Missione Gutemberg 10 anni dopo: la tipografia Chaminade si

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Missione Gutemberg 10 anni dopo: la tipografia Chaminade si
Un’immagine dell’estate 2002, i ragazzi del primo nucleo di lavoratori con i Marianisti, i tecnici dell’Artigiana San Giuseppe Lavoratore e alcuni dei volontari vercellesi. Nella pagina a destro i volontari in “gita”.
Missione Gutemberg 10 anni dopo:
la tipografia Chaminade si espande
I nostri “gemelli” d’Albania. Cogliamo l’occasione di parlarne grazie alla visita lampo di
Damiano Tonello, religioso marianista impegnato a Lezhë (a 50
Km da Tirana e a 30 da Scutari)
nella locale comunità che fa capo
alla Provincia d’Italia della Società di Maria. In quella città dal
2002 opera la tipografia “Chaminade”, nata grazie alla “Missione
Gutemberg” a cui hanno preso
parte in modo determinante i tecnici dell’Artigiana San Giuseppe
Lavoratore, che hanno installato
il primo laboratorio e insegnato ai
ragazzi del posto i primi rudimenti
delle tecniche di stampa e legatura.
Ora la tipografia è cresciuta al punto che si sta lavorando per erigere
un capannone dove trasferirsi…
«Abbiamo acquistato il terreno e presto cominceranno i lavori, ormai stiamo stretti nell’attuale sede» spiega Damiano.
successivi. Abbiamo seguito fino a 600 ragazzi
da seguire nei giochi in spiaggia e nelle attività
giornaliere, fornendo loro anche il
pranzo. Nel 2001 si insediò la comunità vera e propria. Una delle
tante emergenze che si dovevano
affrontare era la mancanza di lavoro per i giovani, così con don Alberto di Vercelli, abbiamo pensato
di replicare l’esperienza dell’Artigiana San Giuseppe, anche perché
c’era e c’è, fame di libri, il regime
comunista aveva fatto tabula rasa,
nella scuola esistevano solo i testi
ufficiali, pieni di falsità e propaganda e l’editoria religiosa era naturalmente proibita, essendo stato
l’unico paese ad avere messo come
“religione di stato” l’ateismo».
E nell’estate 2002 da Vercelli arrivò un convoglio che portava i primi macchinari, capitanato
da don Alberto, con i ragazzi della comunità di
Billiemme e con Luca ed Emilio i tecnici della
nostra Artigiana…
«All’inizio coinvolgemmo 5-6 ragazzi nella
formazione, ora sono quattro i lavoratori impegnati. L’inizio fu naturalmente complicato e un
po’ pionieristico, ma poi negli anni abbiamo acquisito nuovi macchinari e oggi siamo una delle
due tipografie della città. Lavoriamo attivamente, con risultati molto professionali e gli stipendi
A Lezhë
in Albania
si afferma
l’attività
di stampa
avviata
dai volontari
vercellesi
Andiamo con ordine… con un po’ di storia della presenza Marianista in Albania.
«L’impegno albanese comincia nel 1996 spiega il religioso - quell’estate organizzammo a
Lezhë un campo mare per i bimbi e ragazzi locali, con l’aiuto dei giovani volontari italiani delle
nostre comunità. Ciò avvenne anche negli anni
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MISSIONE GUTEMBERG
10 ANNI DOPO
dei nostri ragazzi sono più
alti rispetto alla media albanese. Il 50% della produzione
è a favore della Chiesa locale,
per la stampa dei libri e degli
opuscoli liturgici, per il resto
stampiamo libri di testo per
le scuole e poi lavori commerciali anche a colori. E poi
c’è una curiosità interessante, vengono da noi tante famiglie, sarebbe più corretto
dire molti “clan”, a stampare
libri che contengono la storia
delle famiglie, da regalare ai
vari membri. Infatti è in atto
un recupero della memoria.
Fioriscono anche autori di
narrativa, poesia, saggistica.
Tanto che stiamo pensando
di creare una piccola casa
editrice. Dopo cinquant’anni
di oppressione comunista c’è
voglia di esprimersi, di comunicare».
Questa
considerazione ci apre le porte a una
nuova domanda, com’è
cambiata la società albanese in questi ultimi dieci
anni?
«Dopo il 1991 ci fu un fenomeno di urbanizzazione
spinta con l’abbandono delle campagne, causa di tanti
problemi, a cominciare dal
lavoro. Per questo molti sono
venuti in Italia. Ora invece
assistiamo ai primi casi di
professionisti che si sono formati all’estero e che ritornano per aprire loro aziende in
patria. È in corso anche il ritorno verso le campagne, sta
nascendo la meccanizzazione
agricola, con i primi trattori
e mezzi, fino a pochi anni fa
non esistevano quasi. L’economia albanese è supportata
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dalle rimesse degli emigranti.
Il paese conta circa 3 milioni di abitanti, ma ben
sei milioni di albanesi
sono emigrati. In Italia sono
500.000, in Grecia erano di
più: 700.000 ma adesso tornano per via della crisi. Ma
c’è anche l’emigrazione di italiani in Albania… Sono docenti universitari e studenti,
a Tirana ci sono università
italiane che hanno aperto
Facoltà dove si insegna in
italiano, lingua abbastanza
conosciuta nel Paese, e una
buona parte di allievi viene
qui perché costa tutto meno.
Le aziende italiane sono presenti massicciamente, producono semilavorati, oppure
gestiscono call-center.
L’Albania è anche un crocevia di traffici illeciti, droga e armi, controllato dalle
varie mafie locali o italiane.
Dal punto di vista etnico-religioso, solo il 18% è formato
da cattolici concentrati al
nord, molti di più gli ortodossi, circa il 30-35%, a Tirana
e al sud. Metà degli albanesi
sono di fede islamica. Ma non
esiste un’identità religiosa
forte, l’eredità materialista e
atea si fa ancora sentire. Ai
tempi del regime si battezzava di nascosto e se ti prendevano era la galera... C’erano
spie in ogni nucleo famigliare, pronte a tradire i loro
cari. Ciò ha compromesso i
rapporti di fiducia maritomoglie, gli effetti si pagano
ancora oggi».
Come è strutturata la
vostra comunità marianista?
«C’è padre Jesus Madinabeitia che segue la parrocchia, io mi occupo della
tipografia, in precedenza seguita dal confratello Davide
Gozio mentre Luciano Levri sta seguendo il progetto
più importante di integrazione dei bambini Rom di tutti
i Balcani» (vedi pagina seguente).
Dunque, la presenza marianista a Lezhë è stata ed è
il lievito di una crescita spirituale, culturale e umana.
In questo contesto l’eredità
di Placido Vidale è presente e fertile, un pensiero che ci
scalda il cuore in questo tempo di crisi.
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MISSIONE SCUOLA
PER I BAMBINI ROM
Sopra l’arrivo di una nuova macchina nel 2004.
In alto a destra un’immagine più recente riferita al progetto di scolarizzazione dei bimbi Rom.
Bambini Rom a scuola: dall’Albania
un programma modello di integrazione
«La mancanza di denaro faceva sì che fossero pochissimi
i Rom che mandavano i figli a
scuola. I bambini vivevano sulla strada, chiedevano l’elemosina sul ponte del fiume Drin
e accompagnavano i genitori a
vendere “stracci” lungo la strada vicino al mercato e la disoccupazione dei ragazzi più grandi appartenenti alle minoranze
era altissima, perché nessuno
di loro era specializzato in un
mestiere. I rapporti con i “bianchi”, erano difficilissimi. I Rom
soffrivano di una forte discriminazione sociale, che culminava
nell’emarginazione e nel rifiuto. La legislazione statale non
proponeva risposte adeguate e
non si faceva carico di alcun sostegno alle minoranze».
Sono parole di Luciano Levri, religioso marianista impegnato a Lezhë, ideatore del
progetto di scolarizzazione dei
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bambini Rom del posto. Questa era la situazione rilevata
nel 2004. La cittadina albanese
ha circa 20.000 abitanti e ben
3.000 di questi sono di etnia
Rom, vivono in un quartiere
degradato: Skendenberg in
baracche di fortuna o in vecchie
case del regime comunista, stipati in alloggi fatiscenti per affitti anche di 40 euro al mese,
un patrimonio da quelle parti.
«Oggi non vedi più un bambino in giro a chiedere l’elemosina - commenta Damiano
- almeno non durante i giorni
di scuola. Un risultato incredibile, sono circa 200 i bambini
che ora frequentano le lezioni e
sono mediamente più bravi dei
compagni perché al pomeriggio
frequentano il nostro doposcuola che sopperisce alle carenze
dell’educazione scolastica loro
impartita».
Il servizio si rivolge ai bam-
bini della scuola dell’obbligo
(ovvero le prime 9 classi) ma
da qualche tempo il modello si
è esteso alle materne e all’asilo. Il meccanismo ideato è assai
efficace, le famiglie sottoscrivono un “Patto per tuo figlio”.
«Noi promettiamo di aiutare
i loro figli nel cammino scolastico - dicono i Marianisti - e
dall’altra parte, i genitori si
impegnano a mandarli a scuola
tutti i giorni, a non obbligarli a
chiedere l’elemosina e ad essere
presenti agli incontri formativi
che noi organizziamo per loro».
Le borse di studio sono lo strumento utilizzato, esse comprendono anche “pacchi” di generi
alimentari per le famiglie che
in questo modo sono ulteriormente sostenute. I Marianisti
monitorano il comportamento
degli alunni, specialmente le
assenze, e ne seguono l’inserimento nella classe.
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MISSIONE SCUOLA
PER I BAMBINI ROM
Gli esordi del progetto non
furono facili, come ricorda fratel Luciano: «All’inizio iscrivere
i bambini rom alla scuola statale, era una contrattazione continua: ogni direttore di scuola
cercava di accettarne il meno
possibile per paura che la scuola o la classe venisse chiamata
“la scuola o la classe dei rom”».
Nel 2004 erano solo 25 i
bambini, 7 anni dopo sono sette volte di più...
«Il rapporto con la scuola è
molto migliorato, grazie al nostro lavoro, all’impegno di alcuni insegnanti e di un nostro
“mediatore culturale Rom”
che collabora con noi per risolvere i problemi che nascono
all’interno della scuola e anche
per controllare assenze, risultati scolastici, problemi con le
famiglie. La stessa direzione
didattica, due anni fa, apprezzando la nostra iniziativa, ha
deciso di mettere a disposizione
un loro insegnante per aiutarci
nei nostri doposcuola».
Intorno a questo virtuoso
esempio di promozione umana
e sociale si sono aggregate altre
realtà, la Diocesi locale con
il Vescovo, le autorità e l’associazione “Occhi Futuri”.
L’investimento nella scolarità è infatti un enorme moltiplicatore di integrazione per
il futuro, crea le premesse per
la crescita culturale e per nuove possibilità lavorative. Dopo
decenni di pregiudizi incrociati
fra albanesi e Rom la situazione è cambiata parecchio: «Oggi,
dopo 7 anni di lavoro - spiega
Levri - , di tentativi di scolarizzazione, di insistenza sui diritti che bisogna conquistare con
fatica, perché nessuno li regala,
possiamo dire che le famiglie
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Ragazzi Rom nell’aula di informatica allestita nel centro Marianista che ospita il doposcuola. La preparazione scolastica curata dai religiosi è conforme agli standard
educativi più moderni e collaudati.
Rom apprezzano lo sforzo che
facciamo per i loro bambini,
chiedono informazioni, ci portano la dichiarazione del medico
per qualche eventuale assenza, oltre che essere attente ai
risultati mensili che noi diamo
sull’andamento scolastico dei
figli».
Partendo dalla scolarizzazione i Marianisti sono entrati nel
cuore della comunità Rom. Ecco
come. «Ogni due mesi i genitori
sono convocati presso il nostro
centro - ricorda Luciano - per
trattare un problema che nasce nel quartiere o nella scuola. Per esempio lo scorso anno
abbiamo trattato il problema
del bullismo a scuola, poiché
alcuni nostri ragazzi erano
stati picchiati senza motivo da
ragazzi più grandi; oppure la
“Gjakmarje” cioè “riprendersi il sangue” con la vendetta: la
riunione era stata organizzata
dopo alcuni fatti di sangue avvenuti nel quartiere Rom; oppure sull’“identità Rom” che
non viene manifestata, dichiarata e valorizzata da nessuno.
Alla fine di ogni riunione si fa
conoscere l’andamento scolastico del figlio, le assenze fatte, le
votazioni ricevute, i giudizi dei
professori. Per la scuola ma-
terna gli argomenti vertono soprattutto sull’igiene, la pulizia,
le malattie tipiche dei bambini,
il ruolo dei genitori nella crescita dei bambini... ecc.».
I destinatari del progetto
sono: 15 bambini da 2 a 3 anni
che frequentano l’asilo nido;
45 bambini da 3 a 6 anni che
frequentano la scuola materna;
100 bambini da 6 a 12 anni che
frequentano la scuola elementare; 70 bambini da 12 a 15
anni che frequentano la scuola
media; 170 bambini per il doposcuola; 100 bambini per le attività ludico-ricreative; i genitori
e le famiglie dei 240 bambini
per le attività formative; le famiglie di 170 bambini per il
pacco viveri.
Un progetto d’eccellenza che
non ha eguali nella regione e
che dovrebbe essere preso a
modello ovunque ci sia un problema di integrazione. A livello
di istituzioni solo la Provincia
Autonoma di Trento ha erogato un contributo, per il resto
solo donazioni di persone legate
alle comunità Marianiste.
Certo le risorse oggi in Europa sono quello che sono, ma
investire in Pace (perché in
fondo di questo si tratta) non
ha prezzo...
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