l`abbazia di sant`equizio

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L’ABBAZIA DI SANT’EQUIZIO
(breve cenno storico)
L’alta valle dell’Aterno fu da sempre una zona fertile e favorevole all’insediamento umano, tanto
che la popolazione dei Sabini si stabilì in essa, edificando il piccolo villaggio di Amiternum. Con la
conquista romana Amiternum si trasformò ben presto in una importante città, a causa della sua
posizione come snodo viario e del suo fiorente allevamento. Il massimo sviluppo della città si ebbe
in età imperiale, quando vennero edificati gli edifici più importanti. Col sacco di Roma nel 410 la
città iniziò il suo degrado, che lentamente si protrasse nel secolo successivo.
In questo clima difficile alla fine del V secolo fece la sua comparsa in Amiternum Equizio. Questa
figura rappresenta una fulgida luce in un periodo assai buio per tutto il territorio Italiano. Equizio
nacque probabilmente proprio in Amiternum, anche se alcuni storici lo vogliono nativo del territorio
reatino. Sin da giovane fece del Vangelo il suo motivo di vita e questo lo portò ben presto a
raccogliere molti seguaci, che come lui volevano condividere l’amore per Cristo. Probabilmente da
questo accrescersi dei suoi discepoli dovette sorgere nel suo animo la necessità di regolare la vita
comune e creare una struttura stabile. Per questo motivo si stabilì poco fuori dall’antica Amiternum
in rovina, nel territorio dell’attuale Marruci e vi edificò il suo primo e più importante monastero.
Volle affidare la propria comunità al Santo Martire Lorenzo 1, martirizzato nel 258 a Roma durante
la persecuzione di Valeriano, come testimonia San Gregorio Magno nel suo “Libro dei Dialoghi”.
La comunità equiziana viveva del lavoro dei campi e della pastorizia e con il passar del tempo si
ampliò a dismisura, tanto che San Gregorio definì Equizio «fondatore e padre di molti monasteri, di
uomini e anche di donne»2. A riprova dell’importanza e della grandezza del movimento monastico
equiziano, San Gregorio riferisce anche l’esistenza di uno scriptorium3, ovvero il luogo ove si
copiavano i testi, che poi erano certamente conservati in una biblioteca.
È naturale supporre che, con l’antica Amiternum in rovina e con la nascita dell’Abbazia nei pressi
della città, le popolazioni dovettero ben presto spostarsi nei pressi del monastero, in quanto esso era
produttore di ricchezza. Con questo spostamento nacque il nuovo centro abitato di Marruci,
inizialmente tutto sviluppato intorno all’Abbazia.
Alla morte di Equizio , avvenuta prima delle invasioni Longobarde del 571, l’oratorio di San
Lorenzo, ovvero la Chiesa Abbaziale, dovette ospitare la tomba dell’Abate, che fu da subito
venerato come Santo e dimostrò di essere anche un grande taumaturgo4.
La data del 571 segna anche l’inizio di una nuova epoca di degrado per il territorio Amiternino.
L’ordine monastico fondato da Equizio non si estinse affatto, ma venne pian piano assimilato
dall’ordine Benedettino, probabilmente sia per la similarità dell’impostazione della vita, sia per il
fatto che, a differenza di Benedetto, Equizio non aveva lasciato una regola scritta.
A conferma di questa assimilazione nel X secolo l’Abbazia di Sant’Equizio diventa possedimento
dell’abbazia di Farfa, che si trovava allora al massimo del suo splendore e provvide a bonificare i
territori amiternini.
Non si conosce bene il momento in cui l’Abbazia di Sant’Equizio passò al clero secolare, ma è certo
che la Chiesa Abbaziale venne considerata sempre la Chiesa Madre di tutto il territorio di Pizzoli,
tanto che, quando il Castello di Pizzoli dovette costruire la sua chiesa all’interno della cinta muraria
della città de’ L’Aquila volle dedicarla a San Lorenzo, come la Chiesa Madre del castello stesso.
Importante è l’invenzione delle reliquie di Sant’Equizio nel 1461. Se, infatti, fino ad allora era
sopravvissuto il culto del Santo e si conosceva la sua tomba, le sue reliquie erano rimaste sepolte
per quasi mille anni, forse per proteggerle da tutti gli invasori che si erano succeduti nei secoli. Nel
1461 però, subito dopo il terremoto del 26 Novembre, le reliquie furono dissotterrate e l’anno
successivo esse furono traslate a L’Aquila l’11 Agosto, per affidare a Sant’Equizio la Città,
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Cfr. GREGORIO MAGNO, Libro dei Dialoghi, I, IV.
GREGORIO MAGNO, Libro dei Dialoghi, I, IV.
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Cfr. GREGORIO MAGNO, Libro dei Dialoghi, I, IV.
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Cfr. GREGORIO MAGNO, Libro dei Dialoghi, I, IV.
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martoriata dal Sisma. Le sacre reliquie furono quindi deposte nella cripta della Collegiata di San
Lorenzo intra moenia, ove rimasero sino al 1703, quando un nuovo terremoto distrusse la Chiesa di
San Lorenzo in città e costrinse gli aquilani a traslare nuovamente le reliquie e la stessa parrocchia
dei pizzolani alla chiesa di Santa Margherita, affidata alla Compagnia di Gesù. Nel 2009 poi, subito
dopo il terremoto le Sacre Reliquie del Santo Abate Equizio furono nuovamente traslate a Pizzoli.
Oggi esse sono custodite con grande onore nell’apposita arca lignea, altare principale della Chiesa
Abbaziale dell’archicenobio dove Equizio visse, morì, fu sepolto e dove operò molti miracoli.
L’Abbazia di Sant’Equizo e conseguentemente la Parrocchia di San Lorenzo vantano dunque una
storia antica di quindici secoli, ricca di tradizione, cultura e spiritualità. Senza alcun dubbio l’
Archicenobio Equiziano rappresenta un bellissimo esempio di come una comunità cristiana abbia
potuto nascere e svilupparsi attorno alla figura e all’opera di Equizio «uomo santissimo» 5, come lo
definì il papa San Gregorio Magno. Egli continua oggi come “padre nella fede” a proteggere la sua
gente, e risplende come maestro di perfezione evangelica.
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GREGORIO MAGNO, Libro dei Dialoghi, I, IV.