Atti del convegno

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Atti del convegno
Liceo Classico Statale V. Gioberti
Via Sant'Ottavio 9/11 – Torino
Atti del convegno
Valutare stanca:
il problema della valutazione a scuola
28 marzo 2008 ― Torino
Convegno e atti a cura del Polo di Ricerca Linguistica del Liceo Classico V. Gioberti, coordinato dalle
Professoresse Laura Sciolla, Alda Diena, Raffaela Franch; hanno collaborato i Professori Chiara Autilio, Michele
Zaio. Revisione redazionale a cura del Professor M. Zaio.
Si ringraziano la fondazione CRT, la Reale Mutua Assicurazioni, le case editrici De Agostini Scuola, Il Capitello,
Lang Edizioni, Le Monnier Scuola, Loescher, Marietti Scuola, Paravia, Petrini, Zanichelli, il cui contributo è stato
fondamentale per la realizzazione del convegno e la pubblicazione dei presenti Atti.
Si ringraziano altresì il MIUR, la Regione Piemonte, la Provincia Torino, il Comune di Torino per il patrocinio
offerto, nonché l'ANILS per la collaborazione alla preparazione del convegno.
Finito di stampare a Torino nel marzo 2008.
In copertina, la Providentia Augusti capitolina, ricavata, grazie al corpus informatico belloriano, dalla tav. a pag. 47
del testo di Francisco Perrier Icones et segmenta illustrium e marmore tabularum quae Romae adhuc extant a Francisco Perrier
delineata incisa et ad antiquam formam lapideis exemplaribus passim collapsis restituta, Romae 1645; a Paris chez la veufve
de deffunct Monsr. Perier.
ANILS
(associazione nazionale insegnanti lingue straniere, soggetto qualificato per la formazione D.M. 3 marzo
2004 prot. 826/C/3)
Valutare stanca:
il problema della valutazione a scuola
28 marzo 2008
9.00 – 17
Aula magna
Liceo Classico “V. Gioberti”
Via Sant’Ottavio 9/11
10124 TORINO
Programma
h. 9 - 13
Saluti
Prof.ssa ANGELA SUPPO, Dirigente Scolastico del Liceo Gioberti
Apertura dei lavori
Prof. ADRIANO COLOMBO, Segretario Nazionale GISCEL
A che serve correggere gli scritti di Italiano
Prof.ssa TERESINA BARBERO, Prof.ssa CARLA GRISERI, SIS Torino
La valutazione in un percorso di apprendimento della lingua straniera
Prof. GIORGIO BLANDINO, Università degli Studi di Torino
La psicologia della valutazione
Dott. OMAR FASSIO, Università degli Studi di Torino
Metodologia della valutazione
Prof. POLO DI RICERCA LINGUISTICA DEL LICEO GIOBERTI DI TORINO
A che cosa servono le griglie?
h. 14.30 - 15
Poster Session
h. 15. 30 - 18
Prof. GIANFRANCO PORCELLI, Università di Pavia
Confronto con sistemi valutativi dei paesi europei i lingua inglese. Valutare stanca... in Inghilterra ancor di più
Prof.ssa ELISABETTA DEGLI INNOCENTI, Autrice Paravia
La valutazione dele conoscenze e competenze nello studio del Latino
Prof. ANTONELLO FAMÀ, Dirigente Scolastico Istituto Sociale di Torino
La valutazione nel PPD (Paradigma Pedagogico Didattico)
Prof. ANGELO CHIARLE, Liceo Scientifico Darwin di Rivoli
Cicerone e Orazio possono ancora esserci d'aiuto nell'epoca dei reality shows? Il lavoro didattico sui testi
classici nella prospettiva del Cooperative learning e della valutazione autentica
Valutare gli apprendimenti linguistici
in lingua straniera
L’importanza della valutazione è nota a tutti gli insegnanti: non solo misura ma
orienta l’apprendimento. È necessario innanzitutto che si instauri un’assoluta
coerenza fra finalità, obiettivi, attività, e modalità di valutazione: porre come obiettivo
ad esempio il saper comunicare in lingua straniera e poi tener conto solo della
correttezza grammaticale finisce per disorientare gli studenti e demotivarli.
Le finalità di apprendimento della lingua straniera sono chiaramente enunciate nel Quadro
Europeo Comune di Riferimento, che costituisce ormai il modello a cui ci si rapporta per la
costruzione dei sillabi, per l’elaborazione delle prove per le certificazioni europee,
per
pianificare le lezioni nella classe di lingue. Si tratta di finalità pragmatiche di uso della lingua,
apprendere per comunicare, per agire. Gli obiettivi di apprendimento diventano da un lato più
complessi in quanto la comunicazione si fonda su tutta una gamma di abilità e di competenze
oltre alla conoscenza delle strutture e del lessico di una lingua, dall’altro più “elastici” nei
confronti della cosiddetta correttezza grammaticale, in quanto l’errore grammaticale non
necessariamente interferisce con la comunicazione. Privilegiare l’uso della lingua significa
inoltre accettare conoscenze parziali riferite a particolari abilità (il parlato, lo scritto) o a
determinati ambiti del sapere (le scienze, l’informatica, la storia…).
Valutare la capacità di comunicare è procedimento più complesso che valutare la sola
competenza linguistica e richiede strumenti più articolati.
In un approccio grammaticale il sistema è monoreferenziale, il parametro di riferimento è
unico: la norma linguistica, le cui varianti sono previste sotto forma di “eccezioni alla regola”,
nessuno spazio è previsto per la creatività del locutore. L’attività con cui si sollecita e si verifica
l’apprendimento linguistico è l’esercizio di grammatica volto essenzialmente a verificare le forme
della lingua . La maggior parte delle attività proposte dai manuali sono in realtà degli “esercizi”
anche quando le istruzioni sembrano suggerire attività creative, come nel caso che segue, tratto
da uno dei manuali attualmente più in uso nelle scuole italiane:
H ervé raconte comment il a rencontré Jennifer, sa femme. Ecrivez son
histoire en remplaçant Jennifer par les pronoms personnels la ou lui
L’été dernier, dans un camp de bateau à voile, j’ai rencontré Jennifer.
Alors, écrire et téléphoner souvent à Jennifer
Envoyer des photos de ma famille à Jennifer
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TERESINA BARBERO, CARLA GRISERI
Inviter Jennifer chez moi pour Noel.
La correzione di un esercizio di grammatica non comporta in genere particolari difficoltà in
quanto esiste una sola risposta corretta e così pure la misurazione, in quanto si tratta di
attribuire a priori un punteggio e attenersi ad esso.
Questa situazione riguarda tutte le tipologie di attività (esercizi appunto)in cui la risposta è
chiusa, esiste cioè una sola risposta possibile (monoreferenziale 1). Quindi tutte le volte che si
valuta una conoscenza specifica, per la quale non si prevede la possibilità da parte del discente di
elaborare risposte diverse da quelle previste. Qui si tratta di valutare la comprensione di un
testo scritto con un QCM. È stata chiamata griglia, ma non si tratta di una griglia, in quanto
non sono stati individuati dei criteri, perché la risposta possibile è una sola.
Il discorso si complica quando oggetto della verifica è la comunicazione, quindi non o non
solo la forma ma il significato pragmatico della lingua: Cioè un sistema plurireferenziale, dove
si tratta di tener conto di diversi parametri e dove la forma linguistica costituisce solo uno di
questi parametri.
Graficamente il sistema potrebbe essere così rappresentato (triangolo). All’origine c’è
un problema da risolvere, la punta dell’iceberg appunto, l’obiettivo globale non è linguistico
(seguire le istruzioni di un testo, trovare una strada), anche se per risolverlo dobbiamo fare uso
della lingua.
L’uso pragmatico della lingua coinvolge varie dimensioni di cui la valutazione deve
tenere conto, ivi compresa l’efficacia di questo uso.
L’attività richiesta allo studente come practice per stimolare la comunicazione o per verificare la
sua capacità di comunicare (parliamo qui di valutazione formativa, quindi di un monitoraggio,
un’osservazione costante dell’apprendimento) non è più o non è soltanto l’esercizio ma il task,
attività la cui traduzione italiana suona ambigua, ma che indica un’attività linguistica autentica
la cui finalità è diversa dall’apprendimento linguistico a se stante.
Esiste ormai una bibliografia molto ricca sul task based learning, le caratteristiche del task
possono essere riassunte nel modo seguente. Per il momento ne sottolinerei una in particolare:
una produzione reale con uno scopo autentifico di comunicazione, che rende “imprevedibile”
la risposta/produzione del discente (caratteristiche del task).
Da notare che i manuali, molti manuali, contengono generalmente più esercizi che task, anche
quando le istruzioni per l’esecuzione dell’attività sono spesso proposte come task. Ad esempio
Valutare gli apprendimenti linguistici in lingua straniera
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in questo caso solo il terzo è un task (esercizi o task), gli altri sono in realtà degli esercizi
focalizzati sulla forma e task solo in apparenza.
Il task presenta quindi un sistema plurireferenziale,
perché la
valutazione sia
«formativa» (cioè fornisca delle informazioni all’insegnante su quanto è avvenuto rispetto
all’apprendimento) e «formatrice» (cioè renda consapevole chi apprende, del suo livello di
apprendimento autovalutazione) è necessario che metta in luce i diversi parametri/elementi
che lo compongono: l’obiettivo pragmatico, lo scopo è stato raggiunto? L’efficacia
comunicativa, i processi cognitivi (diapo: le componenti del task con le evidenziazioni).
La valutazione come si sa orienta l’apprendimento. Se si dice allo studente che la capacità di
comunicare è l’obiettivo fondamentale, ma poi di fatto si valuta la grammatica o si dà un peso
preponderante alla grammatica, il messaggio, implicito, che verrà recepito è che ciò che
bisogna studiare e apprendere è la grammatica o essenzialmente la grammatica a discapito
delle altre componenti della comunicazione.
La stessa definizione di contenuto è alquanto vaga Anche i descrittori dei livelli di
competenza non ci aiutano granché. Perché “seguire alla lettera le istruzioni, senza
elaborazioni personali” deve per forza valere di meno? Le elaborazioni personali sono
assolutamente indispensabili in un riassunto quale la consegna sembra richiedere.
Vorrei aprire qui una piccola parentesi. Il Quadro, noto alla stragrande maggioranza degli
insegnanti di lingua, contiene una classificazione dei livelli di padronanza della lingua che è
diventato il punto di riferimento per tutte le misurazioni ufficiali europee. Una dimensione
però risulta mancante: la dimension cognitive est encore une dimension qui n’est pas prise en compte
dans l’échelle des compétences du Cadre, ou tout au moins elle n’est pas prise en compte de façon explicite . Le
passage d’un niveau à l’autre se fait sur la base d’une recherche empirique sur la quantité, l’étendue de
langue connue et maitrisée (riga CADRE).
La costruzione di una griglia utile, che fornisca cioè delle informazioni condivise non può
prescindere da un’analisi attenta delle attività.
Una griglia universalmente valida, buona per tutte le stagioni, non esiste, tutt’al più possiamo
parlare di un framework al cui interno muoverci inserendo poi i dati delle singole situazioni.
Per questo motivo nel corso di formazione abbiamo ritenuto di discutere sui processi della
valutazione, più che fornire delle griglie prefabbricate (in quanto tali inesistenti), stabilendo a
quali criteri l’insegnante si deve attenere per costruirla:
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TERESINA BARBERO, CARLA GRISERI
-
cosa deve contenere una griglia?
-
Una buona griglia non può prescindere da un’analisi attenta degli elementi che
compongono il percorso di apprendimento:
a) lo scopo dell’attività (leggere per orientarsi);
b) i processi che si intendono mettere in atto;
c) a quale livello di competenza l’attività, task o esercizio (mono pluriferenziale)
dev’essere coerente con questi elementi. Perché la valutazione sia efficace cioè
davvero formativa e formatrice è indispensabile che vi sia un’assoluta coerenza fra
obiettivi (sia quelli dichiarati che quelli impliciti), le operazioni cognitive messe in
gioco,le strategie atte a svilupparle le attività e le modalità della valutazione, in
quanto,come sappiamo,la valutazione finisce per orientare l’apprendimento.
La costruzione di griglie è diventata importante con il diffondersi di attività di valutazione
autentica.
Le griglie:
-
identificano e precisano aspettative precise e specifiche di comportamenti
-
specifici obiettivi da raggiungere
Per concludere: le rubriche diventano davvero utili quando i task sono complessi e soggettivi.
Devono essere:
-
chiare, facili da usare e da capire (dev’essere possibile condividerle con gli studenti);
-
appropriate al compito;
-
in linea con gli obiettivi.
Devono contenere:
-
standard di comportamenti osservabili;
-
qualità e livello degli standard;
-
descrittori del livello degli standard;
-
una scala da usare per misurare la competenza raggiunta.
TERESINA BARBERO, CARLA GRISERI
La responsabilità di chi valuta
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Che essi diano subito un giudizio dipende dalla loro stoltezza;
infatti alla fine il primo giudizio risulta sbagliato,
di giorno in giorno ci capiscono sempre meno
e si riducono a dire bugie, laddove io di giorno in giorno
aspiro ad approssimarmi sempre più alla verità”
PARACELSO.
L’istante in cui crediamo di aver capito tutto
ci conferisce un aspetto da assassini
EMILE CIORAN, Sillogismi dell’amarezza.
Nel processo di valutazione occorre partire dal presupposto che difficilmente riusciamo a
essere oggettivi perchè sempre siamo condizionati dalla nostra soggettività. Sono solo le
personalità paranoidi o i veri e propri paranoici che pensano di poter esprimere valutazioni
oggettive, la Giustizia. Le persone normali sanno che si sbaglia sempre e che la giustizia è più
una meta a tendere che una reale possibilità. Le persone sufficientemente sane dal punto di
vista mentale, sanno benissimo che si sbaglia spesso e che l’errore valutativo fa parte della
natura umana, anzi è proprio errando che - come dice il proverbio - “discitur” è sbagliando che si
impara tanto che come non c’è apprendimento senza errore così non c’è valutazione senza
sottovalutazione.
Perciò tanto più possiamo aspirare a una maggiore oggettività quanto più sappiamo che
siamo condizionati dalla nostra soggettività e quindi stiamo attenti, stiamo in guardia.
E dunque importante che ci si renda conto della interferenza di nostri fattori soggettivi
che, in altri termini, vuol dire essere responsabili della propria mente ovvero dei proprio
sentire e dei propri sentimenti.
La ricerca dell’oggettività attraverso strumentazioni varie è illusoria quando non
manipolativa e comunque la parcellizzazione del processo di valutazione attuato tramite la sua
scomposizione in molteplici items (come si osserva nelle procedure che si dicono oggettive) in
realtà aiuta ben poco quando non è addirittura fuorviante facendoci perdere il senso globale
della valutazione e la capacità di valutare globalmente. Nasce dall’idea di poter eludere l’ansia e
i conflitti che accompagna la valutazione.
In ogni caso nel processo di valutazione - ci vogliono tempi distesi ovvero che non si da
valutazione sufficientemente adeguata se non c’è, a monte, da parte dell’insegnante, della
pazienza. Pazienza non tanto nel valutare ma, prima ancora, nell’osservare, dal momento che
la valutazione presuppone, se è appena appena ben fatta, una operazione antecedente che
1 Una esposizione più approfondita di questo tema si trova nel capitolo 6 del mio testo Quando insegnare non è più un piacere, Raffaello Cortina,
Milano, 2008.
Valutare gli apprendimenti linguistici in lingua straniera
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consiste nella osservazione la quale dunque è la conditio sine qua non della valutazione, anzi è
l’altra faccia della stessa medaglia.
Se questo è vero si vede subito come il problema della valutazione diventa
enormemente complesso non solo e non tanto dal punto di vista strettamente tecnico ma
soprattutto dal punto di vista soggettivo poiché mette in causa tutta la complessa problematica
della osservazione stessa.
Ma anche l’osservazione - in quanto parte costituente ed essenziale della valutazione non è mai neutrale e se c’è una cosa che la psicologia moderna - e, ancora di più, la psicoanalisi
- ha scoperto è proprio il fatto che l’osservatore, essendo così dentro al processo, per potere
osservare con un minimo di attendibilità deve, prima di tutto, imparare a osservare se stesso, la
propria mente, ovvero i propri pensieri e il proprio sentire, le proprie motivazioni, o - se
volete un parolone - deve imparare a riconoscere il proprio controtransfert nei confronti
dell’allievo e del suo transfert.
Sta qui la responsabilità dell’osservatore e quindi di chi giudica.
Senza questo riconoscimento che non si realizza una volta per tutte ma che è dinamico e
continuamente in evoluzione, non c’è neanche una autentica valutazione ma solo routine
burocratica e l’allievo di sicuro non sentirà che l’insegnante è lì per aiutarlo ma lo sentirà come
un corpo estraneo.
Un insegnante percepito come compartecipe sarà sempre accettato e ammirato anche
quando dà giudizi negativi e molto frustranti perché viene riconosciuto nella sua autorità,
autorità che però gli deriva solo dall’essere sentito come attivamente coinvolto nel processo
educativo.
Questo comporta il sottolineare altri aspetti e cioè, in primo luogo, il fatto che il
processo di valutazione è appunto un processo e ciò che si valuta non è solo un oggetto
specifico (ad esempio l’allievo e la sua prestazione) ma soprattutto un percorso, una vicenda
di apprendimento.
In secondo luogo il processo di valutazione si deve considerare solo all’interno di una
relazione interpersonale di cui è parte anzi sintomo. E’ dunque prende senso soprattutto
nell’hic et nunc di questo specifico contesto relazionale, non mai in astratto. In altri termini, la
buona o cattiva valutazione del mio allievo mi dice qualcosa anche su di me come docente e
viceversa. Non è detto che se l’allievo è bravo - o viceversa pessimo - questo dipenda dal fatto
che io sono stato un bravo - o viceversa - un pessimo insegnante, ma è certo che se il successo
di un mio allievo è anche un po’ merito mio, o il suo insuccesso mi dice anche che qualcosa è
andato storto nel mio modo di lavorare.
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TERESINA BARBERO, CARLA GRISERI
Dunque è la relazione a essere determinante nel processo educativo a tutti i livelli,
proprio come accade in famiglia tra genitori e figli dove, se c’è un vero rapporto di ascolto da
parte dell’adulto nei confronti del figlio, anche gli elementi di frustrazione possono non solo
venire accettati ma messi a frutto mentre, in caso contario, c’è solo la percezione di un
intervento autoritario di cui non si comprende la logica.
In questo senso una attenta ed efficace attività valutativa dell’insegnante è del tutto
simile, nel suo aspetto più profondo e significativo al lavoro emotivo della madre con il
lattante quando cerca di comprendere, tenendone conto, quali sono i ritmi e le modalità
relazionali con cui il bimbo può accettare il cibo ch'ella gli porge.
Le ricerche psicoanalitiche sulla relazione madre-bambino nei primissimi periodi di vita,
hanno messo in luce che il processo di riconoscimento tra madre e neonato è bidirezionale: la
buona madre è come se affermasse “io riconosco te come, il mio bambino che riconosce me”.
Tradotto nel mondo educativo vuol dire che io, allievo, riconosco te insegnante che mi valuti
soltanto se anch’io, allievo, mi sento riconosciuto da te, insegnante, come persona che ti
valuta, ovvero se tu insegnante riconosci che anch’io ho diritto di valutarti. Cioè a dire che io
allievo mi accorgo di essere riconosciuto non solo come qualcuno che deve dare una
prestazione, ma in primo luogo come una persona che ha dei bisogni
Tradotto in ambito scolastico questa prospettiva implica che l’efficacia pedagogica della
valutazione dipende dal fatto che l’allievo si senta preso in considerazione totalmente.
In sintesi, il processo di valutazione è efficace e accettato dall’allievo se questo si sente
accolto e ascoltato. Diversamente rimane solo una etichetta senza alcuna incidenza educativa
ma con una una rilevanza solo burocratica
Dunque la conditio sine qua non per una adeguata valutazione e soprattutto perché la
medesima abbia una efficacia pedagogica per l’allievo è che l’insegnante osservi ben bene ciò
cio che accade, prima di emettere qualunque giudizio ma soprattutto che, nell’ambito di questa
osservazione, osservi bene bene, prima ancora che l’allievo, se stesso, o meglio, se stesso in
rapporto all’allievo nella consapevolezza che ciò che il docente sente spesso è frutto della
relazione con l’allievo ovvero è proprio ciò che l’allievo ci vuol far sentire o ci comunica, nella
maggior parte dei casi senza neppure esserne cosciente.
Se l’insegnante aiuta a dare un senso a sentimenti e vissuti promuove di per sé un
processo valutativo che prima di essere esterno è autovalutativo. Perché non bisogna
dimenticare che gli allievi sono i giudici più severi e tavolta più giusti, di sé e dei propri
compagni e sono i primi a rilevare le ingiustizie valutative
Dunque i nostri sentimenti, le nostre emozioni diventano un insostituibile strumento di
lavoro, una risorsa, ma solo se sappiamo usarli, solo se qualcuno ci insegna come usarli. Ecco
perché parlo di un insegnante che deve (dovrebbe) diventare responsabile della propria mente,
Valutare gli apprendimenti linguistici in lingua straniera
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perché questa costituisce lo scudo contro la sottovalutazione ben sapendo che, come dicevo
all’inizio sempre si sottovaluta un po’ e non si può evitare di farlo.
Bisogna anche dire che spesso si osservano docenti che soffrono di valutatio praecox
quando immediatamente, a fronte di comportamenti problematici o critici, si lasciano andare a
catalogazioni e/o giudizi defintivi e non hanno pazienza di aspettare e tendono
precipitosamente a emettere giudizi sui comportamenti degli allievi, oppure non capendo nulla
di ciò che accade intorno a loro si rifugiano su valutazioni tranchant tanto negative che positive
ma in ogni caso superficiali.
In questa prospettiva la tendenza a valutare immediatamente senza la opportuna
pazienza di attendere fino a quando non si hanno elementi di giudizio più complessi e
completi - esterni e interni, oggettivi e soggettivi, concreti e emozionali - si può comprendere
meglio se la si vede come conseguenza della incapacità di contenere le ansie che sempre
accompagnano la valutazione cioè quelle che sopravvengono quando non si capisce cosa
accade, o quando si è incapaci di osservare e ascoltare o quando si è troppo perseguitati dal
compito o troppo centrati su se stessi.
Peraltro io credo che una delle malattie più gravi di cui soffre il mondo della scuola –
malattia forse non mortale ma certamente cronicizzata e di difficile cura - è il pedagogismo,
che spinge a considerare tutto ciò che l’allievo fa in termini meramente oggettivi, normativi,
dove il metro di giudizio è esclusivamente dato solo dalla corrispondenza ai profili e alle attese
predeterminati.
Un moralismo, in altri termini, che preclude la possibilità di capire (starei per dire:
insegnare) e che talvolta è usato anche come comoda via di evitamento della fatica emotiva
che comporta l’aspettare e il tollerare di sentirsi confusi e incerti, in funzione di poter
successivamente comprendere più a fondo le problematiche dell’allievo che apprende nella
relazione con i compagni che cooperano con lui e con l’insegnante che guida.
Se si pensa che nelle scuole odierne - tra i mille problemi - vi è anche quella presante
della multiculturalità data dal crescente numero di studenti extracomunitari, ci si può ben
rendere conto di come la questione sia molto molto, ma molto seria.
Infatti, per quanto discutibile sia un insegnante che si appoggia solo su schemi
moralitico-pedagogici (e tanto peggio se non ne è consapevole), si appoggia pur sempre su
schemi di riferimento culturali comuni.
Ma quando si ha a che fare con allievi che provengono da altre culture le difficoltà della
valutazione aumentano perché oltre al problema dell’inserimento in una nuova società bisogna
anche da fare i conti con il backround culturale che questi si portano dietro e quindi con i
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TERESINA BARBERO, CARLA GRISERI
criteri di riferimento ideologico e morale nonché religioso che nella maggior parte dei casi non
coincidono affatto con i nostri.
La valutazione in tal caso diventa ancora più complessa e difficile.
Quando non c’è spazio per il pensiero, quando prevale la fretta di liberarsi del fastidio
dell’attesa, della osservazione, del dover gestire situazioni sgradevoli e o diverse da ciò che
ciaspettiamo ecco che diventa facile sottovalutare ovvero la valutazione diventa di per se,
automaticamente, una sottovaluazione nel senso che porta a perdere molteplici altre
informazioni.
Quando non si tollerano le ansie e i conflitti e l’oggettiva pesantezza emotiva del ruolo
valutativo si può ricorrere a griglie predeterminate con pretese di oggettività che certo
misurano, precisamente e matematicamente, ma solo aspetti superficiali che non ci dicono
niente di quanto e cosa l’allievo abbia davvero imparato e come ha introiettato ciò che ha
appreso ma soddisfano solo il bisogno di quantificare esentandoci dalla riflessione sul
rapporto che intercorre tra noi e i nostri allievi.
Tutto questo non vuol dire che non si debba anche valutare la prestazione oggettiva o
che non si debbano anche approntare e utilizzare strumenti per la valutazione di aspetti
specifici, abilità e competenze tecniche. Non sto negando questa funzione, necessaria anche
nella sua componente di frustrazione (“gli esami non finiscono mai” di eduardiana memoria).
Sto solo discutendo il come si fa la valutazione e che cosa comporta questa attività così
indispensabile anzi ineludibile: si resta su fattori esteriori o ci si rende conto che questo modo
di fare limita la nostra capacità valutativa e non costituisce uno strumento di apprendimento
per lo studente anzi spesso fa si che lo stesso la riceva in modo passivo senza farsene motivo
di riflessione?
Ma quali sono più specificatamente le fantasie e i sentimenti profondi che vengono
sollecitati dal processo valutativo, con specifico riferimento al mondo della scuola?
Per esemplificare ne indicherò molto rapidamente alcune sia in rapporto all’allievo che
all’insegnante
La prima sensazione che il compito valutativo dell’insegnante può provocare nello
studente è la sensazione di venir costantemente studiato e giudicato. Così, talvolta, i commenti
degli insegnanti volti a mostrare certi comportamenti del gruppo classe o degli stessi singoli
allievi possono essere vissuti come valutazioni negative e non più come contributi
all’apprendimento e al buon funzionamento del gruppo.
Valutare gli apprendimenti linguistici in lingua straniera
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Dunque bisogna fare attenzione perché le critiche che gli insegnanti esprimono possono
essere prese molto male, aldilà della loro reale portata. Ma specialmente bisognerebbe evitare
nella valutazione di formulare critiche senza essere in grado di documentarle chiaramente o di
proporre delle alternative.
Gli allievi poi si chiedono sempre chi è il preferito, chi è il più amato anche perché
nessuno può eliminare il bisogno di essere apprezzato e amato dall’autorità. Questo è tanto
vero che talvolta persino l’ottenere pessime valutazioni può far insorgere certi compiacimenti
perché nell’essere il peggiore si è, in qualche modo, speciali cioé diversi dagli altri, unici
Rispetto al proprio prodotto, cioé alle proprie prestazioni, l'allievo che deve mostrarle in
una situazione di valutazione, é possibile che provi l'angoscia di essere inadeguato come
persona, di non valere niente, di essere disturbato e incapace rischiando così di andare
incontro a una sorta di critica radicale al proprio modo di essere.
Questo tipo di ansia quando è troppo massiccia o non contenuta dall'insegnante, è uno
degli ostacoli principali per l’allievo a comunicare le proprie conoscenze poiché un possibile
errore non può essere da lui tollerato.
Altre emozioni e fantasie invece, se non sono riconosciute, impediscono di sperimentare
anche la componente di piacere che è anche connesso all'apprendimento (Alvarez, 1994). Ad
esempio, se l'allievo fantastica il docente che lo valuta come un giudice severo e non invece
come qualcuno che dovrebbe essere lì per aiutarlo ad apprendere, qualunque suo feedback
verrà vissuto non come insegnamento ma in modo persecutorio, come qualcosa di pericoloso
e disturbante, in quanto gli verrà attribuito un potere di punizione.
Infine in questa veloce carrellata sulle fantasie e sulle paure più macroscopiche degli
allievi rispetto alla valutazione va ancora rilevato che ci sono anche quelle relative al confronto
con i compagni di classe che evocano tutte le dinamiche di gelosia, competizione e rivalità
vissute con i fratelli (siano stati questi reali o immaginari) e che non possono essere ignorati
dall'insegnante nel predisporre il contesto valutativo. La valutazione infatti si svolge sempre
sullo sfondo di un gruppo-classe (che evoca la famiglia), di compagni (che evocano i fratelli) e
il sapere può essere un mezzo per ottenere l'affetto dell'insegnante (che evoca la figura del
genitore).
In questo senso, ad esempio, è bene evitare di fare elenchi di merito poiché
costituiscono un fattore disintegrante per il gruppo classe e incrementano la gelosia e la paura
che non servono all'apprendimento, ma solo a gratificare narcisisticamente il docente oppure a
produrre individui estremamente competitivi, ma non per questo emotivamente maturi e
adattati .
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TERESINA BARBERO, CARLA GRISERI
Tuttavia non è solo l'alunno ad essere ansioso lo è anche l’insegnante: ad esempio il primo
suo cruciale problema, rispetto alla valutazione, è un conflitto di ruolo, ovvero il conflitto fra il
ruolo di docente, che alleva e fa crescere l'allievo, e il ruolo di esaminatore.
Quanto più è stretto il rapporto con l'allievo tanto più è impegnativo decidere poiché
non si possono separare sic et simpliciter i rapporti e i sentimenti personali dal giudizio così
come non si possono separare dal processo di insegnamento-apprendimento.
L'insegnante che rimane vicino ai sentimenti dell’allievo infatti può avere difficoltà e
preoccupazione quando deve dirgli che vi sono dei limiti nelle sue prestazioni scolastiche e
può essere tentato di evitarne la delusione con l'attutire il confronto con il limite e
l'inadeguatezza del lavoro.
Ma anche rassicurare gli alunni dichiarando che la valutazione é di secondaria
importanza rispetto all'apprendimento è una falsificazione e, come tale, antitetica alla crescita:
così come il medico o lo psicoterapeuta non rassicura il paziente dicendogli che l'intervento
non sarà doloroso.
È invece utile permettere allo studente di sperimentare la propria ansia, il che lo aiuterà
ad apprendere anche da questa esperienza. Ciò non significa indurre una situazione
problematica, bensì semplicemente non negare il problema e permettere all’allievo di
esprimere i suoi dubbi e i suoi timori, senza bisogno di dare rassicurazioni razionalizzanti o
superficiali, ma semmai invitando l’allievo a riflettere su che cosa sono e da che cosa nascono.
Se dunque la valutazione non vuole essere solo un momento di controllo fiscale, ma
anche un importante momento di feedback, al servizio non solo dello studente ma anche
dell’insegnante l'atteggiamento del valutare e del valutatore dovrebbe essere finalizzato al
capire e non un esercizio di potere. Perché intesa in questo modo la valutazione è ben poca
cosa e, oltre a essere stigmatizzabile per la sua dimensione autoritaria; è sostanzialmente
inutile.
In sintesi
1. Sbagliare nel processo di valutazione è inevitabile e che per valutare meglio bisogna stare in guardia
diffidando in primo luogo di se stessi.
2. Gli errori dipendono dalle interferenze emotivo-soggettivo-personali che vanno riconosciute e
trasformate da ostacoli in risorse.
3. La valutazione è un processo che si declina all’interno di una relazione e che per non sottovalutare
bisogna prima gestire bene la relazione.
4. Si valuta bene se si accetta anche di essere valutati ovvero se si riconosce l’altro non solo come
prestatore d’opera ma anche come persona.
Valutare gli apprendimenti linguistici in lingua straniera
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5. Infine che, per tutti questi motivi, è necessario che l’insegnante diventi il più possibile responsabile della
propria mente ovvero che sia il più possibile in contatto con i suoi sentimenti, fantasie vissuti e soprattutto con
quelli che nascono e vengono indotti dalla relazione con l’allievo.
Quello che descrivo è dunque un insegnante che dovrebbe essere preparato e competente non solo come è ovvio - dal punto di vista tecnico ma anche dal punto di vista relazionale e psicologico.
GIOIRGIO BLANDINO
Metodologia della valutazione
Gli argomenti presentati in questa relazione prendono spunto dalla docimologia, per poi
fondarsi sulla metodologia della valutazione e, a partire da questa, arrivare a mostrare la
complessità necessaria (sempre che nella scuola sia necessario giungere a tanto) per creare un
rigoroso strumento di valutazione dell’apprendimento da utilizzare con gli studenti.
La docimologia ottiene uno statuto scientifico agli inizi del secolo scorso e nasce per
rispondere all’esigenza ottocentesca di rigore scientifico nel valutare le prestazioni degli
individui sotto esame; essa infatti si occupa dello studio dei criteri di valutazione da impiegarsi
negli esami e nei concorsi, ancor meglio essa è la tecnica relativa all’applicazione pratica di tali
criteri. Nell’ambito della valutazione scolastica si può quindi prendere ironicamente a prestito
quell’affermazione di un tal anonimo che secoli orsono scriveva “Di Dio ci fidiamo, tutti gli
altri ci devono presentare dei dati”.
I test genericamente definiti di “profitto” sono nati appunto per rispondere alle
critiche mosse agli esami tradizionali, definiti già nel 1845 da Horance Mann come “troppo
soggettivi”; da allora si è fatta molta strada circa il loro impiego ed altrettanta chiarezza sulla
metodologia da utilizzare sia per la costruzione di corretti test sia per l’analisi dei dati con essi
raccolti; tuttavia questi avanzamenti teorico-pratici per quanti non hanno confidenza con
l’analisi dei dati e con la statistica può ingenerare ansia, un po’ come quella provata dagli
studenti nell’essere valutati.
Prima di entrare nel merito della metodologia della valutazione occorre però chiarire
alcuni aspetti e fornire una presentazione di base dei termini adoperati in questa disciplina,
inoltre è opportuno affermare che un conto è parlare di un test scolastico standardizzato
(validato secondo criteri scientifici) un altro conto sono i compiti in classe e le interrogazioni.
Non necessariamente queste ultime devono ambire a divenire veri e propri test rigorosi dal
punto di vista metodologico.
Fino a qualche decennio fa si semplificava dicendo che termini come “profitto”,
“abilità generale” e “attitudine” variassero tra loro per la sola stabilità nel tempo, oggi la loro
differenziazione è meglio articolata. I “test di profitto” si associano all’“abilità generale” e
all’“attitudine” in quanto sono misure del risultato massimo ed hanno contenuti e forme simili;
mentre si differenziano perché valutano il presente o il passato e non il futuro e perché si
riferiscono ad apprendimenti specifici avvenuti in tempi e circostanze altrettanto specifiche.
Le caratteristiche che dovrebbe possedere un test per essere definito un buon
strumento di valutazione sono la validità, l’adeguatezza e l’attendibilità anche detta fedeltà. Un
Metodlogia della valutazione
15
test è valido quando misura effettivamente la caratteristica che anticipatamente dichiara di
misurare, è adeguato quando pertinente alle persone per le quali è stato creato ed è fedele
quando, somministrato due volte alle stesse persone, genera risultati tra loro altamente
correlati. Inoltre la validità di un test, anche detta accuratezza e precisione, si scompone in
validità di contenuto (quando il contenuto è pertinente a quanto si vuole misurare), validità
concorrente (misura la stessa cosa di un altro test già conosciuto e specifico per
quell’argomento) e validità predittiva (due misurazioni, test-retest, che confermano i risultati).
Nel mondo della valutazione scolastica tuttavia non si è soliti essere così rigorosi,
d’altronde gli stessi studenti che si vanno a testare non sono scelti a caso come invece
imporrebbe la statistica; infatti non si parla di un “campione” di soggetti come suole fare per
esempio la sociologia, ma di valutazione di un gruppo specifico (classe di studenti) o di un
caso singolo (lo studente interrogato individualmente). Tuttavia anche negli esami scolastici si
segue una procedura che almeno nella teoria è simile agli esperimenti di laboratorio o per
meglio dire si segue la logica degli esperimenti, ovvero si misura l’apprendimento avvenuto tra
un tempo zero (prima della lezione o del tempo passato a studiare) ed un tempo 1, o dopo che
lo studente ha dedicato del tempo ad assimilare i contenuti della lezione. In questa “prova
sperimentale” il ricercatore-insegnante dovrebbe cercare di rendere il più costante possibile la
situazione, isolare le variabili che non intervengono nell’apprendimento (un esempio su tutti è
il copiare) e raccogliere dati. Quando i dati raccolti con uno stesso strumento (interrogazione
scritta o orale) generano diversità di risposte, queste si definiscono variabili, quando invece
non portano ad una variabilità di risposta si definiscono costanti: quest’ultime non sono di per
sé informative perché non permettono di differenziare gli studenti ed il loro apprendimento,
l’unico suggerimento che possono dare è quello di cambiare domanda proprio in luce del fatto
che così come viene formulata non è in grado di creare risposte differenziabili. Questo ultimo
concetto è più chiaro se esemplificato: in un compito in classe se capitasse che tutti gli studenti
prendono un voto identico potrebbe voler dire che il compito non è utile a discriminare la
preparazione degli studenti, e dunque il test non è stato ben tarato per quegli allievi.
Condizioni simili si hanno quando la maggior parte degli studenti prende un voto alto (poiché
il test si è dimostrato essere troppo facile, effetto definito “tetto”) oppure quando la maggior
parte degli studenti prende un voto insufficiente (poiché il test si è dimostrato essere troppo
difficile, effetto definito “pavimento”). In questi ultimi due casi è consuetudine dell’insegnante
far di necessità virtù e riaggiustare i voti degli studenti in base all’andamento generale del
compito, tuttavia dal punto di vista della costruzione di un buon test queste situazioni
rappresentano un fallimento dello strumento che andrebbe nuovamente tarato per quello
specifico gruppo classe. Teoricamente infatti una corretta distribuzione dei voti raccolti
dovrebbe seguire un andamento gaussiano (dal suo ideatore: Gauss), anche detto
16
OMAR FASSIO
“distribuzione normale” o a campana, per la sua particolare forma, le cui caratteristiche sono:
l’avere un valore medio attorno al quale si distribuiscono tutti gli altri valori (è auspicabile che
questo indice di posizione centrale sia un voto che si collochi dalla sufficienza in su), circa un
70% di soggetti ricadrà all’interno di una fascia definita deviazione standard e avrà due code
sottorapresentate (ovvero al di sotto delle quali si raccoglierà una minima parte dei soggetti:
meno del 5% nella parte bassa e meno del 5% nella parte alta della distribuzione; nel mondo
della valutazione scolastica queste due estremità sono maggiormente rappresentate).
Un autore a cui la statistica deve molto è stato Stevens che negli anni 50 del secolo
scorso affermò che “Misurare vuol dire attribuire numeri ad oggetti o eventi seguendo
determinate regole. Esistono infatti regole diverse e questo porta ad avere diverse scale di
misurazione.” Da quanto detto emerge come occorra esplicitare le regole adottate per
l’assegnazione dei numeri, evidenziare le proprietà di ciò che misurano e stabilire quali sono le
procedure statistiche che si possono utilizzare.
Alle scale nominali appartengono i voti espressi con dei termini o con una sorta di
ideogrammi occidentali (si veda l’attribuzione dei voti che talvolta sono solite dare le
insegnanti delle scuole elementari: una faccina che ride, una che piange o una neutra). Le scale
individuate da Stevens sono quattro: nominali e ordinali (la cui natura statistica è qualitativa) e
di intervalli e di rapporto (la cui natura è quantitativa). Alle scale ordinali appartengono giudizi
come: insufficiente, scarso, sufficiente, discreto, buono, distinto, ottimo. A quelle definite ad
intervalli appartengono i valori numerici (generalmente da 0 a 10). Infine per utilizzare scale di
rapporto occorrerebbe andare anche sotto lo zero con i voti: pratica che, per fortuna degli
studenti odierni, è scomparsa in questi ultimi decenni di scuola.
Infine una proprietà intrinseca alle scale di Stevens, di non poca importanza, è che un
livello di scala alto può essere trasformato in uno più basso ma non è vero il contrario. Ovvero
il voto sette può essere trasformato nel giudizio “discreto” o nella sigla “approvato”. Non è
possibile invece l’opposto: per quanto riguarda la sigla approvato non sapremo mai se quello
studente ha preso discreto o buono in un caso o 7 o 8 nel caso della scala ad intervalli. In
tabella 1 vengono riportati i diversi nomi delle scale che si possono utilizzare per raccogliere i
dati; come si può osservare in tabella ogni scala ha una sua natura, un livello informativo, una
convenzionalità e delle specifiche operazioni matematiche.
Metodlogia della valutazione
Nome della scala Natura
Livello
Convenzionalità
informativo
Nominali
17
Operazioni
matematiche
Qualitativa
Basso
Alta
=≠
Qualitativa
Basso
Alta
<=>
Quantitativa
Alto
Bassa
±
Quantitativa
Alto
Bassa
/*
(scuole elementari)
Ordinali
(medie inferiori)
Di intervalli
(medie superiori)
Di rapporto
(possibile ma non
impiegata)
Tabella 1. I 4 livelli di scala fondamentali secondo Stevens
Generalmente la scuola utilizza la scala ad intervalli per misurare e questo permette di fare
molte operazioni matematiche sui risultati, tuttavia spesso si utilizzano impropriamente le
scale mischiandole tra di loro. Infatti la stessa scala ad intervalli spesso viene utilizzata in
modo arbitrario e soggettivo, si vedano i casi in cui ai numeri si affiancano i – ed i +. Certo
qualche insegnante potrà obiettare che ogni – e ogni + ha un suo corrispettivo numerico (1/4
di punto; 0.25) ma che dire allora del facile utilizzo di voti come 6--? Non equivarrebbe
dunque con un 5 e ½?! e se poi l’utilizzo dei – fosse maggiore? Tuttavia talune volte questi
voti imprecisi dal punto di vista matematico sono invece utili per connotare in “voto
psicologico” il risultato. Ne sono una testimonianza i voti come il sei seguito da tre o quattro
meno che certo incoraggiano di più uno studente di quanto non faccia un cinque. Inoltre
spesso gli insegnanti tendono a modificare i giudizi riferendosi a parametri non oggettivi ma
soggettivi quali la propria esperienza lavorativa o il grado di conoscenza del gruppo scuola, del
gruppo classe o del singolo studente. Tuttavia non credo corretto denigrare queste procedure
poiché anche queste possono essere criteri sensati, è tuttavia auspicabile che questi criteri
siano ben chiari a chi li utilizza. D’altronde se ci fermassimo ad analizzare i soli voti ottenuti da
uno studente risulterebbe evidente a tutti come risulta più preparato colui che ha ottenuto voti
più elevati. Tuttavia basta prestare attenzione all’aspetto temporale, ovvero all’ordine con cui i
voti sono stati presi, per far propendere il giudizio favorevole più su di un secondo studente,
forse con un voto medio inferiore, ma dimostra il suo crescente impegno (si veda per esempio
quest’ordine: studente 1= 5, 6, 6, 7, 7, 8 e Studente 2: 7, 6, 6, 6, 5, 5).
18
OMAR FASSIO
A complicare ulteriormente il lavoro di un docente c’è la moltitudine di strumenti
specifici a valutare il grado di preparazione degli studenti ed ogni strumento ha le sue
caratteristiche ed applicazioni. Si veda per esempio la possibilità di svolgere una prova scritta o
orale, un test a crocette (con modalità vero o falso), con domande aperte o chiuse, a crocetta,
per ordine di importanza e via discorrendo.
Quanto mi preme qui mostrare è la complessità sottesa alla valutazione scolastica,
inoltre, nonostante la correttezza della metodologia impiegata c’è la sempre presente
possibilità di compiere errori di misurazione, i così detti errori di tipo I (respingere un’ipotesi
vera) o errori di tipo II (accettare un’ipotesi falsa). In medicina si è soliti definire questi due
diversi tipi di errori falsi positivi e falsi negativi). In aggiunta ogni misurazione ha
inevitabilmente una parte di “rumore” che sporca il risultato (il rumore è un disturbo causato
dall’eccesso di informazioni, tale che anche l’elemento utile, quello ricercato, non viene
riconosciuto, nemmeno individuato, o individuato con difficoltà).
Da passate ricerche condotte nelle scuole è emerso inoltre come l’utilizzo di griglie di
valutazione non siano garanzia di una valutazione univoca, di un accordo tra i docenti che
valutano e questo porta a riflettere sul fatto o meno che misurare oggettivamente sia
un’illusione o un’utopia.
Concludendo quanto si è cercato di trasmettere in questa relazione è che uno
strumento misura ciò che può essere misurato da quello specifico strumento e non ciò che
dovrebbe essere misurato. Ad uno strumento approssimativo deriveranno dei risultati ancor
più approssimativi. Questo assunto si trascina dietro la necessità di conoscere gli strumenti che
si adoperano e le regole sottese ad essi. Un buon insegnante non è un insegnante che non
sbaglia, ma uno in grado di apprendere dai propri errori, sarà un insegnante che si domanderà
il perché dell’eventuale fallimento dei suoi studenti e non cercherà di dare affrettatamente una
collocazione univoca alla dicotomia fallimento studenti/fallimento docenti o di contro
successo studenti/ successo docenti ma propenderà invece sulla più olistica interpretazione
latina del et/et.
OMAR FASSIO
Confronto con sistemi valutativi dei paesi europei
di lingua inglese
Valutare stanca… in Inghilterra ancor di più
Nella prima parte di questo intervento darò una descrizione di alcuni aspetti salienti del
sistema di esami e valutazioni in vigore in Inghilterra e Galles (negli altri Paesi anglofoni,
comprese la Scozia e l’Irlanda del Nord, vi sono altri tipi di organizzazione); nella seconda farò
invece alcune riflessioni, per comparazione e contrasto, con il sistema italiano per vedere quali
possibili indicazioni possono venirci andando a vedere quello che avviene fuori dei nostri
confini.
Vorrei per prima cosa correggere in parte quello che ho appena scritto e parlare di
“non-sistema” inglese. Così appare a noi che siamo abituati a un sistema di stampo
napoleonico, con programmi ministeriali – che non si chiamano più così ma vengono sempre
da Viale Trastevere – validi per tutte le scuole statali e paritarie, con strutture rigide per ciascun
tipo di scuola per quanto riguarda le materie e le ore di insegnamento.
Recentemente, con l’adozione del National Curriculum e con fatica, nella scuola inglese
si è operata una transizione da un regime di piena autonomia a un regime più soggetto a
direttive e controlli centralizzati. L’autonomia, che da noi fa tanta fatica a farsi largo, è
comunque rimasta nella scuola inglese per almeno due aspetti fondamentali:
-
il reclutamento del personale docente, che è uno dei doveri fondamentali del Preside. Il
quale può scegliere chi ritiene più idoneo tra i candidati che fanno domanda, sapendo che
nessuno andrà a sindacare se ha scelto un parente o un amico: perché anche un’amica
intima del Preside può essere una brava insegnante, la migliore tra le persone disponibili a
lavorare nella sua scuola; e soprattutto perché il Preside sa bene che se in seguito a una
serie di scelte sbagliate l’efficienza e il prestigio della scuola calano, lui dovrà cercarsi un
altro lavoro;
-
il valore del titolo di studio, che è legato alla fama e al prestigio dell’istituto che lo rilascia e
non al valore legale del “pezzo di carta”.
Permane quindi un sano pragmatismo per cui anziché badare alla funzionalità teorica delle
architetture si mira all’efficienza hic et nunc, con un’ampia variabilità di risposte a situazioni
locali diverse.
20
GIANFRANCO PORCELLI
Le tre fasi dell’istruzione inglese
Primary Education (Istruzione primaria): copre la fascia d’età dai 4/5 agli 11 anni. L’obbligo
scolastico ha inizio a 5 anni, età in cui l'apprendimento è mirato all’alfabetizzazione e alla
capacità aritmetica. Vi sono tre tipi di scuola primaria:
-
infant (5 -7 anni)
-
junior (7- 11 anni)
-
infant e junior (5 -11 anni)
Secondary Education (Istruzione Secondaria): copre la fascia d’età dagli 11 ai 16 anni.
Nell’Inghilterra e nel Galles (come già accennato, la Scozia ha un sistema scolastico diverso) il
passaggio alla scuola secondaria avviene a 11 anni. L’obbligo scolastico termina all’età di 16
anni.
Tertiary Education (Istruzione Terziaria): dai 16 anni, non obbligatoria. Circa il 90% degli
studenti prosegue gli studi fino al conseguimento del titolo richiesto per l’iscrizione
universitaria all'età di 18 anni.
Il N ational Curriculum
Prima del 1988 la sola materia obbligatoria per tutte le scuole era lo studio delle Sacre Scritture
ebraico-cristiane: la cosa fece scalpore quando in Italia si dibatté la questione
dell'insegnamento della religione cattolica, ma era coerente con una nazione in cui il Capo
dello Stato e il Capo della Chiesa ufficiale (Church of England) sono la stessa persona.
L’Education Reform Act del 1988 ha introdotto un curriculum nazionale per le materie
fondamentali con programmi comuni a tutte le scuole. Gli studenti devono sostenere gli esami
nelle seguenti materie: Inglese, Matematica e Scienze (3 materie fondamentali) all’età
rispettivamente di 7 e 11 anni. Altre sette materie sono da sviluppare nell’arco dei primi nove
anni di scuola.
Autonomia di metodo
Le scuole mantengono la libertà di scelta sui metodi da seguire ed i libri di testo da adottare.
Le scuole private (le più prestigiose delle quali si chiamano Public Schools) non sono tenute a
seguire il National Curriculum, ma quasi tutte lo adottano. Il National Curriculum prevede quattro
fasi-chiave:
La valutazione delle conoscenze e competenze nello studio del Latino
21
-
key stage 1: fino a 7 anni;
-
key stage 2: 7-11 anni;
-
key stage 3: 11- 14 anni (pre-GCSE);
-
key stage 4: 14-16 anni (preparazione al GCSE o titolo equivalente).
La valutazione
Il National Curriculum ed i criteri di valutazione sono gestiti da due enti governativi, di cui
diamo anche l’indirizzo web a beneficio di chi volesse approfondirne la conoscenza:
-
Inghilterra - Qualifications and Curriculum Authority (QCA) www.qca.org.uk;
-
Galles
-
Qualifications,
Curriculum
&
Assessment
Authority
(ACCAC)
http://new.wales.gov.uk/topics/educationandskills/curriculum_and_assessment/?lan
g=en.
Esami
Il passaggio dalla scuola primaria alla secondaria avviene di norma all’età di 11 anni senza
dover sostenere esami, poiché, in seguito allo Standard Assessment Task (SAT) introdotto dal
National Curriculum, gli studenti sono valutati durante tre stadi dell'iter scolastico (sette, undici e
quattordici anni).
I SAT sono esami nazionali esterni che si aggiungono alle valutazioni degli insegnanti e
agli esami della scuola ed hanno lo scopo di misurare i progressi degli alunni in base ai
parametri standard nazionali.
anno 2 - età 7
anno 6 - età 11
anno 8 - età 14
Livello 8
Eccezionale
Livello 7
Oltre le attese
Livello 6
Eccezionale
Livello 5
Oltre le attese
Livello 4
Eccezionale
Secondo le attese
Livello 3
Oltre le attese
Sotto le attese
Livello 2
Secondo le attese
Livello 1
Sotto le attese
Secondo le attese
Sotto le attese
22
GIANFRANCO PORCELLI
Le decisioni sulle carriere degli studenti (promozioni, recuperi) rimangono di competenza
degli insegnanti delle singole scuole.
General Certificate of Secondary Education (GCSE)
Il GCSE, introdotto nel 1988, ha sostituito gli esami in precedenza denominati GCE O-level e
Certificate of Secondary Education (CSE).
Il GCSE è amministrato da sette Commissioni d’esame autonome nel Regno Unito
che si attengono a criteri nazionali.
L’esame si sostiene alla fine dell’istruzione scolastica secondaria di solito all’età di 16
anni ed il numero e la scelta delle materie dipendono dalle capacità dello studente.
Ciascuna materia è oggetto di un esame a sé che può essere superato, a prescindere
dall’esito degli altri esami.
Il sistema dei gradi GCSE è il seguente :
Gradi GCSE
A
B promosso con buono
C
D
E
F
promosso
G
U respinto
General Certificate of Education: GCE Advanced Level (GCE A level)
Il General Certificate of Education Advanced Level comunemente denominato A-level, è sostenuto da
studenti con un buon curriculum scolastico, all’età di 18 anni.
A questa età, lo studente di solito si specializza nelle materie fondamentali per il corso
di Laurea a cui aspira ad accedere. Due o più materie superate a questo livello costituiscono
titolo necessario per l’ammissione universitaria. In considerazione dell’esistenza del numero
chiuso presso le università inglesi a nessuno è concesso il diritto automatico d’iscrizione.
La valutazione delle conoscenze e competenze nello studio del Latino
23
General Certificate of Education: GCE Advanced Supplementary (GCE AS level)
Gli Advanced Supplementary sono stati introdotti nel 1987 per ampliare la scelta di materie
offerta dal GCSE oltre alla tradizionale divisione fra materie scientifiche ed umanistiche,
offrendo così agli studenti la possibilità di combinare studi anche divergenti.
Essi richiedono la metà di ore di studio e di insegnamento rispetto all’Advanced e due
AS sono considerati equivalenti ad un Advanced per quanto concerne l’iscrizione all’università.
Altri tipi di esami finali
- Vocational A level (già Advanced GNVQ): spesso è sostenuto assieme agli A levels tradizionali.
Ha lo stesso valore ed è riconosciuto per l'ammissione all'università;
- International Baccalaureate; alcune scuole preparano all'International Baccalaureate in alternativa agli
A levels. E’ un esame riconosciuto a livello internazionale che si sostiene all’età di 18 anni.
Permette l’ammissione alle università.
Le verifiche in itinere e i resoconti periodici
C’è la massima autonomia nell’esprimere i voti: una scuola potrebbe scegliere il sistema dei
colori (come fa il Judo, dalla cintura bianca alla cintura nera) o qualsiasi altro. Il sistema più
usato è quello delle lettere, non necessariamente conforme a quello del GCSE; in molte scuole
si va dalla A (voto massimo) alla F (failed, ossia prova non superata).
Con frequenza mensile o bimestrale le scuole forniscono alle famiglie un resoconto
(school report) che non si limita a riportare il voto per ciascuna materia ma lo accompagna con
un breve commento. Di solito c’è anche un profilo riassuntivo sullo studente, sui suoi
progressi, sulle sue attitudini e sui suoi punti deboli. Quest’ultimo è evidentemente quello che
stanca di più – non basta dare i numeri, anzi le lettere.
Qualche confronto con il nostro sistema
Da noi si finge che un 100 alla “Bocconi” valga molto meno di un 110 e lode
dell’Università di Tricerro (VC)2 – o almeno così si comportano per legge le pubbliche
amministrazioni nello stilare le graduatorie, non certo i privati. In Inghilterra, negli USA e nella
grande maggioranza degli altri Paesi i titoli di studio valgono esclusivamente in base al
prestigio delle istituzioni scolastiche e universitarie che li rilasciano. Da molte parti, come in
Inghilterra, sono stati messi in atto meccanismi che creano degli standard di riferimento, ma
senza automatismi che equiparano d’ufficio realtà ben diverse tra loro.
2 È un paese tra le risaie e lo cito solo perché so per sicuro che non ospita alcun corso universitario (per ora).
24
GIANFRANCO PORCELLI
Punteggi, voti e medie
Nel sistema inglese, i punteggi dei test (che possono essere numerici) sono ben distinti dai voti
espressi con le lettere e dai giudizi formulati con descrizioni verbali. Da noi l’uso dei numeri
anche per i voti può essere fonte di confusione tra il momento della verifica del profitto e
quella della valutazione dell’allievo.
L’uso dei voti numerici incoraggia il calcolo delle medie, che il più delle volte non
hanno senso: da noi sopravvive questa antica usanza, che cerca di resistere anche dove e
quando i voti non sono numerici ma espressi con aggettivi. Fare le medie non fa parte della
tradizione inglese.
Gli aggettivi
Buono è il polo positivo della coppia buono ~ cattivo ma nel gergo scolastico buono fa parte della
scala sufficiente~buono~distinto~ottimo e quindi buono non è tanto buono. Quando nella scuola
dell’obbligo furono introdotte le schede invece delle pagelle, un noto giornalista riferì un
commento da parte dei genitori di uno scolaro: “Nostro figlio in matematica è scarso ma per
fortuna in italiano è carente”. Aggettivi non ufficiali ma diffusi, come scarso e discreto,
significano cose diverse in aree geografiche diverse – a volte con variazioni da scuola a scuola.
Per sostituire il “dieci e lode” che esprime l’eccellenza assoluta, un’insegnante inventò “ottimo
con l’asterisco” e l’idea fu ripresa da vari altri colleghi.
Le promozioni
Un’altra differenza di estremo rilievo riguarda il meccanismo delle promozioni. In Inghilterra e
in quasi tutte le altre parti del mondo si procede solo nelle materie in cui si sono raggiunti i
livelli minimi previsti; le altre materie – e solo quelle – vengono o ripetute o sostituite con altre
più facili e/o più adatte alle attitudini dello studente. Da noi si sono inventati prima i “voti di
consiglio” e poi i “debiti formativi”. I primi sono dei veri e propri falsi ideologici in atto
pubblico (anche se legalizzati) perché dichiarano delle sufficienze in realtà inesistenti; i secondi
sono profondamente diseducativi nella misura in cui si permette che non vengano saldati.
Anni fa mi accadde di far parte di un consiglio di classe che decretò (a maggioranza,
con me tra i contrari) la bocciatura di uno studente che si era rifiutato di studiare stenografia in
un’epoca in cui ormai nessuna ditta assumeva più stenodattilografe. A causa di una sola
materia, quello studente dovette ripeterle tutte, anche quelle in cui era ampiamente sufficiente.
Le insegnanti di quelle materie avevano adottato la “linea dura” nel tentativo di tenere in vita
discipline ormai obsolete e in difesa del loro posto di ruolo. E l’idea stessa di “posto di ruolo”
inamovibile è un’altra delle grandi differenze tra il nostro sistema pubblico e molti altri, tra cui
quello inglese.
La valutazione delle conoscenze e competenze nello studio del Latino
25
Conclusioni
L’indagine qui riportata avrebbe bisogno di ulteriori approfondimenti: non si può dire di
averne una visione esatta di un sistema scolastico senza cogliere dal vivo come viene vissuta la
dinamica dei voti e degli esami. Ritengo comunque che si possano trarre alcune conclusioni di
massima.
In primo luogo, è impossibile isolare il problema del valutare dall’organizzazione
complessiva di un sistema scolastico, che a sua volta riflette la cultura e il sistema sociale del
Paese. Il processo di valutazione è il più potente mezzo di comunicazione tra la scuola, gli
allievi e le famiglie; la forme di comunicazione non hanno ovunque lo stesso valore e
significato.
Malgrado ciò, è molto salutare vedere come altri sistemi scolastici gestiscono il
problema – spesso con esiti molto diversi da quelli ai quali noi abbiamo fatto l’abitudine e che
tendiamo a dare per scontati e immodificabili. Ci si rende conto, così, che il nostro sistema
tende a essere burocratizzato, con una formalità legale che dovrebbe garantire moltissimo
(anzi, proprio tutto) e in realtà garantisce ben poco. Le differenze personali e sociali non si
azzerano per decreto ministeriale.
Il sistema inglese risente ancora di una tradizione in cui la scuola ideale è residenziale e
si occupa delle persone degli allievi, non solo delle loro menti: di qui l’importanza attribuita agli
sport e alle attività del tempo libero, con un’attenzione agli interessi extrascolastici che da noi
verrebbe etichettata come tentativo di violazione della privacy. Rispetto al collega italiano,
l'insegnante inglese ha molti più lavori scritti da controllare quasi quotidianamente; al di là di
questo, il sistema esige una conoscenza dell’allievo in termini di personalità, attitudini e
interessi che è mediamente molto più elevata che da noi.
Concludo con un esempio. Tempo fa ricevetti da un’università inglese una richiesta di
referenze su una mia laureata che voleva proseguire gli studi presso di loro. Il modulo
comprendeva la voce “outside interests”: dovetti chiarire che non ero in grado di rispondere
perché nel nostro sistema un professore non chiede a una studentessa quali siano i suoi hobby
o come trascorra il weekend – precisando che la mia mancata risposta non doveva essere in
alcun modo interpretata come dato sfavorevole alla candidata.
In Italia si pretende che valutiamo gli studenti senza sapere come vivono.
GIANFRANCO PORCELLI
La valutazione delle competenze e conoscenze
nello studio del Latino
1. Introduzione
La valutazione formativa, che accompagna costantemente il processo didattico nel suo
svolgersi, e la valutazione sommativa, di giudizio complessivo al termine di una determinata
tappa del processo didattico, coesistono nell’attività didattica in reciproca utilità:
- la valutazione formativa, in quanto è capace di fornire all’insegnante informazioni
costanti e analitiche sui processi di apprendimento degli allievi, anche singolarmente
considerati, consententendo di calibrare il proprio lavoro e di assumere decisioni efficaci
ai fini dei risultati da conseguire;
- la valutazione sommativa, in quanto, fotografando la situazione ed esprimendo un
giudizio complessivo sui risultati conseguiti da ciascun allievo e dalla classe in generale,
permette all’insegnante di ricavarne indicazioni per eventualmente modificare e migliorare
il lavoro successivo.
- Perché le due dimensioni possano efficacemente coesistere, chiarezza e trasparenza dei
criteri di valutazione sono necessarie a:
- l’insegnante, in quanto ciò comporta – con effetto a ritroso – una migliore definizione
degli obiettivi di insegnamento;
- lo studente, perché gli permette, invece di percepire la valutazione come un generico
giudizio di valore su se stesso, di riconoscervi specifici elementi di forza e di debolezza, da
cui ricavare una consapevolezza di sé.
Consideriamo i criteri di valutazione su cui si basano alcune delle più diffuse prove di verifica
utilizzate nell’insegnamento del Latino.
2. Valutare la traduzione dal Latino
La traduzione, verifica sommativa per eccellenza, nella quale tuttavia coesistono elementi di
verifica formativa, è, come noto, la sintesi finale di una complessa serie di operazioni, che
consistono nell’analizzare, comprendere e interpretare un testo per poi riprodurlo in un’altra
lingua, rispettando le regole sia della lingua di partenza sia di quella d’arrivo.
La valutazione delle conoscenze e competenze nello studio del Latino
27
Perciò, nel momento in cui si valuta una traduzione, si considera un vasto sistema di elementi
che attengono sia al campo delle conoscenze sia a quello delle competenze.
Tali elementi attengono al campo delle conoscenze, in quanto chi traduce utilizza le
conoscenze in suo possesso, di tipo:
- grammaticale: cioè le regole e i meccanismi di funzionamento della lingua da tradurre,
negli ambiti in cui solitamente la grammatica è suddivisa, cioè morfologia, sintassi e
lessico;
- culturale, sia quelle ntrinseche al testo stesso – per esempio i contenuti dell’opera da cui
quel testo è tratto, le caratteristiche linguistiche, stilistiche, ideologiche dell’autore – sia
quelle estrinseche, cioè di contesto storico, culturale.
Ma ancora di più tali elementi attengono al campo delle competenze, intese come capacità:
- di applicazione nel concreto di quello specifico testo delle conoscenze grammaticali e
culturali sopra indicate;
- di utilizzare metodologie di traduzione, cioè procedure e tecniche da seguire nelle varie
operazioni che portano a quel prodotto conclusivo, che si suppone lo studente abbia
acquisito, o perché gli sono state insegnate o perché le ha elaborate personalmente.
A queste competenze, che possiamo considerare specifiche dello studio del latino, sono da
aggiungere competenze generali, trasversali, acquisite sia attraverso lo studio di varie
discipline, sia anche attraverso le proprie esperienze di vita, e che, se da una parte sono
favorite dalle eventuali attitudini personali, dall’altra possono essere potenziate proprio grazie
all’attività di traduzione. Queste competenze trasversali possono distinguersi in competenze:
- linguistiche, di capacità di riflessione sulla lingua e di resa in lingua italiana;
- operative, come, per esempio, la capacità di programmare il proprio lavoro, di selezionare
i dati, di metterli in gerarchia, di utilizzare strumenti.
Ciò considerato, gli strumenti di valutazione da attivare da parte dell’insegnante variano a
seconda che la traduzione sia assegnata per una verifica complessiva di tutti questi elementi –
per esempio in occasione della verifica mensile in classe, o di un esame finale, o anche come
esercitazione a casa –; oppure come verifica in itinere di un percorso didattico finalizzato
all’acquisizione di conoscenze o competenze specifiche e parziali.
1.1. La traduzione come valutazione sommativa
Nel primo caso, cioè in quello di valutazione sommativa, l’insegnante verifica il possesso
delle conoscenze e competenze sopra accennate – di tipo linguistico e grammaticale, culturale
28
ELISABETTA DEGLI INNOCENTI
e metodologico – e ne valuta l’efficacia globale: verifica e valutazione che possono essere
condotte sia “in negativo”, quando si considerino gli errori e una resa inefficace; sia “in
positivo”, se si intende sottolinearne la validità.
Per questo la tabella di valutazione che qui si propone è suddivisa in due parti: per una
valutazione negativa e per una valutazione positiva.
Quella per la valutazione negativa considera gli errori grammaticali, classificati
secondo gli ambiti di appartenenza:
-
lessico,
-
morfologia,
-
sintassi: quest’ultima, a sua volta distinta in
a. sintassi dei casi: cioè comprensione di sintagmi;
b. sintassi del verbo: comprensione di costruzione verbale;
c. sintassi del periodo: comprensione di una proposizione o di un intero periodo;
e di conseguenza verifica e valuta l’inesatta comprensione di singole parole o di porzioni più
ampie del testo – da un sintagma, a una costruzione, a una proposizione, a un intero periodo –
assegnando un punteggio differenziato a ciascuno di essi.
La tabella per la valutazione positiva esprime, invece, un giudizio complessivo su:
-
la comprensione generale del testo, con riconoscimento, prima di tutto, del topic;
-
la sua resa in italiano, considerata sia in assoluto, come correttezza ed efficacia, sia in
relazione al testo latino, come capacità di rispettare il “colore”, lo stile dell’autore, la
tipologia testuale dell’opera cui il brano appartiene ecc.
-
eventualmente, su note di accompagnamento alla traduzione o risposte a questionario;
-
cui consegue la decisione se assegnare o no un punteggio in positivo.
Dal saldo tra le somme dei due punteggi, rapportato con il punteggio massimo conseguibile,
potrà risultare il voto finale assegnato alla prova.
L’analiticità degli elementi presi in considerazione risponde
-
al criterio pedagogico di trasparenza della valutazione, sul quale basare i rapporti tra
insegnante e studenti,
-
e all’obiettivo di fornire agli studenti gli strumenti per una autovalutazione, premessa
necessario per il miglioramento delle proprie competenze traduttive.
La valutazione delle conoscenze e competenze nello studio del Latino
29
TABELLE DI VALUTAZIONE DELLA TRADUZIONE
DAL LATINO
(Allegato 1)
VALUTAZIONE IN NEGATIVO
Elemento valutato
Punteggio per ciascun errore Punteggio parziale
Lessico: errato significato di una parola
– 0, 25
Morfologia del nome: errato riconoscimento di una forma
– 0, 25
nominale
Morfologia del verbo: errato riconoscimento di una forma
– 0, 50
verbale
Sintassi dei casi: mancata comprensione di sintagma
Sintassi
del
verbo:
mancata
comprensione
– 0, 50
di
una
– 0, 50
costruzione verbale
Sintassi del periodo: mancata comprensione di tipologia di
–1
una proposizione
Sintassi del periodo: mancata comprensione di significato di
–2
un periodo
Totale punteggio in negativo = punti – ...
VALUTAZIONE IN POSITIVO
Elemento valutato
Comprensione globale
Valutazione
Valutazione
Valutazione
Valutazione
Valutazione
Punteggio
ottima
buona
discreta
sufficiente
negativa
parziale
+1
+ 0, 75
+ 0, 50
+ 0, 25
0
+1
+ 0 75
+ 0, 50
+ 0, 25
0
+1
+ 0, 75
+ 0, 50
+ 0, 25
0
del testo
Resa in italiano
Eventuali
note
di
accompagnamento o
risposte a questionario
Totale punteggio in negativo = punti + ...
TOTALE PUNTI: ...
VOTO: ...
30
ELISABETTA DEGLI INNOCENTI
1.2. La traduzione come valutazione formativa
L’ampiezza delle conoscenze e competenze che sono messe in gioco dall’attività di traduzione
richiede che a monte di quel prodotto finale vi sia una specifica attività didattica, impostata
dall’insegnante con chiarezza di obiettivi e costantemente monitorata, attraverso prove di
verifica che possono anche essere condotte su suoi elementi parziali.
Se, per esempio, l’insegnante si prefigge l’obiettivo di insegnare agli studenti a tradurre,
fornendo loro una metodologia di traduzione, prove di verifica potranno essere quelle che ne
controllano l’acquisizione in itinere.
Consideriamo, a mo’ d’esempio, una metodologia di traduzione che preveda una serie di
operazioni, scandite in due fondamentali fasi successive, senza e con dizionario:
- le operazioni senza dizionario, corrispondenti a una strategia che procede dal generale
al particolare, e che perciò partono dal testo considerato nel suo insieme, per passare ad
analisi via via più dettagliate, possono essere schematicamente elencate in:
a. lettura e comprensione globale del testo;
b. analisi del periodo;
c. analisi morfologica e logica;
d. infine in analisi lessicale;
- le operazioni con dizionario, corrispondenti a una strategia che procede invece dal
particolare al generale, ripercorrono a ritroso il cammino già fatto, ripartendo dall’analisi
lessicale delle singole parole, proseguendo con l’analisi morfologica e logica, quindi con
l’analisi del periodo, per ricomporre, questa volta con maggiori elementi di giudizio, il
significato complessivo del testo.
Ammettendo dunque che l’insegnante abbia impostato il suo insegnamento metodologico
secondo questa successione di operazioni, al suo interno potrà individuare significativi step, in
corrispondenza dei quali assegnare prove di verifica parziale ai fini di una valutazione
formativa in itinere: prove di verifica che possono essere assegnate in forma strutturata,
semistrutturata e libera.
La valutazione delle conoscenze e competenze nello studio del Latino
31
PROVE DI VERIFICA DI METODOLOGIA DI TRADUZIONE
(Allegato 2)
Operazioni senza dizionario
Prove di verifica parziali
Lettura e comprensione globale del testo
Riassunto presunto del contenuto del brano
Analisi del periodo
Costruzione di schema grafico della struttura
del periodo
Analisi morfologica e logica
Esercizi di analisi morfologica e logica
Analisi lessicale
Riconoscimento nel testo di parole di
significato noto o presunto
Prova di verifica sommativa parziale: bozza di traduzione
Operazioni con dizionario
Prove di verifica parziali
Analisi lessicale
Controllo sul dizionario di parole note e
ricerca di quelle ignote
Analisi morfologica e logica
Controllo
della
correttezza
di
analisi
morfologica e logica
Analisi del periodo
Controllo della correttezza di analisi del
periodo
Comprensione del testo
Prova di verifica sommativa: traduzione definitiva
Traduzione provvisoria
32
ELISABETTA DEGLI INNOCENTI
2. Valutare le interrogazioni orali o scritte
Tra le tradizionali tipologie di verifica utilizzate in Latino rientrano le interrogazioni, svolte in
forma orale o anche scritta, che hanno per oggetto l’analisi e commento di un testo d’autore
già noto e la discussione su argomenti storico-letterari.
2.1. Analisi e commento di testo
L’interrogazione su un testo d’autore noto, sul quale si sia già svolta dell’attività didattica, si
configura sostanzialmente come una sorta di “analisi e commento”, analoga alla tipologia A
della prima prova scritta di Italiano agli esami di Stato: i quesiti posti a corredo del testo infatti
corrispondono grosso modo alle domande che l’insegnante può formulare per iscritto (in tal
caso l’interrogazione assume le caratteristiche di una prova di verifica semistrutturata) oppure
oralmente.
Ed ecco alcuni esempi, costituiti da testi d’autore, ai quali fa seguito una serie di
domande, che guidano lo studente a un’analisi di tipo sia grammaticale morfo-sintattica, sia
lessicale e stilistica, e quindi invitano lo studente a una riflessione sul testo finalizzata alla
comprensione delle motivazioni letterarie e politiche dell’autore.
1) La Gallia
Galliă est omnis divisa in partes tres, quarum unam incolunt Belgae, aliam Aquitani,
tertiam qui ipsorum linguā Celtae, nostrā Galli appellantur. Hi omnes linguā, institutis,
legibus inter se differunt. Gallos ab Aquitanis Garunnă flumen, a Belgis Matronă et
Sequană dividit. Horum omnium fortissimi sunt Belgae, propterea quod a cultu atque
humanitate provinciae longissime absunt minimeque ad eos mercatores saepe commeant
atque ea, quae ad effeminandos animos pertinent, important proximique sunt Germanis,
qui trans Rhenum incolunt, quibuscum continenter bellum gerunt. Qua de causa Helvetii
quoque reliquos Gallos virtute praecedunt, quod fere cotidianis proeliis cum Germanis
contendunt, cum aut suis finibus eos prohibent aut ipsi in eorum finibus bellum gerunt.
(Cesare, De bello Gallico, I,1)
QUESITI
- Morfologia e sintassi
a.
Che forma è est divisa? Perfetto passivo oppure nome del predicato + copula? Di conseguenza, come
traduci?
b.
Che complemento sono lingua, institutis, legibus? Riconosci nel brano altri esempi dello stesso
complemento.
c.
Come è concordato dividit con il o i soggetti?
d.
Che tipo di genitivo è Horum omnium?
e.
Che costruzione è ad effeminandos animos?
f.
Riconosci proposizioni causali e temporali.
- Lessico
a. Ricerca nel testo termini del linguaggio speciale geografico.
La valutazione delle conoscenze e competenze nello studio del Latino
33
- Interpretazione
a.
Perché, a tuo parere, cesare focalizza la sua attenzione sulle popolazioni dei belgi e degli
elvezi? quali elementi che li caratterizzano sono messi in evidenza? qual è lo scopo politico di
tale caratterizzazione?
- Confronto fra testi
a. Confronta il contenuto informativo geografico di questo brano con la terzina del VI Canto
del Paradiso di Dante (vv. 58-60), in cui sono sinteticamente rievocate le vicende della guerra
gallica: E quel che fé da Varo infino a Reno, | Isara vide ed Era e vide Senna | e ogne valle onde Rodano
è pieno.
2) Definizione del diritto e sue principali ripartizioni
Omnes populi, qui legibus et moribus reguntur, partim suo proprio, partim communi
omnium hominum iure utuntur: nam quod quisque populus ipse sibi ius constituit, id ipsius
proprium est vocaturque ius civile, quasi ius proprium civitatis; quod vero naturalis ratio
inter omnes homines constituit, id apud omnes populos peraeque custoditur vocaturque
ius gentium, quasi quo iure omnes gentes utuntur. Populus itaque Romanus partim suo
proprio, partim communi omnium hominum iure utitur. Omne autem ius, quo utimur, vel
ad personas pertinet vel ad res vel ad actiones.
(Gaio, Institutiones, I, 1-2)
QUESITI
- Morfologia e sintassi
a.
Individua in più passi del brano un verbo deponente che regge l’ablativo.
b.
Individua in più passi un verbo copulativo e descrivine la costruzione.
- Lessico
a.
Analizza il passo dal punto di vista lessicale: quali parole vi ricorrono con maggiore frequenza? che
rapporto numerico vi è tra termini tecnici del linguaggio giuridico e parole di significato generale, non
specifiche del diritto?
b.
Elenca alcune delle molte parole latine (sostantivi, aggettivi, verbi, avverbi) che derivano dal tema: iur- di
ius.
c.
Come traduci con terminologia giuridica naturalis ratio?
- Comprensione
a.
La definizione che Gaio dà di ius civile e di ius gentium corrisponde a quella che diamo noi oggi di “diritto
civile” e di “diritto internazionale”?
- Interpretazione
a.
Come interpreti, alla luce della storia e della cultura romana, il fatto che Gaio metta sullo stesso piano
leges e mores? In che relazione stanno con ius?
34
ELISABETTA DEGLI INNOCENTI
3) Schermaglie d’amore tra Lucio e Fotide
Pronus in eam, qua fine summum cacumen capillus ascendit, mellitissimum illud savium
impressi. Tum illa cervicem intorsit et ad me conversa limis et morsicantibus oculis: 'Heus
tu, scolastice,' ait 'dulce et amarum gustulum carpis. Cave ne nimiā mellis dulcedine
diutinam bilis amaritudinem contrahas.' 'Quid istic' inquam 'est, mea festivitas, cum sim
paratus vel uno saviolo interim recreatus super istum ignem porrectus assari' et cum dicto
artius eam complexus coepi saviari. Iamque aemulā libidine in amoris parilitatem
congermanescenti mecum, iam patentis oris inhalatu cinnameo et occursantis linguae
inlisu nectareo pronā cupidine adlibescenti: 'Pereo', inquam 'immo iam dudum perii, nisi tu
propitiaris'. Ad haec illa rursum me deosculato: 'Bono animo esto,' inquit 'nam ego tibi
mutuā voluntate mancipata sum, nec voluptas nostra differetur ulterius, sed primā face
cubiculum tuum adero. Abi ergo ac te compara, totā enim nocte tecum fortiter et ex animo
proeliabor”.
(Apuleio, Metamophoseon Libri XI, II, 10)
QUESITI
- Morfologia e sintassi
a. Riconosci gli imperativi.
b. Riconosci ablativi assoluti.
- Lessico e stile
a. Qual è l’origine etimologica di savium? Mettila in relazione con l’attributo mellitissimum. Riconosci più
avanti nel testo un diminutivo di savium.
b. Riconosci la metafora in limis et morsicantibus oculis.
c. Analizza la frase dulce et amarum gustulum carpis. In che cosa consiste l’ossimoro? Di quale parola è
diminutivo gustulum? Ricerca sul dizionario se altri autori ne fanno uso. Qual è il suo significato
letterale? E quale quello metaforico?
d. Qual è secondo te la ragione delle frequenti metafore alimentari?
e. Riconosci parallelismo e antitesi in nimia mellis dulcedine diutinam bilis amaritudinem contrahas.
f. Traduci l’appellativo mea festivitas con una corrispondente espressione del linguaggio colloquiale
attuale.
g. Riconosci il parallelismo nella frase Iamque … adlibescenti.
h. Come sono formati i verbi congermanescoe adlibesco? Sono neologismi di Apuleio?
i. Che figura retorica è utilizzata nell’accostamento di pereo e perii?
j. Ricerca le parole riferite al baciare.
k. Riconosci metafore tratte dal linguaggio giuridico e militare.
l. Attraverso quali strumenti linguistici Apuleio esprime la parità di condizione tra Apuleio e Fotide e la
comune volontà amorosa?
- Confronto fra testi
a. L’amore in Apuleio è un sentimento molto carnale, diversamente da tanta produzione erotica classica.
Confrontalo con la rappresentazione che ne fanno altri autori latini.
La valutazione delle conoscenze e competenze nello studio del Latino
35
2.1. Valutare l'interrogazione
Anche per queste prove di verifica è ormai da tempo in uso da parte degli insegnanti
l’adozione di griglie di valutazione, di cui si trovano esempi in manuali scolastici, letteratura
“grigia” di convegni e seminari, siti internet.
Il carattere standard di queste proposte di griglie, se può essere utile per prove a
carattere sommativo, a conclusione di un determinato percorso, si addice meno, invece, a
prove assegnate in itinere, la cui finalità, dal punto di vista dell’insegnante, non è soltanto
quella di valutare complessivamente conoscenze e competenze di uno studente, ma anche
quella formativa di fornire allo studente di autovalutare il lavoro fatto per procedere a
eventuali correzioni di tiro in corso d’opera.
Per questo è opportuno che ciascun insegnante elabori i propri strumenti di
valutazione in rapporto agli obiettivi che effettivamente si prefigge, in quella determinata fase
del lavoro, con quegli specifici studenti.
Ecco, a mo’ d’esempio, una griglia di valutazione formulata sulla base di un abbondante
elenco di obiettivi in termini di conoscenze e competenze, da adattare e modificare a
seconda delle esigenze didattiche.
Indicatori
Punteggi
parziali
10-9
Valutazione
8-7
Eccellente Buona/
/ ottima
Conoscenze
Conoscenze di grammatica
latina
Informazioni
storiche
e
letterarie sull’autore
Informazioni sul contesto
storico-letterario
Peculiarità
linguistiche
e
stilistiche dell’autore
Conoscenza
delle
linguistiche
varietà
adottate
dall’autore
Conoscenza delle principali
figure retoriche
Discreto
6
5
4-3
Sufficiente
Insufficiente Gravemente
insufficiente
36
ELISABETTA DEGLI INNOCENTI
Competenze
Comprensione globale del
testo
Capacità
di
trasferire
le
conoscenze teoriche nello
specifico testo
Interpretazione del testo nel
quadro
della
complessiva
produzione dell’autore
Capacità di storicizzare il
contenuto
del
testo,
collegandolo
alle
vicende
storiche
Capacità di ricavare dal testo
informazioni
su
elementi
caratterizzanti la società e la
cultura romana
Interpretazione
del
testo
come espressione culturale di
civiltà
Capacità
di
collegamenti
operare
intertestuali
(all’interno della letteratura
latina
e
tra
letterature
diverse)
Esposizione
Capacità espositive
ELISABETTA DEGLI INNOCENTI
La valutazione nel PPD
(Paradigma Pedagogico Didattico)
Mi sembra doveroso cominciare con un breve accenno al PPD, il Paradigma Pedagogico
Didattico, che cos’è?
Semplificando si potrebbe dire che il PPD è la proposta e l’attualizzazione della
pedagogia dei gesuiti o meglio del loro metodo educativo. Dal lontano 1558, anno nel quale
appare la prima edizione della Ratio studiorum Collegii Romani (l’edizione definitiva è del 1599) ad
oggi la tradizione della Compagnia di Gesù si è arricchita e sviluppata col passare del tempo.
Fedeli al proprio fine educativo che p. Arrupe così sintetizzava con una domanda: «La
domanda crucciale è questa: quali ripercussioni pedagogiche ha quello che poniamo come fine
della nostra educazione: educare uomini nuovi, uomini di servizio?»3 i pp. Gesuiti non si sono
risparmiati nell’aggiornare e nel proporre il loro metodo educativo.
Alle radici del PPD troviamo quindi, l’esperienza di Ignazio di Loyola e degli Esercizi
Spirituali, leggiamo ne Le caratteristiche della attività educativa della Compagnia di Gesù:
«Sebbene ci siano evidenti differenze tra le due situazioni, la qualità della relazione tra colui che dà
gli Esercizi Spirituali e colui che li fa costituisce il modello dei rapporti tra professori e studenti.
Analogamente a colui che dà gli Esercizi, il docente è al servizio degli studenti, attento ad
individuare i loro talenti personali e le loro specifiche difficoltà, personalmente coinvolto e
impegnato a favorire lo sviluppo delle energie interiori di ogni studente».4
Dal Praesupponendum5 degli Esercizi si deducono l’insieme dei suggerimenti che possono
favorire la qualità delle relazioni interpersonali idonee a suscitare la motivazione allo studio, a
rendere efficace l’insegnamento, a far nascere il gusto d’apprendere.
-
Dai preamboli e dai punti della preghiera nasce il suggerimento didattico della lettura
previa alla lezione frontale (praelectio)
-
Dalle ripetizioni della preghiera nasce la convinzione che l’interiorizzazione di un
argomento passa attraverso frequenti ed accurate ripetizioni (repetitio)
-
Dall’applicazione dei sensi nasce l’accentuazione sulla creatività, sull’immaginazione,
sull’esperienza, sull’importanza della motivazione, sull’interesse e la gioia di
apprendere.
3 P. Arrupe, I nostri collegi oggi e domani.
4 CAESJ 155. Il documento è del 1986.
5 Ignazio scrisse il Praesupponendum per indicare quale doveva essere la relazione tra esercitante e colui che dà gli Esercizi.
38
ANTONELLO FAMÀ
La categoria fondamentale che permette di comprendere il concetto di educazione che regge il
PPD è quella di accompagnamento, leggiamo in La Pedagogia Ignaziana. Introduzione alla
pratica:
«La pedagogia è il modo in cui i docenti accompagnano gli alunni nella loro crescita e nel loro
sviluppo. La pedagogia, arte e scienza di insegnare, non può essere ridotta a semplice metodo, ma
deve comprendere una visone del mondo e una concezione dell’uomo ideale che vuole formare. Su
questo si appoggia lo scopo verso cui sono orientati tutti gli aspetti di una tradizione educativa, da
questo derivano i criteri per la scelta dei mezzi da utilizzare nel processo dell’educazione».6
Il PPD si propone quindi come una mentalità, come una consapevolezza, come un metodo,
come una garanzia di trasversalità e verticalità.
È una mentalità, poiché si alimenta di convinzioni profonde, di una integrale e integrata
dell’uomo nel suo rapporto col senso della vita, con se stesso, con il mondo con la storia.
È una consapevolezza, poiché non ci si può fermare a pensare in termini di PPD, ma esso
esiste nella misura in cui diventa un modo di fare scuola, si traduce in uno stile ed in una prassi
istituzionale, crea piani di studio normativamente efficaci, attiva strategie didattiche incentrate
sul processo di apprendimento e sul ruolo attivo del discente.
È un metodo, poiché si apprende mettendolo in pratica e sperimentandone le molteplici
modalità di applicazione.
Si propone come garanzia di trasversalità e verticalità, poiché suscita atteggiamenti
pedagogico-didattici e porta a realizzare strategie operative comuni a tutto il corpo docente,
dalla scuola dell’infanzia al quinquennio superiore restando applicabile alla stessa formazione
universitaria, per la quale è originariamente nato.
Possiamo sintetizzare la metodologia del PPD in cinque parole chiave:
a. Contesto: è rappresentato dal riferimento ai dati storico-culturali, territoriali, e dalla
realtà dell’anno scolastico del singolo studente, che il docente deve preliminarmente
leggere per poter sintonizzare il suo messaggio formativo-didattico con la realtà del
suo discente.
b. Esperienza: è costituita dal vissuto esistenziale ed affettivo dello studente, assunto
didatticamente come punto di partenza per provocare la motivazione e realizzare
l’apprendimento significativo, l’unico che lo studente riconosca come rispondente alla
sua vita e ai suoi bisogni (praelectio).
c. Riflessione: è il momento didattico dell’approfondimento interiorizzato, nel corso del
quale lo studente entra nel senso di ciò che ha appreso, lo elabora, lo analizza, lo
trasforma in tappa di crescita (repetitio / saper fare).
6 La Pedagogia Ignaziana. Introduzione alla pratica, Centro Ignaziano di spiritualità,Napoli 1994, n. 11.
La valutazione nel PPD (paradigma Pedagogico Didattico)
39
d. Azione: è la fase didattica della messa in atto delle abilità acquisite, dell’autoconferma
della crescita personale nella quale il saper essere e il saper fare, si coniugano in una
competenza: fare.
e. Valutazione: è la tappa delle due consapevolezze fondamentali del rapporto
educativo: a) il docente valuta il processo di crescita e apprendimento del discente; b)
lo studente produce autovalutazione e individua ulteriori obiettivi di crescita.
La valutazione
Nel PPD la valutazione si situa come atto privilegiato della coscienza, necessario per
sviluppare tre livelli di consapevolezza:
-
il livello dei risultati ovvero degli esiti tecnico-istituzionali;
-
il livello del processo che ha condotto ai risultati;
-
il livello della progettazione attraverso l’individualizzazione di percorsi di
cambiamento/perfezionamento.
La valutazione si pone quindi come diagnosi, terapia e prognosi:
-
lettura dei dati emergenti positivi e/o negativi e individuazione delle cause,
-
ricerca di modalità e strumenti di risanamento/risoluzione dei fattori di difficoltà,
-
previsione dei tempi di realizzazione di un nuovo percorso progettuale, quale sviluppo
del positivo e correzione del negativo, in modo coerente alle scelte pedagogiche della
scuola e alle modalità con cui queste scelte devono sintonizzarsi con i rapidi
cambiamenti generazionali.
I parametri di qualità non possono esaurirsi in termini di efficienza, produttività, qualità dei
servizi, ma devono tener conto dei bisogni profondi della persona, del suo cammino di
crescita e delle risposte realmente efficaci che la scuola è in grado di dare a tali bisogni.
La valutazione nel PPD si configura come la presa di coscienza, da parte sia
dell’alunno sia dei suoi docenti, del progresso che egli sta realizzando nella sua crescita
integrale nel suo processo di apprendimento. Poiché è una valutazione sia di conoscenze sia di
atteggiamenti, essa è più diagnostica che classificatoria.
Compito peculiare del docente è, quindi, produrre valutazione accademica e
valutazione umana:
-
la valutazione accademica degli alunni con riferimento al profitto scolastico realizzato a
compimento del processo di apprendimento (perseguimento degli obiettivi specifici);
-
la valutazione umana con riferimento al cammino educativo percorso in vista
dell’interiorizzazione e della realizzazione dei valori, che la scuola considera peculiari
del suo progetto educativo (perseguimento degli obiettivi formativi);
40
ANTONELLO FAMÀ
-
la lettura integrata delle due valutazioni risponde alla visione di un uomo il cui sapere e
il cui saper fare si traducono in una qualità della vita e delle relazioni interpersonali.
Per quanto riguarda la valutazione accademica è opportuno proporre cinque connotazioni e
i corrispettivi oggetti valutativi:
-
la valutazione normativa è quella che paragona il rendimento dell’alunno con la norme
o media del rendimento del gruppo classe;
-
la valutazione diagnostica è quella che, una volta realizzate le fasi del processo di
apprendimento, verifica la validità dei diversi elementi per poter introdurre le
correzioni di rotta necessarie sia nell’apprendimento degli alunni, sia nella didattica del
docente;
-
la valutazione personale è quella che verifica i risultati pianificati per ogni alunno, in
base alle caratteristiche cognitivo-affettive;
-
la valutazione sommativa è quella che si esprime attraverso i voti, relazionando il grado
di apprendimento al passo pianificato compiuto;
-
la valutazione finale è quella che viene realizzata alla fine del processo e serve ad
analizzare il suo sviluppo in maniera globale.
Per quanto riguarda la valutazione umana è necessario individuare alcuni criteri per valutare
il processo di crescita:
-
criterio di eccellenza, quello che descrive l’alunno che impegna tutte le sue capacità
nelle azioni che compie e manifesta il desiderio di migliorare sempre più;
-
criterio di positiva accettazione di se stessi e degli altri e di un sano rapporto sia con le
persone che con l’ambiente, quello che descrive l’alunno cosciente delle proprie qualità
e dei propri limiti, in grado anche di riconoscere qualità e limiti degli altri, capace di
rispettare e di aver cura delle persone e delle cose;
-
criterio dell’impegno per gli altri, quello che descrive l’alunno che attraverso un
processo educativo graduale e sempre più consapevole è diventato capace di
impegnarsi a favore degli altri, senza ricercare il vantaggio personale è appagato dal
servizio compiuto.
Nel PPD la valutazione dell’eccellenza accademica e dell’eccellenza umana non sono distinte,
devono essere ricondotte al loro punto di integrazione: il momento della valutazione formativa
che punta all’unità delle persona e coniuga la crescita intellettuale e la crescita umana
dell’alunno.
La valutazione nel PPD (paradigma Pedagogico Didattico)
41
Il profitto dell’alunno nel senso più pieno del termine riguarda il suo percorso globale, al
termine del quale l’abilità acquisita è una sintesi concreta, esperienziale di abilità scolastica e
abilità esistenziale.
ANTONELLO FAMÀ
Cicerone e Orazio possono ancora esserci
d'aiuto nell'epoca dei reality shows?
Il lavoro didattico sui testi classici nella prospettiva del
learning e della valutazione autentica
Cooperative
1. Premessa
«Qui il lavoro non serve più a niente. La vetta è bruciata…». Quanti docenti, in cuor loro, non
hanno amaramente condiviso questo verso pavesiano, coinvolti nel “balletto” dei corsi di
recupero divenuto vieppiù penoso nel corso dell’a. s. 2007/2008 (e nell’estate seguente) per i
motivi a tutti ben noti? Una volta di più s’è toccato con mano quanto, davvero, valutare non
solo stanca, ma può anche giungere a demoralizzare se non proprio a demotivare, docenti,
alunni e genitori.
Sono però proprio la viscerale concretezza di Pavese, e il suo esprit de clarté antiaristocratico, direbbe Gianfranco Contini, a spingerci ad andare oltre il giustificato
scoramento: «… e la sola freschezza è il respiro». Di quale “aria fresca”, dunque, riempire i
polmoni? Senza dubbio, l’occasione di questo convegno esorta ad affilare le armi della
riflessione critica professionale.
Occorrerà riflettere, allora, sui motivi che causano stanchezza nella valutazione
scolastica, intendendo con stanchezza con qualcosa di diverso dalla normale fatica connessa
all’esercizio di qualunque professione lavorativa7. Occorrerà anche capire in che misura questa
stanchezza è “congenita”, e quindi ineliminabile, oppure contestuale, e quindi contenibile.
Occorrerà, alla fine, chiedersi se esistano degli strumenti didattici operativi che consentano di
trovare spiragli per possibili vie d’uscita. Utile sarebbe avere qualche evidenza sperimentale
che consenta di poter “toccare con mano” se e come questi strumenti didattici funzionano nel
lavoro con gli studenti.
7 Con approccio rigorosamente scientifico, Vittorio Lodolo D’Oria si chiede se siano gli insegnanti a diventare pazzi, ovvero se solamente i
pazzi facciano gli insegnanti, cfr. V. LODOLO D’ORIA, Scuola di follia, Armando, Roma 2005.
Cicerone e Orazio possono ancora esserci d'aiuto nell'epoca dei reality shows?
Il lavoro didattico sui testi classici nella prospettiva del Cooperative learning e della valutazione autentica
43
2. Valutare a scuola stanca perché…
2.1. ... richiede di “saper pensare il sistema”
«La scuola potrà perseguire alcuni obiettivi, oggi prioritari. Dovrà insegnare a
ricomporre i grandi oggetti della conoscenza - l’universo, il pianeta, la natura, la vita,
l’umanità, la società, il corpo, la mente, la storia - in una prospettiva complessa, volta
cioè a superare la frammentazione delle discipline e a integrarle in nuovi quadri
d’insieme. Dovrà promuovere i saperi propri di un nuovo umanesimo: la capacità di
cogliere gli aspetti essenziali dei problemi; la capacità di comprendere le implicazioni,
per la condizione umana, degli inediti sviluppi delle scienze e delle tecnologie; la capacità
di valutare i limiti e le possibilità delle conoscenze; la capacità di vivere e di agire in un
mondo in continuo cambiamento»8.
Edgar Morin rilancia, prospettando una sfida di portata planetaria, epocale.
«È necessario umanizzare i saperi per limitare la dispersione della conoscenza.
Una conoscenza priva di contestualizzazione è una conoscenza povera. Come fare a
riunire i saperi delle varie discipline? Serve un pensiero complesso che permetta di unire
ciò che è separato. Oggi serve un nuovo umanesimo […]: un umanesimo concreto. È
necessaria una riforma della conoscenza del pensiero, un nuovo umanesimo globale che
sappia affrontare i temi della persona e del pianeta. I giovani oggi si sentono persi, non
trovano le ragioni dell’essere. Oggi i giovani sono chiamati ad affrontare un compito
ancora più ampio: la salvezza del genere umano. Hanno una missione grande davanti a
loro e dobbiamo educarli ad apprendere e a maturare una conoscenza adeguata ad
assolvere a questo compito fondamentale a cui sono chiamati»9.
Sempre più, quindi, insegnare a scuola viene prospettato come un affaire per quei
«pensatori di sistema radicati nella pratica della loro professione» (practitioner-based system
thinkers) preconizzati da Michael Fullan10.
2.1. ... concerne la scuola in quanto «pubblico servizio con uno scopo morale»11
Proprio in quanto system thinkers in action, responsabili e capaci «di gestire la propria continua
trasformazione», secondo le ormai celebri asserzioni di Donald Alan Schön12, gli insegnanti
non possono ignorare lo scenario tratteggiato, a tinte non poco fosche, da Umberto
Galimberti.
8 Cfr. Cultura Scuola Persona. Verso le indicazioni nazionali per la Scuola dell’Infanzia e per il Primo Ciclo di Istruzione. (2007, 3 aprile). Da
http://www.pubblica.istruzione.it/ ministro/comunicati/2007/indicazioni_nazionali.shtml.
9
Cfr.
intervento
alla
presentazione
del
documento
Cultura
scuola
persona,
cit.,
da
http://www.pubblica.istruzione.it/ministro/comunicati/2007/intervento_morin.shtml.
10 Cfr. MICHAEL FULLAN, System Thinking, System Thinkers and Sustainability, in: Schooling for Tomorrow: Think Scenarios, Rethink Education,
OCSE/CERI 2006, pp. 39-51.
11 Cfr. M. FULLAN, System Thinking, cit. p. 42.
12 Cfr. DONALD A. SCHÖN, Il professionista riflessivo. Per una nuova epistemologia della pratica professionale, Edizioni Dedalo, Bari 1993.
44
ANGELO CHIARLE
«Perché tanta partecipazione di giovani a reality show come Il Grande Fratello, L’isola dei
famosi e altre trasmissioni consimili, dove si esibiscono senza pudore i sentimenti più
profondi e i segreti più nascosti della propria intimità?».
Al filosofo-psicoanalista allievo di Emanuele Severino preme non tanto dare una risposta più
o meno scontata a questa domanda, quanto piuttosto analizzare le conseguenze profonde di
questo fenomeno.
«Questi tracciati segreti dell’anima, in cui ciascuno dovrebbe riconoscere le radici profonde di
se stesso, una volta immessi senza pudore nel circuito della pubblicizzazione, quando non
addirittura in quello della pubblicità, non sono più propriamente miei, ma proprietà comune.
[…]
Per quanto la cosa possa apparire strana, la sua realizzazione nella nostra società è già in
corso e il processo di eliminazione del pudore è quasi completo, perché il pudore può essere
non solo sintomo di “insincerità”, ma addirittura — e qui anche gli psicologi danno una mano
— di “introversione”, di “chiusura in se stessi”, quindi di “inibizione” se non di “repressione”.
E inibizione e repressione, recitano i manuali di psicologia, sono sintomi di un “adattamento
sociale frustrato”, quindi di una socializzazione fallita. Vedete dove si può arrivare avviando
una sequenza un po’ disinvolta di sillogismi? […]
E tutto ciò, anche se non ci pensiamo, approda a un solo effetto: attuare l’omologazione
totale della società fin nell’intimità dei singoli individui e portare a compimento il
conformismo»13.
L’eticità della mission propria della scuola nasce dunque proprio in questo contesto socioculturale: «sottrarre l’individuo a quei processi di omologazione in cui ciascuno di noi rischia di
perdere il proprio nome». Galimberti, in effetti, è molto duro nel puntare il dito contro Il
disinteresse della scuola, chiamando in causa esplicitamente le modalità di valutazione.
«Alla base della demotivazione scolastica esiste quella tendenza all’oggettivazione […] che
porta i professori a giudicare i loro studenti in base al profitto, termine che il mondo della
scuola ha mutuato dal mondo economico, risolvendo l’educazione in puro fatto quantitativo
dove a sommarsi sono nozioni e voti. […]
L’interrogazione misura il “profitto”, ma siccome il profitto è l’ultimo risultato di quella catena
che, percorsa a ritroso, indica comprensione, interesse, sollecitazione emotiva, non è difficile
demotivare, anche in modo grave, studenti giudicati in base all’esito che può scaturire solo da
premesse che la scuola ha evitato di curare»14.
13 Cfr. UMBERTO GALIMBERTI, L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani, Rizzoli, Milano 2007, pp. 57-64 (corsivi nell’originale).
14 Cfr. U. GALIMBERTI, op. cit., pp. 31-42.
Cicerone e Orazio possono ancora esserci d'aiuto nell'epoca dei reality shows?
Il lavoro didattico sui testi classici nella prospettiva del Cooperative learning e della valutazione autentica
45
2.3 ... interpella professionisti altamente riflessivi
La pubblicazione del Decreto ministeriale n. 80 del 3 ottobre 2007 è stata l’innesco dell’acceso
dibattito pubblico che tutti abbiamo seguito circa l’opportunità di quello che la vox populi ha
preso a definire “il ritorno degli esami di riparazione”. Interessa, in questa sede, non tanto
entrare nello specifico d’una sì vexata quæstio, quanto rilevare la stupefacente assenza di un
dibattito serio e costruttivo su standard, criteri e strumenti della valutazione scolastica,
ulteriore dimostrazione del cronico ritardo «della cultura educativa in Italia poco sensibile,
quando non del tutto ostile, allo sviluppo della ricerca», per usare le parole di Vertecchi15.
Se dunque il “vizio d’origine” della nostra «cultura educativa» sembra essere
un’«astrattezza» idealistica, appesantita non solo da «implicazioni moralistiche», ma anche
«dalla subalternità dell’educazione a logiche prese in prestito dall’economia», la soluzione non
può che essere una «profonda revisione dei modelli valutativi». Il fine di tale revisione della
valutazione, però, non può essere solo «un’interpretazione della realtà in atto», ma anche
«un’ipotesi sugli sviluppi successivi del sistema educativo». “Fare scuola per il domani: pensare
agli scenari futuri, ripensare l’educazione”, replica l’OCSE.
«Quel che conta è essere consapevoli di che cosa si stia facendo, e perché. La valutazione può
essere un rituale fine a se stesso o un’occasione insostituibile per capire i processi di cui si è
parte»16.
Accogliendo le provocazioni di Vertecchi, decisi quindi, come insegnanti, a non restare in
silenzio, per non lasciare ancora le scuole «del tutto ai margini del dibattito attuale», occorrerà
dunque “approcciarsi” alla valutazione in modo pienamente consapevole, come alla
consummatio della tékne di professionisti altamente riflessivi. Valutare significa, in effetti, avviare
un dinamismo crescente di domande per l’intelligenza.
-
Che voto do?
-
In base a quali criteri?
-
Quale tipo di verifica preparo?
-
Con quali modalità la effettuo?
-
Che cosa voglio valutare?
-
Perché lo voglio valutare?
-
Che cosa di significativo mi dovrebbe dire questa verifica sull'apprendimento dei
ragazzi?
-
Perché la performance che richiedo è significativa anche per i ragazzi?
-
Che cosa di essenziale per la vita ci guadagnano i ragazzi svolgendola?
15 Cfr. BENEDETTO VERTECCHI - GABRIELLA AGRUSTI, Laboratorio di valutazione, Laterza, Bari 2008, p. 5.
16 Cfr. B. VERTECCHI - G. AGRUSTI, Laboratorio di valutazione cit., pp. 7-25, passim.
46
ANGELO CHIARLE
-
Quale gratificazione mi aspetto dal buon andamento della verifica?
«Migliorare le competenze docimologiche del docente» è certamente un obiettivo di
aggiornamento professionale molto importante, vista la complessità anche solo della questione
delle funzioni della valutazione (formativa, sommativa, diagnostica, misurativa, predittiva e
prognostica), sulla quale neppure in letteratura non esiste «un accordo generale». Pur avendo
avuto sempre un certo penchant per le minutissimæ res «dell’approccio docimologico», non mi
sembra, al momento, più così giustificato postulare la «centralità» della docimologia. Pur
riconoscendo, e praticando in certa misura (uso intensivo di Excel incluso), tutta la raffinatezza
connessa alla techne del “mettere i voti”17, sempre più essa non mi appare altro che la punta
dell’iceberg, l’ultimo anello di una catena di competenze professionali alquanto complessa. Di
questa complessità occorre certamente non spaventarsi, ma soprattutto riappropriarsi, al fine
di “slatentizzare”, direbbe Philippe Perrenoud, le «rappresentazioni poco esplicite e
scarsamente negoziate del mestiere e delle competenze latenti»18.
2.4. ... le criticità non vengono percepite e affrontate
Fino a qualche anno fa ero abituato ad “andare avanti” il più possibile col programma, per poi
decidere, a un certo punto, quale prova di verifica far svolgere ai ragazzi, stabilendola lì per lì
abbastanza estemporaneamente, a seconda anche delle varie contingenze. Le varie verifiche
venivano poi valutate (a volte anche con estrema pignoleria, specie i temi di italiano) sulla base
di criteri decisi individualmente, in solitudine e non esplicitamente comunicati in anticipo ai
ragazzi, i quali “incassavano” il voto finale credo (adesso) senza capire più di tanto i miei
criteri di correzione.
Con il passare degli anni, grazie sia ai corsi di aggiornamento frequentati sia alle
reazioni degli studenti, penso di aver afferrato L’ardua e tuttavia semplice verità sull’insegnamento su
cui Carol Ann Tomlinson richiama la nostra attenzione.
«Una delle cose che mi piacciono di più dell’incontro tra la volpe e il piccolo principe è quella
squisita ambiguità che talvolta si crea, per cui non si capisce chi tra i due sia l’insegnante e chi
lo studente. Ciò mi fa ricordare che, come insegnanti, non abbiamo la piena responsabilità e il
pieno controllo di ciò che accade in classe: la programmazione di una delle nostre migliori
lezioni può andare in fumo davanti all’affascinante domanda di un ragazzino che ha solo un
quarto dei nostri anni. La nostra persistenza è rimodellata e riorganizzata dalla persistenza di
uno studente che lotta fortemente per camminare in aula o per raggiungere un’accettabile
fluidità linguistica. Il nostro umore è affinato dal ragazzino che più di tutti lo mette a dura
prova. In altre parole, ogni giorno siamo noi ad essere rimodellati nelle classi in cui
insegniamo. […]
17 Cfr. GUIDO BENVENUTO, Mettere i voti a scuola. Introduzione alla docimologia, Carocci, Roma 2003, pp. 25-27, 97-101.
18 Cfr. PHILIPPE PERRENOUD, Dieci nuove competenze per insegnare. Invito al viaggio, Anicia, Roma 2002, p. 19.
Cicerone e Orazio possono ancora esserci d'aiuto nell'epoca dei reality shows?
Il lavoro didattico sui testi classici nella prospettiva del Cooperative learning e della valutazione autentica
47
Questa è la metafora per la seconda sfida e opportunità che abbiamo come insegnanti —
lasciarci ri-formare da ciò che facciamo per diventare una cosa sola con il nostro lavoro»19.
Poco alla volta il mio habitus mentis circa il valutare è cambiato. Sempre più mi appare di vitale
importanza la riforma della valutazione scolastica. La valutazione tradizionale:
-
non è imparziale, ma arbitraria e incontrollabile20;
-
non è predittiva, ovvero non dice nulla di che cosa i ragazzi sapranno fare con le
conoscenze acquisite a scuola nella vita reale;
-
ma autoreferenziale e inadatta a valutare ciò che deve valutare21;
-
non è educativa, ma anzi demotivante e deresponsabilizzante22.
3. Valutare a scuola stanca meno quando ...
3.1. ... la “cassetta degli attrezzi” è aggiornata
«La cosa forse più difficile è accettare l’idea di dover cambiare il modello di scuola da cui noi
siamo usciti, e che su di noi ha funzionato tanto bene». Nell’aprile 2007 Norm Green spiegava
questa piccola verità controintuitiva ad un gruppo di docenti e dirigenti scolastici convocati dal
Ce.Se.Di. (il Centro Servizi Didattici della Provincia di Torino). L’autorevolezza del
provocatorio statement del noto dirigente canadese provi non si fonda certo solo
sull’entusiasmo e sullo humour che lo contraddistinguono, mai sui risultati (internazionalmente
riconosciuti) da lui conseguiti nel campo dell’innovazione scolastica23.
All’inizio della mia carriera di insegnante mi chiedevo, in effetti, se mai sarei stato avrei
raggiunto il livello dei colleghi con tanti anni di esperienza alle spalle. «Puzza di Latino»,
questo il commento di uno studente che ricordo di aver sentito piovermi addosso il primo
giorno di scuola sedici anni or sono, fresco vincitore di concorso, attendendo in cortile di
entrare in classe. Devo riconoscere che l’intuito dei ragazzi anche questa volta aveva
azzeccato. In effetti, per i primi anni di insegnamento ho vissuto di rendita, ispirandomi ai
modelli eccellenti di coloro che erano stati i miei insegnanti. Successivamente, spinto dal
19 Cfr. CAROL ANN TOMLINSON, Adempiere la promessa di una classe differenziata. Strategie e strumenti per un insegnamento attento alle diversità, Libreria
Ateneo Salesiano, Roma 2006, cap. 7, L’ardua e tuttavia semplice verità sull’insegnamento, pp. 138-139
20 Come dimostra il fatto stesso che per gli “esami di riparazione” di settembre 2008 il Ministero abbia dovuto studiare misure per richiamare
a valutare i ragazzi con giudizio di promozione sospeso gli stessi docenti che li avevano “rimandati”.
21 Come dimostra lo stesso Decreto Legislativo 14 gennaio 2008, n. 21, e i bizantinismi, esclusivamente matematici, delle Norme per la
valorizzazione della qualità dei risultati scolastici per l’ammissione ai corsi di laurea universitari introdotte dal Ministero per costringere le Università a
tenere in qualche considerazione la «qualità dei risultati scolastici [i voti e basta] conseguiti prima dell’accesso ai corsi universitari».
22 Per una più ricca argomentazione di questo statement qui posto in termini un po’ apodittici, sulla scorta di evidenze sperimentali, cfr.
ANGELO CHIARLE, Progettare apprendimenti significativi e percorsi individualizzati in letteratura con il Cooperative Learning, in: MARCO BAY (a cura
di), Cooperative Learning e scuola del XXI secolo. Confronto e sfide educative, Libreria Ateneo Salesiano, Roma 2008, pp. 247-291.
23 Nel 1982 il distretto scolastico di Durham in Canada diretto da Green era stato classificato come il peggiore dell’Ontario. Dopo anni di
duro lavoro, nel 1996 la Bertelsmann Stiftung assegnò al Dipartimento per l’Educazione di Durham il Carl Bertelsmann-Preis sul tema
«Sistemi scolastici innovativi in un confronto internazionale» come migliore «laboratorio di futuro». Per la motivazione completa, cfr. Chronik
der Carl Bertelsmann-Preise, p. 4 (<http://www.bertelsmann-stiftung.de/bst/de/media/xcms_bst_dms_14171_22494_2.pdf >).
48
ANGELO CHIARLE
desiderio di aggiornarmi, Par volonté et par hasard, rubando un titolo al compositore francese
Pierre Boulez, una decina d’anni fa mi sono imbattuto nel Cooperative Learning appena traslato
(e riadattato) in Italia da Mario Comoglio24.
Negli anni a seguire, grazie a una serie di corsi di aggiornamento organizzati sempre
dal Ce.Se.Di., ho avuto modo di arricchire la mia “cassetta degli attrezzi” di altri nuovi preziosi
strumenti teorico-pratici: oltre al Cooperative Learning e al costruttivismo sociale, motivare gli
studenti ad apprendere, gestire la classe come comunità di apprendimento, le rubriche di
valutazione, il portfolio dello studente, l’apprendimento significativo, la valutazione autentica,
l’istruzione differenziata, fare scuola per educare le disposizioni della mente.
Se nell’“imbuto” della didassi (provando a usare un’altra metafora) un docente prova
ad immettere queste innovazioni, che cosa fuoriesce dal “collo” di questo imbuto in termini di
valutazione? Si tratta di un prodotto degno e all’altezza delle sfide che vengono lanciate alla
scuola? La mia (inevitabilmente) circoscritta esperienza di reflective practitioner assolutamente
ancora in fieri, e l’evidenza sperimentale che ho avuto modo di raccogliere, mi consentono di
avere qualche elemento per tentare una risposta più precisa e ricca a queste due domande
essenziali25.
3.2. ... si ha un’idea chiara della direzione verso cui ci si vuole muovere
«Realizzare quanto abbiamo descritto richiede certamente degli sforzi, ma quello che è
realmente importante è il fatto di dar prova di autenticità. Quando si esprime ciò a cui si
attribuisce valore […, l’insegnante] deve prestare ascolto alla propria voce interiore e
porre attenzione alla sincerità di quanto sta tentando di fare»26.
Se dunque è l’ethos il terreno d’elezione per l’esercizio della professione docente,
se è vero che «appare sempre meno ragionevole rifiutare la dimensione educativa del
mestiere dell’insegnante», considerato che «affrontare i doveri e i dilemmi etici della
professione» deve essere ritenuta una delle nuove competenze essenziali per insegnare
nel XXI secolo27, occorrono allora dei princìpi-guida per orientare l’hic et nunc della
quotidianità didattica. La mia esperienza mi ha portato, poco alla volta, a focalizzarne
sei.
-
Prima di tutto, «relazione, relazione, relazione», come ama dire Norm Green. Senza
dubbio, questo è l’“effetto collaterale” principale dell’uso abbastanza costante del
Cooperative Learning, strumento didattico indispensabile per costruire quei
24 MARIO COMOGLIO - MIGUEL ANGEL CARDOSO, Insegnare e apprendere in gruppo. Il Cooperative Learning, Libreria Ateneo Salesiano, Roma
1996; M. COMOGLIO, Educare insegnando. Apprendere ad applicare il Cooperative Learning, Libreria Ateneo Salesiano, Roma 1998.
25 Per una discussione della questione da una differente prospettiva, centrata sul caso specifico di un’allieva, cfr. A. CHIARLE, Progettare
apprendimenti significativi cit.
26 Cfr. MICHAEL FULLAN - ANDY HARGREAVES, Cosa vale la pena cambiare nella nostra scuola? Definire e raggiungere obiettivi significativi di
miglioramento, Edizioni Erickson, Trento 2005, p. 120.
27 Cfr. P. PERRENOUD, Dieci nuove competenze cit., pp. 149 ss.
Cicerone e Orazio possono ancora esserci d'aiuto nell'epoca dei reality shows?
Il lavoro didattico sui testi classici nella prospettiva del Cooperative learning e della valutazione autentica
49
necessari «ponti relazionali» richiamati da Perrenoud, la conditio sine qua non «in un
mestiere dell’umano, in cui la parte dei valori, delle credenze, delle relazioni,
dell’affettività, dunque della soggettività, è immensa»28.
-
In secondo luogo, il prima possibile con i miei studenti cerco di passare dal modello
dell’insegnamento tradizionale al modello del cosiddetto coaching29, in ossequio alla
teoria dell’apprendistato cognitivo nell’àmbito del paradigma socio-costruttivista30.
«Obest plerumque iis, qui discere volunt, auctoritas eorum, qui se docere
profitentur»: en appuyant al famoso insight di Cicerone31, e parafrasando Alfie
Kohn32, il mio obiettivo è quello di andare oltre la disciplina e l’ubbidienza, al fine
di costruire nelle classi piccole comunità di apprendimento veramente focalizzate
sull’apprendimento degli studenti.
-
In terzo luogo, apprezzando «plustost la teste bien faicte, que bien pleine» non solo
negli insegnanti, in accordo con la celebre suggestione di Michel de Montaigne33,
ma anche nei miei allievi, l’obiettivo generale del mio lavoro in classe me è
promuovere
il
pensiero
critico,
specialmente
applicando
il
modello
dell’Understanding by Design di Grant Wiggins and Jay McTighe34.
-
In quarto luogo, proprio perché, come scrive Walter Santagata, «la nascita di nuovi
talenti creativi» è un fattore cruciale di sviluppo per ogni paese35, cerco di
promuovere la creatività dei miei studenti facendo ricorso soprattutto alla
cosiddetta “valutazione alternativa” o “autentica”.
-
In quinto luogo, nella consapevolezza che, nella prospettiva del Lifelong Learning,
«un apprendimento intenzionale auto-iniziato, auto-regolato a tutte i livelli di vita è
così divenuto la chiave per l’avanzamento personale e professionale»36, facendo
ricorso sia all’Istruzione Differenziata sia al Portfolio dello Studente, il mio
28 Cfr. P. PERRENOUD, Dieci nuove competenze cit., pp. 99, 107. Su questo punto il discorso si presterebbe ad approfondimenti molto complessi,
fino a raggiungere «i primordi della coscienza umana», l’origine del cui «sviluppo evoluzionistico» la psicologia è oggi incline a individuare
nella «relazione cooperativa fra pari» (cfr. GIOVANNI LIOTTI, La dimensione interpersonale della coscienza, Carocci, Roma 20083, pp. 97, 111, 221).
29 Con la tipica sequenza di Caring (il pendersi cura del discente nelle sue difficoltà iniziali) - Modeling (l’offrire al discente il modello delle
propria expertise) - Scaffolding (l’incoraggiamento e il sostegno offerti al discente-apprendista) - Fading (la riduzione graduale del sostegno del
docente a fronte della crescente sicurezza acquisita dal discente con la pratica guidata).
30 Per meglio capire la portata della “rivoluzione copernicana” indotta dalla teoria sociale della conoscenza e dell’apprendimento, cfr. BIANCA
MARIA VARISCO, Costruttivismo socio-culturale. Genesi filosofiche, sviluppi psico-pedagogici, applicazioni didattiche, Carocci, Roma 2002, in particolare
pp. 170-192.
31 De natura deorum, I, 10.
32 Cfr. ALFIE KOHN, Beyond Discipline: From Compliance to Community, Association for Supervision and Curriculum Development, Alexandria,
VA, 1996 (rist. 2006), teoria ampiamente discussa in CAROL M. CHARLES, Gestire la classe. Teorie della disciplina di classe e applicazioni pratiche,
Libreria Ateneo Salesiano, Roma 2002, pp. 319-338.
33 Les essais, I, XXV.
34 GRANT WIGGINS - JAY MCTIGHE, Fare progettazione. La “teoria” di un percorso didattico per la comprensione significativa, Libreria Ateneo Salesiano,
Roma 2004; JAY MCTIGHE - GRANT WIGGINS, Fare progettazione. La “pratica” di un percorso didattico per la comprensione significativa, Libreria Ateneo
Salesiano, Roma 2004.
35 Cfr. WALTER SANTAGATA, La fabbrica della cultura. Ritrovare la creatività per aiutare lo sviluppo del paese, il Mulino, Bologna 2007, pp. 48-52.
36 Cfr. EURYDICE EUROPEAN UNIT, Key Competencies. A developing concept in general compulsory education, Brussels, Enschedé/ Van Muysewinkel,
2002, p. 16 (reperibile all’indirizzo: <http://www.eurydice.org/ressources/eurydice/pdf/0_integral/ 032EN.pdf >).
50
ANGELO CHIARLE
obiettivo a lungo termine (almeno in tre anni scolastici) è formare autonomous
learners.
-
In sesto luogo, condivido l’idea globale che la valutazione (nel caso nostro quella
scolastica) debba servire «a incoraggiare il miglioramento e l’auto determinazione»,
al fine di aiutare le persone «a aiutare sé stesse e a migliorare i loro programmi
usando una forma di autovalutazione e autoriflessione»37. Più esplicitamente, cerco
sempre di applicare i principi 1, 4, 5, 7, 8 del decalogo della cosiddetta Empowerment
Evaluation descritta da Fetterman e Wandersman38. In termini pratici, uso
costantemente le rubriche di valutazione, negoziandole e costruendole, tutte le volte
che è possibile, insieme con gli studenti39.
3.3. ... si lavora per conseguire obiettivi in cui si crede
Uno dei segreti dello straordinario successo colto dal suo distretto scolastico, a detta di Norm
Green, è stato l’essersi creati, con un lungo lavoro di riflessione condivisa a tutti i livelli, il
solido “ombrello” di una vision precisa e coerente della propria mission. Sotto questo
“ombrello” venivano di volta in volta inquadrate le nuove indicazioni governative, mettendosi
così nelle condizioni di affrontare le sempre nuove sfide lanciate alla scuola, scongiurando
però, al contempo, lo stress da innovazione continua che finisce con l’affliggere coloro non
trovano il modo di sottrarsi alle fluttuazioni tipiche della voluntas dei governanti che si
succedono al timone della Scuola40.
Sulla scorta dei princìpi-guida sopra elencati, i miei sforzi continuano ad essere quelli di
ri-orientare il mio lavoro in classe (e la pratiche di valutazione che ne conseguono) in cinque
direzioni.
3.3.1. Promuovere il pensiero critico
Incentivare la riflessione critica degli studenti: questo appare l’unico antidoto contro lo
sconfortante scenario dipinto da Umberto Galimberti, consapevoli, insieme con Matthew
Lipman, «del profondo abisso che separa il modo di pensare che ci è stato insegnato nelle
scuole e le decisioni che siamo chiamati a prendere nella vita di ogni giorno»41.
37 Cfr. DAVID M. FETTERMAN - SHAKEH J. KAFTARIAN - ABRAHAM WANDERSMAN (edited by), Empowerment Evaluation: Knowledge and Tools
for Self-assessment & Accountability, Sage Publications, Thousand Oaks, CA, 1996, pp. 4-5.
38 Cfr. DAVID M. FETTERMAN - ABRAHAM WANDERSMAN (edited by), Empowerment Evaluation: Principles in Practice. The Guilford Press, New
York 2005, pp. 27-41: miglioramento, partecipazione democratica, giustizia sociale (cfr. anche le «tecniche di giustizia» richiamate da P.
Perrenoud, op. cit., p. 162), strategie basate sull’evidenza (in accordo con questo «approccio formativo», la valutazione «tiene conto di tutto ciò
che può aiutare l’alunno ad imparare meglio», cfr. P. Perrenoud, op. cit., p. 53), costruzione di capacità. Nella stessa prospettiva, cfr. ANDY
STIX, Empowering Students through Negotiable Contracting, National Middle School Initiative Conference, Long Island, NY, 1997 (ERIC
Document Reproduction Service No. ED 411 274).
39 Cfr. ANDY STIX, Creating Rubrics through Negotiable Contracting and Assessment, National Middle School Conference, Baltimore, MD, 1996
(ERIC Document Reproduction Service No. ED 411 273).
40 Come, per fare un esempio nostrano, l’introduzione e poi l’abolizione del portfolio, che ha sortito il risultato di aver “bruciato” uno
strumento prezioso per implementare la valutazione scolastica.
41 Cfr. MATTHEW LIPMAN, Educare al pensiero, Vita e Pensiero, Milano 2005, p. 226.
Cicerone e Orazio possono ancora esserci d'aiuto nell'epoca dei reality shows?
Il lavoro didattico sui testi classici nella prospettiva del Cooperative learning e della valutazione autentica
51
Nel lavoro quotidiano con gli studenti trovo molto efficace il metodo proposto da
Wiggins e McTighe42. Il consiglio operativo da loro lanciato («Organizzate programmi, corsi e
unità di studio e lezioni intorno a domande») induce a pratiche di valutazione scritta e/o orale
molto differenti, non meramente nozionistiche, come si può inferire dalla Scheda 1 che
propone un «piano di domande progressive»43 sul carme Dei Sepolcri di Foscolo.
Scheda 1
Grandi domande sul carme Dei Sepolcri
1. Quale differenza intercorre tra sogno e illusione?
2. Le illusioni sono necessarie per vivere?
3. Quale «dote», quale tesoro, ricchezza rende divino l’uomo?
4. «Sol chi non lascia eredità d’affetti»: per lasciare quali eredità vale la pena di vivere?
5. Bisogna vivere per lasciare a altri una qualche eredità? O è meglio godere tutto quel che si
può finché c’è vita?
6. Esistono dei limiti alle leggi dell’uomo? La legge deve sottostare a qualche forma di
giudizio?
7. Deve esistere qualche criterio per giudicare una legge? O la legge sta al di sopra del
giudizio?
8. La religione è essenziale alla civiltà?
9. Che differenza c’è tra fede e religione?
10. Da che cosa deve essere depurata la religio?
11. Di quali «puri effluvi» deve essere permeata la religione per essere accettabile?
12. Esistono dei criteri di accettabilità per l’«insania»?
13. In che modo i «caldi/ sensi» possono (debbono) fare la differenza?
14. C’è più libertà in un uomo «libero» o in uomo «liberal»?
15. Per quali “cose” è giusto/ doveroso “accendersi”?
16. La beatitudine sta nella gloria?
17. La speranza deve trarre «auspici» da qualcosa?
18. La religione è pace?
19. C’è giustizia nella morte?
20. Il “disio” può essere un elemento per fare la differenza nella vita?
21. A chi possiamo chiedere protezione?
22. Che cosa o chi è in grado di “eternarci”?
42 Per una discussione più esaustiva delle modalità con cui lo applico, cfr. A. CHIARLE, Progettare apprendimenti significativi cit., pp. 251-261.
43 Cfr. G. WIGGINS - J. MCTIGHE, Fare progettazione cit., pp. 57, 65.
52
ANGELO CHIARLE
Modalità di valutazione: interrogazioni orali programmate.
La sfida cui questa impostazione didattica cerca di dare una risposta è, in ultima analisi,
sostiene Jerome Bruner, «coltivare la capacità di riflettere» con l’obiettivo di fare dei ragazzi
degli adulti migliori. Sensibili, cioè, a «cogliere il valore intrinseco ed estrinseco della vita
intellettuale»44.
«La coscienza dell’uomo è mossa da un dinamismo di domande. Sono le domande che
conducono il soggetto ad una piena soggettività»45. Proprio per questo motivo un altro
thinking tool molto valido per allenare sia la quarta disposizione della mente («Pensare in
maniera flessibile») sia la sesta («Fare domande e porre problemi»), rendendo poco alla volta la
classe un ambiente più “ricco di pensiero”46, è sicuramente la Scheda di lavoro 6.347.
Utilizzare le “lenti” dei sei aspetti della comprensione48 per generare possibili domande
essenziali, è in effetti un esercizio davvero efficace. La Figura 1 riporta un esempio di domande
essenziali da me predisposta come “portale d’accesso” all’unità di apprendimento su Seneca.
Figura 1
44 Cfr. J. MCTIGHE - G. WIGGINS, Fare progettazione cit., p. 239.
45 Cfr. PIERPAOLO TRIANI, Il dinamismo della coscienza e la formazione. Il contributo di Bernard Lonergan ad una ‘filosofia’ della formazione, Vita e
Pensiero, Milano 1998, p. 150.
46 Cfr. ARTHUR L. COSTA - BENA KALLICK, Le disposizioni della mente. Come educarle insegnando. Edizione italiana a cura di MARIO COMOGLIO,
Libreria Ateneo Salesiano, Roma 2007, pp. 47, 145-146.
47 Cfr. J. MCTIGHE - G. WIGGINS, Fare progettazione cit., p. 141.
48 Cfr. G. WIGGINS - J. MCTIGHE, Fare progettazione cit., pp. 77-101.
Cicerone e Orazio possono ancora esserci d'aiuto nell'epoca dei reality shows?
Il lavoro didattico sui testi classici nella prospettiva del Cooperative learning e della valutazione autentica
53
La Scheda 2 esemplifica il lavoro preparatorio svolto da Enrico per prepararsi all’interrogazione
su Seneca, un lavoro ideato e realizzato in completa autonomia, rielaborando creativamente
altre schede-modello da me fornite agli studenti nel corso dei due anni precedenti.
Scheda 2
Enrico, classe V, gennaio 2009
Seneca, De constantia sapientis, V, 4-7
constantia
Sapiens
perseveranza negli intenti
coerenza pensiero - azione
virtù
alla contumelia
imperturbabilità
non inarrivabile né invincibile
all’iniuria
Insights 49
•
La virtù deve rimanere salda di fronte ai rovesci della sorte
•
L’iniuria causa sempre qualche danno: nella dignità, nella persona o nei beni esterni.
•
«Sapiens autem nihil perdere potest: omnia in se reposuit». Non bisogna esporsi alla fortuna, ma i
rapporti con le altre persone?
•
La sorte non dà né può togliere la virtù: «virtutem autem non dat, ideo nec dertahit».
•
La virtù rende l’uomo temprato contro le disgrazie, perché il saggio non può perdere nulla
di cui debba sentire la perdita. Perciò «iniuria sapienti non potest fieri».
•
Solo la virtù è l’unico bene inalienabile oppure ne esistono altri?
•
Cosa si intende per virtù? Non basta dire: riporre tutto in sé stessi.
•
«Omnium enim extrinsecus adfluentium lubrica et incerta possessio est».
La Figura 2 riproduce la rubrica di valutazione tratto-analitica (con diversa ponderazione dei
singoli criteri, senza descrittori) usata per attribuire il voto a conclusione dell’interrogazione.
49 «La comprensione non è, quindi, semplicemente la conoscenza dei fatti, ma del perché e del come, spiegati ed esposti attraverso evidenze e
ragionamenti. […] Andiamo al di là delle informazioni date per fare inferenze, collegamenti e associazioni — una teoria che funzioni. I
modelli validi e ricchi di insight sono il risultato di questa comprensione». Il lavoro di Enrico costituisce davvero un’efficace dimostrazione
“sperimentale” di quanto le asserzioni degli autori americani colgano nel segno (cfr. G. WIGGINS - J. MCTIGHE, Fare progettazione cit., pp. 7980).
54
ANGELO CHIARLE
Figura 2
3.3.2. Promuovere la creatività degli studenti
«Gli individui non sono creativi (o non creativi) in generale; essi sono creativi in particolari
domini di realizzazione e hanno bisogno di raggiungere un’expertise in questi domini prima
che possano realizzare significativi lavori creativi»50.
Se è vero che la valutazione scolastica a tutti gli effetti potrebbe essere definita, con Pierre
Bourdieu, un «campo di forze», allora «affinché l’originalità e l’innovazione possano emergere,
occorre che il campo modifichi la sua struttura», affinché, osserva Santagata, affinché possa
effettivamente innescarsi Il processo di rinnovamento della creatività51. La mia piccola esperienza
dimostra come grazie alla valutazione autentica la «massa critica di creatività» che la scuola
arriva a produrre rischia di essere assolutamente eccezionale.
«La prospettiva di una “valutazione alternativa” in sostituzione di quella tradizionale è stata
proposta da Grant Wiggins (1993)52 e sta a indicare una valutazione che intende verificare
non solo ciò che uno studente sa, ma ciò che “sa fare con ciò che sa” fondata su una
prestazione reale e adeguata dell’apprendimento. […]
La valutazione autentica o alternativa si fonda quindi anche sulla convinzione che
l’apprendimento scolastico non si dimostra con l’accumulo di nozioni, ma con la capacità di
generalizzare, di trasferire e di utilizzare la conoscenza acquisita a contesti reali. Per questo
nella valutazione autentica le prove sono preparate in modo da richiedere agli studenti di
utilizzare processi di pensiero più complesso, più impegnativo e più elevato»53.
50 Cfr. HOWARD GARDNER, The Creators’ Pattern, in: MARGARET A. BODEN (edited by), Dimensions of Creativity, MIT Press, Cambridge, MA,
1994, p. 145.
51 Cfr. W. SANTAGATA, La fabbrica della cultura cit., loc. cit.
52 GRANT WIGGINS, Assessing student performance. Exploring the purpose and limits of testing, Jossey-Bass, San Francisco, CA, 1993.
53 Cfr. MARIO COMOGLIO, La valutazione autentica, in: Orientamenti Pedagogici, 49 (1), 2002, pp. 93-112.
Cicerone e Orazio possono ancora esserci d'aiuto nell'epoca dei reality shows?
Il lavoro didattico sui testi classici nella prospettiva del Cooperative learning e della valutazione autentica
55
Il compito autentico di accertamento o di prestazione può venir progettato in maniera
accurata ed efficace compilando la matrice GRASPS sulla scorta di alcuni elenchi di possibili
ruoli, destinatari e prodotti o prestazioni54. Esso può essere svolto individualmente al temine
di una UdA (che può includere varie attività in Cooperative Learning) in classe ma anche a casa.
Un compito di prestazione può anche essere ideato in maniera più agile e un po’ meno
strutturata55, come esemplificato dalla Scheda 3.
Scheda 3
classe V, Latino, Terza prova ampliata (quesiti a trattazione sintetica)
Il suicidio come spettacolo (Seneca, De providentia, II, 5-12)
Testo del brano in latino e italiano con quattro periodi non consecutivi da tradurre.
Consegne
1. Traduci le frasi non tradotte.
2. Sintetizza la visione del suicidio di Seneca quale si evince da questi due brani. (max 15 righe)
3. Individua (nel testo latino) e commenta due o tre sententiæ presenti nei due brani. (min 15
righe)
4. Catone Uticense, suicida per non cadere in mano a Cesare, nella rilettura di Seneca: un
eroe plausibile? Un dramma che può ancora insegnare qualcosa? (max 15 righe)
5. Sei un giornalista nella Roma di Nerone. La redazione del tuo giornale ti invia
precipitosamente a intervistare il famoso filosofo Seneca, che sta morendo nella sua villa,
costretto al suicidio dall’imperatore. Il tuo capo-redattore di chiede di fare un’estrema
intervista incentrata sulla vita e l’opera di questo controverso intellettuale.
6. (in alternativa alla domanda 4) Seneca è morto. Addolorato, il suo carissimo amico Lucilio
scrive un elogio funebre da leggersi nel giorno del suo funerale, per difendere la validità di
molte idee del filosofo giunto a Roma dalla lontana Cordova.
7. (facoltativa) Seneca sta morendo. Riceve un estremo messaggio da Leopardi.
Modalità della verifica: compito scritto individuale in classe (durata: tre ore).
Quando gli studenti abbiano acquisito familiarità con questa nuova modalità, può non essere
neppure più l’insegnante a escogitare il compito di prestazione. La Scheda 4 riporta
un’intervista impossibile a Pin, protagonista del romanzo Il sentiero dei nidi di ragno di Calvino,
pensata e realizzata da Stefano in completa autonomia, a dimostrazione di come, proseguendo
su questa strada, diventi possibile affidarsi alla libera creatività dei ragazzi.
54 Cfr. J. MCTIGHE - G. WIGGINS, Fare progettazione cit., Schemi 9.3-5, Schede di lavoro 9.1 e 9.3, pp. 169-171, 176, 178. Per un esempio di
compito di prestazione relativo a Ludovico Ariosto, cfr cfr. A. CHIARLE, Progettare apprendimenti significativi cit., p. 262.
55 Cfr. J. MCTIGHE - G. WIGGINS, Fare progettazione cit., Schemi 8.1-2; Scheda di lavoro 8.1, pp. 155-157.
56
ANGELO CHIARLE
Scheda 4
Stefano, classe V, settembre 2008
Intervista impossibile a Pin
San Remo, che noia: il solito vecchio luogo di villeggiatura estiva. Dopo i viaggi si approda
al vecchio molo, si incontrano i vecchi amici: tutto mi sa di vecchio quest’anno…
Sarà che avrei voglia di un’avventura mia, solo mia, del tutto indipendente dalla vita
quotidiana, dalla famiglia, dal tranquillo ripetersi del rito del riposo a San Remo. Forse è per
questo che lascio la spiaggia afosa, assolata, assolutamente assalita e assediata dai ferragostani
famelici di tintarella. Sotto un sole cocente attraverso l’Aurelia, salgo verso il Poggio, aggiro le
serre di garofani e di rose e m’affatico lungo un muro a secco. Raggiungo i primi ulivi: il
paesaggio è un po’deturpato dalla linea ferroviaria, dall’autostrada e dai raccordi che sembrano
cuocersi al sole come enormi serpi. Ecco da questa curva, sotto questo eucalipto un po’di
frescura. Mi siedo e guardo il blu del mare e del cielo. Sarà il frinire infinito, monotono,
cadenzato delle cicale, sarà il caldo, ma nel socchiudere le palpebre vedo nella mente e davanti
allo sguardo delinearsi un’ombra, un viso. Il canto delle cicale diventa il canto di una voce
infantile, non una voce dolce e leziosa come quelle di un coro, la voce è secca come quella
delle cicale, è rauca come quella di un bambino vecchio. Il suo sorriso è canzonatorio e mi
“guarda di sotto in su attraverso la frangia di capelli spinosi che gli mangia la fronte”.
“Mondoboia sei Pin! Il fratello della Nera. Non che la conosca di persona, ma tutti la
conoscono”.
“Non credo di averti mai visto né all’osteria, né lungo i carrugi della città vecchia,
tantomeno eri in montagna o accompagnavi Kim quando raggiungeva le varie brigate”.
“Non ero in montagna ma alcuni sentieri li ho seguiti: quelli che girano intorno al
torrente, che attraversano posti scoscesi e incolti, dove si può scendere al torrente attraverso la
scorciatoia sassosa. Lì dove i ragni fanno le tane con l’erba secca”.
Pin ora mi guarda incuriosito, uno strano sorriso si fa strada fra le efelidi del suo viso e la
sua mente corre alla P.38. Senza quella pistola tutta la sua storia sarebbe stata diversa, e alla
fine non avrebbe avuto la gioia dell’amicizia sincera di Cugino. Anch’io ora guardo incuriosito
e soprattutto incredulo il volto di Pin e temo di essere canzonato, di essere stuzzicato da una
serie di domande a cui è meglio non rispondere se non si vuole essere il bersaglio del ragazzo.
Forse è per questo motivo, per non diventare oggetto di scherno (perché in fondo temo la
crudeltà di Pin nel mettere allo scoperto le debolezze altrui) , che gli propongo un nuovo
gioco: invertire le parti. Sarò io a fargli domande, domande serie e lui potrà rispondere
sinceramente, perché io non voglio stuzzicarlo o fregarlo: voglio solo conoscerlo meglio. Gli
spiego che l’ho incontrato nelle pagine di un libro e che conosco le sue avventure durante la
Cicerone e Orazio possono ancora esserci d'aiuto nell'epoca dei reality shows?
Il lavoro didattico sui testi classici nella prospettiva del Cooperative learning e della valutazione autentica
57
resistenza partigiana. Gli racconto che lui non può conoscermi perché io non sono famoso:
nessuno ha raccontato di me, ma in qualche modo possiamo intenderci. Io non sono nel
mondo degli adulti da tanto tempo: ho ancora chiaro il ricordo della distanza incolmabile tra il
mondo dei grandi e quello dei ragazzi e so anche che qualche uomo, grande e grosso come
Cugino, resta in grado di apprezzare le lucciole e i nidi di ragno.
Pin è contento di sentir parlare di queste cose, della sua vita e delle sue sensazioni. È
ancor più emozionato quando gli dico che la sua storia è stata la storia di tanti, bambini e
adulti, che hanno vissuto il periodo della guerra e della resistenza.
“Dimmi Pin, com’è che sei diventato partigiano, anche se non sapevi nulla del Comitato,
del GAP, la tua sorella non aveva ideali politici…”.
“Lascia stare la mia sorella, però se lei non avesse avuto clienti stranieri e se io non avessi
rubato la pistola al tedesco, non sarei diventato un detenuto politico, non avrei conosciuto
Lupo Rosso e non avrei fatto il partigiano. A dire il vero, prima d’essere partigiano mi sarebbe
piaciuto essere nella brigata nera, bardato coi teschi e caricatori di mitra. Avrei fatto paura alla
gente e i gradi non mi avrebbero più schernito, ma il destino ha fatto di me un ribelle sulle
montagne”.
Penso che Pin non abbia il coraggio di ammettere che è finito in una brigata partigiana per
non sentire più quel senso di inferiorità che provava di fronte all’incomprensibile mondo degli
adulti e per colmare il vuoto di affetti famigliari in cui si trovava a vivere.
“Pin, ma il tuo reparto, non è stato poi così glorioso: il comandante, il Dritto, non è poi
così eroico, la Giglia sarebbe stato meglio se non fosse venuta con voi, il Mancino….
“Cosa vuoi dire? Che gli eroi sono nati eroi? Che tutti hanno sempre grandi ideali da
seguire? Eppure Gian l’Autista dopo una settimana che era nelle formazioni era già cambiato,
era più dignitoso, aveva uno scopo nella vita…”.
“Tu vuoi dire che le persone non agiscono perché spinte da un ideale, ma l’ideale lo
trovano e lo seguono strada facendo?”.
“Proprio così, mondoboia, a me l’ideale è venuto seguendo il destino della pistola rubata.
Forse cercavo una famiglia o un amico, ma la mia parte, con gli altri, l’ho fatta, su in
montagna. E un amico l’ho trovato, Cugino, lui si che mi capisce e mi accompagna. Così
anche gli altri, quasi tutti quelli della mia formazione erano persone semplici: di politica ne
sapevano poco, ma avevano intenzione di fare qualcosa. Erano stufi di subire seduti al bar e
nei vecchi carrugi. Così, facendo qualcosa, cercando un riscatto alla loro situazione hanno
trovato chi ha dato loro uno scopo per lottare. Noi tutti siamo stati protagonisti e artefici della
nuova Italia che nasceva dall’esperienza della guerra e della guerra civile”.
58
ANGELO CHIARLE
“Forse tu parli così perché sei un bambino e ti sentivi inferiore agli adulti, perché non
capivi fino in fondo i loro discorsi e neppure i loro desideri e le loro aspirazioni. Forse gli
adulti erano spinti da ideali che già coltivavano prima della guerra”
“Può darsi che qualche adulto, come il commissario Kim fosse mosso da una precisa
ideologia, perché abituato agli studi, ai libri, alle teorie e viveva l’esperienza della guerra
partigiana come se fosse un laboratorio nel quale poteva realizzare degli esperimenti prima
solo abbozzati come teorie sui fogli di un quaderno. Anche Ferriera era diverso da noi, perché
aveva a lungo atteso la rivoluzione già quando lavorava nelle officine e forse ci comprendeva
ancor meno di quanto non facesse il commissario Kim, perché lui aveva capito che la guerra
che noi combattevamo non era solo una guerra di liberazione ma anche e soprattutto una
guerra di riscatto”.
“In che senso una guerra di riscatto?”.
“Perché, se avessimo vinto la guerra, avremmo potuto cambiare vita, avremmo avuto
possibilità mai sperate, tutto sarebbe ricominciato da zero, dalla ricostruzione non solo delle
case distrutte ma di noi stessi. Io avrei avuto l’opportunità di non essere più il fratello di una
prostituta, così i cognati “terroni” combattevano per non essere più “terroni”, estranei; e così
via. Ognuno di noi voleva un mondo migliore”.
“E l’hai avuto Pin! Sento come ti esprimi, non parli più come il ragazzetto dei carrugi,
ignorante e furbo, rabbioso e umiliato”.
“Sì, sono cambiato e sono rimasto Pin. Non so quanto migliore sia il mondo che ho
avuto, ma ho imparato a parlare perché ho potuto parlare, esprimere le mie idee, ascoltare e
leggere quelle degli altri. Per il resto, come diceva Kim, ci sono state persone che hanno
potuto realizzare tutto ciò che volevano e ci sono stati politici che hanno insegnato loro a
volere le cose giuste”.
“Le cose giuste per chi?”.
“Mondoboia, amico, per i politici, ma ti pare?”.
“Sei sempre un po’scettico, vero Pin?”.
“La vita insegna, amico mio. Ora vai per la tua strada, cerca i tuoi nidi di ragno dove
nascondere le tue certezze e fa che sia un posto sicuro, in modo che quando ne avrai bisogno
potrai tornare a riappropriartene”.
3.3.3. Coltivare le disposizioni della mente
«Le nostre scuole sono intrappolate in una insieme di credenze circa la natura dell’abilità e
dell’attitudine […]. Le nostre scuole sono ampiamente organizzate attorno a queste credenze.
[…] I tradizionali test di profitto sono normati per paragonare gli studenti uno con l’altro
Cicerone e Orazio possono ancora esserci d'aiuto nell'epoca dei reality shows?
Il lavoro didattico sui testi classici nella prospettiva del Cooperative learning e della valutazione autentica
59
piuttosto che rapportarli a standard di eccellenza. Questo approccio rende difficile vedere i
risultati dell’apprendimento e quindi scoraggia gli sforzi. […]
Per oltre trent’anni, psicologi e altri studiosi della mente umana hanno sperimentato modi di
insegnare
le abilità
cognitive
associate
all’intelligenza.
[…] I
primi
esperimenti
sull’insegnamento di specifiche, isolate, componenti dell’intelligenza portò a uno schema
comune di risultati: la maggior parte del training aveva successo nel produrre immediati
miglioramenti della performance, ma di solito le persone cessavano di usare le tecniche
cognitive che erano state loro insegnate non appena le specifiche conditioni del training
venivano rimosse. In alter parole, esse divenivano capaci di eseguire qualunque abilità venisse
insegnata, ma non acquisivano nessun habitus generale ad usarle né la capacità di giudicare
da sé quando ciò fosse utile.
Come risultato di queste scoperte, I ricercatori cognitivi hanno incominciato a spostare la loro
attenzione verso strategie educative che immergano gli studenti in ambienti intellettuali
impegnativi a lungo termine»56.
Lauren Resnick sintetizza assai efficacemente perché una sfida di notevole importanza lanciata
agli insegnanti sia davvero quella di «rifocalizzazione educativa lontana da un insegnamento di
contenuti non relazionati, slegati, a breve termine verso apprendimenti più ampi, più durevoli,
essenziali, permanenti»57. A differenza del panorama educativo americano, per la ricerca
educativa italiana le disposizioni della mente sono un input recente, almeno con la concretezza
fattuale dell’approccio sistemico dei quattro volumi di Arthur Costa e Bena Kallick
recentemente tradotti a cura di Mario Comoglio.
Al fine di «indirizzare il focus educativo» verso una «visione più ampia dei risultati
dell’educazione», come prima esperimento ho cercato di ripensare le mie lezioni frontali,
elaborando una scheda per riassumere i punti essenziali dei canti della Divina Commedia (Figura
3). Lo scopo del mio lavoro di spiegazione in classe è quello di evidenziare quali disposizioni
della mente sia possibile osservare “in azione” nei versi di Dante, prendendolo un po’ come
straordinario magister vitæ.
56 Cfr. LAUREN B. RESNICK, Making America Smarter. The Real Goal of School Reform, in: ARTHUR L. COSTA (edited by), Developing Minds. A
Resource Book for Teaching Thinking, Association for Supervision and Curriculum Development, Alexandria, VA, 20013, pp. 3-4.
57 Cfr. A. L. COSTA - B. KALLICK, Le disposizioni della mente cit., pp. 47-48.
60
ANGELO CHIARLE
Figura 3
Martina, Melania, Roberta, in seguito, hanno avuto l’idea di utilizzare la mia scheda per
valutare una serie di autori rinascimentali (Figura 4). L’interrogazione orale da loro sostenuta è
consistita in una discussione aperta sulle ragioni delle valutazione da loro attribuite ai singoli
scrittori, ed è stata una top-performance assolutamente di alto livello. Il compito finale dell’unità è
consistito nello scrivere un saggio focalizzato su una domanda essenziale simile a quella
sollevata dal DeSeCo Project58: considerando gli esempi della vita e dell’opera di questi autori,
quali disposizioni della mente sono oggi necessarie ai giovani per vivere una vita di successo e
per affrontare le sfide del presente e del futuro?
Un’altra significativa rifocalizzazione da me sperimentata è stata elaborare una nuova
rubrica di valutazione, analitica e olistica allo stesso tempo, sulla base delle sedici disposizioni
della mente elencate da Costa e Kallick, con l’aggiunta di qualche altra (Figura 5). In effetti,
questa doppia rubrica è soprattutto adatta per valutare I compiti di prestazione autentica,
proprio perché nella “filigrana” delle verifiche tradizionali in classe (p. es. una versione di
latino) è davvero difficile cogliere l’evidenza di un numero ampio di disposizioni della mente
“in opera”.
Alcuni insegnanti potrebbero forse considerare i compiti di prestazione autentica non del
tutto validi, al fine di valutare l’effettiva ritenzione delle conoscenze. La mia piccolo esperienza
58 Cfr. DOMINIQUE SIMONE RYCHEN - LAURA HERSH SALGANIK - MARY ELIZABETH MCLAUGHLIN (edited by), Contributions to the Second
DeSeCo Symposium, Swiss Federal Statistical Office, Neuchâtel 2003, p. 112.
Cicerone e Orazio possono ancora esserci d'aiuto nell'epoca dei reality shows?
Il lavoro didattico sui testi classici nella prospettiva del Cooperative learning e della valutazione autentica
61
conferma, invece, che essi sono assolutamente più affidabili e predittivi in una prospettiva a
lungo termine59.
Figura 4
In ultimo ho elaborato un attestato finale interamente focalizzato su venti disposizioni della
mente (Figura 5), al fine di valutare in un modo più ricco il profitto del lavoro svolto durante
l’intero anno scolastico dai miei studenti. Si tratta d’una valutazione meramente ‘formativa’,
priva di qualsiasi implicazione ‘sommativa’ sulla pagella conclusiva.
59 Sulla distinzione tra validità e affidabilità della valutazione, cfr. J. MCTIGHE - G. WIGGINS, Fare progettazione cit., p. 272.
62
ANGELO CHIARLE
Figura 5
3.3.4. Differenziare i percorsi di apprendimento
«Differenziare significa rompere con la pedagogia frontale — la stessa lezione, gli stessi
esercizi per tutti —, significa soprattutto porre in essere una organizzazione del lavoro e
dispositivi didattici che mettono regolarmente ciascuno in una situazione ottimale,
innanzitutto quelli che devono imparare di più. Sapere ideare e far evolvere tali dispositivi è
Cicerone e Orazio possono ancora esserci d'aiuto nell'epoca dei reality shows?
Il lavoro didattico sui testi classici nella prospettiva del Cooperative learning e della valutazione autentica
63
una competenza sognata e costruita a poco a poco da tutti gli insegnanti che pensano che
l’insuccesso scolastico non sia una fatalità, che ognuno può imparare»60.
L’Istruzione Differenziata nella prospettiva perorata da Perrenoud appare connettersi
direttamente con quell’“etica della cura e della responsabilità” teorizzata da Carol Gilligan nel
suo rivoluzionario libro del 198261. Ma anche con la filosofia del coaching.
«Le Coaching est un style de relation, basé sur une mentalité qui reconnaît l’être humain et
l’aide qu’il peut demander. Il ouvre une relation privilégiée de personne à personne dans
laquelle la personne dans son fonctionnement est plus importante que le problème ou la
situation. Le Coaching vise une auto-transformation vers l’autonomie, permettant au coaché
d’adopter des attitudes, des réactions et actions qui lui sont le plus favorable. Le Coaching
cherche la dynamisation de la performance, notamment professionnelle, en s’appuyant sur le
présent pour aller vers le future.
Le Coaching c’est accompagner une personne dans un moment-clef de sa vie professionnelle,
dans une relation de parité indispensable pour amener un client vers l’autonomie (l’autoapprentissage, l’auto-évaluation et l’auto-génération)»62.
Non dovendo fare i conti con particolari differenze nelle famiglie di provenienza e nel
background socio-culturale dei ragazzi63, la mia è stata solo una «risposta di opportunità»:
scoprire e venire incontro i diversi modelli motivazionali con l’unico scopo di sviluppare al
massimo il loro potenziale individuale. In relazione all’imprevedibile readiness e ai diversi
interessi degli studenti, in primo luogo offro l’opportunità di differenziare i contenuti le unità
di apprendimento, ricorrendo anche a incentivi estrinseci64. Indico chiaramente il “minimo
comune denominatore” (per esempio quali poesie di Catullo devono assolutamente essere
conosciute), e propongo contestualmente una serie di letture integrative possibili, invitando gli
studenti a fare le proprie scelte sulla base di una Scheda di progettazione personalizzata65.
Oltre a ciò, usando la matrice GRASPS, faccio in modo di progettare “su misura” diversi
compiti di prestazione finale66. La ragionevolezza di questo approccio viene così argomentata
da Jere Brophy.
«Gli studenti di scuola superiore sviluppano anche un interesse per il miglioramento e per la
comprensione di sé, e per il futuro professionale. L’emergere di questi interessi riflette la
60 Cfr. P. PERRENOUD, Dieci nuove competenze cit., p. 61.
61 Cfr. CAROL GILLIGAN, In a Different Voice, Harvard University Press, Cambridge, MA, 1982 (trad. it. Con voce di donna, Feltrinelli, Milano
1987), pp. xix, 30, 55, 57; cfr. anche M. FULLAN - A. HARGREAVES, Cosa vale la pena cambiare cit., pp. 46-47.
62 Cfr. BERNARD BESSON - VITO VIGANO - JEAN-MICHEL VUAGNAUX, L’Art du coach: une nouvelle maïeutique, Groupe Intervention
Innovation, Paris s. d.
63 Cfr. JERE E. BROPHY, Motivare gli studenti ad apprendere, Libreria Ateneo Salesiano, Roma 2003, pp. 306-312.
64 Cfr. J. E. BROPHY, Motivare gli studenti cit., pp. 147-160.
65 Per un esempio di unità di apprendimento su Catullo così impostata, cfr. A. CHIARLE, Progettare apprendimenti significativi cit., pp. 277-280.
66 Per tre esempi di possibili compiti di prestazione sul De bello Gallico di Cesare, ideati per ragazzi interessati a Medicina, Giurisprudenza, o
all’Accademia militare, cfr. A. CHIARLE, Progettare apprendimenti significativi cit., pp. 276-277.
64
ANGELO CHIARLE
progressione dell’attenzione principale rivolta sulla competenza (per esempio, quali sono le
mie aree di forza e di debolezza?) all’attenzione principale diretta ai problemi di identità (per
esempio, quale tipo di persona voglio diventare, in termini di valori personali, di stile di vita,
di occupazione)» 67.
A ciascun ragazzo è affidata la decisione riguardo i seguenti punti:
-
angolatura di studio;
-
ipotesi di lavoro: grande domanda a cui cercare una risposta;
-
risultati auspicati in termini di comprensione significativa e/o di arricchimento
personale;
-
modalità di verifica (scritta o orale) e data;
-
obiettivo di prestazione, ovvero il voto in decimi auspicato;
-
aspetto/i di comprensione significativa preso/i come obiettivo/i;
-
disposizioni della mente da sviluppare o potenziare.
«Ho analizzato Catullo dal punto di vista di psicologo d’amore, di esperto d’amore per riuscire,
grazie alla sua esperienza, a comprendere un po’ meglio questo complicato sentimento»:
questa l’angolatura da scelta da Sonia, che in quel momento stava pensando di iscriversi a
Giurisprudenza. Abbiamo concordato quindi di focalizzare il lavoro sull’empatia, e di
sviluppare le disposizioni della precisione e chiarezza nel comunicare, e della flessibilità nel
riflettere. L’ottimo esito dell’interrogazione (per cui da Sonia optò) è stato l’inizio di una
spirale virtuosa di empowerment cognitivo, con conseguente notevole progresso del senso di
autoefficacia.
«La chiave per rendere le esperienze di apprendimento degli studenti significative è
focalizzare la vostra pianificazione su obiettivi di istruzione principali, espressi in termini di
risultati dello studente desiderati» 68.
3.3.5. Formare persone autonome nell’apprendere e futuri professionisti riflessivi
«Lei è convinto che gli studenti siano in grado di autogestirsi nei confronti dello studio (e nei
compiti a casa) oppure ritiene che debbano essere controllati e seguiti? Che rapporto
vorrebbe avere con i suoi studenti?».
Scuola nuova, classe nuova, inizio anno. Queste due domande mi sono sentito rivolgere dalla
folgorante acies animi dai miei nuovi studenti durante la mia prima lezione con loro, avendo io
lanciato loro la tipica domanda da cui Yael Sharan usa partire per la variante del Cooperative
Learning (Group Investigation) da lei elaborata insieme con il marito Shlomo69: che cosa volete
67 Cfr. J. E. BROPHY, Motivare gli studenti cit., p. 302.
68 Cfr. J. E. BROPHY, Motivare gli studenti cit., p. 68.
69 YAEL SHARAN - SHLOMO SHARAN, Gli alunni fanno ricerca. L’apprendimento in gruppi cooperativi, Centro Studi Erickson, Trento 1998.
Cicerone e Orazio possono ancora esserci d'aiuto nell'epoca dei reality shows?
Il lavoro didattico sui testi classici nella prospettiva del Cooperative learning e della valutazione autentica
65
sapere (su di me come insegnante)? Quasi a voler dimostrare che davvero «l’auto-direttività è
una forza innata che l’educazione dovrebbe servire a “liberare”»70.
«Aiutate gli studenti ad imparare a darsi i loro obiettivi scolastici personali. Strettamente
collegata alla crescente capacità degli studenti di valutare i propri risultati scolastici è la loro
prontezza a darsi obiettivi personali di apprendimento. Oltre a sviluppare l’autoconsapevolezza e il controllo della propria crescita nel tempo, questa capacità permette agli
studenti di modificare le rubriche di classe per includere obiettivi di crescita personale e di
collaborare in modo significativo con gli insegnanti nello stabilire obiettivi individualizzati»71.
Sempre più appare evidente l’importanza trasversale di questo obiettivo formativo nell’odierna
société à projets descritta da Jean-Pierre Boutinet72: «Forse è addirittura un obiettivo primario
della scolarità di base: divenire capace di formulare progetti, di realizzarli, di valutarli»73.
È
Responsabilità
del proprio
apprendimento
Agire nel
presente
pensando al
proprio
futuro
il
portfolio
dello
studente
lo
strumento, a mio avviso, più adatto per
coltivare quella pratique e gouvernement de soi
che Michel Foucault nella sua Herméneutique
Autovalutazione
du Sujet postula come un «compito urgente,
fondamentale,
Assertività
politicamente
indispensabile». Esso funziona come una
Auto-consapevolezza
Self-management
sorta di principium individuationis del curricolo
scolastico, a condizione di intenderlo come
prodotto creativo del noûs poietikós non di
un’équipe di docenti armati delle migliori intenzioni, ma dei ragazzi stessi.
È la risposta operativa alla grande domanda didattica: Come possiamo fare in modo
che gli studenti lavorino con la stessa passione, devozione, responsabilità, persistenza,
interesse allo sviluppo continuo della propria “professionalità” di un fotografo, di un interior
designer, o dei migliori specialisti?
70 Cfr. ARTHUR L. COSTA - BENA KALLICK, Assessment Strategies for Self-Directed Learning, Corwin Press, Thousand Oaks, CA, 2004, p. xiii.
71 Cfr. C. A. TOMLINSON, Adempiere la promessa cit., p. 86.
72 Cfr. JEAN-PIERRE BOUTINET, Anthropologie du projet, Presses Universitaires de France, Paris 19995.
73 Cfr. P. PERRENOUD, Dieci nuove competenze cit., p. 84.
66
ANGELO CHIARLE
In concreto, la Scheda 5 riassume la procedura da me seguita.
Scheda 5
Portfolio dello studente74
Proposta interdisciplinare facoltativa rivolta a tutta la classe a inizio anno
Passaggi
-
A inizio anno: cosa è e cosa non è il portfolio, chiacchierata introduttiva, con
esemplificazioni tratte dalla vita reale;
-
vengono individuati gli studenti interessati;
-
viene consegna lettera di spiegazione alle famiglie, da far leggere ai genitori;
-
viene consegnata la scheda di progettazione, e la rubrica analitica per la valutazione finale
(con le indicazioni circa la tempistica per la realizzazione del portfolio);
-
i ragazzi vengono assistiti con particolare attenzione nella compilazione della scheda di
progettazione;
-
a loro viene richiesto di raccogliere, strada facendo, le verifiche da loro giudicate più
significative - possibilmente di tutte le materie -, compilando una scheda di riflessione per
ognuna di esse;
-
strada facendo i ragazzi che hanno aderito vengono di tanto in tanto monitorati (spronati,
rimotivati);
-
da metà maggio i ragazzi incominciano la realizzazione del portfolio, con monitoraggio
individuale più assiduo;
-
alla fine dell’anno il portfolio viene valutato in 15esimi: il 10% circa di questo voto viene
utilizzato per accrescere la media finale sulla pagella delle materie del docente proponente.
«Sono convinto che il portfolio sia l’unico strumento che permette di valutare un anno
scolastico in modo completo. Grazie al portfolio mi rimarrà una fotografia ad alta definizione
di me stesso. […]
Ora credo di aver fatto un “balzo di qualità”. Ho capito che solo partendo da una forte
motivazione personale si possono raggiungere risultati eccellenti. Quest’anno mi sono
dedicato molto di più alla scuola e spero di ottenere valutazione proporzionali al mio sforzo,
sapendo che comunque rimarrà il mio portfolio a testimoniare il lavoro svolto.
Mi impegno a sviluppare la disposizione accuratezza e precisione, in cui non sempre sono
all’altezza. Sono molto soddisfatto delle sfide che mi sono posto, e che sono riuscito a vincere.
Assumere rischi responsabilmente è un’importantissima disposizione, nella scuola come nel
74 Per una più esauriente discussione della concezione teorico-pratica del portfolio cui mi ispiro, per la Scheda di progettazione e la Rubrica
di valutazione analitica da me predisposte, cfr. A. CHIARLE, Progettare apprendimenti significativi cit., pp. 281-286.
Cicerone e Orazio possono ancora esserci d'aiuto nell'epoca dei reality shows?
Il lavoro didattico sui testi classici nella prospettiva del Cooperative learning e della valutazione autentica
67
lavoro. […] Mi è piaciuto dedicarmi al portfolio e spero il prossimo anno di poter ripetere
questo lavoro».
La riflessione con cui Federico conclude il suo portfolio dimostra come davvero il portfolio,
costruito attorno alle disposizioni della mente come «un potente quadro di riferimento»75,
comporti una «risignificazione costitutiva di sé», come esercizio di «libertà verticale»76, non
imponibile dall’alto ope legis.
4. Conclusione
«Qui c’è davvero molto da rivedere e da fare. […] Le questioni vanno affrontate con un
progetto condiviso che scaturisca da una visione e un approccio […] che possa presentarsi
come la costruzione collettiva di una visione coerente del futuro del sistema scolastico,
attorno alla quale si possa raccogliere e concentrare un ampio consenso attraverso processi di
partecipazione, discussione, ascolto»77.
Se la sfida, dunque, è rompere L’assedio del presente, poiché non possiamo fare a meno di
assistere con preoccupazione alla «sostituzione dell’istruzione con un’informazione sempre più
sciocca e superficiale che non consente la formazione di una coscienza critica», perché non
accettiamo «lo svuotamento della scuola e dell’Università»78, diventa di vitale importanza argomentano Vittorio Campione e Silvano Tagliagambe - individuare «modelli convergenti di
analisi e di comportamento», come quelli fin qui descritti.
Un “buona battaglia” da combattere nello spirito più genuino della paideia socratica,
liberale perché «diretta a ogni essere umano», «impegnata cioè stimolare l’intelligenza di
ciascuno studente e a creare una comunità che possa davvero confrontarsi su ogni
problema»79. Coltivare l’umanità, dunque, questo dunque l’ethos del docente, professionista
pienamente consapevole del fatto che «la sua attività consiste nel contribuire alla formazione e
alla crescita delle persone giovani che gli sono affidate»80. Capace di attivare «la progressività
circolare» e la «spontaneità conscia» della propria coscienza “innamorata”, aperta, interrogante
75 Cfr. A. L. COSTA - B. KALLICK, Le disposizioni della mente cit., pp. 333-336.
76 Cfr. P. TRIANI, Il dinamismo della coscienza cit., pp. 260-261.
77 Cfr. VITTORIO CAMPIONE - SILVANO TAGLIAGAMBE, Saper fare la scuola: il triangolo che non c’è, Einaudi, Torino 2008, pp. 259, 239.
78 Cfr. CLAUDIO GIUNTA, L’assedio del presente. Sulla rivoluzione culturale in corso, il Mulino, Bologna 2008.
79 Cfr. MARTHA NUSSBAUM, Coltivare l’umanità. I classici, il multiculturalismo, l’educazione contemporanea, Carocci, Roma 1999, pp. 31-63.
80 Cfr. V. CAMPIONE - S. TAGLIAGAMBE, Saper fare la scuola cit., p. 229.
68
ANGELO CHIARLE
e auto-trascendente, protesa a intenzionare «l’ampiezza della propria esistenza»81. Nella
prospettiva dell’appassionato I care perorato da Umberto Galimberti82.
«Perché questi giovani non li si fa incuriosire delle loro capacità, delle loro abilità, delle loro
virtù, senza pensare a nulla di ascetico. Gli antichi Greci parlavano della virtù come delle
capacità proprie di ciascuno di noi. Ecco, se noi facessimo incuriosire i giovani della loro virtù,
forse si potrebbero appassionare di sé, innamorare di sé, e imparare quello che per i Greci era
la grande meta dell’esistenza umana, ovvero l’arte del vivere.
Un investimento su di sé, come i fiori: che bello vederli fiorire, invece che appassire! Se
ciascun giovane si pensasse come un fiore che ha voglia di fiorire, per la stagione che gli è
data, allora la loro espansività potrebbe trovare espressione. Allora, forse l’ospite inquietante,
il nichilismo, non sarebbe passato invano».
ANGELO CHIARLE
81 Cfr. P. TRIANI, Il dinamismo della coscienza cit., pp. 140-154.
82
Cfr.
U.
GALIMBERTI,
intervista
<http://it.youtube.com/watch?v=UQcvpevBVfI>.
in
video
di
presentazione del
libro
L’ospite
inquietante
cit.
Indice
Prof. ADRIANO COLOMBO, A che serve correggere gli scritti di Italiano ......................................................
Prof. TERESINA BARBERO, Porf.ssa CARLA GRISERI,
La valutazione in un percorso di apprendimento della lingua straniera ............................................................
Prof. GIORGIO BLANDINO, La psicologia della valutazione ......................................................................
Dott. OMAR FASSIO, Metodologia della valutazione ...................................................................................
Prof. POLO DI RICERCA LINGUISTICA DEL LICEO GIOBERTI DI TORINO,
A che cosa servono le griglie? ...........................................................................................................................
Prof. GIANFRANCO PORCELLI, Confronto con sistemi valutativi dei paesi europei i lingua inglese.
Valutare stanca... in Inghilterra ancor di più ..................................................................................................
Prof.ssa ELISABETTA DEGLI INNOCENTI,
La valutazione dele conoscenze e competenze nello studio del Latino .................................................................
Prof. ANTONELLO FAMÀ, La valutazione nel PPD (Paradigma Pedagogico Didattico) ........................
Prof. ANGELO CHIARLE, Cicerone e Orazio possono ancora esserci d'aiuto
nell'epoca dei reality shows? Il lavoro didattico sui testi classici nella prospettiva
del Cooperative learning e della valutazione autentica ...............................................................................
Indice ................................................................................................................................................................... p. 74