Babilonia la grande - Testimoni di Geova
Transcript
Babilonia la grande - Testimoni di Geova
Capitolo XIX LA CHIAVE DELL’APOCALISSE “E se non fosse ch’ancor lo mi vieta la reverenza delle somme chiavi che tu tenesti nella vita lieta, io userei parole ancor più gravi; ché la vostra avarizia il mondo attrista, calcando i buoni e sollevando i pravi. Di voi pastor s’accorse il Vangelista, quando colei che siede sopra l’acque puttaneggiar coi regi a lui fu vista; quella che con le sette teste nacque, e dalle dieci corna ebbe argomento, fin che virtute al suo marito piacque. Fatto v’avete Dio d’oro e d’argento: e che altro è da voi all’idolatre, se non ch’elli uno, e voi ne orate cento? Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre non la tua conversion, ma quella dote che da te prese il primo ricco parte!”. “O navicella mia, com’ mal se’ carca!” Poi parve a me che la terra s’aprisse tr’ambo le ruote, e vidi uscirne un drago che per lo carro su la coda fisse; e come vespa che ritragge l’ago, a sé traendo la coda maligna, trasse del fondo, e gissen vago vago. Quel che rimase, come da gramigna vivace terra, dalla piuma, offerta forse con intenzion sana e benigna, si ricoperse, e funne ricoperta e l’una e l’altra rota e ‘l temo, in tanto che più tiene un sospir la bocca aperta. Trasformato così ‘l dificio santo mise fuor teste per le parti sue, tre sovra ‘l temo e una in ciascun canto: le prime eran cornute come bue, ma le quattro un sol corno avean per fronte: simile mostro visto ancor non fue. Sicura, quasi rocca in alto monte, seder sovr’esso una puttana sciolta m’apparve con le ciglia intorno pronte; e come perché non li fosse tolta, vidi di costa a lei dritto un gigante; e baciavansi insieme alcuna volta” Dante.1 1 Alighieri Dante, La Divina Commedia - Inferno XIX:100-117; Purgatorio XXXII:129-153. CAPITOLO XIX “L’intera Apocalisse... fu libro fatale a Roma. Quel solo scritto apostolico fé’ più guerra ai papi che tutte le opere protestanti unite insieme” Gabriele Rossetti.2 “I protestanti hanno fraternizzato col papato, giungendo a compromessi e a concessioni che stupiscono gli stessi cattolici, i quali non riescono a capirli. Gli uomini chiudono gli occhi dinanzi al reale carattere del Romanesimo e ai pericoli che la sua supremazia determina. La gente deve essere risvegliata dal suo sonno per poter resistere alle sollecitazioni di questo nemico così pericoloso per la libertà civile e religiosa” Ellen White.3 “Questa evoluzione che caratterizza l’Europa, con le sue istanze etiche e con tutte le sue fragilità e indeterminatezze, interpella profondamente la Chiesa e ciascuno di noi. Apparentemente potrebbe sembrare che i cristiani non siano direttamente coinvolti in tutto questo processo. Invece è la Chiesa stessa a essere provocata e interrogata da questi avvenimenti. Su un piano propriamente pastorale ad essa spetta operare un discernimento spirituale, con il quale guidare e orientare le scelte ai vari livelli e da parte delle diverse persone... Come ha ricordato Giovanni Paolo II, l’imperativo che nasce è quello della costruzione di una nuova Europa: “Il momento è propizio per raccogliere le pietre dei muri abbattuti e costruire insieme la casa comune”. Un’Europa unita e intera dall’Atlantico agli Urali, dal Mare del Nord al Mare Mediterraneo -, non più divisa in due tronconi o ridotta alla sola parte occidentale. E nello stesso tempo, un’Europa la cui unità è proiettata su un orizzonte planetario, nella piena consapevolezza che l’unificazione europea dev’essere una tappa fondamentale e ineludibile verso la meta finale da raggiungere che è l’unificazione e la pacificazione di tutto il mondo. - In ogni caso, come la storia ci insegna, l’identità culturale dell’Europa non può prescindere dal riferimento alle sue radici cristiane - tanto che l’identità europea risulta incomprensibile senza il cristianesimo che ne è l’anima. - La nuova situazione del nostro continente ci chiede, perciò, di fare ogni sforzo in questo senso, per assicurare un’unità che o sarà 2 3 ROSSETTI Gabriele, Sullo spirito antipapale che produsse la Riforma, London 1832, pp. 2-5. WHITE Ellen, Il gran conflitto, ed. AdV, Firenze 1977, p. 412; prima edizione in lingua americana 1888, p. 566. 740 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE cristiana o non esisterà affatto” Card. Carlo Maria Martini S.I.4 Introduzione “Il capitolo XVII dell’Apocalisse eleva la mente ad altezze dalle quali abbraccia la storia intera dell’umanità”.5 “Questo capitolo... è come una chiave di tutta la profezia”.6 La difficoltà che trovano gli studiosi nell’interpretarlo ha due cause: la prima deriva dal fatto che non vogliono riconoscere ed accettare l’evidenza del suo insegnamento; la seconda per la realizzazione futura di alcuni particolari; ma, grazie ad una sana esegesi, anche questi particolari risultano chiari. I capitoli XVII, XVIII e la prima parte del XIX, che considereremo in questa sezione del nostro lavoro, si riallacciano intimamente con una parte della visione delle sette ultime piaghe, e hanno per oggetto il giudizio finale di Dio su “Babilonia la grande per darle il calice del vino del furore dell’ira sua”7, che inizia con la V piaga. Noi abbiamo qui in dettaglio ciò che era stato annunciato nel triplice messaggio di avvertimento di Apocalisse XIV e quanto viene descritto in forma generale nelle piaghe di Apocalisse XVI. In questo capitolo XVII noi abbiamo: versetti 1 e 16 il giudizio sulla donna; versetti 8 e 11 il giudizio sulla bestia; versetto 10 il giudizio sulle sette teste; versetto 14 il giudizio sulle corna. Questo giudizio è ciò che corrisponde, nell’insegnamento del Santuario, alle conseguenze del giorno dell’espiazione. Abbiamo in questo capitolo una grande parodia: - La donna, nello splendore della sua prostituzione, come parodia della Chiesa di Dio nello splendore del sole di giustizia. - Babilonia “la grande città che impera sui re della terra” come parodia della nuova Gerusalemme che si estenderà su tutta la terra. - La bestia nello sviluppo ultimo della sua potenza come parodia dell’Agnello glorificato. - La bestia ferita, che per un certo tempo “non era”, è ritornata a dominare come ottavo re; è la parodia del Cristo stesso colpito a morte e risuscitato. I parte: la Prostituta e sua identificazione 4 MARTINI Carlo Maria S.I., Le responsabilità dei cristiani nell’Europa in costruzione, in La Civiltà Cattolica, quaderno 3375, vol. I, 1991, pp. 228,229,234. 5 CHAUFFARD Anatole Marie Emile, L’Apocalypse et son interprétation historique, t. II, 2a ed., Paris 1899, p. 262. 6 BOVET François de, L’Esprit de l’Apocalypse, Paris 1840, p. 431. 7 Apocalisse 15:19. Quando la profezia diventa storia 741 CAPITOLO XIX “E uno dei sette angeli che avevano le sette coppe venne, e mi parlò dicendo: Vieni; io ti mostrerò il giudizio della gran meretrice, che siede su molte acque, e con la quale hanno fornicato i re della terra; e gli abitanti della terra sono stati inebriati del vino della sua fornicazione. Ed egli, nello Spirito, mi trasportò in un deserto; e io vidi una donna che sedeva sopra una bestia di colore scarlatto, piena di nomi di bestemmia e avente sette teste e dieci corna. E la donna era vestita di porpora e di scarlatto, adorna d’oro, di pietre preziose e di perle; aveva in mano un calice d’oro pieno di abominazioni e delle immondizie della sua fornicazione, e sulla fronte aveva scritto un nome: Mistero, Babilonia la grande, la madre delle meretrici e delle abominazioni della terra. E vidi la donna ebbra del sangue dei santi e del sangue dei martiri di Gesù. E quando l’ebbi veduta mi meravigliai di gran meraviglia. E l’angelo mi disse: “Perché ti meravigli? Io ti mostrerò il mistero della donna... Le acque che hai veduto e sulle quali siede la meretrice, sono popoli e moltitudini e nazioni e lingue... La donna che hai veduta è la città che impera sui re della terra””.8 Il centro di questo capitolo XVII dell’Apocalisse è la donna, mentre la bestia, come vedremo, sebbene ci aiuti a capire in quale momento della storia Giovanni considera la visione, gioca un ruolo di secondo piano. La visione è una profezia escatologica, cioè riguarda i tempi della fine: “Uno dei sette angeli che avevano le sette coppe venne, e mi parlò dicendo: Vieni! Io ti mostrerò il giudizio della gran meretrice”. Quindi, “bisogna trasportarsi non al tempo in cui S. Giovanni scriveva, ma a quello che ora è il soggetto della profezia”.9 Diceva il Bossuet: “L’angelo parlava a San Giovanni, non in rapporto al tempo in cui viveva (I secolo), ma in rapporto a un certo tempo in cui egli lo pone, lo situa, e per il quale riguarda ciò che gli dice”10, cioè un tempo futuro rispetto al suo, al momento in cui questa profezia si compie. “Questa ipotesi è tanto naturale, osserva il de Rougemont, che difficilmente si spiega lo scarso favore che incontra presso i commentatori. Rigettatela, e tutto il capitolo XVII diventa incomprensibile; ammettetela e tutto si rischiara meravigliosamente”. 8 9 10 Apocalisse 17:1-6,15,18. CALMET Antoine Auguste, Les épîtres canoniques et l’Apocalypse, Paris 1716, p. 587. BOSSUET Jacques Benigne, L’Apocalypse avec une explication, Paris 1689, p. 265. 742 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE “L’epiteto di grande prostituta è dato qui per la prima volta a Babilonia, ma quanto è stato detto di lei nel capitolo XIV:8, ha preparato il lettore a vederla presentata in questo modo”.11 Questo capitolo XVII offre un quadro che contrasta con il capitolo XII, dove già si vede una donna simbolica (Chiesa) e una bestia (Impero). Questa volta non abbiamo però la Chiesa-madre, perseguitata dal dragone; abbiamo invece la Chiesa-prostituta, persecutrice, seduta sulla bestia addomesticata. C’è un parallelismo contrastante tra questi due capitoli Apocalisse XII - la donna è vista in cielo - mette al mondo un figlio maschio Apocalisse XVII - la donna è vista nel deserto - è madre delle meretrici abominazioni della terra e delle Entrambe sono splendidamente vestite - rivestita dallo splendore del sole - ha la luna sotto i piedi - vestita di porpora e di scarlatto, adorna d’oro, di pietre preziose e di perle - siede sopra una bestia di colore scarlatto Entrambe svolgono un ruolo primario, fondamentale nella storia - rappresenta la purezza e la fedeltà - è odiata - è perseguitata - vive confidando in Dio - ha un calice d’oro pieno delle abominazioni della sua fornicazione - è amata e riverita - perseguita: è ubriaca del sangue dei martiri - vive nell’incredulità e nell’errore Entrambe vanno nel deserto - per trovare rifugio e conservare la propria fede. - dove vive la propria solitudine e smarrimento, pur nella ricchezza e nel dominio sui popoli. Per l’identificazione di questa donna si sono fatte diverse congetture. Identificazione della prostituta 1. Babilonia ricostruita Prendendo alla lettera il nome di Babilonia, si è creduto alla ricostruzione dell’antica città.12 11 BONNET Louis, Le Nouveau Testament, vol. IV, L’Apocalypse, 3a ed., rivista e ampliata da SCHRŒDER Alfred, Lausanne, 1905, p. 421. Vedere Apocalisse 17:15. Quando la profezia diventa storia 743 CAPITOLO XIX A questa interpretazione si oppone un elemento geografico che è estremamente chiaro: la donna è seduta sulla bestia dalle dieci corna, questa bestia nell’Apocalisse, come abbiamo detto nei nostri capitoli precedenti e vedremo più avanti, rappresenta “sempre l’Impero dei Latini” nelle sue varie trasformazioni e in questo capitolo “durante l’ultimo periodo della sua storia”.13 “La bestia è la stessa che sale dal mare (del capitolo XIII). Ma la storia ha camminato con la visione, e la visione ci conduce, insieme con San Giovanni, dai secoli del Medioevo a quello delle sette ultime piaghe”.14 È uno degli angeli che ha una coppa delle sette ultime piaghe che va dall’Apostolo. Inoltre ricordiamo: “Una donna, chi non vede in essa identificata una Chiesa? Quand’è che si è visto nelle profezie un Impero, in quanto Impero, rappresentato sotto l’immagine di una donna? Non è l’emblema con il quale lo Spirito Santo si serve dappertutto per rappresentare o la vera Chiesa, la sposa di Cristo, o la falsa Chiesa, che è diventata infedele al suo sposo? Una donna montata su una bestia, chiaramente, è una Chiesa innestata, e montata, su un Impero. È la Chiesa Romana innestata sull’Impero Romano”.15 2. L’antica Roma “Era l’interpretazione di Tertulliano, Ireneo, Ippolito, Metodio, Vittorino, Commodio, Ilario, Lattanzio, Gerolamo, ecc. Ancora quella di Bossuet,16 del 12 “Questa donna rappresenta un sistema in relazione con una certa città; questa città è Babilonia, situata sulle rive dell’Eufrate, nel paese di Schinear... Il Paese di Schinear fu la culla della civiltà, ed è là che essa ritornerà. L’abisso si aprirà tutto d’un colpo per seppellirla” NEWTON Benjamen Wills, Pensées sur L’Apocalypse, Paris 1847, p. 275. Vedere il gesuita ROBERTI Giovanni Battista, Lezioni sacre sopra la fine del mondo, t. I, Rossano 1792, pp. 102-118. Questa è anche la posizione dei dispensazionalisti del mondo evangelico. Ad esempio J.F. Walvoord sostiene che l’antica Babilonia sarà ricostruita e diverrà la capitale del mondo durante la grande tribolazione. Scrive: “È più semplice ipotizzare una ricostruzione di Babilonia come realizzazione letterale delle profezie dell’Antico Testamento che inglobi anche questo capitolo” WALVOORD John F., The Revelation of Jesus Christ, Chicago 1966, pp. 262,263. 13 GAUSSEN Louis, Daniel le Prophète, t. III, Paris 1849, pp. 283,284. 14 ROUGEMONT Frédéric de, La Révélation de S. Jean, Neuchâtel 1866, p. 315. 15 JURIEU Pierre, L’Accomplissement des Prophéties, t. I, 3a ed., Rotterdam 1689, p. 186. 16 “È una tradizione costante di tutti i secoli che la Babilonia di San Giovanni sia l’antica Roma. San Giovanni le dà due caratteri che permettono di riconoscerla. Prima di tutto questa città ha sette montagne; in secondo luogo, è la grande città che comanda a tutti i re della terra. Se essa è anche presentata sotto la figura di una prostituta si riconosce lo stile della Scrittura, che bolla l’idolatria come prostituzione. Si è detto di questa città superba, che è la madre delle impurità e delle abominazioni della terra, il culto dei falsi dèi che essa cercava di stabilire con tutta la potenza del suo impero ne è la causa. La porpora di cui essa pare rivestita è il segno dei suoi imperatori e dei suoi magistrati. L’oro e le pietre di cui essa è coperta fanno vedere le sue ricchezze immense. La parola mistero che porta scritta sulla sua fronte non ci indica nient’altro che i misteri empi del paganesimo di cui Roma si era resa protettrice, e la seduzione che viene al suo soccorso non è altra cosa che i prestigi e i falsi miracoli di cui i demoni si servivano per autorizzare l’idolatria” J.B. Bossuet, o.c., prefazione pp. 17,18. Ma lo stesso Bossuet che ha cercato così di controbilanciare le posizioni protestanti si trova a disagio nel limitare la profezia alla rovina dell’Impero Romano e, quindi, aggira nuovamente l’ostacolo ammettendo la possibilità di una realizzazione futura dicendo: “Chi non sa che la fecondità della Scrittura non è sempre esaurita da un solo senso...? Chi non vede dunque che è possibilissimo trovare un senso molto seguito e molto letterale dell’Apocalisse perfettamente compiuto nel sacco di Roma sotto Alarico senza pregiudicare qualche altro senso che si compirà alla fine dei secoli?” idem, pp. 41,42. 744 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE benedettino Calmet,17 l’arcivescovo di Tolosa, di F. Bovet18 e di una folla innumerevole di molti altri”.19 Ancora oggi la maggior parte dei commentatori cattolici e dei critici moderni identificano questa donna con la Roma antica, pagana, contemporanea dell’Apostolo, e il giudizio su di lei con la distruzione di Roma a causa delle invasioni barbariche.20 Questa spiegazione è altamente contraddittoria perché quando Roma cadde nel V secolo, ad opera dei barbari, essa era cristiana. Il testo dice nel capitolo XVIII:2 che Babilonia cade perché “è diventata albergo di demoni e ricetto di ogni spirito immondo e abominevole”. Se la Roma antica fu vinta dai barbari quando era cristiana, si deve dedurre che gli spiriti immondi ed abominevoli fossero i suoi papi ed il suo clero. Naturalmente nessun esegeta cattolico è disposto ad ammettere questo, che è la conseguenza logica del discorso. Inoltre dovrebbero questi interpreti, che applicano il brano alla Roma antica del V secolo, ormai diventata cristiana, accettare l’invito: “Uscite da essa o popolo mio”, il che equivarrebbe a: “Uscite dalla Chiesa cattolica”.21 Il domenicano Bernard Lambert ha fatto notare: “Se l’intenzione di Giovanni era di parlare dell’antica Roma pagana, cosa ci sarebbe stato di sorprendente e misterioso, di difficile a comprendere, di una città idolatra, apertamente nemica del Dio vero, impegnata ad abolire il suo culto, a sterminare i suoi adoratori; essa sarebbe odiosa ai suoi occhi, e votata a una perdizione eterna”.22 Il gesuita M. Lacunza fa due osservazioni: non ha senso applicare la fornicazione dei re della terra alla Roma pagana e il castigo annunciato: “Babilonia, la gran città non sarà più ritrovata” non si è ancora verificato.23 3. Totalità degli empi 17 A. Calmet, o.c., p. 585. “L’abuso che i protestanti hanno fatto di questo posto della rivelazione non ha impedito i più giudiziosi interpreti cattolici di applicarlo alla città di Roma. Vi sono stati condotti dall’evidenza del testo, dall’autorità della tradizione; e tale è stata, tale ha dovuto necessariamente essere l’opinione di tutti coloro che hanno cercato nell’Apocalisse un senso letterale e storico. Si può dunque ammettere come un fatto confessato, o ormai incontestabile, che il capitolo 17 riguarda e non può che riguardare Roma” F. Bovet, o.c., p. 112. 19 VAUCHER Alfred Félix, Les Prophéties Apocalyptiques et leur Interprétation, Collonges-sous-Salève 1972, pp. 48,49. 20 Vedere ad esempio il domenicano ALLO Ernest Bernard Marie, L’Apocalypse, 2a ed., Paris 1921, pp. 244,245; il critico REUSS Eduard, L’Apocalypse, Paris 1878, pp. 124,125. 21 Apocalisse 18:2,4. L’arguta critica è stata fatta dall’olandese VITRINGA Kempe, Anakrisis Apocalypseons, 2a ed., Amsterdam 1719, pp. 578,579. Vedere anche GUINNESS Henri-Grattan, Les prophéties des derniers temps, pp. 24,25; Anonimo, L’Eglise et L’Apocalypse, ou 19 siècles d’existence de l’Eglise catholique sur la terre prédite par l’Apocalypse de S. Jean, Paris 1860, p. 130. 22 LAMBERT Bernard, Exposition des prédications et des promesses faites à l’Eglise, t. II, Paris 1806, p. 329. 23 LACUNZA Manuel, Venida del Messia en gloria y majestad, t. I, 2a parte, articolo 3, paragrafo 14. Vedere Apocalisse 18:21. 18 Quando la profezia diventa storia 745 CAPITOLO XIX Agostino e altri hanno visto in questa Babilonia la totalità degli empi. “È l’universo intero, la società dei malvagi da Caino fino all’Anticristo”.24 “Babilonia indica semplicemente il potere del mondo ostile a Dio”.25 Questa spiegazione è troppo generica. La “donna” non rappresenta il peccato in genere, ma la Chiesa e, in questo capitolo, la Chiesa degenerata, infedele. 4. Roma futura Riconoscendo il carattere escatologico della visione, alcuni esegeti cattolici suppongono che si tratti di una apostasia del cristianesimo di Roma cattolica, che ritorna al paganesimo, meritando di conseguenza i castighi descritti nel capitolo XVIII. Prima di questo, il papa e la sua gerarchia diserteranno questa chiesa apostata.26 24 DUPRAT, L’Apocalypse, t. III, p. 32; vedere CRAMPON Auguste-Joseph-Théodore, La Sainte Bible, t. VII, I’Apocalypse, Paris 1904, p. 488. 25 LILJE Hanns, L’Apocalypse le dernier livre de la Bible, Paris 1959, p. 203. 26 In questa posizione di vero c’è quanto scrive il protestante CALLEGARI Giuseppe: “È un’opinione generale, e giusta, che i capitoli 17 e 18 dell’Apocalisse parlino di Roma degli ultimi tempi” Studi sopra l’Apocalisse, Mantova 1882, p. 118. I commentatori cattolici, preoccupati di salvaguardare l’onore del papato, si sono divisi in due gruppi: a) Il giudizio di Dio cadrà su una Roma che ha rinnegato il cattolicesimo. Alcuni esempi: “Che Babilonia apocalittica sia una città, e che questa città sia Roma, non sicuramente Roma cristiana, ma Roma infedele e pagana, quale era al tempo di S. Giovanni, e quale diventerà al tempo dell’Anticristo” Cornelis CORNELISSEN Van DEN STEEN (ALAPIDE), Comm. in Scripturum Sacrem, ed. Crampon, XXI, Paris 1863, p. 306. “Roma, non sicuramente Roma cristiana, ma Roma infedele e pagana” LAMBILLY Philippe Auguste de, L’Eglise et les prophètes, t. II, Nantes 1868, p. 169. Vedere il gesuita Giuseppe ZOPPI, L’Apocalisse di S. Giovanni Apostolo, Lugano 1781, p. 220. Quest’opera è stata messa all’indice per decreto del 20.1.1783. Il sacerdote Giuseppe CIUFFA, L’Apocalisse interpretata, vol. II, Roma 1925, pp. 215,219. Louis LAFONT-SENTENAC, morto nel 1892, Le Plan de l’Apocalypse et la signification des prophéties qu’elle contient, Paris 1872, pp. 282-284, 292303,359. Joseph MAÎTRE, La prophétie des papes, 1901, p. 422. b) Il gesuita M. Lacunza, cileno, che viveva in Italia e scriveva tra il 1782 e il 1790, amante della propria Chiesa e tuttavia preoccupato per il progresso dell’incredulità, dopo aver criticato l’applicazione alla Roma antica e a quella futura ridiventata pagana, scriveva: “Roma, non pagana, ma cristiana, non testa di un impero immaginario, ma testa del cristianesimo, può ben diventare, davanti a Dio, colpevole di fornicazione con tutti i re della terra; e la stessa Roma, così identificata, può incorrere nel giudizio terribile descritto in questa profezia. Per la realizzazione di quanto è detto non è necessario che diventi il centro, la corte dell’Impero Romano risuscitato; non è neppure necessario che nuovi imperatori scaccino la religione cristiana e che vi introducano di nuovo l’idolatria. Tutte queste idee strane, queste supposizioni inverosimili, non sono, in realtà, che vane consolazioni che non possono avere altre conseguenze che portare a Roma il colpo più spaventoso, se essa si affida alle sue menzogne. No, la verità - verità che farà sgorgare delle lacrime che non si fermano - ecco: la terribile profezia si compirà integralmente. E ciò sarà giustamente quando la nostra buona madre si confiderà quanto più le convenga in queste parole consolatrici, non volendo vedere che queste non siano inspirate che da un rispetto e un amore mal compreso dei suoi sudditi, sarà allora che la catastrofe cadrà su di lei” (traduzione del pastore) ANTOMARCHI Antonio, Ben-Ezra, (pseudonimo di M. Lacunza), La Bâtie-Rolland, Drôme 1934, p. 151. Il giansenista domenicano Bernard LAMBERT, animato da sentimenti diversi da quelli del Lacunza, arriva alle stesse conclusioni. Dopo aver rigettato l’applicazione che la profezia si riferirebbe alla Roma pagana, scriveva: “Ci sono motivi per credere che portando i suoi sguardi su un avvenire di cui è ancora separato da un intervallo di diversi secoli, il santo apostolo ci mostra una città cristiana, ma che sarà allora depravata, corrotta, caricata d’iniquità, facendo servire la religione al suo orgoglio, al suo dominio, alla sua avarizia, e che merita che Dio versi su di Lei la coppa della sua collera. È a lei che attribuisce il funesto carattere di essere, verso la fine del 746 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE Questa supposizione è priva di qualsiasi fondamento. Come Roma cattolica può allontanarsi dall’evangelo più di quanto lo sia di già? Questa spiegazione è intenzionalmente nata dalla preoccupazione di scagionare Roma cattolica attuale e di togliere ai controversisti protestanti un’arma pericolosa. 5. Una parte della Chiesa di Roma I giansenisti, che sono stati accusati dai cattolici di dare la mano ai protestanti, nel vedere nella donna la Chiesa romana, hanno risposto dicendo che questa donna non è la Chiesa cattolica, ma una parte di essa.27 secondo mondo, la madre delle fornicazioni e delle abominazioni della terra. È da lei che principalmente usciranno un giorno gli abusi e i disordini che, negli ultimi secoli, devono inondare la popolazione cristiana, e consumare il mistero dell’iniquità, sostituendo allo spirito evangelico un orgoglio sfrenato, un violento desiderio di invadere tutto e tutto asservire.- Accecata allora dalla propria ambizione, questa donna misteriosa cambierà delle prerogative auguste, ma modeste, in pretese folli e turbolente, che causeranno dei mali infiniti alla religione e agli imperi. Sarà ai suoi propri occhi, a quelli di tutta la terra, una dominatrice assoluta, libera da ogni regola, superiore a ogni potenza, l’unica sorgente e la pienezza di ogni autorità. Si sforzerà di mettere sotto i suoi piedi ciò che c’è di più grande nel secolo, ciò che c’è di più eminente nella religione. Crede di avere solo il diritto di fare delle leggi, senza riceverne da nessuno. Usurperà, almeno con le sue opere, il titolo augusto e incomunicabile di santo e di verace (Apocalisse 3:7).- Per dare seguito a questa attesa, vorrà che tutti i suoi ordini siano eseguiti senza resistenza, che tutte le sue parole siano riverite, come infallibili oracoli... - Essa sarà portata, per decreto, fino a proscrivere, e a colpire di anatema le parti più importanti del sacro deposito della fede. Essa prostituirà i suoi favori, fornirà delle armi a una folla di dottori di menzogna, che hanno congiurato la rovina. Abusando dell’ascendente che le danno le prerogative, farà bere nella coppa dei suoi abusi, dei suoi errori, dei suoi attentati contro la giustizia e la verità, i re, i pontefici, i sacerdoti, i leviti, i fedeli di ogni specie e di ogni rango. Erigerà in leggi le più evidenti e le più colpevoli simonie, e il più vergognoso traffico di cose sante. Darà a tutti l’esempio del fasto e della dominazione. Addormenterà i peccatori con le sue dispense arbitrarie, e mediante una scandalosa dissipazione del tesoro della Chiesa. Diffamerà mediante le più inique censure i giusti che avranno rifiutato di incensare la sua dominazione, o di adottare i suoi traviamenti. Farà una guerra aperta alle più straordinarie meraviglie, che anche per poco contrastino il suo orgoglio o i suoi funesti impegni.- Tutti questi eccessi, e molti altri che noi passiamo sotto silenzio, formeranno le caratteristiche della donna simbolica che S. Giovanni non vede che con un profondo stupore, e che, verso la fine dei secoli, dovrà giocare un così grande ruolo nell’universo, causarvi tanti mali, farvi tante prevaricazioni e vittime, mettere sulla gentilità complice di questi crimini e di queste prevaricazioni, i flagelli spaventevoli così spesso annunciati nella Scrittura...- Possiamo amare sinceramente Gesù Cristo e la sua Chiesa, e non detestare i perniciosi errori, la profana politica, la superba dominazione, l’insaziabile avarizia, le colpevoli imprese di cui la corte di Roma ha, nel corso dei secoli, dato l’esempio all’universo? E se dopo una così lunga esperienza non c’è più posto di sperare che da sola e mediante un sincero pentimento ritorni sui suoi traviamenti, non è una parte considerevole della pietà cristiana e cattolica ad applaudire in anticipo i severi giudizi che il Signore deve un giorno fare esplodere su lei?” o.c., pp. 329-333. 27 Si legge in un libro che è stato considerato come opera dell’abate RAYMOND Jean-Baptiste di Pavia di Beccaria di Fourquevaux, ma che questi attribuisce a CHAPEROU Pierre Simon de Saint-André de Fernanville (morto nel 1757): “Non soltanto io rigetto con orrore questa empietà, che la Babilonia di San Giovanni sia la Chiesa Romana, ma io sono ugualmente lontano dal dire che è la Chiesa di Roma in particolare. Io rispetto questa Chiesa come essendo la prima in tutto a causa della sede di San Pietro e che il primato le appartiene di diritto divino. Ma ho imparato a distinguere da questa Chiesa e dalla santa Sede la Corte di Roma e il suo spirito: poiché sono delle cose ben diverse e pure opposte. Io non temo affatto di avanzare che è la corte di Roma, il suo orgoglio, le sue false pretese, le sue massime, la sua condotta, e in una parola tutto ciò che essa racchiude di corrotto, tutto ciò che essa ha di questo spirito così chiaramente opposto a quello della sua Chiesa e della Sede di San Pietro, che forma la Babilonia di San Giovanni... Sono molti di quegli stessi uomini, è vero, che d’una parte fanno grande una parte della Chiesa di Roma, e che dall’altra compongono una Babilonia abominevole agli occhi di Dio: spesso sono gli stessi che sono rivestiti della più grande autorità che abusano di questa stessa autorità. Ecco perché San Giovanni è colpito da stupore nel vedere questa città, questa prostituta composta di tali uomini. Idea della Babilonia spirituale predetta dalle sacre Quando la profezia diventa storia 747 CAPITOLO XIX Se così fosse si dovrebbero invitare i veri credenti a espellere dalla propria comunità la parte degenerata, ma il testo di Giovanni si esprime in maniera opposta: dice che in Babilonia Dio ha un popolo e lo invita ad uscire e non a purificare la Chiesa. 6. Roma papale “Roma chiamata la Babilonia dell’Apocalisse da diversi suoi figli” è il titolo di una nota suggestiva contenuta nell’opera di É. Guers28 in cui la storia della Chiesa è studiata dal punto di vista profetico. Possiamo così elencare questi figli: Gunthar, arcivescovo di Cologne dall’850 all’864, e Theutgaud, arcivescovo di Trèves dall’847 all’868; Honoré d’Autun, verso il 1120; Bernard de Morlaix, nel XII secolo; Gerhoh von Reichersberg (verso 1093-1169), Giovanni di Parma (verso 1208-1289); il francescano provenzale Pierre de Jean Olieu (Olivi), nel 1297; Ubertino di Casale, verso il 1305; Michele di Cesena (verso 1270-1342); Jean de Roquetaillade, verso 1342; il cardinale Vital du Four, nel 1600; Dante Alighieri (1265-1321), Francesco Petrarca (1304-1374), il sacerdote ceco Matthias Janow (verso 1350-1393); Konrad von Megenberg, verso il 1337; Nicolas Oresme, nel 1364; Heinrich von Hessen (verso 1325-1397), Nicolas de Clémanges, verso il 1414, il francescano Johann Hilten (verso 1425-1500), il domenicano Gerolamo Savonarola (1452-1498); Pietro Bonaventura, nel 1516; Johannes Staphilaeus, vescovo di Sebenico in Dalmazia dal 1512 al 1528; Berthold Birstinger, vescovo di Chiemsee dal 1508 al 1525; il francescano Pietro Colonna (verso 1460-1540); Francisco Melchor Cano (15091560); il monaco agostiniano Manuel Santos de San Juan Berrocosa, nel 1758; il gesuita Manuel de Lacunza (1731-1801), il domenicano Bernard Lambert (17381813), Pierre Jean Agier (1748-1843).29 A conclusione di questo elenco ricordiamo che nella Bibbia luterana di Hans Lufft, pubblicata a Wittemberg nel 1534, la cortigiana ha il capo coperto da una tiara. La caduta della grande prostituta è stata rappresentata da L. Signorelli, nel XV secolo, nei suoi affreschi della cattedrale di Orvieto e nell’Apocalisse figurata da Jean Duvet nel 1561. Se pochi possono sembrare gli scrittori cattolici, per contro sono numerosissimi i protestanti che hanno ravvisato in questa donna la Roma papale.30 Sebbene questa Scritture, in cui si fa vedere contro i protestanti e i costituzionari che questa Babilonia non può essere la Chiesa cattolica e che nondimeno essa si deve formare nel mezzo di questa Chiesa” Utrecht 1723, pp. 196-197; cit. da VAUCHER Alfred-Félix, Babylone, in Signes des Temps, 1938, p. 10. 28 GUERS Émile, Histoire de l’Eglise de Jésus Christ, Genève 1832, p. 648. 29 VAUCHER Alfred Félix, L’homme son origine sa destinée, ed. S.d.T., Dammarie les Lys 1974, pp. 62,63. 30 Riassumiamo qui le ricche pagine del Maestro A.F. Vaucher, Les prophéties apocal. ..., 1a e 2a ed., 1960, 1972, pp. 50-57. Numerose minoranze religiose, nel corso dei secoli, hanno giustificato la loro separazione dalla grande Chiesa denunciando in questa la prostituta apocalittica: I Donatisti - Da un trattato anonimo, Contra Fulgentium, composto in Africa tra il 412 e il 420 da un membro del clero che circondava Agostino, la Chiesa cattolica era stata designata come essendo la prostituta in un Libellus de 748 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE baptismo, del quale si conosce solamente il nome dell’autore, Fulgenzio, unito ai donatisti. “Questo sacramento (il battesimo) non può essere amministrato dagli scismatici o dagli eretici; ed il preteso battesimo dei sedicenti cattolici non è che una caricatura... C’è una sola sorgente di vita, che appartiene alla vera Chiesa, cioè alla Chiesa di Donato, e che è proibita a tutti i profani, a tutti i non donatisti. Alla sola idea che i cattolici osino avvicinarsi a questa sorgente Fulgenzio va in furore: “Se dunque, esclama, la vera Chiesa dei traditori non è che una caverna, si vanta delle sue molteplici acque, si inebria del suo battesimo, poi fornica con i re, seguendo le parole di Giovanni “Vieni, io ti mostrerò la condanna della grande cortigiana che siede su molte acque; e tutti gli abitanti della terra sono stati inebriati dal vino della sua fornicazione”, Apocalisse 17:1,2. Io chiedo, quali sono queste molte acque, se non la pluralità dei battesimi? quale è questa cortigiana, se non la caverna dei traditori, che si assoggetta ai piaceri dei re, che beve alla coppa delle persecuzioni, e che, accecata dall’ubriachezza, si mischia ai popoli per trascinare nella follia coloro che essa abbevera?” MONCEAUX Paul, Histoire littéraire de l’Afrique chrétienne depuis les origines jusqu’à l’invasion Arabe, t. II, Paris 1922, p. 227. I Catari - Un domenicano che scriveva verso il 1240 dichiarava che i catari identificavano la Chiesa romana con la Babilonia mistica (MONETA, Adversus Catharos et Valdenses, Roma 1743, pp. 397-399). Vedere il domenicano Nicolas ENYMERIC, che scriveva ad Avignone nel 1376, Directorium Inquisitorum, Venezia 1607, p. 274. Lo storico NEANDER Wilhelm, General History of the Christian Religion and Church, t. IV, 11a ed., New York 1871, p. 641, attribuisce questa professione di fede al pastore albigese Arnold HOT: “La Chiesa di Roma non è la sposa del Cristo, la santa Chiesa, ma la Babilonia di Apocalisse, ubriaca del sangue dei santi e dei martiri”. Gli Amalriciani - Amaury de Bène, morto verso il 1207, insegnava ai suoi discepoli che la grande prostituta doveva essere cercata a Roma. “Secondo Césaire d’Heisterbech (circa 1180-1240), l’orefice Guillauíne aveva annunciato a Maître Rodolphe di Nemours degli eventi meravigliosi: “Perciò profetizzò che cinque anni dopo sarebbero dovute venire quattro piaghe... nella quarta discenderà fuoco sopra i prelati della Chiesa che sono membra dell’Anticristo, diceva infatti che il papa era l’Anticristo e Roma Babilonia”” DELACROIX Henri, Le Mysticisme spéculatif en Allemagne, Paris 1900, p. 45, nota 2. CAPELLE Catherine, Amaury de Bède, Paris 1932, p. 102. Gli Arnaldisti - In un discorso pubblico tenuto a Carcassonne nel 1207, ARNALDO da Brescia sosteneva questa proposizione: “Roma papale è la Babilonia dell’Apocalisse” ELLIOTT Edward-Bishop, Horae Apocalypticae, t. II, 5a ed., London 1862, p. 371; t. IV, p. 430. I Valdesi - In un’opera polemica, Rainerio Sacconi, domenicano italiano, morto verso il 1262, dichiarava a proposito dei Valdesi: “Essi dicono che la Chiesa romana è la prostituta” SACCONI Rainerio, Contra Valdenses, c. VI, in Bibl. Max. Vet. Patr., XXV, Paris 1677, p. 272. Gli Ortliebiti - Ortlieb insegnava a Strasburgo nel 1212. I suoi discepoli si sono interessati alle teorie apocalittiche dei gioachiniti. Anche per loro Roma papale si confondeva con la prostituta. La grande chiesa è la cortigiana dell’Apocalisse. “Perciò dicono che il Papa fosse il capo di ogni male e quella grande meretrice sulla quale si legge in Apocalisse” H. Delacroix, o.c., pp. 68,69. I Guglielmiti - Membri di un ordine religioso fondato nel XII secolo, hanno denunciato Roma papale come la grande prostituta (AEGERTER Emmanuel, Les Hérésies du Moyen Âge, Paris 1939, p. 103). I Begarditi - Stessa applicazione delle profezie presso le comunità di Beghards stabilite principalmente nei Paesi Bassi e che subirono contemporaneamente l’influenza dell’abate Gioacchino da Fiore e quella di Ortlieb. Vedere EYMERIC Nicolas, Directorium Inquisitorum, scritto ad Avignone nel 1376, pp. 283,285. La lista che precede potrebbe essere allungata. Si può menzionare il francescano Gherardo SEGALELLI, morto verso il 1300 (vedere DOWNHAM Geroge, Papa Anticristus, 1620, p. 139); fra DOLCINO, capo degli apostolici, morto nel 1307 (vedere Alessandro ASPESI, L’angelo di Tiatiri. Studio sul movimento dolciniano, Torino 1932, p. 69); Joannes ROBITZANA, arcivescovo di Praga (1435) diceva: “Io dichiaro apertamente che la Chiesa romana è 1a Babilonia occidentale; dove regna il peccato contro lo Spirito Santo” cit. WOLF, Lect. Memor., vol. I, 1600, p. 822. Nel XIII secolo Salve BURCE, (vedere Antonino De STEFANO, Le eresie popolari del Medio Evo, in Questioni di storia medioevale, ed. E. Rota, Milano, s.d., p. 767). Il gioachimita ceco Jan MILICZ, morto nel 1374 (vedere Downame, o.c., p. 141). Un apologeta del cattolicesimo, il teologo spagnolo PELAYO Alvaro, faceva questa confessione, verso il 1320: “In presenza della simonia che dalla curia papale si è sparsa in tutta la Chiesa e di conseguenza nella corruzione di tutta l’istituzione religiosa, è naturale che gli eretici indichino la Chiesa come la prostituta” De statu et planctu Ecclesiae, t. II, c. 7. Vedere DOELLINGER Ignazio von, La Papauté, Paris 1904, pp. 97,329,330. Nel seno stesso della Chiesa delle voci si sono alzate ed hanno fatto eco a quelle degli eretici. Quando la profezia diventa storia 749 CAPITOLO XIX Come abbiamo riportato nel testo: “Roma è chiamata la Babilonia dell’Apocalisse da diversi dei suoi figli” tale è il titolo di una nota suggestiva di un’opera in cui la storia della Chiesa è studiata dal punto di vista profetico, Guers É., o.c., p. 648. Nel IX secolo, Gunthar, arcivescovo di Colonia dall’850 al 864 e Theutgaud, arcivescovo di Trèves dall’847 all’868, constatavano che Roma, per le sue pretese all’infallibilità, usurpa i diritti della divinità e merita di essere chiamata Babilonia. Riportato da un analista bavarese, Johann THURMAIER - AVENTINUS (1466-1534), Annales Boiorum, Ingolst. 1554, p. 428. Parlando del papato nel IX secolo, il cardinale Baronius scrisse nei suoi annali: “Mai le divisioni, le guerre civili, le persecuzioni dei pagani, degli eretici e degli scismatici hanno causato alla santa sede tante sofferenze quanto i mostri che si sono istallati sul trono di Cristo per mezzo della simonia e l’omicidio. La Chiesa romana fu trasformata in una cortigiana svergognata, coperta di seta e di pietre preziose, che si prostituiva pubblicamente per loro; il palazzo del Laterano era diventato una taverna impura dove gli ecclesiastici di tutte le nazioni disputavano a delle prostitute il prezzo dell’infamia. Mai prima dei preti e dei papi commisero tanti adulteri, rapimenti, incesti, scroccherie e omicidi; e mai l’ignoranza del clero è stata così grande come durante questo deplorevole periodo... In questo secolo si vide l’abominazione della desolazione nel tempio del Signore; e nella cattedra di S. Pietro, riverita dagli angeli, si vide sedersi gli uomini più empi, non pontefici, ma dei mostri” VUILLEUMIER Jean, Les prophéties de Daniel, Genéve 1906, p. 338. Verso il 1120 HONORÉ d’Autun designava Roma con il nome di Babilonia. Inevitabile sive de praedestinatione et de libero arbitrio dialogus, pubblicato da CASSANDER Georges (1513-1566), Col. 1552, e riportato nelle sue Opere, Paris 1616, pp. 623-639. Gerhoh von REICHERSBERG (1093-1169), in un opuscolo composto verso il 1161, De investigatione Antichristi, pubblicato da Pertz, Monumenta germaniae historica. Libelli, III, Hannover 1897, pp. 304-395, identifica 1a Babilonia apocalittica con Roma cristiana. Bernard de MORLAIX, monaco di Cluny, che viveva, lui pure, nel XII secolo, ha tenuto lo stesso linguaggio nel suo De Contemptu mundi, París 1843. “I secoli d’oro sono passati, le anime pure non sono più; noi viviamo negli ultimi tempi; la frode, l’impurità, le rapine, gli scismi, le querele, le guerre, i tradimenti, gli incesti e gli omicidi desolano la Chiesa. Roma è la città impura del cacciatore Nimrod; la pietà e la religione hanno disertato le sue mura; ahimè! il pontefice o piuttosto il re di questa odiosa Babilonia calpesta l’Evangelo e il Cristo e si fa adorare come Dio” cit. da CHAVARD Fortuné, Le celibat, le prêtre et la femme, 6a ed. di Le celibat des prêtres et ses conséquences, Genève 1874, p. 328. Vedere anche J.H. HEIDEGGER, Histoire du Papisme, vol. I, Amsterdam 1685, pp. 132,133. Jules CLARAZ, Le mariage des prêtres, Paris 1911, p. 422. Giovanni BURALLI da Parma (1208-1289), generale dei francescani dal 1247, dimissionario nel 1257, gioachimita, si è espresso nello stesso senso. Vedere Umberto COSMO, Giornale Dantesco, vol. VI, p. 110. “Consigliò ai rappresentanti del partito rigorista che non potevano osservare l’Evangelo nel seno di Babilonia di emigrare in Asia” SCHNUERER Gustav, L’Eglise et la Civilisation au Moyen Age, t. III, Paris 1938, p. 33. Il francescano provenzale Pierre de Jean OLIEU (OLIVI), autore di un Commentario sulla Apocalisse, inedito, terminato un anno prima della sua morte nel 1297, attendeva la condanna della Chiesa carnale, che perseguitava i francescani spirituali. Sessanta articoli estratti dal suo libro furono censurati dai dottori di Roma, nel 1318, tra gli altri, gli art. 3 e 54 dove la Chiesa romana era identificata con la grande prostituta, e gli artt. 7 e 46, dove la Chiesa carnale e mondana era designata con il nome di Babilonia. Vedere BALUZE Étienne (1630-1718), Miscellanea Sacra, t. II, Lucca 1761, p. 269, sulla proposizione n. 54. UBERTINO da Casale, nella sua opera Arbor Vitae Crucifixae, composta nel 1305 e pubblicata a Venezia nel 1485, annunciava “1a disfatta della prostituta di Babilonia, cioè della Chiesa carnale piena di ricchezza e di godimenti” CALLAEY Jean-Baptiste Auguste (in religione Frédégand), L’idéalisme franciscain spirituel au XIV siècle. Étude sur Ubertin de Casale, Louvain 1911, p. 67. Si può dire la stessa cosa del francescano MICHELE da Cesena (1270-1342); vedere PACARD George, Description de l’Antichrist, Niort 1604, p. 175. Jean de ROQUETAILLADE (RUPESCISSA), chiamato a comparire ad Avignone davanti al papa Clemente VI, non si preoccupò di dire che la Chiesa romana era la prostituta babilonese. Vedere HERVORDIA Henricas de, Liber de rebus memorabilioribus, sive Chronicon, ann. 1342, ed. August Potthast, Goett 1859, p. 266. In un’opera latina, Commentario sull’Apocalisse, di autore ignoto, pubblicato a Venezia nel 1600 sotto il nome di Vital du FOUR, cardinale dal 1312, morto nel 1327, poi sotto quello di Alexandre de HALES, Paris 1647, infine inserito a torto nelle opere di S. BONAVENTURA, Trento 1773, che sostituì Giovanni Burelli nella guida dei francescani, Roma cattolica è designata come la Babilonia di Giovanni a causa della sua vanità, della sua mondanità e della sua simonia. DOELLINGER Ignace von riporta le parole di Vital du Four, che attribuisce a Bonaventura, che, a sua volta, aveva deplorato la corruzione della chiesa e il clero: “Un uomo pure come S. Bonaventura, che il papa aveva colmato di onori, e che, come generale del suo ordine e come cardinale, si trovava agganciato a Roma con i 750 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE legami più stretti, non si è fatto alcuno scrupolo nel suo commentario sulla rivelazione di Giovanni, di dichiarare che Roma era la prostituta che inebriava i re e i popoli del vino della sua fornicazione, poiché, a Roma, dice, si riuniscono i principi e i dignitari della Chiesa che disprezza Dio, abbandonandosi alla deboscia, attaccandosi a Satana e predando i tesori di Cristo. Egli mostra in seguito come i prelati... contaminando con i loro crimini il clero e come questo, a sua volta, imitando l’esempio dell’alto a causa del suo orgoglio e della sua pigrizia avvelenata, renda miserabile l’intero popolo cristiano” Il Papato dalle origini fino al 1870, Mendrisio 1914; ed. francese, Paris 1904, p. 329, nota 327. Dante (Durante) ALIGHIERI nella sua Commedia riprende il linguaggio di Giovanni per descrivere la Chiesa di Roma. Vedere riferimento alla nota n. 1 di questo nostro capitolo. MASSERON Alexandre in nota all’Inferno, XIX, 106-108, Paris 1947, p. 166, commenta: “La visione dell’evangelista S. Giovanni, nell’Apocalisse 17:1-8, generalmente interpretata come rappresentante la Roma imperiale, è applicata qui alla Roma dei papi”. Dello stesso autore, Pour comprendre la Divine Commédie, Paris 1939, p. 206: “Dante applica qui alla Roma cristiana, per condannare i suoi malvagi pastori, una immagine presa in prestito dall’Apocalisse e che i commentatori applicano alla Roma dei Cesari, alla Roma pagana. È la Chiesa ormai ad essere la grande prostituta che si contamina con i re”. Per il Purgatorio, XXXII, 149,150: “... Una puttana sciolta M’apparve, con le ciglia intorno pronte”, viene tradotto da Masseron, vol. II, Paris 1948, p. 293: “... Una puttana seminuda, che gioca con gli occhi attorno ad essa”. Francesco PETRARCA (1304-1374) ha fustigato l’empia e avara Babilonia dalla quale è assente ogni senso di vergogna, dove il bene è straniero, scuola di errori, tempio di eresie, Roma una volta, ora Babilonia falsa e cattiva, inferno dei viventi. I1 Canzoniere, sonetti XCI, CVI, CVII; in Le Rime Firenze 1896, pp. 160,211. Vedere anche Epistole sine titulo, XVI. Vedere ROSSETTI Gabriele, La Divina Commedia, t. II, London 1827, p. 130. Il prete ceco Matthias JANOW (verso 1350-1393) ha presentato la Babilonia romana nelle sue Regulae veteris et novi Testamenti, Insbruck 1908-1913, soprattutto nel libro III, tr. 6: Tractatus de abominatione desolationis. Vedere KYBAL Vlastimil, Étude sur les origines du mouvement hussite en Bohème. Matthias de Ianov, in Revue Historique, n. 103, I trimestre, Paris 1910, p. 22. Roma papale è stata identificata con Babilonia da Kornad von MEGENBERG nel suo trattato, Planctus Ecclesiae, pubblicato verso il 1337. Nicolas ORESME, morto nel 1382, nel suo sermone pronunciato nel 1364 alla presenza di papa Urbano V e dei cardinali, riconosceva la Chiesa del suo tempo nella prostituta. Vedere FLACICH (FLACIUS ILLIRYCUS) Matthias, Catalogus testium veritatis, Frankfort 1573, fol. CCCXXVIII-CCCXXXII, ed. Lyon 1597, vol. II, p. 778-787. Wolf, o.c., t. I, p. 648-653. Heinrich HEINBUCHE von LANGENSTEIN, o von HESSEN (1325-1397), ha scritto, Invectiva contra monstrum Babylonis, nel 1393. Vedere PASTOR Luigi, Histoire des Papes, vol. I, 6a ed., p. 170, n. 2; p. 172, n. 1; p. 187, n. 3. In un’opera composta nel 1414 e 1415 Nicolas POILLEVILLAIN de CLÉMANGES (De Corr. Ecclesia Statu, Paris 1671, pp. 51,52), rettore dell’università della Sorbona di Parigi, applicava alla Chiesa cattolica il capitolo 17 e 18 dell’Apocalisse. Esortava: “Risvegliati tu dunque infine dal tuo lungo sonno, infelice sorella della sinagoga... sonda gli scritti dei profeti;... essi hanno parlato di te... Ma, supposto che le loro profezie si applichino ad altri, che penserai tu della tua propria profezia, dell’Apocalisse di S. Giovanni?... Ricorda e leggi la condanna della grande prostituta... e là contempla le tue azioni e i tuoi destini che verranno” cit. da È. Guers, o.c., p. 648. Il francescano Johann HILTEN (1425-1500), di Fulda, dichiarava, a proposito dell’Apocalisse 17: “Questa prostituta è Roma” Opera Omnia, Biblioteca del Vaticano, Col. Palat. Lat. 1849, fol. 287. Che si tratti della Roma attuale è stato dimostrato da Leonid ARBUSOW, Die Einfuehrung der Reformation in Liv - Est - und Kurland, Leipzig 1921, p. 162. Il domenicano Gerolamo SAVONAROLA (1452-1498) gridava in uno dei suoi sermoni: “Fuggi, o Sion, che dimori presso la figlia di Babilonia; fuggi lontano da Roma, poiché Babilonia significa confusione, e Roma ha messo la confusione in tutta la Scrittura, essa ha confuso tutti i vizi, essa ha tutto confuso. Fuggite dunque da Roma ed emendatevi” COMBA Emilio, I nostri Protestanti, vol. I, Firenze 1895, p. 476. “Pietro BONAVENTURA sorse a Roma nel mese di maggio 1516... Questo predicatore compose uno scritto al Doge di Venezia. In questo scritto rappresentava la Chiesa romana sotto i tratti della donna dell’Apocalisse” MAÎTRE Joseph, La prophétie des papes attribuée à S. Malachie, Beaune 1901, p. 15 nota. A seguito della presa di Roma da parte delle armate imperiali, Johannes STAPHILAEUS pronunciò un sermone per mostrare che la Babilonia cattolica aveva attirato su di sé i giudizi divini. “Sotto Clemente VII nel XVI secolo, Jean STAPHILÉE, vescovo in Dalmazia (1512-1528), osò dire a Roma stessa, e in un discorso indirizzato agli uditori della Rota, che Roma era, alla lettera, senza figura, la Babilonia predetta nell’Apocalisse” É. Guers, o.c., p. 468. Nel 1524 appariva a Landshut uno scritto anonimo, Onus Ecclesiae, attribuito a Berthold PIRSTINGER, vescovo di Chiemsee dal 1508 a1 1525. Presentava un quadro dei costumi della Chiesa nel quale si esponevano le piaghe della Babilonia romana. Vedere Hans PREUSS, Die Vorstellungen vom Antichrist im spaeteren Mittelalter, Leipz 1906, pp. 47-49. Quando la profezia diventa storia 751 CAPITOLO XIX interpretazione sia quella classica e sia stata sostenuta in tutti i secoli, la crediamo un po’ esclusivista. 7. La cristianità infedele degli ultimi tempi o la nuova cattolicità del cattolicesimo Crediamo che sia meglio identificare questa donna con la cristianità infedele degli ultimi tempi, descritta nell’abito della Chiesa romana, essendo questa la madre della cristianità apostata nella quale le Chiese trovano la loro origine e il loro fine. Enrico Bosio scriveva: “Roma non come la capitale politica dell’impero, ma come la capitale della cristianità decaduta e corrotta”. Scrivendo questo nel 1924, doveva aggiungere: “Può darsi che un avvenire forse non lontano mostri al mondo, ancora più chiaramente del passato, la Roma centro della cristianità apostata unita strettamente alla bestia di colore scarlatto che rappresenta il potere politico anticristiano”.31 Questo è il modo di vedere di diversi commentatori protestanti. Pierre Jurieu nel 1686 scriveva: “Bisogna ben sapere che in tutte le parti del cristianesimo dove si trova questo carattere, l’orgoglio e la tirannia d’Egitto, le abominazioni di Sodoma e le idolatrie di Babilonia, là si trova l’impero anticristiano in tutto o in parte. E bisogna per ciò concludere, che questo impero non è racchiuso in ciò che noi chiamiamo Papismo, i paesi soggetti al papa, la Chiesa latina. Nella Chiesa greca c’è l’idolatria, c’è Babilonia; poiché vi si invocano i santi, vi si adorano le immagini e le reliquie... C’è Sodoma per la corruzione dei cristiani... c’è l’Egitto perché c’è nella Chiesa la tirannia e l’orgoglio. I patriarchi e i prelati d’Oriente nel loro tempo e nella loro prosperità, hanno fatto i padroni e i tiranni, sebbene a questo proposito non siano saliti in alto quanto il vescovo di Roma. La Chiesa greca non si è separata dalla Chiesa latina che nel X secolo: nel tempo in cui la Chiesa latina era di Nello stesso anno 1524 il francescano italiano Pietro COLONNA, detto GALATINUS (1460-1540), componeva il suo Commentario in Apocalisse inedito (Biblioteca Vaticana, cod. lat. 5567, f. 204,296-505), dedicato all’imperatore Carlo V, dove stigmatizzava la Chiesa carnale col nome di Babilonia. La stessa identificazione è fatta da Francisco Melchor CONO (1509-1560). Per lui “Conosce male Roma chi pretende di guarirla”, poi cita Geremia 51:9: “Noi abbiamo voluto guarire Babilonia, ma essa non è guarita” Parecer (1555, 1736), p. 6. Vedere MENENDEZ Y PELAYO, His. de los Heter. Esp., V., 1947, p. 43. Henry-Charles LEA (1825-1909), Chapters from the religion History of Spain, Philadelphia 1890, pp. 134-137, ha consacrato un lungo paragrafo al monaco agostiniano Manuel SANTOS de San Juan (BERROCOSA), condannato dall’Inquisizione di Toledo, nel 1758 e nel 1711 per aver detto che Roma era diventata una Babilonia, un ricetto di demoni e di vizi. Vedere Juan Antonio LLORENTE (1756-1823), Histoire critique de l’Inquisition d’Espagne, vol. II, Paris 1817, p. 429. Concludiamo, scrive il maestro A.F. Vaucher, questo excursus ricordando un fatto: “Luigi XII ebbe delle gravi contese con Giulio II (1503-1513); irritato dalle pretese orgogliose di questo pontefice, fece coniare una medaglia sulla quale si leggono queste parole significative: “Nomen Babylonis perdam”, facendo così intendere che vedeva nella Roma dei papi la Babilonia di Apocalisse” PUAUX François, Histoire de la Révolution Française, vol. I, Paris 1859, p. 32. Occorrerebbe un volume per enumerare tutti gli autori protestanti e la folla di commentatori e controversisti che hanno identificato Roma papale con Babilonia. 31 BOSIO Enrico, L’Apocalisse di S. Giovanni, Firenze 1924, pp. 116,117. 752 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE già diventata Sodoma... Egitto per la tirannia e Babilonia per gli idoli. Queste due chiese non fanno che uno stesso corpo e una stessa Babel. E non bisogna immaginare che la Chiesa greca con la separazione sia diventata una Gerusalemme, poiché essa ha conservato la corruzione di Babel”.32 P. Claudel negli anni Quaranta scriveva: “Non è il paganesimo, è il cristianesimo moderno, è questa cristianità degenerata sulla fronte della quale le nazioni cercano la croce e non trovano altro che la parola: “Mistero””.33 G. Steinheil nel secolo scorso scriveva: “È in generale la Chiesa mondanizzata, romana, greca o protestante”.34 All’inizio del secolo H. Parrot affermava: “Questa sinistra amazzone con la quale i re della terra si sono abbandonati all’impurità e che ha inebriato gli abitanti della terra del vino della sua fornicazione, non può essere che la Chiesa degenerata e caduta... È a torto, pensiamo noi, che gli interpreti non abbiano voluto vedere qui solo la Chiesa romana o quella dei papi. Si tratta di tutta la Chiesa infedele al suo celeste sposo, in Occidente come in Oriente, presso i protestanti come presso i papisti, e più particolarmente della Chiesa infedele degli ultimi tempi. - Se ora noi consultiamo la storia, pensiamo prima alla Chiesa romana, al suo lusso e alla sua pompa, alla livrea rossa dei cardinali, al sangue versato dall’inquisizione, al culto delle immagini e delle reliquie, e a molte altre cose simili. Ma le Chiese orientali sono esse esenti di rimprovero? In Russia, la Chiesa detta ortodossa favorisce le stesse superstizioni e perseguita i cristiani biblici. Nei paesi maomettani, queste Chiese asservite cercano di soppiantarsi le une con le altre e di guadagnare il favore dei padroni mussulmani! Il protestantesimo, a sua volta, ha i suoi razionalisti che sfigurano l’Evangelo, ha i suoi conduttori carnali che fanno del pulpito il loro braccio, ha le sue sette pericolose come i mormoni!... Tuttavia la realizzazione completa della visione non si avrà che nel tempo della VII coppa;35 è allora che si mostrerà, in tutto il suo orrore, Babilonia, la prostituta, seduta sulla bestia anticristiana. La Chiesa infedele della nostra visione si appoggia sui re della terra, in quanto essa è seduta sulle grandi acque che rappresentano i popoli e le nazioni. Essa cerca la sua forza nella democrazia così come nella monarchia, e sarebbe possibile che, negli ultimi tempi, essa si appoggi soprattutto sulla demagogia”.36 Questa donna ha una coppa piena delle impurità della sua fornicazione. Questa fornicazione non è altro che il culto idolatrico che nel nome dell’Eterno è stato da lei proposto e insegnato a tutti i popoli e a causa del quale si sono ubriacati. 32 P. Jurieu, o.c., t. I, ed. 1686, pp. 66-68. CLAUDEL Paul, Introduction à l’Apocalypse, Paris 1946, p. 60. “Non è... Roma, come pensa la maggioranza dei commentatori, o almeno contemporaneamente con Roma, è Costantinopoli, è Londra, è New York, è Parigi, sono tutte le capitali contemporanee di una civiltà mercantile, che noi contempliamo sotto la creatura scarlatta, inebriata... Questa donna non è nata nel crimine, ma l’ha sposato volontariamente” Idem. 34 STEINHEIL G., Étude prophétique, Lausanne 1861, p. 83. 35 Desideriamo precisare che al tempo della 7a coppa avverrà la sua distruzione. Il suo dominio lo manifesterà prima. 36 PARROT Henri de, Le voyant de Patmos, Lausanne 1902, pp. 181,183,184. 33 Quando la profezia diventa storia 753 CAPITOLO XIX “La prima Babilonia era un impero colossale dedito alla magia e all’idolatria. La Babilonia mistica è una falsa Chiesa che governa i regni del mondo”,37 con le stesse arti ed errori nel nome del Dio fatto uomo. René Pache, più vicino a noi, ad introduzione del suo saggio sull’Ecumenismo, scrive: “Ora le profezie annunciano nettamente che alla fine dei tempi la religione apostata stessa si organizzerà sulla terra intera per formare un fronte comune, quello della falsa Chiesa d’Apocalisse XVII”.38 Questa donna crediamo rappresenti la nuova “Cattolicità del Cattolicesimo”, in cui tutto il mondo cristiano apostata è unito alla Chiesa madre in una unità organica nella quale si rispettano i valori e le tradizioni di ogni Chiesa. In cerchi concentrici il cristianesimo è ritornato unito alla santa Sede, che pensa di se stessa: “La Chiesa romana è la gran vite, in cui i tralci dell’umanità, vivificati dalla sua linfa, danno frutto; separati da questa vite i tralci seccano, “si gettano nel fuoco e si bruciano”,... Non si tratta di rinnegamento o di ritorno, si tratta di integrazione e di incontro. La cattolicità insomma si configura come un gigantesco movimento, con un centro ben determinato; ma aperto in tutte le direzioni, senza esclusioni... Che cosa infatti dovrebbe essere escluso? Nulla, salvo ciò che si esclude da sé rifiutando di lasciarsi integrare e condannarsi così all’inaridimento e alla morte. - Vittorio Subilia continua e commenta: Assumendo un criterio ecclesiologico invece che cristologico, si fa un ecumenismo non di ubbidienza, ma di compromesso, in cui si cerca di non disturbare posizioni costituite e di dare una relativa soddisfazione a tutte le tesi, illudendosi di ampliare la cristianità della Chiesa. E non ci si accorge, così facendo, che le Chiese collaborano a compromettersi a vicenda e a diffamare Cristo di fronte al mondo... Un vangelo insipido sommato a altri Evangeli insipidi non dà il sapore dell’Evangelo autentico. Le Chiese alla ricerca della propria vitalità perduta non possono illudersi di ricuperare l’Evangelo autentico nell’incontro con gli altri ecclesiasticismi ricchi di tradizioni arcaiche ma ugualmente vuoti d’anima. Le Chiese definiscono il mondo un mondo senza Dio: ma esse stesse, da gran tempo, partecipano, in forma religiosa, al suo ateismo... La Chiesa di Roma (con il Concilio Vaticano II) ha assunto una posizione critica verso il Cattolicesimo di ieri, che riteneva di essere in possesso di tutta la verità e di tutta la sostanza della Chiesa: oggi ritiene che la propria cattolicità è in divenire, in processo di attualizzazione, riconosce di non essere ancora “pienamente cattolica”, è in marcia verso la pienezza della cattolicità”.39 Ma il più alto responsabile del De Œcumenismo, il cardinale A. Bea, ha dichiarato in tutte lettere che il Concilio “per parlare molto chiaramente, non ha ritrattato nessuna definizione dogmatica di altri concili o papi, e non ne ha attenuato né cercato di attenuarne alcuna... Una cosa è chiara e sicura: in tutti i concili le definizioni dogmatiche anteriori venivano considerate come intangibili... Per le stesse ragioni, il 37 38 39 G. Steinheil, o.c., p. 87. PACHE René, Œcuménisme, Vennes-sur-Lausanne 1950, p. 2. SUBILIA Vittorio, La nuova cattolicità del Cattolicesimo, ed. Claudiana, Torino 1966, pp. 280,285,286,300. 754 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE Concilio non ha neanche ritrattato nessuna “condanna” pronunciata dai concili precedenti... le condanne riguardo l’errore dottrinale, esse dovranno sempre essere mantenute in vigore dalla Chiesa”40 e come diceva Pio XI nell’enciclica Mortalium animus: “I veri cristiani accordano la stessa fede tanto al dogma dell’Immacolata Concezione quanto a quello della Santa Trinità, tanto all’Infallibilità del Sommo Pontefice, quale l’ha definita il Concilio Vaticano (I), quanto all’Incarnazione del nostro Signore Gesù Cristo”. Quando questa nuova cattolicità del Cattolicesimo si sarà realizzata allora, per breve tempo, si compiranno le parole: “Io siedo regina e non sono vedova e non vedrò cordoglio”.41 Perché possiamo pensare che questo tempo non sia lontano? “In campo evangelico le armi dell’arsenale antipapale sembrano essersi spuntate o arrugginite; mentre diminuisce, scrive il teologo valdese Paolo Ricca, il potere del papato sulle coscienze cattoliche, aumenta la sua forza di attrazione in vari settori del protestantesimo, come simbolo di unità nella chiesa”.42 Il teologo riformato von Allmen, professore di teologia pratica all’Università di Neuchâtel (Svizzera), dichiara, quasi come scongiuro: “Il papato non dovrebbe suicidarsi”.43 “Il problema ecclesiologico ed ecumenico non è dunque “un papa o nessun papa” ma “quale papa per quale chiesa?” Io sono convinto che la fedeltà alle testimonianze della Scrittura ci obbligherà a riconoscere e a integrare nella struttura della Chiesa, una volta che sia ricomposta nell’unità, un ministero di primato come uno degli elementi costitutivi di questa struttura”.44 Ancora più esplicita è la presa di posizione di un altro teologo protestante molto in vista, Eberhard Jüngel, docente di teologia sistematica all’Università di Tubinga: “Il significato spirituale del papato si pone certamente per la cristianità evangelica in modo diverso da come si pone per la Chiesa cattolica. Tendenze antecedenti che senz’altro negavano al papato un significato spirituale per l’unità e la cattolicità della cristianità possono essere considerate teologicamente superate. Attualmente, nel giudizio della teologia evangelica, viene piuttosto assegnata al papato la posizione di un’istanza che non ha ancora per nulla scoperto le potenzialità che le sono proprie, o l’ha fatto in maniera solo insufficiente, e perciò merita il rispetto che dobbiamo a ogni tradizione, che è anche criticabile e per ciò da prendere sul serio come potenza. Malgrado tutte le riserve di dettaglio oggi non si può 40 BEA Agostino, Contributo del Concilio alla causa dell’unione dei cristiani, in La Civiltà Cattolica, 6/3/1965, p. 428. 41 Apocalisse 18:7 s.p. 42 CORSANI Bruno e RICCA Paolo, Pietro e il papato nel dibattito ecumenico odierno, Claudiana, Torino 1978, pp. 40,48. “Il papato è oggi molto discusso, sia in seno al cattolicesimo che nel più vasto mondo ecumenico, ma non è in genere, salvo eccezioni, messo veramente in questione. Si può dire che oggi il papa... è sempre meno oggetto di contestazioni radicali... in campo ecumenico” Idem, p. 40. 43 ALLMEN J.J. von, La primauté de l’Eglise de Pierre et de Paul, Fribourg 1977, p. 102; cit. da P. Ricca, o.c., p. 40. 44 ALLMEN J.J., Ministero papale, ministero di unità, in Concilium, 8/1975, p. 133; cit. P. Ricca, o.c., p. 41. Quando la profezia diventa storia 755 CAPITOLO XIX comunque più, come teologi evangelici, vedere nel Papato un motivo sufficiente di divisione tra le Chiese. Considerare il papa l’Anticristo non sembra più essere espressione di una auto-comprensione evangelica. Il papa è una possibilità istituzionale data per l’ecumene cristiana”.45 Per gli anglicani: “L’unica sede che rivendica un primato universale e che ha esercitato e ancora esercita tale “episkopé” è la sede di Roma, la città dove Pietro e Paolo sono morti. Sembra giusto che in ogni eventuale unione futura un primato universale... sia esercitato da quella sede...”.46 La voce di Paolo VI, all’udienza del 19 gennaio 1978, proclamò: “Essi (i fratelli separati) sono battezzati, credono nel vangelo... già esistono vincoli d’unione che non possiamo ignorare né sottovalutare: vincoli non perfetti...; vincoli che reclamano dalla Chiesa madre d’essere riallacciati con immensa pazienza ed esemplare umiltà”.47 I1 18 novembre 1978, Giovanni Paolo II, a conclusione dei lavori dell’Assemblea plenaria del Segretariato per l’Unione dei Cristiani, affermava: “La restaurazione dell’unità fra tutti i cristiani è uno degli scopi principali del Vaticano II”.48 E di questo papa, che s’impone all’opinione pubblica, Thurian Max, vice priore della Comunità di Taisé e teologo calvinista francese, disse: “Domenica 22 ottobre (1978), dopo la meravigliosa celebrazione eucaristica in Piazza San Pietro, egli (il papa) ha ricevuto una delegazione ecumenica e io ho avuto la gioia di incontrarlo personalmente. Mi ha abbracciato... Lì, davanti a Giovanni Paolo II, mi sentivo come rinnovato nel mio spirito... Egli è il papa del compimento del Concilio, il papa della Lumen gentium e della Gaudium et spes, il papa della parola di Dio e della liturgia viva. Sono convinto che, assieme a lui, la Chiesa conoscerà un rinnovamento della fede, nell’apertura e nella fedeltà alla grande tradizione”.49 È vero sì che per il momento queste testimonianze non esprimono certamente l’opinione comune del Protestantesimo mondiale sul papato e che manca una presa di posizione ufficiale del Protestantesimo riformato, ma a favore di Roma c’è il tempo e uno scopo ben preciso della sua volontà mentre il Protestantesimo, assumendo una posizione critica nei confronti del messaggio biblico, ha perso la luce della guida della profezia. Non c’è quindi da stupirsi se “The Reformed World”, organo dell’Alleanza delle Chiese Riformate, pubblica il testo di quattro lettere inviate dal suo presidente James Mc Cord e dal segretario Edmond Perret, in occasione della morte di papa Paolo VI, dell’elezione di Giovanni Paolo I, della morte del medesimo e della elezione di Giovanni Paolo II; ognuna ha un messaggio particolare: “Esprimiamo la nostra gratitudine a Dio per la vita e il lavoro di papa Paolo VI”. 45 JÜNGEL Eberhard in G. Denzler, Papatum hente und marque, Postot Regensburg 1975, p. 85; cit. da P. Ricca, o.c., pp. 43, 44. 46 Cit. da SUBILIA Vittorio, Tu sei Pietro, Claudiana, Torino 1978, pp. 8, 9. 47 Civiltà Cattolica 20/1/1979, p. 165. 48 Idem, p. 167. 49 WOJTYLA Karol, Fecondo Responsabile, Milano 1978, pp. 45,46. 756 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE “La notizia dell’elezione di Vostra Santità come capo della Chiesa Cattolica Romana ci ha riempito di gioia”. “Siamo profondamente turbati per l’improvvisa morte di papa Giovanni Paolo I”. “Nell’occasione in cui vostra Santità inaugura il suo pontificato, presentiamo, a nome delle Chiese Riformate, i nostri auguri e l’assicurazione delle nostre preghiere”.50 L’evangelico Henri Albert Bolomey, commentando il nostro testo dell’Apocalisse, scriveva nel 1941, quando si sentivano le prime brezze di unità: “Il movimento “ritorno a Roma” riscuote sempre maggior successo... La Chiesa ufficiale di Roma diventa la testa di tutta la cristianità apostata, in modo che essa diventi un vasto e potente sistema ecclesiastico. Tutto le è subordinato. Controlla tutta la vita privata, sociale e commerciale, fino al giorno della sua disgrazia... Quasi alla fine della nostra civiltà cristiana, verso la quale marciamo con una rapidità vertiginosa, si produrrà un voltafaccia radicale, un ritorno a Roma di tutte le Chiese e di tutte le sette della cristianità apostata... per non formare, con la Chiesa romana, che un solo e unico sistema religioso”.51 Come abbiamo già detto, esistono tutti i presupposti per formare questo nuovo sistema religioso. Nell’opera già citata di V. Subilia leggiamo: ““Con le parole e con i fatti il Concilio (Vaticano II) ha fatto capire che Roma sarà il punto capitale per la Chiesa dell’umanità universale del futuro. Nei discorsi del Papa quest’idea ritorna sempre di nuovo... Roma come la Patria communis, che può essere la casa Paterna di ognuno”. Si tratta di una nuova dimensione e di un nuovo esercizio della cattolicità romana, “di un nuovo ministero di Pietro, compreso in ampio senso cristiano-religiosoumanitario, come presupposto e punto di cristallizzazione per una unità dell’umanità in cui si operi la sintesi del moltep1ice”.52 Nel momento in cui il mondo vive “le più gigantesche trasformazioni della sua storia” e si dibatte senza trovare un criterio unificatore delle sue esigenze contrastanti, la Chiesa di Roma offre se stessa come la fidata custode delle tradizioni del passato, la guida sicura delle incertezze del presente, l’annunciatrice profetica delle vie del futuro. Essa è animata dalla convinzione di poter accogliere la totalità degli elementi del mondo, che possono venire a lei nella serena fiducia di ricevere in contraccambio l’integrazione necessaria alle loro lacune, alle loro unilateralità, ai loro squilibri, alle loro divisioni, e di trovare in lei l’incontrastata garanzia dell’unità che è loro necessaria per la pacifica coesistenza reciproca e per il loro armonioso sviluppo. Le religioni non cristiane,53 le 50 Citato da, Idea, servizio informativo della Alleanza Evangelica in Italia, supplemento al n. 1 gennaio-marzo 1979, pp. 7,8. 51 BOLOMEY Henri Albert, Simple étude sur l’Apocalypse de Jésus Christ, La Tourde-Peils 1941, pp. 212,215. Ci discostiamo dal pensiero di questo pastore che crede che il ritorno delle Chiese a Roma avverrà dopo il rapimento della Chiesa. Vedere critica sul rapimento della Chiesa: nota 13, nostro Capitolo XXII. 52 MARON G., Der romische Katholizismus, p. 6; cit. V. Subilia, La nuova..., p. 271. 53 A esempio riportiamo le parole del cardinale Sergio Pignedoli, a seguito di un suo viaggio in Arabia nel maggio del 1974: “Da due mesi mi sono recato a Riad, dove sono stato ricevuto in una forma molto cordiale dal re Faisal. Io Quando la profezia diventa storia 757 CAPITOLO XIX razze e i popoli, le classi sociali e le competenze professionali, la scienza, la cultura, l’arte, la sociologia, l’economia, il mondo del lavoro e la famiglia, non devono per questo rinnegare nulla dei loro valori né rinunciare a nessuna delle loro leggi naturali, “le cose vecchie” per diventare “nuove”, cioè per risolvere i loro problemi, per non deflettere ed esaurire le loro energie in tensioni mortifere e salvarsi dalla disgregazione, non devono rompere con la propria esistenza, ma semplicemente lasciarsi appunto integrare, ricevere quel di più che in sé non possono avere, porsi in docile rapporto con la fonte della saggezza divina e umana, incarnata nella istituzione che ha già realizzato in sé la pace e l’ordine a cui il mondo aspira, che costituisce l’anima segreta e profonda delle sue aspirazioni e delle sue realizzazioni... Il Cattolicesimo insomma si presenta come la religione delle religioni, la religione dell’umanità, la religione dell’ONU, la consacrazione provvidenziale di tutti i valori umani, a cui da tutti i punti dell’orizzonte gli uomini e le loro istituzioni possono ricorrere per avere pace e benessere e uscire dalle difficoltà senza soluzione in cui si dibattono. Si tratta della ripresa aggiornata nei metodi e nelle forme dell’antica aspirazione universalista del Cattolicesimo di raccogliere nel suo grembo tutto l’umano, consacrandolo col crisma di quell’unità, che appare come il mito fondamentale di un’epoca esasperata da eccessi pluralistici e stanca di tensioni”.54 Oggi, dopo vent’anni, sono ancora più valide le parole del Cardinale P. Felici, leader della destra curiale: “Alle spalle la Chiesa (di Roma) non ha più il mondo disgregato della crisi degli anni sessanta, ma un esercito alla riscossa, in continua espansione, fatto di truppe per la prima volta, dopo molto tempo unite dall’orgoglio della propria fede”. Il XIX Congresso eucaristico nazionale tenuto a Pescara dall’11 al 18 settembre 1977 ha mostrato con entusiasmo “il volto nuovo della Chiesa”. “Se la Chiesa è uscita vittoriosa dalla crisi che l’ha dilaniata durante e soprattutto dopo il concilio, le sue organizzazioni sono uscite a loro volta splendidamente rafforzate da un travaglio che ha isolato i deboli, emarginato i pavidi, seminato per la strada gli increduli”.55 ero portatore di un messaggio del Papa Paolo VI, destinato non a un capo religioso, ma al protettore dei luoghi santi dell’Islam. Noi abbiamo sottolineato, nel corso del nostro incontro, l’importanza delle religioni monoteiste nel mondo di oggi che accorda la priorità alla materia, alla tecnica, alla ricchezza e non ai valori spirituali. Noi abbiamo riconosciuto che il nostro compito consiste nel dare un’anima al mondo nel quale viviamo... Io sono ottimista per due ragioni. Prima di tutto nel dialogo non cerchiamo mai di definire i dettagli dei dogmi delle diverse religioni alfine di evitare gli equivoci. Noi non pensiamo che alla sostanza della fede. Crediamo in un Altro, che ci è superiore, al di là del tempo e che è alla base della vita. Di questo essere misterioso, noi non diamo definizione. È chiaro che affermiamo la nostra fede cattolica poiché non vogliamo minimizzare il messaggio evangelico. Ma non è questione di aprire delle polemiche. Ho un secondo motivo per essere ottimista: è la realtà. In questi ultimi mesi, le visite dei non cristiani non hanno cessato di succedersi, e le conversazioni sboccano sull’amicizia. Sempre di più noi apprendiamo a conoscerci e a amarci... Noi non intendiamo convertirli. Al contrario, li incoraggiamo o restare fedeli alla loro religione”. 54 V. Subilia, o.c., pp. 269-273. 55 MOLTENI MASTAI FERRETTI Gabriele, docente di diritto ecclesiastico all’Università Cattolica di Milano, pronipote di Pio IX, Panorama, 31/1/1978, p. 35. Riteniamo opportuno ricordare le parole dell’avvocato HOFFET Frédéric scritte nel 1962: “Le grandi organizzazioni ecclesiastiche nuove come quelle dell’Azione cattolica sono, sotto diversi aspetti, la riproduzione modernizzata delle confraternite e delle comunità del Medio Evo e delle sue corporazioni che erano profondamente impregnate dello spirito religioso. Il loro ruolo politico è comparabile a quello che giocarono quelle “leghe” senza le 758 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE Alla fine del secondo millennio nel cuore dell’Occidente cristiano fioriscono le religioni neo-pagane del passato: l’Occultismo, lo Spiritismo, il New Age, sotto l’influsso del vento del misticismo che soffia dall’Oriente, con la filosofia buddista, il fenomeno della parapsicologia e della reincarnazione. L’evangelico Juan Antonio Monroy ha rilevato, in un eccellente articolo, nel n. 25 di Cuadernos Alternativa, che tutto ciò corrisponde a quanto nel passato: “era il culto della natura, della materia, e del sentito”.56 Di fatto “questo paganesimo non è stato mai vinto. Il suo successo è consistito nell’allearsi con il Cristianesimo, influenzarlo nell’interiorità dei suoi dogmi, incarnarsi nelle sue festività maggiori, essere presente nei suoi ornamenti e nel suo culto, occupare un posto nei suoi riti, dirigere la preghiera dei suoi sacerdoti e condizionare l’adorazione dei suoi fedeli. Sebbene certe forme di spiritualità siamo avversate dalla Chiesa cattolica, il processo di metabolizzazione è sempre all’opera nella grande Chiesa di Roma. Il sacerdote José María Pilón, in seguito a una domanda sulla reincarnazione, risponde con l’opinione dei prestigiosi teologi cattolici: “Non c’è nulla nella dottrina cattolica che si opponga esplicitamente alla reincarnazione”.57 Differenze tra i capitoli XIII e XVII dell’Apocalisse58 quali le crociate non si sarebbero potute fare. In verità, se guardiamo da vicino, il cattolicesimo, le cui dottrine sono immutabili, si avvicina ogni giorno di più col suo pensiero, le forme della sua attività e l’assolutismo dei suoi dirigenti a ciò che era prima della Riforma” Politique Romaine et Démission des Protestants, Paris, p. 167. 56 Cuadernos Alternativa, n. 25, marzo-aprile 1995, p. III. 57 Cristianismo y Reencarnación in Más Allá, n. 63, maggio 1994; Cit. da ANTOLÍN DIESTRE Gil, El Sentido de la Historia y la Palabra Profética, vol. II, Editorial Clie, 1995, p. 608. 58 I sinonimi della espressione “bestia”. L’espressione “bestia” nel capitolo XVII la si trova in diversi versetti e con significati differenti. La comprensione di queste diversità crediamo ci permetta di capire al meglio il testo biblico. Anche il rapporto bestia, corna e donna riteniamo che sia importante prenderlo in considerazione. A. versetto 1: “giudizio delle meretrice che siede su molte acque”. B. versetto 3: “vidi una donna che sedeva sopra una bestia di colore scarlatto... aveva sette teste e dieci corna”. C. versetto 6: “la donna ebbra del sangue dei santi e del sangue dei martiri di Gesù”. D. versetto 8a: “la bestia che hai veduta era, e non è, e deve salire dall’abisso e andare in perdizione”. E. versetto 8b: “la bestia era, e non è, e verrà di nuovo”. F. versetto 9,10a: “le sette teste sono sette monti sui quali la donna siede, sono anche sette re”. G. versetto 10b: “sette re: cinque sono caduti, uno è, e l’altro non è ancora venuto; e quando sarà venuto, ha da durare poco”. H. versetto 11: “la bestia che era e non è, è anch’essa un ottavo re, e viene dai sette e se ne va in perdizione”. I. versetto 12: “le dieci corna che hai veduto sono dieci re,... riceveranno podestà come re, assieme alla bestia, per un’ora”. L. versetto 13: “costoro (10 corna/re) avranno un medesimo pensiero e daranno la loro potenza e la loro autorità alla bestia”. M. versetto 15: “Le acque che hai veduto sulle quali siede la meretrice, sono popoli, moltitudini e nazioni e lingue”. N. versetto 16: “le dieci corna... e la bestia odieranno la meretrice e la renderanno desolata e nuda e mangeranno le sue carni...”. O. versetto 17: “dare il loro (10 corna/re) regno alla bestia...”. Quando la profezia diventa storia 759 CAPITOLO XIX Dal confronto di questi testi possiamo dire che l’espressione “bestia” è sinonimo di Nella storia la “bestia” rappresenta I. - Insieme degli imperi universali: B. - Acque, popoli moltitudini nazioni lingue, sono rappresentati da: bestia, teste, monti, re, 10 corna: A, M, D, E, F, G, I. a) Insieme degli imperi/monarchie universali. L’insieme degli imperi universali che occupavano i territori geografici di Babilonia, Persia, Grecia e Roma nelle sue differenti fasi. II. “testa - monte - re” cioè: “impero” in un momento particolare della storia, in una delle fasi dell’intera monarchia universale: D, E, F, G, H. b) Uno degli imperi/monarchie universali. Ogni singola testa rappresenta una delle sette monarchie universali: I testa, Babilonia; II testa, Persia; III testa, Grecia; poi seguono le quattro fasi dell’Impero Romano: IV testa Roma pagana; V testa Roma papale (descritta nei dettagli in Apocalisse 13 p.p.); VI testa Roma nell’evoluzione democratica, (sorta a seguito della Rivoluzione Francese come presentata nel capitolo 11 di Apocalisse); VII testa Roma ultima fase. III. “VII testa-regno” cioè VII fase dell’impero universale che deve durare poco: D, E, G. Le 10 corna ricevono potestà come re nello stesso momento della “bestia”, cioè formeranno la VII fase/testa/re/impero universale dominando per un’ora: I c) Periodo finale della storia. L’ultima fase della evoluzione dell’Impero Romano: durerà poco tempo. I 10 regni/corna assumeranno il potere di re assieme alla bestia, cioè creeranno la VII fase della storia universale, cioè la VII fase della bestia sul territorio geografico dell’antico Impero Romano latino, costituendo una federazione di stati autonomi, indipendenti, uniti da un comune interesse. IV. VIII re che viene dai sette; cioè è uno dei sette che si presenta per la seconda volta; la prima volta come una delle cinque teste precedenti (noi crediamo che sia la V monarchia che ritornerà a esercitare la sua influenza): H. Le 10 corna daranno la loro potenza e autorità alla “bestia”, cioè alla V testa che ritornerà come VIII re, essendo uno dei sette: L. d) Il papato a guida dell’ultima fase dell’Europa Occidentale. V. La meretrice che siede sulle acque è la bestia e rappresenta i popoli: A, B, M. e) Il sincretismo religioso, la nuova cattolicità del cattolicesimo, è sostenuta dai poteri di questo mondo. La religione di potere che non ha nulla a che vedere con la rivelazione dell’Eterno ha dominato, guidato i popoli ed è stata sostenuta dai regnanti. Per esercitare e conservare la propria autorità non ha insegnato la verità, ma ha sedotto e si è anche prostituita, adattandosi alle situazioni dei tempi. f) Alla donna ubriaca del sangue sparso si attribuiscono le conseguenze dell’opera di persecuzione svolta dal papato nel Medio Evo. La “bestia” di Apocalisse 13:7 ha fatto guerra ai santi e li ha vinti e come la meretrice ha avuto il potere sopra ogni tribù e popolo e lingua e nazione. g) La nazioni che formano la federazione degli Stati europei si rivolteranno contro al potere religioso al quale si erano sottoposti. VI. La meretrice è ebbra del sangue dei santi e dei martiri di Gesù Cristo, siede sulle acque che sono popoli, moltitudini, nazioni e lingue: C, A, M. VII. Le 10 corna/re e la bestia odieranno la meretrice, la renderanno desolata e nuda e ne mangeranno la carne: N. 760 In questa VII fase riappare la “bestia” (cioè il papato) della quale si poteva dire, al tempo della VI testa, che cinque teste/regni erano caduti, passati, o la “bestia”, cioè la V testa (quella del capitolo 13 dell’Apocalisse non era più, e ora al tempo della VI testa/impero non c’è. Il tempo della VII testa/impero durerà poco. La “bestia” papato, del capitolo 13, riapparirà come un VIII re, perché viene dai sette, cioè si presenta per la seconda volta essendo la “bestia”, che è stata ferita mortalmente alla fine del tempo della V testa, per poi andarsene in perdizione. Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE Prima di passare all’analisi del testo biblico vogliamo precisare, secondo le riflessioni del maestro A. Vaucher, la differenza tra il capitolo XIII di Apocalisse, dove Roma papale, pur essendo un potere spirituale, è raffigurata dalla bestia o meglio da una testa, la V, mentre nel capitolo XVII, Roma papale, nella sua nuova cattolicità, cavalca la bestia, che guida, dirige e quindi è disgiunta dalla bestia stessa. Questi due quadri corrispondono a periodi storici differenti. Nel primo il potere religioso era fuso con quello politico; nel secondo i due poteri appaiono separati. Il papato perdendo lo Stato pontificio nel 1870 ha cessato di essere un regno, una bestia, ed è visto, nel tempo della fine, solamente come Chiesa. Questa donna è seduta sulla bestia che ha 7 teste e 10 corna e ciò significa che questa Chiesa non cesserà comunque di appoggiarsi sul potere politico degli Stati, i quali sia nel tempo passato sia nel futuro sempre sono suoi sudditi.59 La VII testa (corna e bestia), cioè la federazione degli stati europei si ribellerà contro la religione espressione del potere esercitato dall’VIII re, il papato ritornato al medioevale splendore e dominio, al quale i governanti europei avevano dato la loro autorità. La complessità di questo testo è tale perché la storia stessa è complessa. Il papato si presenta all’umanità come un re, uno stato, un regno, ma nello stesso tempo si propone anche come una realtà religiosa che opera con i valori esistenziali delle persone. Se sul piano giuridico i confini del papato come stato sono definiti, sono quelli del suo regno, oggi, la Città del Vaticano, non è la stessa cosa per quanto riguarda i confini religiosi i quali superano quelli della sua Sede e si estendono fino ai confini della terra. A differenza di tutte le potenze di questo mondo, che hanno un solo tavolo sul quale giocare le proprie carte, quello della sovranità del proprio territorio geografico, il papato, per contro, è l’unico potere della Terra che da secoli gioca contemporaneamente su due tavoli: quello della sovranità del suo Stato e quello della sovranità religiosa. Quello che gli viene negato come sovranità politica di Stato, lo rivendica come sovranità religiosa; quello che non ottiene sul piano della sovranità religiosa, lo rivendica sul piano della sovranità di Stato. Questa doppia scacchiera cattolico/vaticana, gli permette di avere dello stesso colore due re, due regine, quattro alfieri, quattro torri, quattro cavalli e sedici pedoni. Non può che mettere in scacco gli avversari. 59 Nell’opera Le Saint-Siège dans les relations internationales, leggiamo delle considerazioni importanti che prendiamo ad imprestito per spiegare lo scritto di Giovanni. “Il 27 novembre 1985, il cardinale Jean-Marie Lustigher, intervenendo nel Sinodo dei vescovi, dichiarava: “È chiaro ormai agli occhi di tutti che la Chiesa non coincide con gli imperi e che l’unità che opera è d’un ordine diverso da quello politico” (La Documentation catholique (DC), n. 1910, 1985, p. 107). La Chiesa cattolica romana è la sola istituzione confessionale al mondo ad aver accesso alle relazioni diplomatiche e a essere direttamente interessata dal diritto internazionale… Deve questo soprattutto alla sua storia, poiché il Papato è rapidamente diventato il centro della vita delle nazioni dell’Occidente cristiano. Lo fu in modo del tutto naturale all’epoca della Republica christiana per rendere degli arbitraggi e favorire la pace nel nome del jus gentium christianorum (tregua di Dio, pace di Dio, per la divisione del Nuovo Mondo tra la Spagna e il Portogallo, ecc.). Lo fu anche dopo, nonostante qualche eclissi dovuta ai tormenti nati dalla Riforma protestante, dalla Rivoluzione francese e dell’Annessione italiana… È a causa della sua sovranità essenzialmente spirituale che fu istituita una sovranità temporale per il Pontefice romano, che ricevette prima di tutto da Costantino la proprietà fondiaria del palazzo del Laterano, poi e soprattutto da Pipino il Breve uno Stato tagliato su misura nella penisola e chiamato “Patrimonio della Santa Sede” in ragione del deposito dell’atto di donazione sulla confessione del Principe degli Apostoli a Roma. Da quel momento, le due sovranità, religiosa e profana, sovrapponendosi per confondersi, il titolo della Chiesa per intervenire nelle relazioni tra i re e i popoli non fa più oggetto di nessuna discussione, neppure la sua qualità di soggetto del diritto internazionale, dal momento che gli uni l’attribuirono al suo potere spirituale ed ecclesiastico, gli altri al suo dominio temporale e statista. Quando la profezia diventa storia 761 CAPITOLO XIX Le cose si modificarono notevolmente a partire dal 1870 quando il Sommo Pontefice fu espropriato di ogni territorio al tempo della presa di Roma da parte delle truppe italiane. La perdita della sua autorità temporale metteva in luce l’esistenza della sua autorità spirituale. In effetti, dal momento in cui è sparito lo Stato pontificio nel 1870 fino al regolamento della questione romana mediante gli accordi Laterani nel 1929, il Papa non esercitò che una attività religiosa, la sola che gli restava materialmente possibile. Tuttavia non limitava in nulla la sua attività internazionale; le relazioni diplomatiche pontificie si susseguirono normalmente: 14 Stati erano rappresentati alla corte di Roma nel 1870; furono 19 nel 1903 al sòglio di Pio X, 22 nel 1922 a quello di Pio XI, e 30 nel 1929 al tempo della firma del trattato del Laterano! Da parte loro i rappresentanti pontifici attraverso il mondo conservarono le loro funzioni come pure la loro dignità e immunità diplomatica. Una cinquantina di documenti internazionali (concordati, convenzioni, accordi, ecc.) furono conclusi e numerosi arbitraggi furono resi dal Papa per regolarizzare pacificamente delle divergenze fra gli stati. Durante questo periodo si succedettero al palazzo del Vaticano delle visite ufficiali dei capi di Stato che non erano né cattolici né cristiani… Nella dottrina internazionale, alcuni autori dell’inizio del secolo, principalmente anglofoni, esclusero la Santa Sede dal diritto internazionale. Per il britannico Westlake, il Papa, sprovvisto di territorio, aveva perduto ogni “posizione internazionale” e la Santa Sede si trovava bandita dal diritto internazionale (J. WESTLAKE, International Law, vol. I, 1904, p. 38); nell’opera ristampata dell’americano Wheaton, si sostenne che il Sommo Pontefice non beneficiasse più di alcuna personalità giuridica internazionale (H. WHEATON, Elements of International Law, 5a ed., 1916, p. 56) pensando alla stessa cosa, l’inglese Oppenheim concesse che la Sede apostolica conservasse comunque una “posizione quasi internazionale” (OPPENHEIM, International Law, vol. I, 1920, p. 185); più prudente, il suo compatriota e collega Lawrence si limitò a scrivere che, dal punto di vista del diritto internazionale, “la posizione del papato è indifendibile” (LAWRENCE, The Principles of International Law, 1911, p. 83)… Senza Stato, il governo pontificio non poteva avere il suo posto nelle relazioni internazionali; gli onori sovrani concessi dalla legge italiana non erano che un pallido riflesso di una “apparenza di sovranità” (H. WAGNON, Concordats et droit international, Ducolot, Gembloux 1935, p. 45), tollerato per pura benevolenza e per rispetto per l’augusto che occupa la sede petrina… Tuttavia altri autori francesi percepirono la natura intrinseca della condizione giuridica della Santa Sede in diritto internazionale. Antoine Pillet e Louis Le Fur particolarmente sottolinearono il carattere essenzialmente spirituale della sovranità pontificia (A. PILLET, Note au Sire y, Recueil général des lois et arrêtés, 2, 1895, p. 57 e seg.; L. LE FUR, Le Saint-Siège et le droit de gens, Paris 1930; H. DONNEDIEU DE VABRES, La souvreraineté du Pape et la séparation des Églises et de l’Étata, RGDIP, 1914, pp. 339-368). Un grandissimo numero di internazionalisti condivisero la stessa opinione. Una lunga lista di questi autori la si trova nell’opera di H. Wagnon (o.c., p. 53). In Francia, i dirigenti politici d’allora furono regolarmente sollecitati o interpellati per la chiusura dell’ambasciata della Repubblica presso la Santa Sede, e la discussione del bilancio del Ministero degli Affari Esteri offrì diverse volte l’occasione a dei parlamentari repubblicani, come François Raspail nel 1879 e 1881, di far valere che la scomparsa degli Stati pontifici aveva portato per la Santa Sede quella del suo potere di accreditare degli ambasciatori stranieri; il governo rispose che non era presso il Sovrano di un piccolo Stato di 2 o 3 milioni di anime che la Francia si era fatta rappresentare fino a quel momento, ma presso il capo della Chiesa cattolica, cosa che il Papa continuava ad essere dopo la caduta di Roma nel 1870 (F. LE ROY, La personnalité juridique du Saint-Siège et de l'Eglise catholique en droit international, in L’Année canonique, II, 1953, p. 127). E, di fatto, indipendentemente dalle credenze religiose, è facile constatare che, dal 1870 al 1929, la Sede apostolica ha continuato a godere di prerogative che derivano pienamente dal diritto internazionale: diritto attivo e passivo di legazione, statuto diplomatico dei rappresentanti pontifici, mediazioni internazionali e sentenze arbitrali, firme di concordati qualificati come trattati internazionali e che suppongono quindi due contraenti soggetti sovrani del diritto internazionale, ricevimento ufficiale di capi di Stato di diverse confessioni, ecc., tanti indizi che dimostrano che era la Chiesa società spirituale ad essere coinvolta e non un antico Stato... La Santa Sede… fece valere che la Chiesa è sovrana jure proprio, per la sua stessa natura: essa ha sempre rivendicato l’indipendenza del suo governo e del suo diritto... Questo potere spirituale è cronologicamente anteriore agli Stati moderni; prima che nascessero, essa esisteva già. È per questo che la loro volontà di riconoscerlo o no è senza incidenza sulla sua esistenza e sulla sua qualità. La sua sovranità si esercita non su un territorio, ma su delle persone quanto alla loro vita religiosa e morale. Questo dominio non è estraneo al diritto internazionale né alle relazioni internazionali, lo provano le dichiarazioni e i trattati multilaterali o gli accordi bilaterali che garantiscono la libertà religiosa sotto tutte le forme. Questa questione, che, nei nostri giorni ancora rimane precisamente l’oggetto della viva preoccupazione della Santa Sede nell’ordine internazionale, presenta il vantaggio di rivelare chiaramente la personalità internazionale della Chiesa cattolica. I diversi documenti diplomatici che la Santa Sede negozia e ratifica, o quelli a cui aderisce, non riguardano unicamente i membri della curia romana o gli abitanti della Città del Vaticano; essi concernono tutti i fedeli della cattolicità. 762 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE Alla fine del secondo millennio la Chiesa si presenta al mondo come la rappresentante della religiosità universale, avendo in questo mondo solamente l’altare della Città del Vaticano, per potersi presentare come autorità indipendente da qualsiasi nazione e paese. La donna, la Chiesa, non è seduta direttamente sulle acque, cioè sui popoli, come potrebbe far pensare il primo versetto, quale risultato della sua azione spirituale, ma sulla bestia stessa, espressione del potere politico che governa il popolo. Questo potere, lo Stato, è presentato come influenzato, diretto, dalla Chiesa degenerata. Giovanni viene portato a contemplare la visione nel “deserto”, luogo di residenza degli spiriti dei demoni. Scrive il de Rougemont: “L’angelo conduce Giovanni in ispirito nel deserto, non in quello che serve d’esilio alla Chiesa evangelica della Riforma e che ricorda quello del Sinai, ma in un deserto... nel senso simbolico, in un mondo ricco senza dubbio d’oro e d’argento, ma assolutamente sprovvisto dei veri beni, e di tutti quelli che possono dare una felicità reale ad un essere creato all’immagine di Dio”.60 Vestito e ricchezze della prostituta Come i trattati internazionali non legano due governi, ma due Stati, così un concordato o un convenzione multilaterale impegna, propriamente parlando, non unicamente la Santa Sede ma tutta la Chiesa. La Sede apostolica… non è che il governo centrale e supremo della Chiesa … il vero soggetto del diritto internazionale… Si è concordi nel vedere la Santa Sede rivestita di una “personalità internazionale” (H. THIERRY, J. COMBACAU, S. SUR, Ch. VALLÉE, Droit international public, Précis Domat, Monchrestien, Paris 1984, p. 51), dotato di uno “statuto particolare nelle relazioni internazionali” (P. REUTER, J. COMBACAU, Institutions et relations internationales, coll. Thémis, 3a ed., PUF, Paris 1985, p. 115) e beneficiando di una situazione “eccezionale e unica” (L. CAVARÉ, Le Droit international public positif, t. I, 3a ed., Pédone, Paris 1973, p. 476). Considerando che il Papa è riconosciuto come “la più alta forza morale” anche per i non credenti, e prendendo atto della qualità di comunità internazionale organizzata attribuita alla Chiesa, si conclude che il Pontefice romano è “un Sovrano di natura spirituale, senza regno visibile ma non meno reale” (idem)… La sovranità significa un diritto di comando supremo che d’altronde, tanto per la Chiesa quanto per lo Stato, si esercita in realtà più sulle persone che sulle cose. Di conseguenza, nella misura in cui si impone alle menti dei cittadini, la sovranità dello stato è, in un certo senso, tanto spirituale quanto la sovranità ecclesiale… Bisogna credere che è proprio così che l’hanno percepita i 117 Stati che, nel mondo, intrattengono presso la Santa Sede una rappresentanza diplomatica. La ragione di questa presenza internazionale è lungi dall’essere confessionale perché riguarda nazioni con religioni diverse e anche senza religioni, e di Stati con regimi politici differenti. Se le grandi potenze come i micro Stati sollecitano lo stabilimento di queste relazioni (si deve notare che la Santa Sede, che desidera essere accolta da tutti i popoli, ha per regola di non prendere mai l’iniziativa di stabilire delle relazioni diplomatiche né di romperle), è che deve ben esserci in questo “organismo atipico” (I. CARDINALE, Le Saint-Siège et la diplomatie, Desclée, Paris-Rome 1962, p. 41) qualche cosa di irriducibile, di inevitabile e d’indispensabile alla comunità delle nazioni. Forse per capirlo sarebbe sufficiente leggere l’articolo 2 del concordato del Laterano che dichiara la sovranità internazionale della Santa Sede come inerente alla sua natura. Poiché la Santa Sede non ha mai cessato di essere una potenza anche quando cessò un giorno di essere uno Stato. Non potrebbe dunque confondersi istituzionalmente con lo Stato della città del Vaticano” (pp. 11-20). 60 F. de Rougemont, o.c., p. 315. REYMOND Antoine, L’Apocalypse, t. II, Lausanne 1906, p. 39, vede in questa donna quella del capitolo 12 fuggita nel deserto ora nella sua corruzione: “Evidentemente la grande maggioranza della Chiesa, indebolita nella sua vita spirituale era morta, stanca di subire il regime della persecuzione, di essere costantemente sotto l’odio sia sordo che aperto delle popolazioni intolleranti. Le ripugnava essere tenuta ancora per molto tempo al di fuori, e di non giocare nel mondo che un ruolo di nessuna importanza. In queste condizioni essa non seppe resistere alla tentazione di brigare il favore dei grandi e delle potenze”. Quando la profezia diventa storia 763 CAPITOLO XIX Mentre nel capitolo XII lo splendore del firmamento era concentrato sulla donna e nel capitolo XIX la sposa dell’Agnello è ornata della gloria celeste, la donna seduta sulla bestia ostenta tutte le ricchezze della terra, si corona di gioielli per far dimenticare e nascondere la sua miseria. La porpora e lo scarlatto ornati d’oro, le pietre preziose e le perle sono il simbolo della sua opulenta ricchezza e della sua dignità regale.61 Guardando su tutto il nostro pianeta soltanto in Roma c’è quell’organizzazione religiosa ove al lusso delle vesti si aggiunge lo splendore dell’oro, delle pietre preziose, delle perle. È ancora Roma il centro della politica mondiale più lungimirante e accorta che, mediante l’intreccio più raffinato e mistificato, tesse la sua tela con la quale avvolgere l’insieme del suo potere. È ancora a Roma che la Chiesa mette in luce i suoi tesori terreni nel tentativo di nascondere le sue miserie spirituali e la sua povertà morale. Suo crimine Il crimine di questa donna è di avere “fornicato” con i re della terra. “La prostituzione è un peccato più grave dell’adulterio. Si può cadere più d’una volta senza per questo essere una prostituta. Questa (Chiesa) ha l’abitudine del crimine: essa ricerca le occasioni di commetterlo. La fornicazione non è un incidente nella sua vita, è al contrario il suo carattere generale, il segno distintivo”.62 Da questa sua prostituzione riceve quei vantaggi che le permettono sempre di essere nei primi posti. Giovanni la chiama prostituta perché ha rifiutato il suo celeste sposo, il suo Re, per godere dei privilegi dei re della terra. In questa prostituzione ”moicheusin” c’è la rottura dell’alleanza conclusa con Dio da Cristo Gesù e la propagazione delle false dottrine. Questa donna presenta al mondo il suo calice d’oro pieno delle sue abominazioni. Con questo calice porge ai re il nettare della sua idolatria.63 Non soddisfatta di farsi del male, trascina il mondo nella sua corruzione. Con il vino delle sue impudicizie, annebbia, stordisce gli abitanti della terra con le sue forme di tolleranza, d’indulgenza, di assolvimento e di accomodamento con il cielo, facendo del Dio tre volte santo, il buon Dio. Nell’osservare attentamente il vestito di questa donna pensiamo che si possa dire che la Chiesa, nella sua apostasia, continua ad indossare l’abbigliamento che il sommo sacerdote aveva durante l’espletamento delle sue funzioni. Le pietre ricordano quelle del pettorale. Il nome che ha sulla fronte richiama, per contrapposizione, la lamina d’oro che il sommo sacerdote portava sulla fronte con la scritta: “Santo all’Eterno”. Anche lei ha a che fare con il sangue, non più con quello della purificazione dei sacrifici, ma con quello degli uomini da lei sacrificati sull’altare della propria gloria. La coppa che tiene nelle mani, piena delle sue abominazioni, può richiamare il turibolo, utilizzato nel giorno dell’espiazione, nel 61 62 63 Luca 16:19; Ezechiele 28:13. A. Reymond, o.c., p. 34. “Abominazione ha sempre nella Sacra Scrittura il senso di idolatria” A. Crampon, o.c., p. 489. 764 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE quale si poneva l’incenso simbolo delle preghiere e con il quale il sommo sacerdote entrava, una volta all’anno, nel luogo santissimo del Tabernacolo o può indicare la coppa per la presentazione delle offerte. Questa donna che doveva operare per la gloria del Signore ha vissuto per se stessa. Suscita meraviglia, stupore, incomprensione. Il popolo di Dio, la sposa del Signore, che avrebbe dovuto estendere la sua testimonianza di verità su tutta la terra e fare di questo pianeta la città santa di Dio, la Gerusalemme del Signore, divenendo infedele, dopo aver operato per la propria gloria ha raggiunto il suo scopo, è diventato la “gran città che impera sui re della terra”. Giovanni rievoca qui ciò che il profeta Isaia aveva detto della sua Gerusalemme: “Come mai la città fedele è diventata una prostituta”.64 Questa Chiesa non rinnega Cristo, non lo ha rifiutato, lo continua a confessare ma lo propone all’attenzione del mondo, non alla gloria del Padre, ma nella prospettiva del proprio vantaggio. La sua empietà può sembrare non flagrante perché è razionalizzata, tutta spiegata, tutta giustificata. Soltanto coloro che ritengono importante il “così ha detto l’Eterno” e vogliono essere coerenti alla sua rivelazione possono capire la profondità del suo allontanamento. Questa immagine della donna che porge il suo calice al mondo la si trova su una medaglia commemorativa del Giubileo, coniata a Roma per ordine di Leone XII, nel 1823. La faccia rappresenta quella del papa, il rovescio quella di una donna, la Chiesa, che, con la coppa in mano, è seduta sul globo terrestre. La medaglia porta l’iscrizione: sedet super universum siede sull’universo.65 Suo nome: “Mistero, Babilonia,… la madre delle meretrici” “Mistero”, chi dice mistero dice religione. La Sacra Scrittura ci presenta due misteri: quello della “pietà, Dio manifestato in carne” e il suo opposto, quello dell’iniquità, la creatura, l’uomo che prende il posto di Dio, e si fa Dio.66 “Il carattere di Mistero è una particolarità del sistema della Roma moderna e dell’antica Babilonia. Il linguaggio del Nuovo Testamento che indica la Babilonia ci rimanda alla Babilonia antica. Nello stesso modo la donna di cui parla l’Apocalisse, l’antica Babilonia, viene descritta dal profeta Geremia LI:7, mentre tiene in mano una coppa per inebriare le nazioni: “Babilonia era nelle mani dell’Eterno una coppa d’oro, che inebriava tutta la terra; le nazioni hanno bevuto del suo vino, perciò le nazioni sono diventate deliranti””.67 Non è una analogia di linguaggio nel testo biblico. È la presentazione di un sistema, di un potere, di una religione che ha le sue origine in terra di Mesopotamia, 64 65 66 67 Isaia 1:21. J. Vuilleumier, o.c., p. 309. 1 Timoteo 3:16. Isaia 14:14; 2 Tessalonicesi 2:17. HISLOP Alexander, Les Deux Babylones, ed. Fischbacher, Paris 1972, pp. 6,7. Quando la profezia diventa storia 765 CAPITOLO XIX riempie la terra intera e trova la piena, completa realizzazione e manifestazione alla fine dei tempi nella Babilonia apocalittica. “Bisogna capire che i re babilonesi si consideravano come dei capi religiosi e anche politici. Essi erano gli esecutori di Marduk (figlio del sole) il re dell’universo e signore supremo (Bel) che regnava al di sopra di 50 dèi maggiori che gli avevano dato i loro nomi e attributi... Babilonia ha anche acquisito la reputazione di essere una “città santa”.68 Il Dio supremo stabiliva l’ordine e la legge, mediante il re che era il suo “vicario” ufficiale o “gran sacerdote”, i cui ordini, come quelli di un dio, non potevano essere cambiati.69”.70 Già nell’antica Babilonia “la corrente monoteista nelle preghiere e negli inni rivolti a Marduk è a volte talmente pronunciata che, se si sostituisce Yahwé o Dio a Marduc, queste preghiere ed inni potrebbero fare parte del servizio giudaico o cristiano di oggi”.71 Il Mistero di Babilonia ha il suo germoglio ai tempi di Nimrod,72 la cui moglie Semiramide, regina di Babel, dopo la morte del marito ha dato origine ad un culto nel quale veniva adorata come Rhea, la Grande Madre degli dèi, identificata successivamente con Venere, la madre di tutte le immoralità, Iside, Astarte, ecc. I culti originati in Babilonia presentano: il re divino, la dea madre, l’adorazione del sole, l’osservanza del primo giorno della settimana, l’immortalità dell’anima. Dalla Mesopotamia si sono estesi per tutta la terra e Roma li ha tutti assorbiti, metamorfosati in chiave evangelica, mascherati, e affinché non siano riconosciuti sono stati proposti nel nome della Parola di Dio. “Il sistema... nato nei recinti sacri dei grandi templi sumerici passò in Egitto verso il 2800 a.C., a Creta e nella valle dell’Indo verso il 2600 a.C., in Cina verso il 1600 a.C. e in America nei successivi mille anni... Frazer ha mostrato che il mito del dio Osiride, morto e risorto, assomiglia strettamente a quelli di Tammuz, di Adone e di Dioniso, e che tutti erano collegati, nel periodo del loro sviluppo preistorico, ai riti del re divino ucciso e risorto. Inoltre le più recenti scoperte archeologiche dimostrano che il primo centro da cui si diffuse l’idea di uno Stato governato da un re divino fu quasi certamente la Mesopotamia”.73 “Se la prima di queste parole ”mistero”74 è soprattutto destinata a mettere in risalto l’infedeltà della Chiesa verso Dio, la seconda “Babilonia”75 ci rivela piuttosto 68 BOTTERO J., La religion babylonienne, Paris 1852; INGGREN H., Religions of the Ancient Near East, Philadelphia, Westminster 1973, pp. 83-85. 69 DHOME E., Les religions de Babylone et d’Assyrie, Mana, Paris 1949, pp. 198,199. 70 LaRONDELLE Hans, Jérusalem et Babylone: signification Théologiques, in AA.VV., Études sur l’Apocalypse, t. II, Istitute Adventiste du Salève, France, p. 90. 71 The Civilisation of Babylonia and Assyria, Bloom, New York 1915, 1973, p. 217; cit. H. LaRondelle, o.c., p. 91. 72 Genesi 10:8-11;11. Nimrod significa “il ribelle”. 73 CAMPBELL Joseph, Mitologia Orientale, Oscar Mondadori, p. 60. 74 “M. de Montmorency, essendo ancora a Roma nel tempo in cui si parlava liberamente e del santo Padre e della Santa Sede, apprese da un uomo degno di fede che in verità la tiara pontificale aveva scritto sul frontale in lettere d’oro: MYSTERIUM. E che poi, essendo stata rifatta la tiara da Giulio, al posto di MYSTERIUM, c’era scritto il suo nome in lettere di diamanti, JULIUS PONTIFEX MAXIMUS. François Le Moyne e Brocard assicurarono ugualmente, in base a 766 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE la sua profonda mondanità. Come la grande metropoli essa è seduta sulle grandi acque, cioè la sua influenza si esercita sui popoli più diversi... La donna abbraccia il mondo, si lascia abbracciare da lui, la sua universalità, la sua cattolicità non è per nulla quella che il profeta promette a Gerusalemme, ma quella di Babilonia.76 Man mano che penetrava presso i popoli pagani, essa stessa diventava pagana; al posto di elevare il mondo al suo livello, essa è discesa al livello del mondo. È così che anticamente Iezebel e Balaam, piuttosto di convertirsi al Dio d’Israele, hanno indotto il popolo eletto all’idolatria”.77 È la madre delle meretrici. Il termine “madre” implica che Babilonia ha delle figlie, delle imitatrici, che cercano di rivaleggiare con lei, da qui la “confusione” che regna nel mondo religioso. Questa espressione è corrente: “Gli occhi guardano verso Roma, madre e signora (padrona) di tutte le Chiese, noi attendiamo che la parola dell’avvenire ci sia data”. “Tutto (da dopo la prima guerra mondiale) tende finalmente ad avvicinare le diverse Chiese particolari alla Madre e Signora (padrona) di tutte le Chiese”.78 Il cardinale Bea scriveva: “I fratelli separati sono l’oggetto di un ardente e tenero affetto da parte della nostra santa Madre Chiesa... La Chiesa non può mai disinteressarsi dei suoi fratelli separati. Essi sono i suoi membri, benché non nel senso pieno; essi sono i suoi figli e, a causa di questo, essi sono necessariamente l’oggetto delle sue cure materne. Essa ha dunque lo stretto dovere di fare del tutto per ricondurli nel suo seno, affinché essi abbiano la vita nella sua pienezza, e gioiscano pienamente di tutti i loro diritti e privilegi di figli. E la Chiesa è sempre stata cosciente di questo dovere come lo mostrano i Concili di unione celebrati a Lione (1274) e a Firenze (1439-1442), come anche gli sforzi del Concilio di Trento...”.79 Sua ubriachezza “Ebbra del sangue dei martiri di Gesù”. testimoni oculari, che fu Giulio III che fece sparire questa iscrizione. Vedere Vitringa, Daubuz e il vescovo Newton” Cit. da L. Gaussen, o.c., t. I, Paris 1850, nota f, pp. 438,439. 75 Babilonia non era solamente la capitale del traffico, ma anche dei culti: “Esistono in complesso a Babilonia 53 templi dei grandi dèi; 55 cappelle di Marduk; 300 cappelle per le divinità della Terra; 600 per le divinità del cielo. 180 altari per la dea Ishtar; 180 per gli dèi Nergal e Adab e 12 altri altari per i vari dei”. Simile politeismo con tanti culti e riti, che giungevano fino alla prostituzione palese, dovevano avere conferito alla città, secondo i nostri odierni concetti, un aspetto addirittura da fiera annuale. - Agli ebrei in esilio le abominevoli tentazioni e seduzioni che a Babilonia facevano parte della vita quotidiana rimasero impresse indelebilmente nella memoria. Attraverso i secoli, fino ai tempi di Cristo, la metropoli lussuosa fu per loro Babilonia la grande, la madre delle meretrici e delle abominazioni della terra (Apocalisse 17:5). Il concetto di “Babilonia peccaminosa è nel vocabolario di tutte le lingue” KELLER W., La Bibbia aveva ragione, t. II, ed. Garzanti, Milano, pp. 267,268. 76 Vedere Isaia 2:2-4; Geremia 50 e 51. 77 AUBERLEN Karl, Le prophète Daniel et l’Apocalypse de S. Jean, Lausanne 1880, p. 301. 78 Dichiarazione dell’episcopato francese, Semaine religieuse de Paris, 25/8/1906, n. 251. - YVES de la Brière, L’Organisation internazionale du Monde, vol. I, Spes, Paris 1930, p. 285; cit. J. Vuilleumier, o.c., p. 308; siamo noi che abbiamo aggiunto quanto messo tra parentesi. 79 BEA Agostino, Documentation Catholique, del 15/1/1961. Quando la profezia diventa storia 767 CAPITOLO XIX L’evangelico H. Bolomey, nel brano che segue, rievoca il passato, ma conclude con uno sguardo rivolto al futuro: “Queste righe richiamano alla nostra memoria i ricordi degli orrori indescrivibili e senza numero dell’Inquisizione, delle camere di tortura, dei palchi, dei roghi delle moltitudini di vecchi e giovani, uomini e donne, messi a morte con le più crudeli torture, su ordine del clero apostata assetato del sangue dei fedeli testimoni di Gesù Cristo. La Roma pagana ha ugualmente versato questo prezioso sangue. Tuttavia noi non abbiamo in questo passo il minimo sottinteso ai crimini della Roma pagana. Se questo versetto facesse allusione ai crimini degli imperatori romani contro i cristiani, l’Apostolo non sarebbe stato colto da grande stupore, poiché ciò sarebbe stato normale. Il fatto che la Roma pagana, votata al culto di Marte, di Giove, di Venere e di tante altre divinità della mitologia antica, si irritasse e giungesse fino a perseguitare i discepoli del Salvatore che mettevano alla luce tutte le loro depravazioni, era assolutamente naturale, e non era nessuna causa di stupore. Ma vedere la persecuzione venire da ciò che era supposto personificare la Chiesa era abbastanza sconcertante per riempire l’Apostolo di stupore. Ahimè! l’ultima pagina delle persecuzioni della prostituta non è ancora scritta. Cosa sarà quando ritroverà, presso le potenze di questo mondo, il suo prestigio e la sua autorità passata? Quando essa sarà seduta sulla bestia a dieci corna, esercitante tutta la sua autorità con l’approvazione e l’appoggio della bestia?”.80 Del passato riportiamo un pensiero di Tommaso d’Aquino: “Gli eretici che, dopo una seconda ammonizione, si ostinano nel loro errore, meritano non solamente di essere colpiti con una sentenza di scomunica, ma ancora di essere abbandonati alle potenze secolari per essere sterminati. Corrompere la fede che è la vita dell’anima è, in effetti, molto più grave che falsificare i soldi che servono unicamente alla vita temporale. Se dunque i falsari e altri malfattori, appena presi, sono giustamente messi a morte dai principi secolari, quanto più gli eretici, dal momento che sono convinti di eresia, possono essere giustamente uccisi. Così la Chiesa, dopo un primo e un secondo avvertimento, disperando di convertirli, se si ostinano nel loro errore, rigettarli dal suo seno mediante scomunica per proteggere la salvezza degli altri, poi essa abbandona i ribelli alla giustizia secolare affinché siano sterminati dal mondo mediante la morte”.81 Mons. d’Hulst, nella sua predicazione di quaresima del 1895 pur avendo un senso di disagio e vergogna cercò di convincere la Chiesa del giusto principio della morte degli eretici. “L’intervento del braccio secolare nella cause d’eresia ha lasciato dei ricordi che sono come un incubo per l’immaginazione dei nostri contemporanei. È per molti uomini di opinioni molto diverse il grande scandalo della storia ecclesiastica. I nostri nemici in cattiva fede vi trovano molto materiale per declamazioni furiose; i nostri avversari in buona fede vi trovano la pietra d’inciampo che li ferma sulla strada del ritorno; infine, tra i nostri amici, i nostri fratelli, non sono rari coloro che osano appena guardare in faccia questo problema storico. Essi 80 81 H.A. Bolomey, o.c., pp. 207,208. D’AQUINO Tommaso, Summa, 11a, 11ae, question XI, articolo 3. 768 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE chiedono alla Chiesa il permesso di ignorare o di rinnegare tutti gli atti del suo passato, tutte le istituzioni che hanno messo l’obbligo al servizio dell’ortodossia. E quando la Chiesa rifiuta a loro questo diritto, quando essa condanna la tesi del liberalismo assoluto, quando essa difende, se non nei dettagli delle sue applicazioni, almeno nei suoi principi, una legislazione che fosse quella dei grandi secoli della fede, allora è il disordine profondo che s’impossessa delle anime, che lascia la credenza esitante o rattristata di fronte all’empietà ironica e trionfante”.82 Nelle sue conferenze all’Istituto Cattolico di Parigi, il cardinale A. Baudrillart diceva: “Il soggetto che affronto oggi è più delicato e penoso: è un punto doloroso che vado a toccare. La Chiesa cattolica veniva ricordata recentemente con una donna di bel linguaggio nel pulpito di Notre-Dâme, ha il rispetto delle coscienze e della libertà; con San Bernardo, i Padri, i teologi, essa crede e professa che “la fede è opera di persuasione, non di forza, fides suadenda est, non imponenda”; essa ha e dichiara molto forte l’“orrore del sangue” e, tuttavia, di fronte all’eretico, non si stanca di persuadere; gli argomenti di ordine intellettuale e morale le sembrano insufficienti; essa ha ricorso alla forza, ai castighi corporali, ai supplizi; crea dei tribunali come quelli dell’Inquisizione; invoca le leggi dello Stato: se necessario, dichiara la crociata, la guerra santa, la guerra di religione e tutto il suo “orrore del sangue” va praticamente a farlo versare al braccio secolare quando è d’accordo, cosa che è quasi più odiosa del fatto di versarlo da sé. È quello che lei ha fatto particolarmente nel XVI secolo nei confronti dei protestanti. Essa non si è limitata a rigenerare moralmente, a predicare l’esempio, a convertire i popoli mediante predicatori e santi missionari, essa ha acceso in Italia, nei Paesi Bassi e soprattutto in Spagna, i roghi dell’Inquisizione; in Francia, sotto Francesco I ed Enrico II, in Inghilterra, sotto Maria Tudor, ha torturato gli eretici; in Francia e in Germania, durante la seconda metà del XVII secolo, se non ha cominciato, almeno ha incoraggiato ed efficacemente sostenuto le guerre religiose... c’è là - nessuno mi può contraddire - in ogni caso un grande scandalo per gli uomini del nostro tempo”.83 Del canonico Muzzarelli, autore di un articolo sull’Inquisizione destinato ai seminaristi e al clero, si può leggere alla fine del V tomo della Histoire de l’Eglise de Berault-Bercastel: “Nella corruzione universale (del XVI e XVII secolo), quali sono i Paesi che sono rimasti più riparati da questa inondazione (della Riforma)? È la Spagna e l’Italia, precisamente i due regni in cui l’Inquisizione era meglio stabilita e più efficiente. È vero che è stato necessario sacrificare qualche migliaio di persone (sic!) al fuoco per salvare il resto dall’incendio divoratore... L’Inghilterra sprovvista di questa difesa, dopo essere stata bagnata dal sangue dei suoi più illustri cittadini, è restata la preda infelice e senza ritorno dell’idra uscita dal seno della nuova Riforma. L’Olanda ha subito la stessa sorte, la Germania e la Francia, dopo una lunga serie di guerre e di carneficine, non hanno potuto, in due 82 HULST, L’Eglise et l’État, p. 127; cit. BAUDRILLART Alfred, L’Eglise catholique, la Renaissance, le Protestantisme, Paris 1905, pp. 241,242. 83 A. Baudrillart, Idem. Quando la profezia diventa storia 769 CAPITOLO XIX secoli e più, cacciare le bestie feroci e pestilenziali che vi sono penetrate. Ora negare contro tali prove il fatto utile dell’Inquisizione, è negare ostinatamente la luce, in presenza pure del bagliore che emanano gli astri luminosi”. C. Gross, commenta: “È dunque chiaro che se la cattolicità di oggi non è passata al protestantesimo, è perché si è fissato un prezzo nel passato. Si sono sacrificati i padri per salvare i figli. Che il Signore perdoni, non sanno quello che dicono”.84 A1 Concilio Vaticano II si è dichiarato che la Chiesa ha, nel corso dei secoli, conservato e trasmesso la dottrina della libertà religiosa ricevuta da Cristo e dagli apostoli e che “i modi di agire meno conformi o addirittura contrari allo spirito evangelico” che si sono manifestati qualche volta nella vita del popolo di Dio, sono dovuti alle vicissitudini della storia umana. “Tali affermazioni, scrive il Subilia, sono degli insulti non solo alla verità storica ma anche al sangue dei martiri”,85 ma malgrado questo il mondo protestante ritorna piano piano a Roma. 84 GROSS Charles, La Femme et la Bête, 2 Conférences sur le chapitre 17 de l’Apocalypse, Metz, senza data, p. 17. Cit. in Segni dei Tempi, numero speciale, Daniele e le sue profezie, p. 29. L’arcivescovo di Praga dichiarò al Concilio Vaticano II: “Sembra che la Chiesa cattolica nel mio paese stia espiando gli errori e i peccati commessi in suo nome nei tempi passati contro la libertà di coscienza, come fu nel secolo XV il rogo di Giovanni Hus e nel secolo XVII la forzata conversione di gran parte del popolo boemo alla fede cattolica in base al principio “cuius regio eius religio”” Cit. da V. Subilia, o.c., p. 244. L’Inquisizione, scrive l’avvocato parigino Edmond Paris, fu poca cosa se ci si rende conto degli orrori che commisero i rappresentanti della Chiesa romana nel periodo nazista. Per non dimenticare, riportiamo come esempio quanto avvenuto in terra croata. Nel 1941 la Jugoslavia fu invasa dagli eserciti di Hitler e di Mussolini. Tedeschi e Italiani si divisero la Slovenia e la Dalmazia, il nord del paese, la Voîvodina fu ceduta all’Ungheria, il sud (Kosovo) all’Albania, la Macedonia alla Bulgaria. Con la Croazia, la Dalmazia, la Bosnia-Herzégovina e lo Srem fu formato lo Stato fascista satellite detto “Stato Indipendente di Croazia” la cui proclamazione è avvenuta il 10 aprile. A capo di questo Stato fu messo Anté Pavelitch, capo dei fascisti croati chiamati hustascia. Lo Stato di Pavelitch è considerato come Stato teocratico, una vera Civitas Dei. “Questo carattere divino è stato sottolineato dal cattolico Mile Budak in un discorso pronunciato a Karlovac, il 13 luglio 1941: “Il movimento hustascia è basato sulla religione. È prima di tutto la fede nella nostra giusta causa e nella nostra fede profonda verso l’Onnipotente che non abbandona mai il giusto. È sulla nostra fedeltà alla religione e alla Chiesa cattolica che riposa tutta la nostra azione”. “Dall’inizio del suo (Pavelitch) regno, il governo hustascia convertì, con la forza, la popolazione serba. Le relazioni strette tra la Chiesa cattolica croata e il governo hustascia sono ben conosciute e permettono di provare che fra i prefetti hustascia si trovava un numero importante di sacerdoti cattolici” Martyrdom of the Serbs - Palandech’s Press, Chicago. (Monsignor Stepinac diventa membro del Parlamento hustascia, porta delle decorazioni hustascia, assiste a tutte le grandi manifestazioni ufficiali e nel corso delle quali pronuncia anche dei discorsi). Se i Croati sono in maggioranza cattolici, i Serbi appartengono alla religione ortodossa. Essi sono dunque, agli occhi di Roma, degli scismatici. Una vera guerra di religione divenne il pretesto di massacri, d’un genocidio del quale non si trova nessun esempio nella storia. Abiurare a profitto del cattolicesimo croato, rinnegare la terra e le credenze dei propri avi, convertirsi per forza o morire... tale fu la lotta di diverse centinaia di migliaia degli abitanti serbi della Croazia tra il 1941 e 1945. Il 27 luglio, il dottor Mladen Lorkovitch, ministro degli Affari Esteri, dichiarava nel corso di una conferenza a Danji Miholjac: “Il popolo croato deve liberarsi dagli elementi estranei che indeboliscono i suoi sforzi. Questi elementi sono i Serbi e gli Ebrei”. La stessa confessione viene fatta nello stesso mese dal dottor Mile Budak, ministro dell’Educazione Nazionale e dei Culti, quando grida, il 22 luglio 1941, a Gospic: “Noi uccideremo una parte dei Serbi, ne deporteremo un’altra, e la terza parte, che sarà obbligata ad accettare la religione cattolica, si vedrà assorbita dall’elemento croato”. In Croazia furono i Gesuiti che impiantarono il clericalismo politico. Con la morte del grande tribuno croato, Raditch, la Croazia perde il suo principale oppositore al clericalismo politico che sposerà la missione dell’Azione Cattolica definita da Friédrich Muckermann. Questo gesuita tedesco, ben conosciuto prima dell’avvento di Hitler, la fece conoscere nel 1928 in un libro nel quale il cardinale Pacelli, in 85 770 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE quell’epoca nunzio apostolico a Berlino, aveva scritto la prefazione. Muckermann si esprimeva in questi termini: “Il Papa chiama alla nuova crociata l’Azione Cattolica. È la guida che porta la bandiera del Regno di Cristo. Non si tratta soltanto della Chiesa, ma anche dello Stato, della Scienza e dell’Arte. L’Azione Cattolica deve inglobare l’Universo. L’Azione Cattolica significa la riunione del cattolicesimo mondiale. Essa deve vivere il suo tempo eroico perché è nel sangue dei martiri che è nata la prima èra del cristianesimo occidentale. E la nuova epoca può essere realizzata solamente al prezzo del sangue per Cristo”. (Ma il sangue dei martiri che viene versato non è quello dei cattolici, ma degli ortodossi). Il 28 aprile 1941, in piena notte, qualche centinaio di hustascia accerchiano i villaggi serbi di Gudovac, Tuke, Brezovac, Klokocevac e Bolac, nel distretto di Bjelovar. Arrestano 250 persone, fra le quali si annoverano il pope Bozin e l’istitutore Stevan Ivankovitch... La loro colonna, inquadrata dagli hustascia, esce lentamente dal villaggio e si ferma davanti a un campo. - “Scavate le vostre tombe!...”. Si legarono le loro mani dietro alla schiena con del filo di ferro, prima di gettarli nella buca che avevano scavato essi stessi e sotterrarli vivi. - La stessa notte, presso Vukovar, sulle rive del Danubio, altri hustascia sgozzarono circa 180 Serbi e gettarono i loro corpi nel fiume. - Nella città di Otocac l’ufficiale hustascia Ivan Saifer arresta il pope, che era anche deputato serbo, Branko Dobrosavljevitch, in compagnia di suo figlio e di 331 altri Serbi. Per restare fedele a una tradizione già sperimentata, il criminale fece scavare la tomba alle sue vittime, fece legare le loro mani dietro la schiena e li fece uccidere con l’ascia. Il pope e suo figlio furono suppliziati per ultimi, con questa atroce raffinatezza: il figlio fu tagliato a pezzi davanti a suo padre obbligato a recitare le preghiere degli agonizzanti. E appena il bambino rese l’ultimo respiro, i bruti si gettarono sul padre, strappandogli i capelli, la barba e la pelle, cavandogli gli occhi per non finirlo che dopo averlo torturato lungamente. Crimine ancora più terribile fu quello commesso dai banditi di Pavelitch al villaggio di Glina. Tutti gli abitanti furono uccisi ad eccezione di 20 bambini. Perché? Per impossessarsi di loro e legarli a delle assi che furono avvicinate a dei mucchi di fieno. Gli hustascia misero il fuoco ai mucchi affinché i bambini bruciassero, a cominciare dai piedi. - Nei primi giorni del maggio 1941, il comandante di Banja Luka, un certo Viktor Gutitch, fece un viaggio attraverso tutta la Bosnia occidentale. Nella città di Sanski-Most si affrettò a far conoscere il suo programma: “Le grandi strade avranno il piacere di vedere passare dei Serbi, ma non ci saranno più Serbi. Ho dato, in effetti, degli ordini severi per sterminarli completamente. Io vi autorizzo a sterminarli dappertutto dove li incontrate e la benedizione vi sarà accordata, per questa azione, dal nostro Poglavnik Pavelitch e da me stesso. È così che voglio servire la volontà di Dio e quella del nostro popolo croato”. Nella conferenza pubblica del 2 giugno 1941, a Nova Gradiska, il dottor Milovan Zanitch, ministro della giustizia, tra l’altro diceva: “Tutti coloro che vennero nella nostra patria, 300 anni fa, devono sparire. Noi non nascondiamo il nostro pensiero. È la politica del nostro Stato, e quando noi l’avremo messa ad esecuzione, non faremo altra cosa ma solamente ciò che è scritto nei principi hustascia”. Con questo discorso si dava così il segnale ai grandi massacri, poiché nel giugno del 1941, più di 100.000 uomini, donne e bambini serbi furono uccisi in pochi giorni, torturati e massacrati nelle loro case, sulle strade, nei campi, nelle prigioni, nelle scuole e pure nelle loro chiese ortodosse. Un testimone oculare hustascia, Hilmia Berberovitch, prelevato il 20 ottobre 1942 da un gruppo di resistenti, diede descrizione alla polizia di Belgrado del massacro al quale partecipò nella Chiesa ortodossa serba di Glina: “Nella città di Glina avevamo arrestato e messo in prigione numerosi Serbi. In piccoli gruppi li abbiamo trasferiti dalla prigione alla chiesa. Il nostro capo ci munì di asce e di coltelli e poi cominciò il lavoro. Alcuni furono uccisi con un colpo al cuore. Altri furono sgozzati e altri ancora tagliati a pezzi a colpi di ascia. Non soltanto la chiesa fu trasformata in uno scannatoio, ma era un inferno di grida e di lamenti. Il massacro incominciò verso le ore 22 e finì solamente verso le 4 della mattina, e si rinnovò per otto giorni. Dopo ogni massacro, le nostre uniformi venivano cambiate, perché erano zuppe di sangue umano. Uno dei miei compagni hustascia mi ha confessato che, nella chiesa di Glina, 10.000 Serbi furono massacrati, tutti provenienti dal circondario di Topusko, Vrgin, Most e Glina”. Un altro testimone oculare sopravvissuto, Jednak Ljubon, così racconta quelle ore: “Gli hustascia hanno riunito qualche centinaio di persone del mio villaggio e del suo circondario e ci hanno trasferiti in camion a Topusko. Là, siamo rimasti prigionieri nel municipio fino alla nostra partenza per Glina, dove fummo direttamente condotti nella chiesa ortodossa della città. Gli hustascia ci spiegarono che la nostra presenza nella chiesa aveva lo scopo di farci assistere a un Te Deum cantato per la longevità del Poglavnik e quella dello ‘Stato Indipendente di Croazia’. Questa notificazione fece sorgere in noi qualche dubbio perché non ignoravamo che il Te Deum doveva essere fatto la sera. Ma, all’interno della chiesa, tutto sembrava essere preparato per la messa. Sentimmo che un camion si fermò davanti alla chiesa e un gruppo numeroso di hustascia non tardò a entrare, armato di asce e di coltelli. Dietro a loro si chiusero le porte. Gli hustascia cominciarono a massacrare il nostro gruppo nella chiesa... Benché ferito, facevo il morto... Un hustascia mi schiacciò la mano... Dalle grida che si alzavano vicino a me, compresi che un hustascia bruciava gli occhi di una vittima...” Quando la profezia diventa storia 771 CAPITOLO XIX In uno dei suoi rapporti, il comandante di un gruppo di resistenza che, durante i terribili massacri dell’agosto 1941, arrivò con il suo distaccamento per proteggere la popolazione serba nella Bosnia orientale, descriveva gli avvenimenti con questi dettagli: “Durante il nostro viaggio al monte Javon, per Srebrenica e Ozren, tutti i villaggi serbi che attraversammo erano completamente deserti. Ma nelle loro case trovavamo qualche volta tutte le famiglie massacrate. Altrove, noi vedemmo dei bidoni riempiti di sangue umano. Sorpresi dall’arrivo del nostro distaccamento, gli hustascia non ebbero il tempo di portarli con loro. Nei villaggi tra Vlasenica e Kladanj, scoprimmo dei bambini impalati sui ferri appuntiti di un recinto, le loro piccole membra ancora ritorte dal dolore, come zampe di insetti infilati sugli spilli”. Il sangue serbo che gli hustascia hanno fatto colare durante la primavera del 1941 è come un fiume. L’autore di queste pagine, Hervé Laurière, precisa: “Abbiamo creduto indispensabile non presentare nulla che non fosse provato”. - (Un) campione (di questi orrori) fu un certo Peter Brzica, borsista del collegio francescano di Siroki Brijeg, in Herzégovina, e membro dell’organizzazione parareligiosa “Krizari” (i Crociati). Nella notte del 29 agosto 1942, Brzica riuscì, in effetti a sgozzare 1.360 persone. Anté Klaritch, frate francescano di Tramosnica, pronunciò queste parole nel corso di un sermone, nel luglio del 1941: “Voi siete delle vecchie donne e dovreste mettervi in gonnella, perché non avete ancora ucciso un solo Serbo! Se non avete delle armi servitevi delle asce, delle falci, e, dovunque incontrate un Serbo, tagliategli la gola”. I1 frate agostiniano Cievola, del monastero di S. Francesco, a Split, con gran stupore dei suoi concittadini, passeggiava nelle strade con una rivoltella sul suo saio, invitando il popolo ad abbandonarsi al massacro degli Ortodossi. L’arcivescovo Ivan Saritch era uno dei principali istigatori degli odi razziali e religiosi. Sapendo chi era Pavelitch, non ignorando la somma dei suoi crimini, questo prelato, che si credeva poeta, pubblicava dei versi a lui consacrati, per esempio una Ode a Poglavnik che inserì nel Hrvatski Narod, nel suo numero del 25 dicembre 1941. Uno di questi versi dice: “Dottore Anté Pavelitch, mio caro, La Croazia possiede in lui la felicità del Cielo, / Che il Signore del Cielo ti accompagni sempre, / O tu, nostra guida adorata!” (Affinché sia chiaro che lo sterminio dei Serbi sia avvenuto per motivazioni religiose) il 3 maggio 1941 il governo hustascia ha pubblicato il “Decreto sulla Conversione da una Religione all’altra”, istituendo presso 1a Direzione di Stato per 1a Ricostruzione, un servizio speciale, a capo del quale c’era il frate francescano Dionis Juricev, e nella competenza del quale convergevano tutti gli affari per la conversione degli ortodossi. Dodici giorni dopo, la cancelleria del Tribunale ecclesiastico dell’arcivescovado di Zagabria pubblicò, a proposito della conversione, una risoluzione di cui ecco i due articoli essenziali: “1. Solo possono essere accettate nella religione cattolica le persone capaci di provare che lo desiderano sinceramente e che sono convinte della sincerità della nostra religione e della sua necessità per la salvezza delle anime. 4- Le persone desiderose di abbracciare il cattolicesimo e che sono unite dal vincolo del matrimonio, che la Chiesa cattolica potrà convalidare, dovranno prendere l’impegno di fare battezzare i loro bambini alla nascita e di educarli nella fede della religione cattolica. Esse dovranno ugualmente imporre la loro conversione al cattolicesimo ai loro bambini (già nati) sui quali esercitano la patria potestà”.” LAURIÈRE Hervé, Assassins au nom de Dieu, Paris 1951, pp. 97,78,61,62,82,84,85,50,51,52,53,54-57,58,61,140,120,87-90,104,105. “Il 30 giugno 1941, il governo aveva indirizzato ai vescovi cattolici una ordinanza (n. 48468/41), che precisava in quali condizioni dovessero essere rilasciati dai municipi o dalla polizia, dopo avviso favorevole delle organizzazioni, i certificati d’onestà necessari agli ortodossi che desideravano convertirsi. Vi si leggeva: “3. Quanto al rilascio di questi certificati, bisogna fare attenzione che non siano rilasciati a sacerdoti, commercianti, artigiani e contadini ortodossi ricchi o in generale agli intellettuali ortodossi, salvo nel caso in cui si potrebbe provare la loro onestà (!) personale, poiché il governo ha adottato il principio che i certificati relativi a queste categorie di persone siano rifiutati. 4. I contadini potranno ottenere questa attestazione senza difficoltà, salvo se si tratta di casi eccezionali”. Il 16 luglio 1941, nella sua lettera n. 9259/41, il vescovado di Zagabria (Monsignore Stepinac) riconosce in questi termini la giusta ragione di questa discriminazione: “In ciò che concerne la conversione dei sacerdoti, degli istitutori, dei commercianti e degli intellettuali in generale, come degli ortodossi agiati, è fuori di dubbio che una estrema prudenza s’imponga in ciò che concerne la loro accettazione...”. Noi non siamo (scrive l’avvocato E. Paris) versati in diritto canonico, ma non possiamo non dire che questa disposizione autorizza ad accettare o rifiutare le conversioni secondo la categoria sociale dei candidati... L’episcopato croato, Monsignore Stepinac in testa, ammette chiaramente che il motivo di questa discriminazione è di ragione finanziaria e il R.P. Marcone, legato del papa, non trova nulla da ridire. La ‘grazia’ non fu dunque autorizzata a fare dei miracoli presso i Serbi troppo provvisti di beni temporali, e si vide, per la prima volta forse, la Chiesa applicare alla lettera la parola del divino maestro: “Più facile che un cammello passi dalla cruna di un ago che un ricco entri nel regno dei cieli”. 772 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE Il 18 maggio 1941 Pio XII ricevette con onore Anté Pavelitch e il suo seguito di omicidi, il massacro degli ortodossi batteva di già il suo pieno in Croazia... La gioventù hustascia dei ‘Crociati’, in numero di 206 e in uniforme, fu ricevuta in udienza dal papa il 6 febbraio 1942 in una delle sale più imponenti del Vaticano. Il redattore scrive che: “Il momento più toccante fu quando i giovani hustascia pregarono il papa di benedire Pavelitch, lo Stato Indipendente di Croazia e il popolo croato. Ogni membro ricevette una medaglia in ricordo” Katolicki Tjednik, settimanale cattolico, 15 e 22 febbraio 1942. Il 12 marzo 1942, per l’anniversario della sua intronizzazione, Pio XII scrive a Pavelitch: “Alle umili felicitazioni di vostra Eccellenza rispondiamo con i Nostri ringraziamenti e i Nostri desideri per la prosperità cristiana” Hrvatski Narod, 21 marzo 1942. Per il nuovo anno 1943, il papa ringrazia Pavelitch degli auguri che gli ha inviato con questo telegramma: “Per tutto ciò che Ci avete espresso a vostro nome e in nome dei Croati cattolici, Noi vi ringraziamo e inviamo con gioia la benedizione apostolica a voi e al popolo croato” Katolicki List, giornale cattolico, n. 3, 1943. Il 18 settembre 1946... il governo jugoslavo ordinò l’arresto di Monsignore Stepinac arcivescovo di Zagabria e primate della Chiesa cattolica in Jugoslavia. Le disposizioni erano: “Il Centro delle attività terroristica è l’arcivescovado” ha dichiarato il R.P. superiore Modesto Martinchitch, provinciale dei francescani. “Il palazzo dell’arcivescovo Stepinac a Zagabria è il centro dell’attività degli hustascia, dei ‘Crociati bianchi’ e dei ‘terroristi’”, ha affermato l’abate Yvan Salitch “Stepinac nascose gli archivi del governo di Pavelitch nel suo proprio palazzo. Nascose anche il tesoro hustascia, frutto dei saccheggi: trenta casse di oggetti d’oro, sinistre rassomiglianze con il contenuto delle casse trovate nelle cave della Reichsbank” Horizon, novembre 1946” PARIS Edmond, Le Vatican contre l’Europe, Paris 1959, pp. 251,252,225,244,245,239,241. “Monsignore Stepinac, che aveva, diceva lui, “la coscienza tranquilla” fu giudicato a Zagabria nel 1946. Condannato ai lavori forzati, gli fu di fatto, in effetti, assegnata la residenza nel suo villaggio natale. La penitenza era dolce, lo si vede, ma la Chiesa ha bisogno di martiri. L’arcivescovo di Zagabria è dunque stato posto, fin da quando era vivo, nella santa coorte, e Pio XII si affrettò a elevarlo alla dignità di cardinale per il “suo apostolato che brilla della più pura luce”. Si conosce il senso simbolico della porpora cardinalizia: colui che ne è rivestito deve essere pronto a confessare la sua fede “usque ad sanguinis effusionem” - fino all’effusione del sangue. Non si può negare in effetti che questa effusione fu abbondante in Croazia, durante l’apostolato di questo santo uomo, ma il sangue che fu sparso, come torrenti, non era quello del prelato, bensì degli ortodossi e degli Ebrei... I titoli al cardinalato a Monsignore Stepinac non sono contestabili. Nella diocesi di Gornjii Karlovac, che dipendeva dal suo arcivescovado, su 400.000 ortodossi che vi vivevano, 50.000 poterono rifugiarsi nelle montagne, 50.000 furono spediti in Serbia, 40.000 convertiti al cattolicesimo con terrore e 280.000 massacrati” (vedere HASSARD Jean, Vu en Yougoslavie, Lausanne 1947, p. 216.) PARIS Edmond, Histoire secrète des Jésuites, ed. Fischbacher, Paris 1970, pp. 249,250. “Il 10 febbraio 1960, il troppo famoso arcivescovo di Zagabria Alois Stepinac, è deceduto nel suo villaggio natale di Karlovice... La morte fornì al Vaticano l’occasione di una di quelle manifestazioni spettacolari, poiché numerosi sono i cattolici che non nutrono nessuna illusione sul “caso” Stepinac. Così, la Santa Sede non ha negletto nulla per dare tutto lo splendore possibile a questa apoteosi. L’Osservatore Romano in testa, tutta la stampa cattolica gli ha consacrato numerose colonne all’elogio ditirambico del “martire”, al suo “testamento spirituale”, al discorso di Sua Santità Giovanni XXIII, proclamando “i motivi di rispetto e di affetto soprannaturale” che l’avevano spinto ad accordare a questo cardinale, che non era della curia, gli onori d’un servizio solenne a San Pietro in Roma, dove lui stesso, il papa, dava l’assoluzione. E affinché nulla mancasse a questa glorificazione, la stampa annunciava l’apertura prossima di un processo - ma canonico questo - allo scopo di beatificare questo illustre defunto” E. Paris, idem, pp. 257,258 e come conclusione di questa valutazione della storia, in una vergognosa domenica del settembre del 1998, la cui data è da dimenticare, nel folclore dell’esaltazione religiosa, sua santità Giovanni Paolo II beatifica Alois Stepinac. “Ma quanto si è saccheggiato per quattro anni, non si è potuto del tutto camuffare. Dunque, così doveva testimoniare, il 15 novembre 1945, Ivan Salitch, il segretario personale di Monsignore Stepinac. Il ministro degli Affari Esteri, M. Alajbegovitch, alla vigilia della fuga del “governo”, si mise a pensare che il migliore nascondiglio fosse la residenza stessa dell’arcivescovo. Si portarono dunque al palazzo arcivescovile di Kaptol cinque pesanti casse che furono consegnate a Ivan Salitch e a un certo Laskovitch... C’era di tutto in quelle casse: i films, le fotografie e i discorsi di Anté Pavelitch, inoltre, ed era l’essenziale (gli archivi erano a parte), barre e pezzi d’oro, gioielli, pietre preziose, pezzi di apparecchi dentari in oro e in platino, fedi, orologi, braccialetti, in una parola tutto ciò che si era potuto spogliare a troppe vittime. Trecento chili d’oro e una grande quantità di pietre preziose, tale fu il bottino personale di Pavelitch... Anté Pavelitch si nascose per molto tempo - con il suo oro - nei conventi di S. Gilgen, vicino a Salzbourg, e di Bad-Ischl, vicino a Linz, in Austria. Egli portava degnamente la sua sottana. Da lì, sempre vestito da prete, raggiunse l’Italia dove visse a Roma, fino al 1948, sotto il nome di padre Gomez e Padre Benarez, in un convento che godeva del privilegio di extraterritorialità. Quando la profezia diventa storia 773 CAPITOLO XIX Grazie al clero di Roma, partì per Buenos-Aires a bordo di un battello italiano nel novembre 1948. Arrivò in Argentina con un passaporto rilasciato dalla Croce Rossa Internazionale di Roma il 5 luglio 1948 a nome di Pal (Pablo) Aranyos. Due mesi dopo il suo arrivo in Argentina, Pavelitch ottenne dei documenti in regola dalle autorità, conservanti la sua falsa identità. Risiedette a Buenos-Aires, spendendo la sua fortuna acquistata come si sa, e che, al momento del suo arrivo in Argentina, era valutata a 250 chili d’oro e 1.100 carati di pietre preziose. Altri hustascia, meno fortunati di lui, arenarono in campi di concentramento che gli alleati avevano dovuto organizzare in Europa centrale, a Linz, Spital, Klagenfurt, Furnic, Trittling, Vajdmansdori, ‘Tristach, Walbach, Giasenbach, Trifajah, Volksberg, ecc..., come in Italia, a Fermo, Forlì, Modena, ecc... Si videro ben presto questi campi ricevere la visita di pii personaggi inviati da certe istituzioni cattoliche di Roma. Alla testa di una di esse si trovava una vecchia conoscenza di nome Krunoslav Draganovitch, hustascia dichiarato, uno dei membri del famoso “Comitato dei Cinque” per la conversione dei Serbi. A Draganovitch si erano aggiunti diversi ecclesiastici di origine yugoslava, più o meno traditori e collaboratori, ma che, come lui, erano riusciti, se non a imbiancarsi, almeno a non essere molestati. La banda andava da un campo all’altro, interessandosi soprattutto dei criminali di guerra, degli alti personaggi dell’ex “Stato Indipendente di Croazia”, dai loro più sanguinosi esecutori. Questa banda permise la fuga, dal campo di Fermo, di due abominevoli individui. Il primo, Lyubo Milos, che fu chiamato la iena umana, era responsabile della morte di più di 120.000 persone nel campo di Jasenovac. L’altro, lo spaventevole Max Luburitch, uno dei carnefici di Sarajevo, in una sola mattinata, aveva fatto appendere ai pali elettrici di questa città 56 persone appartenenti quasi tutte alla religione mussulmana. E ben presto in massa che la teppa hustascia uscì dai campi di concentramento alleati, vestita spesso, come Pavelitch, d’una sottana. I suoi salvatori la conducevano là dove essa era attesa. In Austria, questi hustascia trovarono degli asili sicuri nel convento dei Padri Francescani di Klagenfurt, in quello di Santa Catholica, proprietà dei Piccoli Fratelli di Salzbourg, ecc... In Italia, si offrì loro ospitalità a Rimini, Cento Celle, Conte Ferrata, San Paolo di Regola, San Giovanni Battista e al convento dei Francescani di Modena. A Roma, si vide rifugiare Max Luburitch, un celebre sgozzatore, e Krunoslav Draganovitch, davanti al quale si aprirono le porte dell’Istituto San Gerolamo. Egli riuscì pure ad essere protetto dall’I.R.O. (Organizzazione Internazionale dei Rifugiati, funzionante sotto il controllo delle Nazioni Unite). Questo Istituto di San Gerolamo è d’altronde rimasto, in Italia, il luogo di riallacciamento, il centro d’attività di tutti gli hustascia che non poterono approfittare dei buoni uffici di Draganovitch per emigrare in America del Sud. È la stessa cosa a Parigi di un convento francescano, animato da un prete croato, dove questi signori tennero delle conferenze. Dei comitati di hustascia esistono ugualmente nei campi attuali di Germania. Uno dei loro membri più attivi è l’abate Stjepan Kukolj, vecchio cappellano dei lavoratori forzati reclutati in Croazia... Quanto all’Austria, i comitati degli hustascia che vi esistono sono aiutati da Monsignore Rorbach, arcivescovo di Klagenfurt” H. Laurière, o.c., pp. 163-167. È per questa convivenza della Chiesa con i regimi sanguinari degli anni Quaranta che il 3 gennaio 1947 il Catholic Herald domandò una amnistia generale di tutti i criminali di guerra che chiamò “I prigionieri politici”, e si chiese: “Non è venuto il momento di passare la spugna?”. Pio XII inviava all’immondo Oswald Pohl la benedizione apostolica come garanzia della più alta consolazione celeste. “Pohl è stato condannato a morte al processo di Norimberga, ma fino ad ora la “giustizia” non ha applicato la sentenza. Pohl, che ha ricevuto la più alta benedizione di Pio XII, è l’uomo che ha ordinato la soppressione di milioni di Ebrei, in Polonia, e altri che sono stati assassinati nei campi di morte dei nazisti... È l’uomo che porta la responsabilità dei crimini più atroci. È su suo ordine che i campi di concentramento sono stati dotati di camere a gas (Parallèles, 19 aprile 1951)” vedere E. Paris, o.c., pp. 312,313. I1 nazismo ha potuto realizzare i suoi crimini e raggiungere il suo fine perché la sua organizzazione era come quella gesuita. “L’organizzazione delle SS era stata costituita da Himmler secondo i principi dell’Ordine dei Gesuiti. Le regole di servizio e gli esercizi spirituali prescritti da Ignazio di Loyola costituivano un modello che Himmler cercò con cura di copiare. Una obbedienza assoluta era la regola suprema; qualunque ordine doveva essere eseguito senza discussione. Il “Reichsführer SS” - titolo di Himmler come capo supremo delle SS - doveva corrispondere al “Generale” dell’Ordine dei Gesuiti e tutte le strutture della direzione erano ricalcate sull’ordine gerarchico della Chiesa cattolica” SCHELLENBERG Walter, Le Chef du contre-spionnage nazi parle, Paris 1957, pp. 23,24. “Mi ha detto Hitler: “Ho soprattutto appreso dall’Ordine dei Gesuiti... Fino a ora non c’è nulla di più grandioso sulla terra che l’organizzazione gerarchica della Chiesa cattolica. Io ho trasportato direttamente una buona parte di questa organizzazione nel mio partito... La Chiesa cattolica deve essere citata ad esempio...” RAUSCHNING Herman (vecchio capo nazionalsocialista del Governo di Dantzig), Hitler m’a dit, Paris 1939, pp. 266,267,273. Vedere E. Paris, L’Europe...., p. 279. Riportiamo un altro brano dell’avvocato E. Paris: “Quanto ai fuggiaschi, fecero ricorso alla Commissione Pontificia di Assistenza, creata apposta per salvare i criminali di guerra. Questa istituzione di carità li nascose nei 774 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE Osserva C. Gross: “La donna, dice Giovanni “è seduta sulla bestia” come un cavaliere sulla montatura che essa conduce secondo la sua volontà. Non è ciò che il papato ha fatto nel corso dei secoli, imponendo la propria autorità ai principi e ai re, che incoronava e pure decoronava qualche volta? A questo riguardo citerò un solo esempio, tra molti altri, quello dell’incoronamento di Enrico V, imperatore di Germania (il figlio pellegrino a Canossa). Ecco in qualche parola, il bravo e ingenuo abate Fleury, autore di una monumentale Histoire de l’Eglise, ci fa una relazione su quell’incoronamento: “Nostro signore, il papa, condusse Enrico V alla Chiesa, il sacro imperatore e sua moglie imperatrice. Ma, nostro Signore, il papa, seduto sulla sedia pontificale, teneva la corona imperiale tra i suoi piedi e l’imperatore e l’imperatrice abbassarono la testa, ricevettero la corona dai piedi di nostro Signore il papa. Ma, nostro Signore il papa improvvisamente colpì con il suo piede la corona dell’imperatore e la gettò a terra, allo scopo di dimostrare ch’egli aveva il potere di deporlo dall’impero se non si fosse mostrato degno. Ma i cardinali presero la corona e la posero sulla testa dell’imperatore”.86 Giovanni dice anche che questa donna “è seduta sulle grandi acque” delle quali l’angelo ci dice che è il simbolo “dei popoli, delle tribù, nazioni e lingue”. Non contenta di esercitare la sua autorità sui principi e sui re, “le teste della bestia”, il papato si è anche sforzato di mantenere i popoli nel suo girone. Lo ha fatto nelle differenti lingue che parlavano questi popoli, mediante le sue scuole, i suoi seminari, i suoi ordini religiosi e le sue missioni. La Chiesa di Roma si è sempre detta “cattolica” cioè universale. Oggi ancora si sforza di mantenere la sua influenza sulle nazioni, mediante la sua diplomazia, la sua stampa, la sua radio e pure mediante le allocuzioni del suo capo supremo, ma non senza difficoltà”.87 Stupore di Giovanni “E quando l’ebbi veduta, mi meravigliai di gran meraviglia”. conventi, principalmente in Austria e in Italia. I loro capi furono muniti di passaporti falsi che permisero loro di trasferirsi in paesi “amici” dove poterono gioire in pace del frutto delle loro rapine. Così fu per Anté Pavelitch, la cui presenza in Argentina è stata rivelata nel 1957, a causa di un attentato nel corso del quale fu ferito. In seguito, il regime dittatoriale si sciolse a Buenos Aires. Come l’ex presidente stesso, Peron, il protetto dovette lasciare l’Argentina. Dal Paraguay, dove si era trasferito prima, raggiunse la Spagna, ed è all’ospedale tedesco di Madrid che muore, il 28 dicembre 1959. Paris Press, 12.12.1959 indica l’ultimo asilo offerto al terrorista con questa breve, ma significativa frase: “Finisce in un convento francescano di Madrid”. È da là in effetti che Pavelitch fu trasferito all’ospedale dove pagava il suo debito alla natura e non alla giustizia, beffata da queste “complicità potenti” che è facile identificare” E. Paris, Histoire..., pp. 248,249. Sebbene Giovanni Paolo II in occasione della sua visita in Germania, 21-23 giugno 1996, abbia detto: “Anche se molti sacerdoti e molti laici, come gli storici nel frattempo hanno dimostrato, si opposero a quel regime (nazista, nda) di terrore, e anche se attivarono molte forme di opposizione nella stessa vita quotidiana, ciò fu tuttavia troppo poco”. Il debito del Vaticano con la storia è ancora alto. 86 FLEURY - abate - Histoire de l’Eglise, vol. XIV, p. 150; cit. da GROSS Charles, Les Avatars de la Bête - son image et sa marque, Metz 1989, pp. 62,63. 87 C. Gross, idem, pp. 62,63. Quando la profezia diventa storia 775 CAPITOLO XIX Giovanni, nel vedere la donna, la Chiesa, colei che doveva portare al mondo la Parola dell’Iddio vivente, nella condizione di puttana, ubriaca del sangue dei figli di Dio, immagine che si trova solamente qui nella Bibbia, fu colpito da profondo stupore; il verbo greco suggerisce anche il senso di ammirazione. Del resto chi non rimane stupito, meravigliato, nel vedere le arti ammaliatrici di questa donna? L’angelo rimprovera l’Apostolo: “Perché ti meravigli?”. Roma può abbagliare la Terra quanto vuole, ma non suscita l’ammirazione del cielo, che conosce il segreto della sua opera e del suo successo. Presenta all’Apostolo il giudizio che subirà, svelandogli il significato della donna e della bestia che la porta.88 A cerniera di queste due sezioni, riportiamo il pensiero di K. Auberlen: “Dio ha permesso agli uomini, per aiutarli nel loro sviluppo quaggiù, di formare tra loro due grandi associazioni, lo Stato e la Chiesa. Sono due istituzioni molto preziose, sia l’uno che l’altra, lo Stato, dono del Dio Creatore, del Dio della natura, la Chiesa, dono del Dio della grazia e del Dio della Rivelazione. Ma, queste due istituzioni non raggiungono il loro scopo che per un piccolo numero di uomini, esse sono contaminate e più o meno denaturate dal peccato. Lo Stato diventa una bestia, la Chiesa una prostituta”.89 Seconda parte: la Bestia a 7 teste e 10 corna, sua identificazione “E l’angelo mi disse: “Io ti mostrerò il mistero della bestia... la quale ha le sette teste e le dieci corna. La bestia che hai veduta era, e non è, e deve salire dall’abisso e andare in perdizione. E quelli che abitano sulla terra i cui nomi non sono stati scritti nel libro della vita fin dalla fondazione del mondo, si meraviglieranno vedendo che la bestia era, e non è, e verrà di nuovo. Qui sta la mente che ha sapienza. Le sette teste sono sette monti sui quali la donna siede; e sono anche sette re: cinque sono caduti, uno è, e l’altro non è ancora venuto, e quando sarà venuto, ha da durare poco.””90 In questa visione viene denunciata l’alleanza illecita, l’unione infame e odiosa, il matrimonio contro natura tra la politica e la religione; il regno che serve da piedistallo all’altare. Una bestia con nomi di bestemmia che porta la Chiesa degenerata. Quando la Chiesa cerca il dominio sullo Stato o il compromesso con esso si corrompe, degenera, si prostituisce: apostata. 88 “Si comprende appieno la indicibile meraviglia del veggente quando si ammette che nella donna mostratagli dall’angelo egli abbia riconosciuto e sospettato quella del capitolo 12”. E. Bosio, o.c., p. 112; vedere nota n. 59. 89 K. Auberlen, o.c., p. 293. 90 Apocalisse 17:7-10. 776 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE Giovanni viene posto a considerare la bestia nel momento in cui essa “era, e non è, e deve salire dall’abisso e andare in perdizione”. Questa bestia ha “sette teste (che) sono sette monti... e sono anche sette re”. Nel momento storico in cui Giovanni è posto a considerare i sette re: “Cinque sono caduti, uno è, e l’altro (il settimo) non è ancora venuto: e quando sarà venuto, ha da durare poco (tempo)”. Per la comprensione di questo linguaggio l’angelo dice a Giovanni: “Qui sta la mente che ha sapienza”. Riteniamo che su questo testo i commentatori abbiano commesso degli errori non indifferenti. Le spiegazioni sono state le più diverse senza trovare un consenso unanime, portando quindi a dire che questo “passo (è) reputato uno dei più oscuri del libro”.91 L’errore che accomuna la maggioranza degli interpreti è quello di voler vedere nella bestia l’Impero Romano. Significato delle sette teste 1. Sette successive forme di governo dell’antica Roma Si sono identificate le sette teste con sette successive forme di governo assunte da Roma nel corso dei secoli: - re - consoli - dittatori - decemviri - tribuni militari - imperatori - papi. Sebbene il numero e il valore dei sostenitori di questa tesi sia importante, essa non regge per due ragioni: alcune forme di governo sono senza importanza ed inoltre, se la VI testa rappresenta gli imperatori, e la VII il papato che doveva durare, secondo il testo di Giovanni, per breve tempo, essa è quella che invece è durata nel tempo più a lungo rispetto a tutte le altre. Cinque re sono caduti. “La parola pipto (cadere) indica una caduta violenta, come la catastrofe che portò alla rovina dell’antica Babilonia, o quella che causerà la rovina della Babilonia apocalittica, e non è adatta per indicare i cambiamenti che si sono prodotti nei governi di Roma”.92 2. Sette imperatori La spiegazione più classica, dei moderni teologi, è quella di vedere nelle sette teste, sette re, sette imperatori, perché la parola re può essere usata per imperatore. 91 BRÜTSCH Charle, La Clartée de l’Apocalypse, 5a ed., Genève 1966, p. 282. ANDERSON Robert, The Coming King, 5a ed., London 1895, p. 203; cit. A.F. Vaucher, Les prophéties Apocalyptiques ..., p. 46. 92 Quando la profezia diventa storia 777 CAPITOLO XIX Non si trovano due interpreti che elenchino gli stessi imperatori, visto che ce ne sono stati più di sette93 e inoltre molti di questi commentatori pensano che il re, o l’imperatore che deve ritornare, debba essere Nerone, che, morto in Oriente, secondo una leggenda, avrebbe dovuto, ritornando a Roma, riavere il potere. Evidentemente si spiega male come un apostolo, un profeta di Dio come Giovanni, potesse far passare per Parola di Dio, per rivelazione di Cristo Gesù, le favole degli uomini. Per eludere questa critica si è pensato di identificare questo imperatore che deve venire con Domiziano, presentatosi alla fine del primo secolo, che ha manifestato delle caratteristiche simili a quelle di Nerone.94 93 1) Giulio Cesare assassinato nel 44 a.C. - 2) Augusto dal (30) 40 a.C. a1 14 d.C. - 3) Tiberino assassinato nel 37 - 4) Caligola assassinato nel 41 - 5) Claudio avvelenato nel 54 - 6) Nerone suicida nel 68 - 7) Galba assassinato nel 69 - 8) Otone suicida nel 69 - 9) Vitellio decapitato nel 69 - da Galba a Vitellio periodo di profonda crisi - 10) Vespasiano assassinato nel 79 - 11) Tito morto (avvelenato?) nell’81 - 12) Domiziano assassinato nel 96 - 13) Verva morto nel 98 - 14) Traiano morto nel 117 - 15) Adriano suicida nel 138. KENNETH A. STRAND, The Seven Heads: Do They Represent Roman Emperors?, in AA.VV., Symposium on Revelation - Book II, Frank B. Holbrook, Editor, p. 189, così riassume i tentativi di spiegare le 7 teste di alcuni preteristi: Alcune interpretazioni preteristiche Imperatori Giulio Cesare Augusto Tiberio Calligola Claudio Nerone Galba Otone Vitellio Vespasiano Tito Domiziano 48 - 44 a.C. 27 a.C. - 14 d.C. 14 - 37 37 - 41 41 - 54 54 - 68 68 - 69 69 69 69-79 79-81 81-96 1 2 3 4 5 6 7 1 2 3 4 5 6 7 1 2 3 4 5 6 7 1 2 3 4 5 6 7 1 2 3 4 5 6 7 1 2 3 4 5 6 7 1 2 3 4 5 6 7 D’ARAGON Jean Louis presenta questa nota: “Secondo l’interpretazione normalmente accettata, i cinque imperatori caduti sono Augusto, Tiberio, Gaio (Calligola), Claudio e Nerone. Non computando le tre deboli personalità dell’interregno, Galba, Otone e Vitellio, il sesto imperatore dovrebbe essere Vespasiano (69-79 d.C.). Per poco tempo: Tito, consumato dalla malattia, regnò soltanto dal 79 all’81 d.C. L’ottavo: il sucessore di Tito. Domiziano, in cui Nerone, per così dire è reincarnato” L’Apocalisse, in Grande Commentario Biblico Queriniana, ed. Queriniana, Brescia 1973, p. 1464. 94 Riportiamo come BONNET Louis ha sostenuto questa posizione: “Noi siamo condotti così a vedere nei sette re sette imperatori romani. Per i cinque che sono caduti gli interpreti si accordano generalmente a enumerarli come segue: Augusto, Tiberio, Caligola, Claudio e Nerone. Per il sesto, le opinioni divergono. Diversi vi vedono il successore immediato di Nerone, Galba, che regnò dal 9 giugno del 68 al 15 gennaio del 69. Durante il corto regno di questo imperatore l’Apocalisse sarebbe stata scritta. Il settimo re, che deve regnare per poco tempo, sarebbe Otone o Vitellio gli antagonisti di Galba. Infine Giovanni avrebbe atteso come l’ottavo Nerone, che riappare dopo la sua ritirata presso i Parti o risuscitato dai morti, secondo la forma di questa fiaba popolare alla quale egli (Giovanni) si sarebbe allacciato. Questo re è la bestia che era e che non è più e di cui si può dire che era uno dei sette poiché aveva di già regnato come il quinto della serie. Coloro che non possono ammettere che l’autore dell’Apocalisse abbia 778 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE creduto all’assurda fiaba del ritorno di Nerone, generata dalla superstizione popolare, pensano che Giovanni sostituisca a questa fiaba la profezia dell’avvento dell’Anticristo, di cui Nerone era stato il prototipo. Ma tutta l’ipotesi della composizione dell’Apocalisse sotto Galba, che sarebbe il sesto re, ci sembra estremamente contestabile. Secondo il testo, questo sesto re sotto il quale l’autore scrive, ha avuto il regno d’una durata normale. È il suo successore che deve regnare poco tempo. Il regno di Galba non presenta un tale contrasto con i regni dei suoi due antagonisti, sia Otone sia Vitellio. E soprattutto ci sembra inammissibile che Giovanni abbia annunciato che il regno di Nerone, o l’avvenimento dell’Anticristo, si sarebbe manifestato immediatamente dopo il regno di Galba. L’avvenimento avrebbe smentito la sua profezia. Lui stesso avrebbe potuto correggerlo, poiché Giovanni visse ancora una trentina d’anni; e come avrebbe lasciato circolare un libro che si basava in gran parte su un errore? È molto più naturale supporre che, nella enumerazione degli imperatori, non tenga conto dell’interregno che avrebbe seguito la morte di Nerone, e durante il quale l’impero romano gli sarebbe apparso come la bestia che ha ricevuto la ferita mortale (13:3). Il sesto re è per lui Vespasiano, il restauratore della potenza imperiale. Il settimo è Tito, che non doveva regnare che poco tempo, e l’ottavo Domiziano. Il carattere cupo, crudele, ambizioso di questo secondo figlio di Vespasiano si era affermato nella lotta contro Vitellio in cui, come dice Svetonio (Domiziano 1) “egli aveva impiegato nell’esercizio del potere tanta licenza e violenza che aveva mostrato ciò che doveva essere”. Lo stesso storico (Tito 9) riporta che Domiziano non cessava di fare delle imboscate a suo fratello Tito. Guidato da questi indizi, illuminato anche dallo spirito profetico, Giovanni poteva molto bene avere avuto l’intuizione, dall’inizio del regno di Vespasiano, che Tito, suo figlio primogenito, non avrebbe occupato per molto tempo il trono e che il suo successore, Domiziano, sarebbe stato un nuovo Nerone, un tiranno crudele e persecutore. Una circostanza confermava ai suoi occhi questo presentimento: Domiziano sarebbe stato un ottavo imperatore; egli supererebbe dunque la serie dei sette imperatori destinati da Dio all’impero, prova certa che egli sarebbe stato una incarnazione satanica della bestia stessa, dell’impero persecutore, come era stato sotto Nerone, come non lo è per il momento, ma che riapparirà” o.c., p. 424. Questo modo di considerare il profeta Giovanni fa di lui un calcolatore di probabilità, un pronosticatore, un falso profeta, piuttosto che un uomo che riceve da Dio la sua parola. Il prof. CORSANI Bruno, decano della facolta Valdese di Roma, spiega: “È probabile che qui si alluda alla leggenda della risurrezione di Nerone (Nero redivivus) che si era diffusa poco dopo la sua scomparsa. La testa della bestia che è colpita a morte ma vive (13:3) potrebbe essere una allusione a questa superstizione popolare che credeva nel futuro ritorno dell’imperatore scomparso. Siccome Nerone era colui che aveva fatto strage di cristiani a Roma, l’idea di un suo ritorno faceva tremare i credenti” L’Apocalisse - guida alla lettura, ed. Claudiana, Torino 1987, p. 137, ed aggiunge in nota: “L’autore dell’Apocalisse, immaginando di parlare profeticamente al tempo di Vespasiano (sesto “re” dopo Augusto, Tiberio, Caligola, Claudio, Nerone, saltando i brevi interregni consecutivi di Galba, Otone e Vitellio nel 68 d.C.) descriverebbe, dopo il breve regno di Tito, l’avvento al potere di Domiziano (ottavo re) come un nuovo Nerone, Nero redivivus, il quale riprende la persecuzione contro i cristiani. L’esattezza dei dati riguardanti gli imperatori sembra mostrare che la visione viene messa in scritto quando i fatti erano già avvenuti. (Wikenhauser). Profetizzando apparentemente la persecuzione di Domiziano, Giovanni scriverebbe in realtà mentre questa era ancora in corso. Così Cerfaux-Cambier, Wikenhauser” Idem, p. 174, nota 16. Contro questo modo di interpretare riportiamo alcune critiche. “Molti commentatori hanno spiegato queste sette teste come indicanti dei re, e supposto che quello che era stato ferito a morte sia stato Nerone, queste ultime parole alludono al fatto che Nerone sarebbe ritornato dalla morte per diventare anticristo. Ma questa idea era certamente non prevalente, (di poco valore) quando fu scritta l’Apocalisse. Solamente Tacito riferisce che c’erano molte dicerie sulla morte di Nerone; c’era chi diceva che era vera, e c’era chi diceva che Nerone era ancora vivo e che sulla base di questo un falso Nerone si sarebbe presentato. Il primo a menzionare l’idea di Nerone che ritorna dalla morte è Agostino (Città di Dio, XX,19,3), spiegando 2 Tessalonicesi 2:3. Ma bisogna osservare che Agostino non mette questa idea in relazione con l’Apocalisse” ALFORD Henry, Revelation, in The New Testament for English Readers and a Critical and Explanatory Commentary, vol. 2, London 1866, p. 74 ; siamo noi che abbiamo aggiunto quanto tra parentesi. “Comunque l’idea che la rappresentazione del ritorno alla vita della bestia colpita a morte o colpita in una delle sue teste... riposi nel mito del ritorno di Nerone, non è compatibile con la storia di questo mito.... Il pensiero che Nerone sarebbe risorto dopo il suo suicidio - ma i suoi ammiratori pagani credevano ch’egli non fosse morto, ma che si era rifugiato tra i Parti da dove sarebbe ritornato a Roma per vendicarsi dei suoi nemici e riprendere il trono - fosse ancora immutata agli inizi del secondo secolo, non era più possibile in quel tempo perché Nerone, nato nel 37 fosse ancora vivo” ZAHN T, Introduction to the New Testament, Edimburg 1909, p. 443. D. Guthrie fa notare che nei capitoli 13 e 17 non c’è nessun riferimento ai parti. Per lui la bestia rappresenta l’incarnazione del male, un concetto chiaramente comprensibile senza ricorrere al mito di Nerone. Questo mito, che ha le sue origini in Tacito, è diventato una “canzonatura” (ludibrium) al tempo di Domiziano, in quanto questo riferimento a Nerone, che non fosse realmente morto, si poneva in un tempo in cui l’idea non era più creduta da Quando la profezia diventa storia 779 CAPITOLO XIX Giovanni dice che le teste rappresentano sette monti e nel linguaggio dei profeti dell’Antico testamento essi raffigurano imperi, potenze e mai individui.95 Nel libro del profeta Daniele le teste delle bestie non sono in relazione con degli individui. Le teste del leopardo raffigurano i regni che hanno smembrato l’Impero GrecoMacedone. Così in Apocalisse le teste devono rappresentare dei regni e non delle persone. Per quanto poi riguarda la spiegazione delle dieci corna, la loro identificazione, in questa prospettiva, “è più difficile di quanto sia stato per le sette teste trovare delle referenze storiche”.96 Si è pensato a dieci proconsoli romani o a dei principi vassalli dell’Asia minore. Qualsiasi spiegazione data in questa prospettiva urta contro la critica obiettiva di Oscar Cocorda: “Questa teoria restringe così l’Apocalisse ad una parte della storia dell’impero antico, la rimpicciolisce tanto da renderla priva di senso ed interesse”. L’esegeta cattolico Ernest Allo giustamente fa notare: “La parola cadere, indicherebbe in questo testo che si tratta di dinastie e non di individui”.97 3. Sette colli di Roma Qualcuno pensa che questi sette monti sarebbero i sette colli98 sui quali i poeti dell’antichità Virgilio, Orazio, Ovidio, Properzio, hanno cantato la fondazione della città, sede dell’impero e degli dèi che presiedono sul mondo intero. Questo è bello in poesia, ma il testo dice: i “sette monti... sono anche sette re”. Giovanni non fa una allusione geografica: occorre “una mente che ha sapienza” per comprendere. A questo modo di spiegare il testo biblico, l’abate Moglia così protesta: “Noi non possiamo ammettere che la città di Roma sia mai stata o debba essere la grande Babilonia seduta su sette montagne e sulle acque, poiché lo Spirito Santo si è degnato di spiegarci che queste sette montagne sono sette re, e che queste acque rappresentano non il mare propriamente detto, ma i popoli, le nazioni e le lingue. D’altronde quale è l’uomo giudizioso e di buona fede che possa riconoscere la città di Roma nel quadro di Babilonia, città immensa, chiamata per antonomasia la grande nessuno, perché troppi anni erano passati dalla sua presenta scomparsa. Vedere GUTHRIE D., New Testament Introduction, London 1970, pp. 953,954. B. Rigaux, forse sentendosi in minoranza, propone la seguente soluzione: “Ci sembra dunque probabile che Giovanni abbia conosciuto e abbia utilizzato la leggenda di Nerone redivivo nella sua descrizione della Bestia. Nulla tuttavia prova che abbia creduto a questa leggenda. È molto improbabile. Tutto è simbolico nella descrizione della Bestia” RIGAUX Béda., L’Antéchrist et l’Opposition au Royaume Messianique dans l’Ancien et le Nouveau Testament, Università Cattolica di Lovano, Paris 1932, p. 353. Lasciamo al lettore trarre le sue conclusioni. 95 Geremia 51:24,25; Daniele 2:34,35,44,45. 96 C. Brütsch, o.c., p. 284. 97 E. Allo, o.c.. 98 Quirinale - Viminale - Esquilino - Campidoglio - Celio - Aventino - Palatino. 780 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE città, centro di ricchezze, di lusso, di depravazione, di commercio, focolaio delle più fatali influenze su tutti i popoli della terra”.99 Inoltre, al tempo dei Cesari, e quindi di Giovanni, la città di Roma si estendeva su dodici colli e non su sette.100 4. La somma delle teste delle quattro bestie di Daniele Sommando le teste delle quattro bestie di Daniele si ottiene il numero sette. Il valore di questa supposizione ha la verità numerica della coincidenza. Porrebbe Giovanni però non nel futuro della storia, nel tempo del giudizio, ma nel passato. Con questo calcolo le cinque teste cadute, e una è, ci colloca ancora nel tempo dei diadochi dell’Impero Greco e il VII regno che durerà poco sarebbe l’Impero Romano. 5. Sette teste = sette monti = sette re, regni, potenze universali “Le sette teste sono sette monti... e sono anche sette re”. È evidente che per Giovanni le teste, le montagne e i re sono la stessa e identica cosa. Nella profezia le montagne rappresentano qualcosa di stabile, di potente. Sono quindi un simbolo. Servono per indicare degli imperi. L’abate Crampon scriveva: “Al seguito di Andrea di Cesarea e di Bède... nello stile profetico-biblico, le montagne figurano la sede delle potenze, e per conseguenza le potenze stesse. Così Geremia chiama Babel “una montagna” perché essa domina su un gran numero di paesi e di città”.101 “Che rapporto c’è tra re e colline? - si chiede K. Auberlen - Bisogna assolutamente intendere queste montagne in modo che esse possano presentare alla nostra mente una idea analoga a quella del re; ora questa analogia salta agli occhi quando ci rendiamo conto di ciò che vuol dire una montagna nel linguaggio profetico. E allora ognuno comprenderà il rapporto che c’è tra una testa e una montagna. Come la testa comanda a tutto il resto del corpo, così una montagna domina tutto il paese che lo circonda. Una montagna è una potenza nel senso più indeterminato della parola, potenza terrestre o potenza divina “Sion”. Noi troviamo più d’una volta nella Bibbia le montagne della terra opposte a quella di Dio.102 In Geremia Babele è opposta a Sion come una montagna corruttrice che distrugge tutto il mondo. Isaia descrive in termini che richiamano Daniele il trionfo del regno di Dio sui regni della 99 MOGLIA Pierre, Essai sur le livre de Job, t. I, p. 100; A.F. Vaucher, Babylone, o.c., p. 9. Oltre ai sette colli elencati nella nota n. 98, a sinistra del Tevere c’è il Pincio e sulla destra il Gianicolo, monte Mario, il Vaticano e Monteverde. 101 A. Crampon, o.c., p. 427,428; vedere Geremia 51:24,25. 102 Isaia 2:2; Ezechiele 35:1; 36:15. 100 Quando la profezia diventa storia 781 CAPITOLO XIX terra... In Habacuc le montagne antiche non sono altro che i popoli pagani”.103 “Ogni re, dice de Rougemont, simboleggia un regno, e la montagna è la figura di un potente stato, di un Impero. Le sette teste sono le sette monarchie universali”. L’abate Joseph Maître, ricordando lo stile profetico, conclude dicendo: “Sembra dunque confermato, secondo lo stile biblico, di vedere nell’espressione “re”, applicata dall’angelo dell’Apocalisse alle 7 teste della bestia che appare a Giovanni, non dei re singoli, ma dei re “regni”, “imperi”. Sono come delle montagne che dominano la storia del mondo tale quale essa appare al veggente di Patmos”.104 Oscar Cocorda scriveva: “Il fatto che il Dragone, tipo delle altre bestie, abbia le sette teste, dimostra vieppiù che queste sono un elemento generale. Difatti, se il Dragone è l’essenza e il compimento delle potenze nemiche di Dio, e se le Bestie sono le immagini del Dragone, le loro sette teste debbono rappresentare la serie di quelle potenze stesse. Non possono dunque simboleggiare né sette forme del governo romano, né tampoco sette romani imperatori. - Le sette teste del Drago sono l’emblema delle sette monarchie universali”.105 103 K. Auberlen, o.c., pp. 272-274; vedere Geremia 51:24,25; Isaia 41:15,16; Daniele 2:35; Habacuc 3:6. Riteniamo utile far notare a sostegno di questa spiegazione che Babilonia geograficamente era collocata in una estesa pianura dell’Eufrate, nessuna montagna era messa in relazione con la città. Geremia la presenta come una montagna. Intenzionalmente la montagna ha valore di forza. 104 MAÎTRE Joseph, La prophétie des papes attribuée à S. Malachie, Paris 1901, p. 388. 105 COCORDA Oscar, Le sette Teste dell’Apocalisse o una chiave profetica, Torre Pellice, 1892, p. 17. “Il carattere della Bestia del mare conferma la tesi che le sette teste sono un elemento generale della profezia. Tutti riconoscono due cose: ch’essa è l’immagine del Drago, e che è il compendio delle quattro Bestie di Daniele. Il primo punto risulta dal duplice fatto che la Bestia del mare ha “sette teste e dieci corna” come il drago, e che questo “le dà la sua potenza”. Il secondo, dalla dichiarazione che questa bestia riunisce in sé i caratteri dei quattro animali di Daniele. “La Bestia, dice Auberlen, con le sue sette teste e dieci corna non è altro che un’immagine del Dragone. Questa è in qualche modo la Bestia primordiale, l’animale per eccellenza... Ecco una ottima occasione di convincersi della parentela che corre tra Daniele e l’Apocalisse. La Bestia di Giovanni sale dal mare come i quattro animali di Daniele, ha qualche cosa di ciascuno dei tre primi (leone, orso, pardo); il quarto non è nominato, come neppure in Daniele, ma le dieci corna lo ricordano abbastanza”. E de Rougemont: “Questa Bestia, che riproduce la forma del Drago, riunisce in una sola le quattro Bestie che Daniele aveva visto egli pure salire dal mare. Essa ha la sveltezza del pardo macedone, la goffaggine dell’orso medopersiano, e l’imponente maestà del leone caldeo. Se ha perduto i denti di ferro del mostro romano, ne ha tuttavia le dieci corna”. E Geymonat: “La Bestia del mare procede dal Dragone e ne riceve il potere; ha dei rapporti con le quattro di Daniele; ha attinenza col leone, con l’orso, col pardo, e corrisponde particolarmente alla quarta; rappresenta dunque un impero che ha qualcosa del rapido e astuto Macedone, del pesante e duro Persiano, del fiero Babilonese”... Avrebbe dovuto aggiungere: “e del potente Romano”; giacché crede anch’egli che quella Bestia rappresenta una fase di quest’ultimo potere. E infine Renan: “La Bestia del mare rassomiglia al Drago per le teste e per le corna, e per la potenza che ne riceve. Per altra parte è composta mediante la riunione degli attributi dei quattro imperi di Daniele, e ciò mostra che è un impero nuovo che assorbisce in sé gli atteggiamenti”. Anzi, il primo di questi autori, Auberlen, spinge le cose fino a dire che “la Bestia del mare rappresenta non l’Impero Romano solo, ma l’insieme degli Imperi del mondo che Daniele vedeva distinti e che Giovanni vede riuniti”.... Questa tesi è ancora provata dalla identità delle Bestie e delle teste, la quale risulta dai tre fatti seguenti: della Bestia del mare è detto: “Una delle sue teste era ferita a morte, ma fu sanata, e tutta la terra si meravigliò dietro alla Bestia”. È dunque questa che fu guarita. Testa e Bestia sono dunque identiche (dopo aver citato i versetti 8,10,11). Dunque: sette Bestie, sette Teste e sette Re. Le sette teste sono sette re, e la Bestia è un re. Delle Bestie una è e non è; dei Re uno è e l’altro non ancora. Infine la Bestia e l’ultimo Re vanno alla perdizione. Impossibile dimostrare meglio la piena identità delle sette Bestie e delle sette Teste. Queste sono dunque le sette Monarchie universali” Idem, pp. 18-20. 782 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE Se questo è il modo corretto per spiegare la rivelazione della Parola di Dio, e viene sostenuto da vari commentatori, alcuni hanno pensato di fare iniziare l’elenco degli imperi con l’Assiria e altri con l’Egitto, aggiungendovi poi le quattro monarchie danieliche e una forma ulteriore, passata o futura, secondo i casi, dell’impero latino. Due sono le ragioni che ci inducono a chiamare questo un errore. Insegnava il Maestro Vaucher: “I. L’Apocalisse ha il suo punto di partenza nel libro di Daniele, il quale, tralasciando l’Egitto e l’Assiria, potenze già decadute, fa iniziare la serie delle potenze con Babilonia, la quale distrusse il regno di Giuda. Si vedano a questo proposito le parole del profeta Ezechiele con le quali indica che il regno è stato trasferito da Giuda a Babilonia. Inutile quindi retrocedere, rimontando l’impero neobabilonese”.106 L’abate Crampon dice da parte sua: “Sette re, cioè sette imperatori, a seguito dell’analogia della nostra profezia con quella di Daniele VII... dove il primo impero è personificato dal re Nebucadnetsar”.107 “È Nebucadnetsar che, per primo, ha realizzato un sogno politico, accarezzato da molto tempo e ambito anche prima di lui, quello di fondare una monarchia mondiale e rompere a suo vantaggio l’equilibrio che esisteva fino ad allora tra la potenza Assira e l’Egitto”.108 “Nebucadnetsar è stato il primo re che abbia concepito ed eseguito l’idea di fondare una monarchia universale. Prima di lui, senza dubbio, i Sesostri e i Ninu, i Salmanassar e i Sennacherib avevano fatto delle vaste conquiste, ma nessuno di loro aveva creduto che sarebbe stato possibile ad un uomo assoggettarsi la terra intera... Un’era nuova inizia con Nebucadnetsar...”.109 “II. Continua il maestro Vaucher: “Come abbiamo già detto, per comprendere Apocalisse XVII ci si deve porre non al tempo in cui Giovanni scrive il suo libro, ma nel tempo in cui viene trasportato, al tempo dell’adempimento della profezia”. “L’angelo si pone in ispirito nel tempo stesso in cui la bestia, che era di già stata, non è più; ed è da questo punto di vista che egli parte, per dire all’apostolo che la bestia sarà ancora e salirà dall’abisso”.110 “Parlando così S. Giovanni si pone secondo la sua abitudine nell’epoca che descrive”.111 106 VAUCHER Alfred Félix, Babilonia, in Araldo della Verità, p. 4. “Salire al di là della serie di Daniele e aggiungere agli imperi due volte descritti nelle sue visioni altri imperi antecedenti, è un uscire dal quadro della profezia biblica e della relativa storia. Il quadro biblico è questo: Il regno del mondo è stato tolto al popolo di Dio e dato ai Gentili. Poiché questo è avvenuto sotto Nabucco, mediante la prima rovina di Gerusalemme e la cattività di Giuda, nel 605 a.C., non si può risalire più su.- Quando Israele fu aggredito dalla Assiria sotto Tiglar-Pilaser e Samanezer (748 e 724 a.C.), molti israeliti furono deportati, e Samaria fu distrutta, il regno rimase in Giuda e si sa che a Giuda appartiene lo scettro” O. Cocorda, o.c., p. 28. 107 A. Crampon, o.c., p. 490. 108 VAUCHER Alfred Félix, Signes des Temps, gennaio 1937. 109 F. de Rougemont, o.c.. 110 B. Lambert, o.c., t. II, p. 287; cit. A.F. Vaucher, Les proph. Apocalyp..., p. 46. 111 BACUEZ Louis, Questions contemporaines, 3 serie, 1894, p. 159; cit. A.F. Vaucher, o.c., p. 46. Quando la profezia diventa storia 783 CAPITOLO XIX Del resto in “nessun modo l’angelo poteva dire a S. Giovanni che nel suo tempo la bestia era stata e non è più, poiché l’impero dei Cesari, che era la bestia sotto la sua forma pagana, esisteva in quel tempo in tutta la sua potenza”.112 Le teste raffigurano dei periodi storici degli imperi universali che si sono succeduti nel corso della storia. L’angelo situa Giovanni nel tempo della sesta testa, quando cinque monarchie o cinque teste, partendo da Babilonia, erano cadute e può quindi dire “la bestia che era non è più” cioè: I testa: Babilonia; II testa: Medo-Persia; III testa: Grecia; IV testa: Roma pagana; V testa: Roma papale o cristianesimo medioevale che corrisponde alla bestia che sale dal mare, che domina per 1260 anni, della quale l’angelo può dire a Giovanni: “Cinque sono cadute... La bestia che hai veduto era, ...”; VI testa: Roma fase moderna. Corrisponde al periodo che inizia con la bestia che sale dall’abisso, descritta nel capitolo XI dell’Apocalisse. Questo periodo è chiamato: il terzo romano impero o Roma democratica. Iniziata alla fine del XVIII secolo, dopo la Rivoluzione francese, allo scadere dei 3 tempi e mezzo, 42 mesi profetici, 1260 giorni/anni, alla fine della supremazia papale. Questo sesto periodo è caratterizzato dall’eclissi politica del Vaticano che permette all’angelo di dire: “La bestia che era, non è più”. In questa fase della storia si propongono nuovi valori sociali quali i principi democratici, libertà di coscienza, democrazia politica ed economica. Questa nuova rivoluzione di pensiero sociale non caratterizza una parte dei Paesi del territorio dell’antico Impero Romano, ma si estende a tutti mediante rivoluzioni e controrivoluzioni che segneranno la storia dell’Europa e le due guerre mondiali, che ha visto il nostro secolo, sono state gli effetti del sentiero tracciato dalle Rivoluzioni: quella inglese, quella del Nord America e quella francese, che hanno consolidato i principi democratici. È il tempo in cui i principi della libertà politica e religiosa si scrivono a poco a poco nelle costituzioni degli Stati, si tratti di repubbliche o di monarchie. Nel momento in cui si sta facendo “il giudizio di Babilonia”, i cinque primi imperi, compresa la fase papale medioevale, sono caduti, il sesto esiste, e l’altro non è ancora venuto. L’impiego dell’indicativo presente nel designare il sesto 112 HENRIQUET Alexandre, L’Apocalypse, Paris 1789, pp. 216, 217. 784 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE “re” pone il veggente in questo momento storico del quale abbraccia il passato, il presente e l’avvenire. VII testa: Scriveva il Maestro A.F. Vaucher: “Rappresenta una federazione europea ancora futura, ma che si sta preparando sotto gli occhi nostri. Essa è il preciso oggetto della visione del capitolo XVII”.113 Riteniamo che questa VII testa sia iniziata con gli avvenimenti che hanno caratterizzato la storia del nostro vecchio continente alla fine degli anni ‘80 e che quindi rappresenti il nostro tempo storico. Riepiloghiamo con le parole di F. de Rougemont scritte nel 1866: “I sette imperi di Satana sono le monarchie universali che egli ha fondato e affermato sulla terra dal giorno in cui lo scettro profetico del mondo è stato spezzato da Nebucadnetsar nelle mani del discendente di Davide, Sedechia. Sono gli imperi della Caldea, dei Persiani, dei Macedoni e dei Romani; il secondo impero romano, lo Stato dell’era rivoluzionaria e un settimo che l’avvenire farà conoscere”.114“Le sette teste della bestia rappresentano degli imperi successivi nei quali il potere ostile a Dio arriverà, dopo diverse trasformazioni, a mettere in piena luce, nella sua ultima forma, la sua natura bestiale e feroce”.115 La settima testa: sorge dall’abisso “La bestia che hai veduta era, e non è, e deve salire dall’abisso e andare in perdizione... Le sette teste sono sette... re: cinque sono caduti, uno è, e l’altro non è ancora venuto; e quando sarà venuto, ha da durare poco. E la bestia che era, e non è, è anch’essa un ottavo re, e viene 113 A.F. Vaucher, Babilonia ...., p. 5. Diversi commentatori hanno fatto partire le sette teste da imperi precedenti a quello di Babilonia, dall’Egitto o dall’Assiria. Ma questo modo di spiegare non è per nulla sostenibile perché le profezie cronologiche di Daniele e dell’Apocalisse ci presentano il susseguirsi degli imperi universali dal momento in cui lo scettro dei popoli passa dalla casa di Giuda, a causa della sua infedeltà, ai gentili (Ezechiele 21:31,32), e la prima monarchia universale in questa prospettiva è Babilonia, il capo d’oro, il leone con le ali d’aquila. Elenchiamo alcuni modi errati di identificare queste teste: 1 2 3 4 5 6 7 8 114 115 Egitto Assiria Babilonia Medo-Persia Grecia Roma pagana Roma papale XI corno Egitto Assiria Babilonia Medo-Persia Grecia Roma pagana Carlomagno Papato Egitto Assiria Babilonia Persia Grecia Roma Satana Egitto Babilonia Medo-Persia Grecia Tolomei Seleucidi Roma Anticristo Egitto Babilonia Persia Grecia Israele apostata Roma Potenza futura Anticristo finale Assiria Babilonia Medo-Persia Grecia Siria Roma ? Anticristo Babilonia Persia Grecia Tolomei Seleucidi Roma Carlomagno Papato Babilonia Persia Grecia Roma Roma papale Bestia Apoc.11 Best. a 2 corna È da notare che il testo biblico dice che il settimo regno avrà una breve durata. F. de Rougemont, o.c., p. 257. A. Reymond, o.c., t. II, p. 57. Quando la profezia diventa storia 785 CAPITOLO XIX dai sette, e se ne va in perdizione. Le dieci corna che hai vedute sono dieci re, che non hanno ancora ricevuto regno; ma riceveranno potestà, come re, assieme alla bestia, per un’ora... E le dieci corna e la bestia odieranno la meretrice e la renderanno desolata e nuda, e mangeranno le sue carni e la consumeranno con il fuoco”.116 Il profeta, servendosi di una figura letterale detta sineddoche che dà all’insieme il nome di una delle sue parti, chiama bestia anche la settima testa. L’espressione bestia viene presentata con due differenti significati: - forma generica per indicare: potenza, re, regno, impero;117 - per indicare una delle fasi della storia universale, cioè una delle teste. Riteniamo che il testo biblico ci presenti diversi particolari: - manifestazione della VII testa, ultima fase della storia universale con la bestia che sale dall’abisso; - nel tempo della VII testa, riapparizione della bestia, che ha esercitato il suo potere politico-religioso attraverso i secoli e viene considerata come un ottavo re, perché è uno dei sette che ritorna, dopo la sua guarigione dalla ferita mortale, si propone come guida e risolutrice dei problemi dell’impero dei latini e del mondo, esercitando il potere che aveva quando era una delle sette teste: la quinta; - al tempo della VII testa, le dieci corna riceveranno potere, autorità come quella di re, creando una confederazione di Stati, in concomitanza con il ritorno della bestia, che aveva esercitato il suo dominio nel passato, al tempo della V testa, che si presenta come ottavo re; - questa confederazione, alleanza di Stati con la bestia sarà di brevissima durata, un’ora; - la bestia, quale ottavo re, fallirà nelle sua opera alleata con le nazioni europee le quali, come reazione, odieranno la donna e la distruggeranno. Le corna che indicano gli Stati europei, Giovanni non le vede incoronate, come erano state descritte in precedenza al capitolo XIII, quando rappresentavano le monarchie europee regnanti durante il Medio Evo. Esse devono ricevere in futuro la loro “potestà come re”, al tempo della settima testa, “che ha da durare poco”, quando il potere che ha dominato nel passato - al tempo della V testa, governando per 1260 anni, caratterizzando con la propria autorità la storia - si presenterà al tempo della settima testa per esercitare ancora il suo potere per un breve spazio di tempo: “un’ora”. La bestia. per esprimere la VII fase della storia universale, deve salire dall’abisso. Il testo di Giovanni presenta questa bestia in tre momenti: 116 Apocalisse 17:8-10,12,16. “La bestia, se la si distingue dalla sue teste, simboleggia la monarchia universale nella sua continuità storica, da Sedechia, l’ultimo re di Giuda, fino al ritorno di Cristo, il vero figlio di Davide” A.F. Vaucher. 117 786 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE - capitolo XIII: essa sale dal mare; - capitolo XI: sale dall’abisso; - capitolo XVII: sale dall’abisso. Nel capitolo XIII dell’Apocalisse, come era anche stato per le quattro bestie di Daniele capitolo VII, gli imperi si costituiscono sorgendo dal mare, cioè a seguito di guerre, di invasioni militari di un esercito che s’impossessa di un’altra nazione, di spostamenti di popoli. Il testo di Apocalisse ci dice che “la bestia sale dal mare” e noi abbiamo identificato questo periodo storico con le invasioni dei barbari che si sono spostati con i loro eserciti e popoli invadendo e prendendo possesso ed estendendosi sul territorio dell’antico Impero Romano.118 Nel capitolo XI, la bestia sale dall’abisso, e noi abbiamo condiviso la spiegazione che colloca questa nuova situazione storica alla fine del XVIII secolo, a seguito della Rivoluzione francese, quando la Francia si era ridotta ad essere un “abisso” sociopolitico-religioso-morale, cioè una nazione resa ingovernabile ed in uno stato di squilibrio. Se Giovanni nel descrivere la bestia del capitolo XVII avesse detto che sarebbe salita dal mare, gli studiosi avrebbero potuto metterla in relazione con gli avvenimenti bellici della prima o, ancor di più, con la seconda guerra mondiale durante la quale gli eserciti delle Nazioni combattenti come una marea si sono estesi, penetrando in tanti Paesi, invadendoli per conquistarli o per difenderli e liberarli. L’apostolo nel nostro testo parla di “abisso”. Cioè di una situazione di grande crisi economica, sociale e politica. “Essa deve risalire dall’abisso”, questo sottintende che essa è di già salita una volta. Lutero traduce qui: “Das Tier wird wiederkommen aus dem abgrund - la bestia ritornerà fuori dall’abisso” per ben indicare che questo ritorno è una resurrezione. Non troviamo forse qui una indicazione che ci fa comprendere che si tratta d’un potere che ha di già lasciato nella storia dei popoli una traccia? si domanda C. Gross”.119 L’impero sovietico si è disgregato a seguito di una situazione economica e sociale non più sostenibile. La caduta del muro di Berlino ha cambiato il volto della vecchia Europa, facendo emergere, portando a conoscenza una situazione di ingovernabilità. Come la Francia, nel XVIII secolo, una nazione dell’Ovest del territorio dell’Impero Romano, definita dal testo sacro una delle piazze120 della “grande città, che impera sui re della terra”,121 cioè una dei dieci regni che si sono costituiti in seguito allo smembramento dell’impero dei latini, così la ex Jugoslavia, che costituiva all’Est il territorio di frontiera dell’Impero Romano, è stata, negli anni ‘90 del XX secolo, la nazione, il territorio, che già era in una situazione economica e sociale difficile dopo il crollo del socialismo reale, è caduta, a causa della guerra 118 119 120 121 Vedere il nostro Capitolo IX. C. Gross, o.c., p. 25. Apocalisse 11:8. Apocalisse 17:18. Quando la profezia diventa storia 787 CAPITOLO XIX civile e senza l’invasione di altri popoli, in uno stato di abisso tale che richiederà qualche secolo per risollevarsi. Con la situazione che si è venuta a creare alla fine degli anni ‘80 e i primi anni ‘90, l’Europa si è venuta a trovare in un tornante storico impensabile ed inimmaginabile. Avanziamo l’ipotesi che tale situazione europea realizzi questa pagina della profezia. La futura confederazione degli Stati europei Al tempo della settima testa, le parole di Giovanni non ci presentano le nazioni dell’Europa come delle monarchie, dei regni, come nel passato. “Le dieci corna che hai vedute sono dieci re, che non hanno ancora ricevuto regno; ma riceveranno potestà, come re, assieme alla bestia, per un’ora”.122 L. Gaussen nel 1849 insegnava che questi Stati, regni “senza corona”, sono dei “re cittadini”, cioè dei regimi a potere sì centralizzato, come lo erano quelli delle monarchie, ma senza essere dei regni, sebbene a loro somiglianti. Il de Rougemont scriveva nel 1874: “Le dieci corna che l’angelo mostra a Giovanni sono i dieci regni e popoli, vecchi di quindici secoli, che la bestia del mare portava sulla sua quinta testa. Ma questi regni sono stati rovesciati dalle rivoluzioni... Tuttavia, sussistono come nazioni sotto i governi repubblicani o altri e stanno per rialzarsi. Essi non hanno ancora, dice l’Angelo, preso (ripreso) la regalità, ma riceveranno presto la potenza come re (in quanto re o come delle ombre di re) per una sola ora con l’ottava bestia... ”123 Jean Vuilleumier nel 1938 commentava: “Non è fare violenza al testo concludere che le dieci vecchie monarchie o repubbliche... subiranno una trasformazione interiore che porterà il potere tra le mani di governi d’eccezione, di dittatori non coronati, senza diritto ereditario, ma godendo di una autorità fatta contemporaneamente di audacia e di genio”.124 L’espressione “potestà, come re” è tradotta “potestà di re”, “potere come re”. Nel tempo della settima testa una nuova era è iniziata per l’Europa. Gli stati rappresentati dalle dieci corna, sotto la dittatura del partito o di una persona, o con una autorità fortemente centralizzata, simile a quella delle monarchie, nel nome della democrazia o della sovranità del popolo o personale, manifesteranno il nuovo potere di re nel XXI secolo. 122 123 124 Apocalisse 17:12. F. de Rougemont, o.c., p. 324. J. Vuilleumier, o.c., pp. 315,316. 788 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE Gli squilibri politici, economici, sociali, ambientali che travagliano l’Europa ci autorizzano ad affermare che il tempo per questa nuova fase del nostro Vecchio Continente può essere vicino. La figura del papato ha una tradizione secolare di autorità sui popoli, la più lunga della storia, esprime da tempo il suo impegno, il suo interesse in favore della persona sul piano morale, spirituale e sociale, dei suoi diritti, degli ideali di giustizia, di solidarietà, di libertà, delle problematiche dell’ambiente, in una parola di tutto ciò che riguarda la vita della comunità. La crisi del Vecchio Continente porterà all’unione dei vari Stati dell’Europa con il potere religioso per gestire una situazione economico-sociale-morale difficile. La storia ci insegna che il potere ecclesiastico è sempre riemerso nel dissesto sociale dei popoli. Quindi nel tempo della settima testa, o ultima fase della storia universale, la Santa Sede riprenderà il suo potere presentandosi come l’VIII re, perché è un re che ha dominato nel passato, viene dai sette, è la bestia stessa, descritta al capitolo XIII nelle cui mani gli Stati Europei consegneranno il potere, ritentando l’esperienza medioevale in cui Roma con il suo Vescovo era a capo del mondo. Il papato estende nuovamente il suo potere politico e religioso sugli Stati europei che glielo riconferiscono “La bestia che era, e non è, è anch’essa un ottavo re, e viene dai sette (è uno dei sette), e se ne va in perdizione. Le dieci corna... riceveranno potestà, come re, assieme alla bestia per un’ora. Costoro hanno uno stesso pensiero e daranno la loro potenza e la loro autorità alla bestia”.125 L’abate Joseph Maître così spiegava: “Il Profeta, dopo aver parlato di sette teste, ne segnala una ottava, ma questa ottava non è pertanto nuova. Essa è di già apparsa nel passato. È una delle sette di cui è stata fatta menzione precedentemente”.126 I1 pastore A. Reymond scriveva: “L’ottava è dentro ai sette. Si possono capire in due modi queste parole. O “uno dei sette” ... o “egli proviene dai sette” è il risultato della concentrazione del loro spirito arrogante e persecutore, il riassunto delle apparizioni precedenti. Quest’ultima interpretazione presenta più di una analogia con la maniera di Daniele di riunire nella IV bestia i diversi tratti delle precedenti e ne aggiunge altri”.127 Riteniamo che queste due spiegazioni non siano opposte, ma complementari. Nell’ottavo re, che è uno dei sette che ritorna, si concentra tutto ciò che ha caratterizzato lo spirito delle sette monarchie. 125 126 127 Apocalisse 17:11,13. J. Maitre, o.c., pp. 407,408. A. Reymond, o.c., t. II, p. 59. Quando la profezia diventa storia 789 CAPITOLO XIX Giovanni presenta nell’ottavo re il risveglio della bestia, la riapparizione dell’Anticristo, onnipotente nel Medio Evo, nella sua nuova veste di potenza politica. Edmond Louse giustamente scrive: “La bestia si presenta come l’ottavo re ma è già stato uno dei sette e deve tornare alla fine del mondo”.128 Questo ottavo re è la bestia del capitolo XIII di Apocalisse che è stata ferita a morte alla fine del XVIII secolo e con l’unità del nostro Paese quando il Governo italiano gli tolse gli Stati Pontifici e Roma divenne la capitale d’Italia. Dopo l’inizio della guarigione, con il Concordato del 1929, questo potere si manifesterà in tutta la sua influenza alla fine dei tempi, completamente guarito e meravigliando il mondo che, subendo il suo fascino, la sua influenza e il suo potere secolare, l’onorerà. C’è una identità di espressioni tra il capitolo XIII e XVII: Apocalisse XIII - “Una delle morte”. sue teste come ferita a - “La sua piaga mortale fu sanata”. - “Tutta la terra meravigliata andò dietro alla bestia ”. - “Adorarono la bestia dicendo: “Chi è simile alla bestia? e chi può guerreggiare con lei?”... E tutti gli abitanti della terra i cui nomi non sono scritti fin dalla fondazione del mondo nel libro della vita dell’Agnello che è stato immolato, l’adoreranno”. Apocalisse XVII - “La Bestia... era, e non è ”. - “La bestia che era, e non è, verrà di nuovo”. - “Costoro hanno uno stesso pensiero e daranno la loro potenza e la loro autorità alla bestia ”. - “E quelli che abitano sulla terra i cui nomi non sono stati scritti nel libro della vita fin dalla fondazione del mondo, si meraviglieranno”. Questo ottavo re è la forma finale che assumerà l’Anticristo forte di tutte le sue secolari influenze. K. Auberlen scriveva: “Bengel, al quale, malgrado tanti errori, non si può rifiutare l’istinto profetico, non si è sbagliato quando ha annunciato che Roma si rialzerà ancora e raggiungerà un alto grado di splendore e di influenza. Io sono sicuro, dice Spener, che prima che il giudizio supremo cada su lei, la Babilonia romana ricupererà tutta la sua antica potenza io credo che, intimiditi dalla sua grandezza e terrorizzati dalla sua crudeltà, la maggior parte dei popoli che hanno scosso il suo giogo da duecento anni, se lo caricheranno una seconda volta”.129 L’influenza che Roma esercita nel mondo è notevole. “Le conferenze e le riunioni internazionali, che costituiscono per il loro numero e per la loro varietà uno dei tratti caratteristici della nostra epoca, vedono frequentemente la presenza, sino a qualche 128 129 LOUSE Edmond, L’Apocalisse di Giovanni, ed. Paoline, p. 165. K. Auberlen, o.c., p. 311. 790 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE decennio fa inusitata, di rappresentanti della Santa Sede. Quali partecipanti su piedi di parità con quella degli Stati, o più spesso in veste di Osservatori, essi stanno a dimostrare l’interesse concreto con il quale la Santa Sede segue i problemi della Comunità internazionale, o condividono direttamente le responsabilità delle discussioni e degli sforzi che essa compie per risolverli... La partecipazione poi della Santa Sede, come membro, alle forme organizzate di attività della Comunità internazionale è considerevole... In particolare, essa non è parte delle maggiori organizzazioni - quale, segnatamente, l’ONU -, limitandosi ad avere presso di esse una Missione di Osservatore Permanente... L’esperienza di non pochi anni, presso l’ONU come presso l’UNESCO, la FAO ed altre organizzazioni del genere, sembra positiva. Senza farne un principio assoluto, la Santa Sede continua pertanto su questa via”. Sono queste alcune parole del lungo discorso di Monsignore Casaroli pubblicato sull’Osservatore Romano del 29 dicembre 1974. Al papato, essendo un potere di altra natura, non avendo in apparenza mire politiche come qualsiasi altro Stato, o meglio egemonia di territori, vengono facilmente affidati compiti di mediatore nei conflitti tra le potenze ed incarichi di pace tra opposte tendenze. Quando, come nel Medio Evo, gli Stati europei consegneranno nelle sue mani il loro potere e lo prenderanno a guida dell’Europa, la fine sarà vicina. Le dieci corna, che costituiscono la VII testa, prenderanno potere assieme alla bestia guarita “per un’ora”. Non dobbiamo intendere questo periodo in senso profetico (un giorno = un anno), ciò corrisponderebbe a quindici giorni, periodo troppo breve, neppure sufficiente per eseguire qualunque legge: ma semplicemente come un tempo relativamente corto. La ripresa del potere da parte dell’Anticristo e la consegna nelle sue mani delle sorti dell’Europa sarà anche sollecitata dal falso profeta, gli Stati Uniti d’America, i quali, per la soluzione dei loro problemi, hanno creato nel loro paese una teocrazia protestante a imitazione di quella papale medioevale, facendo “un’immagine della bestia che aveva ricevuto la ferita della spada ed era tornata in vita”. Inoltre “faceva sì che la terra e quelli che abitano in essa adorassero la prima bestia la cui piaga mortale era stata sanata”.130 “Costoro (le dieci corna) hanno uno stesso pensiero e daranno la loro potestà e la loro autorità alla bestia”. Il de Rougemont commentava già nel secolo scorso: “Le dieci corna avranno uno stesso pensiero, uno stesso interesse. Si legheranno contro il pericolo comune e cercheranno da ogni parte con angoscia una roccia irremovibile sulla quale appoggiarsi. Crederanno d’averla trovata nell’uomo del peccato, il cui genio sovrumano li riempirà di fiducia. I dieci re diverranno così vassalli dell’ottavo re”.131 Di che colore politico saranno gli Stati europei quando gli conferiranno il potere? 130 131 Apocalisse 13:14,12. F. de Rougemont, o.c., p. 324. Quando la profezia diventa storia 791 CAPITOLO XIX Considerando che il testo dice che i re della terra hanno fornicato con la donna, si è portati a supporre che questi regimi possano anche essere di sinistra, completando così la rosa dei suoi amanti. In ogni caso saranno Nazioni a regime democratico, ma con una forte autorità centralizzata di un Governo simile a quella di re, che si consegneranno nelle mani del papa. Il futuro naturalmente ci illuminerà su questo particolare. I governanti europei gli daranno il potere perché saranno stati anche sedotti dalla sua abilità nell’essere riuscita ad unire, alleare a sé tutte le Chiese non cattoliche, sue figlie, dopo una secolare separazione. Henri Spaak, il primo a lanciare i piani del Mercato Comune, e segretario generale della NATO, ha dichiarato: “Noi non vogliamo più comitati. Ne abbiamo troppi. Ciò di cui abbiamo bisogno, è un uomo di una statura sufficiente per chiedere l’obbedienza di tutti e farci uscire dall’abisso economico nel quale ci stiamo infossando. Trovateci questo uomo, e ch’egli si chiami Dio o diavolo, noi lo riceveremo”.132 Questo uomo si presenterà e l’Apocalisse ce lo anticipa, ma sarà il luogotenente di Satana che organizzerà il mondo nella sua ultima rivolta contro Dio e nel nome dell’Eterno. Di colui che ora occupa il seggio papale, il teologo cattolico Hans Küng scriveva su Le monde del 17 ottobre 1979: “...La sua attività intensa a Roma e più ancora le sue tournées trionfali in Messico, Polonia, Irlanda e negli Stati Uniti l’hanno fatto conoscere al mondo come un campione della pace, dei diritti dell’uomo, della giustizia, ma anche d’una Chiesa forte... Per alcuni, nella Chiesa, è di già diventato un oggetto di culto, quasi un nuovo messia per il nostro tempo... A dispetto dei limiti personali inevitabili, il papa risplende di una autentica umanità. Conosce il mondo tale quale è, con i suoi orrori e i suoi abissi, con i suoi splendori e le sue miserie, e cerca di dire sì a tutto ciò che vi si trova... Ha coraggio e dà coraggio agli altri uomini, anziché avvertirli soltanto e riprenderli. Non vuole essere autoritario, ma ha autorità: non soltanto una autorità formale, giuridica, istituzionale, ma anche personale, reale e carismatica”.133 Dodici anni dopo Gianni Baget Bozzo scriverà su Repubblica del 27 dicembre 1989: “Nessuna figura della storia di tutto il cristianesimo ha assunto la grandezza politica come misura della presenza spirituale quanto il papa di Roma.- Ma il papato ha in questi ultimi anni espresso una grandezza politica che non era la sua da molti secoli: mai il ruolo politico della Santa Sede è stato così alto in tutto il mondo. Come negare il ruolo della diplomazia vaticana nella conferenza di Helsinki, che ora la nuova leadership sovietica mette al centro del suo programma verso l’Europa e verso gli Stati Uniti? Come non prendere atto che la visita di Gorbaciov a Roma nella ricerca di una legislazione morale verso il mondo occidentale sia un momento unico nella storia del papato, specie nei suoi rapporti con la Russia?... La Chiesa cattolica si trova a suo agio in questa congiuntura perché essa viene così ricondotta al suo antico: 132 133 Cit., Sans avoir la marque... de la Bête, in Revue Adventiste, gennaio 1977, p. 10. KÜNG Hans, Le monde del 17 ottobre 1979. 792 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE alla Chiesa come soggetto politico primario nel mondo mediante il pontificato romano. Dall’ultimo secolo del secondo millennio cristiano, Giovanni Paolo II si allaccia al papa che, all’inizio del millennio, diede la forma della Chiesa romana in tutto questo tempo: Gregorio VII. Mai una restaurazione apparve tanto “moderna”, mai una innovazione risultò un tanto grandioso ripristino. - La realtà è sempre ambigua e specie la realtà di un grande soggetto politico e religioso. È certamente un fatto inatteso che la secolarizzazione abbia condotto alla fine della maggiore delle ideologie, il marxismo-leninismo e che parole come “spirito”, in contrapposizione a “materia”, e “non violenza” siano il lessico di riferimento del nuovo corso sovietico. Assumere la Chiesa come il principale soggetto politico nella storia è possibile solo concentrandola nella figura del papa: solo in questa concentrazione di potere sta la possibilità reale di egemonia storica di un corpo sociale che non possiede la forza materiale. Fu questa la grande intuizione di Gregorio VII...”.134 Un elemento forte della Confederazione degli Stati europei è quell’unione spirituale che ha unito i popoli nel Medio Evo: una religione comune, un cristianesimo apostata. L’Europa che nasce dalle macerie della seconda guerra mondiale, per una ironia della storia, pensa all’unità dei vari Stati. I suoi ideatori sono: Alcide De Gasperi, Robert Schuman, Konrad Adenauer. “Sono tutti e tre cattolici praticanti e professano, in politica, ideali che s’ispirano al cristianesimo sociale. Nei rispettivi paesi, Italia, Germania e Francia, sono i leaders, i capi carismatici dei partiti popolari che s’ispirano a questa dottrina politica: la Democrazia Cristiana; l’Unione Democratica Cristiana; il Movimento Repubblicano Popolare”.135 Luigi Mistrorigo, a conclusione del suo libro L’Europa unita, sotto il titolo Quale Europa? scrive: “(L’Europa) deve soprattutto mostrare il suo vero volto: quello che esce dalla sua lunga storia, dalla sua civiltà cristiana e dal suo umanesimo laico”. In un tempo in cui il vescovo di Roma sarà allo zenit della sua influenza, non bisogna essere profeti per credere che l’Europa politica gli potrà chiedere di essere, quale capo spirituale del mondo religioso, il presidente della confederazione dell’Unione Europea.136 In quel tempo anche negli Stati Uniti d’America la religione svolgerà un ruolo importante nell’unire il Paese per far fronte a degli squilibri sociali. Si creerà ciò che Giovanni chiama “l’immagine della bestia” cioè un sistema di vita simile a quello che ha caratterizzato l’Europa nel Medio Evo, quando i re e i principi, pur in lotta tra di loro, per interessi e aspirazioni diverse, erano pur tuttavia sotto la stessa autorità religiosa che stabiliva le norme ed era a guida del bene comune. 134 BAGET BOZZO Gianni, Repubblica, 27 dicembre 1989, p. 12. MISTRORIGO Luigi, Il dado è tratto si fa l’Europa Unita, Milano 1978, p.31. 136 Crediamo che si possa supporre che, essendo la “gran città” il territorio geografico dell’antico Impero Romano latino, le nazioni che ora fanno parte del Parlamento europeo, ma sono al di fuori dei confini del corpo geografico della quarta bestia di Daniele, dell’antico impero latini, come: Inghilterra, Paesi bassi, Paesi scandinavi, Danimarca, Germania, Grecia... possano uscire dall’Unione Europea o dalla futura organizzazione europea. Vedere il nostro Capitolo VII. 135 Quando la profezia diventa storia 793 CAPITOLO XIX Sarà in quel tempo che il popolo di Dio annuncerà con forza il terzo messaggio di Apocalisse XIV: “Se qualcuno adora la bestia e la sua immagine e ne prende il marchio sulla fronte o sulla mano, berrà anch’egli del vino dell’ira di Dio, mesciuto puro nel calice della sua ira”. Sarà il tempo in cui i credenti annunceranno anche: “Caduta, caduta è Babilonia la grande... Uscite da essa o popolo mio affinché non siate partecipi dei suoi peccati e non abbiate parte alle sue piaghe”.137 Una nuova fase della storia europea Dagli anni quaranta ad oggi non crediamo che ci sia stato un momento storico così particolarmente denso di fiduciosa attesa come il nostro per l’Europa e anche per il mondo. La “cortina di ferro”, eretta a seguito della seconda guerra mondiale, sanciva la divisione dei Paesi dell’Europa: all’Ovest le Nazioni alleate con gli Stati Uniti d’America, la NATO; all’Est i Paesi sotto l’influenza dell’Unione Sovietica, uniti nel patto di Varsavia. L’Europa divisa non contrapponeva più delle Nazioni, ma dei blocchi, delle ideologie, dei sistemi di governo opposti che operavano per lo sviluppo, il progresso e la libertà dei popoli. La “guerra fredda”, espressione coniata in Occidente, che si esprimeva con la corsa all’autodifesa, con impegni finanziari enormi, con armamenti sempre più sofisticati e costosi, ha caratterizzato i rapporti tra l’Est e l’Ovest con momenti di profonda drammaticità: nel 1956 quando i carri armati dell’armata rossa invasero l’Ungheria, nel 1961 quando si eresse a Berlino il “Muro” della vergogna e nel 1968 quando ancora l’armata rossa entrò in Cecoslovacchia per sostituire i governanti. La “cortina di ferro” ha impedito che le popolazioni dell’Est emigrassero nei paesi dell’Ovest visti come l’Eldorado, anche se la maggioranza della popolazione del socialismo reale credeva che in Occidente gli operai erano privati dai loro diritti di lavoratori. La perestrojka di Gorbaciov ha portato l’URSS a non presentarsi più come la guardiana dei Paesi alleati e ha permesso che un nuovo vento soffiasse all’Est. Nel breve spazio di qualche settimana si è assistito alla sgretolamento di un castello, di un sistema, di un mondo fino a ieri inespugnabile, ma sempre all’erta nel far sentire la propria minaccia, e negli anni Settanta citato come modello per risolvere le congiunture economiche dell’Occidente. “Tutto è avvenuto ad un ritmo che mozza il fiato, suscitando altrettanta inquietudine che speranze, altrettante incertezze che compiacimenti”.138 Una delle cause prime di questo crollo della “cortina di ferro” è stata la situazione economica di tutti i Paesi, in testa la Russia. Paesi ricchi di risorse, ma a causa di 137 138 Apocalisse 14:9,10; 18:2,4. VIOLA Sandro, La Repubblica, 10/11/1989, p. 2. 794 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE coloro che, ad ogni livello, esercitavano il potere nel nome di una ideologie politica che non ha cambiato i cuori e guarito gli uomini dai loro egoismi personali e ambizioni, hanno creato crisi economica e morale a tutti i livelli non più sostenibile se non si vuole minacciare la sopravvivenza dei Paesi. La caduta della cortina di ferro significa libertà, non solo di pensare, ma anche di dire le cose e di operare in modo diverso. Dopo la celebrazione del secondo centenario della Rivoluzione francese, che nel XIX secolo ha cambiato il volto dell’Europa e dell’Occidente in genere, i cui princìpi sono stati iscritti nella carta costituzionale degli Stati Uniti e nel nostro secolo hanno visto una valida applicazione con la caduta del colonialismo, si è assistito ad una nuova Rivoluzione che ha cambiato la geografia del pianeta Terra. Questa nuova Rivoluzione socialista dovrebbe mettere le basi per una società diversa, non di tipo Occidentale, ma comunque ad essa collegata, dove la giustizia, l’equità e la dignità della persona siano maggiormente rispettate. La realtà è tale che la malavita organizzata impone la propria forza. La caduta della cortina di ferro ha una implicazione nella storia di portata planetaria. Il mondo fino a ieri si presentava diviso tra: USA, Europa Occidentale e Giappone da una parte, Europa dell’Est con la Russia, alcuni Paesi Arabi, in genere poveri di petrolio, e Cina dall’altra. Il mondo ora si presenta in modo diverso. Caduta la seconda superpotenza e svanita una ideologia politico sociale che ha fatto sognare generazioni di proletari nell’Occidente e negli altri Paesi, il mondo non è più diviso in due blocchi contrapposti e non costituisce neppure un blocco unico. Con una superpotenza in disarmo si è in un tempo in cui ognuno fa come vuole e l’equilibrio sembra ancora più instabile di prima. In questo contesto il Vecchio Continente, cessando di essere un “semplice campo di manovre militari e di battaglie ideologiche per conto terzi, non più semplice appendice di storia altrui, l’Europa torna ed essere il luogo dal quale passa il futuro del mondo”,139 creando con l’America un nuovo Atlantismo, dove la collaborazione è su un piano di parità e i Paesi dell’Est sono terra di conquista per i propri mercati. I muri sono crollati, le ideologie sono nel crepuscolo inoltrato, i popoli guardano al domani nel miraggio di una maggiore tranquillità e sicurezza, sperando contro ogni speranza. Si desidera una società con valori di giustizia, solidarietà, dove il più forte non prevarichi il debole, ma l’illegalità e il malcostume si esprimono con forza rinnovata. La forza unificante nella costruzione della “Casa comune” europea, nel “villaggio mondiale” del pianeta Terra, ha nella tradizione della religione cristiana, le cui vere dottrine non interessano a nessuno, quei valori etici, patrimonio di ogni cultura, e hanno caratterizzato per secoli la storia dei popoli dall’Atlantico agli Urali. Sono 139 ZUCCONI Vittorio, La Repubblica, 14/12/1989. Quando la profezia diventa storia 795 CAPITOLO XIX portati all’attenzione dei potenti e dei popoli dalla voce di Roma, e Giovanni Paolo II, da quando è salito al soglio pontificio, non cessa di ricordarli. Scrive il cardinale Martini: “Questa evoluzione che caratterizza l’Europa, con le sue istanze etiche e con tutte le sue fragilità e indeterminatezze, interpella profondamente la Chiesa e ciascuno di noi. Apparentemente potrebbe sembrare che i cristiani non siano direttamente coinvolti in tutto questo processo. Invece è la Chiesa stessa a essere provocata e interrogata da questi avvenimenti. Su un piano propriamente pastorale ad essa spetta operare un discernimento spirituale, con il quale guidare e orientare le scelte ai vari livelli e da parte delle diverse persone... Come ha ricordato Giovanni Paolo II, l’imperativo che nasce è quello della costruzione di una nuova Europa: “Il momento è propizio per raccogliere le pietre dei muri abbattuti e costruire insieme la casa comune”. Un’Europa unita e intera - dall’Atlantico agli Urali, dal Mare del Nord al Mare Mediterraneo -, non più divisa in due tronconi o ridotta alla sola parte occidentale. E nello stesso tempo, un’Europa la cui unità è proiettata su un orizzonte planetario, nella piena consapevolezza che l’unificazione europea dev’essere una tappa fondamentale e ineludibile verso la meta finale da raggiungere che è l’unificazione e la pacificazione di tutto il mondo. - In ogni caso, come la storia ci insegna, l’identità culturale dell’Europa non può prescindere dal riferimento alle sue radici cristiane - tanto che l’identità europea risulta incomprensibile senza il cristianesimo che ne è l’anima. - La nuova situazione del nostro continente ci chiede, perciò, di fare ogni sforzo in questo senso, per assicurare un’unità che o sarà cristiana o non esisterà affatto”.140 Riteniamo che siano coerenti con la profezia le parole del socialista francese Léon Blum, espresse dopo la seconda guerra mondiale già nel 1945. “Io sarei qui partendo dalla logica del ragionamento come dall’associazione delle idee, a intravedere, in mezzo al corpo internazionale, l’opportunità di un’altra presenza. È alla corte di Roma che penso, alla Santa Sede apostolica. La sua partecipazione sullo stesso piano di quella degli Stati sarebbe di per se stesso il segno più straordinario che, nell’universo di domani, delle altre potenze conteranno come le potenze temporali. La sua cooperazione attiva permetterebbe di salire su un piano superiore e di regolare mediante dei “concordati” generali tutte queste categorie di litigi con gli Stati che, all’interno del quadro nazionale, alterano la vita politica e conducono a insuperabili conflitti. Il ruolo converrebbe sicuramente a una Chiesa che è pacifica per essenza, poiché incarna una religione di pace, e che lo è anche per funzione, se posso esprimermi in questo modo, poiché la sua costituzione è di ordine internazionale. L’influenza pontificia si è sempre esercitata e si esercita ancora in favore di una pace organica fondata sulla giustizia, sull’uguaglianza dei popoli e delle persone, sulla santità dei contratti… La pace è necessaria alla Chiesa, e non è meno certo che il concorso della Chiesa sarebbe infinitamente vantaggioso all’opera d’organizzazione pacifica”.141 140 C.M. Martini, o.c., pp. 228,229,234. BLUM Léon, A l’échelle humaine, Gallimard, 1945; in Le Saint-Siège dans les relations internationales, sotto la direzione di Joël-Benoît d’Onorio, Cerf, Paris 1989. 141 796 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE La guerra ai santi “Costoro guerreggeranno contro l’Agnello, e l’Agnello li vincerà, perché egli è il Signore dei signori, e il Re dei re; e vinceranno anche quelli che sono con lui, i chiamati, gli eletti e fedeli”.142 Queste parole di Giovanni possono suggerire le riflessioni che seguono. Gli Stati Europei coalizzati non permetteranno che il popolo di Dio abbia la libertà di adorare Dio e di servirlo secondo la sua Parola. I Faraoni del nuovo Egitto diranno come quello del tempo di Mosè: “Chi è l’Eterno che io debba ubbidire alla sua voce? ... Io non conosco l’Eterno ... Andate a fare quello che vi è imposto!”.143 Cos’è questo voler osservare la Legge di Dio? Quello che chiedete è un pretesto per non assumervi impegni nei confronti della società che ha problemi di varia natura. La Nazione ha bisogno delle vostre ore di culto. Ci si opporrà ai santi dell’Altissimo nel nome di giuste cause socio-politicheeconomiche-paritarie; essi saranno considerati nemici dello Stato e del benessere pubblico per il loro non conformarsi a un sistema di interesse comune, nel nome di Dio ma che non tiene conto della sua Parola. Le azioni dei figli di Dio, come ai tempi di Mosè in Egitto, saranno accompagnate da opere potenti che si contrapporranno ai falsi miracoli operati da coloro che saranno animati da uno spirito diverso. Gli adoratori, i sostenitori, coloro che accetteranno l’autorità della bestia e ne avranno così ricevuto il marchio, cercheranno di opprimere gli adoratori di Dio da lui sigillati. Il pastore riformato Roland de Pury, in una sua conferenza tenuta a Vichy nella primavera del 1978, dopo aver considerato l’intolleranza del lontano passato, disse: “Tutto può ricominciare”.144 Il giudizio sulla donna Quale sarà la conseguenza di questa lotta è ciò che il capitolo XVIII dell’Apocalisse presenta in tutta la sua drammaticità. Il versetto 16 del capitolo XVII la riassume con poche parole, ma lapidarie: 142 143 144 Apocalisse 17:14. Esodo 5:2,4. PURY Roland de, La Réforme, ou le scandale du Dieu caché, in Foi et Vie, n. 5, settembre 1978, p. 52. Quando la profezia diventa storia 797 CAPITOLO XIX “Le dieci corna che hai vedute nella bestia odieranno la meretrice e la renderanno desolata e nuda, e mangeranno le sue carni e la consumeranno col fuoco. Poiché Iddio ha messo in cuor loro di eseguire il suo disegno e di avere un medesimo pensiero e di dare il loro regno alla bestia finché le parole di Dio siano adempiute”.145 Dopo una “breve luna di miele”146 quelle stesse nazioni, che prima avevano dato il potere alla bestia, le si rivolteranno contro con violenza: le passioni di parte saranno scatenate; i movimenti dissidenti che non saranno uniti al potere si manifesteranno in tutta la loro rabbia e il clericalismo raccoglierà in quel tempo gli amari frutti dei suoi abusi. Il giudizio su questa donna realizza la volontà divina. “Quando il terremoto avrà rovesciato le città delle Nazioni, quando la bestia, scrollandosi, avrà gettato a terra la donna che la governava, allora questa bestia manifesterà il suo carattere ateo, e rivoluzionario, apparirà nel suo furore. Allora anche appariranno meglio i nomi di bestemmia di cui essa è coperta”.147 Questa fase ultima della storia rivelata in questo capitolo avrà dei risvolti di una drammaticità indescrivibile, di cui il terrore della Rivoluzione francese offre una vaga idea. Se la Rivoluzione della fine del XVIII secolo ci ha presentato delle pagine tragiche della storia dell’Europa, si ha motivo di pensare che la fase finale della storia avrà delle conseguenze ancora più gravi, più cariche di terrore, violenza, angoscia per gli uomini. È la situazione drammatica che precede il trionfo della verità, l’intervento definitivo di Dio nella storia. La fine della ribellione dell’umanità nei confronti dell’Eterno. Sarà una situazione senza precedenti, difficile da immaginare e da descrivere anche perché la Bibbia non ha tanto la funzione di presentarci in anticipo i dettagli della tragedia umana, quanto quella di assicurare il popolo di Dio che anche in quel momento il Signore sarà presente e la speranza non verrà meno in chi ha posto la sua fiducia nel “così ha detto l’Eterno”. Se i due testimoni del capitolo XI dell’Apocalisse hanno avuto “il potere di percuotere la terra con qualunque piaga, quante volte vorranno”148 e la storia ci ha presentato la Rivoluzione francese come conseguenza di una opposizione secolare alla Parola di Dio e ai fedeli del Signore, e a seguito della Rivoluzione si è voluto togliere alla Francia ogni forma di cristianesimo per adorare la dea ragione, cosa avverrà alla fine dei tempi quando la bestia raggiungerà la pienezza della sua opposizione all’Eterno e i governi centralizzati dell’Europa avranno “uno stesso pensiero e daranno la loro potenza e la loro autorità alla bestia. Costoro guerreggeranno con l’Agnello e l’Agnello li vincerà.- E le dieci corna (le nazioni europee)... e la bestia odieranno la 145 Apocalisse 17:16,17. Il versetto 16 è della versione Diodati. Vedere E. Bosio. L’arcivescovo Martini traduce: “Le dieci corna, che vedesti alla bestia, odieranno 1a meretrice”. P.E. Tintori O.F.M.: “Le dieci corna che hai vedute sulla bestia odieranno la meretrice”. 146 DOUKHAN Jacques, Le Cri du Ciel, Dammarie les Lys 1996, p. 227. 147 G. Steinheil, o.c., p. 85. 148 Apocalisse 11:6. 798 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE meretrice e la renderanno desolata e nuda, e mangeranno le sue carni e la consumeranno col fuoco”149 e le piaghe, le ultime cadranno sulla terra sconvolgendola? Ci limitiamo a riportare quanto ha scritto il profeta Daniele: “Sarà un tempo di angoscia, quale non se ne ebbe mai da quando esistono nazioni fino a quell’epoca”.150 Louis Gaussen morto nel 1863, che il Maestro A. Vaucher considerava come il migliore commentatore delle profezie apocalittiche, pur non avendolo sempre seguito nelle sue spiegazioni, già nel secolo scorso aveva spiegato: “Cosa è dunque, ancora una volta, questa rivoluzione, (versetti 11 e 13) se non lo stabilimento ufficiale della democrazia o della sovranità del popolo sotto dei re cittadini in tutti gli stati dell’Impero dei latini?... Avranno uno stesso disegno, uno stesso pensiero politico, ma quale pensiero politico? quello di “dare la loro potenza e la loro autorità alla bestia”, cioè di riconoscere ufficialmente e solennemente la sovranità del popolo, la sovranità “delle folle, delle nazioni e delle lingue”. Essi saranno ben presto “dei re”, ma dei re cittadini, dei delegati del popolo, senza scettro e senza diadema. Ci si domanderà forse: Come tutto questo finirà? La Scrittura risponde: Mediante una spaventosa anarchia, mediante una nuova rivoluzione, non più della ragione, ma di demenza; mediante uno straripamento della demagogia, irritata, che sommerge tutte le basi della società, Stato, Famiglia, Proprietà”.151 Il versetto 18 riepiloga tutto il capitolo XVII: “La donna che hai veduta è la gran città che impera sui re della terra”. Questa prostituta, la società religiosa che un tempo si confondeva con lo Stato e che da sempre domina, ora che è diventata un ottavo re, ha ripreso, sia pure per un breve tempo, la sua fisionomia politica meritando così il nome di gran città. Terza parte: il giudizio di Babilonia “La grandezza misteriosa della descrizione si eleva a un pathos profetico che pone questo XVIII capitolo accanto alle pagine più grandiose della profezia dell’Antico Testamento... Questo capitolo XVIII è situato tra l’annuncio del giudizio del capitolo XVII e gli inni che celebrano il giudizio compiuto XIX:19, il che determina nettamente la sua posizione”.152 149 150 151 152 Apocalisse 17:13-16. Vedere il nostro Capitolo X. Daniele 12:1. L. Gaussen, o.c., t. III, pp. 289,290. LOHMEYER Ernest, Die Offenbarung des Johannes, Stuttgart, 1960, pp. 138,147; cit. da C. Brütsch, o.c., p. 290. Quando la profezia diventa storia 799 CAPITOLO XIX Questo capitolo è un ampliamento di ciò che è stato detto nel versetto 16 e il giudizio corrisponde a quanto il capitolo XVI presenta come V, VI e VII piaga.153 “Caduta, caduta è Babilonia la grande... ” “E dopo queste cose vidi un altro angelo che scendeva dal cielo, il quale aveva gran potestà; e la terra fu illuminata dalla sua gloria. Ed egli gridò con voce potente, dicendo: “Caduta, caduta è Babilonia la grande, ed è diventata albergo di demoni e ricetto d’ogni spirito immondo e ricetto d’ogni uccello immondo e abominevole. Poiché tutte le nazioni hanno bevuto del vino dell’ira della sua fornicazione, e i re della terra hanno fornicato con lei, e i mercanti della terra si sono arricchiti con la sua sfrenata lussuria””.154 Come sempre, Dio, prima di mandare ad effetto un suo giudizio, prima di compiere un suo disegno, lo fa precedere dal suo appello. In questo avvertimento risplende tutta la santità della maestà di Dio: la terra ne viene illuminata e tutti i suoi abitanti ascoltano quanto l’angelo grida con voce forte. Sono così invitati a prendere chiaramente posizione o per la luce o per le tenebre. Dio dà alla sua Chiesa, caratterizzata dalla fedeltà alla sua parola e ai suoi comandamenti, la potenza per compiere quest’opera garantendole la piena riuscita. “Questo angelo riprende le parole pronunciate in Apocalisse XIV:8; ma le ripete con una insistenza nuova: “Caduta, caduta è Babilonia la grande”. Non si tratta qui della rovina materiale, sarà il terzo angelo, l’angelo della macina che ne parlerà (XVIII:21-23); si tratta della sua rovina spirituale e morale, e del suo stato di caduta, poiché dice l’angelo: “È diventata albergo di demoni e di spiriti immondi”, cioè false divinità, culto idolatrico della Vergine e dei santi, di ogni dottrina falsa ed opposta alla parola di verità delle Scritture; “e ricetto di ogni uccello immondo ed abominevole” poiché là si trovano, con le dottrine, tutti i dottori di menzogna”.155 La caduta di Babilonia, la grande madre e le figlie, la cristianità infedele degli ultimi tempi, Giovanni la dipinge con termini presi in prestito dai profeti dell’Antico Testamento i quali annunciavano la rovina di Babilonia sulle rive dell’Eufrate.156 153 Vedere il nostro Capitolo XVII. Apocalisse18:1-3. 155 ROSSELET Gustave-Adolphe d’IVERNOIS, L’Apocalypse et l’Histoire, t. II, Paris 1878, p. 263; vedere Apocalisse 18:21-24. 156 Isaia 13:19-22; Geremia 50:39. “Tutte le nazioni hanno bevuto del vino dell’ira della sua fornicazione...” è la traduzione adottata dalla maggioranza degli editori, benché il Sinaiticus A,C,Q, porti: “sono cadute per l’effetto del vino”. 154 800 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE In questo sentenza di caduta viene presentato il motivo per il quale Dio compie il suo giudizio su questa società religiosa: Babilonia si è servita del nome di Dio, si è nascosta dietro l’apparenza della religione di Cristo per abbandonarsi meglio alla fornicazione, alla seduzione, al peccato e all’idolatria. “Uscite da essa o popolo mio ... ” “Poi udii un’altra voce dal cielo che diceva: “Uscite da essa, o popolo mio, affinché non siate partecipi dei suoi peccati e non abbiate parte alle sue piaghe; poiché i suoi peccati si sono accumulati fino al cielo e Dio si è ricordato delle iniquità di lei””.157 Questa dichiarazione ci porta nel tempo della fine, prima dell’inizio delle ultime piaghe e prima che si dica “È fatto”.158 È l’invito finale a tutti gli uomini di buona volontà che credono e vivono la Parola di Dio nella luce della tradizione delle proprie denominazioni. Uomini e donne felici di aver conosciuto il Signore onorandolo con la loro testimonianza e la loro vita. Hanno fatto sentire la loro voce per richiamare i propri fratelli ai valori e alla fedeltà della rivelazione. Si sono spesi per il loro Dio, ma le tradizioni, la forza delle abitudini, l’indifferenza hanno impedito ogni risveglio, ogni rinnovamento, una vera crescita nel Signore. Dio fa pervenire a questi suoi figli, al suo popolo, l’invito a rialzare il capo, a schierarsi per la verità, a rispondere al suo appello: “Uscite….!”. L. Bonnet identifica questa voce con quella di Cristo.159 Abbiamo qui un invito pressante alle anime sincere di uscire dalla società religiosa corrotta. Questo fa pensare che in Babilonia vi siano delle anime sincere, molte, un popolo, al quale verrà presentata la verità, perché l’accetti e la segua. Isaac William osserva che prima della prova e del giudizio c’è la chiamata e la luce illuminante di Dio. Ciò è avvenuto al tempo di Noè prima del diluvio; al tempo di Lot prima della distruzione di Sodoma; al tempo di Giosia re d’Israele con il ritrovamento del libro della legge, prima della cattività; al tempo di Daniele nel palazzo che annunciava la presa di Babilonia; al tempo del nostro Signore a Gerusalemme prima della sua distruzione; e possiamo aggiungere anche prima dell’anno 70; e ora, al tempo della fine, prima che Babilonia cada e giunga il terribile giorno dell’Anticristo, c’è nella viva e sublime immagine dell’Apocalisse, l’“angelo” che discende “dal cielo” con “grande potere”, e la terra è illuminata dalla sua presenza. Come prima che il fuoco si estingua nel buio c’è l’irrompere del bagliore 157 158 159 Apocalisse 18:4,5. Apocalisse 16:17. L. Bonnet, o.c, p. 427. Quando la profezia diventa storia 801 CAPITOLO XIX della fiamma, così prima che l’umanità giunga alla sua fine la luce dell’Evangelo illumina il mondo intero.160 Scrive il prof. J. Doukhan: “La frase è presa dal profeta Geremia. All’epoca si riferiva agli israeliti in esilio a Babilonia, per pressarli di fuggire dalla città.161 Lo stesso appello è stato fatto a più riprese nel corso della storia d’Israele. Abrahamo l’aveva intesto a Ur dei Caldei,162 Lot a Sodoma,163 gli israeliti in Egitto.164 Nel Nuovo Testamento, i cristiani sono continuamente interrogati.165 È sempre lo stesso messaggio di sradicamento e di avventura verso nuovi orizzonti”.166 Il testo non precisa che questo angelo viene dall’Est, come fa nel capitolo VII:1, ma Ezechiele XLIII:3 dipinge la gloria di Dio, che viene a distruggere la città, come proveniente dal levante. La predicazione dell’evangelo è unita all’invito all’ubbidienza. L’evangelo non si contrappone alla legge. L’obbedienza è il risultato della grazia. All’angelo che illumina, l’uomo risponde non giustificandosi, ma con la fedeltà all’invito. Questo quadro rievoca quanto Malachia aveva detto dell’opera che si sarebbe compiuta prima della realizzazione ultima della parola di Dio: “Ricordatevi delle legge di Mosè, mio servo, al quale io diedi in Herob, per tutto Israele, leggi e prescrizioni. Ecco, io vi mando Elia, il profeta. Prima che venga il giorno dell’Eterno, giorno grande e spaventevole”.167 Come il primo Elia del libro dei Re, per l’antico Israele, e Giovanni Battista, l’Elia che ha preparato la strada al Messia, che invitava il popolo alla fedeltà; così il finale Elia, l’angelo, la Chiesa fedele nell’annunciare il giudizio di Dio, proporrà la fedeltà alla grazia espressa dalla legge dell’Eterno. W. Milligan nel secolo scorso giustamente faceva notare che le parole hanno una grande importanza nell’interpretazione dell’Apocalisse. Abbiamo già trovato più volte una luce illuminante su passi della Parola di Dio che in precedenza erano sembrati oscuri. “Molti sono i chiamati” che vivono all’esterno della Chiesa, ma “pochi sono scelti”, perché “pochi” costituiscono la reale Chiesa, di coloro che si considerano poveri di spirito, mansueti e piccoli di fronte alla grandezza e alla saggezza di Dio. Questi due gruppi possono camminare assieme per un certo tempo, collaborare in iniziative comuni, ma la loro unione non può durare. Il giorno viene in cui, come Cristo chiamò le sue pecore fuori dal popolo di Giuda, così ancora chiamerà le sue pecore fuori dall’“ovile” della cristianità, e udendo la sua voce, ne usciranno e lo seguiranno.168 160 161 162 163 164 165 166 167 168 WILLIAM Isaac, The Apocalypse with Notes and Reflections, London 1889, p. 345. Geremia 51:45. Genesi 12:1. Genesi 19:12. Esodo 12:31. 2 Corinzi 6:14; Efesi 5:11; 1 Timoteo 5:21. J. Doukhan, o.c., p. 229. Malachia 4:4,5. MILLIGAN William, The Revelation of St. John, London 1887, p. 306. 802 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE Per Babilonia non c’è più possibilità di ravvedimento, il tempo di grazia è finito: “Fuggite di mezzo ad essa e salvi ognuno la sua vita, guardate di non perire per l’iniquità di lei! Poiché questo è il tempo della vendetta dell’Eterno; egli le dà la sua retribuzione. - Noi abbiamo voluto guarire Babilonia, ma essa non è guarita; abbandonatela”.169 Rimanere in essa significa essere corresponsabili dei suoi peccati, approvare la sua idolatria, la sua fornicazione cioè i suoi intrallazzi con i potenti e ciò comporterà il subire le piaghe, le ultime che il Signore riverserà su lei. “Uscire da Babilonia s’impone come la sola possibilità per sfuggire al massacro, ma anche per riscoprire la propria identità al paese della promessa. È un appello alla speranza che è qui lanciato nelle strade di Babilonia, quando ancora la città vibra con tutte le sue fibre, un appello che ci riguarda tutti”.170 “Uscire da Babilonia è prima di tutto separarsi dal peccato che attira su di lei la collera di Dio. Passare da una denominazione all’altra portando con sé il disordine e il vizio, non è uscire da Babilonia”.171 “Uscire dal mondo è uscire spiritualmente dalla confusione mondana e mondiale, è uscire dal peccato e di conseguenza uscire da una pietà terra terra, orizzontale, che tollera balli e piaceri, matrimoni impuri, proibizioni sottili e grossolane, per elevarsi verso la zona d’amore e d’adorazione in cui la fede si schiude, è uscire verticalmente dalla vita del basso per la vita dell’alto”.172 “Molto bene, ma è tutto? Abbiamo il diritto di aggiungere, con l’autore citato: “Uscire da un gruppo per andarsene, orizzontalmente, verso un altro gruppo più ristretto, a quale scopo?” Noi crediamo che una uscita orizzontale, una separazione ecclesiastica sia necessaria e legittima quando il gruppo al quale si appartiene rifiuta la libertà di credere, di praticare e d’insegnare le verità essenziali della Parola di Dio (perpetuità del Decalogo, ritorno prossimo di Cristo, immortalità condizionata, battesimo per immersione dei credenti, separazione della Chiesa dallo Stato, ecc.). Bisogna desolidarizzarsi da ogni organizzazione ecclesiastica che si ostina a restare in Babilonia. Ciò che caratterizza Babilonia è il rifiuto di pentirsi e di riformarsi. “Io le ho dato del tempo per pentirsi; ma essa non vuole pentirsi della sua impurità”.173 Ecco ciò che dice della Iezebel del Nuovo Testamento. Alla Chiesa di Laodicea Gesù Cristo dice: “Abbi dunque zelo e ravvediti”.174 Se essa non si pente, il Cristo la vomiterà dalla sua bocca. Questa è una minaccia condizionata, piuttosto che una predizione che si deve fatalmente compiere. Come Babilonia ha in sé dei figli di Dio, che non sono ancora usciti, la Chiesa di Dio ha nel suo seno dei sudditi di Babilonia, che non sono ancora stati espulsi. La presenza di membri indegni non autorizza il fedele a separarsi da una Chiesa caratterizzata dalla fede e dall’obbedienza.175 Se 169 170 171 172 173 174 175 Geremia 51:6,9,45. J. Doukhan, o.c., p. 230. A.F. Vaucher, Babylone, in Signes des Temps, maggio, 1938, p. 10. CARON Pierre, Le prophétisme du Réveil, 1931, p. 153; cit. A.F. Vaucher, o.c., p. 10. Apocalisse 2:21. Apocalisse 3:19. Apocalisse 4:12. Quando la profezia diventa storia 803 CAPITOLO XIX bisogna guardarsi con cura dal latitudinismo che considera le questioni ecclesiastiche come indifferenti e vuole che ognuno muoia nella Chiesa in cui è nato, bisogna guardarsi anche dallo sbriciolamento e dall’individualismo. È un errore credere che una organizzazione religiosa faccia necessariamente parte di Babilonia, per il semplice fatto che è una organizzazione religiosa. L’isolamento non risponde al pensiero divino. I credenti non hanno solamente il dovere di separarsi dalle comunità infedeli: essi hanno ugualmente quello di raggrupparsi, di organizzarsi per la vita sociale, l’azione e la lotta. Essi devono collaborare con tutti i mezzi disponibili alla diffusione della verità religiosa e al trionfo della causa di Dio in seno all’umanità. Si riconosce da questo il popolo che si separa da Babilonia in risposta all’appello divino: mantiene e difende i principi del cristianesimo integrale. In fatto di morale, si mostra esigente e intransigente. Rifiuta di abbassare il livello dell’ideale evangelico per piacere alle masse, di allargare la porta e la via stretta per facilitarle l’accesso alle moltitudini inconvertite. Proibisce ogni ricorso alla forza materiale per far conoscere le sue dottrine. Non conta che sulla persuasione della verità, sullo splendore dell’amore. Si astiene dal giudicare gli altri, si accontenta di istruire e di guidare. Questo popolo attira a sé gli eletti, non per attribuirsi il monopolio del vero e del bene, o per sfruttare la buona volontà a suo profitto, ma al fine di organizzare, di disciplinare e di canalizzare i loro sforzi e di preparare anche il regno che il Cristo realizzerà al momento del suo ritorno. “Anima mia - dirò con lo Steinheil, scrive il maestro Vaucher, - staccati dalla falsa Chiesa, anzitutto e in ogni caso interiormente, per unirti alla vera Chiesa mediante una franca conversione ed una ferma confessione, in modo tale che all’ora fissata da Dio ciò che è interno possa svilupparsi e manifestarsi al di fuori. Separiamoci da quanto vi è di malvagio, di falso, di peccaminoso, in una parola: da tutto quello che appartiene a Babilonia; sia il nostro cuore affezionato a quanto vi è di diritto, di buono, di veramente cristiano”176”.177 Bisogna uscire per unirsi a coloro che “osservano i comandamenti di Dio e hanno la fede in Cristo Gesù” che dal tempo della purificazione del santuario celeste annunziano al mondo il triplice messaggio di Apocalisse XIV. 176 G. Steinheil, o.c., p. 95 A.F. Vaucher, o.c., p. 10. B.B. BEACH responsabile della libertà religiosa a livello mondiale della Chiesa Cristiana Avventista del 7° Giorno scrive: “Gli Avventisti del 7° Giorno sono fermamente convinti che la loro Chiesa sia apparsa sulla scena della storia in risposta a un appello di Dio. Essi credono - e si spera che sia senza orgoglio o arroganza - che il loro movimento sia lo strumento scelto da Dio in vista della proclamazione organizzata dell’“evangelo eterno”, l’ultimo messaggio divino, visto dall’angolo profetico esposto nei capitoli 14 e 18 dell’Apocalisse. Alla luce - accuratamente focalizzata della sua comprensione profetica, la Chiesa degli Avventisti del Settimo Giorno si considera dunque come il movimento ecumenico d’orientamento escatologico di cui parla l’Apocalisse. Prima di tutto, chiama i figli di Dio a lasciare i corpi ecclesiastici “decaduti” che suscitano una opposizione religiosa crescente e sistematica ai piani divini. A questo appello a “uscire” ne fa seguito un altro, questa volta positivo, che invita questi stessi credenti a “unirsi” a un movimento d’unione mondiale - quindi ecumenico - caratterizzato dalla “fede di Gesù” e dall’osservanza dei “comandamenti di Dio” Apocalisse 14:12” Les Adventist du Septième Jour et le mouvement œcuménique, in Servir, II/86, p. 78. Di fatto la Chiesa Avventista è ecumenica “è nata in diverse Chiese in quanto gli avventisti provengono da denominazioni diverse” idem, p. 78. In altre parole, la Chiesa Avventista lontano da sminuire le divergenze dottrinali, ha la convinzione che sia un suo dovere affermare i punti dottrinali che la distinguono.. 177 804 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE “I suoi peccati si sono accumulati fino al cielo”. “In greco letteralmente si ha: “I suoi peccati sono stati incollati fino al cielo”. Holtzmann crede che questa espressione presenti l’immagine dei peccati iscritti su questo libro, i cui fogli di papiro, incollati gli uni agli altri, formano un rotolo che si estende fino al cielo”.178 Le piaghe su Babilonia “Rendete il contraccambio di quello che ella vi ha fatto, e rendetele al doppio la retribuzione delle sue opere; nel calice in cui ha mesciuto ad altri, mescetele il doppio. Quanto ella ha glorificato se stessa ed ha lussureggiato, tanto datele di tormento e di cordoglio. Poiché ella dice in cuor suo: “Io siedo regina e non sono vedova e non vedrò mai cordoglio”. Perciò in uno stesso giorno verranno le sue piaghe, mortalità e cordoglio e fame, e sarà consumata dal fuoco; poiché è il Signore Iddio che l’ha giudicata”.179 “L’ordine dei versetti 6 e 7180 non è dato ai cristiani, al popolo di Cristo, che ha lasciato la città, ma agli esecutori dei giudizi di Dio, alla bestia e ai re suoi alleati”.181 “Nessuna Chiesa come quella di Roma si vanta di essere seduta come regina, di non essere vedova e non avere dolore. Essa ha il triste privilegio di essere la prostituta per eccellenza, il centro della prostituzione, la madre delle impudicizie, o più esattamente degli impudichi”.182 In uno stesso giorno (non crediamo nella prospettiva del giorno profetico, un anno, ma in un periodo di tempo breve), con un susseguirsi rapido degli avvenimenti, questa regina, che si considerava immortale e non si era mai creduta vedova, cioè secondo il linguaggio biblico: abbandonata e desolata, avrà la sua finale retribuzione. Le piaghe descritte nel capitolo XVI la colpiranno. Mortalità, cordoglio e fame saranno le conseguenze. Sarà consumata dal fuoco, cioè dalla rivoluzione politicosociale. Il trionfo della demagogia anticlericale tutto sommergerà. Il lamento dei re su Babilonia “E i re della terra che fornicavano e lussureggiavano con lei la piangeranno e faranno cordoglio per lei quando 178 179 180 181 182 L. Bonnet, o.c., t. IV, p. 427. Apocalisse 18:6-8. Isaia 40:2; Geremia 50:29; Salmo 137:8. L. Bonnet, o.c., t. IV, p. 427. K. .Auberlen o.c., p. 309. Quando la profezia diventa storia 805 CAPITOLO XIX vedranno il fumo del suo incendio; e standosene da lungi per tema del suo tormento diranno: “Ahi! ahi! Babilonia, la gran città, la potente città! Il tuo giudizio è venuto in un momento!””183 “Quando tale Chiesa è colpita dal giusto giudizio di Dio, è chiaro che non sono i veri cristiani, i santi, che si lamentano, ma i grandi della terra, i ricchi, i re che hanno commesso adulterio con lei, i mercanti e gli armatori che si sono arricchiti dell’abbondanza del suo lusso... La prostituta non ha fatto nessun male ai re e ai potenti, non li ha ripresi per i loro peccati; ha piuttosto appianato per loro con ogni facilità il cammino del cielo; è servita come briglia o morso per mantenere i popoli sotto la loro obbedienza, ha fatto da polizia per conto dei governatori... Pure i commercianti l’amavano: contribuiva a mantenere la pace; gli affari marciavano bene sotto la sua protezione, i capitali fruttavano forti interessi...; essa non alzava la voce contro il lusso e l’amore dei comforts che sono causa di tanto sperpero e che per conseguenza mettono tanti soldi in circolazione; essa stessa si è adagiata nel comfort; essa ha ricercato la lana e si è preoccupata poco delle pecore! Allo Spirito, alle virtù dall’alto, alla città celeste, ai beni eterni, ha dato poco conto; la carne, il suo ornamento di prostituta, ecco ciò di cui si è preoccupata; lontano dall’arrestare la corruzione, essa non ha fatto che aumentarla e accelerarla, poiché non aveva sale in se stessa”.184 “Alle sentenze pronunciate dall’alto del cielo, rispondono dei lamenti sulla terra. I re della terra non sono evidentemente i dieci re incaricati della distruzione di Babilonia, ma gli altri re che si sono lasciati sedurre da lei e hanno seguito l’esempio della sua idolatria e della sua corruzione”.185 Vi è sempre alleanza tra le bestia e Babilonia, tra il mondo e il potere pseudoreligioso. Per questo i re della terra piangeranno la rovina della “gran città”, la vecchia Europa dalla quale traevano i loro profitti. Il lamento dei mercanti su Babilonia “I mercanti della terra piangeranno e faranno cordoglio per lei, perché nessuno compera più le loro mercanzie: mercanzie d’oro, d’argento, di pietre preziose, di perle, di lino fino, di porpora, di seta, di scarlatto; e ogni sorta di legno odoroso, e ogni sorta d’oggetti d’avorio e ogni sorta d’oggetti di legno preziosissimo e di rame, di 183 Apocalisse 18:9,10. K. Auberlen, o.c., p. 299. 185 L. Bonnet, o.c., t. IV, p. 428; vedere Apocalisse 17:12,16,17. Il lamento ricorda quello sulla città di Tiro in Ezechiele 26:16-18. 184 806 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE ferro e di marmo, e la cannella e le essenze, e i profumi, e gli unguenti, e l’incenso e il vino, e l’olio, e il fior di farina, e il grano, e i buoi, e le pecore, e i cavalli, e i carri, e i corpi e le anime d’uomini. E i frutti che l’anima tua appetiva se ne sono andati lungi da te; e tutte le cose delicate e sontuose sono perdute per te e non si troveranno mai più. I mercanti di queste cose che sono stati arricchiti da lei se ne staranno da lungi per tema del suo tormento, piangendo e facendo cordoglio, e dicendo: “Ahi! Ahi! la grande città ch’era vestita di lino fino e di porpora e di scarlatto, e adorna d’oro e di pietre preziose e di perle! Una cotanta ricchezza è stata devastata in un momento””.186 I prodotti diversi del commercio che affluivano e andavano nei paesi di tutto il mondo sono elencati per fare rilevare, da una parte, il lusso e le delizie della grande città e, dall’altra parte, le perdite subite dai mercanti che si arricchiscono dei loro traffici e che ora non sanno più a chi vendere le proprie mercanzie.187 Con l’Europa tutte le nazioni sono coinvolte e l’Apocalisse annuncia una paralisi di tutte le attività. Non si può non vedere in questo brano il commercio che la Chiesa romana amministra. Nelle città, attorno ai grandi santuari, mete di pellegrini e centri taumaturgici, luoghi sacri alla tradizione, la popolazione vive del commercio della Chiesa, condizionando il popolo a sostenere il papato e la sua idolatria a motivo dell’interesse materiale che trova in esso. I mercanti non piangono la religione, ma il guadagno che questa dava a loro. Nel libro degli Atti troviamo una pagina simile. “Grande è la Diana degli Efesi” (le cui statue sono state poi adorate con il nome della Vergine) gridavano gli artigiani di quella dea incitando il popolo contro gli apostoli Paolo e Barnaba perché con la loro predicazione, annunciando l’Evangelo, aveva messo in crisi la loro attività artigianale con tutto quanto essa apportava.188 La Chiesa ha fatto commercio di tutto e con tutti, e per questo è immensamente ricca. Ha perfino fatto commercio dei “corpi” e delle “anime d’uomini”. “Questo commercio della Chiesa è rimasto unico nella storia dell’umanità”.189 Giovanni sceglie le parole con cura per indicare questa compravendita. Non si tratta di un commercio di mummie, non avrebbe molto arricchito la Chiesa e sarebbe durato poco, come la storia dell’Egitto ce lo dimostra. Se ci fosse stata nel testo 186 Apocalisse 18:11-16. Il versetto 14 “con il discorso diretto a Babilonia, interrompe manifestamente la descrizione del disastro subito dai mercanti. Il versetto 15 è unito strettamente al versetto 13. Si congettura che questo versetto 14 si trovasse originariamente dopo le parole del versetto 23: “La voce dello sposo e della sposa non si sarebbe più sentita presso di te”” L. Bonnet, o.c., t. IV, pp. 428,429. 187 Vedere L. Bonnet, o.c., t. IV, p. 428. Per lusso e delizie: Apocalisse 18:3,7,14; commercio: 18:11. 188 Atti 19:23-41. 189 L. Gaussen, o.c., t. III, Paris 1849, p. 353. Quando la profezia diventa storia 807 CAPITOLO XIX solamente l’espressione “anime d’uomini” avremmo potuto pensare che Giovanni, come Luca in Atti190, indicasse le persone. Se Giovanni avesse usato l’espressione “e i corpi d’uomini” si sarebbe potuto pensare a dei prigionieri schiavi, che non contano che come la carne da vendere, come è scritto nel libro dei Maccabei191 quando Nicatore promise di dare 90 corpi di schiavi giudei per un talento d’oro. Giovanni scrive “e i corpi e le anime d’uomini” che si potrebbe tradurre “e dei cadaveri e delle anime degli uomini”. “Certamente questo commercio è rimasto unico nella storia dell’umanità. Io cerco - scrive il Gaussen - al di fuori di Roma e in tutto l’universo, compreso anche l’antica Roma dei pagani, che facevano dèi i Cesari, io cerco se si sia visto una città o un pontefice o una religione che abbia mercanteggiato delle anime, e non ne trovo alcuna. I preti pagani vendevano bene qualche volta ai loro fedeli i favori dei loro dèi per delle liberazioni terrene, per delle guarigioni dalle malattie, dei soccorsi nelle tempeste, dei successi nella guerra, delle piogge per le siccità, o delle belle giornate dopo la pioggia; MA MAI PER DELLE LIBERAZIONI CELESTI, MAI PER SALVARE DELLE ANIME DAVANTI AL GIUDIZIO, MAI PER ACQUISTARE PER LORO IL CIELO, MAI PER ASSICURARE A LORO UN POSTO NELL’ETERNITÀ... I Turchi anche vendevano i talismani, e i neri dei feticci, per preservare i loro acquirenti dalla mortalità in tempo di peste, o dalle pallottole in tempo di guerra. Ma vendere delle anime d’uomini, vendere la salvezza di Dio alle anime, vendere alle anime il paradiso, l’eternità, no, mai. Al contrario, Maometto si fa dire da Dio nel Corano, nel capitolo ‘‘delle afflizioni’’: “Coloro dei quali la bilancia sarà pesante di buone opere, andranno in paradiso; e coloro per i quali la bilancia sarà leggera di buone opere, andranno all’inferno in un fuoco così caldo che non posso esprimerne il calore”.192 Ma riscattare qualche anima da questo inferno, ma fare uscire con dei soldi qualche anima da questo fuoco dell’altro mondo, no, mai, né Maometto, né i mufti di Bagdad o di Costantinopoli l’avevano preteso. Questo commercio non appartiene che alla Roma dell’Anticristo... solo l’Anticristo perdona tale o tal altro peccato. Commercio di corpi e di anime ha detto Giovanni, i corpi distinti dalle anime. Gli Egiziani, ai tempi di Abramo, imbalsamavano i loro morti illustri e li conservavano allo stato di mummie. I loro medici vi lavoravano per 40 giorni, dice Erodoto; e durante altri 30 giorni li lasciavano immersi in carbonato di sodio (al nitro); e il popolo, come ci dice la Genesi, li piangeva durante questi 70 giorni.193 Ma non veniva a nessuno, presso gli Egiziani, l’idea di venderli; e a nessuno quella di acquistarli! Mai! I pagani dell’antica Roma bruciavano i loro morti e raccoglievano con cura le loro ceneri in delle urne funerarie; ma avrebbero essi venduto per qualsiasi prezzo queste ceneri e queste urne? Mai! I primi cristiani seppellivano i loro trapassati - esempio Stefano... ma ebbero mai l’idea di vendere il loro cadavere? Non sapevano essi che Dio, per prevenire il culto abominevole dei morti, aveva dichiarato cose impure il solo toccare un cadavere, le sue ossa, il suo sepolcro, o il letto, o la sua tenda stessa? Questa impurità legale durava sette giorni, e 190 191 192 193 Atti 2:41; 7:14; 27:37. 2 Maccabei 8:11. Corano, tomo II, p. 373; versione di Du Ryes, Amsterdam 1746; cit. L. Gaussen, o.c., t. III, p. 353. Genesi 50:2. 808 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE ci si doveva purificare pena la morte... Un figlio che toccava il corpo della madre, era sottomesso a questa legge come gli altri e non poteva entrare nella casa di Dio.194 Questo commercio produce per Roma immense ricchezze. Queste mercanzie erano vendute: ai re, alle città, ai regni, agli imperatori, ma il centro di questo commercio, la sua amministrazione, i suoi burocrati e i suoi agenti saranno in Roma. Questi corpi saranno venduti a pezzi, saranno messi nelle urne, messi in esposizione e si chiederanno dei soldi per vederli, si faranno dei viaggi ed enormi spese per contemplarli”.195 Come Giovanni poteva scrivere in un modo più chiaro il commercio delle indulgenze, delle reliquie, delle messe ? Il lamento dei navigatori su Babilonia “E tutti i piloti e tutti i naviganti e i marinai e quanti trafficano sul mare se ne staranno da lungi, e vedendo il fumo del suo incendio esclameranno: “Qual città era simile a questa gran città?” Getteranno della polvere sul capo e grideranno, piangendo e facendo cordoglio diranno: “Ahi! ahi! La gran città nella quale tutti coloro che avevano navi in mare si erano arricchiti con la sua magnificenza! In un momento ella è stata ridotta in un deserto””.196 Al lamento dei re che traevano la loro gloria dall’alleanza con Babilonia, segue il lamento dei mercanti che vedono cadere in rovina i loro commerci e paralizzata l’attività dei navigatori al loro servizio, grazie ai quali traevano i propri profitti. Come l’antica Babilonia, lo splendore dei caldei aveva i suoi commerci che si estendevano per tutto il mondo dall’Oriente fino in Occidente, dalle colonne d’Ercole fino alle fredde coste del Mar Baltico, così la “gran città” la vecchia Europa estende i suoi interessi su tutto il mondo: da Nord a Sud, dall’estremo Oriente, all’estremo Occidente mediante la sua ramificazione; mediante i suoi tentacoli che avvolgono il mondo intero, fa affluire nelle sue piazze, nelle nazioni europee i tesori di tutta la terra e dalle proprie nazioni espande la propria produzione. Giovanni dice che tutto ciò è giunto alla sua fine. 194 Levitico 21:1; 22:3; Numeri 19:11-13. L. Gaussen o.c., pp. 353-355. 196 Apocalisse 18:17-19. Questa terza categoria di persone che si lamentano della propria rovina la si trova anche in Ezechiele 27:26 e seg. 195 Quando la profezia diventa storia 809 CAPITOLO XIX “C’è una ironia amara nella esclamazione che è propriamente una parola di ammirazione: “quale città era simile alla grande città?”.197 Babilonia non ha nessuna che le assomigli nella sua rovina presente, come nel suo splendore passato”.198 Rallegramenti per la distruzione di Babilonia “”Rallegratevi d’essa, o cieli, o voi santi, ed apostoli e profeti, rallegratevi poiché Dio, giudicandola, vi ha reso giustizia”. Poi un potente angelo sollevò una pietra grossa come una gran macina, e la gettò nel mare dicendo: “Così sarà con impeto precipitata Babilonia, la gran città, e non sarà più ritrovata. E in te non sarà più udito suono di arpisti, né di musici, né di flautisti, né di sonatori di tromba; né sarà più trovato in te artefice alcuno d’arte qualsiasi, né s’udirà più in te rumore di macina. E non rilucerà più in te lume di lampada e non s’udirà più in te la voce di sposo e di sposa; perché i tuoi mercanti erano i principi della terra, perché tutte le nazioni sono state sedotte dalle tue malie””.199 Che contrasto tra le lamentazioni che precedono e la gioia alla quale sono invitati gli abitanti del cielo, i santi, i credenti, gli apostoli e i profeti della nuova alleanza il cui sangue è stato abbondantemente sparso. La gioia che provano per la caduta di Babilonia si confonde con l’adorazione delle vie di Dio, che fa trionfare la sua giustizia e santità, velate fino a quel momento dai disordini che crea il peccato. Come l’antica Babilonia è stata distrutta senza possibilità per lei di ricostruzione, così la moderna Babilonia giungerà alla sua fine ed il suo giudizio sarà definitivo ed irremovibile. Giovanni prende dal profeta Geremia l’immagine della macina che viene precipitata nel mare.200 Il coro celeste ricorda che Babilonia non ha conosciuto solamente la febbre del commercio e le vertigini della voluttà, ma anche il suono delicato del flauto, dell’arpa, la dolcezza della musica più elevata e sublime, la fatica perseverante 197 “L’espressione “quale città era simile alla grande città” (Apocalisse 18:18) riprende la formula dell’adorazione della bestia, “chi è simile alla bestia” (Apocalisse 13:4); entrambe ricalcano “chi è come Dio!” degli antichi israeliti in adorazione davanti a Dio (Esodo 15:11,12; Michea 7:18)” J. Doukhan, o.c., p. 231. 198 L. Bonnet, o.c., t. IV, p. 429; vedere Apocalisse 13:4. 199 Apocalisse 18:20-23. 200 Geremia 51:64. 810 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE dell’artigiano e l’attività del lavoratore. Le lampade che illuminano le tavole della famiglia, la voce dello sposo e della sposa che si scambiano parole affettuose e d’amore non hanno impedito la distruzione della gran città. Anche questo vivere cade sotto il giudizio di Dio perché non è santificato dalla sua Parola. La voce dell’amore è sostituita dal silenzio della morte.201 I mercanti hanno dominato il mondo; i re ed i potenti se lo sono troppo asservito perché tutti quanti hanno amoreggiato con la Chiesa. La fede in Cristo è stata il più delle volte un groviglio di superstizioni e di tradizioni. La sua fine non poteva che essere inevitabile. Siamo al compimento di quanto l’angelo rivelatore aveva detto al profeta Daniele: “Poi si terrà il giudizio e gli verrà tolto il dominio, che verrà distrutto e annientato per sempre. E il regno e il dominio e la grandezza dei regni che sono sotto tutti i cieli saranno dati al popolo dei santi dell’Altissimo; il suo regno è un regno eterno, e tutti i domini lo serviranno e gli ubbidiranno”.202 È il giorno dell’espiazione che giunge al suo compimento. Come negli evangeli l’annuncio della caduta di Gerusalemme corrisponde al sorgere della Chiesa, così la caduta di Babilonia nell’Apocalisse è seguita dal sorgere della nuova Gerusalemme. In Babilonia si trova il sangue dei martiri e degli uccisi della terra “”E in lei è stato trovato il sangue dei profeti e dei santi e di tutti quelli che sono stati uccisi sopra la terra””.203 La causa del giudizio su Babilonia è il sangue dei martiri e dei profeti. Il fatto che venga detto che in Babilonia si “è trovato il sangue dei profeti e dei santi e di tutti quelli che sono stati uccisi sulla terra”, non è una iperbole. C’è in questa dichiarazione una analogia con quello che Gesù diceva nei confronti di Gerusalemme.204 Tutte le violenze e le persecuzioni dai tempi di Abele fino a quelle di Cristo, sono ricadute su quella generazione contemporanea del Maestro che aveva avuto il privilegio di udire la “Parola fatta carne” e l’ha rigettata, rendendosi solidale con tutti i peccati delle generazioni precedenti. Così è dell’ultima generazione che, dopo aver respinto apertamente l’ultimo appello di Dio, che ha illuminato tutta la terra, subirà le conseguenze di tutto il male che è stato fatto contro i figli di Dio, nei confronti dell’umanità, del creato, dalla sua creazione in poi. C’è anche la responsabilità morale di coloro che si sono perduti perché non adeguatamente istruiti. Gli antenati seminano e i posteri raccolgono. 201 202 203 204 Vedere Geremia 25:10; 7:34; 16:9; 25:10. Daniele 7:26,27. Apocalisse 18:24. Matteo 23:35. Quando la profezia diventa storia 811 CAPITOLO XIX Mediante tale giudizio di condanna è stata resa giustizia ai santi. Babilonia è ubriaca del sangue di coloro che seguono le orme dell’Agnello. Quarta parte: Gioia in cielo per la caduta di Babilonia e l’annuncio delle nozze dell’Agnello Il capitolo XIX è la continuazione di quanto è stato esposto nei capitoli precedenti. Il capitolo XVIII presenta la distruzione di Babilonia “con l’ultima delle sette piaghe... e precede immediatamente il ritorno del Cristo e gli avvenimenti della fine”.205 Con la distruzione di Babilonia l’Agnello e la sua sposa, la Chiesa, sono pronti per le nozze. Tutta la storia biblica ed ecclesiastica è raffigurata da due donne: una pura e l’altra impura. Queste due donne rivaleggiano costantemente. Quando la rivale s’impossessa della casa, la sposa ne viene scacciata, ma nel momento in cui la prostituta è giudicata e condannata, le nozze con la donna fedele si possono celebrare senza ostacoli. Questo capitolo XIX celebra il trionfo di Cristo e la fedeltà della sua sposa. “Contrasto quasi incredibile dopo l’orazione funebre, ecco ora un cantico celeste, intonato a tre riprese, esattamente come i pianti dei re, dei mercanti e dei marinai si erano innalzati per tre volte”.206 I canti che risuonano nel cielo celebrano la rovina di Babilonia e le nozze dell’Agnello, segnano il trionfo del regno di Dio. Essi formano anche la conclusione della visione precedente e preparano la seguente con la quale si presenta il ritorno di Cristo e la sua vittoria finale sulla bestia e il falso profeta e l’imprigionamento del dragone. Primo canto degli esseri celesti “Dopo queste cose udii come una gran voce d’una immensa moltitudine nel cielo, che diceva: “Alleluia! La salvezza e la gloria e la potenza appartengono al nostro Dio; perché veraci e giusti sono i suoi giudizi; poiché Egli ha giudicata la gran meretrice che corrompeva la terra con la sua fornicazione e ha vendicato il sangue dei suoi servitori, ridomandandolo dalla mano di lei””.207 205 206 207 L. Bonnet, o.c., t. IV, p. 430; vedere Apocalisse 19:11 e seg. H. Lilje, o.c., p. 237. Apocalisse 19:1,2. 812 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE L’Apostolo ode come una grande voce d’una folla immensa. Coloro che cantano non sono visibili. Giovanni sente le parole che essi pronunciano. Ricordano quelle del capitolo XII:10-12 che celebrano la prima sconfitta del dragone e dei suoi angeli. Esse sono introdotte da un: Alleluia! “Lodate l’Eterno!” col quale si esprime la gioia del cielo per il trionfo della giustizia di Dio. Nel libro dei Salmi, la prima volta che echeggia un Alleluia è dopo l’affermazione che “spariranno i peccatori dalla terra e gli empi non saranno più”.208 La loro sparizione provoca le lodi degli angeli perché fa risplendere la gloria e la potenza di Dio, stabilisce il suo regno, e procura la salvezza alla Chiesa, che diventa la sposa perfetta dell’Agnello. Secondo canto dei rappresentanti del Popolo di Dio “E dissero una seconda volta: “Alleluia!” Il suo fumo sale per i secoli de’ secoli. E i ventiquattro anziani e le quattro creature viventi si gettarono giù e adorarono Iddio che siede sul trono, dicendo: “Amen! Alleluia!””.209 “Questo secondo Alleluia conferma il primo. I1 suo fumo è quello che proviene da Babilonia. È detto che esso sale nei secoli dei secoli perché la distruzione di Babilonia è definitiva. Essa non si rialzerà più dalle sue ceneri”.210 È un’espressione comune al linguaggio orientale per affermare che la distruzione sarà assoluta e che nulla rimarrà di essa, se non il ricordo della sua distruzione. “Per sempre una tale abominazione e una tale insolenza non dovrà rialzarsi”.211 I ventiquattro anziani sono i rappresentanti del popolo eletto, dei riscattati, dell’antica e della nuova Alleanza. Il numero 24 risulta dall’addizione dei 12 patriarchi, capi delle tribù d’Israele, e dei 12 apostoli di Gesù Cristo. Giovanni non dice chi sono gli anziani; li considera solamente come i rappresentanti della Chiesa trionfale, assieme alle quattro creature viventi che rappresentano la creazione animata nella sua totalità. Essi non fanno intendere un cantico speciale; confermano solamente quello che è stato appena cantato e che sta per essere cantato dalla grande folla, essi assieme pronunciano un solenne “Amen, sì, è così! Alleluia!” Il loro “amen” accentua l’assoluta certezza, che è alla base della lode celeste. Tutta la creazione approva l’opera di Dio, conferma e appoggia i suoi giusti giudizi. 208 209 210 211 Salmo 104:35. Apocalisse 19:3,4. L. Bonnet, o.c., t. IV, p. 431. C. Brütsch, o.c., p. 304. Quando la profezia diventa storia 813 CAPITOLO XIX Terzo canto di tutti i servitori “E una voce partì dal trono dicendo: “Lodate il nostro Dio, voi tutti suoi servitori, voi che lo temete, piccoli e grandi””.212 Questa voce che esce dal trono non è la voce di Dio, né quella di Cristo che è celebrato come “l’Agnello” nel canto seguente. È piuttosto la voce di uno dei quattro esseri viventi, che si trovavano “in mezzo e attorno al trono”.213 I membri della Chiesa terrestre sono invitati ad unirsi a questa lode del cielo. Unendosi al coro degli angeli l’umanità liberata anticipa l’accordo finale tra cielo e terra. È giunta l’ora che il nome di Dio, per lungo tempo disprezzato e offuscato dalla nebbia del peccato, sia messo in luce e riceva quella lode che gli è dovuta. “Poi udii come la voce d’una gran moltitudine e come il suono di molte acque e come il rumore di forti tuoni che diceva: “Alleluia! poiché il Signore Iddio nostro, l’Onnipotente, ha preso a regnare. Rallegriamoci e giubiliamo e diamo a lui la gloria, poiché sono giunte le nozze dell’Agnello, e la sua sposa si è preparata; e le è stato dato di vestirsi di lino fino, risplendente e puro; poiché il lino fino sono le opere giuste dei santi””.214 Come per il primo coro, Giovanni non vede la moltitudine, egli ode solamente la sua voce, che assomiglia al rumore delle grandi acque e del tuono. Essa loda l’Onnipotente che ha ripreso a regnare. Dobbiamo notare però che il regno ed il dominio di Dio non sono mai venuti meno, ed in tutti i secoli le sue mani hanno diretto il corso della vita di questo mondo. Però la terra, questa minuscola provincia dell’universo, giaceva sotto l’influenza di Satana che ne era il principe, il quale, appoggiandosi sulla debolezza e sulla concupiscenza degli uomini, è riuscito ad imporre nella maggior parte dell’umanità la sua stolta e nefasta volontà. È giunto però il tempo in cui questa potenza sta per essere debellata e quindi annientata, e allora il Signore potrà dominare, quale Re incontestato, in un mondo rigenerato e purificato da ogni male. 212 213 214 Apocalisse 19:3. Apocalisse 4:6. Apocalisse 19:6-8. 814 Quando la profezia diventa storia LA CHIAVE DELL’APOCALISSE Questa moltitudine “si rallegra e trasale di allegrezza per il trionfo del regno di Dio. Questo trionfo è celebrato come le nozze dell’Agnello, la consumazione dell’unione del Messia con la Chiesa; la sua sposa (in greco la sua donna), secondo l’immagine che dai profeti è passata presso tutti gli scrittori del Nuovo Testamento”.215 Queste nozze dell’Agnello hanno fatto sorgere un problema. Alcuni hanno visto nella sposa la Nuova Gerusalemme e negli invitati alle nozze i credenti. Le due opinioni anziché contrastanti sono concilianti. Spesso si usa nel linguaggio biblico la forma letterale della metonimia con la quale si menziona il contenente per indicare il contenuto. La Nuova Gerusalemme del capitolo XXI, è chiamata la sposa. Con il nome del contenente si indica il contenuto. La Chiesa nella sua totalità è la sposa, i singoli membri che la compongono sono gli invitati alle nozze e formano la sposa amata da Cristo che “ha dato se stesso per lei, al fine di santificarla, dopo averla purificata con il lavacro dell’acqua mediante la Parola, al fine di far egli stesso comparire dinanzi a sé questa Chiesa, gloriosa, senza macchia, senza ruga o cosa alcuna simile, ma santa ed irreprensibile”.216 “Il banchetto delle nozze non significa altra cosa che le nozze stesse”.217 La sposa, scrive Giovanni, “si è preparata”. Con questa espressione l’Apostolo riassume l’attitudine della Chiesa fedele attraverso i secoli. Essa non si è installata da regina e da padrona del mondo; non si è presentata da gran signora; sapeva di essere pellegrina e straniera. Non ha assunto neppure un atteggiamento contemplativo e passivo. È perché desiderava questo gran giorno che ha partecipato alla sofferenza del mondo additando agli uomini il ritorno dello Sposo. “Malgrado tutta la sua debolezza, essa “si è preparata”. Si è tenuta salda, a dispetto di tutti coloro che, increduli o superstiziosi, l’hanno dichiarata liquidata. Essa non ha accettato i partiti vantaggiosi che le si offrivano. Si è rifiutata ostinatamente di essere la padrona dei Cesari. Ha mantenuto la fede, malgrado le facezie triviali sul suo fidanzato che la faceva aspettare da molto tempo”.218 Il Messia è chiamato l’Agnello per ricordare alla Chiesa che l’ha riscattata con il suo sangue prezioso e che solamente per l’effetto di questa redenzione può apparire al suo fianco vittoriosa “gloriosa, senza macchia né ruga, ma santa ed irreprensibile”. Il segreto della sua fedeltà consiste nell’aver accettato questa veste di lino fino, risplendente e puro. “Secondo l’uso orientale, è lo sposo che fornisce l’abito delle nozze. La sposa non ha tessuto il ‘‘fino lino splendido, puro’’ con le sue mani agili; essa non ha acquistato con i suoi propri meriti un imponente corredo da sposa, e non è neppure il caso di cantare, dopo una prima strofa in onore del Cristo, una seconda 215 L. Bonnet, o.c., t. IV, p. 431. Siamo noi che abbiamo aggiunto quanto messo tra parentesi. Nell’Antico Testamento l’Eterno è chiamato frequentemente: sposo, fidanzato di Israele (Osea 2:16,19,21; Geremia 2:2; 3:1-4; Ezechiele 16:7,8; Isaia 54:5; 61:10; 62:5). È assente sia nell’Antico Testamento sia nel giudaismo l’identificazione del Messia con lo sposo. Giovanni Battista per primo fa questa identificazione: Giovanni 3:28-31 216 Efesi 5:25-27. 217 L. Bonnet, o.c., t. IV, p. 432. 218 C. Brütsch, o.c., pp. 305,306. Quando la profezia diventa storia 815 CAPITOLO XIX che esalti la sposa. Pure “le opere giuste dei santi” sono preparate in anticipo da Dio al fine di essere praticate. Non per questo non sono più vere e più pure”.219 Quando la donna rifiuta questo abito della grazia e ne preferisce un altro, c’è per lei la corruzione. Il colore splendente e puro forma un contrasto forte con la sontuosità sfacciata e sanguinaria della grande prostituta. Conclusione “E l’angelo mi disse: “Scrivi: Beati quelli che sono invitati alla cena delle nozze dell’Agnello”. E mi disse: “Queste sono le veraci parole di Dio””.220 L’angelo, dopo aver presentato la quarta beatitudine dell’Apocalisse, assicura Giovanni e i lettori che quanto ha udito ed ha scritto “sono le veraci parole di Dio” ! 219 220 Idem, pp. 306,307; vedere Efesi 2:10. Apocalisse 19:8. 816 Quando la profezia diventa storia