Charles Trenet - museo parigino a roma

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Charles Trenet - museo parigino a roma
Charles Trenet
le fou chantant
9 - 22 aprile 2011
Tarquinia
Sala Grande della Biblioteca Comunale
COMITATO ORGANIZZATORE
COMUNE DI TARQUINIA
Assessorato alla Cultura
MUSEO PARIGINO A ROMA
con il patrocinio di
Comune di Tarquinia
Angelo Centini, Assessore alla Cultura
Maria Lidia Perotti, Responsabile dell’Ufficio Cultura
Museo Parigino a Roma
Cristiana Mancinelli Scotti
Cesare Nissirio
Giovanni Truncellito
Ufficio Stampa
International Presse Service
Allestimento della mostra e art director del catalogo
Arch. Giovanni Truncellito
Il Museo Parigino a Roma ringrazia
tutte le Istituzioni Pubbliche partecipanti alla mostra
e i loro collaboratori,
inoltre e in modo particolare:
COMUNE DI GRENOBLE
Jean-Marc Rochereau de La Sablière
Ambasciatore di Francia in Italia
Marie-Claire Nepi
Vice Sindaco del Comune di Grenoble
Serge Hureau
Direttore del Hall de la Chanson - Parigi
Mauro Mazzola
Sindaco di Tarquinia
In collaborazione con
LE HALL DE LA CHANSON – PARIGI
Centre National du Patrimoine de la Chanson
Il Museo Parigino a Roma gemellato
con il Musée de Montmartre di Parigi
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Angelo Centini
Assessore alla Cultura
Maria Lidia Perotti
Responsabile dell’Ufficio Cultura
Giovanni Sartori
Responsabile del Settore Cultura
Luca Gufi
Responsabile della Biblioteca Comunale di Tarquinia
Luciana Rendimonti
Biblioteca Comunale di Tarquinia
Angelo Filosomi e lo staff della Tipografia Ceccarelli
Presentazione
l Comune di Tarquinia è lieto di promuovere ed accogliere nella Sala Grande della propria Biblioteca la
mostra su Charles Trenet, uno degli artisti europei affermatosi nel mondo intero grazie alle sue canzoni, alla sua
poesia.Il ponte culturale con il Comune di Grenoble e
con le prestigiose istituzioni parigine oltre che con
l’Ambasciata di Francia in Italia costituisce motivo di
particolare
soddisfazione
presso
la
nostra
Amministrazione comunale.
Auspico che il legame appena intrecciato con Le Hall de
la Chanson di Parigi possa dare anche in futuro nuove
iniziative e di ciò ringrazio in modo particolare Serge
Hureau, fondatore e direttore di questo prestigioso centro statale francese di ricerca e studio del varietà, della
canzone e del music-hall.
Un particolare ringraziamento vada anche a S.E. de la
Sablère, Ambasciatore di Francia in Italia e a MarieClaire Nepi, vicesindaco di Grenoble che ha voluto
avviare il ponte culturale fra Tarquinia e la sua città che
vide Sthendal console di Francia nella vicina
Civitavecchia ed assiduo frequentatore della nostra città.
Non manchi alla nostra gratitudine il Museo Parigino a
Roma che attraverso le sue collezioni create da Ce3sare
Nissirio, porta a Tarquinia sempre diverse, accattivanti
iniziative culturali.
Le note di Charles Trenet, con questa ricca, importante
esposizione, accompagneranno idealmente il visitatore
che potrà immergersi nelle straordinarie atmosfere della
canzone francese più celebre in compagnia anche degli
I
interpreti ed amici di Trenet da Tino Rossi a Edith Piaf,
da Yves Montant a Charles Aznavour e a tanti altri esponenti della cultura artistica che hanno fatto da contrappunto alla vita effervescente di Trenet.
Angelo Centini
Assessore alla Cultura
del Comune di
Tarquinia
U
na nuova occasione unisce il Comune di Grenoble
al Comune di Tarquinia nel nome di Charles Trenet
al quale si rende oggi omaggio a dieci anni dalla sua
scomparsa. Che cosa lega i nostri due comuni in questo
ponte culturale all’insegna della musica? Il grenoblese
Standhal, console nell’ottocento presso Civitavecchia è
stato sovente frequentatore di Tarquinia, la cosidetta
città francese a causa delle presenze plurisecolari dei
francesi nel suo territorio. Un ringraziamento sentito
vada al Comune di Tarquinia per l’ospitalità concessa.
Marie Claire Nepi
Vice Sindaco di Grenoble
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TIPOGRAFIA CECCARELLI
prestampastampaallestimento
Via Cordelli Scossa, 83 - 01025 Grotte di Castro (VT) - tel. 0763.796029-798177 - fax 0763.797230 - [email protected]
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c o n o s c e n z a
e
c o m p e t e n z a
a l
t u o
s e r v i z i o
La preferita del Museo Parigino a Roma
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Charles Trenet
le fou chantant
a cura di
Cesare Nissirio
Testi di
Serge Hureau
Cesare Nissirio
Jacqueline Risset
Alvise Sapori
Charles Trenet
Le fou chantant
a mostra propone una delle figure emblematiche del
panorama musicale francese e internazionale,
Charles Trénet, il fou chantant, l’eterno fanciullo, il
poeta della canzone. Egli, a giusto titolo, considerato un
monumento della canzone d’autore (Narbonne il 18
maggio 1913 - Créteil, 19 febbraio 2001), è stato infatti autore, compositore e interprete delle proprie canzoni ma soprattutto modello ineguagliabile nella produzione musicale “leggera” francese. La canzone con lui autore fra i più prolifici con le sue oltre mille canzoni si è nutrita di poesia lieve, ironica eppur incisiva, facilmente portata a memoria dai francesi ma non per questo banale. Al contrario. La qualità straordinaria sia nei
testi che nella musica ha fatto di lui il “padre” della canzone moderna. Influenzato dalla musica americana e dal
jazz ha avuto l’audacia di creare una frattura con il
mondo della rivista imperante per affrontare un repertorio più vicino all’animo dei francesi ed ai loro sentimenti: La folle complainte, Que reste-t-il de nos amours, La
mer, L’âme des poètes sono pagine della storia della canzone mondiale. Ha iniziato la sua carriera in duo con
Jhonny Hess per separarsi nel 1937. Maurice Chevalier
in quello stesso anno ha presentato al Casino de Paris la
canzone Y’a d’ la joie di Charles Trénet, che presto sarà
chiamato in tutta la Francia Le Fou chantant. Nel 1938
è stato all’ABC. Ma la mostra, costituita da grandi
manifesti, spartiti, dischi, libri e riviste ilustrate, documenti costituisce una passerella nel mondo della canzone. A Trenet si affiancano alcuni suoi interpreti ed amici,
L
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da Mistinguett a Maurice Chevalier, da Jean Sablon a
Tino Rossi, a Lucienne Boyer, Jacqueline François sino
a Brassens, a Edith Piaf, a Yves Montand, ai quali si
aggiungono Gilbert Becaud, Charles Aznavour, Juliette
Gréco ed anche molti altri esponenti del mondo culturale fra cui Jean Cocteau, Salvador Dalì, Lesile Caron.
La sua vita ha prodotto una canzone dietro l’altra, anno
dopo anno, presso i più celebri cabarets e teatri parigini
da Bobino, all’ABC (1938), all’Olympia, dall’Europa
all’America, sino alla fine della sua meravigliosa esistenza. Una esistenza, dai suoi primi passi a Narbonne e
Perpignan ai profumi della sua cara Antibes, una lunga
vita che non si è risparmiata mai e che lo ha visto persino protagonista nel cinema sia francese che americano
con testimonianze in questa mostra. Insomma un per-
corso al quale non si sarebbe mai sottratto per non privarsi di quella “joie de vivre” che è stato il suo vessillo,
almeno sino al 2011. Postumo, è apparso in Francia un
CD dal titolo “Je n’irai pas à Notre-Dame” con una serie
di canzoni inedite. Come dire, l’avventura non è finita e
difficilmente potrà esaurirsi.
Cesare Nissirio
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Une seule petite lettre et le tour est joué
C
harles Trenet dans les années 70 du siècle passé a
écrit et chanté «Le revenant» qu’on s’en souvienne.
On était prévenu, il revient aujourd’hui, dix ans après sa
disparition, nous hanter encore faisant rimer ce verbe
avec chanter comme au final de son succès «Je chante».
Cette chanson qui, au-delà de sa première allègre apparence, si on y prête attention, raconte l’histoire d’un
vagabond artiste qui , tel une sorte d’ Arlequin pour ne
plus souffrir la faim et la mendicité, se pend au poste de
police (pardon chez les gendarmes comme au Théâtre de
Guignol). Les personnages de la méditerranée, qu’on
sait inspirés de l’Orient, habite l’ imaginaire de Trenet
qui comme Brassens son admirateur cadet, est natif d’un
Sud de la France à la frontière de l’Espagne, à l’esprit de
carnaval exceptionnellement vivace. Avec truculence les
fanfares dites «coblas» qui accompagnent les «sardanes»
dansées en ronde par les catalans de tous âges, «bandas»
de mascarade et de carnaval tout cela baigne et inspirera
son œuvre musicale et poétique tout autant que le
fameux swing que lui inspira. Mireille véritable initiatrice du genre en France.
Trenet écrira à la fin de sa vie une chanson où il affirmera son but secret d’entrer dans le folklore, un peu naïvement il faut bien le dire, exprimant là d’une certaine
manière un ambivalent goût pour les grandeurs et pour
la modestie. Ainsi, se rappelant que les chansons durant
des siècles s’écrivirent comme cela, il collera ses propres
mots sur des chansons traditionnelles Au Clair de la
lune ou le Roi Dagobert...
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Comme un enfant perdu
C’est non pas dans le monde de la ville mais de la campagne qu’il va puiser son inspiration. Il faut dire qu’avec
l’arrivée des «congès payés» gagnés de haute lutte par le
front populaire la campagne est à la mode le petit peuple des villes la redécouvre lui qui quelques générations
avant l’avait quittée pour gagner sa vie. Trenet lui à l’inverse ne rêve que de grandes villes et parmi toutes de
Paris qu’il découvrira plus tard en montant à la capitale,étape indispensable, car dans le pays centralisé qu’est
la France hors Paris pas de réussite.
Paris il l’aimera d’amour, la faisant sienne, car chacun le
sait Paris se donne à qui la désire, avec partage à la différence chauvine des provinces de France.
Trenet se pense très tôt comme voyageur plus encore,on
l’a dit déjà; il se pense trimardeur , journaliers et vagabond. Le vagabond semble son moi idéal, l’ homme
libre, celui qui dort à la belle étoile, comme si l’an
n’avait pas d’hiver, celui aussi qui attire et fait peur tout
à la fois, le nomade.
Joie et mélancolie
Comme «Jean qui rit/Jean qui pleure» personnage de
conte pour les enfants, le petit Charles semblera courir
après des joies multiples alternées de tristesse plutôt que
de rechercher la stabilité d’un bonheur qu’il n’atteindra
probablement jamais.
Ceci aux dires de sa mère lui jetant cela comme un sort,
toute culpabilisée sans doute par son divorce d’avec son
notaire de mari, quand le petit avait moins de dix ans.
Trenet s’il vouera un véritable culte à sa mère ne cachera jamais sa grande agressivité envers elle. Elle sera pour
lui celle qui délaisse, abandonne et tout en même temps
stimule. Ainsi Trenet va -t-il demeurer sa vie durant un
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enfant souffrant avec jouissance son syndrome de Peter
Pan comme feu notre contemporain Michael Jackson,
cette terrible nostalgie de l’enfance si féconde aux artistes de la scène dont l’activité en français se dit
«jouer»comme on nomme aussi l’activité des enfants.
Donc en des temps où cela ne se faisait guère, au risque
de passer pour «une femme de mauvaise vie» anathème
fait aux femmes libres, sa mère avait courageusement
choisi son bonheur en « refaisant sa vie avec un autre »,
divorçant les laissant lui et son frère enfermés dans un
pensionnat de leur Catalogne natale. Sa vie durant
pourtant l’artiste restera attachée indéfectiblement à sa
région natale et à sa mère , seule fidélité en somme: celle
qu’il voue à son enfance, règle d’or de son inspiration.
Écoutez Le petit pensionnaire ou Les petits punis pour
vous en convaincre.
Un messager volage et envolé
Dans sa vie privée comme professionnelle, les deux
additionnés étant reflet de chacun, il se montrera souvent infidèle et capricieux mis à part envers la maison
d’éditions de ses débuts Raoul Breton aujourd’hui propriété de Charles Aznavour et Gérard Davoust, laquelle
renferme le trésor presque complet de ses œuvres essentielles. Volage comme un oiseau, comme Peter Pan et
Mercure ou Hermès qui inspirèrent sa posture en scène:
une grande légèreté de mouvement dans un costume
souple le tout surmonté d’un chapeau de feutre relevé
sur le front et faisant dépasser des bouclettes dorées.
La légende dit que c’est en passant le porche de l’hotel
de Noailles à Marseille que relevant la tête vers la statue
de Mercure, accrochée en cariatide, il eut cette révélation qu’il manquait un élément à son personnage: son
chapeau de feutre qui deviendra mythique comme le
catalan Albert Bausile. il n’eut de cesse d’attirer leur intérêt et mériter leur reconnaissance, se voulant «poète surréaliste», pour lui le plus beau des compliments.
Ainsi Jean Cocteau le poète, reconnu aussi en tant que
peintre-dessinateur (ce que lui ne réussira pas) l’a représenté dessiné avec des ailes de Mercure-Hermès.
Trenet imaginera dans une de ses chansons un facteur
qui s’envole et dans une autre un ange bleu portant ses
lettres au Bon Dieu. Comment ne pas le figurer luimême de la sorte? Comme un messager, dans le sillage
de Maurice Chevalier qui le chanta, il a colporté par le
monde une certaine image de la France , toute imaginaire et quotidienne à la fois. Il a fait passé de simple succès à véritable standard sa chanson La mer, un petit
poème griffonné dans son adolescence.
Refusée en France les USA s’approprièrent cette chanson comme ils le feront plus tard avec Les feuilles mortes
ou Comme d’habitude. Alors, les américains chez lui
n’apprécièrent pas le«swing» qu’il leur avait emprunté
via Mireille, mais sa singularité, une couleur inconnue
chez eux. Charles Aznavour, qui lui de même a conquis
les U S A, insiste sur ce point: les Américains apprécient
les artistes qui apportent ce qu’eux n’ont pas encore,
plutôt que leurs besogneux copieurs.« Un pt’it français,
rien qu’un enfant, tout simplement »
C’est ainsi que Trenet se décrit dans sa chanson
Revoir Paris.
canotier de Maurice Chevalier à qui il confia sa chanson
«Y a d’ la joie» avant de la reprendre pour en faire un de
ses succès propres. Fasciné par les poètes homosexuels
qui, comme lui, surent imposer leur respect, Max Jacob
et Jean Cocteau que lui fit découvrir son Pygmalion
Il se connaît bien et, au contraire de ce qu’il y paraît, il
dit tout de lui. Il le dit si clairement qu’on ne veut quelque fois admettre sa vérité pourtant aussi visible que le
nez au milieu de la figure. Trenet éternel nostalgique ce
jusqu’à l’inquiétude, répétons-le, semble se vouloir tou7
jours petit comme pour se mieux placer dans son monde
d’images ou de conte, un monde de «dessin animé»
dirait-on de nos jours. Ah! Le dessin et la peinture, ses
amours contrariées, une blessure d’échec pareil à Serge
Gainsbourg qui se disait peintre raté. Assez vite la famille petite bourgeoise de Charles, décide qu’il sera architecte comme son oncle parce qu’il a un joli petit don
pour le dessin et la peinture considérée comme seul art,
celui qui fixe. Chez lui on fait de la musique en famille,
c’est l’usage. Papa joue du violon, d’autre du basson, du
piano etc... Grâce aux talents conjugués de chacun de
ses membres on peut constituer un orchestre.
Ainsi on passe des après-midi où Les enfants s’ennuient le
dimanche, autre titre évocateur de Trénet où on ne rencontre durant d’improbables promenades «... que les
mannequins qui font des sourires aux vitrines des grands
magasins...»
Lui, dans ce cercle fermé ne joue de rien, à ce qu’il dira
dans sa chanson, La famille musicienne . Alors à l’écart il
observe et décrit avec le pouvoir de devenir tous à la fois.
Il tire là sa part de lion. Sa chanson De la fenêtre en haut
va l’exprimer superbement.
A part
Cet «a parte» comme on dit au théâtre est, à n’en pas
douter, aussi celui de l’homosexuel, désir du même mêlé
toujours chez lui de celui de retrouver son enfance passée , ce temps béni où tous les possibles était de mise.
En «a parte» ce «Fou chantant», tel qu’il fut et accepta
d’être surnommé, nous parle. Il se confie de la sorte à
notre libre interprétation d’auditeurs et de spectateurs,
car chez lui il y a autant à entendre qu’à voir par le truchement de l’évocation et de la métaphore, du jeux de
mots et du double sens, usage d’ ingrédients dont il a le
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secret. De notre avis partagé avec celui de Charles
Aznavour les chansons où Charles Trenet nous confie le
plus clairement les clefs de son univers sont La folle complainte où paradoxes et contradictions voisinent aveux et
pudeurs extrêmes en un véritable testament, Le jardin
extraordinaire où bucolisme et libertinage, thèmes bien
français s’il en est , débordent les limites des domaines
interdits. Évocation de la disparition biblique la première finit par: «...Poussière était mon nom».
Pour la seconde, dissipation dans les bosquets de jardins
de rencontres poursuivies par la morale Trenet se fait
Orphée de pacotille comprenant le langage des bêtes.
Il y a des canards qui parlent anglais.
J’leur donne du pain.
Ils remuent leurs derrière en m’disant
Thank you very much monsieur Trenet.
Ici, c’est peut-être bien de dissipation à tous les sens du
mot que Trenet nous parle, disparition et perdition.
Ainsi, volatilisé, incognito comme au bal paré-masqué,
thème qui traverse plusieurs de ses autres chansons-clefs
(Le Menuet du Roi et la Tarentelle de Caruso spécialement recommandée, à nos amis d’ Italie) il apparaît tel
un revenant certains soirs, ses chansons nous regardant
«de la fenêtre d’en haut » pour se moquer de nos tendances à faire de nos poètes des idoles de cire de Musée
Grévin.
Paris, le 20 Mars 2011.
Serge Hureau
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Cantando con Racine
È
forse in Charles Trenet, “le fou chantant”, - oppure
come è stato definito dal suo biografo Noël Balen,
“il testimone esaltato del secolo” - che si può trovare il
segreto della canzone francese dei nostri tempi. Fin dall’adolescenza, Charles Trenet era venuto a contatto con
intellettuali e personaggi cosmopoliti. Quando l’amata
madre Marie-Louise si trasferì a Berlino nel 1928, il giovane, allora studente indisciplinato e ribelle del liceo di
Narbonne, la raggiunse e vi rimase per un anno, frequentando una scuola d’arte. Berlino in quegli anni
viveva ancora un periodo di speranza e la vita mondana
era brillantissima. La madre e il suo compagno Benno
Vigny, legato al mondo del cinema muto, ricevevano la
società artistica della città: Fritz Lang, Joseph von
Sternberg, Kurt Weil e anche Marlene Dietrich al suo
debutto. Più tardi a Parigi, quando Charles Trenet tenne
il suo primo concerto da solista nel cabaret ABC di
Montmartre, nel marzo del 1937, venne acclamato da
Cocteau, da Max Jacob, da Colette, da Maurice
Chevalier, da Joséphine Baker. Fu un trionfo, l’inizio di
un mito. Quel cantante mite e svagato, che faceva rimare Francia con “enfance”, proclamava negli anni più bui,
la presenza della gioia “Y’a d’la joie”. Autore di canzoni
dalle parole semplicissime, era legato a scrittori in apparenza lontani dalle fonti della sua ispirazione, a Jean
Cocteau, il poeta surrealista dissidente, mondano e solitario, effervescente e ascetico a un tempo. A Max Jacob,
esigente e funambolesco, maestro di poeti “interiori”,
come Edmond Jabès. Sconosciuta per lo più un’amicizia
di gioventù, nata negli studi cinematografici di Jonville,
dove entrambi lavoravano: quella di Antonin Artaud,
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che proprio allora stava elaborando la sua rivoluzionaria
concezione del Teatro. Erano lunghe conversazioni sul
luogo del lavoro, prolungate poi negli incontri serali alla
“Coupole”, al “Dôme”… tuttavia Trenet non si considerò mai un poeta, nel senso in cui intendeva la “grande
poesia”: La grande poesia non ha bisogno di musica: la piccola poesia si è rifugiata nella canzone, e ho visto troppi
grandi poeti perché mi possa scambiare con uno di loro.
Ma quel mito ha un segreto. Un segreto che, ancora
oggi, fa delirare per l’entusiasmo il pubblico del Palais
des Congrès alla Porte Maillot, ogni volta che vi appare
il vecchio “fou chantant”. Nel 1937, agli inizi, la novità di Trenet consisteva nella semplicità sorprendente
della parole, nel tono insolitamente gaio delle melodie e
nella tonicità del ritmo. Era l’epoca delle canzoni tragiche - “noires” o “réalistes” (quelle di Damia, o Fréhel),
oppure, nella produzione corrente, degli stereotipi sentimentali di sempre. Trenet fu un ciclone di freschezza…
E oggi a distanza, si può cogliere meglio il senso di quella “rivoluzione”: in quelle canzoni si esprime una vena
fondamentale della lingua poetica francese, chiara e
seducente, il che evoca, al suo livello più alto, quella più
tesa e abbagliante del teatro di Racine: un linguaggio
poetico trasparente, sintatticamente semplice, dal lessico
povero e allo stesso tempo denso ed essenziale.
Quella trasparenza di Racine, quella musicalità quasi
impercettibile, “soluble dans l’air”, l’aveva scovata, alla
fine dell’Ottocento, Verlaine, appoggiandosi sulle innovazioni del “verso libero” e integrando anche, contro la
grande tradizione enfatica e simmetrica dell’alessandrino
francese, il lieve zoppicamento dei versi dispari. Più tardi
Apollinaire, legato allora ai futuristi italiani, cancellando
nel 1911 dalle bozze del suo libro “Alcools” ogni segno
tipografico, farà un passo ulteriore. La punteggiatura,
legata all’ordine logico della frase, scompare. Così tutte le
parole delle poesie reagiscono liberamente l’una sull’altra, come avviene nella poesia orale. Charles Trenet,
facendo sue nei testi delle canzoni le novità della grande
poesia contemporanea, non faceva altro, forse che
“riprendere alla letteratura il suo bene”, così la poesia
doveva, secondo Verlaine, “reprendre à la musique son
bien”. In effetti, riavvicinando la canzone a Racine – alla
lingua più pura e più essenziale che la poesia francese
abbia mai conosciuto - significava farle ritrovare anche
certi aspetti della canzone popolare antica, in cui la tradizione più immediata, più semplice e anonima, si avvaleva dello strumento affinato e accessibile a un tempo
della grande poesia nazionale. Il segreto di Charles Trenet
è appunto in questo: che lo si può ascoltare sia come una
nuova versione, discreta e lieve, della poesia più colta
(Racine, appunto, Nerval, Verlaine, Rimbaud,
Apollinaire, o René Char), sia a partire dai ritornelli
infantili, dalle filastrocche delle nonne. Anzi, nelle sue
arie, due versanti - alto e popolare - sembrano incontrarsi e riconoscersi l’un l’altro. Arie portatrici di un altro
segreto: il jazz. Charles Trenet, vero testimone del secolo,
in effetti, ha suonato insieme a Django Reinhart, Louis
Armstrong, Duke Ellington. Da essi ha preso quella sua
andatura swing, ardita, ricca di energia…
Mito dunque, quello di Trenet, fatto di elementi complessi e semplici, che creano in chi l’ascolta la nozione di
una felicità possibile, reale, accessibile (“années folles” e
“dolce Francia”, music-hall e profumi di campo), che
incontra e risveglia figure centrali del nostro immaginario, e che impregna le migliori canzoni francesi di oggi.
Jacqueline Risset
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Quel est mon destin?
J
’aurais voulu croire aux astrologues à tous ces farceurs du mystère de l’avenir, autrefois, alors que
j’étais cet enfant au visage fermé dont on essayait d’enrichir l’imagination de je ne sais pas quelles histoires
merveilleuses.
«C’est une petite brute!» se repétait-on à voix basse. Et
ma mère, résignée, ne se donnait plus la peine de me
raconter ses magnifiques épisodes. on me traitait en
étranger.
De cette solitude naquit un trouble. Je découvrais en
moi le chemin qui mène aux regions calmes de la méditation. L’adolescence soulevait un rideau qui longtemps
avait caché d’attraquantes perspectives. De ci, de la, ma
confiance s’éparpillait. Je subissais l’attraction soudaine
du destin. Non pas que j’eusse à cet âge des raisons d’accepter mille sortes «d’avenir» - mais je sentais s’épanouir
dans mon coeur, pareille la fleur japonaise dans l’eau, la
foi rayonnante qu’inspire la jeunesse à tout être désireux
de conquerir une place parmi le fourmillement bigarré
de la vie.
Quel serait mon Destin?
Fantasque, alors négligeant ma tenue, j’imaginais un
personnage - qui étant moi - et auquel, une collection de
poètes, de peintres, de musiciens dont je trouvais souvent l’existence plus belle que l’oeuvre.
Je devais apprendre plus tard que ces peintres, ces poètes, ces musiciens étaient des artistes non pas seulement
parce que leur talent et leur travail les avait consacré tels,
mais encore parce que leur destinée – comme un tireur
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habile - avait fait moudre au plus profond de leur âme.
Cette «fatale loi» dont parlait si désespérément Musset
se chargeait en un clin d’oeil (n’en est ce pas un dans
l’éternité ?) de toutes les complications heureuses ou de
malechance. Cela s’intitulait « Destin » et se jouait avec
des personnages de fortune: le hasard, la perspicacité, la
perséverance, le talent.
En réalité je me devinais une destinée de poète. Mon
destin peu à peu devenait familier, je m’entretenais avec
lui comme je l’eusse fait avec un camarade d’enfance,
aussi fanchement, aussi sûrement placide. Il répondait à
mes appels profitant de son extrême puissance (je dirais
même de sa complicité divine) pour m’accorder les grâces qu’il savait m’être necessaires à la réussite d’un projet, au couronnement glorieux d’un temps de labeur.
J’ai quitté bien des Paradis pour suivre ce destin. Il se
plait à se déguiser, souvent, et sous le masque m’interroge d’une voux muée. Ses travestis affectionés sont la
musique, la littérature, la peinture. A ces questions insidieuses je réponds comme un malin interpelle à la barrière d’un Corso : »Inutile mon vieux, je te reconnais !
Sous tes vêtements d’emprunt tu trahis tes penchants les
plus subtils et ta demarche est celle d’un mauvais comédien dont le « trac » compromet l’assurance. Bas le
masque ! Mon Destin ! Tu voulais sans doute profiter de
ton costume carnavalesque pour savoir ce que je pensait
de tes initiatives. Inutile de recourir à de semblables procédés. Tu es mon destin, donc mon ami inséparable, tu
portes en toi toutes les étoiles à long panache qui scintillent dans ma nuit, tu suis de ta hauteur mes balbutiements dont tu souris avec bienveillance.
Je te dois ce respect sincère que seul on voue aux gens
aimés, aux choses de beauté éternelle, destin qui de jour
en jour après avoir ouvert la porte qui me separait du
domaine des songes entrebaîlle à présent celle du pays
des réalités!
Mon destin de poésie, ce soir après un discours analogue
a jeté bas son masque, a dechiré son costume, a revêtu le
mien et nous sommes partis, tous deux - et je suis parti
tout seul, sur la voie dont certains aiguillages me sépareraient souvent du reste du monde.
Mardi 24 janvier 1933
Charles Trenet
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Di successo in successo
L
e fou chantant ? Il cantante pazzo ? Charles Trenet ?
Ma no ! Un soprannome come un altro, in difetto
di altri. Quanto al resto, Charles Trenet è il contrario di
qualunque pazzia, eccentrico al limite, capace di caricatura, con un penchant per un vago surrealismo, con un
attivismo frenetico che è salute scenica, salute personale
e voglia di cantare, di comunicare, e perche no, di ridere. E poi, davvero un figlio del Music Hall all'antica
parigina, l'erede geniale di infiniti chansonniers, con l'aggiunta di essere capace di creare. Perche Charles Trenet
se le scrive da solo le sue canzoni, anche se nessuno ha
coniato per lui il termine cantautore. E i suoi cinquanta
anni abbondanti di carriera sono lì a provare la sua capacità di parlarci, una mimesi vissuta con le sue canzoni da
almeno un paio di generazioni e ancora la capacità di
stupire le più recenti, di generazioni, farli ridere o pian-
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gere, prima piangere e poi ridere, come ha fatto con le
nostre giovinezze.
Poca gente prima di lui aveva festeggiato il cinquantenario, ma sì, le nozze d'oro con lo spettacolo, il 26 settembre 1987, cantando per tre ore in un teatro (Théâtre des
Champs Elysées) di fronte a un pubblico in delirio, ricevendo sette standing ovations, e nessuno, almeno credo,
ha festeggiato il proprio ottantesimo compleanno più o
meno nello stesso modo, solo che questa volta il teatro è
l'Opéra Bastille e quello stesso anno il sempreverde
Trenet si permette una serie di concerti al Palazzo dei
Congressi di Parigi, pieno fino all'inimmaginabile, cantando per un paio d'ore con la sua voce di sempre, l'allegria e la vitalità che sono le sue caratteristiche. Qual'è
il segreto, se c'è un segreto ? Un immenso talento, una
fantasia che niente ha scalfito o diminuito, una disciplina come solo questi grandissimi hanno, e il vivere, l'aver
vissuto, "come un atleta che continua ad allenarsi per le
Olimpiadi" (sono parole sue).
Eppure un momento di debolezza c'era stato, a meno
che non sia un'infernale civetteria l'averlo raccontato.
Sembra che nei primi Anni Ottanta, Trenet, sazio di
onori, di premi, di ricchezze e di successi, avesse deciso
il ritiro anche in vista dei suoi settant'anni. Macché.
All'inizio del 1983 un produttore canadese gli propone
un concerto a Montréal ; Trenet pone condizioni talmente severe da costringere il canadese al ritiro (almeno
così crede il cantante). Le condizioni vengono accettate
integralmente e Trenet ottiene a Montréal un tale suc-
cesso che finisce con l'accettare altri impegni in Canada
e si ritrova a festeggiare il suo compleanno, all'aperto, in
uno stadio, a Québec insieme a 35.000 persone che
intonano insieme a lui Douce France, Que reste-t-il ? e La
Mer. E' il 13 maggio 1983. Charles Trenet è nato a
Narbonne il 13 maggio 1913 (come recita la targa
dell'Avenue Charles Trenet posta sotto la casa natale nel
'91): padre notaio, madre devota, studi eccellenti,
appassionato al teatro e al cinema fin dall'infanzia,
sogna di essere attore, scopre il disegno per cui è dotato,
pubblica qualche verso, debutta in un Music Hall di
provincia, gli predicono un grande avvenire, va a Berlino
prima di affrontare Parigi, lavora nel cinema (assai umilmente), si lega di amicizia con Max Jacob e Jean
Cocteau, scrive delle poesie che diventeranno canzoni e
nel 1936, durante il servizio militare, compone per farsi
coraggio une canzone Y'a d'la joie che verrà creata e portata al successo nel 1937 da Maurice Chevalier. Il 25
marzo 1938, Trenet scritturato all'ABC per cantare tre
canzoni nel primo tempo, finirà con l'eseguirne nove e
otterrà il suo primo trionfo. Infiniti altri seguiranno.
Una sua canzone, La Mer, è la più eseguita e la più
amata in Francia.
Alvise Sapori
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In mostra...les lieux de Trenet
Narbonne - St Chinan - Béziers - Perpignan
Paris - Antibes - Creteil
Narbonne - Aude, Boulevard Gambetta, cartolina illustrata,
s. d. (1920 c.ca)
Narbonne - la casa natale di Charles Trenet, foto
St Chinan - cartoline illustrate, s. d. (1920 c.ca)
Béziers - cartolina illustrata
Perpignan - cartolina illustrata
Antibes, la casa di Charles Trenet, foto
...les partitions
Charles Trénet, Les oiseaux de Paris, spartito illustrato da Guy
Gérard Noël, Ed.Vianelly-Raoul Breton, Paris, 1936
Charles Trénet, J’ai connu de vous, spartito illustrato da Guy
Gérard Noël, Ed.Vianelly- Raoul Breton, Paris, 1936
Charles Trénet, Je chante, spartito illustrato, Paris, Raoul
Breton, 1943
Charles Trénet, Sérénade Portugaise, spartito illustrato, Paris,
Raoul Breton, 1943
Charles Trénet, Menilmontant, spartito illustrato da Guy
Gérard Noël, Paris, Raoul Breton, 1938
Charles Trénet, J’ai connu de vous, spartito illustrato da Guy
Gérard Noël , Paris, Raoul Breton, 1938,
Charles Trénet, Ah dis ahdis ah Bonjour, spartito illustrato da
Guy Gérard Noël , Paris, Raoul Breton, 1939,
Charles Trénet, Il pleut dans ma chambre, spartito illustrato da
Guy Gérard Noël , Paris, Raoul Breton, 1939,
Charles Trénet, La Vie qui va, spartito illustrato da Guy
Gérard Noël, Ed.Vianelly- Raoul Breton, Paris, 1939
Charles Trénet, Les chansons de Charles Trénet, 1° album illustrato da A. Navelle, Ed.Vianelly- Charles Trénet, Les chansons de Charles Trénet, 2° album illustrato da Guy Gérard
Noël, Ed.Vianelly- Raoul Breton, Paris, 1939
Charles Trénet, La tua Mano (J’ai ta main), spartito illustrato da L.B., Ed. Suvini Zerboni, Milano, 1940
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Charles Trénet, Verlaine, spartito illustrato da R.Minet per lo
Studio Harcourt, Ed.Raoul Breton, Paris, 1941,
Charles Trénet, La Romance de Paris, spartito illustrato da
Marcel Bertrand, Ed. Salabert, Paris, 1941
Charles Trénet, Espoir, spartito illustrato da Maurice Pineau,
Ed. Salabert, Paris, 1941
Anonimo, Charles Trénet, Un rien me fait chanter, spartito
illustrato, Paris, 1941
Charles Trénet, Frédérica, spartito illustrato, Ed. Salabert,
Paris, 1943
Charles Trénet, Douce France, spartito illustrato, Ed. Salabert,
Paris, 1943
Charles Trénet, Que reste t’il de nos amous, spartito illustrato,
Ed. Salabert, Paris, 1943
Anonimo, Charles Trénet/Jacqueline François, En avril àParis,
spartito illustrato, Ed. Star music, Paris
Charles Trénet, Sur le fil, spartito illustrato da Guy Gérard
Noël, Ed. Raoul Breton, Paris
Charles Trénet, Swing Troubadour !, spartito illustrato da Guy
Gérard Noël, Ed. Raoul Breton, Paris
Paul Gilon, Charles Trénet, La chanson de l’Ours, spartito illustrato da Paul gilon e interpretato dai Compagnons
Charles Trénet, Boum, spartito illustrato, Paris, Raoul Breton,
1938
Charles Trénet, Quand tu reverras ton village, spartito illustrato da A. Lapré, Ed.Salabert, Paris, 1942
Charles Trénet, Imaginez..., spartito illustrato da Grassiant,
Ed. Paul Beuscher, Paris, 1945
Charles Trénet, La mer, spartito illustrato da Navelle, Ed.
Raoul Breton, Paris, 1945
Charles Trénet, Le retour des saisons, spartito illustrato,
Ed.Raoul Breton, Paris, 1947
Charles Trenet, Il mare, spartito illustrato, Ed. Suvini
Zerboni, Milano, 1948
Anonimo, Charles Trénet, foto, Paris, 1950
Charles Trénet, L’Ame des Poètes, spartito illustrato da B.
Koltchanovsky, Ed. Raoul Breton, Paris, 1951
Charles Trénet, L’anima dei poeti (L’âme des poètes), spartito
illustrato, Ed. Tevere, Milano, 1952
Les disques
Charles Trénet, La Mer - Seul...depuis toujours, disco
Columbia, Paris, s.d. (anni ‘50)
Charles Trénet, Mes premières chansons, Paris,
Columbia/EMI, 1955 circa
Charles Trénet, Le Piano de la Plage - La Vie est une aventure
Les trois roses - Quelque part...deux amants, disco 45 giri, Ed.
Columbia, Paris s. d. (anni ’60)
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Charles Trénet, La Mer - La Romance de Paris – L’Ame des
poètes - La jolie sardane, Paris, Columbia, 1960 circa
Charles Trénet, La Mer - La Romance de Paris - L’Ame des
poètes - La jolie sardane, (photo Gornet) Paris, Columbia,
1960 circa
Charles Trénet, Je chante - Y à de la joie -Boum ! - Fleure bleue,
(Orchestre Wal-Berg) Paris, Columbia, 1960 circa
Georges Lecoeur, Danser avec les Airs de Charles Trénet, disco,
Ed. Club National du Disque, Paris, s. d. (anni ’60 c.ca)
Charles Trénet, Revoir Paris, Succès France-Lait n. 4, disco
pubblicitario, Paris, 1965
Charles Trénet, Disque d’Or, Paris, EMI/Columbia, 1972
...les programmes
Charles Trénet a l’ ABC, da Bobino, all’Olympia
...les revues et les livres
Serie di riviste e libri illustrati concernenti il percorso artistico e personale di Charles Trenet
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Ses amis, ses interprétes
Mistinguett
Chevalier
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Edith Piaf
Tino Rossi
20
Dalida
Johnny Hallyday - France Gall
Juliette Gréco
Georges Brassens
Charles Aznavour
21
Stan laurel - Oliver hardy
Jean Cocteau
Salvador Dalí
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Indice
Le fou chantant
Cesare Nissirio ............................................................... p.
2
Autobio-grafia
Charles Trenet ................................................................ p.
4
Une seule petite lettre et le tour est joué
Serge Hureau .................................................................. p.
5
Cantando con Racine*
Jacqueline Risset.............................................................. p. 10
Quel est mon destin? (inedito)
Charles Trenet ................................................................ p. 12
Di successo in successo*
Alvise sapori.................................................................... p. 14
Le opere in mostra
C. N. ............................................................................. p. 16
* Estratto dal catalogo della precedente mostra Paris Canaille, Enel - Progetti Museali, Roma 1996
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Finito di stampare nel mese di aprile 2011
presso la Tipografia Ceccarelli
Grotte di Castro (VT)
Museo Parigino a Roma
Athena Parthenos
Associazione Culturale scambi Internazionali
Roma - Via Cremona, 40 - Tel. 06 44237261
www.museoparigino.org - e-mail: [email protected]
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Charles au cinéma...
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... à l’affiche
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... à l’Olympia
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...dans les cartes postales
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...son voyage extraordinaire.
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