pagina 1 - Fausto Biloslavo
Transcript
pagina 1 - Fausto Biloslavo
Esteri 13 il Giornale 쐌 Martedì 24 luglio 2007 Il presidente francese sembra pronto a raggiungere a Tripoli la moglie Cecilia, già sul posto con la commissaria europea Benita Ferrero-Waldner Libia, missione Sarkozy per le infermiere bulgare Alberto Toscano da Parigi 쎲 La questione delle infermiere bulgare condannate in Libia per la demenziale accusa d’aver inoculato il virus dell’Aids nel sangue di 438 bambini a Bengasi (56 dei quali sono morti) sta assumendo per Nicolas Sarkozy un rilievo politico di prima grandezza. L’Eliseo s’è impegnato a fondo per la liberazione delle sei persone (cinque infermiere e un medico bulgaro di origine palestinese), imprigionate da otto anni. Prima sono state condannate a morte, poi la pena è stata tramutata in ergastolo dalle autorità di Tripoli sulla base di una promessa di risarcimento a ogni famiglia che abbia un figlio contagiato. I soldi verranno forniti dall’Unione Europea, che negozia da tempo con grande riservatezza nella speranza di risolvere un problema delicato e spinoso. Ma la nuova L’Eliseo determinato a risolvere l’incredibile caso umanitario delle sei persone accusate di aver inoculato volontariamente il virus dell’Aids a 438 bambini libici zionaria del Paese sudamericano, poi la questione del Darfur e appunto la vicenda delle infermiere bulgare. Ieri Sarkozy ha detto che «il dialogo con Tripoli è duro, complicato e difficile», ma al tempo stesso le fonti ufficiali libiche hanno annunciato che domani il presidente francese andrà a render visita al colonnello Gheddafi. Sempre ieri si trovava in Libia, dov’era giunta nella giornata di domenica, una strana coppia di donne politiche: la commissaria europea, responsabile delle Relazioni esterne, Benita Ferrero-Waldner, e la first lady francese Cecilia Sarkozy, che non ha alcun mandato politico o diplomatico. Come il 12 luglio, quando Cecilia Sarkozy è anda- ta per la prima volta a far visita a Gheddafi per parlare delle infermiere bulgare, la moglie del presidente era accompagnata dal sempre più potente Claude Guéant, segretario generale dell’Eliseo. Negli ambienti dell’Unione Europea l’iperdinamismo francese nelle relazioni con la Libia sta suscitando perplessità, che lo stesso Sarkozy ha tentato di dissipare nella notte tra domenica e lunedì con una lunghissima telefonata al presidente della Commissione José Manuel Barroso. Vari Stati europei, tra cui la Germania e l’Austria (il Paese della signora Ferrero-Waldner), sarebbero perplessi di fronte allo spiccato attivismo della diplomazia del presidente Sarkozy. Ecco intervenire, allo scopo di placare le acque, un fedelissimo di quest’ultimo come Roger Karoutchi, ministro francese responsabile delle Relazioni col Parlamento, secondo cui Cecilia Sarkozy «non ha un mandato di negoziatrice, ma vuole semplicemente fare la propria parte in un’azione dal grande rilievo umanitario». Dal canto suo la Commissione ha diramato un comunicato per manifestare la propria speranza in una soluzione rapida dell’incredibile odissea delle infermiere bulgare. Quanto ai libici, è chiaro che utilizzano tutta questa vicenda per rilanciare la loro diplomazia. Se Sarkozy andrà davvero a Tripoli (ieri sera le fonti dell’Eliseo erano molto prudenti a questo riguardo) e se tornerà indietro con le persone un tempo condannate a morte, l’iperdinamismo del presidente francese sarà difficilmente criticabile dai Domani il possibile incontro della coppia presidenziale con Gheddafi Europa perplessa per l’iperattivismo della diplomazia di Parigi Francia di Sarkozy è decisissima a svolgere un ruolo di primo piano. Appena andato al potere, lo scorso 16 maggio, Sarkozy ha detto di volersi impegnare personalmente nella soluzione di alcuni casi internazionali a carattere politico-umanitario. Soprattutto tre: la liberazione, che non è ancora avvenuta, della francocolombiana Ingrid Betancourt, ostaggio della guerriglia rivolu- partner europei. Altrimenti il viaggio di Sarkozy potrebbe essere rinviato. Comunque il presidente ha l’agenda piena d’impegni d’ogni genere. Ieri è andato a Marcoussis a far visita alla nazionale di rugby, che in settembre sarà la squadra ospite dei mondiali della palla ovale. «Questa coppa del mondo non potete farvela scappare!», ha detto Sarkozy ai giocatori. PROTAGONISTI Nicolas e Cecilia Sarkozy mostrano di voler condividere l’attivismo francese in campo umanitario, ma non tutti in Europa sembrano apprezzarlo [GAMMA] INTERVISTA Fausto Biloslavo da Firenze 쎲 Shukria Barakzai ha ricevuto ieri il Giglio d’oro del Comune di Firenze assieme a un’altra parlamentare afghana, Malalai Joya, come simboli del nuovo Afghanistan che sta nascendo fra mille difficoltà. La candidatura della Barakzai è stata fortemente voluta da Enrico Bosi, consigliere comunale di Forza Italia, che ha letto sul Giornale la sua storia coraggiosa. Ai tempi dei talebani la frustarono trovandola in giro da sola, ma oggi Shukria siede in Parlamento. In Afghanistan è scoppiata la guerra degli ostaggi. I fondamentalisti copiano le tattiche irachene? «Ci sono alcune somiglianze con l’Irak, come i video propagandistici. Però penso che ci troviamo di fronte a una crisi con il più alto numero di ostaggi stranieri mai catturato dai talebani fino ad oggi, a causa dell’errore compiuto nello scambiare il giornalista italiano (Daniele Mastrogiacomo, inviato di Repubblica, nda) con cinque prigionieri talebani. Dopo lo scambio si è sviluppata la “cultura” del rapimento per ottenere il rilascio di qualcuno». Lei sta dicendo che l’impennata dei sequestri di stranieri è derivata dal fatto che i talebani hanno ottenuto quello che volevano nel caso Mastrogiacomo? «Si è trattato dell’inizio. I talebani si sono resi conto che con un giornalista possono ottenere la liberazione di cinque loro combattenti. Non gente qualunque, ma «La cultura del rapimento è nata con Mastrogiacomo» comandanti che sono tornati a combattere con due mani, non solo una, contro il governo che li ha rilasciati». Il nostro governo deve aver promesso a Kabul qualcosa di importante in cambio. Sa cosa? «So che l’Italia si è impegnata nella ricostruzione della strada da Kabul a Bamyan, una provincia isolata, dove sorgevano le storiche statue dei Buddha, prima che i talebani le abbat- Lo dice la deputata afghana Shukria Barakzai, premiata ieri a Firenze tessero. Inoltre avete un ruolo guida e finanziate il sistema giudiziario afghano. Però vorrei sottolineare che gli afghani hanno bisogno di vera giustizia, non più di un sistema transitorio». Cosa pensa del mediatore di Emergency nel seque- stro Mastrogiacomo, Rahmatullah Hanefi, scagionato da tutte le accuse di collusione con i talebani dopo tre mesi di carcere? «In Afghanistan tutti sono convinti che è stato scagionato a causa delle pressioni esercitate da Emergency. SIMBOLO DEL CORAGGIO La deputata afghana Shukria Barakzai Altrimenti le accuse non sarebbero mai decadute. Il processo che lo ha assolto è avvenuto a porte chiuse (come ai tempi del regime comunista, nda), nonostante la Costituzione preveda che tutti i giudizi devono essere pubblici». [AGF] Forse era solo un capro espiatorio? «Non penso. Alcuni parlamentari della provincia di Helmand hanno puntato il dito contro Hanefi. Ma la verità avremmo potuta saperla solo con un processo pubblico». Ieri è morto il “padre della patria” Zahir Shah. Qual è il sentimento degli afghani? «L’Afghanistan ha perso un simbolo di unità. La democrazia ha iniziato a muovere i suoi primi passi ai tempi di Zahir Shah, quando l’Afghanistan era pacifico. Mia madre, che appartiene alla generazione della monarchia, è più fortunata di me. Lei poteva camminare liberamente per strada, senza paura, in un Paese moderno per quel tempo. Io sono stata picchiata per essere andata in giro da sola ai tempi dei talebani. Zahir Shah è stato e rimarrà per sempre un simbolo della nostra storia». UN TEDESCO ANCORA IN MANO AI RAPITORI Kabul, nuovo ultimatum per gli ostaggi coreani Ma i talebani minacciano di tagliare cibo e medicine. Morto Zahir Shah, ultimo re afghano L’ex-re Zahir Shah [FOTO: AFP] 쎲 I talebani hanno concesso una nuova proroga per i 23 ostaggi sud coreani, ma minacciato di tagliare loro cibo e medicine, se il governo afghano non cederà sullo scambio di prigionieri. La guerra degli ostaggi si è intrecciata ieri con la notizia della morte di Zahir Shah, l’ultimo re afghano, nominato «padre della nazione», dopo il suo ritorno in patria nel 2002. L’anziano monarca aveva 92 anni e ne ha trascorsi 29 in esilio in Italia, dopo il colpo di Stato repubblicano di suo cugino Daud del 1973. I talebani hanno rimandato di altre 24 ore l’ultimatum che pendeva sulla testa degli ostaggi sudcoreani, in gran parte donne volontarie di una chiesa evangelica. Le au- torità afghane hanno fatto sapere, attraverso i capi tribù e i religiosi della zona di Ghazni, dove sono tenuti gli ostaggi, che i 23 prigionieri talebani richiesti in cambio degli stranieri sarebbero in mano agli americani. Ieri il generale Dan McNeill, comandante della Nato in Afghanistan, ha chiarito che con i terroristi non si tratta. La stessa posizione assunta dalla cancelliera tedesca Angela Merkel. Un suo connazionale è morto, nelle mani dei talebani e un altro è ancora in ostaggio, assieme a quattro collaboratori afghani. L’ostaggio sopravvissuto, Rudolf B., originario della Baviera, sarebbe riuscito per la prima volta a parlare al telefono domenica scorsa ammettendo che non ce la fa più «a sostenere le dure marce notturne di spostamento. Il generale McNeill ha fatto notare che i sequestri hanno chiari obiettivi politici. «Il Bundestag (la Camera bassa tedesca, ndr) si trova quest’anno di fronte a un voto» sul prolungamento del mandato del contingente di tremila uomini in Afghanistan. McNeill ha notato che la situazione «fa tornare alla mente il caso del giornalista italiano rapito pochi giorni prima di una votazione a Roma (al Senato per rifinanziare la nostra missione in Afghanistan, nda)». A causa del «muro» eretto dagli americani, i talebani vogliono coinvolgere direttamente nelle trattati- ve la delegazione sud coreana giunta a Kabul. Per ora è stato prorogato l’ultimatum fino ad oggi alle 16.30 italiane. In caso di fallimento il solito megafono dei tagliagole, Qari Youssef Ahmadi, ha dichiarato che «sarà difficile per i talebani provvedere alla sicurezza degli ostaggi, e garantire loro cibo e medicine. Non ci sarà altra scelta che ucciderli». Ieri mattina, in un discorso in diretta televisiva, il presidente afghano Hamid Karzai, ha annunciato la morte di «Sua Altezza». Karzai ha proclamato tre giorni di lutto nazionale e il corpo del monarca sarà esposto in una delle moschee di Kabul. Zahir Shah è rimasto sul trono per quarant’anni e il suo regno è, ancora oggi, sinonimo di pace, benessere e prima apertura dell’Afghanistan al mondo moderno e alla democrazia. [FBil]