Leoncillo Leonardi Coppia di ceramiche astratte, 1950 ca Terracotta

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Leoncillo Leonardi Coppia di ceramiche astratte, 1950 ca Terracotta
Leoncillo Leonardi
Coppia di ceramiche astratte, 1950 ca
Terracotta policroma smaltata
cm 52x37x33
E’ tra le poche opere di Leoncillo costituita da due elementi separati. Che non ci siano dubbi sulla
correlazione tra i due elementi come parti di un solo lavoro è confermato dalla strettissima parentela
formale e cromatica, nonché dalla sostanziale simmetria. Soltanto all’inizio degli anni ‘60 Leoncillo
realizzerà un’altra opera caratterizzata da due distinti elementi in mutua relazione: “Affinità Patetiche”,
già in collezione Sargentini e attualmente alla GAM di Spoleto. Quest’ultimo è un lavoro di grandi dimensioni, che resta tra i suoi esiti più noti, mentre il titolo, estremamente significativo, potrebbe essere
esteso anche all’opera in oggetto.
La scultura ha dunque l’aspetto di un doppio blocco compatto, sebbene percorso da avvallamenti e
zone vuote che a volte s’incavano in profondità. L’adesione al Fronte Nuovo delle Arti (1947) e l’assunzione del linguaggio neocubista restituiscono una materia, rispetto agli esiti precedenti, più placata e
distesa. La struttura dinamica del doppio blocco e il citato trattamento della materia si legano dunque a
sculture “neocubiste” come il “Ritratto di Elsa” del 1947; la “Sedia, Cappotto e Cappello” del 1950 (cfr.
Cortenova, Mazzotta 1985, rip. 5), a cui è particolarmente vicina nella struttura compatta; soprattutto
alla “Donna che si spoglia” già datata 1946 ma probabilmente più tarda (cfr. Mascelloni-Ferrari, Skira
1995, rip. 22), per le scelte cromatiche e naturalmente per il modellato relativamente normalizzato di
cui si è detto.
L’opera è stata pubblicata nel 1953 in un servizio fotografico dell’abitazione dell’attore Raf Vallone,
quasi certamente il suo primo proprietario, in cui i due elementi sono collocati ai lati di un camino.
Una certa affinità tipologica con alcune basi di tavolo realizzate da Leoncillo negli stessi anni non ha
altri elementi di riscontro, giacchè la differenza di altezza (seppur minima) tra i due elementi nonché
l’assenza di punti solidi d’appoggio per un eventuale piano, escludono tale funzione. Inoltre le basi di
tavolo di Leoncillo al momento note e di datazione prossima sono tutte costituite da un solo elemento e
presumono dunque un piano di dimensioni limitate (cfr. Base di Tavolo, Mascelloni, Gall. Torossi, ed.
De Luca, 1990, rip. 12). Una base di tavolo per un piano di grandi dimensioni è del 1956 (cfr. Mazzarella, 1985, rip. 27) e risulta completamente diversa dall’opera in oggetto: è formata da un solo elemento
che si dipana nello spazio caratterizzandosi più per il vuoto che per il pieno che crea, ha due soli colori,
è cifrata da un modellato assai più gestuale, aperto agli esiti “ultimo naturalisti” del biennio successivo.
Per i motivi di cui sopra la doppia scultura va datata tra la fine degli anni ‘40 e l’inizio del decennio
successivo. Va ancora ricordato che anche in quegli anni, come sempre nell’attività dello scultore spoletino, la ricerca e la sperimentazione erano costitutive di ogni suo lavoro. Sebbene sia stato un tempo,
quello, d’intensa committenza pubblica e privata, l’opera in esame non va necessariamente ricondotta
a una funzione specifica né a una particolare collocazione decorativa. Escludendovi ogni possibile funzione, si tratterebbe inoltre della prima opera di Leoncillo rigorosamente aniconica.
Enrico Mascelloni