Le cronache di una persecuzione fiscale IL

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Le cronache di una persecuzione fiscale IL
Le cronache di una
persecuzione fiscale
Atto primo:
IL
CONTRADDITTORIO
Firenze, 18 Aprile 2012
LE CRONACHE DI UNA PERSECUZIONE FISCALE
Introduzione
Sono ormai tre anni che vivo un incubo da sveglio; la maggior parte del tempo e
delle energie invece che sul lavoro le devo consacrare a difendermi da questa
persecuzione kafkiana portata avanti dall’Agenzia delle Entrate di Firenze.
Agenzia delle Entrate Agenzia delle Entrate Agenzia delle Entrate
Quando i funzionari dell’Agenzia delle Entrate mi avevano fatto capire che
comunque mi avrebbero fatto spendere molto, molto di più se non accettavo le loro
pretese , avevo reagito minacciando di chiudere l'azienda e licenziare i miei due
dipendenti, che se ne assumessero loro la responsabilità! Poi invece ho deciso di
non sottomettermi; un dipendente ha più di 60 anni e a quell’età un altro lavoro di
sicuro non lo troverebbe più, l’altra dipendente ha un figlio ed un mutuo a 30
anni…
Adesso mi ritrovo con oltre 200mila Euro di imposte, sanzioni ed interessi da
pagare, 140mila Euro di cartelle di Equitalia già esecutive, in attesa dell’esito del
ricorso in appello davanti alla Commissione Tributaria Regionale.
Se trovo per ora la forza di resistere è solo grazie alle mie figlie alle quali cui ho
spiegato da subito che potrei perdere tutto, ma che loro padre è sempre stato un
contribuente onesto (non ho comunque nemmeno la possibilità di comportarmi
diversamente), a qualche amico che mi incoraggia ed a un giornalista de L’Espresso
che ha raccontato la mia odissea.
Perché io non mi devo vergognare di nulla, io sono un perseguitato, io sono una
vittima dell’arbitrio della burocrazia e dello Stato.
Ancora sono nel pieno della tempesta e da parte del fisco trovo solo arroganza e
nessuna possibilità di spiegare le cose e avere un vero contraddittorio,
Ma ecco la sintesi dei fatti.
Sono il titolare di un istituto di ricerche di mercato, l’unica azienda di questo tipo a
Firenze, verosimilmente in tutta la Toscana. Un giorno di 3 anni fa mi arriva
dall’Agenzia delle Entrate di Firenze la notifica di un accertamento induttivo per
l'anno 2006 sulla base dello Studio di Settore SG41U Studi di Mercato e Sondaggi
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di Opinione. Mi viene contestato di aver nascosto al fisco oltre 130mila Euro di
fatturato per oltre 130mila Euro di imposte non pagate, sanzioni ed interessi.
Con la notifica vengo convocato ïn contraddittorio, a rappresentare “i fatti, le
circostanze e le situazioni atte a giustificare” lo scarto tra la mia dichiarazione dei
redditi 2006 e l’importo scaturito dall’accertamento induttivo.
Non è che non mi preoccupi ma penso che si tratti di un equivoco facilmente
dimostrabile, anche perché non lavoro con privati ma solo con aziende strutturate,
aziende che non prescinderebbero mai dalla fattura.
Mi presento all’Agenzia delle Entrate con una memoria difensiva nella quale spiego
dettagliatamente la situazione della mia impresa e le mie giustificazioni, memoria
che illustro alla funzionaria che segue la mia pratica; il mio commercialista
presenta, come richiesto, la mia contabilità, molto semplice da verificare. Nessuno
mi fa alcuna domanda, non mi viene rivolta alcuna contestazione.
Tutto tace per 15 mesi quando il commercialista mi informa che sono atteso per la
fase finale del contraddittorio alla Stanza 314 della sede dell’Agenzia delle Entrate.
Questa volta non ho ricevuto una raccomandata, solo un contatto informale via
telefono tramite il commercialista.
E qui sorpresa! Non si discute affatto delle mie giustificazioni, semplicemente la
funzionaria mi mostra un “pizzino”, un foglietto che indica l’importo che l’Ufficio
accetterebbe per una “chiusura semplificata della controversia fiscale”, uno sconto
del 50% circa sull’importo dell’accertamento induttivo. La mia memoria difensiva
nessuno l'ha letta, “non è rilevante” dicono i funzionari.
Inutilmente spiego che lo studio di settore è totalmente infondato, statisticamente
errato, sbagliato da cima a fondo in modo spropositato. Per i funzionari lo Studio si
applica e non si discute, anche perché, affermano, è stato validato dalla mia
associazione di categoria. Scoprirò poi che questa (così come tante altre) è una
affermazione falsa.
Mi spiegano fra l’altro che il mio ricovero in Cardiochirurgia (ischemia cardiaca
successiva a pregresso infarto) per farmi applicare 4 stent coronarici non
rappresenta per l’Agenzia delle Entrate una giustificazione adeguata per dimostrare
una riduzione della capacita lavorativa.
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Ancora peggio, mi viene rimproverato di aver tardato a licenziare una dipendente,
alla quale avevo cercato prima di trovare un altro lavoro, secondo loro è un altro
indizio di evasione.
Ciliegina sulla torta: “se così non le va bene, se ne vada all'estero”.
La mia contabilità risulta a posto, ma per l’Agenzia delle Entrate la documentazione
contabile se è a posto non conta, nonostante per me sia un costo pesante.
Tra l'altro non sono ammesse testimonianze, non posso avvalermi delle
testimonianze dei miei dipendenti, nemmeno quelle dei miei ex-dipendenti.
Faccio il ricorso, ma anche qui, nulla. Semplicemente, danno ragione all’agenzia
sulla base del verbale del contraddittorio, senza rispondere ad alcuna delle mie
contestazioni.
Insomma, mi sarei aspettato che di fronte alle mie osservazioni, si inviasse almeno
un quesito al ministero per valutare le considerazioni sullo studio di settore. Invece
nulla. Eppure tutto si basa su uno studio di settore totalmente sbagliato.
Quando racconto ad altri imprenditori la mia vicenda, hanno difficoltà a credere che
lo Stato possa comportarsi cosi. Mi dicono tutti che non posso non vincere il
ricorso. Ma quando? In Cassazione? Dopo quanti anni? Dopo quanti soldi e
arrabbiature? Quanto avrò speso alla fine? Finora siamo già a 30mila Euro solo di
commercialisti e avvocati per difendermi.
Senza parlare delle cartelle di Equitalia già esecutive…
E riuscirò mai a riprendermi se abbandono o riduco il lavoro in questi ultimi anni di
professione, un’attività professione che avrei voluto offrire come opportunità alle
mie figlie?
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Prologo
Questa prima tranche de Le Cronache della Persecuzione Fiscale si propone di
documentare l’effettiva prassi operativa applicata dall’Agenzia delle Entrate, e dai
suoi funzionari, in materia di contraddittorio.
Secondo quanto riportato sul sito dell’Agenzia delle Entrate la fase di
contraddittorio dovrebbe consentire al contribuente di “fornire elementi o dati che
consentano di modificare in tutto o in parte la pretesa dell’amministrazione
finanziaria”.
Come si potrà invece constatare dalla nostra fedele cronaca l’implementazione si
discosta completamente da questa promessa, che implicherebbe un minimo di
ascolto, almeno pro forma, delle giustificazioni del contribuente.
Nella sostanza il contraddittorio si riduce alla proposta di adesione ad una “chiusura
semplificata della controversia fiscale” ovvero ad accettare la scontistica
dell’Agenzia delle Entrate. Nel caso in cui il contribuente si mostrasse restio
all’adesione i funzionari si premurano di fargli capire che se proprio non si vuole
sottomettere lo costringeranno comunque a sostenere delle spese ancora più pesanti
(spese di giudizio in Commissione Tributaria, onorari, sanzioni ed interessi).
Naturalmente per un vero evasore è un’occasione d’oro per liquidare la seccatura
fiscale e tornare a evadere tranquillamente; ma quale evasore sarebbe così
improvvido da cadere dentro l’accertamento induttivo? Perché nell’accertamento
induttivo ci possono finire soltanto contribuenti in difficoltà, che ingenuamente
confidano nella imparzialità della Pubblica Amministrazione che non dovrebbe
avere interesse a perseguitare un contribuente che dimostri la sua correttezza.
Ma così non ci è davvero sembrato che sia.
Di questa situazione si possono fornire diverse interpretazioni, alcune anche molto
maliziose. Una, di particolare benevolenza, ci permettiamo di avanzarla pure noi:
per i funzionari dell’Agenzia delle Entrate è molto più facile, semplice e comodo
perseguitare i contribuenti onesti che perseguire quelli disonesti. Magari è anche più
gratificante.
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In medias res: Firenze 8 Settembre 2010, ore 9.15
Come si sa tutto il mondo è una scena e l’uomo un povero attore che si trascina per
il teatro dell’esistenza, cambiando parte ogni tanto, da quella del fantolino che
strepita nella culla a quella che precede il calar della tela, con il vegliardo che
rantola nel suo letto.
Ed oggi è il mio turno; dopo che negli ultimi tempi ho recitato il professore che
esamina gli studenti mi tocca adesso la parte dell’interrogato. Quanto tempo! Ma la
commissione d’esami che devo affrontare è speciale, veramente. Oggi mi presento
per essere esaminato dall’Agenzia delle Entrate che mi ha convocato “in
contraddittorio” a giustificare la discrepanza della mia dichiarazione dei redditi
2006 dal reddito presunto tramite accertamento induttivo, oltre 130mila Euro di
fatturato che avrei nascosto al fisco.
È ancora presto in questa mattina di fine estate, meglio non presentarsi troppo in
anticipo, c’è tutto il tempo per dare un’occhiata in giro.
Questo è Firenze Nova, il quartiere residenziale costruito negli anni ’70 fra Rifredi
e Novoli, dove lavoro. A quel tempo Firenze continuava a espandersi, aumentava la
popolazione, ed anche il reddito. Ma i tempi sono cambiati, tutto il piano terra
riservato dai progettisti alle strutture commerciali di servizio ai residenti si è ridotto
ad una sequenza di bandoni arrugginiti e inchiavardati, gli spazi commerciali sono
vuoti e ricoperti di polvere e detriti, tutto è abbandono, sono anni che nessuno entra.
Qua e là qualche ostinato cartello di Vendesi o Affittasi, inutilmente invecchiato.
Non migliore sorte ha avuto l’Albergo delle Nazioni edificato per accogliere il
turismo congressuale in arrivo a Firenze. È in atto una progressiva demolizione e
ristrutturazione che lo riconvertirà in un condominio. A Firenze il turismo
congressuale si è ormai ridotto ad un rivolo, se lo sono preso Milano e Bologna.
Firenze va male, è diventata negli anni sempre meno vivibile, ha perso industrie, ha
perso popolazione, la popolazione è invecchiata, e anch’io.
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Buio a mezzogiorno: Firenze 8 Settembre 2010, ore 9.20
Mi chiama al cellulare mia figlia preoccupata: il mio Teodoro, un blood-hound di 3
anni, si è imbattuto in una cagnolina in calore e, spiega ingenuamente mia figlia, “è
impazzito”. In effetti dal cellulare arrivano ululati di totale disperazione, da
straziare un cuore meno indurito del mio dalle asprezze della vita. Rassicuro mia
figlia, Teodoro non è impazzito, o meglio gli uomini, noi maschi, pazzi lo siamo
tutti, vedrai che poi gli passerà.
Ma nell’approssimarsi dell’appuntamento con l’Agenzia delle Entrate non posso
evitare di pensare che la desolazione di Teodoro potrebbe significare una
premonizione, un segnale di accadimenti da molto tempo preordinati che stanno
finalmente prendendo forma. Davanti ad un eclisse di sole più di 2600 anni fa il
poeta Archiloco si lamentava che su niente si poteva ormai giurare dopo che
all’improvviso Zeus di mezzogiorno aveva fatto mezzanotte. Invece l’avvenimento
era programmato; nel corso di secoli e millenni astri e pianeti si erano esattamente
coordinati in vista del celeste appuntamento. D’altra parte, come diceva una
canzoncina, il futuro nessuno lo sa e tutto quello che deve succedere succederà.
Mi affretto verso l’ingresso dell’Agenzia delle Entrate, meglio non presentarsi in
ritardo.
Consigli dalle stelle: 8 Settembre 2010, ore 6.00
Mi piace svegliarmi presto, e poi siamo ancora in estate e nonostante l’ora solare
c’è già molta luce. Giornata tersa, trasparente, secca, tutto quello che ci vuole per
essere di buon umore. E poi, mi conforta la televisione, anche astri e costellazioni
sono dalla mia parte: per cominciare la luna nuova oggi è nel mio segno. E ci sono
altre buone notizie: “Cari amici del Leone, buon inizio settimana per voi, Marte
come sapete vi dona una carica in più, vi sentite sicuri di voi, pronti a riuscire in
tutto quello che fate nel lavoro o nel vostro ambiente familiare, dove sarete davvero
apprezzati. Da giovedì Venere si porterà in posizione disarmonica e agirà
soprattutto nella sfera familiare, creando possibili attriti nella coppia o comunque in
famiglia. Forse qualche discussione di troppo, dovrete occuparvi non solo del
lavoro, ma anche di chi vive in famiglia con voi. Complice anche la Luna che verso
il fine settimana potrebbe creare malintesi o malumori. Ma voi abituati a prendere
di petto le situazioni saprete dare il tocco magico perché tutto si possa risolvere nel
migliore dei modi. Buone le probabilità di ricevere entrate inaspettate.”
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Questa mi sembra improbabile, con tutta la carica che Marte mi vorrà concedere; io
sono una persona che pensa positivo ma per ricevere entrate da parte l’Agenzia
delle Entrate ci vorrebbe un tocco magico veramente spropositato. Non so se sarò
all’altezza.
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Ora cominciamo dall’inizio: 5 Maggio 2009
È arrivata una raccomandata, me l’ha mandata l’Agenzia delle Entrate di Firenze e
non ho bisogno di aprirla per sapere che sono in arrivo guai, guai acidi.
Mi spiego: io sono un imprenditore e la mia impresa è un istituto di ricerche di
mercato, l’unico sulla piazza di Firenze, verosimilmente in tutta la Toscana. Ce ne
erano altri ma hanno dovuto chiudere, lo spazio per sopravvivere è esiguo. Il
mercato delle ricerche di mercato si concentra a Roma (per la politica e la fonte
pubblica) ed a Milano (per il settore privato). Il mio istituto è in realtà una microimpresa; in un momento favorevole, all’inizio degli anni 2000, ero arrivato a
disporre di quattro dipendenti, un passo rischioso intrapreso nella prospettiva di
continuare a crescere. Ma a partire dal 2003, una dopo l’altra, le aziende del massmarket che mi fornivano lavoro su base continuativa erano state assorbite da
multinazionali con centrali all’estero e provviste di strutture di ricerca interne.
Rapporti personali che avevo costruito in anni di frequentazione erano stati
vanificati dalla funga delle aziende versi nazioni dove fare impresa viene premiato,
i servizi funzionano ed il livello di corruzione resta sopportabile.
Già verso la fine del 2006 il commercialista mi aveva avvertito che il fatturato che
si profilava per quell’anno, e quello conseguito negli anni precedenti dalla mia
impresa, avrebbe determinato l’avvio automatico della procedura di accertamento
induttivo. Ma che potevo fare? Non disponevo di redditi occultati da palesare, anzi
a quel punto per sopravvivere alla contrazione del business avevo dovuto sacrificare
3 posti di lavoro. Per dire proprio la verità avevo sacrificato 3 dipendenti ed in un
ambiente di lavoro così rapprossimato il rapporto è di tipo personale. Quando sono
costretto a licenziare qualcuno sono consapevole che gli distruggo prospettive ed
attese. Sono momenti brutti, anche per me.
Ora nella sua raccomandata l’Agenzia delle Entrate di Firenze cortesemente mi
informa che sulla base della loro analisi statistica relativa al settore di attività “Studi
di Mercato e Sondaggi di Opinione” la mia dichiarazione dei redditi 2006 si scosta
notevolmente dall’ipotesi minima di redditività prevista, in conseguenza della quale
cosa sono sospetto di evasione fiscale per un importo superiore ai 130mila Euro.
Fra il fatturato dichiarato e quello che perfidamente avrei nascosto al fisco io ed i
miei 2 residui dipendenti avremmo tirato su per il 2006 oltre 300mila Euro (ed è
un’ipotesi “a minimo”). Evidentemente l’Agenzia delle Entrate di Firenze pretende
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di aver maturato la convinzione che io mi sia messo a licenziare il personale proprio
mentre mi stavo arricchendo.
Il campione e l’universo: 5 Maggio 2009
La presunta redditività della mia impresa è stata dedotta sulla base dell’analisi
statistica delle dichiarazioni dei redditi di oltre 1700 imprese del settore (questo
sarebbe l’universo statistico), delle quali poco più di un migliaio (questo sarebbe il
campione) ha compilato il questionario relativo allo studio di settore, allora in via di
elaborazione. La dimensione dell’universo di riferimento, oltre 1700 imprese, e
quindi del campione, 1145 imprese, è addirittura surreale. La ricerca di mercato è
un settore minuscolo, poco frequentato (fra l’altro anche perché poco redditizio, ci
sono molte spese), ci conosciamo tutti, in tutta Italia siamo nella conta più benevola
un po’ meno di un centinaio di aziende. Ma l’Agenzia delle Entrate ha fatto il
miracolo, trasformando e moltiplicando pesci e pani, fino a costellare l’Italia di
centinaia e centinaia di istituti di ricerca di mercato, quale nessun paese mai al
mondo! Ma nemmeno in tutta Europa, ma nemmeno negli Stati Uniti!
In realtà lo studio di settore SG41U che mi è stato applicato si basa su un codice
ATECO (classificazione ISTAT delle attività economiche) che copre ad ombrello
tutte le attività di marketing, dai call-center agli intervistatori (la manodopera della
ricerca), ed in particolare la ricerca dei clienti ed il marketing diretto (la tentata
vendita). Naturalmente le attività legate alla vendita sono molto più ricercate, e
remunerate, di attività di natura solo conoscitiva come la ricerca di mercato, servizi
richiesti solo da imprese abbastanza strutturate da non concentrarsi esclusivamente
sull’attività di vendita ed in grado di pianificare invece nuovi prodotti/servizi.
Marketing e vendita: 5 Maggio 2009
Gli istituti di ricerca di mercato come il mio possono condurre un’unica attività, la
ricerca di mercato, la quale comunque non corrisponde ad una generica ricerca di
qualcuno o qualcosa operata su qualche mercato. La ricerca di mercato ha una sua
definizione rigorosa: sono indagini presso il consumatore, o l’utente, per raccogliere
informazioni atte a migliorare un prodotto o un servizio già esistente oppure a
valutare l’opportunità di presentare sul mercato un nuovo prodotto/servizio. Solo e
soltanto questa è ricerca di mercato. La ricerca di clienti (ma anche la pubblicità)
non fa parte invece della ricerca di mercato.
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Ad esempio, l’attività dei call-center che vendono gli abbonamenti alle pay-tv
(retribuita sulla base del numero dei contatti e degli abbonamenti venduti), non
appartiene alla ricerca di mercato, è anzi tassativamente preclusa agli istituti di
ricerca di mercato.
Eppure confluisce allo stesso codice ATECO ed allo stesso studio di Settore
SG41U!
Ad esempio, agli istituti di ricerca di mercato non è concesso, anzi è tassativamente
precluso, di operare nel settore del marketing profiling, dove i quesiti agli
intervistati sono volti non a conoscere le loro opinioni ma a definirne il profilo dei
consumi da utilizzare successivamente in operazioni di marketing diretto. Eppure il
settore confluisce nello stesso codice ATECO e nello stesso studio di Settore
SG41U!
Le ricerche di mercato, e quindi gli stessi istituti di ricerca di mercato, sono
severamente regolamentate, anche perché ci rivolgiamo alla fiducia dei
consumatori/utenti ai quali promettiamo l’assoluto anonimato delle risposte; da
questi obblighi è esonerato il marketing diretto.
La divulgazione delle risultanze di una ricerca di mercato sui mezzi di
comunicazione comporta l’obbligo di pubblicazione dei dati strutturali della ricerca
(società che ha operato la rilevazione, committente, composizione del campione,
aree di intervista, testo delle domande, percentuale dei rispondenti, ecc.) sia sul sito
Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) sia sul sito della Presidenza
del Consiglio, www.sondaggipoliticoelettorali.it.
Data l’universalità della separazione tra marketing diretto e ricerca di mercato
l’unico documento conosciuto dove si operi la commistione è rappresentato proprio
dallo Studio di Settore SG41U, con inevitabili conseguenze sul reddito presunto
dall’accertamento induttivo.
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Mele per pere: 5 Maggio 2009
Quindi, se vi telefonano per un sondaggio ma poi vi propongono di acquistare
qualcosa, quello non è un sondaggio, quella è tentata vendita, quella non è ricerca di
mercato ma marketing diretto (e di quello disonesto perché si fa passare per
qualcosa d’altro). Quando rispondete alle domande di un autentico sondaggio
d’opinione contribuite a migliorare la conoscenza del mercato, quando abboccate
alle pseudodomande di uno pseudosondaggio contribuite a migliorare il reddito del
venditore. Sono cose diverse, siamo incompatibili.
E quando l’Agenzia delle Entrate calcola la redditività di un campione di imprese
assimilando attività fra di loro incompatibili mescola, per usare un’espressione del
gergo della ricerca, le mele con le pere. Provate a pensare all’affidabilità di un
nuovo farmaco per l’insufficienza cardiaca che fosse stata testata non su
cardiopatici ma su portatori di varici! Se foste stati curati con un farmaco validato a
quel modo potreste rivolgervi ad un avvocato e ottenere i danni.
Come dicono gli statistici informatici: “Garbage in, garbage out”: quando si
elaborano dati spazzatura non potrà che essere spazzatura anche il risultato finale.
Firenze ieri e oggi: 5 Maggio 2009
Contestualmente alla contestazione della supposta evasione l’Agenzia delle Entrate
mi convoca, in vista dell’instaurazione della fase di contraddittorio, a rappresentare
“i motivi, i fatti e le circostanze idonee a giustificare lo scostamento tra i ricavi
dichiarati e i ricavi determinati dallo Studio di Settore” per giovedì 11 Giugno alla
stanza 314 al terzo piano della sua sede in via dei Panciatichi.
I Panciatichi sono stati una famiglia illustre di Firenze, lo attestano i ritratti di
Bartolomeo e Lucrezia Panciatichi ad opera del Bronzino, pittore ufficiale del
Granduca Cosimo. Le disavventure di Bartolomeo con la Santa Inquisizione nella
sua qualità di eretico comprovato ed i legami di Cosimo con Lucrezia hanno
riempito di chiacchiere la Firenze del ‘500.
Quando Bartolomeo scivolò nelle carceri dell’Inquisizione Cosimo gli dimostrò
molta amicizia e dietro tanta, insolita, indulgenza c’era forse un debito da ripagare.
Bartolomeo dall’accusa di eresia riuscì a tirarsi fuori con una sostanziosa sanzione
pecuniaria e, dati i tempi e l’interlocutore, il danno fu minimo.
Poco o nulla residua oggi nell’immaginario dei fiorentini della fama della famiglia
Panciatichi, e la via ad essi intitolata è oggi saldamente presidiata dall’Agenzia
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delle Entrate la quale ormai di via dei Panciatichi è diventata eponima. È solo un
caso oppure c’è un significato? Magari l’archetipo della Santa Inquisizione in
qualche modo è rimasto ancorato al nome dei Panciatichi ed aleggia da quelle parti
ancora.
Apologia pro domo sua: Maggio 2009
Sul documento dell’Agenzia delle Entrate chiedo spiegazioni al commercialista;
l’accertamento induttivo presuppone un livello di redditività insostenibile,
comunque non conseguibile da una ministruttura come la mia. E poi, dal momento
che in Italia ci sono meno di 100 istituti di ricerca chi ci hanno infilato dentro il
campione? Eppure lo Studio di Settore che mi viene applicato si chiama proprio
Studi di Mercato e Sondaggi di Opinione!
Secondo l’esperienza del commercialista la strategia più efficace per difendersi
dall’accertamento induttivo sarebbe proprio quella di mettere in discussione
l’applicabilità dello Studio di Settore alla mia specifica attività.
Comunque, anche a prescindere dall’applicabilità dello studio di settore, il mio caso
mi sembra limpido: ho perso i clienti più importanti del mio istituto, il giro di affari
si è contratto, sono stato costretto a ridurre il personale. Tutte situazioni pienamente
documentate, ho conservato anche gli originali delle lettere di disdetta . A fronte
della perdita di un importante reddito stabile inevitabilmente gli introiti hanno
subito una flessione. Anche perché i clienti sarei dovuto andarli a cercare io, non
erano più loro che chiamavano me.
Nel 2006 comunque ho dovuto subire un nuovo ricovero in Cardiochirurgia per
l’inserimento di nuovi stent coronarici, dopo quelli del 1995; soffrendo di angina
non è che abbia avuto molte possibilità di andare alla ricerca di nuovi clienti, tanto
meno di nascondere al fisco fatture per decine o centinaia di migliaia di Euro.
Per alcune settimane l’attività del mio istituto in pratica si blocca, tutte le risorse di
tempo e di competenze delle quali posso disporre sono impegnate nella
preparazione della documentazione da allegare alla memoria difensiva da presentare
all’Agenzia delle Entrate; tutto lavoro non retribuito, ma per qualche motivo dubito
che potrò detrarre dal reddito i costi che devo sostenere per documentare l’Agenzia
delle Entrate.
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Nella bocca del leone: 11 Giugno 2009
Mi presento in compagnia del commercialista e della documentazione che ho
preparato alla Stanza 314 della sede dell’Agenzia delle Entrate. La stanza è
occupata da un’unica funzionaria, il commercialista mi presenta e veniamo fatti
accomodare.
Il commercialista produce la memoria difensiva che ho preparato, la consegna alla
funzionaria che la registra e trascrive a verbale che la parte presenta una memoria.
Non ci sono domande. Per la mia controparte potremmo benissimo essere qui per
parlare dei personaggi del ‘Grande Fratello’, certamente mostrerebbe più interesse.
Penso che a questo punto sia opportuno intervenire, anche se non vengo sollecitato.
Riepilogo alla funzionaria la mia memoria difensiva: il settore delle ricerche di
mercato è piccolo, siamo meno di 100 istituti di ricerca in Italia, la dimensione
dell’universo presupposta dallo Studio di Settore è inaudita, nemmeno in tutta
Europa ci sono 1700 istituti di ricerca, quindi c’è un errore macroscopico.
Non ci sono obiezioni, e nemmeno commenti, non ci sono domande; non devo dare
spiegazioni, mi mettessi a disquisire sul sesso degli angeli otterrei la stessa
acquiescenza indifferente, qualche parola ogni tanto infilata in un verbale che
nessuno leggerà mai.
Prosieguo ugualmente spiegando che la ricerca di mercato è molto meno
remunerata delle attività legate alla vendita; sono interessate alla ricerca di mercato
solo aziende abbastanza strutturate da preoccuparsi dello sviluppo di nuovi
prodotti/servizi.
La funzionaria non replica, non contraddice, ogni tanto trascrive qualcosa sul
computer ma non interloquisce.
Racconto che la mia attività ha progressivamente perso i rapporti con le aziende del
mass-market che erano state fino agli anni 2000 la sua principale base economica,
documento la chiusura dei contratti, una perdita cospicua, la premessa economica
della mia attività. Elenco le aziende con le quali avevo per anni collaborato e che si
erano trasferite in aree più attrattive per l’impresa: Manitoba, Linostar, Manetti &
Roberts…
Concludo con un cenno verso la finestra ad indicare gli edifici circostanti: “Avrà
visto anche lei che la Direzione della Manetti & Roberts non c’è più!”
D’improvviso la funzionaria reagisce, finalmente ha incontrato qualcosa che la può
coinvolgere: “Già, come è che loro non ci sono più?”
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Sono spariti niente meno che 8 piani di quadri intermedi e dirigenti di un’azienda
storica del territorio fiorentino e in tutta l’Agenzia delle Entrate, distante solo
qualche decina di metri, si direbbe che nessuno si sia mai domandato cosa stesse
succedendo! Chissà di cosa si occupano qui dentro!
Spiego amareggiato che sono in atto processi di concentrazione a livello planetario,
che il mass-market è un territorio molto ambito dalle multinazionali in quanto quelli
sono i consumi di base, quelli che le famiglie cercano di preservare anche nelle
situazioni di crisi più profonda. Per questo le multinazionali acquisiscono le aziende
italiane del mass-market e spostano all’estero i centri decisionali, ed anche la
ricerca di marketing.
L’annoio, non le racconto niente di stimolante, forse lei sperava in un po’ di gossip,
qualcosa da rifilare ai colleghi nelle pause per il caffè. D’altra parte la crisi
economica non mette a rischio il suo stipendio, lei è al sicuro, questo è quello che
conta.
Esco insieme al commercialista dopo aver predicato al deserto per quasi un’ora e
firmato il verbale; è chiaro che l’ultima cosa che li interessa sono “i motivi, i fatti e
le circostanze” in nome dei quali mi hanno convocato. L’indifferenza, la
sbadataggine che mi hanno esibito, con la quale sono state accolti i miei documenti
e le mie spiegazioni sono da sole un messaggio non verbale: penserai mica di
cavartela dimostrando che non hai evaso! Ci vuole altro! Te ne accorgerai!
Però, rifletto, li ho messi di fronte ad una documentazione inoppugnabile, della
quale mi hanno firmato la ricevuta. Dovranno rispondere alle mie obiezioni, che
non sono parole a vanvera, ma cifre indiscutibili. E l’aritmetica non è un’opinione,
nemmeno da queste parti.
Mi spiega il commercialista: “Ora loro valuteranno…”
Eternal springs hope: Giugno 2009-Settembre 2010
Dopo che a Luglio mi viene richiesto di produrre tutta la documentazione contabile
dell’anno 2006, onere che trasferisco al commercialista, per molti mesi tutto tace,
come se l’Agenzia delle Entrate fosse entrata in letargo.
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La stessa durata del silenzio, a questo punto è trascorso più di un anno, mi
interroga: stanno ancora esaminando la documentazione contabile? Stanno
verificando le spese portate in detrazione? Mi vogliono contestare acquisti di libri,
DVD, pranzi al ristorante in occasione di viaggi di lavoro? Si tratta comunque di
contestazioni di importo minimo, qualche centinaio di Euro, niente a che vedere con
gli oltre 130mila Euro di supposta evasione con i quali hanno aperto la partita del
contenzioso.
Mi avventuro ad ipotizzare che i funzionari dell’Agenzia delle Entrate si siano
trovati in difficoltà davanti alle contestazioni allo Studio di Settore illustrate nella
mia memoria difensiva e non siano ancora riusciti a trovare un appiglio per portare
avanti la procedura.
Proprio a me che da 30 anni pratico professionalmente l’analisi dei cluster sono
venuti a rifilare un aborto di classificazione che non sta in piedi da nessuna parte!
Se fosse stata opera degli studenti del mio corso universitario di Ricerche di
Mercato, mi sarei preoccupato: va bene che non sempre hanno voglia di studiare ma
io non riesco ad insegnarli proprio nulla!
Forse, confido e mi illudo, si saranno resi conto che devono abbandonare
l’accertamento induttivo; anche se sulla base della documentazione contabile mi
contesteranno qualche irregolarità formale, o qualche spesa non detraibile, la
richiesta di 130mila Euro la devono lasciar cadere!
Risveglio: Agosto 2010
È al ritorno dalle ferie che ricevo la novità attesa e temuta, l’Agenzia delle Entrate è
uscita dal suo torpore e vuole discutere; mi informa il commercialista, contattato
telefonicamente, che sono atteso alla Stanza 314 per le ore 9,30 di Mercoledì 8
Settembre, questo, mi spiega il commercialista, sarà l’incontro decisivo. Certamente
mi faranno una proposta di conciliazione, ma, credo mi voglia far capire il
commercialista, se non l’accettassi, forse me ne faranno un’altra, ancora più
vantaggiosa…
Finora ero stato convocato a mezzo di raccomandata con ricevuta di ritorno e tanto
di messo comunale, questa volta la convocazione è informale, un contatto telefonico
con il commercialista. Significa qualcosa, certamente, questa novità, questa presa di
contatto al di fuori della comunicazione istituzionale. Sono passati tramite il mio
commercialista, chissà cosa altro si sono detti, forse mi vogliono ammorbidire…
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 16/65
Viene da pensare che l’effettivo datore di lavoro del mio commercialista sia
l’Agenzia delle Entrate, anche se sono io che saldo le sue fatture; magari in via
riservata lui ha già delineato con i funzionari di via Panciatichi il terreno di una
possibile intesa, per un esborso di entità certo molto inferiore ai 130mila Euro
dell’accertamento induttivo ma comunque insopportabile per qualcuno che già ha
pagato tutte le imposte che lo Stato si è inventato, e forse qualcuna ancora in più.
L’appuntamento: 8 Settembre 2010, ore 9.30
Arrivo puntuale, ma trovo il commercialista che mi deve assistere nel
contraddittorio già in attesa davanti all’ingresso delle Stanza 314; saluti, strette di
mano, scambio di cordialità.
Il commercialista ha buone notizie, crede lui, si è portato dietro un ritaglio di
stampa che riferisce di un recente pronunciamento della Corte di Cassazione in
materia di studi di settore che da torto all’Agenzia delle Entrate. Secondo la
sentenza non è applicabile lo Studio di Settore qualora non descriva “perfettamente”
l’attività del contribuente. Quanto ci posso credere? Mi sembra che così sia troppo
semplice, ma in fondo sempre meglio avere la Cassazione a favore che contro…
Il commercialista controlla l’ora, la porta della Stanza 314 è aperta, anche se
all’interno non si vede nessuno; si accosta all’ingresso, chiede se possiamo entrare.
Ricevuta conferma varchiamo la soglia.
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 17/65
‘La transazione’
Veniamo invitati ad accomodarci; la funzionaria è la stessa di 15 mesi fa, a lei ho
esposto, presentato, affidato la mia memoria difensiva, alla quale in tutto questo
tempo non ho mai ricevuto riscontro alcuno.
Mentre la funzionaria è in piedi e traffica con documenti ed incartamenti, c’è questa
volta nella stanza un altro funzionario, che resta silenzioso riparato dietro un
monitor.
La pausa si prolunga, in fondo siamo qui a divertirci, c’è mica fretta, la giornata è
lunga per il funzionario prima che possa tornarsene a casa; avrà pur diritto ai suoi
tempi, ai suoi trastulli, ai suoi riposi.
Ma arriva il momento che la funzionaria smette di trafficare con le sue cosine;
evitando lo sguardo degli interlocutori, leggiucchia da un foglio e poi farfuglia:
“Vabbuò, insomma questo è l’incontro conclusivo, quindi l’ufficio propone
praticamente un’adesione al valore scaturente dalla media tra ricavo puntuale e
ricavo minimo, che sarebbe 240.217, per maggiori ricavi pari a 64.860: 132.603.”
A questo punto mi mette con fare significativo sotto gli occhi un “pizzino”, un
foglietto strappato dal tabulato di una calcolatrice da tavolo dove è indicato quello
che presumo corrisponda all’importo dell’adesione: 78mila Euro!
La funzionaria prosegue: “La parte può dire che non accetta l’offerta, se no dire: mi
riserbo di dare una risposta entro una settimana; se non risponde a quel punto…”.
A quel punto la parte (che sarei io) si rende conto che per l’Agenzia delle Entrate di
Firenze il contraddittorio è già esaurito, non ne hanno bisogno, è solo un rituale
senza interesse che appena iniziato si è già concluso. Quello che gli ho raccontato,
quello che gli ho scritto, argomentato e documentato non ha per loro peso, senso,
significato alcuno.
Ma io sono venuto per discutere, ed anche se ascoltare non mi vogliono mi farò
sentire.
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 18/65
La sentenza della Corte di Cassazione
Il commercialista mi anticipa: “Io vorrei far notare una recentissima sentenza del 31
Agosto del 2010 della Corte di Cassazione che stabilisce che è illegittimo
l’accertamento dell’Agenzia delle Entrate basato sullo studio di settore nel caso
l’attività dell’impresa non coincida perfettamente con quella descritta nei parametri
utilizzati. Ora questa non coincide, non rientra proprio in questo tipo di cose,
perfettamente. Se queste sentenze non valgono niente allora… Questa qui non
rientra proprio in questo tipo di cose, perfettamente…”
A questo rilievo la funzionaria cerca di eccepire: “Il sondaggio di mercato…”
Ma il commercialista pensa che la sua sia un’argomentazione incontrovertibile e
riprende: “Questa qui è del 31 Agosto, di ieri l’altro, di qualche giorno fa; ancora
voi sicuramente non ne siete ancora a conoscenza del documento, forse non vi
hanno avvisati. Ma valgono o non valgono queste cose? Se valgono bene, altrimenti
non sto a leggerle. Se la Corte di Cassazione vi ha ordinato, dice queste cose, cosa
serve la Corte di Cassazione? Chiudiamo se non serve a niente. In questo caso
presumo…”
Il flusso di eloquenza del commercialista sembra esaurirsi nelle perplessità sulla
effettiva utilità della Corte di Cassazione.
È il mio turno
Ritengo sia arrivato, finalmente, il momento di apportare il mio contributo alla
discussione. Mi rivolgo alla funzionaria: “Il discorso è un altro; io ho fatto una
memoria che presuppone ci sia una risposta, lei mi sta facendo semplicemente una
proposta economica, io non capisco su che basi. Comunque io vi ho scritto che il
vostro studio di settore non è applicabile al mio caso perché i dati sono sbagliati!”
Nonostante che proprio a lei personalmente più di un anno fa ormai l’avessi
presentata, per la funzionaria la mia memoria difensiva, frutto di molti giorni di
riflessione, ricerca e documentazione, giorni sottratti all’attività, rappresenta una
completa novità, qualcosa che le casca dal cielo e non si sa proprio perché; non che
poi se ne preoccupi e, come le capita volentieri, mi risponde a sproposito: “Per lo
studio di settore per l’anno 2006 lei non è congruo, per quello del 2007 è congruo.”
Faccio uno sforzo per mantenere sotto controllo il tono di voce e replico: “Non ci
siamo capiti; io sto parlando di uno studio di settore che non è applicabile alla mia
realtà; se voi mi dite che l’universo della mia realtà è composto da 1700 aziende, ed
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 19/65
in realtà ce ne sono al massimo 100, allora lei capisce non è possibile fare uno
studio di settore a cui riferirsi per poi dopo applicare tutti i vostri parametri, cioè
questa è metafisica! Però io ve l’ho scritto e voi non mi rispondete!”
La funzionaria non capisce davvero i motivi del mio risentimento; il copione è già
stato scritto, niente che io dica o faccia può cambiarlo, e giuliva mi tranquillizza:
“Adesso noi le risponderemo nell’accertamento comunque punto per punto,
insomma, sui maggiori ricavi calcolati, comunque…”
Propongo un’obiezione: “Ma calcolati su che cosa?”
La funzionaria opina che non sia il caso di stare dietro a minuzie di questo tipo:
“Quelli sono tutti calcoli statistici e cose varie…”
Deve pensare che la statistica sia una forma di divinazione, del tipo dell’antica
aruspicina (una specialità etrusca, a quello che ho letto); si esaminano le viscere di
un animale sacrificato alla divinità e l’oracolo puntualmente visualizza il reddito del
contribuente. Come faccio a trasmetterle il concetto che quelle che lei
simpaticamente definisce “cose varie” sono le premesse di rappresentatività del
campione?
Proviamo con un linguaggio proprio terra-terra: “Noi abbiamo degli studi di settore,
io vi sto dicendo che lo studio di settore che voi mi date non è uno studio di settore
che riguarda la mia attività, lei non può applicare a me uno studio di settore che
riguarda i parrucchieri. Giusto?”
La funzionaria premurosa mi rassicura: “Infatti non riguarda i parrucchieri; guardi: i
sondaggi di mercato, ricerche di marketing, è lo studio di settore…”
Siamo arrivati al punto, qui ti volevo, penso io: “Infatti, e siamo circa 100 aziende
in tutta Italia e voi invece dite che ce ne sono 1700. Allora io vi chiedo, ve lo chiedo
anche formalmente: datemi i nomi del mio cluster dove ci sono più di 100 aziende,
così verifichiamo se queste aziende corrispondono al tipo di attività che fo io. Se
non fate questo, qui si sta lavorando sulle nuvole!”
Il secondo funzionario
Da dietro il monitor dietro il quale finora si era occultato si manifesta adesso l’altro
funzionario della Stanza 314, il quale supplisce con sicumera ed altrettanta
ignoranza alle incertezze della collega: “Quelli sono dati elaborati sia dall’Agenzia
delle Entrate che dai rappresentati delle categorie economiche!”
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 20/65
Qui, lo ammetto, comincio ad alzare la voce: “No davvero, ma no davvero! Non
esistono 1700 aziende che si occupano di questo settore; voi mi date i nomi perché i
nomi si possono dare delle aziende, perché non c’è nessuna privacy!”
Ho pronunciato una parola di troppo perché il funzionario trova un appoggio: “Non
si possono dare perché sono coperti dalla privacy!”
La privacy per le ragioni sociali delle imprese rappresenta davvero una novità; ma
forse la privacy da rispettare è quella dell’Agenzia delle Entrate che, a scanso di
osservazioni irriguardose, preferisce mantenere riservati ingredienti e ricette della
sua cucina. Spiego al cortese funzionario: “Non c’è la privacy per le aziende, la
privacy vale soltanto per il pubblico!”
Seccato per la mia indelicatezza, lui decide di cambiare terreno: “Lei si deve
rivolgere ai rappresentanti di categoria che hanno collaborato allo studio di settore e
glieli chiede!”
Ora per le ricerche di marketing in Italia non esiste nemmeno un ordine
professionale, e per le associazioni di categoria c’è solo Assirm che raggruppa poco
più di una quarantina di istituti, quasi tutti gli istituti di maggiori dimensioni,
comunque una parte preponderante del giro d’affari della ricerca di mercato in
Italia. Ma per restare in contatto con il mondo della ricerca io ho scelto di iscrivermi
ad associazioni a carattere internazionale: Esomar (European Society for Opinion
and Marketing Research), AMA (American Marketing Association, USA) e MRS
(Marketing Research Society, UK).
So per certo comunque che a spropositi come i 1700 e passa istituti di ricerca
presupposti dallo Studio di Settore nessun ricercatore avrebbe mai aderito e glielo
spiego: “I rappresentanti delle associazioni di categoria con cui sono in contatto
tutti i giorni questo studio di settore non l’hanno fatto!”
L’esperienza professionale dei funzionari dell’Agenzia delle Entrate è organizzata
su frasi precostituite, da ripetere come un incantesimo a protezione da ogni rilievo:
“Ma come? Lo Studio di Settore è stato fatto con la collaborazione dei
rappresentanti delle associazioni delle categorie economiche!”
Mi sforzo di riportare il discorso su fatti incontrovertibili, sull’evidenza dell’arbitrio
statistico: “Ma no davvero! Non esiste un numero di aziende come questo, non
esiste nemmeno in Europa; comunque io ho dato un documento, io penso che a
fronte di una richiesta di 132mila Euro ci debba essere una giustificazione e una
risposta al mio documento, cosa che fino ad oggi non è avvenuta. Voi mi state
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 21/65
facendo semplicemente una proposta economica! Voi volete far chiudere la mia
azienda, questa è la realtà!”
Andante sempre più mosso
La funzionaria vorrebbe rassicurarmi, personalmente lei non ha cattive intenzioni,
applica solo le disposizioni che ha ricevuto, perché mai me la dovrei prendere, e
proprio con lei, poverina che è: “Noi non vogliamo far chiudere l’azienda…”
Non ce la faccio ad ascoltare le sue mielosità e la interrompo: “Voi state facendo
chiudere la mia azienda, cosa che io farò, e imputerò voi di questa colpa, perché
non è possibile non si legga neanche il documento che io ho portato!”
Per dimostrare la sua buona volontà la funzionaria si mette pazientemente a
recuperare fra le sue carte la mia memoria difensiva, le ci vuole un po’ di tempo,
chissà dove sarà finita tutta quella inutile cartaccia; finalmente con due dita a mo’ di
pinza solleva il documento per un angolo, come per ridurre al minimo il contatto, e
mi spiega: “Non è vero, il documento si è letto ma non è rilevante!”
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 22/65
Ho documentato la perdita di clienti storici del mio istituto, decenni di
collaborazione e rapporti personali pazientemente costruiti, la conseguente
riduzione del personale, l’esaurirsi delle risorse sulle quali avevo costruito le basi
economiche della mia impresa e la signora mi dice che ‘non è rilevante’. Cosa altro
di rilevante ci può essere per la vita di un’azienda? Ma è inutile domandarglielo.
Siccome è trascorso più di un anno tra la presentazione della memoria difensiva e la
convocazione nella Stanza 314 mi permetto di farle notare la lunghezza dell’attesa:
“Ma non mi avete risposto, non mi è arrivata nessuna risposta!”
L’interpretazione dello strumento del contraddittorio da parte dei funzionari
dell’Agenzia delle Entrate è naturalmente di un tipo molto particolare: a priori
quello che il contribuente spiega e documenta ‘non è rilevante’ e non merita di far
perdere altro tempo a funzionari tanto indaffarati: “Ma noi non dobbiamo mandare
una risposta!”
Anche l’altro funzionario della stanza 314 sente opportuno contribuire: “Lei dice
qualcosa nella sua memoria e l’ufficio la deve valutare!”
I tempi dell’Agenzia delle Entrate
Sono trascorsi 15 mesi, deve essere stata proprio una valutazione molto ma molto
approfondita quella della mia memoria difensiva, peccato che non l’abbiano
nemmeno letta. E perché mai avrebbero dovuto leggerla dal momento che vengo
convocato semplicemente per accettare la loro ‘transazione’?
Ma io insisto: “Io ho già mandato la mia memoria e quindi aspetto una risposta!”
È adesso il turno del secondo funzionario che con tono che si vuole furbesco
annuncia: “La risposta gliela diamo ora nel contraddittorio!”
Ho capito, ho capito, qui il messaggio è lo scherno. Constato: “La risposta è questa:
per noi lo Studio di Settore è uno studio di settore valido!”
La funzionaria conferma: “Ci sarà scritto anche nell’accertamento perché dovremo
rispondere.”
Sento il bisogno di interrompere il copione della sceneggiata, di ribadire la serietà
della situazione: “Io vi sto dicendo che voi state facendo chiudere le aziende, le
poche aziende che pagano le tasse, che danno occupazione, che creano ricchezza
con questo sistema. Io eticamente mi sento a posto nel mio lavoro, voi non lo so...”
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 23/65
L’altro funzionario non se la sente di subire in silenzio insinuazioni sulla sua
correttezza: “Anche noi ci sentiamo a posto, applichiamo le regole che ci vengono
date”.
Qui devo controllare le parole che mi scivolano di bocca; senza rendersene conto il
funzionario da qualche ripostiglio della memoria ha richiamato proprio le
giustificazioni a suo tempo addotte da altri funzionari quando sono stati chiamati a
rispondere della loro collaborazione ai crimini più inauditi. Si vede che è un
archetipo, gelosamente preservato a tormento delle generazioni successive. Devo
però rinunciare alla parola più adatta che era già sulla punta della lingua e ricorrere
ad una circonlocuzione: “Ma applicare è facile; anche persone che si muovono fuori
dalla legalità applicano delle regole che gli vengono date!”
La funzionaria, che mantiene la sua disposizione allegra, ritorna in argomento,
questa volta con tono insinuante: “Ma abbiamo visto anche quello che è l’utile che
deriva dalla società, i redditi che derivano dalla società…”
Mi ha preso di sorpresa questo ritorno alla materia del contendere, difficile credere
che proponga di discutere proprio dell’essenziale: “Ma sulla base di che cosa?”
La funzionaria si sente colta in difetto e comincia a sfogliare la mia memoria;
siccome non le ha mai concesso la minima attenzione trovare un passaggio utile a
continuare l’argomentazione risulta difficile ed annaspa: “Sulla base di quello che
dichiara…”
È bene approfittarne: “Ma lei lo capisce che lì c’è scritto che nel 2006, anno
dell’accertamento, io ho avuto un’operazione al cuore? C’è scritto oppure no? Ma
dove siamo qui?!”
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 24/65
La distanza del cuore
Con spigliatezza la funzionaria si aggrappa al mio riferimento: “Allora vediamo: ci
racconta tutto, nel 2004 e nel 2005 sono sopravvenute delle complicazioni…”
La interrompo: “Certo, ho licenziato delle persone perché il reddito diminuiva, e
questo è documentato, vi abbiamo dato la documentazione, vi ho detto che ho
subito due interventi al cuore, e vi sto dicendo ora che voi con quello che voi state
facendo fate chiudere le aziende, io la chiudo l’azienda e la colpa è da imputare a
voi! Perché qui stiamo nella logica più incredibile che esista... Uno Studio di
Settore che non mi riguarda! Ma figuriamoci!”
Secondo i funzionari dell’Agenzia delle Entrate io sarei un imprenditore che con la
ricerca di mercato ed i sondaggi di opinione, l’attività più pubblica che esista, riesce
a nascondere al fisco decine, o centinaia, di migliaia di Euro di fatturato, nel
frattempo spensieratamente dimezzando il personale, fra un attacco di angina, un
esame cardiologico ed uno stent coronarico e l’altro!
Perché proprio quell’anno il mio cuore era tornato a manifestare segnali di
insoddisfazione. Qualche anno prima avevo subito un infarto, a seguito del quale mi
erano stati impiantati degli stent coronarici. Ed adesso da capo: fitte dolorose molto
esplicite, l’angina che mi schiaccia il petto ed il respiro che viene a mancare! Ora,
in queste situazioni non è facile interloquire con dei potenziali clienti; quando il
cliente si rende conto che il tuo futuro è minacciato non ti affida il futuro della sua
azienda! Così mi ero rassegnato ad una nuova visita al Reparto Cardiochirurgia. La
procedura in effetti già la conoscevo ma in Terapia Intensiva l’intervento ero stato
preceduto dall’anestesia; questa volta invece ho potuto assaporare nel modo più
completo quanto sia lungo, e delicato, il transito fino al cuore del catetere infilato in
una vena della gamba. Le disposizioni del chirurgo è che qualunque sia il dolore si
deve restare immobili e sono stati minuti molto intensi quelli, l’ultima cosa che in
quei momenti mi poteva passare per la testa era di evadere le imposte!
Sliding doors
A livello microcosmico sembrerebbe proprio che ogni volta una particella abbia la
possibilità di scegliere senza essere osservata un percorso piuttosto che un altro, in
effetti la particella non scelga ma si smaterializzi in un’onda di probabilità,
sdoppiandosi, moltiplicandosi, utilizzando contemporaneamente tutte le traiettorie
disponibili. Di conseguenza l’universo ad ogni istante si biforca, si ramifica,
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 25/65
prolifera smisuratamente nel multiuniverso dove tutti gli universi possibili
convivono, dove trovano compimento tutte le possibili realtà.
Magari in qualche universo, parallelo o alternativo che sia, qualche altra iterazione
di me stesso, invece di patire su un letto di ospedale con un catetere alla ricerca
della sua strada verso la coronaria, ha evaso le imposte, naviga nell’oro, veleggia
spensierata per i mari dei tropici. Ed ora tocca a me, che evaso non ho, a pagare le
sue imposte!
Lo sconto e l’esborso
La logica dei funzionari dell’Agenzia delle Entrate non si fa influenzare dai fatti
documentati, hanno ricevuto una formazione ad hoc, e la funzionaria torna
sull’unico argomento che è autorizzata a presentare, cioè la ‘transazione’:
“Comunque si è fatta una proposta che da 132mila si è passati a 78mila facendo
questa media sulla base dei dati ISTAT…”
Dove lei ci vede uno sconto io ci vedo un esborso: “Ma è più del mio guadagno!”.
Cortesemente l’altro funzionario si sente in obbligo di precisare: “Ma a noi questo
non ci riguarda…”
Fra una che pretende imposte e penali su introiti mai percepiti, e fa passare la
pretesa come uno sconto, e quell’altro che pure mi sfotte è difficile indovinare la
bestia peggiore. Mi rivolgo a muso duro al simpaticone: “Lo so, lei se ne lava le
mani, ma però capisce bene che qui c’è qualcosa che non funziona, ma veramente!”
A differenza della collega a lui non sembra interessare che il contraddittorio si
concluda con un’adesione; mi sembra piuttosto che la sua urgenza sia quella di
liberare la stanza dagli importuni contribuenti, che se ne occupino altri: “Ma lei non
è obbligato a pagare, può andare in Commissione.”
Lo rassicuro: “Ma certo che vado in Commissione!”
Il commercialista ritiene che questo sia il momento giusto per tornare a far sentire la
voce della sua esperienza: “Ma una parte la deve pagare per forza subito,
immediata. Ci vogliono due cose per bloccare il pagamento, che il ricorso sia
giusto, in parte, e che sia in stato di bisogno, tutte e due essenziali, a meno che uno
sia in uno stato di bisogno assoluto allora… Altrimenti paghi poi ti rimborseranno,
dice. Questo è il discorso!”
Il secondo funzionario sembra apprezzare più l’interlocuzione del commercialista
della mia: “Ma le possono dare una sospensione…”.
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 26/65
La prospettiva della sospensiva al commercialista non appare così solida: “Ma non
sempre la danno la sospensione; la danno a chi ha bisogno; l’ho discussa qui per
due casi: in un caso uno aveva un problema con il redditometro, era accertato che
non poteva pagare, aveva dei debiti; l’altro aveva dei soldi, niente, paga poi ti
rimborseranno. Questo è il discorso”.
Non bastavano i funzionari dell’Agenzia delle Entrate, ora ci si mette anche il
commercialista. Per lui si ridurrebbero i problemi se aderissi alla ‘transazione’. Ed
io lo devo pure retribuire per la sua assistenza nella controversia! Cerco di
rimetterlo sulla giusta via: “Io non posso rischiare il mio patrimonio personale!”
L’utilità della Cassazione
La discussione ha preso uno strano andamento; amenamente, sopra la mia testa,
interloquiscono tra loro il funzionario ed il commercialista; si lamenta il
funzionario: “Ma se lui vuole chiudere l’azienda…”
Cerco di interloquire anch’io: “Ma certo che chiudo! È più del mio guadagno!”
Il commercialista, imperturbato da quello che dico, continua a rivolgersi al
funzionario: “Lei capisce, lavorare senza guadagnare…”
Riuscirò alla fine a farmi ascoltare? Gli dico : “Ma io qui rischio la mia
professionalità; me ne andrò a fare qualsiasi altra cosa!”
A questo punto il commercialista trapassa nella sua topica preferita, la sentenza
della Cassazione: “Questo discorso è molto importante, la sentenza è del 31
Agosto!”
La funzionaria compiaciuta commenta: “Una settimana fa!”
È brava con le date lei e vuole farsi valere; benevolmente si dispone ad ascoltare
l’eloquio del commercialista: “Non è di 20 anni fa questa sentenza qui, dice queste
cose chiaramente, che è illegittimo applicare uno studio di settore che non coincida
perfettamente, perfettamente, con il settore di attività. Secondo i giudici qualora lo
studio riveli valori eccedenti possono integrare ma in caso di contestazioni sul
merito, come troppe spese così,
troppe spese cosà. Se poi vale la corte di
Cassazione! Ma vale o non vale queste cose? Se dite che non contano niente allora
non sto a leggerle, a cosa serve la Corte di Cassazione, chiudiamo se non serve a
niente, ma mi sembra che ne dovreste tenere conto!”
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 27/65
Che lavoro faccio
Annoiato dalle fumisterie giudiziarie l’altro funzionario mi rimprovera: “Lei non
accetta che la sua attività sia quella dello Studio di Settore.”
Glielo confermo: “Ma quella non è la mia attività!”
La funzionaria pensa che forse è arrivata l’ora di informarsi: “Ma lei cosa fa?”
Chissà di cosa abbiamo discusso finora! Le ho consegnato una memoria di più di 10
pagine per spiegare e documentare che il marketing diretto non è la ricerca di
marketing, sono cose diverse, completamente diverse, deontologicamente
incompatibili e non possono venire messe insieme per un’ipotesi di redditività.
Naturalmente nessuno s’è preso il disturbo di leggerle ed adesso mi domandano che
lavoro faccio! Posso solo lamentarmi: “Voi state parlando di cose che non
conoscete!”.
Deve pensare che in fondo la colpa è mia se lei non conosce e non capisce: “Ma lei
nella memoria l’ha fatta presente questa distinzione tra il marketing e la ricerca di
marketing?”.
Cascano le braccia, questi veramente non sanno, non sentono, non capiscono.
Rassicuro la funzionaria: “Certo che l’ho fatto presente! Noi siamo un istituto, noi
facciamo la ricerca! Io ho delle imposizioni di legge! Può capitare che un
consulente commissioni una ricerca di marketing ma sono due professioni
completamente diverse!”
Pensierosa la funzionaria deduce: “Lei mi sta dicendo che le consulenze non sono la
ricerca di mercato!”
Già, io ci provo in tutte le maniere, ma con scarsi risultati.
Sempre meno di cento sono
Ci sono dei momenti dove mi viene da pensare che la situazione che sto vivendo sia
un perfido scherzo organizzato per ridere di me, della mia ingenua fiducia nella
società e nel rispetto dei valori della convivenza sui quali ho costruito la mia vita.
Magari è solo un sogno nel quale rielaboro la lettura di romanzi e film dove
strutture burocratiche anonime ed irresponsabili calpestano l’esistenza di
sprovveduti cittadini nell’indifferenza generale.
Ma dove è la via di uscita da questa stanza, da questo sogno?
Ci sarebbe da vomitare, lì su quel tavolo, sulla mia memoria difensiva che nessuno
leggerà mai, magari addosso ai due funzionari. Vomito invece solo parole: “Voi
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 28/65
non riuscite a capire di che cosa si parla! Questo è il problema! Quando uno parla
con delle persone presuppone dall’altra parte ci sia qualcuno consapevole, che
conosce esattamente di che lavoro si parla; voi non sapete nemmeno che lavoro
faccio io, è questo è il dramma”.
La funzionaria legge il titolo sulla coperta dello Studio di Settore e gioiosamente
annuncia: “Ricerche di mercato e sondaggi…”.
Interrompe la collega l’altro funzionario: “Lei mi sta dicendo che le consulenze non
sono la ricerca di mercato, quindi questo studio qui è fatto per le ricerche di
mercato”.
Gli obietto: “Ma non esiste questo numero di professionisti in Italia!”
La funzionaria pensa di venirmi incontro e propone: “E allora lo dimostri!”
È tutto inutile, sono 15 mesi che le ho dimostrato che nemmeno in tutta Europa ci
sono 1700 istituti di ricerca di mercato: “Glielo l’ho già scritto, siete voi che non
rispondete a me!”
L’altro funzionario corre in soccorso della collega che si è troppo esposta:
“L’Ufficio le dirà che il cluster è stato costruito sulla base di 1700 aziende e che gli
associati hanno contribuito a formulare lo studio di settore…”
Per lui ricerca di mercato o ortofrutta è assolutamente la stessa roba; gli obietto:
“Ma associati dove? Ma se gli istituti associati in questa categoria qui sono 43 in
Italia! C’è un elenco ufficiale depositato presso l’Authority Statale! Solo queste
strutture fanno ricerca di marketing!”
Il funzionario si produce in un sorriso sardonico; lui si considera un essere superiore
al quale è concesso irridere il contribuente intrappolato dallo studio di settore; la
colpa è sua, i guai se li è andati a cercare! Cosa gli sarà saltato per il capo di
lavorare in conto proprio invece che alle dipendenze dello Stato!
Raccolgo la provocazione, innalzo il tono della voce e mi produco nella mia
requisitoria: “Lei, io la vedo un po’ sorridere ma lei sta parlando di una persona che
ha investito la sua vita in questa attività. È un’attività esclusiva che non fanno altri.
Non c’è altri a Firenze che fanno ricerca di mercato! A Firenze ci sono solo io! Non
esistono in Italia 1700 aziende che fanno ricerca di mercato! Non esistono in
Europa! Lo capisce? Questo numero di aziende in Europa non esiste! Se poi voi mi
muovete al di fuori della legge allora noi siamo indifesi!”
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 29/65
Indicando il funzionario mi rivolgo al commercialista: “Lui non sta rischiando la
sua attività, lui sta semplicemente applicando delle regole che qualcun altro gli ha
detto! È questo il problema!”
La funzionaria, meno strutturata dello sfrontato collega, evidenzia qualche
insicurezza e si lascia andare; deve recitare la parte che le hanno assegnato ma
vagamente percepisce che ha sbagliato commedia: “Ma perché non fate qualcosa a
livello di…?”
La sollecito: “Qualcosa di che?”
Confusamente cerca le parole: “A livello di associazione… dite che lo studio è
falsato…”
Come se non facessi altro! Replico: “Io glielo ho scritto che lo studio è falsato ma
lei non mi risponde! Lo studio è falsato!”
Nel mondo dei funzionari la responsabilità è peggio di un escremento, non solo
puzza ma fa anche male alla salute, è qualcosa da scansare ed eventualmente
attribuire ad altri; la funzionaria prende in mano lo Studio di Settore SG41U e cerca
da me comprensione: “Quello è il documento ufficiale, non è che posso alzarmi la
mattina e…”.
La mattina, la sera o a mezzogiorno non fa differenza, ad ogni istante l’escremento
resta quello che è sempre stato e sempre resterà; cerco di spiegarlo alla funzionaria:
“E io mi devo alzare? Io che rischio la mia attività? Io le scrivo un documento che
costa anche del tempo: sono 43 associati Assirm, gliene indico alcuni che fanno
parte dello Stato o sono allegati all’Università, ma saranno un’altra ventina, alla
fine, esagerando, se ci si mette anche il Censis, si arriverà a 100, ma è un numero
esagerato, lei mi dice che sono 1700!”
La funzionaria mi vuole far capire che colpa sua non è, la colpa è del computer:
“Ma io sul computer nello studio di settore ho 1700 aziende!”
Forse dovrei provare a fare il contraddittorio con il computer, magari sarebbe un
interlocutore più serio. E poi mi sto arrabbiando: “Io non posso difendermi, lei non
mi può dire il computer, ma siamo seri! Lei sta facendo chiudere un’attività e dice
che sul computer…”
Con il senso dell’opportunità che lo contraddistingue interviene il commercialista:
“Non è lei, è la struttura…”
Questa volta mi arrabbio con lui: “Ah sì? E a me chi me l’ha dato il documento?”
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 30/65
La funzionaria pensa che sia bene defilarsi: “Ma non sono io che alla fine devo
decidere…”.
Distruggono la mia azienda che ha ormai superato il traguardo del quarto di secolo
di esistenza, un’avventura intorno alla quale ho costruito la mia vita di adulto, e
pretendono di non essere responsabili!
Cerco di trasmettere questa percezione alla funzionaria: “E no! Lei sta decidendo,
lei mi sta facendo una proposta economica che si basa sull’aria fritta! Perché non
c’è uno studio di settore reale. Se lei fa uno studio di settore reale del mio ambiente
vedrebbe che la maggior parte delle imprese si fondono continuamente, chiudono e
riaprono, hanno tutti delle grosse difficoltà, pur essendo delle multinazionali…”
Il commercialista, in controtendenza, si produce finalmente in un commento
sensato: “Che poi dallo studio di settore le multinazionali le hanno levate!”
Tralascio lo spunto proposto dal commercialista e continuo a rivolgermi alla
funzionaria: “Non si capisce voi che cosa studiate; io presuppongo se vengo qui di
trovare un interlocutore che sa di quello che si parla, io parlo con lei e lei non sa di
che cosa si sta parlando perché lei sta mettendo insieme marketing, ricerche di
marketing, consulenza, marketing diretto, che sono mondi totalmente separati, che
hanno leggi completamente separate!”
La funzionaria apprezza poco questa interlocuzione diretta e cerca di sottrarsi:
“Studi di mercato: voi fate ricerca a scopi conoscitivi e non a scopi commerciali, e
questo l’ho capito!”
Capire è una parola grossa nel suo caso, di studenti ottusi qualcuno ne ho avuto ma
qui siamo completamente fuori scala. Vediamo se riesco a farle arrivare nella
testolina il concetto, anche se non ho molte speranze: “No! Ascolti: noi non
facciamo vendita, è proibita a noi per legge la vendita! Noi cerchiamo informazioni
per migliorare il prodotto!”
La funzionaria ascolta sbalordita producendosi in un meravigliato “Ah!”
Quello che le ho spiegato le risulta un’assoluta novità, ma ricordo molto bene che
15 mesi prima glielo avevo illustrato punto per punto, e glielo avevo anche
documentato, con tanto di codice deontologico ESOMAR in appoggio. È tutto nella
memoria difensiva che avevo consegnato nelle sue mani e che in 15 mesi non ha
trovato il tempo di leggere.
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 31/65
Davanti a tanta inettitudine come reagire? Che parole restano? Che contraddittorio è
mai possibile? Mi limito ad esclamare: “Ma come si fa? Si parla con una persona
che non capisce! Non sa di che cosa si parla!”
La funzionaria questa volta reagisce alle mie critiche, è ora che il fastidioso
interlocutore sia rimesso al suo posto e minaccia: “Vuole parlare con il capostruttura che capisce più di me?”
All’altro funzionario della stanza 314 sembra comunque più che sufficiente a
dirimere la controversia il fatto che lo Studio di Settore SG41U sia effettivamente
denominato Studi di Mercato e Sondaggi di Opinione e mi ribadisce il concetto:
“Ma quello è lo studio di settore delle ricerche di mercato!”
Merita una risposta affilata e gliela servo: “Lei sta confondendo un macellaio con
un chirurgo: tutti e due ci hanno un coltello che taglia!”
Al funzionario, quanto ritiene opportuno intervenire, gli piace schernire ma non per
questo apprezza il sarcasmo da parte del contribuente e se ne risente: “A parte la
battuta, voi non mettete in dubbio che noi applichiamo lo studio di settore che si
applica alla vostra attività, non c’è dubbio!”
L’oracolo di marketing
È un bel pezzo che discutiamo e sempre sullo stesso punto: lo Studio di Settore
SG41U denominato Studi di Mercato e Sondaggi di Opinione raggruppa attività
legate alla vendita incompatibili con la ricerca di mercato, la quale numericamente
pesa all’interno del campione meno del 10%.
Per di più, come aveva ricordato il commercialista, vengono preventivamente
escluse dallo studio di settore le imprese che fatturano più di 5 milioni di Euro. Nel
campione di oltre 1100 imprese utilizzato per lo Studio di Settore pertanto non ci
possono stare più di una ventina di istituti di ricerca, meno dello 2% del campione!
Questa sì che è rappresentatività! Forse il mio è addirittura l’unico istituto di ricerca
di tutto il mio cluster! E magari del mio cluster invece fanno parte gli intervistatori,
che nella mia attività rappresentano i fornitori! Nei termini più elementari: il
campione non è rappresentativo della mia attività e la redditività presunta dallo
Studio di Settore è completamente campata in aria.
Ribadisco questa elementare verità al funzionario: “No, noi glielo contestiamo: voi
sbagliate ad applicare lo studio. Su questo non ci piove!”
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 32/65
Ci vuole una cialtroneria spropositata per far finta di non vedere l’arbitrio ma quella
è una risorsa abbondante da queste parti ed i miei interlocutori vi attingono
spudoratamente. C’è una pausa di silenzio che interrompo con un commento: “Si
presuppone la professionalità, ci vuole serietà…”.
Nessuno ha voglia di replicare, si sentono offesi, e io ritorno a sollecitare di nuovo
la funzionaria: “Ma lei mi deve dire chi sono questi 100 che rientrano nel mio
cluster! Ma lei lo sa come è formato un cluster? Lo sa come viene creato un
cluster?”
Naturalmente è come parlassi alla luna, lei è li solo per propormi la ‘transazione’,
come la chiama lei. Mi era capitato una volta uno studente che se di studiare non
aveva voglia riusciva comunque ad attingere a risorse di improvvisazione che
meritano rispetto; in occasione dell’esame di Ricerche di Marketing gli avevo posto
una domandina innocua, per evitare di metterlo in difficoltà. Gli avevo chiesto cosa
fosse il metodo Delphi: in sostanza un panel di esperti interrogato su una specifica
problematica attraverso approfondimenti successivi fino a quando non emerge un
consenso. Lo studente per un po’ aveva frugato nella sua memoria alla ricerca di
una risposta, poi aveva proposto timidamente: “Un oracolo di marketing?”
La funzionaria non è certo all’altezza del mio studente e banalmente propone: “Ci
sono tutte le varie particolarità delle varie aziende che si occupano di marketing…”.
Se lo studente l’avevo promosso, insomma nella sua risposta un qualche significato
ci stava, con la funzionaria si impone maggiore severità: “Sì, qui siamo sulla luna!
Succede che viene applicato uno studio di settore che non ci riguarda!. Noi ci
occupiamo di ricerche di marketing, ricerche di mercato, in cui ci sono in tutta Italia
meno di 100 aziende che operano nella ricerca di marketing e nello studio di settore
ce ne sono 1000; allora siccome nel nostro cluster ci sono 100 aziende dateci i nomi
di queste 100 e verifichiamo se effettivamente fanno il nostro lavoro che è regolato
dall’Authority delle Comunicazioni, dall’AgCom!”
Un alieno in 4D
È come un’illuminazione; adesso riesco a visualizzare la scena dal punto di vista dei
miei interlocutori, la prospettiva con la quale i funzionari assistono agli accadimenti
della Stanza 314: li disturba il contatto ravvicinato con una anomalia aliena come
un imprenditore.
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 33/65
Nella loro rappresentazione i funzionari dell’Agenzia delle Entrate si percepiscono
come personcine a modo, esemplari, le quali si accontentano di ricevere
puntualmente dallo Stato quello che basta per la sopravvivenza e poco più,
nonostante i tanti loro meriti. Invece, individui spregevoli e spregiudicati come me
pretendono di essere più degli altri, compromettendo irreparabilmente l’armonia del
corpo sociale, che imporrebbe che tutti si fosse inquadrati nella stessa gerarchia.
Per la verità anch’io indulgo talvolta nel rappresentarmi nei panni del cittadino
corretto, di quelli che hanno dato un contributo positivo al nostro vivere insieme, di
quelli che sono riusciti a restituire alla società almeno altrettanto di quello che
hanno ricevuto: ho tirato avanti una famiglia, fatto studiare le mie figlie, ormai
grandi, creato dal nulla un’impresa e dei posti di lavoro. Sono, nel tempo libero, un
escursionista e mi preoccupo dell’ambiente, puntualmente mi presento per la
donazione di sangue, pago doverosamente le imposte (comunque non ho la
possibilità di evadere). Pago persino il canone RAI.
Ma per i funzionari dell’Agenzia delle Entrate io rappresento invece una
mostruosità scaturita da un altro piano esistenziale, una belva aliena che la rete
dell’accertamento induttivo, dopo tanti anni di predazione impunita, ha finalmente
accalappiato.
Io sono uno squalo quadridimensionale, ad ogni estremità armato di spropositate
fauci, file serrate di zanne e rasoi, grondanti di bava, schiuma e grumi di sangue
rappreso, precipitato da un’altra dimensione al terzo piano dell’Agenzia delle
Entrate all’interno della Stanza 314 in via Panciatichi a Firenze, che vanamente si
contorce e spasima.
Il terzo funzionario
Forse evocato proprio dalla funzionaria infastidita dalle mie critiche alla sua
incompetenza, si è materializzato nella stanza 314 un terzo funzionario,
verosimilmente proprio il capo-struttura (forse nella discussione le voci si sono
scaldate, la mia di sicuro); interviene adesso a protezione delle segrete cose
dell’Agenzia delle Entrate ed equanimemente proclama: “I dati della aziende del
cluster si trovano presso la Commissione Paritetica che si occupa di stabilire i
cluster. Noi non abbiamo i nomi delle aziende che fanno parte del cluster”.
Il tono è pacato, mantiene la distanza lui, non si fa coinvolgere; mi sembra
opportuno riassumergli il senso della discussione: “Io mando qui un documento in
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 34/65
cui dico che questo studio di settore non ci riguarda perché il nostro settore è molto
limitato, sono circa 100 aziende, quindi non si capisce dove prendete queste qui.
Inoltre voi escludere proprio le aziende che sono il fanale di questo settore, Eurisko
e così via, le indico. Voi le tagliate fuori non si capisce perché!”
Il capo-struttura si informa: “Quando dite voi lei intende la commissione?”
Dalle sue parole sembrerebbe che esista una struttura intermedia che fornisce gli
studi di settore all’Agenzia delle Entrate, della quale sono all’oscuro; ora, io mi
occupo di ricerche di mercato, le imposte già le pago, di studiarle o interpretarle
non ho né il tempo né la voglia, per questo mi rivolgo al commercialista. Gli
replico: “Io intendo chi mi ha mandato questo documento!”
Il capo-struttura pensa di aver risolto così la discussione; l’elaborazione dello
Studio di Settore è di altrui pertinenza ed arriva precostituito, prefabbricato e
preconfezionato, al riparo da ogni possibile obiezione, agli imparziali funzionari
dell’Agenzia delle Entrate i quali si limitano a somministrarlo, esattamente come un
clistere di acqua gelata. Con compunzione mi spiega l’errore: “Questo è sbagliato;
lo studio di settore nasce in questo modo: si riuniscono da una lato gli esperti
dell’Agenzia delle Entrate e dall’altro gli esperti della associazioni di categoria…”
Ho già sentito la canzone e l’interrompo: “L’associazione di categoria è
un’associazione mondiale a cui appartengono i ricercatori; in Italia ci sono 168
ricercatori; quindi non si capisce come fanno 168 ricercatori a lavorare in 1700
istituti. Cioè, qui c’è un errore di fondo nel metodo!”
Quando si arriva alla sostanza della faccenda, quando si mette il dito sulla piaga,
Madre Natura vuole che il funzionario si appelli alla potenza suprema, quella che
risana ogni difetto, il Decreto Ministeriale ed il capo-struttura si adegua volentieri al
copione: “Nel momento in cui il cluster, lo studio di settore, è stato approvato con
Decreto Ministeriale…”.
Cerco di evitare di ritornare su un terreno già battuto; se la responsabilità dell’errore
non è dell’Agenzia delle Entrate non tocca comunque a me sostenere l’onere delle
conseguenze: “Va bene ma se è sbagliato io non ci posso mica far nulla!”
Il capo-struttura sembra disponibile a valutare la mia contestazione: “Se lei ritiene
sia sbagliato il decreto ministeriale, l’unico modo per contraddirlo è davanti alla
commissione.”
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 35/65
Appunto per questo si chiama contraddittorio, sono qui per questo io! Ho scritto,
documentato, presentato da 15 mesi una memoria difensiva ed chiedo che si
risponda ai miei rilievi. Glielo ricordo: “Ma io l’ho scritto!”
Ma il capo-struttura si precipita a chiudere ogni prospettiva di verifica delle mie
contestazioni, ha in mente altro: “Benissimo, voi avete scritto le vostre memorie,
noi le prendiamo in considerazione e poi se ci convincono, ma mi sembra nel caso
concreto no, procederemo…”
Danni collaterali
Continuano a prendermi in giro, ci sarebbe di piangere, invece, anche se esasperato,
mi informo: “Ma lei l’ha letto il documento?”
Il capo-struttura mi rassicura: “Certo! Voi potete pensare quello che volete ma…”
Quello che penso io adesso glielo dico in faccia, senza perifrasi: “Voi siete qui per
far chiudere le aziende! È un meccanismo che non funziona”.
Il capo-struttura ritiene che le intenzioni dell’Agenzia delle Entrate e dei suoi
funzionari non siano esattamente quelle: “Diciamo che il nostro obiettivo non è
questo…”
In effetti ho capito da un pezzo che l’obiettivo è quello di estorcermi la loro
‘transazione’ e che la chiusura delle imprese è, nella loro interpretazione, solo un
danno collaterale. Magari, come ai generali, gli dispiace pure di aver massacrato dei
civili innocenti, ma insomma il lavoro è lavoro e non si fanno le frittate senza
rompere le uova.
Il danno collaterale, cioè il contribuente tartassato e pure perseguitato, si altera e
protesta: “Non c’è difesa qui! Lo capisce? Se si viene coinvolti in cluster di 1700
istituti in Italia quando in Italia non si arriva a 100, quando si obietta e ci dice: ma
allora c’è una commissione…”
Non è che si diventa capo-struttura dell’Agenzia delle Entrate prestando orecchio
alle geremiadi dei contribuenti: “Voi sapete benissimo lo studio di settore nasce in
un certo modo…”
Essere presi per i fondelli da gente come questa mi sembra al di là del sopportabile:
“Senta, prima cosa noi abbiamo da lavorare, poi c’è un’altra cosa…”
Il riferimento al fatto che noi contribuenti dobbiamo anche lavorare e non sempre
abbiamo tempo per le amenità non viene apprezzato dal mio interlocutore che
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 36/65
deglutisce in modo significativo, fa una pausa per calmarsi e poi riprende: “È inutile
fare polemiche; arriviamo oggigiorno ad un’eventuale proposta o riteniamo che…”
La funzionaria torna a farsi sentire; lei lavora e produce e ci tiene a farlo sapere al
suo superiore: “È quello che abbiamo fatto poco fa; abbiamo detto: adesione al
valore medio…”
Il capo-struttura pensa che sia ora che la discussione ritorni sul malloppo che mi
vuole estorcere e propone: “Invece di fare polemiche, siccome siamo qui a lavorare,
potremmo cercare di andare avanti…”
Qui c’è un problema con la logica stessa della loro interpretazione del
contraddittorio, che aggira ogni richiamo alla sostanza dell’accertamento induttivo e
lo trasforma in verità oracolare. Apostrofo senza circonlocuzioni il capo-struttura:
“Ma che è uno scherzo?! Ma via!”
Uomini o caporali
Certa gente proprio non vuole capire, sembra pensare il funzionario che scuote la
testa davanti a tanta pervicacia; adesso sembra rassegnato alla mia indisponibilità
verso la ‘transazione’ offerta; per lui a questo punto potrebbe finire lì: “Quindi
possiamo dare atto oggigiorno, visto che i signori hanno da lavorare ed noi stiamo
appunto lavorando, che le parti non sono arrivate ad un accordo per la chiusura del
procedimento di contraddittorio...”
Questa non gliela lascio passare: “No, no, mi scusi, no, perché questa è una cosa
kafkiana, veramente! Voi ci chiamate qui perché che c’è uno studio di settore che
dice che noi siamo fuori da certi limiti, più o meno. Noi si arriva qui e vi si dice:
guardate che i limiti che voi avete stabilito…”
Anche se di grado più elevato il capo-struttura attinge dallo stesso copione dei suoi
subalterni: “Non noi! Qua c’è un errore: limiti stabiliti con Decreto Ministeriale!”
La stessa intonazione con la quale ha scandito “Decreto Ministeriale” è degna dei
migliori film di Totò; non riesco a trattenermi e mi metto a ridere.
Mi ci vuole un po’ di tempo per riprendere il controllo mentre il capo-struttura mi
fissa preoccupato ed incredulo. Per lui l’invocazione del Decreto Ministeriale
avrebbe dovuto suscitare automaticamente anche fra la perfida genia dei
contribuenti un’aura di reverenza e ubbidienza.
Lo rassicuro, non sono ancora impazzito: “Sì, va bene!”
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 37/65
In qualche modo il capo-struttura deve aver percepito che ho riso delle sue parole e
particolarmente del formidabile Decreto Ministeriale evocato da lui e dai suoi
subordinati per sottrarsi a qualunque contestazione sul merito. Non deve essere
abituato a questa situazione perché illividisce e con tono di minaccia balbetta: “Lei
ride ma…”
Lo interrompo: “Io rido perché…”
Ma è inutile spiegargli quanto il suo modo di scandire “Decreto Ministeriale” sia
riuscito ad evocare l’archetipo del “caporale” che perseguita per tutto il film il
povero Totò, non apprezzerebbe di certo. Per non rischiare di rimettermi a ridere
cambio tono: “Voi siete qui a far chiudere le aziende!”
Tutti d’accordo
Il funzionario comunque si addolora per il mio rifiuto della santità del suo Decreto
Ministeriale: “È un decreto ministeriale approvato da tutti!”
Per lui come unica forma di realtà i contribuenti dovrebbero accettare il Decreto
Ministeriale, il resto non gli compete e non può venire discusso; provo ad obiettare:
“Ma esiste un decreto ministeriale che stabilisca che si devono pagare imposte su
denaro non guadagnato? Esiste questo? La sostanza è questa! Perché tutto questo
porta a questo!”
Il capo-struttura si mostra dispiaciuto, il mio discorso gli deve essere suonato
capzioso: “Se non riusciamo a ragionare, confrontarci sui dati concreti senza
posizioni preconcette…”
Mi parla di dati concreti e posizioni preconcette proprio lui che invoca ad ogni piè
sospinto il Decreto Ministeriale per non dover affrontare la discussione sull’arbitrio
statistico dell’accertamento induttivo secondo il quale avrei nascosto fatture per
decine o centinaia di migliaia di Euro, sull’errore di campionamento di dimensioni
spropositate con il quale è stato costruito lo Studio di Settore SG41U ed in nome del
quale decine o centinaia di migliaia di Euro dovrei sborsare! E dopo 15 mesi
nessuno ha dato nemmeno un’occhiata alla mia memoria difensiva dove ho
argomentato, spiegato, documentato: “Io pretendo una risposta scritta sul mio
memoriale. Basta!”
Non è che la mia memoria difensiva lo possa preoccupare, non ha bisogno di
argomentare lui, a lui basta un gesto della mano per spazzarla via, sono altre le cose
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 38/65
che contano da queste parti: “Noi nel momento in cui arriviamo a ritenere che la sua
memoria non è tale da contraddire un avviso di accertamento motivato…”
Niente vendita
So già che adesso mi tira fuori il Decreto Ministeriale e lo prevengo: “Perfetto!
L’avviso di accertamento su uno studio di settore che non ci riguarda!”
Il capo-struttura incupisce ulteriormente la sua espressione dispiaciuta: “Lei dice
che non ci riguarda… poi le daremo anche risposta nel merito.”
Il tipo di risposta che mi prepara non è poi difficile da indovinare: “Non c’è
possibilità di uscirne! Non c’è ascolto, c’è un Decreto Ministeriale…”
Spiega il capo-struttura: “Non è il discorso che non c’è ascolto; non è ascolto, è un
contraddittorio per cui voi dite una cosa e noi portiamo avanti le nostre…”
Io dico una cosa e loro se ne fregano se lo Studio di Settore SG41U non è
applicabile alla mia attività; quello hanno e quello applicano, la colpa è mia che
sono nell’attività sbagliata; mi azzardo a ribadire il concetto: “Noi si dice che lo
studio di settore non esiste!”
Ma è la storia dell’ascolto che rosica il capo-struttura e mi spiega: “Nel momento in
cui non siamo convinti, anzi siamo convinti del contrario, non può dire che non c’è
ascolto. Ascolto non significa arrivare alla stessa…”
Proviamo a spiegare perché lo Studio di Settore SG41U è sbagliato: “Se viene detto
che la ricerca di mercato non è il marketing, non è la vendita diretta ecc., tutte le
attività con cui siamo stati messi insieme, e che non ha nulla a che vedere, la ricerca
è regolata da leggi apposta, anzi è proibito fare e noi veniamo coinvolti in attività
che per noi sono illegali!”
Il riferimento all’illegalità ha stuzzicato l’interesse del capo-struttura che si trattiene
per il momento di invocare il Decreto Ministeriale ed inquisisce: “Illegali?”
Siccome sembra disposto a starmi a sentire ne approfitto per spiegare a lui quello
che ho spiegato qualche minuto fa ai suoi subordinati e che ho precisato, dettagliato,
documentato per più di una decina di pagine nella mia inutile memoria difensiva:
“Certo! Per noi vendere sarebbe illegale! La ricerca di mercato non può fare attività
di vendita! Noi ci atteniamo alla legge! Non si può fare!”.
Anche quando il capo-struttura apre le orecchie non è che ci siano progressi: “Non è
detto che la ricerca di mercato venga fatta da colui che vende…”
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 39/65
Vedo di prenderla ‘ab ovò: “Lei forse non sa cosa è esattamente, ma non lei, il
pubblico in generale, non sa cosa sia la ricerca di mercato, questo è il problema!
Quindi lei sta confondendo una ricerca di mercato come ricerca di interlocutori per
la vendita, come proposta di vendita, con la ricerca di mercato che non può avere
per normativa mondiale, neanche italiana, obiettivi di vendita.”
È il momento per il capo-struttura di spiegare a me cosa sia la ricerca di mercato:
“Ricerca di mercato… è una ricerca sull’evoluzione di opinioni e gusti dei
potenziali… dipende dal settore di appartenenza…”
È notte fonda, buio completo, interloquisco con gente che blatera a caso
improvvisando, ma non importa tanto in loro soccorso c’è il Decreto Ministeriale.
Il terzo cluster
Spiego pazientemente al capo-struttura: “La gran parte delle aziende del cluster
dove siamo stati messi, non avendo noi i nomi non si può dire, fa ricerca di clienti,
in sostanza. Noi non facciamo questo. Proprio perché noi ci rivolgiamo alla fiducia
delle persone!”
Il capo-struttura, sempre più infastidito, aggrotta le sopracciglia e si rivolge alla
funzionaria: “Tu hai il cluster dove sono stati posizionati?”
Anticipo la funzionaria: “Certo, il terzo cluster!”
Il capo-struttura annuncia ai suoi funzionari: “Nel cluster dove loro sono stati
posizionati c’è una descrizione analitica di tale cluster!”
Siccome lo Studio di Settore SG41U me lo sono portato al seguito colgo
l’occasione di fargli notare l’incompatibilità del cluster con l’attività di ricerca,
tanto lui è occupato a leggere la descrizione del cluster: “Sono il 50% di
professionisti, è impossibile fare ricerca di mercato come attività professionale, ci
vuole una struttura. E lì sono professionisti. La parola marketing comporta attività
che si rivolgono tutte ad interrogare il mercato ma con finalità molto diverse. Noi
non cerchiamo chi è disposto ad acquistare un prodotto, cerchiamo di ottimizzare il
prodotto perché possa venire venduto; è un’impostazione molto teorica. E poi non
esiste una struttura con un titolare e 2 dipendenti… Come fa? Non esiste! Non
esiste! Basta controllare quello che è il fatturato previsto per un’azienda con un
titolare e 2 dipendenti; quanto puoi ottenere di fatturato? Questo qui è un dato
obiettivo! Se in tutta Firenze c’è un solo istituto che fa questa attività…”
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 40/65
L’analisi dei cluster è per il capo-struttura un territorio altrettanto esotico che per i
suoi subordinati, non ci ha mai messo i piedi e non intende cominciare adesso, al
Decreto Ministeriale invece si può far dire quello che all’occasione serve. Con aria
inquisitiva interroga: “Il cluster dove loro sono stati inseriti riguarda ricerche
effettuate prevalentemente per aziende nel settore, non ricerche realizzate per
clienti, ma aziende che operano nel settore del largo consumo, appunto; è questa la
situazione vostra?”
Ora non è che io i clienti me li possa scegliere sulla base del settore dove operano,
sono loro che scelgono me e se non operano nel largo consumo pazienza; come si fa
a rispondere a domande del genere? Vado per una risposta sicura: “Anche!”
Il capo-struttura annuncia trionfante: “Quindi è l’attività descritta dal cluster!”
Ha rovesciato l’argomento e glielo spiego: “Ma se gli altri non la fanno! Se 1700 e
passa aziende e non possono esistere; se Burke, il più grande istituto del mondo
nell’ambito della ricerca di mercato che si è installato a Firenze ha chiuso dopo
poco tempo è che non c’è spazio, non c’è spazio di sopravvivenza e quindi non
possono essere 1700.”
Lui preferisce far finta di non capire: “Nel vostro cluster ci sono 102 aziende…”
Glielo dico proprio in faccia, ma rivolgendomi al commercialista: “Non capisce,
via!”
A verbale
La prende male; lui, il capo-struttura, sarebbe quello che non capisce, ma
figuriamoci! Quello che ha capito è comunque i 78’mila Euro che mi ha chiesto per
la ‘transazione’ non li avrà; e quindi ogni ulteriore discussione sarebbe solo perdita
di tempo. Livido si rivolge alla funzionaria e detta: “Io non capisco… allora
facciamo così: la parte dichiara che… non esistono aziende…”
Mi sostituisco nella dettatura: “Non esistono 1700 aziende che si occupano di
ricerca di mercato e sondaggi di opinione in Italia!”
Sempre rivolto alla funzionaria le indica di proseguire nel verbale con le mie
affermazioni: “Allora riportiamo...”
Ripenso alla mia memoria e gli ricordo: “Ma è già scritto integralmente…”
Il capo-struttura detta: “Quindi contesta l’applicabilità dello studio di settore.”
Insisto: “Ma è già scritto proprio lì. Io speravo di venire qui e trovare una risposta
ad un documento che mi è costato del tempo.”
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 41/65
Ma la risposta per lui è semplice: “Il documento, è che non condividiamo quello che
c’è scritto, il discorso è questo!”
Non condivide, come se si trattasse di opinioni e non di numeri; gli ribatto: “Ma se
vi forniamo una prova fisica dell’errore…”
A parte il Decreto Ministeriale per l’Agenzia delle Entrate esistono, almeno nella
percezione dei suoi funzionari, solo illazioni, supposizioni, opinioni… Quello che
Parmenide chiamava Doxa, appunto.
Il capo-struttura inquisisce: “Ma qual’è la prova fisica?”
Ancora non l’ha capita: “La prova fisica è che 1700 aziende in Italia che fanno
ricerche di mercato non esistono!”
I numeri non gli fanno paura, senza esitazioni ribatte: “Quella non è una prova, è un
ragionamento…”
Secondo lui il mio sarebbe solo un ragionamento mentre lo Studio di Settore
SG41U che mi viene applicato, costruito su un ciclopico errore di campionamento,
sarebbe una prova scientifica. D’altra parte c’è il Decreto Ministeriale a supporto!
Torno ad obiettare: “Ma ce ne sono meno di 100!”
Siccome i fatti nell’interpretazione dei funzionari dell’Agenzia delle Entrate sono
malleabili, questa volta il capo-struttura ne raccatta uno che gli sembra faccia al
caso suo: “Nel suo cluster ce ne sono 100.”
Ribadisco il concetto: “Non cerchi di rigirare la frittata; qui c’è scritto che ci sono
1700 aziende che sono impegnate nel settore degli studi di mercato e sondaggi di
opinione.”
Il secondo funzionario che finora si era taciuto in presenza del suo superiore torna a
far sentire la sua voce: “1700 sono tutti i cluster!”
Anche la funzionaria vuole mostrarsi all’altezza della discussione in atto: “Ah, dice
le ricerche in generale!”
Nella mia memoria difensiva avevo riprodotto l’elenco dei ricercatori italiani
associati ad Esomar; se si dovesse prendere per buono lo Studio di Settore SG41U,
quello che mi vogliono applicare, ci sarebbe in Italia meno di un ricercatore ogni 10
istituti di ricerca, una situazione davvero interessante; forse vale la pena di
ricordarglielo: “Le ricerche di mercato… esistono 168 ricercatori Esomar in tutta
Italia! Ma figuriamoci!”
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 42/65
Il capo-struttura non ritiene meritevoli di commento le mie osservazioni e si rivolge
alla funzionaria per continuare la stesura del verbale: “Quindi contesta diciamo in
toto l’applicabilità dello studio di settore”
Aggiungo: “Cioè le altre 1600 aziende fanno altra cosa.”
Il capo-struttura detta: “Praticamente chiede l’archiviazione del controllo.”
Qui quasi mi lascio andare, la tentazione è forte: “Io… ma per me potete fare …”
L’algoritmo
Sono riuscito a trattenermi ma il capo-struttura ha interpretato in altro modo la mia
esitazione, pensa che forse alla fine riesce ad estorcermi la ‘transazione’, la bellezza
di 78mila Euro: “Io voglio capire se siete interessati ad un accordo…”
Ha capito male e glielo spiego: “Il problema è questo qui: noi vogliamo una risposta
sullo studio di settore, quindi bisogna parlare con una persona competente con lo
studio di settore e che dica…”
Il capo-struttura si sente chiamato ad ribadire il suo ruolo: “C’è l’ha davanti,
guardi!”
Guardo ma questa competenza non la vedo proprio. D’altra parte l’esperienza con la
funzionaria non ha fatto molto per rassicurarmi sulla professionalità dei funzionari
della Stanza 314, almeno in materia di analisi dei cluster e delicatamente faccio
un’allusione: “Scusi… alla signora ho chiesto anche cosa è un cluster…”
Il capo-struttura interviene a protezione della competenza della sua sottoposta: “Lo
sa benissimo cosa è un cluster!”
Esprimo un’educata perplessità: “Mah!”
La funzionaria si sottrae ad ulteriori, indiscreti quesiti: “Così ora a memoria…”
Proseguo rivolgendomi al capo-struttura: “Per determinare un cluster ci vuole un
algoritmo…”
Lui mi rassicura: “Certo, l’algoritmo è stato fatto a monte.”
Una lezione di analisi dei cluster
È chiaro che non mi segue; ci sono centinaia di algoritmi, spesso ci sono diverse
varianti dello stesso algoritmo, ci sono inoltre parametri che condizionano la
classificazione, ogni algoritmo, ogni variante di algoritmo, produce partizioni
diverse, il numero delle partizioni possibili è più che astronomico. Ma ci sono
fondamentalmente due tipologie di algoritmi, quelli che richiedono che il numero
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 43/65
dei cluster da ottenere dalla classificazione sia prestabilito dall’operatore e quelli di
tipo agglomerativo, che partono invece da un numero di cluster pari al numero delle
osservazioni (ogni individuo è un cluster distinto) e procedono tramite
agglomerazioni successive fino alla riunificazione di tutti gli individui in un cluster
unico. A quel punto spetta all’operatore scegliere il livello dove operare la
classificazione, premesso che la classificazione iniziale (numero di cluster pari al
numero delle osservazioni) e quella finale (numero dei cluster pari a 1, tutte le
osservazioni confluite nell’unico cluster) non servono poi a molto.
Il problema naturalmente non è la tipologia dell’algoritmo ma piuttosto il livello di
ignoranza del capo-struttura; cerco di approfondire: “Allora bisognerebbe sapere
quale algoritmo è stato utilizzato…”
Sono andato troppo lontano e il capo-struttura mi richiama all’ordine: “No, non ha
bisogno di saperlo!”
Già le ragioni sociali delle altre aziende del mio cluster erano coperte dalla privacy,
adesso anche l’algoritmo di classificazione è diventato misterioso; chiedo: “Ah no?
Un segreto è?”
Si innervosisce e quando si innervosisce gli si gonfiano le guance; ha bisogno di
una pausa prolungata per riprendere l’argomentazione: “No guardi, se no non ci
capiamo…”
Se si è innervosito lui, figuriamoci io: “Non ci capiamo? Lei mi sta chiedendo del
denaro, scusi eh!”
Qui il capo-struttura si concede il tempo di sviluppare il suo pensiero; lui di
conoscere l’algoritmo, qualunque cosa sia un algoritmo, non ha nessun bisogno:
“Quando lei usa per il suo lavoro una penna non deve sapere il procedimento
chimico che serve per fare la penna, lei utilizza una cosa che le è stato messa a
disposizione. Nel momento che noi utilizziamo uno Studio di Settore approvato con
Decreto Ministeriale non dobbiamo sapere l’algoritmo, sappiamo come viene
formato lo Studio di Settore e come vengono definiti i cluster, ma non dobbiamo
sapere in concreto quali sono le aziende che appartengono al cluster, poi in concreto
l’algoritmo come è stato determinato perché quello è stato preso a monte con
l’approvazione del Decreto Ministeriale!”
Sapevo già che sarebbe tornato ad invocare il Decreto Ministeriale!
Secondo il loro stesso documento sono stato convocato alla stanza 314 per
rappresentare “i fatti, i motivi e le circostanze” per le quali la mia dichiarazione dei
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 44/65
redditi per l’anno 2006 si discosta dal reddito presunto dall’accertamento induttivo,
una presunzione sviluppata tramite una procedura di analisi dei cluster. Però
secondo l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate la classificazione ottenuta non
mi è accessibile e adesso pure la procedura di classificazione utilizzata!
Cluster, campione ed universo
Provo a replicare: “Ma se vengono agglomerate in una stessa attività molto diverse,
divergenti, anzi incompatibili per legge, beh, lei non può dire che noi non possiamo
riconoscere le vostre contestazioni perché almeno il sospetto che ci sia un errore
nella formazione del cluster, secondo me, le è persino venuto, che ci possa essere un
errore, cioè che la discrepanza tra meno di 100 istituti che fanno ricerca ed un
cluster di 1700 e passa, le è venuto il sospetto...”
La verità è a quel punto non sapevo ancora come fosse stato determinato nel corso
dello sviluppo dello Studio di Settore l’universo di oltre 1700 aziende al quale era
stata applicata la procedura di classificazione. Avevo ipotizzato che fossero state
separate dalle altre attività in una precedente fase di classificazione sulla base del
comparto in cui operavano. In realtà l’universo dello Studio di Settore SG41U
denominato Studi di Mercato e Sondaggi di Opinione era stato costruito
semplicemente sulla base del codice ATECO, senza minimamente preoccuparsi se
venivano coinvolte attività divergenti o anche incompatibili. Cosa mai possono in
comune un call-center ed un istituto di ricerca di mercato a parte il concetto di
marketing?
Il capo-struttura mi riprende: “No, non mi è venuto perché questo cluster di 1700
aziende non esiste.”
Insisto: “Non può non venire!”
Il capo-struttura ritorna sul tema del cluster di 1700 aziende: “Scusi ma mi fa
vedere dove ha preso il cluster di 1700 persone per cortesia?”
Prendo in mano lo Studio di Settore SG41U che l’Agenzia delle Entrate mi ha fatto
pervenire insieme alla notifica di accertamento: “Il vostro studio!”
Mi metto a leggere: “Ci ho qui lo studio di settore, sennò si sta a ridere: Studio di
Settore SG41/1; di seguito vengono esposti i criteri seguiti per la costruzione dello
studio di settore… ricavi, identificazioni, errata; il numero dei questionari inviati è
pari a 1.737, questionari restituiti 1.145, …ricavi e compensi dichiarati maggiori di
10 miliardi di Lire vengono esclusi, non si capisce perché, perché gli istituti…”
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 45/65
Mi interrompono in coro la funzionaria ed il capo-struttura: “Lo prevede la legge!”
Antieconomico!
Per l’ennesima volta provo a riportare la discussione sull’enormità del reddito
presunto dall’accertamento induttivo, del tutto irrealizzabile per una struttura come
la mia: “Vediamo se la pigliamo da questo punto: è una struttura con un titolare e 2
dipendenti; ora esistono degli algoritmi, delle procedure che permettono di calcolare
quello che è il possibile fatturato di una ministruttura di questo genere; e mi sembra
chiaro che le cifre che prevede il vostro studio di settore non possono essere
generate…”
Ma a questo punto il capo-struttura cambia direzione e si riprende l’iniziativa: “I
due soci entrambi prestano la propria attività nella società?”
Spiego: “L’altro socio è un dipendente.”
Il tono si fa più inquisitorio: “Come attività prevalente?”
Chiarisco: “Non c’è attività prevalente! C’è una sola attività!”
Interviene il commercialista: “È anche dipendente.
Il capo-struttura è chiaramente alla ricerca di una nuova evidenza della mia
evasione, anche se non riesco ad immaginare da dove voglia passare; si assicura:
“”L’attività prevalente della persona fisica, del socio è nella società?”
Lo rassicuro: “È nella società!
Ci siamo, pensa il capo-struttura, ti ho beccato! E insinua: “Ma allora avete
dichiarato questo nello Studio di Settore? Mi sembra di no!”
Resto perplesso, forse intende nella documentazione, forse intende nel questionario,
dal momento che lo studio di settore a me lo applicano, mica lo compilo. Spiega il
commercialista: “Uno è un dipendente anche, socio dipendente…”
Il capo-struttura prosegue: “Come soci con attività prevalente… un socio
dipendente con la percentuale dello 0. 1% e un socio amministratore e poi due
dipendenti”.
Preciso: “Erano 2 dipendenti, perché nel frattempo sono stati licenziati.”
A questo punto il capo-struttura smette di compulsare la documentazione, pensa di
aver trovato qualcosa cui appigliarsi, una volta chiarito che non accetto la
‘transazione’ che tanto generosamente mi avevano offerta. Passa adesso
all’interrogazione diretta: “Lei percepisce un reddito dalla società?”
Non so che colpa in questo ci sia ma devo ammetterlo: “No.”
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 46/65
Il tono diventa più accusatorio: “Lei è socio al 99% e non riceve alcun tipo reddito
dalla società!”
Mi giustifico: “Prendo gli utili proprio perché voglio che la società…”
Inquisisce il capo-struttura: “Quali sono gli utili di bilancio distribuiti dalla
società?”
Poi si risponde: “Non ci sono utili…”
Interviene il commercialista: “Sì, sì…”
Cerco di spiegare: “È stata una scelta di fondo proprio per permettere che l’attività
sopravviva sempre e comunque.”
Il capo-struttura continua nella sua requisitoria: “Nel 2006 gli utili totali sono
12mila Euro lordi; nel 2005 gli utili in totale distribuiti dalla società sono una
perdita di 1000 Euro lordi; questo avvalora sicuramente le risultanze dello Studio di
Settore. Cioè, lei è il socio amministratore della società da cui non ritrae alcun tipo
di utile diretto. È un’attività antieconomica!”
Mi sfugge il senso di ‘attività anti-economicà; solo successivamente verrò a sapere
che rappresenta nelle costruzioni dell’Agenzia delle Entrate indizio, o prova, di
evasione. Fraintendo, la ricevo come un’insolenza e replico ironicamente: “Difatti,
è stata per un certo periodo un’attività antieconomica. Quindi voi arrivate e gli date
la mazzata finale. Questa è la realtà.”
Il capo-struttura si rivolge adesso al commercialista, ha motivo di ritenere che
capisca meglio di me dove vuole andare a parare: “Ovviamente stiamo facendo un
discorso da contenzioso; lei è il commercialista? Lei ha sicuramente un’esperienza
nel campo dei tributi. Noi non possiamo disconoscere l’approvazione ed il modo in
ci è stato formato lo studio di settore per cui è chiaro che…”
In effetti il commercialista recepisce meglio di me dove il capo-struttura cerchi di
condurre il discorso: “Lui ha precisato anche che ha avuto un’operazione al cuore
nel periodo 2002-2006; ha avuto dei problemi fisici, poi ha guadagnato…”
Subentro al commercialista: “È un lavoro si sviluppa negli anni, non si può
calcolare su un anno…”
Il capo-struttura vuole farmi capire che non ho vie di uscita: se io metto in
discussione lo Studio di Settore lui aggrava la mia situazione contestando l’antieconomicità: “Nel momento in cui voi, diciamo, fate un discorso di rottura,
importante, di contestazione dello studio di settore… questo è il discorso!”
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 47/65
Il commercialista traduce dal fiscalese e mi esplicita: “Noi chiediamo
l’annullamento e loro dicono: facciamo 70, possono arrivare a 40…”
Quanto sono generosi: 40mila Euro! Si accontenterebbero di 40mila Euro! Come se
fossero pochi! Faccio muro: “Guadagna lo stato e non guadagno io, quindi è
un’attività antieconomica; io già ho tenuto insieme l’azienda tirando fuori del mio!
Non è un’attività che si misura negli anni! In questi giorni ho pagato 22mila Euro di
tasse! Evidentemente qualcosa ho guadagnato! Perché si sviluppa negli anni questo
lavoro!”
Povero bischero
Detto alla funzionaria: “Perché questo costringerebbe l’azienda alla chiusura.”
Il capo-struttura si informa: “Posso mettere nel…”
Glielo confermo: “È una mia affermazione. Perché questo porta alla chiusura
dell’azienda!”
Spiego la mia posizione: “Se ci fosse la redditività dello studio non ci sarebbe a
Firenze una struttura che fa la ricerca, ce ne sarebbero molte di più. Ce ne erano
altre ma hanno chiuso. C’erano dei motivi!”
Il capo-struttura detta alla funzionaria che stende il verbale: “L’ufficio fa notare
che…”
Mi viene in mente che mentre mi viene contestata l’evasione per il 2006 a questo
punto potrebbero attaccarmi anche per gli anni successivi (per i quali risulto
comunque congruo rispetto allo Studio di Settore): “Quindi nel 2007 tornano
all’attacco di nuovo!!”
La funzionaria solleva lo sguardo dal verbale e mi rassicura: “No, no, no!”
Secondo questa logica un contribuente dovrebbe evadere tutto quello che può fino a
quando rimane congruo in modo da non far scattare l’accertamento induttivo; se poi
va male accetta la ‘transazione’ per metà dell’importo e si tiene in tasca il resto! È
una trappola per il contribuente onesto ma per l’evasore è un trionfo!
Sono un fesso, rifletto, in un paese come questo, con questa Amministrazione
Pubblica, con funzionari come questi, uno come me è inesorabilmente un fesso (a
Firenze si utilizza un’altra parola, più esplicita).
Immerso in questa consapevolezza mi lascio sfuggire: “Comunque non è possibile,
se loro pigliano 70mila Euro si chiude; mi dispiace, ho investito 30 anni in questa
attività.”
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 48/65
Interviene il commercialista: “È anche vero che… So che quest’anno ha pagato...”
Raccolgo il suo suggerimento: “Quest’anno ho pagato 22mila Euro di tasse! Perché
il lavoro si sviluppa ma neanche negli anni, nei quinquenni! I clienti con cui
lavoriamo sono clienti importanti, a livello nazionale e internazionale; prima di
affidare tutto questo ad una struttura così piccola bisogna che abbiano una fiducia
nella professionalità enorme, che si sviluppa in 30 anni! E ce ne è una sola a
Firenze! Se voi chiedete una ricerca di mercato andate a trovare me. Non ce ne sono
altre. Gli altri fanno altre cose. E ce ne è una sola: che lavora da 30 anni e che da un
pochino di lustro alla nostra Toscana. Fra l’altro!”
Entra nella stanza lo strillo della sirena di un treno in arrivo, a me sembra un grido
di strazio.
Parole al vento
Nessuno mi sta più a sentire, il capo-struttura istruisce la funzionaria per la stesura
del verbale, il commercialista preferisce interloquire con il capo-struttura, l’altro
funzionario da quando è intervenuto il capo-struttura si è defilato.
Parlo al vento: “Vuol dire che le altre non anno voglia di lavorare. Hanno chiuso.
Come hanno fatto molti nostri ex colleghi. Insegnano! Se chiudono gli altri! Perché
i margini sono ridottissimi… e quindi può succedere che un anno non c’è reddito, si
paga gli stipendi. Si aspetta la chiusura dell’anno solare, anche perché devo
avvertire i clienti.”
Obietta il commercialista: “Devono mandare gli accertamenti…”
Ma certo, prima di chiudere l’attività dovrei aspettare i tempi degli accertamenti:
“Ma indipendentemente, così ci troviamo di fronte ad un fatto compiuto: chiusura
dell’attività! Perché non è possibile veramente, è roba da brividi… Chiunque
davanti al fatto che c’è una sola azienda in Toscana che fa questa attività, secondo
me una sola, ci dice ma da un cluster delle risposte al questionario cui hanno
partecipato 1100 aziende… una sola azienda in Toscana, quante ce ne saranno in
Italia? Stanno tutti a Roma e Milano. Che fanno gli altri? Gli altri fanno vendita
diretta.”
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Ventriloquismo
Detto alla funzionaria che trascrive a verbale: “Chiude l’attività come già hanno
fatto le poche aziende che esistono nel settore…”
La funzionaria sembrerebbe acconsentire: “Ok…”
A questo punto aggiungo: “In Toscana ma dappertutto. In Toscana ci siamo solo
noi. Se esiste una sola azienda vuol dire che questi margini di guadagnano non
esistono.”
Il commercialista propone alla funzionaria: “Può scrivere anche che ha presentato
una memoria…”
La funzionaria precisa: “Riconferma tutto quello che sta scritto nella memoria…”
Ripropongo per essere messa a verbale la mia prima obiezione: “Se può aggiungere:
al momento nessuna risposta è stata data alla memoria presentata.”
Il commercialista si affretta ad ammorbidire: “Precisa risposta…, una risposta
precisa…”
Non mi sembra proprio il caso di ammorbidire e ribadisco: “Lamenta il
contribuente che non è stata data nessuna risposta alla memoria presentata.”
La funzionaria obietta: “Noi abbiamo risposto. Non siamo obbligati a dare la
risposta che piace a lei!”
Pazientemente le spiego: Capisco, ma non mi ha dato una risposta; se io le dico una
cosa e lei mi risponde che sono 1700, io non so che cosa fare…”
Interviene in soccorso il secondo funzionario: “Abbiamo risposto, è inutile
continuare: lei chiede che non venga applicato in maniera scritta e basta…”
Mi sembra veramente eccessivo che vengano messe a verbale formulazioni diverse
da quelle che ho utilizzato: “No, no, scusi, io dico che non mi è stata data una
risposta…”
Il secondo funzionario ribadisce il concetto: “La collega ha scritto esattamente
quello che ha detto.”
Insomma, adesso qualcuno pretende persino di parlare con la mia bocca: “Lei mi
vuole suggerire una risposta che non voglio dare! Siccome è la dichiarazione di una
parte…”
Ma il secondo funzionario ritiene di potersi permettere questo, ed altro: “Lei dice
che l’ufficio non le ha risposto, noi le abbiamo risposto.”
Confermo la mia posizione: “Ma io posso dichiarare quello che mi pare!”
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 50/65
Sembrerebbe invece di no, almeno nell’interpretazione dei funzionari dell’Agenzia
delle Entrate, come mi chiarisce il funzionario: “La collega scrive quello che deve
scrivere e non quello che detta lei.”
Già tutta la discussione ha avuto una qualità onirica, la strampalatezza che
caratterizza alcuni sogni che in prossimità del risveglio deviano verso situazioni
sempre più inconsistenti fino a quando gli occhi si aprono, la realtà quotidiana si
ristabilisce e le assurdità scivolano via. Adesso poi pretendono che metta la firma su
dichiarazioni diverse da quelle che ho affermato; spiego il mio punto di vista ai
funzionari: “Allora io sono in disaccordo su quello che scrive.”
Sembra quindi che esistano dei limiti alla possibilità del contribuente di esprimere il
proprio dissenso dagli arbitrii dell’Agenzia delle Entrate, come mi spiega il secondo
funzionario: “Lei dice che non si ritiene soddisfatto della risposta che la collega le
ha dato.”
Sono consapevole di essere in condizioni di inferiorità nella interlocuzione con i
funzionari dell’Agenzia delle Entrate, sono in gioco i miei quattrini e la mia
impresa, quasi 30 anni di vita e di lavoro, ma troppo è troppo e reagisco: “La
risposta la do io, non la può dare lei…”
Il funzionario non vuole accettare questo punto di vista: “Però le ha risposto, non
può dire che non le ha risposto!”
Anche il boia
Quando uno presenta a supporto della propria dichiarazione dei redditi documenti
ed elenchi ufficiali, cita istituzioni e organizzazioni di settore, se gli dicono che
questa roba ‘non può essere presa in considerazione questa dovrebbe essere
considerata una risposta? Pongo il quesito al funzionario: “Non mi ha dato una
risposta esauriente alle cifre dello studio di settore; come risposta ci è stato detto: il
Decreto Ministeriale dice questo e ce ne freghiamo del resto, questa è la sostanza
della discussione. Questa è la risposta!”
Ho fatto male a tirare in ballo il Decreto Ministeriale che da questi parti rappresenta
la risposta a tutto; infatti replica il funzionario: “Il Decreto Ministeriale è legge.”
Non sono sicuro che sia così e glielo spiego: “Il Decreto Ministeriale non so se è
una legge. È una interpretazione vostra… Di decreti ministeriali in Italia ce ne sono
milioni.”
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Ogni segno di incredulità nei confronti del Decreto Ministeriale deve essere
immediata censurato ed il funzionario severamente me lo spiega: “Appunto, e sono
tutte leggi.”
Che il Decreto Ministeriale sia in uno stato di santità così celestiale da non poter
ricevere obiezioni non mi pare credibile ed azzardo una lieve irriverenza: “Ora per
cena mi mangio un Decreto Ministeriale!”
Dice il proverbio che non si scherza con i santi e la virulenza della reazione del
funzionario dimostra la veridicità della saggezza popolare: “Se non vi va bene
potete anche andare via dall’Italia!”
Visto che è in corso la stesura del verbale esprimo una richiesta: “Aggiungiamo che
siamo stati invitati a partire dall’Italia. Aggiungiamolo eh!”
Il funzionario trapassa in un eloquio più pacato: “Il decreto ministeriale ha la forza
della legge.”
È legge o non è legge? Che ne so? Io mi occupo di ricerche di marketing, e non ho
idea di come un Decreto Ministeriale riesca ad assumere forza di legge o addirittura
sostituirsi alla legge; però vagamente ricordo che da qualche parte qualche legge
prescrive che il prelievo fiscale deve essere proporzionale a quanto si è guadagnato.
Questi invece pretendono di incassare da me quello che si è immaginato un
algoritmo alla deriva! Ma in questo paese tutto è possibile! Meglio metterla in
derisione e propongo: “Una volta questa la chiamavano la legge del M****! Ma la
cosa piacevole sapete che cos’è? Voi vi trovate di fronte ad una persona che ha
investito 30 anni della sua attività, di studio per creare una cosa unica. Mentre la
persona vi sta dicendo che voi la state mettendo nelle condizioni di chiudere,
sorridete oppure date risposte di forma, il Decreto Ministeriale… Non vi state
rendendo conto della gravità di quello che state facendo!”
Non è così facile mettere di fronte alle loro responsabilità nei confronti dei
contribuenti che gli capitano fra le mani i funzionari dell’Agenzia delle Entrate; gli
ordini vengono dall’alto, loro si limitano ad applicare le disposizioni come
pazientemente mi spiega il funzionario: “Noi siamo solo esecutori.”
Già, penso io, e glielo confermo: “Siete solo degli esecutori.”
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 52/65
Garantismo all’italiana
Siccome deve aver percepito una qualche latente nota di ostilità nel tono con cui ho
pronunciato la parola ‘esecutori’ il funzionario pretende di posizionarsi su un
terreno eticamente rispettabile: “Anche il carabiniere che arresta il criminale è un
esecutore!”
Gli replico immediatamente: “Anche quello che spara al condannato è un
esecutore!”
Non è che poi la parte del boia gli dispiaccia, solo non ritiene che debba portarne
proprio lui la responsabilità: “Non è colpa dell’esecutore se deve fare quello che gli
dicono di fare!”
Insisto: “Ma se sbaglia nell’esecuzione… Qui c’è la volontà dell’esecuzione, qui
c’è una scelta, qui c’è un’intenzione…”
Ma per il funzionario, purtroppo, il contribuente una volta incastrato dall’Agenzia
delle Entrate ha ancora a sua disposizione mille espedienti per sottrarsi alla
ganascia; mi spiega: “C’è il garantismo in Italia, si può fare ricorso alla
Commissione Tributaria.”
Di questo tipo di garantismo ne ho già fatto esperienza in precedenti incontri con la
Pubblica Amministrazione: “Questo è il garantismo: paga e poi reclama!”
Dal punto di vista dei funzionari dell’Agenzia delle Entrate la responsabilità deve
scivolare dal livello più alto a quello più basso senza lasciare tracce
compromettenti, in modo che lo sfortunato contribuente non trovi niente a cui
appigliarsi: “Se la Commissione Tributaria le da ragione lei non deve pagare
niente.”
Non è che io abbocchi così ingenuamente alla prospettiva: “Lei sa meglio di me
come funziona, lo sa perfettamente…”
L’ingiustizia del mondo
Come rassegnato alla mia percezione negativa il funzionario riassume la situazione:
“Lei si deve rendere conto che in questa sede non si può fare quello che il
contribuente chiede!”
Poi aggiunge, quasi correggendosi: “Si deve avere fiducia nell’Agenzia delle
Entrate!”
Ora mi chiede di avere fiducia! E come faccio? Dopo che mi hanno addebitato un
reddito addirittura irraggiungibile per una micro-impresa come la mia! Domando:
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 53/65
“Come si fa ad avere fiducia quando le cifre sono completamente sballate? Viva
l’Italia! Non se ne esce fuori! Qui le aziende chiudono una dopo l’altra!”
Il funzionario mi chiede: “Lei pensa che le danno torto in Commissione
Tributaria?”
Come se potessi averne un’idea! Io mi ero addirittura illuso che a fronte della
documentazione che avevo prodotto l’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto
prendere atto che evasione da parte mia non ce ne poteva essere stata! Sono io che
adesso gli domando: “Se uno viene rapinato ed il giudice assolve il rapinatore è
colpa mia? Più che essere vittima che posso fare?”
Qui il funzionario esce dalla sua parte e parla veramente quello che pensa: “A me è
arrivata una multa per divieto di sosta; non è giusto ma ho pagato. Allora pagate
anche voi e senza lamentarvi!”
È questo veramente un meraviglioso interludio; il funzionario si ritiene vittima del
sistema e compensa infierendo allegramente sui contribuenti che gli capitano sotto
mano; anche loro devono partecipare all’espiazione dell’intollerabile ingiustizia che
ha subito! Una multa! A lui, colonna portante dell’Amministrazione Pubblica!
Crimine! Crimine! Crimine!
Gli ricordo che si tratta comunque di importi di entità abbastanza diverse: “Se le
fosse arrivata una multa di oltre 140mila Euro lei capirebbe come si sente il
cittadino davanti alla Commissione Tributaria! Io non ho guadagnato, ci ho anche
rimesso e mi fanno un accertamento da quanto, 140mila Euro! Poi mi dicono che si
deve avere fiducia! Che devo pensare? Lo penserebbe anche lei!”
Il secondo funzionario mi rassicura a modo suo: “Se in Commissione Tributaria le
danno ragione, non spende niente!”
Ci vuole altro per tirarmi su: “È uno scherzo tutto questo. È uno scherzo!”
A verbale e a più voci
Durante la compilazione del verbale dell’incontro la discussione si frammenta e le
voci degli interlocutori si sovrappongono; nelle pause di silenzio il ticchettio della
macchina da scrivere.
A verbale: “Non c’è ascolto: ad argomentazioni documentate sull’errore di
applicazione dello studio di settore ad un’attività particolare come la ricerca di
mercato si risponde che il decreto ministeriale non è discutibile. Lo studio di settore
o il decreto ministeriale...”
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 54/65
In una pausa mi produco in una lamentazione: “Cosa si deve fare? Non c’è nulla da
fare… poi fra l’altro chiamati un anno dopo il primo incontro; i tempi loro se li
danno come vogliono!”
Mi spiega la funzionaria: “C’era una scadenza…”
Traduco ed interpreto: la mia pratica è rimasta indisturbata in attesa del termine
ultimo per la convocazione dell’interessato e così come pure la sua inutile memoria
difensiva. Poi nell’imminenza della convocazione qualcuno ha preso una decisione
per la scontistica da proporre tanto per chiudere la controversia fiscale, cioè
sull’importo da estorcere, abbia evaso o non abbia evaso non gliene può importare
di meno ai funzionari. Loro il contrasto all’evasione lo interpretano a questo modo.
Rassicuro la funzionaria, tanto con lei ogni ironia sarebbe sprecata: “Si, va bene!”
A verbale: “Si dimostra che lo studio di settore è stato applicato a settori troppo
diversi dal nostro, quindi la cifra che si presuppone…”
La funzionaria interrompe la dettatura del verbale ed inquisisce: “Ma si dice
ricerche di marketing o ricerche di mercato?”
Questa si preoccupa della differenza tra ricerche di marketing e ricerche di mercato!
Mica la riguarda che lo studio di settore che mi applica sia completamente campato
in aria, che non me lo sono nemmeno sognato il fatturato che l’accertamento
induttivo suppone che abbia nascosto al fisco, che in totale violazione di ogni
norma lei e gli altri della Stanza 314 mi vogliano costringere a versare decine di
migliaia di Euro, tutte queste belle cose ed altre ancora non le sfiorano nemmeno
per un attimo il comprendonio!
Ma in me, pure in questo contesto,
c’è un po’ troppo del professore e
compulsivamente spiego: “Scriva come vuole, è lo stesso, ricerche di marketing è
più corretto...”
Riprende la dettatura a verbale: “Quando viene dimostrato, elenco delle aziende alla
mano, che è stato calcolato un importo, un reddito sulla base di un’indagine su
aziende che fanno altro, è geniale, incompatibile per legge...”
Ma nella mia natura duale oltre al professore c’è anche l’imprenditore che in modo
quasi automatico riprende l’interlocuzione polemica: “Comunque complimenti:
riuscire a far chiudere un’azienda che dura da 30 anni, anche se non gliene frega
nulla, complimenti; è una cosa di una gravità…”
Il secondo funzionario obietta: “La descrizione del cluster coincide esattamente con
la vostra attività...”
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 55/65
La risposta di Galileo
Questa è proprio l’incongruenza più enorme dello Studio di Settore SG41U: tutte le
professioni e le attività che confluiscono nel codice ATECO 74.13.0, nella loro
diversità ed incompatibilità, vengono descritte nella classificazione come fossero
istituti di ricerca di mercato, evidentemente in omaggio alla denominazione Studi di
Mercato e Sondaggi di Opinione. Del contenuto effettivo naturalmente nessuno se
ne preoccupa, e poi comunque c’è la privacy, come mi hanno già spiegato.
Spiego allo spiritoso funzionario: “Lei sa che attività faccio io? Mi occupo di analisi
dei cluster!
Il secondo funzionario obietta: “Lei continua a sostenere che il cluster comprende
1.700 aziende...”
Riprendo in mano lo studio di settore: “C’è scritto qui che sono stati inviati 1.700
questionari di cui 1145 hanno risposto. La redditività media è stata calcolata sulla
base della redditività media di chi ha risposto... il cluster riguarda solo la
metodologia prevalente che utilizzano gli istituti!”
Il secondo funzionario mantiene la pretesa di prendere sul serio lo studio di settore e
ha persino la pazienza di spiegarmi come funziona in realtà l’analisi dei cluster: “I
cluster sono stati definiti sulla base al tipo di attività che fanno... Lo studio di
settore riguarda la sua attività, questo è il cluster dove appartiene lei!”
Cerco di riassumere al funzionario la mia percezione sulla qualità dello Studio di
Settore SG41U: “Se io presentassi un lavoro così ad un cliente non mi pagherebbe,
perché questo non è uno studio di settore...
Il secondo funzionario mi vuole spiegare qualcosa, devo aver detto qualcosa che lo
infastidisce: “Noi lavoriamo...”
Lo interrompo subito con un lieve sarcasmo: “Eccome se lavorate...”
Lui per scavalcare l’ironia riprende l’argomentazione da un altro punto: “Le 1.700
aziende non sono state messe in un unico cluster, il vostro cluster comprende un
centinaio di aziende.... noi alleghiamo un controllo con uno studio di settore...”
Siccome spiegare ed argomentare con chi si rifiuta per principio di ascoltare mi ha
ormai stancato passo ad un esempio di tipo storico: “Lei sa quello che dissero a
Galileo Galilei quando disse: Guarda nel binocolo...?”
A verbale: “La ricerca di mercato, NON la ricerca di clienti...”
La funzionaria borbotta: “Non la ricerca di clienti...”
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 56/65
Riprendo la spiegazione: “Noi facciamo sondaggi di opinione e ricerche di
marketing; noi ci chiamiamo ricerche di mercato e sociali. Facciamo ricerche di
marketing. Voi mi dite che esistono 1.700 aziende. Il mercato è piccolo, ci sono
poche aziende nell’associazione di categoria, sono legate ad associazioni
internazionali... Quante sono le aziende come la nostra?”
Il secondo funzionario trova intollerabile la mia pretesa che sia messa a verbale
l’affermazione sulla mancata risposta dell’Ufficio alle obiezioni del contribuente:
“Non c’è ascolto… Voi obiettate che non c’è stato ascolto… Che non vi sono state
date delle risposte…Non potete mettere a verbale che non vi è stata data risposta,
non è questa la realtà in sostanza!”
Il punto è che quelle che si mettono a verbale sono appunto le dichiarazioni del
contribuente che dovrebbe almeno avere il diritto di parlare con le sue parole; gli
domando ironicamente: “Me lo vuole scrivere lei?”
Il capo-struttura della Stanza 314 mi riprende: “Evitando possibilmente
polemiche…”
Per lui stiamo scherzando, non discutiamo mica della sopravvivenza di un’impresa
e dei suoi posti di lavoro: “Stiamo parlando di un’attività che chiude, scusi, la
polemica con tutte le attività che chiudono , non nasce mica per caso…”
Il logaritmo
Il capo-struttura interviene per dettare il verbale: “La parte ribadisce, ritiene
documentato l’errore di applicazione dello studio di settore ad un’attività particolare
come la ricerca di marketing…”
Il commercialista obietta: “Noi diciamo che non c’è una risposta!”
Il capo-struttura pensa bene di mettere fine alla polemica sulla mancata risposta:
“Noi vi diamo la risposta in questo senso: la vostra attività, valutato il cluster,
osservato il cluster, rientra nella descrizione del cluster. Noi diciamo che il Decreto
Ministeriale in quanto a formula, logaritmo, e calcolo matematico non è
intelligibile, come tale contestabile. Il discorso del cluster lo motiviamo perché il
cluster è quello! Quindi quello che lei scrive…”
La storia del logaritmo mi suona strana; da dove può saltare fuori questo logaritmo?
Potrebbe trattarsi di un lapsus verbale, forse ha fatto confusione con algoritmo ma
anche in questo caso definire non intelligibile un algoritmo è almeno bizzarro: per
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 57/65
definizione l’algoritmo è una procedura esattamente definita ad ogni suo passo.
Quando alle elementari la maestra ci ha insegnato a fare le somme ci ha insegnato
appunto un algoritmo: allineare a destra le cifre dei numeri da sommare, riportare
nella colonna più a destra della riga del risultato il numero delle unità, passare alla
colonna successiva aggiungendo alla somma il numero delle decine e così via.
Forse il capo-struttura crede veramente che nella ricetta della classificazione ci sia
nascosto, come un verme nella mela, un logaritmo… Ma secondo me lui non ha la
minima idea né di cosa sia un logaritmo né di cosa sia un algoritmo. Il problema è
che, almeno nell’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate, tocca a me l’onere di
dimostrare l’errore di classificazione e con un interlocutore di questo livello una
discussione sull’analisi dei cluster è tempo perso. Da dove si comincia? Dalla
differenza tra logaritmo ed algoritmo? E siccome l’ignoranza non gli basta ha anche
l’arroganza di declamare sulla mia richiesta di conoscere l’algoritmo di
classificazione! Ma quello che dice è pur sempre una novità e ne prendo atto: “Lei
motiva questo? Io finora non l’ho sentito!”
Eterno ritorno
Il capo-struttura ritorna su quella delle mie pretese che più lo ha infastidito, la
richiesta di mettere a verbale che il contribuente mette in discussione la validità
dello Studio di Settore SG41U: “Nemmeno io ho sentito una motivazione del
perché 1700… ma non c’entra, sono quelli che abbiamo mandato il questionario;
stiamo scrivendo una cosa che…”
Ciclicamente la discussione ritorna sullo stesso punto, l’effettiva dimensione
dell’universo degli Studi di Mercato e Sondaggi di Opinione, come lo chiamano
loro; obietto: “Ma non esistono nemmeno 200, capisce!”
Ma secondo l’Agenzia delle Entrate l’algoritmo di classificazione, pur nella sua
natura meramente numerica e pertanto inconoscibile, avrebbe miracolosamente
estratto e collocato nel mio cluster proprio gli istituti di ricerca e solo quelli! Sono
stato quindi esattamente classificato e giustamente smascherato come impunito
evasore; il capo-struttura me lo ricorda: “Nel vostro cluster ce ne sono 100!”
Ma tutti i cluster, non solo il mio, vengono descritti dallo Studio di Settore SG41U
come fossero costituiti da istituti di ricerca, per un totale di 740 istituti di ricerca
operanti in Italia regolarmente classificati nei 6 cluster! Contesto al capo-struttura
questa assurdità: “No, no, no! Voi state dicendo che ne esistono tante di più!”
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 58/65
Il capo-struttura preferisce rivolgersi alla funzionaria e detta a verbale: “La parte
ritiene di aver ampiamente documentato l’errore di applicazione dello studio di
settore ad un’attività particolare come quella di marketing.”
Riprendo in mano lo Studio di Settore SG41U e leggo: “Allora: il cluster 2 dice:
ricerche realizzate prevalentemente attraverso la metodologia delle interviste
personali, noi le facciamo, quindi noi rientriamo anche in questo cluster; ricerche
realizzate prevalentemente per le aziende che operano nel settore del largo
consumo, noi le facciamo; attività di ricerche di mercato e sondaggi di opinione
rivolte prevalentemente ad aziende che operano nel settore della comunicazione e
noi le facciamo. Poi: attraverso il metodo dei colloqui individuali e noi lo facciamo;
attraverso il metodo delle interviste telefoniche e noi lo facciamo. Quindi…”
Il secondo funzionario pensa sia il momento di fare dello spirito: “Quindi lei rientra
nello Studio di Settore! In tutti i cluster!”
È talmente sprovveduto che non capisce che sta facendo ironia proprio sul lavoro
dell’Agenzia delle Entrate; cerco di farglielo capire: “Bravo, bravo! Allora vuol dire
che tutti questi 1700…”
I consigli dell’Agenzia delle Entrate
Una volta che il capo-struttura che si è allontanato dalla stanza 314, il secondo
funzionario può dare sfogo alla sua vena amena, quella che ironizza sui
contribuenti: “Allora glielo ho detto come deve fare, deve dire a quelli che hanno
fatto il decreto, la commissione, mandando 1700 questionari, gli deve dire:
carissimi signori, siete degli imbecilli perché non ci sono 1700…”
A me da ridere non viene, mettergli le mani addosso non posso, cerco di ricordargli
la serietà della situazione: “Dirgli che siete degli imbecilli sarebbe il meno.
Comunque io quello che posso fare è avvertire la comunità internazionale degli
istituti di ricerca, che sono 8000 nel mondo, dirgli: c’è una novità, in Italia, secondo
lo studio di settore, ci sono 1700 istituti…”. Ma il funzionario a questo punto è
troppo euforico per contenersi: “Anche se il Burke ha chiuso! Noi stiamo parlando
di istituti di ricerca e non di società che fanno marketing!”
Rinuncio a replicare a quella che lui crede una spiritosaggine e continuo nel mio
discorso: “Perché l’universo deve essere quello. Se si parte da un errore
dell’universo… io spero di poter parlare con qualcuno che faccia queste cose qui in
modo che lo studio mi riguarda…”
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Lui ormai è inarrestabile, ritiene che l’intervento del capo-struttura gli abbia troppo
a lungo tarpato l’eloquio, a lui che tante amenità aveva da prodigare: “Ma perché
non si candida lei a rappresentare una parte delle società che lei ritiene …”. Glielo
avevo già spiegato, ma anche se non serve a nulla gli spiego ancora una volta: “Non
c’è un’associazione di categoria, ci sono delle associazioni…”.
E lui insiste: “Quando devono fare uno studio di settore ascoltano le categorie anche
se non sono costituite, lei si presenta e gli dice: Signori…”. Interloquire con lui è
inutile, ascolta solo sé stesso, si crede simpatico e spiritoso maramaldeggiando
impunemente, ma di quanto si sbaglia! Inutile cercare di farglielo capire: “Si sta
parlando con un muro, via; comunque complimenti di nuovo!”.
Il funzionario non si deprime per lo scarso entusiasmo con il quale accolgo i suoi
suggerimenti. Si sente in vena e continua a prodigare i tesori del suo spirito: “Lei
dice che non ci esistono 1700 aziende nelle sedi competenti…”. Io invece la vedo
da un altro punto di vista: “Non c’è ascolto, si parla d’altro. Non ci sono 1700
istituti in Italia, è l’universo che non c’è! È l’universo che non c’è! Se ce ne è una
sola di azienda in Toscana!”.
Anche su questo punto il funzionario ha da obiettare: “Lo dice lei!”
Già, infatti è proprio quello che ho detto e ripetuto senza farmi ascoltare; ma non è
che un istituto di ricerca possa affidarsi al passaparola per farsi trovare dai clienti,
deve avere una presenza pubblica: una sede, dei numeri di telefono, un sito web.
Deve essere reperibile su tutti i media, non può nascondersi. Basta interrogare un
motore di ricerca, basta consultare le Pagine Gialle: “Di quello che esiste sulla
carta, ce ne è una sola, imperfetta, inadeguata... per cui può suonare il campanello,
chiamare un numero di telefono… Qui c’è ne è una sola!”.
Dentro il cluster
Questa volta vengo preso di sorpresa. L’ameno funzionario, proteso alla ricerca di
una battuta, si produce invece in un quesito razionale: “E che fanno quegli altri del
vostro cluster?”
Come mi sarebbe piaciuto saperlo! Proprio lui che pretendeva che le ragioni sociali
delle aziende del cluster 3 dello Studio di Settore SG41U fossero coperte dalla
privacy, adesso ha l’impudenza di domandarlo a me! D’altra parte la descrizione del
cluster lascia poco spazio ai dubbi: se il 51% del cluster sono professionisti attivi
nel marketing… “Io penso che gli altri siano consulenti aziendali…”. E non solo
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consulenti ma professionisti del marketing diretto, che offrono alle aziende servizi
di ricerca dei clienti. Spiego al funzionario: “Ci chiedono continuamente questi
lavori, anche la Camera di Commercio chiede: ma voi potete fare… no! È proibito
per legge. Non possiamo farli, perché uno: non abbiamo la struttura, siamo un
titolare e 2 dipendenti, poi perché è contro la legge”.
2+2
Siccome la funzionaria è occupata a scrivere il verbale e a farfugliare con il
commercialista, c’è da aspettare prima di mettere fine alla riunione. Mi rivolgo al
funzionario che è di umore ciarliero e di tempo da perdere sembra averne molto a
disposizione; questa volta lo sollecito sul mio cavallo di battaglia: “Facciamo
un’ipotesi, facciamo un calcolo: un titolare e 2 dipendenti…”
Ma per il funzionario anche il numero dei dipendenti della mia impresa non è esente
da dubbi e sospetti: “Questo lo dice lei!”
Anche con uno come lui mi sembrava che almeno su questo ci si potesse ritrovare:
buste paga, contributi, etc. Insomma è un ufficio, non un cantiere. Mi permetto di
contraddirlo: “No, la struttura societaria è data: un titolare, 2 dipendenti; quanto
possono fatturare in un anno?”
Questo funzionario mi aveva ripetutamente provocato con i suoi commenti ironici;
però mi rendo conto che in fondo, cialtroneria e spudoratezza a parte, è pur tuttavia
un animale di migliore qualità rispetto al suo capo-struttura, che dei funzionari
dell’Agenzia delle Entrate meriterebbe ampiamente di rappresentare l’epitome. Il
funzionario sente che la discussione si sposta su un terreno poco sicuro: “Quello è
un altro discorso! Lasci stare…”
Non lascio stare proprio per niente: “Per essere presente nel settore industriale un
certo numero di dipendenti prevede un certo livello di fatturato; è così anche nel
settore dei servizi. Anche facendo quello lei vede che margini per centinaia di
migliaia di Euro non ci possono essere!”
Ci vuole altro per smuoverlo: “Il funzionario non può archiviare la pratica per
ascoltare la sua opinione! Quella è la sua opinione! La realtà va appurata!”
La realtà, medito io, per te è un Decreto Ministeriale che proclami che d’ora in
avanti 2+2 farà 5. A quel punto, serenamente e senza, esitazioni il funzionario
applicherà la direttiva sulla Nuova Aritmetica. Più sono stupidi più sono invincibili,
veramente.
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Fenomenologia dello studio di settore
Ma il funzionario ha anche altre cose da contestarmi e mi rimprovera amareggiato:
“Lei dice anche che non si applica lo studio di settore!”
Pacatamente gli obietto: “Il reddito ipotetico non deriva da un accertamento
sull’attività dell’istituto ma deriva da un calcolo eseguito sulla base di
un’agglomerazione di aziende…”.
Il funzionario mi rassicura: : “Forse non mi sono spiegato, quello è solo uno dei
fattori! È la realtà che lei ha, non le aziende, non è la media di tutte le aziende ma la
media del settore, capito?”
Spiegato ti sei spiegato, rifletto in silenzio, capire non ti ho capito, ma tanto è lo
stesso, chiedere lumi sarebbe solo fiato sprecato. Magari il funzionario crede, o
pretende di credere, che lo studio di settore, invece che un delicato strumento
d’indagine statistica, sottomesso alle costrizioni e limitazioni della rappresentatività
statistica, sia una tecnologia così penetrante da avere accesso alla cosa in sé, al
noumeno, alla indescrivibile realtà nascosta al di là dei fenomeni e al fluire delle
apparenze, che sarebbero poi nel caso concreto le mie scritture contabili!
Riprendo l’argomento, con la terminologia più elementare che riesco a mettere
insieme: “Un titolare e due dipendenti secondo lei quanto mai potranno fatturare in
un anno? Quel reddito lì è inarrivabile!”
Adesso il funzionario si arrocca, si mette sulla difensiva: “Non sono tenuto a
saperlo, non è di mia competenza!”
Questa volta in tono tranquillo gli contesto la sua pretesa ignoranza: “Lo sa perché
questo è un fatto elementare e lei lo sa, lo sa a livello personale, ma a livello di
argomentazione, come dire, istituzionale lei dice che non mi riguarda… questo è il
Decreto Ministeriale, l’ha deciso il Decreto Ministeriale, il Decreto Ministeriale
statuisce stà cosa dell’agglomerazione da cui si calcola una media di… non
corrisponde evidentemente alla vera struttura dell’ufficio, non corrisponde al fatto
che non ci siano altri istituti che facciano questa attività, quegli istituti che c’erano
hanno chiuso, perché non solo non guadagnavano ma ci rimettevano; e parlo di
multinazionali, di gente che ha migliaia di dipendenti nel mondo ma non ci sono
riusciti; 2, 3 anni e se ne sono andati. Lei sa benissimo questa cosa, lo sa ma non a
livello istituzionale...”.
Il commercialista interrompe per un attimo i suoi conversari con la funzionaria ed
interloquisce: “A livello individuale, a livello di…”
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Era meglio se il commercialista continuava a chiacchierare con la funzionaria; gli
replico: “Perfetto! E io parlo con…? Lui sa che 2+2 fa 4 ma istituzionalmente non è
tenuto…”.
La regina del marketing diretto
La funzionaria ha finalmente completato la stesura del verbale, lo stampa e me lo
presenta per la firma; ma prima di sottoscriverlo ritengo più prudente rileggere, non
è che non mi fidi ma insomma… Il commercialista trova eccessiva questa prudenza,
e dal suo punto di vista ha ragione, non sono mica in gioco i soldi suoi, e mi
sollecita: “Chiudiamo… tanto questo qui è soltanto il verbale di oggi, non è che…”
Mi permetto di obiettare: “No, invece è importante!”
Mi sembra in particolare che un punto della trascrizione delle mie affermazioni sia
carente e preciso alla funzionaria: “Vorrei girare questa parte in fondo: la parte
ritiene che nei diversi cluster figurino aziende che non eseguono ricerche di
marketing secondo le regole stabilite dalla legge che vieta esplicitamente attività di
marketing diretto quali ricerca di clienti e proposte di vendita.”
Di fronte alla perplessità della funzionaria le spiego: “Se sono coinvolte aziende che
fanno questa attività queste hanno un fatturato molto più alto! Fingono di fare i
sondaggi e poi vendono! Ci sono i call-center qui dentro! Qui c’è la Vanna Marchi,
capito?”
Il commercialista si informa: “E dove è andata lei?”
Lo rassicuro: “Lei è invincibile, lei non le fanno nulla! Figuriamoci!”
Mi rivolgo al funzionario: “Ora la inviterò a vedere casa mia… perché qui non si sa
la realtà della vita che vivono gli imprenditori tra l’altro…”
Il commercialista non ritiene di poter lasciare senza risposta un commento che
potrebbe anche suonare critico nei confronti dei funzionari dell’Agenzia delle
Entrate e mi vuole rassicurare sulla loro consapevolezza delle difficoltà della vita
degli imprenditori: “Lo sanno, lo sanno…”
Non ci credo e glielo confermo: “Non lo sanno, non lo sanno…”
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 63/65
Il frullato di marketing
La funzionaria legge dal verbale: “La parte ritiene che nei diversi cluster figurino
aziende che non eseguono ricerche di marketing secondo le regole stabilite dalla
legge che vieta esplicitamente attività di marketing diretto quali ricerca di clienti e
proposte di vendita. La parte ritiene che il cluster…”.
Non c’è assolutamente verso che trascriva le mie affermazioni, più cerco di
precisare più quella verbalizza strafalcioni che poi dovrei sottoscrivere; scoraggiato
la interrompo e propongo: “Questo lo può anche eliminare, se lo vuole lasciare lo
lasci, altrimenti lo elimini, perché è indirettamente specificato; vi confonde
semplicemente le idee… cioè, è stato fatto un frullato di marketing…”
Questa mi è venuta da sola; un frullato di marketing è un po’ come l’oracolo di
marketing di quel mio studente, metafore imperfette ma allusive ad un significato
che non viene compiutamente esplicitato.
Scripta manent
La funzionaria pensa che a questo punto la riunione possa essere sciolta: “Abbiamo
firmato tutti? Questa è la copia che devo firmare io, queste sono quelle firmate da
voi…”.
Mi accorgo che qualcosa manca, qualcosa che mi serva a documentare gli eventi
della giornata, la prova materiale della vera natura del cosiddetto contraddittorio. E
gliela sollecito: “Il foglio che mi ha dato prima me lo può dare, quello della
proposta?”
L’altro funzionario, che forse non si fida del candore della collega, interviene: “Ma
la proposta è già nel verbale”.
Manca un particolare però dal verbale, un particolare rivelatorio: “Sì ma non c’è la
cifra, ce l’ha di fronte a lei.”.
Il verbale del contraddittorio, nell’interpretazione dei funzionari dell’Agenzia delle
Entrate, deve riprodurre solo formulazioni preventivamente approvate e consolidate
nell’uso, in modo soprattutto che non possa venire maliziosamente utilizzato da
qualche contribuente riottoso per contestare alcunché a queste figure eroiche.
Persino il dettaglio economico della ‘transazione’ potrebbe ispirare, non si sa mai,
in una qualche sede qualche riflessione inopportuna.
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 64/65
Il secondo funzionario, ora che il capo-struttura si è allontanato dalla stanza 314,
prende il comando delle operazioni: “Noi la proposta economica nel verbale non la
includiamo!”
Questa la prendo male e mi lascio andare: “Questa è una follia! Fanno una proposta
economica, ci danno una cifra ma poi non ce la danno per iscritto! Ma via! Ma via!
Ma via! Ma qui non ci viene consegnato nemmeno quello che sarebbe il nostro...
L’etica è proprio andata a ramengo! Senza parole! Complimenti per la chiusura
dell’attività! Complimenti! È micidiale quello che fate! Voi azzerate quel poco di
buono che esiste ancora in Italia! Voi non sapete colpire la vera evasione, è quello il
problema! Voi date la caccia a quelli che già pagano, abbondantemente! Non siete
in grado di far altro!”
Chernobyl
Usciamo… dopo aver preso congedo dal commercialista mi allontano
scombussolato per il corridoio alla ricerca dell’uscita. Niente ascensore, meglio le
scale. Mi ritrovo sul retro della sede dell’Agenzia delle Entrate, è un’uscita laterale.
È ormai quasi mezzogiorno, salutato dal fischio di un treno in arrivo. Sono proprio
di fronte a quello che una volta era stato l’ingresso dell’Albergo delle Nazioni;
ricordo le bandiere delle varie nazionalità che in segno di accoglienza sbattevano
festosamente al soffio della tramontana. Adesso il piano terra è solo un cantiere,
forse ci faranno dei parcheggi. Magari, mi viene da pensare, la colpa di tutto è
proprio dell’Agenzia delle Entrate che, come una centrale nucleare in perdizione,
rivomita nell’ambiente circostante sciami invisibili di particelle malefiche.
Fine del primo atto
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In un’intervista all’Espresso Vincenzo Freni racconta e spiega le sue tribolazioni con l’Agenzia
delle Entrate
Guarda l'intervista su RTV38 sugli e/orrori dello studio di settore
Intervista a Nove, giornale on line di Firenze
Il giornale vita impossibile di un imprenditore
Le cronache di una persecuzione fiscale – atto primo – Il contraddittorio pag. 65/65