarmi le 30 moto…
ma sei sposato?
«Sì».
E cosa dice tua moglie? Sa di tutto questo?
«Eheheh… mia moglie non lo sa, semplice!».
E quindi le moto dove le tieni?
«Le moto le tengo disseminate ovunque… a casa
dove abito non ne ho neanche una… Occhio non
vede cuore non duole!».
l’adozione del freno a disco anteriore, un cambiamento decisamente epocale. Negli anni a venire
sono poi cambiate ancora ma non in modo così
radicale».
E tu le usi tutte?
«No, uso solo questa che vedi, le altre non le posso toccare! Sono restauri che ci lavoro dietro a
sei anni, e comunque non sono mai finite perché
trovo sempre qualcosa da perfezionare per riportarle esattamente alle condizioni di serie».
Wow, sei anni!
«Sì… già solo reperire la documentazione fotografica è un problema. Devi trovare le foto sui
giornali originali dell’epoca. che spesso sono di
bassa qualità o mancano del dettaglio necessario. Quindi già solo la ricerca per trovare il materiale e capire come effettivamente fosse la moto
60
è già un lavoro infinito ed inestimabile».
Il forum raccoglie anche gente dall’estero?
«C’è anche qualcuno che scrive dall’estero ma
essendo il forum in italiano diventa più difficile
per chi non parla la lingua. Gli stranieri arrivano
invece al raduno annuale, a quello di quest’anno
a Faenza a giugno sono arrivati un pilota svizzero,
due finlandesi…».
E qualche vecchia gloria si inizia a vedere o non
ancora?
«No, anche se quest’anno a Faenza è venuto Andrea Bartolini e ha girato una buona mezz’ora
sulla 500».
Quanti raduni fate all’anno?
«Uno all’anno. Quest’anno eravamo più di 75
iscritti quindi è stato un successone».
61
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
NICO CEREGHINI
QUELL’ESULTANZA
PER LA CADUTA DI
LORENZO
E’ stata brutta da vedere, però
credo che vada inquadrata nella
prospettiva giusta: cose così
capitano in tutti gli sport e da noi,
nel motociclismo, già
cinquant’anni fa con Agostini…
Media
C
iao a tutti! L’esultanza per la
caduta di Lorenzo, domenica a Misano, è
piaciuta a pochi
e non è piaciuta neanche a me.
Brutta pagina di sport, viene
da dire, e naturalmente penso
anch’io, come qualche lettore
ha scritto, che un vero appassionato di moto non esulterebbe mai per una episodio simile
perché sa bene quanto fa male
l’asfalto e quali danni può provocare. Però, anche se la cosa
mi ha dato fastidio -e ho trovato
62
Scarica l’APP del Magazine
Periodico elettronico di informazione motociclistica
detestabili i fischi sotto il podio
della premiazione- neppure mi
scandalizzo. Siete sicuri che
questo tipo di tifo sia soltanto del calcio e non di tutti gli
sport? Venerdì scorso Roberta
Vinci ha battuto Serena Williams nella semifinale degli U.S.
Open. Ebbene, il tifo del pubblico deve essere stato rumoroso
e a senso unico se, dopo il colpo decisivo, la tennista italiana
è arrivata ad urlare: “Adesso
applaudite anche me, cazzo!”.
Non era una partitella di calcio
alla periferia di una città degradata, ma una semifinale di uno
sport blasonato come il tennis,
nel centro di New York; eppure
il pubblico era quello: applausi
solo per la Williams, fischi per la
Vinci. Non è bello, ma esultare
allo stadio perché l’avversario
ha sbagliato un rigore, o perché
la Vinci ha mandato in rete una
risposta, è una reazione che si
può umanamente capire. E voi
direte sì va bene, ma nessun
calciatore e nessun tennista
rischia la vita come fanno i nostri piloti in gara. Insomma, Jorge Lorenzo è volato via ad alta
velocità, poteva ferirsi, poteva
fratturarsi una spalla o anche
peggio, e quei tifosi esultavano
ancora prima di sapere quali
conseguenze aveva provocato
la caduta. E avete ragione, naturalmente, ma sono convinto
che nessuno degli esultanti, in
quel momento, valutava razionalmente la situazione; nessuno voleva Lorenzo all’ospedale
e sono pronto a scommettere
che tutti, passata l’euforia del
momento, di quell’esultanza si
sarebbero vergognati se Jorge
si fosse fatto male. Ero in tribuna alla Parabolica di Monza
nel settembre del ’68, quando
Hailwood volò via sul bagnato.
Quella volta Mike, pur di correre, era in sella alla Benelli
500 che non valeva la MV; era
partito male, aveva recuperato e insidiava Agostini da vicino. Nel momento in cui pinzò
il freno ad alta velocità e volò
via, tutta la tribuna si alzò in
piedi urlando entusiasta. Ago
era il beniamino del pubblico
italiano, si andava al circuito
per vederlo vincere, la folla lo
inseguiva dappertutto e lui per
star tranquillo doveva letteralmente scappare in albergo.
Di questo tipo di calore Mino
avrebbe fatto volentieri a meno,
e oggi tutto questo capita per
Valentino Rossi. Sono forme di
tifo che danno fastidio sì, ma
scandalizzarsi mi pare eccessivo. Certamente mi fanno orrore
gli insulti pesanti e volgari lanciati da qualcuno (credo pochi)
contro Lorenzo, questo sì; ma
l’esultanza per la caduta del 99
credo che sia umana e probabilmente inevitabile.
Editoriale
SONO FORME DI TIFO CHE
DANNO FASTIDIO SÌ, MA
SCANDALIZZARSI MI PARE
ECCESSIVO. CERTAMENTE MI
FANNO ORRORE GLI INSULTI
PESANTI E VOLGARI LANCIATI
DA QUALCUNO (CREDO POCHI)
CONTRO LORENZO
63
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Scarica l’APP del Magazine
in versione hawaiana, così come lo erano anche
tuta e casco, riproponendo su tutta la livrea della
moto quel motivo floreale che associamo inevitabilmente alle isole Hawai e al loro mare azzurro, richiamato in questo caso dalla colorazione.
Sfortunatamente quell’anno il sole al Mugello
non splendette.
La gara delle 500 fu interrotta dalla pioggia, per
poi ripartire con la pista completamente allagata. Nel giro di ricognizione Valentino Rossi, in
versione hawaiana, perde il controllo della sua
Honda NSR 500 e finisce a terra. Riportato ai box
riparte prudentemente con la seconda moto, per
poi scatenarsi nel finale con una serie di sorpassi
da applausi riuscendo a riportarsi in scia ad Alex
Barros, ma nell’ultimo giro cade nuovamente.
Da quel momento il Campione di Tavullia non
corse più, per superstizione, con una moto che
avesse dei colori diversi in occasione del round
di casa, ma preferì dedicarsi invece alla personalizzazione dei suoi caschi, insieme all’amico e
designer Aldo Drudi.
LE 5 LIVREE PIÙ STRAVAGANTI
DELLA MOTOGP
MotoGP
2. Yamaha M1 Fiat 500 di Jorge
Lorenzo e Valentino Rossi
Nel 2010, a Laguna Seca, per festeggiare il lancio
della Fiat 500 negli Stati Uniti il Team Fiat Yamaha sfoggiò una originale livrea raffigurante 500
volti di alcuni fortunati tifosi che si aggiudicarono
un posto sulla carenatura della M1 di Valentino
Rossi e Jorge Lorenzo. Un concorso indetto da
Yamaha, tramite un sito dedicato, dove tutti i
fans hanno potuto mandare le foto dei loro volti
e far parte così della colorazione originale della Yamaha M1. I 500 volti sono stati rielaborati
graficamente dal designer Aldo Drudi, che ha poi
realizzato la speciale livrea creando anche un
particolare logo Fiat 500 in versione americana
stelle e strisce, riprodotto su entrambi i lati delle
carene e sulle tute dei due piloti.
3. Aprilia RSW 250 Spiderman di
Marco Melandri
Dopo Rossi anche il giovane Marco Melandri, nel 2002, seguì le orme di The Doctor. Per
di Thomas Bressani | Vi proponiamo una piccola selezione delle
livree che hanno catturato maggiormente l’attenzione e hanno fatto
discutere, durante gli anni del Motomondiale. Più altre due che
non potevamo tralasciare
S
ono anni ormai che, in occasione dei
Gran Premi di casa della MotoGP,
vediamo schierarsi sulla griglia di
partenza qualche pilota con la propria moto graficamente rivista nella livrea. Vuoi
che sia stata realizzata per celebrare qualche
avvenimento, pilota, concorso o semplicemente
per regalare al pubblico qualcosa di speciale, in
MotoGP per la maggior parte dei casi se ne sono
viste, in questo caso possiamo dirlo, di tutte i co64
lori. Ecco quindi che vi rinfreschiamo la memoria
proponendovi quelle che secondo noi sono le 5
livree, più due, che sono riuscite a catturare la
nostra attenzione e a rimanerci maggiormente
impresse.
1. Honda NSR 500 Dirty Diversity
di Valentino Rossi
In occasione del GP del 2001 al Mugello, Rossi
si presentò ai box con la sua Honda NSR 500
65
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Scarica l’APP del Magazine
dotati di forza straordinaria e grandi poteri. Quello che ne è uscito è stata una grafica caratterizzata dall’imponenza di una singola stella che si
fonde con il logo Repsol e dal colore dominante
arancione su tutta la moto. Un risultato forse non
troppo entusiasmante e ben riuscito, a nostro
parere, ma che ha saputo comunque attirare l’atenzione di molti.
5. Ducati Desmosedici total white
di Casey Stoner
Era il 2009 quando Casey Stoner si presentò in
occasione del Gran Premio di Phillip Island con
una Ducati Desmosedici GP9 del tutto particolare. Abbandonato il classico rosso di Borgo Panigale, Stoner si è presentato davanti al pubblico
di casa ripulito dei colori istituzionali, sfoggiando
una moto total white, in abbinamento alla tuta,
che ha permesso di far risaltare in quella occasione la bandiera australiana aerografata sul lato
delle carene. Quell’anno Stoner tornò alla vittoria
in Australia dominando a Phillip Island. Il pilota
australiano in sella alla Ducati total white riuscì
festeggiare i 40 anni dell’Uomo Ragno, il grande
eroe dei fumetti della Marvel nato dalla matita di
Stan Lee, e l’uscita nelle sale cinematografiche
del primo film, Machomax si presentò in pista
a Misano con l’Aprilia RSW 250 con le grafiche
rosse e blu del famoso supereroe di New York
City. Casco, tuta e guanti ovviamente in abbinamento alla moto, come se Melandri indossasse veramente la famosa tutina di Peter Parker.
In ben due occasioni Marco indossò i panni di
Spiderman, l’altra fu nel 2004 durante il GP del
Portogallo a Estoril, in occasione di una stretta
collaborazione con l’organizzazione umanitaria Emergency e dell’imminente uscita del secondo capitolo della saga, questa volta in sella
alla Yamaha M1. Il merito di questa trasformazione ovviamente non va ad una puntura di un
66
MotoGP
a tenere sempre dietro il suo grande rivale Valentino Rossi, che tagliò il traguardo in seconda
posizione.
Più altre due
Non potevamo tralasciare queste due livree, del
tutto particolari, fuori dalla nostra classifica. Anche se ce ne sarebbero molte altre da aggiungere, ma questo lo lasciamo fare a voi commentatori.
Ducati Desmosedici GP9 di Nicky
Hayden
Tra le livree più patriottiche di tutte forse quella dell’americano è sicuramente la grafica che
rispecchia meglio lo spirito e l’attaccamento al
proprio stato tra le tante. Nel 2009, durante i
test a Valencia, Hayden ha debuttato con la Ducati Desmosedici GP9 con una livrea raffigurante
la bandiera americana a stelle e strisce su tutta
la carena. Forse voluta per farsi riconoscere e far
vedere il cambio moto, dopo i sei anni trascorsi in
sella alla Honda HRC in MotoGP.
piccolo ragno sulla mano di Melandri ma casco,
tuta e guanti sono stati dipinti a mano e areografati anche questa volta dalla creatività di Aldo
Drudi.
4. Honda Repsol Aragon di Stoner,
Pedrosa e Dovizioso
Nel 2011 i tre piloti ufficiali del Team Repsol Honda, Stoner, Pedrosa e Dovizioso (prima volta in
cui si videro tre campioni nello stesso box) si
presentarono ad Aragon con una livrea che andava a stravolgere completamente i colori ufficiali Repsol. Realizzata dall’artista David Delfin,
la nuova livrea esaltava la forza del team Honda
e la sua presenza ormai costante nel Motomondiale. L’ispirazione è nata anche qui dal mondo
dei supereroi, immaginando i tre piloti Honda
67
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Scarica l’APP del Magazine
MotoGP
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbb
Suzuki Rizla Barry Sheene di Chris
Vermeulen
Durante il GP di Australia, nel 2007, l’australiano
Chris Vermeulen sul circuito di casa ha deciso di
scendere in pista con la Suzuki GSV-R800 raffigurante i colori con cui correva il grande Barry
Sheen. Gli stessi colori con cui il pilota, ormai
scomparso, gareggiava con la sua XR-14 nelle
stagioni 1976 e 1977. Vermeulen fu infatti scoperto dallo stesso Sheen, verso la fine del 1998,
dandogli l’occasione di poter gareggiare in Gran
Bretagna nel 1999. «Correre in sella a una Suzuki
è un grande onore, Barry mi ha aiutato a correre in Gran Bretagna, e oggi mi manca molto. Lo
scorso anno ho avuto la possibilità di guidare una
della Suzuki XR-14 con le quali correva, in occasione del Festival di Gooodwood; correre con i
suoi colori in MotoGP è anche meglio». Queste le
parole di Chris nel 2007, quando oltre alla moto
con la livrea dedicata al suo scopritore scese in
pista con tuta e casco degli stessi colori indossati allora dal pilota britannico.
68
69
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Scarica l’APP del Magazine
DOPOGP CON NICO E ZAM
IL GP DI SAN MARINO
di Giovanni Zamagni | Uno dei GP più strani delle ultime stagioni dove
tattica e sfortuna sono salite sul podio. L’analisi con Nico Cereghini,
Zamagni e Bernardelle
U
n Gran Premio deciso dal meteo.
Una vittoria contesa tra la strategia
e la fortuna. Nella puntata di DopoGP dedicata al GP di San Marino
analizziamo le varie fasi della gara, gli errori e le
decisioni dei protagonisti. Iniziamo da Marquez
che ha vinto grazie un coordinamento perfetto
con i box, ma anche alla leggerezza che il non
aver nulla da perdere gli concesso. Al contrario la
tanto criticata tattica di Rossi - che ha ritardato
il secondo cambio gomme - è stata davvero così
insensata? E Lorenzo ha sbagliato a marcare
70
Valentino o doveva osare per tentare di recuperare punti in classifica? Disastro Ducati che nelle
qualifiche va forte con il collaudatore Pirro e in
gara va nel pallone con gli ufficiali.
Tanta tecnica con l’Ing. Bernardelle che in questa puntata ci parla ovviamente di pneumatici,
ma anche delle “alette” spuntate da tempo sulle
Ducati e, da Misano, anche sulle Yamaha di Rossi e Lorenzo. Come sempre tanta tecnica con
l’Ing. Bernardelle che, insieme a Nico Cereghini e
Giovanni Zamagni, risponderà alle domande e ai
commenti dei lettori.
71
GLI SCATTI PIÙ
BELLI DEL GP DI
SAN MARINO
Una gara strana, nella quale il successo era conteso
tra strategia e fortuna. Ecco gli scatti più spettacolari
72
73
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
74
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Scarica l’APP del Magazine
MotoGP
75
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Scarica l’APP del Magazine
Periodico elettronico di informazione motociclistica
MotoGP
Media
76
77
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
78
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Scarica l’APP del Magazine
MotoGP
79
SPECIALE SUPERBIKE
GP DI SPAGNA
80
81
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Scarica l’APP del Magazine
suo ritmo, anche perché la sua Panigale funziona
meglio con le gomme usurate. VdMark si ricorda di essere uno dei giovani più talentuosi della
Superbike e porta sul terzo gradino del podio la
tanto vituperata CBR che però evidentemente
nelle mani giuste può ancora dire la sua. La sua
partenza non è stata delle migliori, ma anche lui
come Davies ha dato il meglio quando è uscito
dal gruppo degli inseguitori. Con le prime tre posizioni ormai consolidate, la gara è vissuta sul
duello tra Rea ed Haslam per la quarta posizione.
Il neo campione del mondo ha commesso molti
errori, ma alla fine ha avuto la meglio su Leon che
non sembrava tanto a posto con la ciclistica. E’
andata peggio al suo compagno di squadra Torres che alla prima curva ha avvertito un problema ai freni che lo ha costretto ad arrivare lungo,
perdendo moltissime posizioni. Jordi è riuscito
comunque a terminare la gara al dodicesimo
Superbike
posto. Gara compromessa e conclusa con un
misero dodicesimo posto. Chiudiamo con le delusioni di giornata parlando di Canepa, che dopo
essere partito molto bene dalla prima fila ed essere transitato per due giri in quarta posizione,
è scivolato al terzo giro. Risalito prontamente
sulla sua Panigale, Niccolò ha chiuso al diciassettesimo posto. Anche se in posizioni diverse,
Michele Pirro ha ripetuto la gara di Davies e da
metà gara circa in pii si è avvicinato alla coppia
Rea Haslam, sino a raggiungerla nei giri finali.
Con le gomme ormai usurate e senza conoscerne perfettamente il limite, Michele ha preferito
accontentarsi della sesta piazza. Lowes ha chiuso settimo davanti ad un bravissimo Baiocco che
è risalito dalla tredicesima all’ottava posizione
finale. Raccoglie solo un punticino Badovini, ancora alla ricerca di un bun set up per la sua BMW
su questa pista.
REA CAMPIONE DEL MONDO SBK
GARA 1 A SYKES
di Carlo Baldi | Con un quarto posto Rea si laurea campione del mondo.
Sykes domina la gara. Sul podio anche Davies e un sorprendete VdMark.
Deludono Canepa e Torres (problema ai freni)..
N
on è stata certamente la sua miglior
gara della stagione, costellata di errori e chiusa al quarto posto (peggior risultato stagionale) ma è stata
la gara che Johnny Rea ricorderà per tutta, la vita
perché è quella che lo ha laureato campione del
mondo. Un titolo meritatissimo a conclusione
di un campionato dominato dal nordirlandese e
82
dalla Kawasaki. Nel giorno del trionfo di Rea, festeggia anche Sykes che parte in testa e non da
scampo ai suoi avversari con un ritmo insostenibile per tutti. In pochi giri Tom ha accumulato
un buon vantaggio, che ha poi gestito sino alla
fine. Il coriaceo Davies lotta sino a metà corsa
nel gruppo degli inseguitori, ma quando riesce
a vedere la pista libera davanti a se aumenta il
83
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Scarica l’APP del Magazine
dalla prima fila, non aveva tenuto conto del fatto
che l’asfalto per gare due era di 15 gradi più caldo rispetto alla gara del mattino ed ha stressato
troppo le sue Pirelli che lo hanno abbandonato
proprio mentre Davies stava rinvenendo su di lui.
Ennesima delusione per Sykes che vede allontanarsi il secondo posto in classifica.
Se parlando di Baiocco si può ancora utilizzare il
termine “sorpresa”, allora il sesto posto del pilota di Osimo è un risultato inatteso, ma sarebbe
invece più corretto dire che questa eccezionale
prestazione del pilota del team Althea si inquadra in una stagione condotta da Matteo ben oltre
le previsioni. Ci aspettavamo di più da Pirro, ma
il tester della Ducati ha svolto molto bene il compito al quale è stato chiamato e porta a casa un
Superbike
settimo posto positivo, considerando che questa
era solo la sua terza gara con la Panigale SBK.
Grande prova di Camier che porta all’ottavo posto la vetusta e pesante MV F4 e precede Guintoli e Mercado. Nonostante partisse dalla prima
fila, Canepa non centra la top ten e chiude mestamente due gare dalla quali si aspettava molto
di più. Delusione anche per VdMark, caduto nel
corso del sedicesimo giro, quando era in quarta
posizione. Risalito in sella l’olandesino... volante
ha chiuso tredicesimo. Due punti per Badovini
sempre alle prese con problemi di assetto alla
sua S 1000 RR. Chiude la zona punti Ponsson
con la Kawasaki del team Grillini. Non hanno tagliato il traguardo de Puniet e Ramos, entrambi
per problemi tecnici.
DAVIES
SI IMPONE IN GARA DUE A JEREZ
di Carlo Baldi | Chaz Davies si aggiudica gara due a Jerez davanti alle
Aprilia di Torres e Haslam. Quarto Rea davanti a Sykes. Ottimo sesto
posto di Baiocco che nel finale supera Pirro
D
opo la prima manche Davies ci aveva confermato che la sua Panigale
funziona meglio da metà gara in poi
e su questo ha impostato la sua tattica in gara due. Dopo aver resistito alle spalle
di Sykes, nel corso dell’undicesimo giro il pilota
della Ducati ha sferrato il suo attacco a Tom, che
nel frattempo era entrato in crisi con le gomme.
Da li in poi la gara no ha avuto storia. Chaz ha
imposto il suo ritmo, mentre al contrario Sykes
precipitava al quinto posto. Alle spalle del gallese
84
si sono piazzate le due Aprilia, con Torres (ascolta la sua intervista) che, risolti i problemi ai freni
che lo avevano rallentato in gara uno, ha fatto
un’ottima gara, resistendo all’attacco del suo
compagno di squadra. Haslam ci ha provato senza successo all’ultimo giro, nell’ultima curva, ma
è andato largo lasciando via libera allo spagnolo.
Interrompendo i festeggiamenti, Rea è tornato in pista abbastanza concentrato da cogliere
ancora la quarta posizione finale, davanti al suo
compagno di squadra. Sykes, partito a missile
85
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Periodico elettronico di informazione motociclistica
LE PAGELLE
DEL GP DI SPAGNA
di Carlo Baldi | Solo 9 al campione del mondo; 10 a Davies e 8 a Sykes.
7,5 a Baiocco e 7 a Pirro e Camier
C
ronaca di un trionfo annunciato.
Non capita spesso che la superiorità di un pilota e di una moto sia
tale che tutti, avversari ed addetti
ai lavori, ne riconoscano l’evidenza. Jonathan
Rea ha dominato questo campionato Superbike
2015 in modo sorprendente. Basti pensare che
i suoi peggiori risultati stagionali sono quelli che
ha ottenuto qui a Jerez, vale a dire due quarti
posti, il secondo dei quali ottenuto a titolo ormai
86
conquistato. Infatti quando gli abbiamo chiesto
quale fosse stato il momento più difficile della
sua travolgente stagione Johnny ci ha risposto :
«La prima gara di oggi. Ero teso perché sapevo
che potevo vincere il titolo ed ho guidato cercando di non commettere errori, ma non è stato
per niente facile mantenere la concentrazione».
Campionato dominato da Rea, ma anche dalla
Kawasaki. La ZX-10R ed il nordirlandese hanno
creato un binomio invincibile ed inavvicinabile
Scarica l’APP del Magazine
per tutti i loro avversari, compreso Sykes. L’inglese, pur disponendo della stessa moto, ha impiegato molte gare prima di riuscire ad adattarsi
alla Ninja in versione 2015 e questo gli è stato fatale nella corsa al titolo. Visti i risultati di Davies
nelle ultime sei manche (quattro vittorie e due
secondi posti) in casa Ducati si mangiano le mani
pensando a quale campionato avrebbe potuto
essere quello di Chaz senza i due tremendi passi
falsi di Buriram (Thailandia) e Imola, dove il gallese raccolse un totale di soli sei punti in quattro
manche. Ma ormai è inutile guardare al passato.
Meglio programmare il futuro. Un futuro incerto
quello di Torres ed Haslam, arrivati sulla RSV4
nell’anno sbagliato, ora che la quattro cilindri di
Noale non è più il missile che aveva permesso a
Guintoli di vincere il titolo mondiale. Il prossimo
anno sarà difficile rivedere in pista le Aprilia e
quindi i due sono in cerca di una sistemazione,
Superbike
così come le RSV4 ufficiali che rischiano di finire
nel museo Aprilia. La Honda ritrova il suo bambino prodigio VdMark, che ci dimostra come la tanto vituperata CBR possa ancora salire sul podio.
La Suzuki prende una boccata d’ossigeno in gara
uno con il solito Lowes, che però nella seconda
naufraga assieme al fantasma De Puniet. La nuova GSX è ormai in cantiere, ma forse la vedremo
in Superbike solo nel 2017. La MV si aggrappa
ad un bravissimo Camier, per portare a casa
due buoni risultati con la pensionabile F4 (ma
quando arriva la moto nuova?) mentre il team
BMW vive uno dei suoi weekend più difficili, su
di un tracciato che mette in difficoltà Badovini e
la sua S 1000 RR. Il team Ducati Althea stupisce
in prova con Canepa, ma poi a portare a casa il
risultato deve pensare come sempre il soldatino
Baiocco, che in gara due precede anche la Panigale ufficiale di Pirro. Mercado va meglio in gara
87
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Scarica l’APP del Magazine
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Superbike
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbb
che non in prova, ma nel team Barni non fanno
salti di gioia.
Si merita il secondo posto in classifica e la riconferma della Ducati.
in gara due, ma con la CBR si deve rischiare (capitava anche ad un certo Rea).
classifica, ma da un pilota ufficiale è lecito attendersi molto di più.
9
8
8
7
Jonathan Rea
Per lui in palio non c’era tanto il podio,
quanto il titolo mondiale e Johnny ha una gara 1
nervosa e piena di errori, del tutto giustificabili.
Nella seconda ha corso deconcentrato dai festeggiamenti, ma ha portato a casa ancora un
quarto posto. Un 6 alle sue gare di Jerez ed un 12
al suo campionato danno una media del 9.
10
Chaz Davies
Ormai conosce la Panigale come le sue
tasche e la sa sfruttare al 100%. In gara uno si
avvicina a Sykes quando è troppo tardi, ma nella
seconda gestisce al meglio le gomme e va a vincere la sua quarta gara nelle ultime sei manche.
88
Tom Sykes
Imbattibile in Superpole, nella prima gara
corre come piace a lui, spingendo al massimo dal
primo all’ultimo giro e staccando tutti. Nella seconda come spesso gli capita, non considera che
sull’asfalto ci sono 15 gradi in più e a metà gara
le sue Pirelli lo mollano facendolo precipitare al
quinto posto. Alti e bassi che rispecchiano la sua
stagione.
7
Michael VdMark
Chi si rivede! Ci siamo chiesti spesso come
mai il suo talento si fosse appannato, ma a Jerez abbiamo rivisto il VdMark di inizio stagione,
aggressivo e spettacolare. Peccato la scivolata
Jordi Torres
Una sfollata alla prima curva ed un problema ai freni gli rovinano la festa in gara uno, ma gli
iniettano una sana rabbia agonistica che lo porta
a fare una bellissima seconda manche. Nella sua
prima stagione in Superbike Jordi è cresciuto
tantissimo e sarebbe davvero un peccato perderlo.
6,5
Leon Haslam
Non morde. Nella prima manche commette qualche errore di troppo ed è solo quinto,
mentre nella seconda sale sul podio, ma perde nettamente il duello con il suo compagno di
squadra. E’ costante e per questo è quarto in
Michele Pirro
Rispetto a Misano ha un poco più di tempo
per conoscere la Panigale R e le Pirelli. In gara
uno arriva alle spalle di Rea ed Haslam, ma non
conoscendo ancora quale sia il limite delle gomme preferisce non rischiare. Nella seconda i suoi
pneumatici calano nel finale e non può rispondere all’attacco di Baiocco, ma nel complesso fa
quello che ci si aspettava da lui.
7,5
Matteo Baiocco
Il soldatino di Osimo si porta a casa un
sesto posto, come aveva già fatto in Tailandia, a
Imola e a Portimao. In prova conquista la terza
fila, in gara uno parte male e rimonta, mentre
89
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbb
SBK Jerez
Classifica
Gara 1
nella seconda si mette dietro un po di ufficiali.
Cosa altro deve fare per meritarsi una riconferma nel team Althea?
6
Niccolò Canepa
Arriva a Roma ma non vede il Papa. Dopo
il terzo posto in Superpole ci si aspettava che
Niccolò potesse fare due belle gare. Invece butta
tutto alle ortiche con una scivolata in gara uno,
mentre nella seconda è frenato da un problema
tecnico. Occasione sprecata.
7
Leon Camier
La MV gli sta stretta, ma lui sfrutta al massimo quello che gli passa il convento. Quando non
era ancora maturo guidava una RSV4 ora che
potrebbe stare con i primi si ritrova sulla poco
competitiva F4. Scherzi del destino. E’ un grande
professionista e speriamo che la nuova MV arrivi
presto.
90
6,5
Alex Lowes
Con la Suzuki si possono fare solo alcuni giri veloci e lui li fa. Non si fa deconcentrare
dalle voci di mercato (più che voci ormai il suo
passaggio alla Yamaha è cosa certa) e si impegna sia in prova che in gara. Bene nella prima
manche, è limitato da problemi tecnici nella seconda.
9
Jules Cluzel
Anche se corre in Superport vogliamo inserirlo tra i protagonisti di Jerez. Una stagione
iniziata male e finita peggio per il talento francese della MV. Nelle prime gare del campionato la
sua moto lo tradisce e lo lascia a piedi, ma lui non
demorde e risale la classifica sino a tornare alle
spalle di Sofuoglu. Quando si apprestava all’attacco finale la fortuna gli ha girato le spalle. Un
grave infortunio che ci auguriamo si risolva nel
migliore dei modi. Forza Jules!
Superbike
Scarica l’APP del Magazine
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Classifica
Gara 2
Pos.
Pilota
Punti
Pos.
Pilota
Punti
1
T Sykes
25
1
C Davies
25
2
C Davies
20
2
J Torres
20
3
M Vd Mark
16
3
L Haslam
16
4
J Rea
13
4
J Rea
13
5
L Haslam
11
5
T Sykes
11
6
M Pirro
10
6
M Baiocco
10
7
A Lowes
9
7
M Pirro
9
8
M Baiocco
8
8
L Camier
8
9
L Camier
7
9
S Guintoli
7
10
S Guintoli
6
10
L Mercado
6
Classifica
Generale
Pos.
Pilota
Punti
1
J. REA
478
2
C Davies
353
3
T Sykes
331
4
L. HASLAM
286
5
J Torres
210
6
S Guintoli
175
7
M Vd Mark
144
8
M Baiocco
125
9
A Lowes
121
10
D Giugliano
119
91
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Scarica l’APP del Magazine
Superbike
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbb
I CASCHI
DI JOHNNY
di Carlo Baldi | Con i tre caschi indossati dopo la gara di Jerez, Rea ha
celebrato il suo titolo ed ha reso omaggio ai due campioni del mondo
nordirlandesi del passato Brian Reid e Joey Dunlop
D
i tempo per organizzare i festeggiamenti per la conquista del suo primo
titolo mondiale Jonathan Rea ne ha
avuto e per questo oltre alla solita
maglietta celebrativa, nel giro di saluto, al termine della prima gara di Jerez , il neo campione del
mondo Superbike ha indossato tre caschi diversi. Il primo riportava la grafica di Brian Reid pilota
nordirlandese come Rea, che negli anni 80 è stato campione del mondo della classe F2 e amico
92
di famiglia del padre di Johnny, a sua volta pilota
road race. Il secondo era quello con la ben nota
grafica giallo nera di Joey Dunlop, indimenticato
pluricampione del mondo della classe F1, idolo di
tutti i piloti anglosassoni e non solo.
Il terzo era ovviamente quello che celebrava il
suo titolo mondiale.
In un solo giro Rea ha voluto quindi celebrare i tre
piloti nordirlandesi che si sono fregiati del titolo
di campioni del mondo.
93
SPECIALE MOTOCROSS
GP DEGLI
STATI UNITI
94
95
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Periodico elettronico di informazione motociclistica
FEBVRE
DOMINA ANCHE L’ULTIMO GP
Scarica l’APP del Magazine
dietro a Grant al termine di un consistente recupero dalla decima piazza. Niente da fare quindi
per i suoi due avversari che si sono dovuto accontentare del secondo e terzo posto, andato
rispettivamente a Grant e Webb, i quali hanno
preceduto lo scozzese ufficiale KTM USA Dean
Wilson, Glenn Coldenhoff e Evgeny Bobryshev.
Solo 7° Gautier Paulin, che dopo il Nazioni si sottoporrà ad un esame approfondito al ginocchio
per verificare se sarà necessario un intervento
chirurgico. E Tony Cairoli? In verità visto che era
risalito in moto solo una settimana prima pensavamo fosse partito in scioltezza usando l’ultimo GP della stagione come banco di prova per
i pezzi ufficiali che equipaggeranno la sua KTM
2016. In realtà avevamo trascurato il fatto che
quando un campione come Tony sale in sella non
lo fa tanto per fare, e lo si è visto nella seconda
manche quando è partito in testa. Pur avendo
un’autonomia limitatissima a causa delle lunghe
settimane trascorse a riposo, ha corso come un
dannato rimanendo al comando tre giri e compiendone un altro in seconda posizione, poi però
ha iniziato a perdere colpi ed ha preferito ritirarsi
Motocross
per non prendere rischi inutili, potendo vantare
un ottimo 5° posto in Gara 1 dopo essere rimasto nelle prime posizioni per tutta la gara. Finale in 15ª piazza invece per Davide Guarneri, che
ha chiuso la stagione dopo aver saltato cinque
GP per l’infortunio nel GP della Gran Bretagna.
La lotta al vertice della MX2 si è invece conclusa in favore di Tim Gajser che forte dei 18 punti
di vantaggio su Pauls Jonass ha mantenuto la
concentrazione e grazie al 4° posto assoluto si
è aggiudicato il suo primo titolo iridato. Il rivale
lettone non è riuscito a fare meglio di 9° assoluto,
e già dopo la prima manche in cui aveva perso la
sfida nel testa a testo con il pilota della Honda le
possibilità di far suo il titolo si erano ridotte ad
un lumicino. La gara è stata dominata dai piloti
della KTM Troy Lee Jessy Nelson, che ha vinto
entrambe le manche, e Shane McElrath il quale
ha prevalso su Valentin Guillod il quale ha dimostrato di essere uscito dal tunnel in cui era finito
recentemente. 5ª posizione per Max Anstie, che
ha così chiuso la stagione al 3° posto assoluto;
12° Ivo Monticelli e 18° Samuele Bernardini.
Guarda la classifica
di Massimo Zanzani | Nonostante la migliore predisposizione dei piloti
di casa per il veloce tracciato californiano l’ufficiale Yamaha conferma le
sue credenziali di campione del mondo e vince davanti a Grant e Webb;
a Gajser il titolo MX2
L’
ufficiale Kawasaki Josh Grant si
era preparato a dovere sul fondo
che conosce come le proprie tasche, anche perché l’eventuale
vittoria del GP gli avrebbe aperto più facilmente
la porta in una squadra di buon livello visto che
attualmente non ha ancora nessun contratto per
il prossimo anno, ma la sua dedizione e la sua
pur buona competitività non sono bastate a pie96
gare Romain Febvre. Che tanto per ribadire che
il titolo iridato conquistato con ben due prove in
anticipo non è arrivato a caso, ha fatto suo anche
la 18ª ed ultima prova iridata con cui ha fatto vedere al pubblico statunitense di che pasta è fatto.
E che passo c’è nel Mondiale cross. Il francese ha
vinto di prepotenza la prima manche dopo aver
avuto la meglio su Cooper Webb e Josh Grant,
affiancando un secondo posto in quella finale
97
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Scarica l’APP del Magazine
Motocross
TONY CAIROLI
“SONO ANCORA VELOCE”
di Massimo Zanzani | Rientro in punta di piedi per Cairoli a
Glen Helen: “Sono contento della velocità, manca l’allenamento”
«
Sapevo di non essere in forma per il
GP e di non poter puntare al podio,
però sono contento di com’era la
velocità e di come ha risposto il mio
corpo dopo l’infortunio e anche delle novità che
abbiamo testato che sicuramente mi hanno aiutato. Ho visto che la velocità c’era e che per 15-20
minuti siamo rimasti lì (nelle posizioni di testa,
NDR). Abbiamo fatto una buona prima manche,
con un quinto posto e poi la seconda ho fatto un
po’ di errori dopo 20 minuti di gara e ho preferito
98
non rischiare e portare a casa la pelle, perché la
pista era veramente difficile e veloce e con la mia
preparazione fisica non ho voluto rischiare. Ci
prepareremo per la stagione prossima».
Cosa hai testato in particolare sulla moto?
«Abbiamo testato un po’ di tutto a livello motoristico, di ciclistica, nuove cose che sicuramente
per l’anno prossimo ci aiuteranno».
Chi pensava che fossi venuto qui in vacanza si
è dovuto ricredere.
«Sì, il passo c’è e adesso è importante sapere
quali sono le nostre potenzialità. C’è la possibilità di fare bene, dobbiamo solo stare tranquilli e
puntare alla stagione prossima».
La prossima settimana non sarai in Francia al
MXON, hai qualcosa da dire ai ragazzi che ti
sostituiscono?
«In bocca al lupo all’Italia al Trofeo delle Nazioni
e che facciano una buona esperienza. Spero riescano a portare a casa dei buoni risultati»
99
MXGP, MESSICO
2015. LE FOTO PIÙ
SPETTACOLARI
Spettacolare battagli sulla pista messicana tra fango
e cactus.Ecco gli scatti più belli del GP del Messico
di Massimo Zanzani
100
101
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
102
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Scarica l’APP del Magazine
Motocross
103
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Scarica l’APP del Magazine
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Motocross
Media
104
105
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
106
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Scarica l’APP del Magazine
Motocross
107
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Scarica l’APP del Magazine
EDITORE:
CRM S.r.l., Via Melzo 9 - 20129 Milano
P. Iva 11921100159
RESPONSABILE EDITORIALE
Ippolito Fassati
RESPONSABILE SVILUPPO
EDITORIALE
Andrea Perfetti
CAPO REDATTORE
Edoardo Licciardello
REDAZIONE
Maurizio Gissi
Maurizio Tanca
Cristina Bacchetti
Marco Berti
Thomas Bressani
Aimone Dal Pozzo
Francesco Paolillo
COLLABORATORI
Nico Cereghini
Giovanni Zamagni
Carlo Baldi
Massimo Zanzani
Antonio Gola
Enrico De Vita
Ottorino Piccinato
Antonio Privitera
Antonio Gola
Alfonso Rago
Marco Agosti
Massimo Clarke
Marco Delmastro
Max Morri
Federico Iozzi
GRAFICA
Thomas Bressani
COPYRIGHT
Tutto il materiale contenuto in Moto.it Magazine è oggetto di diritti esclusivi di CRM
S.r.l. con sede in Milano, Via Melzo 9. Ne è
vietata quindi ogni riproduzione, anche parziale, senza l’autorizzazione scritta di CRM
S.r.l.
MOTO.IT
Via Melzo 9- 20129 Milano
Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003
Capitale Sociale Euro 10.000 i.v.
Email: [email protected]
108
109