Il parco scientifico di Hsinchu e il distretto tecnologico di Bagnoli

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Il parco scientifico di Hsinchu e il distretto tecnologico di Bagnoli
OSSERVATORI / SVEC – Osservatorio sui nuovi paradigmi dello sviluppo economico
Il parco scientifico di Hsinchu e il
distretto tecnologico di Bagnoli
di Andrea Gatto
01.
Lo Hsinchu
Science Park
L’economia della conoscenza si basa sulla produzione e distribuzione
di conoscenze e informazioni, piuttosto che di cose
I
Peter F. Drucker, 1993
distretti tecnologici di Taiwan si sono messi in mostra come
buona pratica di agglomerazione spaziale nel contesto dell’industria tecnologica. È questo il caso dello Hsinchu Science
Park (HSP), il primo parco scientifico dell’alta tecnologia
impiantato sull’isola di Taiwan. Pertanto, oltre a discutere l’evidenza empirica dell’industria elettronica taiwanese, diventa importante avanzare proiezioni di tale pratica nel contesto italiano,
prerequisiti per una riconversione industriale foriera di uno sviluppo economico-sociale di lungo termine.
Presupposti per il distretto tecnologico taiwanese
Per analizzare il caso del distretto industriale di Taiwan, è fondamentale comprendere il processo economico-industriale che
lo ha reso possibile. Nel contesto della globalizzazione internazionale, gli ultimi decenni sono stati caratterizzati dal fenomeno della divisione internazionale del lavoro, che ha implicato
una riorganizzazione geografica dei sistemi di produzione. La
crescente integrazione dei mercati internazionali ha generato un
massiccio movimento spaziale di industrie dall’Occidente verso
specifiche regioni di recente crescita; in questo ambito, tali aree
hanno conosciuto un processo di diversificazione della produzione economica, precedentemente dedicata in larga parte all’agricoltura e all’estrazione mineraria. Questa conversione industriale globale ha spinto molte aziende a spostare alcune fasi
della catena del valore o interi rami della filiera produttiva verso
quei paesi in via di sviluppo in cui il costo del lavoro era più
basso (Salvatore, 2011). Se, come fenomeno della globalizzazione, spesso la delocalizzazione industriale diventava in quegli
anni un requisito per mantenere la competitività delle produzioni ad alta intensità di manodopera, c’è consenso sul fatto che
tale prassi è spesso avvenuta a scapito di gravi costi sociali ed
economici per i contesti nazionali.
Il fenomeno illustrato interessa NICs (Paesi di Nuova Industralizzazione) afferenti a varie regioni. A partire dalla fine della
seconda guerra mondiale, alcuni paesi dell’America Latina,
dell’Est e del Sud-est asiatico, hanno intrapreso una rapida industrializzazione che ha generalmente consentito di accumulare risparmio ed intraprendere investimenti; in diversi casi, tali trend
sono avvenuti nel contesto di un più ampio sviluppo sociale ed
economico (Maddison, 2003). Per alcune evidenze,
*L’articolo si basa su ricerche e visite condotte nell’ambito del programma di ricerca del National Science Council di Taiwan (Republic of China) nel
2011, presso la National Taiwan University, la National Cheng-chi University, il Hsinchu Science Park e l’Industrial Technology Research Institute.
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dustria ad alta intensità di fattore capitale; in questo contesto,
l’insieme delle agevolazioni tariffarie, commerciali e protezionistiche venivano in larga parte riservate al settore elettronico
(Kato e Wan Jr. 2001). Le politiche industriali degli stati sviluppisti asiatici si caratterizzarono per un protezionismo strategico,
orientato alla crescita del nascente settore industriale e caratterizzato da forti tassi di investimento in R&S e istruzione superiore, necessari per rafforzare il tessuto scientifico e imprenditoriale. Questo fatto ha permesso l’innovazione tecnologica e la
creazione di un fertile ambiente imprenditoriale, tecnologico ed
industriale.
02.
Dai transistor all’alta tecnologia:
caratteristiche dell’industria elettronica taiwanese
Evoluzione dell'industria tecnologica a Taiwan. Fonte:
Lee, Hayther, Edgington 2010
vanno registrate sostanziali differenze nella struttura industriale
e commerciale tra i vari modelli di sviluppo. Mentre il gruppo
latino-americano ha intrapreso una politica industriale puramente protezionista, le economie asiatiche hanno portato avanti
un protezionismo flessibile, basando le politiche commerciali e
l’industrializzazione nazionale su un modello mutevole: in un
primo momento i governi hanno posto in essere politiche protezionistiche su prodotti quali abbigliamento e prodotti elettronici
a bassa tecnologia; in un secondo momento, sono state attuate
politiche industriali orientate alle esportazioni, spostando contemporaneamente le protezioni verso produzioni più avanzate
ed ad alta intensità di capitale e tecnologia (D’Antonio, 2006;
Gatto, 2013).
Se è vero che il commercio internazionale è stato una base comune per lo sviluppo delle Tigri asiatiche (Corea del Sud, Taiwan,
Singapore, Hong Kong) nella seconda parte del XX secolo, vanno distinte due principali strategie adottate in questo gruppo:
• Un approccio neo-schumpeteriano, in cui grandi conglomerati
ad alta partecipazione di capitale pubblico (cheabols o keiretsu) costituivano il fulcro del processo di industrializzazione,
concepito per intraprendere le economie di scala necessarie per
investire in innovazione tecnologica. In questo quadro, per perseguire gli obiettivi nazionali e raggiungere le ingenti richieste
di investimenti in Ricerca & Sviluppo (R&S), venivano individuati e sovvenzionati un numero ristretto di campioni nazionali,
per talune evidenze al prezzo di un alto indebitamento pubblico
(Wang, 2007). Questo approccio è stato seguito principalmente
dalla Corea del Sud e dal Giappone;
• Un modello neo-marhsalliano, caratterizzato da una marcata
propensione ad intraprendere economie esterne, evidenza messa
in pratica a Taiwan a partire dai primi anni Settanta. Tale modello si caratterizza per la creazione di densi cluster imprenditoriali
nei quali le industrie sono in grado di interagire e creare una
rete industriale, commerciale e scientifica (Buck, 2000). Questo
processo generalmente incentiva la spinta all’innovazione tecnologica. Un modello simile fu posto in essere con il distretto
industriale italiano, buona pratica dell’industria manifatturiera
tradizionale ed artigianale (Becattini, 2002).
È importante segnalare che nel corso del processo di industrializzazione, queste economie furono in grado di passare agevolmente da processi produttivi ad alta intensità di lavoro ad un’in-
Come abbiamo visto, a partire dai primi anni Settanta, il modello taiwanese si iniziò a differenziare da quello coreano in molti
punti. A differenza di quella coreana, l’industria taiwanese basò
la sua rincorsa tecnologica sull’implementazione di un fertile
ambiente d’affari, arricchito dall’interconnessione tra scienza,
ricerca e poli industriali; in questo contesto, lo stato fu chiamato a svolgere un ruolo decisivo di sostegno al settore privato.
Attraverso la realizzazione di un ambiente di apprendimento, il
settore pubblico, quello privato e il terzo settore furono messi
in condizione di realizzare una fitta interazione, con lo scopo
di cooperare e competere allo stesso tempo (www.sipa.gov.tw).
Nel corso dei decenni, Taiwan è riuscita a costruire una presenza disseminata di piccole e medie imprese (PMI) agglomerate
in cluster su tutto il territorio nazionale (Kato e Wan Jr. 2001).
Questo fattore fu amplificato dall’adozione delle strategie basate
sulle esportazioni dagli anni Sessanta e dal relativo ingresso di
buona parte delle principali PMI nei mercati internazionali, fatto
che ha richiesto ulteriori incrementi in competitività.
Ciononostante, malgrado i buoni risultati raggiunti a livello locale e nei mercati internazionali, le PMI taiwanesi difficilmente
avrebbero potuto raggiungere gli elevati investimenti in R&S
dei conglomerati industriali. A questo riguardo, si rivelò fondamentale il ruolo delle esternalità, grazie all’innesto di reti,
istituti, investimenti internazionali e risorse esterne (Wang,
2007). In questo circuito, le politiche industriali della repubblica asiatica agevolarono la costituzione del cluster dell’hi-tech:
l’implementazione distrettuale è stata spinta da incentivi fiscali,
un’agenda basata sugli investimenti in R&S, sull’incubazione e
il monitoraggio d’impresa e sulle agevolazioni alle esportazioni
(Chang, 2006; Stiglitz, 1996). Come strumento per concretizzare i precedenti obiettivi, i network trovavano realizzazione
grazie alla costituzione di parchi industriali e scientifici, cluster
hi-tech, distretti industriali, centri scientifici, musei scientifici e
aree di divulgazione in cui le imprese, le amministrazioni e le
organizzazioni locali e nazionali erano in grado di fare rete e
condividere le loro conoscenze ed esperienze. Infatti, ancor più
che di collocarsi geograficamente in prossimità di determinate
infrastrutture, la priorità di questi poli era per lo più di insediarsi
in aree in cui operavano incubatori di impresa, università, think
tank e istituti di ricerca (www.most.gov.tw/).
Attraverso queste infrastrutture, il modello taiwanese è stato in
grado di creare regioni di apprendimento, sfruttando gli spillover
di conoscenza e le esternalità che ne conseguivano; favorendo
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Tra i gruppi internazionali operanti nella ROC, vanno menzionate TSMC, UMC, Acer, Asus, HTC.
Il parco scientifico di Hsinchu (HSP) e l’Istituto di
Ricerca di Tecnologia Industriale (ITRI)
03.
Volume dell'export di prodotti
elettronici a Taiwan
gli investimenti in R&S e l’innovazione tecnologica, trovavano
coniugazione economie di apprendimento e sviluppo economico (Stiglitz, 1996). In effetti, va detto che la conoscenza oggi è
comunemente considerata come il quarto fattore di produzione.
Dobbiamo precisare che, a partire dagli anni Sessanta, il
network, concepito come rete di collegamento necessaria al catching-up tecnologico e alla crescita economica, ha svolto un
ruolo decisivo nell’innovazione tecnologica di Taiwan. Ciò si
è rivelato necessario al cambiamento industriale della nazione, consentendo il passaggio dalla produzione di abbigliamento fino all’industria hi-tech come previsto dalla scala flessibile
delle misure protezionistiche adoperate. La graduale apertura al
commercio internazionale passò allo stesso tempo per sovvenzioni mirate, di volta in volta, allo specifico settore industriale nascente. Seguendo questo percorso industriale, nell’arco di
trent’anni Taiwan è diventata leader globale nel settore dell’alta
tecnologia, apprezzata in particolare per i calcolatori portatili, i
semiconduttori e i componenti elettronici (Wang, 2006). Oggi
questa rete di collegamento si può apprezzare anche oltre i confini nazionali: l’emergere della Tigre asiatica ha significato la
realizzazione di forti sinergie con la Silicon Valley negli Stati Uniti e poi con partner stranieri, con lo scopo di rafforzare
il commercio internazionale e in seguito di trasferire le fasi di
produzione industriale legate alla manodopera. L’evoluzione
industriale, agevolata dalla flessibilità del modello intrapreso,
dall’internazionalizzazione delle imprese e dall’aumento degli
investimenti in R&S ha portato alla necessità di aumentare sia
l’efficacia che una pluralità di collegamenti esterni. Come indicato da Ernst (2001), possiamo riassumere i linkage del distretto
taiwanese come segue: 1) reti informali peer-to-peer; 2) innovazioni istituzionali per l’internazionalizzazione; 3) forti legami
tra le imprese domestiche; 4) gruppi di imprese basati su holding
companies.
Una volta internazionalizzate, le imprese taiwanesi hanno iniziato a sperimentare produzioni spazialmente diversificate, delegando i processi di base e la manifattura in Cina continentale
e nel Sud-Est asiatico. Nella maggior parte dei casi le industrie
hanno mantenuto una taglia piccola o media, in alcuni casi hanno raggiunto grandi dimensioni, anche se va registrata la presenza di alcuni conglomerarti anche nella ROC, sebbene di minore
rilievo rispetto a Giappone e Corea del Sud (Maddison, 2003).
Ora possiamo analizzare in modo dettagliato quali sono le basi
industriali che hanno consentito la realizzazione del Hsinchu
Science Park. Il periodo cruciale dello spostamento del mercato industriale dell’elettronica verso l’hi-tech va individuato nel
corso degli anni Settanta, quando venne pianificata la Silicon
Valley asiatica a Hsinchu. Le strategie di sviluppo realizzate
nella ROC portarono, nel dicembre 1980, all’innesto del primo parco scientifico a Taiwan, che avvenne sette anni dopo la
fondazione dell’ITRI. Seguendo il modello della Silicon Valley
californiana, il governo diede un forte impulso alla realizzazione
di una particolare combinazione tra distretto tecnologico, parco
industriale e centro scientifico, individuata come strategia per
favorire uno sviluppo economico trainato dal settore dell’industria hi-tech. Le politiche perseguite volsero altresì al recupero
dei migliori espatriati taiwanesi in campo scientifico e manageriale, già beneficiari di finanziamenti pubblici per fruire di un’istruzione avanzata in Giappone, UE e Stati Uniti (D’Antonio,
2006). In particolare, si rivelò estremamente proficuo il recupero di professionisti chiave che, dopo aver acquisito competenze
tecniche nella Silicon Valley americana, in università, imprese
e centri di ricerca internazionali, furono richiamati alla base per
acquisire posizioni direttive come pionieri del mercato dell’ITC,
nelle vesti di imprenditori, ricercatori e professionisti nazionali;
al contempo, ciò servì ad ampliare la rete estera e dar vita a nuovi spillover di conoscenza (Hayther, 2004).
Riguardo la struttura dell’HSP, è importante osservare che essa
si impernia sul raggruppamento di tre componenti: sfera scientifica, industriale e commerciale. Il valore aggiunto che puntualmente caratterizza questi particolari distretti dell’elettronica
va ricondotto ai seguenti elementi: 1) incubatori di start-up; 2)
dipartimenti dedicati alla formazione e all’apprendimento per i
diversi stakeholder; 3) servizi per il business; 4) organizzazione
e programmi per l’implementazione del network; 5) divulgazione, musei e intrattenimento. In tal modo sono state realizzate
delle autentiche regioni di apprendimento, dove sono state collocate ed attivate infrastrutture funzionali all’ottimizzazione dei
processi, think tank, istituti di ricerca e spillover imprenditoriali
(come segnalato dal sito del Ministero della Scienza e della Tecnologia: www.most.gov.tw). Oltre alle aree di apprendimento,
furono garantite agevolazioni alle moderne smart city, offrendo
buone infrastrutture e soluzioni lavorative ad un’intera regione
di apprendimento (WEF, 2013). In questo contesto, l’ITRI è diventato una pietra miliare nel processo di innovazione e nella
tecnologia del sapere. Il Centro, articolazione del Governo e del
Ministero dell’Istruzione, esprime oggi l’avanguardia innovativa internazionale nell’ambito di diversi settori dell’ elettronica.
Dalla sua nascita, nel 1973, l’ITRI ha contribuito notevolmente
a colmare il gap tecnologico nazionale della ROC. Tra le ricerche condotte dall’ITRI, molte hanno fruttato brevetti strumentali alla crescita dell’HSP (Wang, 2007; www.itri.org.tw). La
concatenazione col settore privato è immediata, laddove molti
dipartimenti sono strutturati come vere e proprie PMI, così
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04.
Science park a
Taiwan
come lo sono l’incubazione, il supporto logistico e il riferimento
che vuole essere lo stesso centro per chi è interessato ad intraprendere una nuova attività, anche in connessione con la Silicon
Valley californiana. In questo contesto, sono molte le attività di
ricerca, in diversi campi della tecnologia applicata (www.most.
gov.tw).
Pertanto, dal 1973 al 1980, nel Paese furono messi in atto i presupposti per il lancio di un pool volto all’interazione tra governo,
due università tecniche, un nuovo distretto industriale tecnologico, associazioni scientifiche e di categoria. La scelta di combinare le basi del comparto industriale, scientifico e commerciale
era stata pianificata per intensificare le interazioni e generare
spillover di conoscenza, necessari per raggiungere traguardi nei
settori di ricerca e sviluppo e in quello dell’innovazione tecnologica, che in altri Paesi erano stati possibili solo ricorrendo ad
ingenti investimenti finanziari e all’aumento del debito pubblico
(www.most.gov.tw). Va detto che il cluster asiatico fu concepito
con l’idea di creare innovazione, più che con quella di seguire i trend. Con questo approccio proattivo si diede impulso ad
una realtà egemone nell’industria delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT), che oggi detiene circa
il 70% dell’intera produzione mondiale di componenti (WEF,
2013). Al di là dei personal computer, la produzione si estende
a semiconduttori, telefoni cellulari, chip e processori che oggi
fanno dell’asse ITRI-HSP la Silicon Valley asiatica. (www.sipa.
gov.tw). Esaminando più a fondo, Hsinchu ha recitato il ruolo
di apripista: l’HSP è stato seguito negli anni da altri distretti
a Nuova Taipei (Nankang Park), Central Taiwan, Kahosiung
e, ancora, nella contea di Hsinchu. Per effetto di questi gruppi
scientifici, industriali ed imprenditoriali, oggi le attività applicative di ICT si moltiplicano nel Paese grazie a programmi e-learning promossi dal Consiglio Nazionale Scientifico, attraverso
una costante attività di ricerca (www.moea.gov.tw). Oggi l’alta
tecnologia ha avuto un impatto significativo sull’innovazione
del Paese, venendo comunemente utilizzata per una gamma di
attività che spazia da quelle puramente scientifiche, come il monitoraggio e la prevenzione dei tifoni e dei rischi sismici della
regione, a quelle che concernono abituali mansioni quotidiane.
L’HSP ha reso noto che l’ammontare delle entrate del Parco è
stato di 1200 miliardi di dollari taiwanesi nel 2010 (circa 30 mi-
lioni di euro), con un incremento annuale di oltre il 60% (www.
sipa.gov.tw). Il direttore generale Randy T. M. YEN, intervistato
dal China Post, ha dichiarato: «Negli ultimi trent’anni, l’HSP
ha contribuito a rendere famosa in tutto il mondo l’industria
Hi-Tech di Taiwan, e molti dei suoi prodotti sono considerati i
migliori al mondo. I parchi scientifici sono diventati man mano
la forza trainante più importante nell’economia taiwanese: essi
sono insostituibili motori per la crescita» (Bruyas, 2010). Come
è stato sostenuto nel China Post, «l’evidenza empirica ha confermato che la creazione dell’HSP è stata una svolta fondamentale nella costante innovazione delle industrie e delle tecnologie
di Taiwan» diventando il fattore principale per la crescita della
Tigre asiatica.
L’industria taiwanese ha ribadito al mondo l’importanza del
network nell’era dell’economia della conoscenza (Hayther,
2004). Infatti, bisogna ricordare che per il Parco Scientifico di
Hsinchu, agglomerazione e sapere hanno giocato un ruolo fondamentale, tanto per lo scambio di informazioni, quanto per le
infrastrutture. Riguardo il primo, l’industria taiwanese può essere considerata una buona pratica di prossimità spaziale, in quanto ha favorito la proliferazione del network come moltiplicatore
di capitale sociale. Così, si è stimolato l’innesto di spillover di
conoscenza dall’ambiente dell’apprendimento, accrescendo la
diffusione di know-how e tecnologia. Per quanto concerne il
secondo, le infrastrutture si sono rivelate fondamentali affinché
l’ambiente d’apprendimento costruisse un adeguato tessuto di
sapere, in cui fossero agevolati scambi e sinergie tra le varie
componenti. Istituti di ricerca, think-tank, università, aree di
formazione, servizi finanziari ed aziendali e strutture ruotano
ancora oggi attorno all’industria elettronica. La propensione al
commercio internazionale e la parziale delocalizzazione industriale che hanno caratterizzato la seconda e la terza fase dell’industrializzazione taiwanese, hanno determinato un definitivo incremento in termini di competitività. Agglomerando tutte queste
strutture, il distretto taiwanese è riuscito a costruire luoghi ad
alto valore di fattore conoscenza.
Grazie agli spillover di conoscenza e dai benefici derivanti dal
networking della rete, il distretto tecnologico taiwanese ha mostrato l’importanza dell’agglomerazione industriale orizzontale,
come risposta alle richieste dei mercati globali (Hayther, 2004).
Questo modello industriale post-fordista, trainato dal settore
tecnologico, si è evidenziato come best practice di industrializzazione nel contesto dell’agglomerazione spaziale aziendale regionale nel dibattito geografico-economico; per questo, Hsinchu
potrebbe rivelarsi un valido modello da esportare, di particolare
impatto in tempi di perduranti congiunture economiche. Riassumendo, si può asserire che il distretto tecnologico taiwanese ha
mostrato all’arena internazionale come si possa efficacemente
sopperire alla mancanza di grandi gruppi industriali grazie alla
creazione di fitte reti di diffusione del sapere, messe in piedi tra
le PMI del gruppo; tuttavia, malgrado le mancate concentrazioni
di capitale, è stato fondamentale dare slancio all’efficienza della
produzione industriale (Hayther, 2004).
Prospettive per esportare Hsinchu:
il parco scientifico di Bagnoli
Il distretto tecnologico di Taiwan ha evidenziato l’importanza
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di un settore industriale efficiente, dinamico e a vocazione internazionale, nell’innescare uno sviluppo economico di lungo
periodo. Sulla base del distretto manifatturiero italiano, la lezione asiatica potrebbe risultare di grande contributo per l’Italia e
l’UE, in virtù della performance realizzata sotto il profilo dello
sviluppo industriale. Come specificato, le interazioni tra ricerca,
industria e commercio, hanno evidenziato una buona pratica in
termini di economia industriale, della conoscenza e della rete.
In effetti, in molti casi il distretto industriale italiano ha ottenuto
risultati importanti, riuscendo a combinare obiettivi economici
e sociali attraverso un mix di strategie locali e globali. La realizzazione di un comparto industriale dell’elettronica in Italia
segnerebbe un definitivo spostamento verso produzioni ad intensità di fattori capitale e conoscenza, di urgente importanza
per il processo di reindustrializzazione innovativa.
Nello specifico, il distretto tecnologico di Taiwan, prima ancora della Silicon Valley, dovrebbe essere preso in considerazione per la riconversione industriale di molte regioni dell’Europa
meridionale; in particolare, è importante formulare ipotesi per
Bagnoli, l’area industriale dismessa di Napoli Ovest, in passato
destinata all’industria pesante. La zona presenta un’area geografica strategica per la quale diventa importante investire, come
misura per stimolare lo sviluppo economico e sociale regionale
e la riqualificazione urbana del Mezzogiorno. Bagnoli già dispone delle basi di un tessuto di apprendimento tecnologico:
il Science Centre, la Città della Scienza, inaugurato nel 1996
(Greco, 2006). Esso è costituito da un centro di divulgazione
scientifica e da un museo “hands on”, un incubatore hi-tech,
nel quale convergono molte start-up tecnologiche (il Polo Tecnologico, già Business Innovation Center) e un’area di formazione. La messa a sistema delle imprese incubate ormai mature,
è garantita dal Consorzio Area Tech Coroglio, primo distretto
tecnologico dell’industria della conoscenza a impatto zero localizzato a Napoli. Nonostante la giovane età, il Consorzio attesta
che il comparto ha registrato nel 2013 un fatturato complessivo
di 20 milioni di euro e duecento occupati (http://www.atcoroglio.it), offrendo servizi di natura commerciale e tecnologica.
Tra le altre iniziative, si segnala altresì il Centro Commerciale
Naturale di Bagnoli, pool di realtà imprenditoriali commerciali, artigianali e associative, nato nel febbraio 2014). Per questi
motivi, diventano essenziali misure di politica industriale atte a
stimolare l’interazione pubblico-privato in quest’area, per trasformare le ex industrie siderurgiche in un distretto industriale
hi-tech, affermando il giovane polo a livello nazionale; così si
darebbe slancio alla creazione di occupazione, promuovendo al
contempo lo sviluppo locale. Del resto, altri casi di riconversione industriale in altre parti del mondo hanno dimostrato che
una reindustrializzazione sostenibile sembra oggi necessaria per
riacquisire la competitività economica del Paese e dell’UE (Raffa, 2011). Peraltro, il Parco Scientifico taiwanese ha dimostrato
che la localizzazione di un polo integrato dove far interagire il
settore scientifico, industriale e commerciale, può rappresentare
un passo fondamentale per frenare la fuga di cervelli e riacquisire il capitale umano rappresentato dagli espatriati italiani ad alta
qualificazione (WEF, 2013).
Con particolare riferimento alla costruzione di centri integrati
per l’industria tecnologica, si notificano alcuni segnali in Italia:
l’Etna Valley in Sicilia, il Parco della Bioindustria del Canavese,
il proto-distretto del Piemonte, L’Environment Park di Torino e
l’AREA Science Park di Trieste, sono tutte strutture di grande
portata, anche se talvolta risultano incoraggianti più per le potenzialità che per i risultati raggiunti (Monni e Spaventa, 2008).
Del resto, l’Italia ha già sperimentato nella storica Olivetti un
primatista industriale del campo della tecnologia d’avanguardia:
raggiungendo conclamati risultati in campo economico, sociale
e ambientale, l’impresa italiana si è segnalata a livello internazionale nel campo dell’innovazione e della gestione industriale.
Assimilando le buone pratiche e basandosi sull’effettivo successo di alcuni dei casi migliori del distretto manifatturiero italiano
e dall’industria ICT taiwanese, l’Italia dovrebbe comprendere
di avere in Bagnoli l’occasione e le possibilità per costruire un
parco scientifico nazionale. Questa soluzione sarebbe una prima
misura per garantire il cambiamento sociale e lo sviluppo economico necessari per offrire innovazione e possibilità occupazionali al Mezzogiorno e al Paese.
05.
La Città della
Scienza di
Bagnoli (prima
dell'incendio del
2012)
Approfondimenti
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