ivafe: l`imposta “patrimoniale estera” sulle attività finanziarie

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ivafe: l`imposta “patrimoniale estera” sulle attività finanziarie
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APPROFONDIMENTI E PROCEDURE
IVAFE: L’IMPOSTA
“PATRIMONIALE ESTERA”
SULLE ATTIVITÀ
FINANZIARIE
A cura di
Stefano Battaglia
Dottore Commercialista
in Torino
Premessa:
il quadro
normativo e la
sua evoluzione
1
Analogamente a quanto previsto per i beni immobili, assoggettati all’IVIE, a
decorrere dal 2012 le persone fisiche residenti in Italia che detengono attività finanziarie all’estero sono sottoposte all’applicazione dell’IVAFE.
Contestualmente alla IVIE1, l’art. 19, commi 18-22 del
“Decreto salva-Italia” (D. L. 06/12/2011, n. 201, convertito
in L. 22/12/2011, n. 214) ha previsto l’introduzione di una
“imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero” da persone fisiche residenti in Italia (IVAFE).
La norma istitutiva ha subito alcune modificazioni successive, per effetto del D.L. 02/03/2012, n. 16 (poi convertito in
L. 26/04/2012, n. 44), e quindi della “legge di stabilità per il 2013”
(L. 24/12/2012, n. 228) che, in particolare, ha disposto il differimento
dell’applicazione dell’imposta al periodo 2012, ed ha introdotto alcuni
correttivi volti a prevenire possibili censure per la violazione dei principi comunitari di non discriminazione.
Con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate in data
5 giugno 2012 sono state emanate le disposizioni attuative dell’art. 19;
Sul tema, dello stesso autore, si veda “IVIE: l’imposta “patrimoniale estera” sugli immobili”, Dispensa MAP, luglio 2013, pag. 8.
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l’Amministrazione finanziaria ha altresì fornito i propri chiarimenti
con le Circolari 02/07/2012, n. 28/E e 03/05/2013, n. 12/E2.
Presupposti
soggettivi ed
oggettivi
dell IVAFE
L’“imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero” è dovuta
dalle persone fisiche3 residenti in Italia che risultino proprietarie di, o
titolari di altri diritti reali su, attività finanziarie detenute fuori del territorio nazionale.
Analogamente all’IVIE, nella prospettiva del legislatore l’introduzione
dell’imposta risponde, dal punto di vista sistematico, ad esigenze di
equità, al fine di sottoporre a tassazione la detenzione di attività finanziarie detenute all’estero, così come quelle possedute in Italia sono
assoggettate all’imposta di bollo.
Sotto il profilo soggettivo, così come per l’IVIE:
a) la residenza in Italia ai fini fiscali costituisce condizione sufficiente per l’assoggettamento all’imposta di una persona fisica, mentre resta sostanzialmente irrilevante la cittadinanza del contribuente;
b) la sussistenza del requisito della residenza deve essere valutata sulla base delle ordinarie regole di cui all’art. 2, co. 2-bis del
TUIR4.
Pertanto, sono in linea di principio soggetti all’imposta i cittadini stranieri fiscalmente residenti in Italia – ivi compresi i cd. inbound expatriates, ossia gli stranieri temporaneamente residenti per ragioni lavorative – mentre ne sono esclusi i cittadini italiani fiscalmente residenti
all’estero. Sul punto, l’Amministrazione finanziaria ha peraltro precisato (Circolare n. 28/E, par. 2.1) che nell’ambito soggettivo di applicazione dell’IVAFE sono compresi anche i contribuenti che prestano
la propria attività lavorativa all’estero in via continuativa, per i quali la
residenza fiscale in Italia è determinata per presunzione di legge, a prescindere dalla sussistenza dei requisiti ex art. 2 TUIR (persone fisiche
che prestano lavoro all’estero per lo Stato, per enti locali o presso or-
2
La Circolare 15/02/2013, n. 1/E riporta inoltre, al punto 12.1, la risposta ad un quesito riguardante la compilazione del quadro del Modello UNICO relativo alla
determinazione dell’IVAFE. Si veda infra il paragrafo 5.
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Restano quindi esclusi dall’IVAFE tutti i soggetti diversi dalle persone fisiche - ivi comprese le società semplici, circostanza che potrebbe indurre i contribuenti a privilegiare l’investimento finanziario all’estero per il tramite di tali veicoli societari, in luogo di quello diretto.
4
In particolare, l’Amministrazione finanziaria può disconoscere l’efficacia del trasferimento all’estero della residenza di un cittadino italiano qualora sia in grado di
provarne il carattere fittizio, nonostante la cancellazione dell’interessato dall’anagrafe della popolazione residente e la sua iscrizione all’A.I.R.E. Inoltre, nel caso in
cui il contribuente trasferisca la residenza in Stati o territori con regime fiscale privilegiato (elencati nella black list di cui al D.M. Finanze 04/05/1999), l’onere della
prova risulta invertito, nel senso che compete al contribuente provare l’effettività della propria residenza estera.
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ganizzazioni internazionali cui l’Italia aderisce, nonché i cd. “lavoratori
transfrontalieri”)5.
Con riferimento al profilo oggettivo dell’imposta, l’art. 19, co. 18 del
Decreto fa testuale riferimento alle “attività finanziarie” tout court, se
detenute all’estero da persone fisiche residenti. Peraltro, il Provvedimento attuativo del 5 giugno 2012 (e la Circolare n. 28/E) hanno
fornito specificazioni ulteriori, indicando in particolare che l’IVAFE si
applica:
1. sulle partecipazioni al capitale o al patrimonio di soggetti residenti o non residenti;
2. sulle obbligazioni italiane o estere e titoli similari;
3. sui titoli pubblici italiani e titoli equiparati emessi in Italia o
all’estero;
4. sui titoli non rappresentativi di merce e certificati di massa
(comprese le quote di OICR);
5. sulle valute estere, depositi e conti correnti costituiti all’estero indipendentemente dalle modalità di alimentazione;
6. sui “contratti di natura finanziaria” stipulati con controparti
non residenti, tra cui, a titolo esemplificativo, finanziamenti,
riporti, pronti contro termine e prestito titoli, nonché polizze di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione stipulate
con compagnie di assicurazione estere;
7. sui contratti derivati e “altri rapporti finanziari” stipulati al di
fuori del territorio dello Stato;
8. sui metalli preziosi allo stato grezzo o monetato;
9. sui diritti all’acquisto o alla sottoscrizione di azioni o strumenti finanziari assimilati;
10. su “ogni altra attività da cui possono derivare redditi di capitale o
redditi diversi di natura finanziaria di fonte estera”6.
5
Ciò sebbene, per tali soggetti, l’art. 38 del D.L. 78/2010 preveda l’esonero dalla compilazione del Modulo RW della dichiarazione dei redditi, con riferimento alla
totalità delle attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero (“non solo in relazione al conto corrente costituito all’estero per l’accredito degli stipendi o altri
emolumenti derivanti dalle attività lavorative ivi svolte”).
6
Considerata l’ampiezza dell’elencazione, nonché la portata sostanzialmente onnicomprensiva della categoria residuale sub 10, si può ritenere che la categoria delle
“attività finanziarie” che possono risultare oggettivamente interessate dall’IVAFE coincida in linea di principio con quella degli “strumenti finanziari” così come definiti
dall’art. 1, co. 2 del TUF.
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L’applicabilità dell’IVAFE presuppone, in ogni caso, che le attività finanziarie in questione siano detenute all’estero; sul punto, l’Amministrazione ha precisato che:
- tale qualificazione prescinde completamente dalla circostanza
che il soggetto emittente o la controparte siano residenti in Italia o meno;
- si considerano come attività detenute all’estero “anche le attività
finanziarie detenute, ad esempio, in cassette di sicurezza all’estero o
tramite intermediari non residenti”.
Dalla lettura del Provvedimento attuativo, nonché della Circolare
n. 28/E, emergono d’altronde fondamentali indicazioni in merito a talune categorie di attività finanziarie oggettivamente escluse dall’applicazione dell’IVAFE. Si tratta, in particolare:
a. dei piani di stock option7 (“titoli o diritti offerti ai lavoratori dipendenti
ed assimilati che danno la possibilità di acquistare, ad un determinato
prezzo, azioni della società estera con la quale il contribuente intrattiene il rapporto di lavoro o delle società controllate o controllanti”),
i quali scontano l’imposta unicamente nel caso in cui i suddetti
titoli o diritti siano cedibili a terzi;
b. delle forme di previdenza complementare organizzate o gestite
da società ed enti di diritto estero;
c. delle attività finanziarie oggetto di contratti di amministrazione
con società fiduciarie residenti o di gestione con intermediari
residenti; ciò in quanto esse risultano già soggette all’imposta di
bollo di cui all’art. 13, commi 2-bis e 2-ter, della Tariffa, Allegato
A, Parte Prima, del D.P.R. 642/1972, per via dell’intervento di tali
intermediari che operano quali sostituti di imposta (ponendo altresì in essere, in relazione a tali attività, gli adempimenti di comunicazione nei confronti dell’Amministrazione finanziaria);
d. delle attività finanziarie che abbiano formato oggetto di operazioni di emersione, mediante lo “scudo fiscale”, sulla base delle
procedure di rimpatrio fisico o giuridico, sul presupposto che, in
entrambi i casi, le stesse non sono più giuridicamente qualificabili
come “detenute all’estero”8. Al contrario, restano quindi soggette
7
Per tali attività – così come per i piani di stock option “non cedibili” di cui sopra – permane peraltro l’obbligo di indicazione nel Modulo RW.
8
Le attività “rimpatriate” formano oggetto di contratti di deposito, custodia, amministrazione o gestione con intermediari residenti; valgono pertanto le medesime considerazioni di cui al precedente punto c.
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ad IVAFE le attività emerse mediante procedure di “regolarizzazione”9;
e. delle polizze di assicurazione emesse da imprese di assicurazione
estere operanti in Italia in regime di libertà di prestazione di servizi che abbiano esercitato la facoltà prevista dall’art. 26-ter del
D.P.R. 600/1973 e quella per l’applicazione dell’imposta di bollo
in modo virtuale; tali polizze, infatti, subiscono “un trattamento
tributario complessivamente equiparato alle analoghe polizze assicurative italiane”, sicché esse possono “sostanzialmente considerarsi
come detenute in Italia” e, quindi, estranee all’ambito applicativo
dell’IVAFE10;
f. delle polizze di assicurazione emesse da imprese di assicurazione
estere per le quali le opzioni di cui sopra non siano state esercitate, ma siano affidate in amministrazione a una fiduciaria residente o ad un altro intermediario residente; sulle stesse trova
infatti applicazione l’imposta di bollo di cui al menzionato art. 13,
co. 3-ter, del D.P.R. 642/1972 (peraltro, nell’eventualità in cui il
contratto di amministrazione con la fiduciaria o l’intermediario
residente venga interrotto, “la polizza si considera detenuta all’estero e deve essere corrisposta l’IVAFE”).
Laddove ne sussistano i presupposti soggettivi ed oggettivi, l’IVAFE è
dovuta indipendentemente dalle modalità di acquisizione delle attività
finanziarie; sono pertanto soggette all’imposta anche quelle pervenute
per successione o donazione.
Così come nel caso dell’IVIE (alla cui disciplina la Circolare n. 28/E fa
espresso rinvio), l’imposta si applica, oltre che nel caso di possesso
diretto delle attività finanziarie da parte del contribuente, anche laddove esse siano detenute tramite entità giuridiche (quale che ne sia
la natura: società, fondazioni, trust, ecc...) operanti quali meri “soggetti
interposti”, secondo le indicazioni a suo tempo espresse dall’Amministrazione con la Circolare n. 99/E/200111: in tali circostanze, infatti,
la disponibilità effettiva dei beni è da riconoscersi in capo a persone
fisiche residenti in Italia.
9
Che – a differenza di quelle rimpatriate – restano altresì soggette agli obblighi in materia di monitoraggio fiscale (compilazione del Modulo RW).
10
In proposito, l’art. 46 della Direttiva 92/49/CEE del 18/06/1992 già disponeva che “ogni contratto di assicurazione è sottoposto esclusivamente alle imposte indirette
ed agli oneri parafiscali gravanti sui premi di assicurazione nello Stato membro in cui il rischio è localizzato”.
11
In tale occasione, a titolo di esempio, è stata qualificata come soggetto interposto una società localizzata in un Paese avente fiscalità privilegiata, non soggetta ad
alcun obbligo di tenuta delle scritture contabili, in relazione alla quale lo schermo societario appare meramente formale. Quanto ai trust, si rinvia alle ulteriori e specifiche indicazioni fornite con la Circolare n. 61/E/2010.
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La base
imponibile
IVAFE
La base imponibile per l’applicazione dell’IVAFE è costituita dal “valore
di mercato” delle attività finanziarie interessate, rilevato al termine di
ciascun anno solare.
Per le attività finanziarie quotate su mercati regolamentati, deve essere utilizzata la loro quotazione ufficiale, facendo riferimento “al valore
puntuale di quotazione alla data del 31 dicembre di ciascun anno” (ovvero, nel caso di mercati chiusi in tale data, alla quotazione rilevata “nel
giorno antecedente più prossimo”).
Per le attività non quotate su mercati regolamentati (ovvero per quelle quotate ma escluse dalla negoziazione) si deve far riferimento:
- al valore nominale;
- in mancanza, al valore di rimborso;
- in mancanza, al “valore di acquisto”.
Nel caso in cui una attività finanziaria non sia più posseduta al 31 dicembre, si deve fare riferimento al valore, determinato come sopra,
riferito al termine del periodo di detenzione.
In ogni caso, per l’individuazione della base imponibile è consentito avvalersi della “documentazione dell’intermediario estero di riferimento per
le singole attività ovvero dell’impresa di assicurazione estera”.
Il processo di individuazione della base imponibile può essere così
schematizzato:
Attività finanziarie quotate
1. quotazione al 31 dicembre di ciascun anno
2. in mancanza: quotazione alla data precedente più prossima
3. in caso di cessione in corso d’anno: quotazione alla data di cessione
Attività finanziarie non quotate
1. valore nominale
2. in mancanza: valore di rimborso
3. in mancanza: valore di acquisto
Aliquote, esenzioni e
detrazioni
12
L’aliquota dell’IVAFE è stabilita nella misura dello 0,1% per il 201212, ed
è elevata allo 0,15% per le annualità successive.
La determinazione dell’imposta dovuta da ciascun contribuente avviene:
L’art. 19 non prevedono alcun tetto massimo all’imposta proporzionale, a differenza di quanto avviene per l’imposta di bollo “domestica” (la nota 3-ter all’art. 13
della Tariffa allegata al D.P.R. 642/1972 stabilisce infatti una soglia massima, per il 2012, di € 1.200). Ne deriva un possibile profilo di discriminazione a danno dei
capitali detenuti all’estero, potenzialmente soggetti ad una tassazione più gravosa rispetto a quelli detenuti presso intermediari italiani.
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a. in proporzione alla quota di possesso delle attività finanziarie, se
intestate a più contribuenti;
b. in proporzione alla durata del possesso, calcolata in giorni, nel
corso del periodo di imposta;
c. senza l’applicazione di alcuna soglia di esenzione, a differenza
dell’IVIE.
Al fine di evitare fenomeni di doppia imposizione, ai contribuenti viene
riconosciuto un credito d’imposta pari all’importo dell’eventuale imposta patrimoniale versata sulle attività finanziarie interessate, nell’anno di riferimento, nello Stato estero in cui le stesse sono detenute.
La Circolare n. 28\E specifica (con riferimento specifico all’IVIE, ma il
principio pare legittimamente estensibile anche all’IVAFE) che:
a. il credito è determinato sulla base del principio di cassa, e pertanto spetta anche con riferimento ai pagamenti effettuati in relazione a periodi d’imposta precedenti;
b. per poter beneficiare delle suddette detrazioni, i contribuenti devono disporre della documentazione attestante l’avvenuto
versamento delle imposte patrimoniali estere13.
In ogni caso, i crediti di imposta spettanti non possono eccedere l’IVAFE dovuta ma, al più, azzerarla.
Disposizioni specifiche sono previste con riferimento ai conti correnti
ed ai libretti di deposito detenuti all’estero, per i quali l’IVAFE si applica con le modalità previste per l’imposta di bollo italiana relativa alle
medesime categorie di attività. In particolare:
a. l’imposta è dovuta nella misura fissa di € 34,2014;
b. essa non risulta dovuta se la giacenza media annua del conto o
del libretto, come risultante dai relativi estratti, non supera la soglia di € 5.000;
c. per il calcolo della giacenza media, secondo la Circolare n. 28/E15:
13
Il credito non spetta se, con il Paese interessato, sono in vigore convenzioni contro le doppie imposizioni in materia patrimoniale che prevedano la tassazione esclusiva nel paese di residenza del possessore (in tal caso il contribuente può chiedere il rimborso dell’imposta estera eventualmente assolta).
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L’applicazione dell’imposta in misura fissa su c/c e libretti di deposito era originariamente prevista solo per i rapporti detenuti in Paesi dell’Unione Europea o in Paesi
del SEE che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, mentre per i restanti Paesi essa si sarebbe dovuta applicare in misura proporzionale. La “legge di stabilità” ha esteso il più favorevole trattamento alla generalità dei rapporti, così da assicurare l’applicazione dell’imposta secondo le medesime modalità a prescindere
dal luogo di detenzione degli stessi, assicurando il pieno rispetto del principio di libera circolazione dei capitali ex art. 63 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione
Europea (ed evitando in tal modo possibili censure per la violazione del Trattato).
15
La Circolare n. 12/E del 2013 riporta, al paragrafo 1.3, un esempio di calcolo dell’imposta relativo al caso di una pluralità di c/c esteri intestati a più contribuenti.
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1. “occorre tener conto di tutti i conti o libretti detenuti all’estero dal
contribuente presso il medesimo intermediario”;
2. il limite non va ragguagliato alla durata del periodo di possesso nell’anno;
3. “nel caso in cui il contribuente possieda rapporti cointestati, al fine
della determinazione del predetto limite si tiene conto degli ammontari riferibili pro quota al medesimo contribuente”;
4. “se il conto corrente ha una giacenza media annuale di valore negativo, tale conto non concorre a formare il valore medio di giacenza per l’esenzione”.
Qualora il contribuente sia esentato dal pagamento, per il mancato
superamento della soglia, la Circolare n. 28/E dispone che “i dati relativi
ai conti correnti e ai libretti di risparmio detenuti nei predetti Paesi non devono essere indicati nella dichiarazione dei redditi, fermo l’eventuale obbligo
di compilazione del modulo RW”.
Dichiarazione e
versamento
dell imposta
La liquidazione dell’IVAFE avviene attraverso la compilazione della apposita sezione “XV B” del quadro RM del Modello UNICO PF, denominata “Imposta su attività finanziarie detenute all’estero”16.
La “legge di stabilità” ha disposto il differimento al periodo di imposta
2012 della decorrenza dell’IVAFE17; di conseguenza, gli importi nel frattempo già corrisposti dai contribuenti in forza della previgente normativa vengono riqualificati come acconti a valere su quanto dovuto
per il 201218.
16
La citata Circolare n. 1/E/2013, punto 12.1, lascerebbe intendere che vada compilato un distinto rigo per ciascuna attività finanziaria detenuta, restando quindi
esclusa la possibilità di operare aggregazioni di più attività omogenee (ad esempio riportando in un unico rigo tutte le attività della stessa natura, detenute nel medesimo Paese estero, aventi la medesima quota e durata di possesso).
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Sono evidenti le conseguenze di tale impostazione, in termini di laboriosità della compilazione del quadro, nel caso di contribuenti che dispongano di numerose attività interessate da frequenti movimentazioni nel corso del periodo di imposta. L’originaria decorrenza dal 2011 avrebbe potuto essere qualificata come discriminatoria rispetto a quanto previsto per la corrispondente imposta di bollo “domestica”.
18
Come chiarito dalla Circolare n. 12/E/2013, non si applicano sanzioni per omessi versamenti nel caso in cui non sia stato eseguito, in tutto o in parte, il versamento
delle imposte originariamente dovute per il periodo di imposta 2011.
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Ai fini del versamento (nonché dell’accertamento), si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi; pertanto:
- l’imposta va versata a mezzo delega di pagamento Modello F24,
entro il termine previsto per il saldo IRPEF dell’anno di riferimento;
- si applica il medesimo sistema di versamenti in acconto ed a saldo operante per l’IRPEF;
- l’imposta può essere versata in forma rateale e può essere compensata; l’eventuale eccedenza a credito risultante dalla dichiarazione può, a propria volta, essere utilizzata in compensazione di
altri tributi;
- per i tardivi o omessi versamenti si applica la sanzione del 30%
dell’importo dovuto (salvo il caso di infedele dichiarazione); è applicabile l’istituto del ravvedimento operoso.
I codici tributo da utilizzare per i versamenti sono riepilogati nella Risoluzione 19/04/2013, n. 27/E.
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