Canovaccio per lo spettacolo:

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Canovaccio per lo spettacolo:
DA TEBE A COLONO
PROLOGO
Ucciderà suo padre, sposerà sua madre.
Questo l’oracolo di Apollo. Per non farlo avverare Giocasta,
regina di Tebe, abbandona suo figlio su una montagna. Un pastore
di Corinto trova il neonato e lo porta a Polibo. Polibo e Merope, re
e regina di Corinto, non riescono ad avere figli. Quel bambino,
Edipo, che orsi e lupe hanno risparmiato, sembra caduto dal cielo.
E lo adottano.
Cresciuto, Edipo interroga l’oracolo di Delfi. Il dio dice:
Ucciderai tuo padre e sposerai tua madre. Deve assolutamente
fuggire lontano da Polibo e Merope. La paura del parricidio e
dell’incesto lo getta in pasto al proprio destino.
Durante il viaggio, una sera, Edipo incontra una scorta armata.
Un cavallo lo urta, finisce in rissa. Un domestico fa per colpirlo,
lui risponde con una bastonata. Manca il bersaglio e colpisce il
padrone. Il padrone che muore è Laio. Ecco il parricidio.
Durante una sosta viene a sapere che una pestilenza decima la
gioventù di Tebe. Edipo accorre, scioglie l’enigma della Sfinge,
libera Tebe dalla pestilenza, entra in città da vincitore e sposa la
regina. Ecco l’incesto.
Gli dei si divertono solo se la loro vittima cade dall’alto.
Passano anni fecondi, nascono quattro figli, il popolo adora il suo
re.
Ma scoppia la peste, gli dei accusano un criminale senza nome di
ammorbare il paese ed esigono che venga messo al bando.
Dopo una serie di ricerche e come ubriacato dalla sua stessa
sventura Edipo finisce con le spalle al muro. La trappola si chiude:
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luce è fatta. Giocasta si impicca con la sua sciarpa rossa, Edipo si
cava gli occhi con la spilla d’oro che ornava la sciarpa della
regina.
Guarda spettatore come il congegno si dipana lentamente in modo
da costruire una delle più perfette macchine infernali che gli dei
abbiano creato per distruggere la vita di un uomo mortale.
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CORO
estraneo
senza nulla sapere
esaminare
trovare
di chi l’oracolo indica la sorte?
Non sappiamo (in coro)
Furono alcuni viandanti
Vecchie vane voci
C’è un punto cieco nella memoria
EDIPO
voglio sapere, voglio rivelare
curandomi di Laio giovo a me stesso
SERVO
queste cose le sapevo, ma le ho cancellate
infatti non sarei venuto
il male è stato occultato nel silenzio e nell’oblio volontario
chi sapeva non è intervenuto...
TIRESIA
sei tu l’empio che contamina questa terra
pensa ai tuoi genitori…
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CORO
scomode verità...
GIOCASTA
nessuno mortale possiede l’arte profetica..
allontana, lascia perdere...
fu ucciso da una banda di ladri, gente straniera...
alla convergenza di tre strade…
quando arrivasti mi disse: mandami via..
era un servo, meritava anche più di questo
lascia perdere...
EDIPO
senza sapere, senza volere, nulla ho scelto
senza comprendere......
CORO
la città – lo vedi – è squassata da una tempesta immane, e non può
più risollevarsi dall’abisso, dai sanguinosi baratri di morte.
Muore, nei frutti della terra che non maturano, muore nelle
mandrie sterili, muore nei parti infecondi delle donne.
Nulla sapevi e nulla da noi avevi appreso, un Dio, dissero, ti aiutò
a salvare le nostre vite.
CORO
Il mio dolore non conosce limiti.
Tutta la mia gente è colpita dalla peste,
e non c’è pensiero che,
al pari di una spada, si erga a nostra difesa.
I figli della gloriosa Tebe non diventeranno uomini,
e nei parti delle donne
le lacrime e il dolore non daranno frutti vitali.
Uno dopo l'altro,
come uccelli dalle ali veloci,
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come lingue di fuoco indomabile,
li vedi rovesciarsi sulla riva
dell'Acheronte, dio dell'occidente.
O morti, morti senza numero!
Giacciono a terra i cadaveri,
portatori di morte, e per loro
non c'è pietà, non c'è compianto.
Ma intorno all'altare spose, e madri
dai capelli bianchi, sparse qua e là,
piangono di dolore e di pena.
L'eco del peana glorioso
si mescola ai gemiti e ai lamenti.
Vieni in loro soccorso, Atena,
splendida e potente figlia di Zeus!
CORO
dobbiamo allontanare dal paese la contaminazione cresciuta in
questa terra, un male per cui non c’è rimedio, dobbiamo scacciare
il colpevole e lavare il sangue col sangue perché questo sangue è
la tempesta che sconvolge Tebe.
CORO
un tempo, prima che tu giungessi in questa città, il nostro re era
Laio, egli regnava su questa città.
Dobbiamo punire con la morte coloro che gli hanno dato la morte,
questo è il comando del dio.
EDIPO
Punirli, e dove sono? come trovare traccia di un delitto antico, gli
indizi, i testimoni?
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CORO
gli assassini sono qui a Tebe
EDIPO
Dove fu ucciso Laio, in casa sua ? oppure in terra straniera?
CORO
Disse che andava a consultare un oracolo, ma a casa non fece più
ritorno.
EDIPO
Nessuno vide nulla?
CORO
Morirono tutti, uno solo atterrito riuscì a fuggire e di quel che vide
seppe riferire una cosa soltanto, che furono in molti ad ucciderlo.
EDIPO
Quale sventura vi impedì di indagare mentre il regno andava in
rovina?
CORO
La Sfinge dalla voce mutante ci costrinse ad affrontare il pericolo
incombente. Non riuscimmo a far luce sul mistero.
EDIPO
Io ricomincerò dal principio! Io farò luce! Chiunque sappia da chi
fu ucciso Laio di Labdaco venga da me e me lo dica. Bisognava
indagare fino in fondo... Ora io – che possiedo il suo regno e il suo
letto nuziale – per tutto questo mi batterò per lui come se mi fosse
padre.
CORO
Tu ci obblighi a parlare e allora ti dirò. Io non ho ucciso e ignoro
chi abbia ucciso. Tiresia che è signore della profezia e veggente,
rivolgiti a lui…
CORO
Corrono altre voci, ma sono antiche e non hanno più suono...
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EDIPO
Quali, voglio sapere ogni parola...
CORO
Dissero che morì per mano di viandanti...
TIRESIA
Com’è terribile sapere, quando non giova a chi sa: ne ero
consapevole, eppure l’ho cancellato!
Nessuno di voi sa! E io non voglio rivelare le mie, o dovrei dire, le
tue sventure. Tutto si compirà , anche se taccio...
EDIPO
Se si compirà, tu devi dirmelo!
TIRESIA
Sei tu l'uccisore dell'uomo di cui vai cercando l'assassino.
EDIPO
Io giunsi allora, io non sapevo nulla... Ma come credere a te che
sei cieco d'orecchi, di mente e di occhi?
TIRESIA
Presto diranno a te quello che tu rinfacci a me. Offendi la mia
cecità. E allora ti dirò: tu possiedi la vista, ma non vedi la tua
sciagura, non ti accorgi con chi vivi e con chi. Sai forse di chi sei
figlio? No, tu ignori di essere un nemico per i tuoi sulla terra e
sottoterra. Con doppia sferzata, inesorabile, ti colpirà la
maledizione del padre e della madre e ti caccerà da questo paese.
Tu, che ora guardi la luce, non vedrai che tenebra. Non vi è luogo
che non risuonerà delle tue grida, quando capirai in quale porto
privo di ormeggi sei approdato con le tue nozze. E non conosci
ancora tutti gli altri mali che ti riveleranno uguale a te stesso e ai
tuoi figli. Sciogliere l'enigma della Sfinge, la tua grandezza, segnò
la tua rovina.
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CORO
O Edipo, dovrai sopportare di ascoltarlo ancora?
TIRESIA
Me ne andrò. Ma non prima di avervi detto perché sono venuto.
L'uomo che cerchi è qui. È uno straniero, dicono, ma poi si
scoprirà che è nato a Tebe e di questo non potrà rallegrarsi. Cieco
diventerà, lui che vedeva, e povero, lui che era ricco; in terra
straniera vagherà, ramingo, tastando la terra con il bastone. Si
scoprirà che è fratello e padre dei suoi figli, figlio e marito della
donna che lo ha generato, compagno di letto e assassino di suo
padre. Rifletti! E se scoprirai che non ho detto il vero, allora potrai
dire che nella mia arte profetica sono ignorante e stolto.
EDIPO
Quali folli parole pronunci. Portatelo via. Mi infastidisce la sua
presenza!
CORO
Le sue parole erano forse dettate dall'ira, non ispirate dalla
ragione.
EDIPO
Quanto tempo è passato da che Laio è scomparso, sparito,
assassinato?
CORO
lunghi anni, e lontani nella misura del tempo...
EDIPO
sul morto non avete fatto indagini?
CORO
le abbiamo fatte sì, ma senza udire...
Non so, non amo parlare di cose che non conosco....
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Vi furono parole, solo parole… ma se non sono secondo giustizia
anche le parole mordono il cuore…
GIOCASTA
Basta, basta! È la città che soffre. Lasciamo questa storia là, dov’è
finita!
Tu non dartene cura. E’ il dio stesso che rivela ciò che vuole
rivelare. L’oracolo di Apollo non ebbe compimento, il figlio non
divenne l’assassino di suo padre e Laio non morì, come temeva,
per mano di suo figlio. Tu non dartene cura. È lo stesso dio che
rivela ciò che vuole rivelare.
EDIPO
Mi sembra di avere udito questo da te, che Laio fu ucciso ad un
incrocio di tre strade.
GIOCASTA
Così fu detto e così si dice ancora.
EDIPO
Quanto tempo è trascorso da quel giorno?
GIOCASTA
La notizia fu data alla città poco prima che tu diventassi re di
questa terra.
EDIPO
Dimmi: Laio che aspetto aveva? Qual era la sua età?
GIOCASTA
Alto di statura. Non molto diverso da te, nella figura.
EDIPO
Oh Zeus, dio. Che vuoi fare di me? Ma qualcuno tornò a
raccontare?
GIOCASTA
Un servo, l’unico che riuscì a salvarsi…
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EDIPO
Quell’uomo vive ancora in questa reggia?
GIOCASTA
No, quando arrivasti mi supplicò di mandarlo via da questa terra,
io l’ho mandato, era uno schiavo, meritava questo e altri favori.
EDIPO
Allora manda qualcuno a chiamare quel pastore, non dimenticarlo!
GIOCASTA
Non pensare più a questi fatti lontani, dimentica!
EDIPO
Come potrei? Se tu fossi mia madre...
GIOCASTA
Tu non aver paura delle nozze con tua madre, a molti è capitato di
unirsi, anche in sogno, con la propria madre. La cosa migliore è
non dargli peso.
CORO
Ecco l’uomo dei campi, quello che volevi vedere.
GIOCASTA
Lascia stare! Sono discorsi inutili e senza senso: scordali!
EDIPO
Non posso, io devo sapere!
CORO
Disgraziato, possa tu non sapere mai chi sei!
EDIPO
Io devo sapere!
SERVO
Edipo, con la tua nascita Polibo non c'entra. Ti affidai io a lui.
Polibo e Merope non avevano avuto figli, così ti crebbero come
fossi loro.
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GIOCASTA
O sventurato, solo con questo nome posso chiamarti, altri non ne
userò più...
EDIPO
Mi diedi a Polibo e Merope è chiaro, ma da chi mi ricevesti?
SERVO
Giocasta ti affidò a me, perché ti sopprimessi. Temeva funesti
vaticini.
EDIPO
Ahimè ora tutto è chiaro! O luce, possa io vederti per l’ultima
volta! Ecco chi è Edipo: nato da chi non doveva farlo nascere,
unito con chi non doveva unirsi, ha ucciso chi non doveva
uccidere. Senza vedere, senza sapere, seminò nel solco, dove fu lui
stesso seminato.
CORO
Questo è Edipo. Scioglieva i famosi enigmi, era il più potente fra
gli uomini. E ora, in quale gorgo di spaventose sciagure è
precipitato. Considera sempre l’ultimo dei giorni e non dire mai di
un uomo che è felice prima che abbia varcato il confine della vita
senza aver sofferto alcun dolore.
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CORO
In questa terra, ricca di cavalli,
tu, straniero, giungesti
al borgo più bello del mondo,
al bianco suolo di Colono:
qui assiduamente
l’usignolo canoro
fra le sue rime dolenti
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nel fondo delle versi convalli,
sull’edera nereggiante,
tra le dense foglie
e i frutti innumeri
del bosco inaccessibile del dio,
dove non giunge il sole
né vento di tempesta,
ma sempre Dioniso delirante
incede:
le sue divine nutrici
gli si fanno dattorno.
Giorno dopo giorno, sempre,
sotto la rugiada del cielo,
germoglia il narciso dal tempo dei tempi
e lo zafferano rilucente d’oro.
Mai inaridiscono
le insonni sorgenti del Cefiso,
da cui vagano irrigue vene;
ma sempre, quotidianamente,
il suo puro umore
inonda i piani
e, rapido, feconda
il grembo sterminato della terra.
Qui danzano le Muse;
qui abita
Afrodite con le redini d’oro.
Qui c’è una pianta,
quale io so mai nata
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in terra d’Asia
o nella grande isola dorica di Pelope:
mano di uomo non la piantò;
da sé si genera,
sgomento di spade nemiche;
in questa terra
essa viene alla luce:
è il glauco olivo, splendido di foglie
che nutre i nostri figli;
né mai mano di uomo
lo potrà sradicare e sterminare:
al nostro olivo guardano
l’occhio sempre veggente
di Zeus Morio
e la glauca pupilla di Atena.
CORO
Colono, l’ultima terra...
Vagabondo, errante...
EDIPO
Non ho patria, non chiedermi chi sono....
È male ridestare un male sepolto da tanto tempo...
CORO
Fermati lì, non ti spostare da quel gradino di pietra.
Rannicchiati sull’orlo della roccia
Fai libagioni riparatrici...
ANTIGONE
Misero padre Edipo, le torri che proteggono la città, per quel che
vedono i miei occhi sono lontane.
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E questo luogo è sacro, se la mia congettura è certa, e di allori
pullula, d’olivi e di viti e dentro, nel suo stesso cuore, usignoli
emettono melodioso canto.
EDIPO
Ospite, da costei che per me vede e per sé, dimmi qual è questo
luogo e a chi è consacrato?
CORO
Il luogo è intatto, non è abitato, appartiene alle dee tremende.
Eumenidi la gente qui suole chiamarle.
EDIPO
Benigne, allora, possano accogliere me.
CORO
Non ti addentrare sulle zolle erbose del silente bosco dove in
cratere affluiscono innumeri rivoli di acqua freschissima.
Attento, non oltrepassare straniero, ritirati esci di lì.
EDIPO
Figlia, dove devo andare?
ANTIGONE
O padre, dobbiamo adeguarci alla civiltà degli abitanti di questa
terra. Cedere se necessario, ed obbedire.
EDIPO
Toccami con la tua mano
ANTIGONE
La mia mano è nella tua!
CORO
Di che seme sei, o straniero?
EDIPO
Conoscete un figlio di Laio? E la stirpe dei Labdacidi? L’infelice
Edipo?
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CORO
Via, via! Andate via da questa terra!
Lascia questo seggio, abbandona questo luogo, ritorna là da dove venisti.
Parti dalla mia terra: una colpa più grave non infliggere alla mia città.
ANTIGONE
O stranieri, abbiate misericordia. Per me povera, per il padre, per
lui solo vi prego, a questo uomo miserabile concedete pietà e
rispetto. Vi scongiuro, accordate la grazia che non osiamo sperare.
EDIPO
Il mio nome vi atterrisce, non certo la mia persona. Ma i miei fatti
io li ho subiti, non ne sono stato attore. Senza nulla sapere giunsi
dove giunsi, mentre coloro da cui male pativo tutto sapevano e
volevano la mia rovina. Salvatemi, voi che onorate gli dei, non
negate agli dei quanto è dovuto. Sono venuto qui, sacro e pio,
portatore di beneficio agli abitanti di questa terra. Febo, quando
vaticinava quei mali innumerevoli a tutti noti, mi disse che qui la
svolta estrema avrei compiuta di questa misera vita, apportando
con la mia presenza benefici agli ospiti.
CORO
Non noi possiamo risponderti, ma Teseo, signore di questa terra.
ANTIGONE
Una donna vedo, s’avanza verso di noi, che dire, non m’inganna la
vista. È Ismene, la figlia tua e mia sorella, subito puoi riconoscerla
dalla voce…
ISMENE
O padre, o sorella, due nomi soavissimi per me, o padre sventurato
ti vedo!
EDIPO
Figlia qual è il motivo della tua venuta?
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ISMENE
La cura di te, padre mio…
EDIPO
Nostalgia?
ISMENE
Sì, ma anche il desiderio di essere io di persona a portarti un
messaggio…
EDIPO
Quale messaggio, o figlia mia?
ISMENE
I patimenti che patii nel cercare dove tu vivessi, io tacerò, padre.
Ma i mali che assillano i tuoi figli sventurati, questo sì, sono
venuta a rivelarti. A principio, il loro desiderio era che il trono
fosse lasciato a Creonte e che non fosse contaminata la città,
perché con lucida logica vedevano come l'antico male della stirpe
si era impossessato della tua casa. Ma ora un dio o un pensiero
folle ispirò a loro, miseri, la funesta contesa di impadronirsi del
regno e del potere regale. Ed il minore d’età Eteocle, priva del
trono Polinice, nato prima di lui: ora l’ha scacciato dalla patria e
tra di noi cresce il timore che egli andando esule nella piana di
Argo acquisti nuovi parenti e con questo proposito vorrà tornare a
occupare il suolo dei Cadmei... Questo, o padre, vengo a dirti. E
gli uomini di lì un giorno ti cercheranno, vivo o morto, per la loro
salvezza.
EDIPO
Ma chi mai potrebbe ricevere un beneficio da un uomo ridotto in
tali condizioni?
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ISMENE
Per sistemarti nei pressi della terra cadmea e averti in loro potere,
senza che tu possa varcare i confini di quella terra! Intendono
averti come vicino, fuori dai confini, a protezione della loro terra.
CORO
Ed ecco il nostro signore, Teseo, figlio di Egeo.
TESEO
Da molti nel passato udii la cruenta devastazione dei tuoi occhi e ti
ho riconosciuto, figlio di Laio; ed ora, per le vie, udii ancora e, con
certezza maggiore, ti riconosco. I poveri cenci e il volto sfigurato
ci mostrano chi sei. Ho misericordia di te e desidero chiederti,
Edipo sventurato, per quale supplica alla città e a me ti fermasti
qui. Voglio sapere. Sono uomo, lo so; e il domani appartiene in
misura eguale a me e a te!
EDIPO
Vengo a darti in dono il mio povero corpo. A vederlo vale poco;
ma i vantaggi che ne provengono valgono più della bellezza
esteriore.
TESEO
E qual è il vantaggio che presumi di venire a portare?
EDIPO
Non è questo il momento di saperlo.
TESEO
Quando allora si rivelerà il tuo dono?
EDIPO
Quando io sia morto e tu il mio seppellitore diventi.
TESEO
Queste parole non occorre che tu le ripeta una seconda volta.
Sappi che, finché un dio mi salva, il tuo dono sarà accolto.
Rispetto i diritti ospitali e non rigetterò la grazia che mi offri, anzi,
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mi adeguo al tuo sentimento e ti concedo stabile sede nella nostra
terra.
CORO
Solo gli dei non invecchiano,
non muoiono mai.
Tutto ciò che resta nel mondo
è scompigliato dal Tempo onnipotente.
Smuore la forza della terra,
smuore il vigore del corpo.
Presto per alcuni,
per altri tardi
la letizia si muta in amarezza
e, poi, di nuovo ritorna amore.
ANTIGONE
Ecco che avanza uno straniero, non ha scorta, a dirotto gli
scorrono lacrime dagli occhi.
EDIPO
E chi è?
ANTIGONE
Già da tempo lo avevamo in mente, ecco qui davanti a te Polinice!
POLINICE
Su questa terra straniera ti ho trovato, padre, della tua misera
condizione troppo tardi vengo a sapere… Ma al trono di Zeus c’è
la Compassione che presiede a ogni atto: possa quella dea, o
padre, assidersi al tuo fianco! La misura delle colpe passate è
colma, possiamo porvi rimedio. Perché non parli? Dimmi una
parola, padre! Rispondimi! O mie sorelle, semenza di quest’uomo,
cercate, almeno voi di disserrare le labbra del padre, che rifiuta
l’approccio e si è chiuso in un mutismo ostinato!
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ANTIGONE
O misero fratello! Digli tu stesso quale bisogno qui ti ha spinto!
Un discorso chiaro che susciti gioia o disgusto o compassione. Può
ridare la voce a chi non l’ha!
POLINICE
Accetto il tuo consiglio, dirò tutto. Le ragioni della mia venuta
volentieri, padre, ti dico. Dalla patria sono stato cacciato in esilio.
Il più giovane Eteocle mi cacciò dalla patria, senza le ragioni di un
suo diritto! Ora, raccolte le truppe da Argo, marcerò con il fiore
dei miei guerrieri contro Tebe o per morire per la mia giusta causa
o per scacciare dalla mia terra gli autori dell’oltraggio. Ti prego
padre, per noi tutti, per le tue figlie, per la vita, ti scongiuriamo,
placa l’ira che lasci pesare su di me, unisciti a me e io ti restituirò
alla tua casa e ti fisserò con me in stabile dimora...
EDIPO
Sei il più malvagio degli uomini, quando era tuo potere tu mi
scacciasti, fosti tu a bandire tuo padre. Facesti tu l’apolide che
vedi, con questi stracci su cui versi lacrime, giunto al livello della
mia sofferta pena.
ANTIGONE
Fratello davvero vuoi tornartene a Tebe così, senza smaltire la tua
ira?
POLINICE
Addio sorelle, addio padre, vivo non mi rivedrete mai più…
CORO
Ed ecco! Zeus ancora
su noi precipita
un enorme terribile fragore.
O grande ètere! O Zeus!
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EDIPO
O figlie, su me è venuta la fine della vita che gli oracoli mi
avevano predetta.
ANTIGONE
Come lo sai? Su quale fondamento?
EDIPO
Questo tuono alato di Zeus subito mi condurrà all’Ade.
CORO
Edipo il dio ti chiama, allora senza indugio vai.
EDIPO
Ormai vado a deporre nel grembo di Ades gli estremi brandelli di
vita. Siate memori di me, dopo la morte: nel ricordo di me è la
perennità della vostra buona fortuna. O figlio d'Egeo, io dirò i beni
che ti rimarranno per questa città.
MESSAGGERO Cittadini! Edipo è morto! Questo il mio annuncio. E dell’evento e
dei fatti che lì si svolsero questo è il racconto. Antigone, Ismene:
in questo giorno il padre vostro non è più. E voi non avrete più la
pena faticosa di doverlo nutrire. Ma una parola sola vanifica tutti
questi tormenti: l’amore. Ma di quale morte Edipo morì solo
Teseo può dire e nessun altro dei mortali. Forse fu un nunzio degli
dei o la sede della terra degli inferi in un impeto generoso si
spalancò dinanzi a lui, indolore. Se ne andava così, senza un
lamento, senza soffrire malanni, ma in maniera stupenda come
nessun altro dei mortali. Lui non Ares o impeto di mare assalì, ma
i Campi, che uomo vivo non discerne, lo ghermirono, avvolto nel
mistero d’un rapido destino.
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ANTIGONE
Su terra straniera moristi: lo desideravi, hai un letto sotterra per
sempre, coperto di ombra. Lasci una grande eredità di pianto,
questi miei occhi inondati di lacrime ti piangono, misera me!
Desideravi morire su terra straniera, ma così mi moristi solo, senza
di me…
ISMENE
Misera me! Quale sorte mai... quale sorte ancora, aspetta me e te,
o cara, orfane, così, del nostro padre?
CORO
Care, poiché la sua vita ebbe felice compimento non provate
dolore! Uomo non esiste che possa sfuggire all’agguato dei mali!
ANTIGONE/ISMENE Ma noi vorremmo conoscere il luogo della tomba di nostro
padre.
CORO
Il divieto è suo, nessuno dei mortali deve avvicinarsi a questi
luoghi o violare con la voce il silenzio della sacra tomba dove
dimora.
TESEO
Fanciulle, vostro padre mi mostrò il luogo dove doveva morire e
mi chiese di non rivelare dove è nascosto. Edipo è ora, per la
nostra terra, presidio valido tanto quanto un nugolo di scudi o
un'accorrente schiera di vicini armati di lancia. Io custodirò
sempre questo segreto e lo confiderò solo al mio successore e
costui lo mostrerà al suo erede, e poi, così per sempre. Sono
testimoni del mio impegno il dio, e colui che tutto ascolta, il
Giuramento, figlio di Zeus.
Chi brama una vita
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che si stenda oltre la misura
è custode della propria follia.
Se la vita eccede il limite dovuto
dove mai sono le gioie?
Ma, ecco, in tuo soccorso viene la Morte
- eguale per tutti –
e pone il termine,
quando improvviso appare
il destino di Ade.
Bene supremo è non nascere
e il secondo è, certo, questo:
una volta approdati alla luce,
tornare, più presto che si può
là donde partimmo.
Non più lamenti!
Non ridestate il pianto!
Tutto è compiuto!
È compiuto!
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