[brescia - 35] gdb/economia/eco-05 29/04/10
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Data e Ora: 28/04/10 21.27 - Pag: 35 - Pubb: 29/04/2010 - Composite Giornale di Brescia economia 35 Giovedì 29 Aprile 2010 Il distretto Come uscire dalla crisi DEBERT: INNOVAZIONE, QUALITÀ, VERSATILITÀ A BORGO SAN GIACOMO: IL LAVORO IN PRIVATE LABEL Bertoletti: il prodotto medio quello che ha sofferto di più Brunelli: agganciare la moda è la strada per sopravvivere «Resistono i prodotti a marchio e la crisi ha ulteriormente favorito quelli a basso costo. Ma a soffrire di più sono i prodotti di media qualità». A dirlo è Pierluigi Bertoletti, titolare della Debert di Borgo San Giacomo. «Ci spremiamo il cervello per cercare di immettere nuovi modelli sul mercato. Creiamo accostamenti di colore, innoviamo. Solo così si resta in piedi» Ventiquattro dipendenti, un parco macchine costantemente aggiornato, la qualità delle materie prime e la versatilità nel proporsi al mercato: sono le caratteristiche di Debert. L’azienda è stata fondata da Pierluigi Bertoletti, ex dipendente Ciocca, ora in azienda c’è anche il figlio Mario (nella foto col padre). Fino a qualche anno fa l’azienda lavorava quasi esclusivamente per private label, oggi le calze a marchio Debert sono vendute in 600 negozi sparsi in tutta Italia. «L’unica strada per sopravvivere è agganciare le collezioni moda del made in Italy. La calza non è ancora considerato un accessorio di moda, è necessario far sì che lo diventi per dare valore aggiunto al prodotto». A dirlo è Claudio Brunelli, tra i titolari del Calzificio Brunelli di Borgo San Giacomo. «Come si può sopravvivere quando dalla Turchia arrivano sul mercato italiano calze per bambino al prezzo di 23 centesimi al paio. Il gap è troppo ampio, non potremo mai competere sul prezzo, dobbiamo tutti insieme trovare un’altra strada». Il Calzificio Brunelli occupa 12 dipendenti. Lavora per private label, i clienti sono i grandi marchi del segmento dell’ingrosso e della grande distribuzione organizzata. Il 65% della produzione viene venduta in Italia, il 35% all’estero. Un piano per rilanciare la calzetteria L’iniziativa dell’associazione Adici in collaborazione col Politecnico di Milano presentata alla Camera di Commercio Tra i punti cardine: l’organizzazione di un evento a Milano per attirare buyers, un marchio e una missione in Brasile BRESCIA Il distretto della calzetteria bresciano lancia la sua sfida: riuscire a trasformare la calza da «prodotto accessorio» ad «accessorio moda». Così come è avvenuto nei primi anni Ottanta per il settore dell’occhialeria che sull’onda del successo internazionale del made in Italy, è riuscita a trasformare un semplice prodotto medicale (per la correzione della vista o la protezione dai raggi del sole) in un accessorio della moda, con tanto di brand diventati vere icone della moda. Un distretto targato Bs-Mn È a cavallo tra Brescia e Mantova che - secondo stime che risalgono al 2008 viene prodotto il 70% della produzione europea di calze ed il 33% di quella mondiale. Una realtà che fino ai primi anni Novanta contava la bellezza di oltre 420 aziende, ridotte a poco più di 200 e che danno comunque lavoro a circa tremila addetti. «Ogni due tre mesi dovremmo fare la conta delle aziende presenti, ed ogni volta rischieremmo di avere brutte sorprese». La «battuta» di Claudio Brunelli (tra i titolari del Calzificio Brunelli di Borgo San Giacomo e vicepresidente dell’associazione Adici) racchiude una drammatica realtà: il settore della calzetteria è in forte difficoltà, stretto tra la grande crisi e l’impari concorrenza che arriva dei Paesi emergenti - Turchia, India e Cina in primis - che riescono a piazzare sul mercato prodotti a prezzi stracciati. Le 144 aziende di Adici In ballo c’è la sopravvivenza dell’intero distretto. E Adici - l’associazione nata nel marzo dello scorso anno che raggruppa 144 aziende del distretto - ne è consapevole ed ha varato, in collaborazione col Politecnico di Milano, un vero e proprio piano di rilancio in cinque fasi, presentato nelle scorse settimane alle Camere di Commercio di Mantova e Brescia. «C’è la necessità di fare fronte comune per impedire che venga disperso un patrimonio che nell’area Botticino, Borgo San Giacomo, Carpenedolo, Castiglione e Castelgoffredo può rappresentare una risorsa economica importante - spiega Luca Bondioli, presidente di Adici -. In collaborazione col prof. Giorgio Casoni del dipartimento Indaco del politecnico di Milano, abbiamo studiato un percorso conoscitivo, di accreditamento, di ricerca e innovazione. L’obiettivo è quello di esplorare nuove opportunità di business per tutto il distretto». Il primo punto del piano è quello di studiare il distretto, le sue caratteristiche, i numeri, pregi e debolezze. «Dobbiamo capire cosa è rimasto del distretto della calzetteria attraverso un’approfondita attività di auditing di tutte le realtà che fanno parte di Adici - spiega il presidente Bondioli -. È importante realizzare una mappatura dell’esistente, fare una diagnosi delle imprese per capire i modelli organizzativi, le pratiche relazionali e innovative, i know how specifici, le difficoltà che incontrano». L’obiettivo è esaltare il prodotto calza in modo che venga riconosciuto come accessorio fashion, portando valore aggiunto a tutto l’indotto. «Come associazione abbiamo il dovere e la missione di cercare, di fare il possibile per mantenere integra l’intera filiera, cercando di non perdere pezzi disponibili. Dobbiamo renderci conto che se chiude anche la piccola stireria di fissaggio o il laboratorio di cucitura è un danno per tutti. Siamo aperti e disponibili ad ascoltare tutti, indipendentemente dal settore di appartenenza, associati e non». Una fiera della calza a Milano Per creare opportunità di business è necessario che i compratori tornino nel nostro Paese. «Serve un grande evento che sia in grado di riportare in Italia e sul nostro territorio i buyer internazionali - spiega Bondioli -. Un appuntamento di settore strettamente legato ad una fiera della moda, possibilmente a Milano, che dispone di servizi adeguati anche per l’accoglienza». Bondioli non lo dice, ma il riferimento è al Micam, la fiera della calzatura che si svolge due volte l’anno a Fiera Milano. La missione in Brasile Da alcune settimane Adici sta lavorando ad un percorso che porti all’esplorazione di nuovi mercati. Mettendo in agenda per il prossimo autunno una missione a Belo Horizonte, capitale dello Stato del Minais Gerais in Brasile. Un mercato in forte sviluppo, ma ancora poco esplorato. «Il Politecnico di Milano ha recentemente avuto contatti con designer brasiliani - spiega Bondioli -. Stiamo verificando l’opportunità di realizzare incontri business to business e collaborazioni per la realizzazione di collezioni moda». Roberto Ragazzi [email protected] LA PROPOSTA DI «ADICI» L’Adici è l’associazione nata nel marzo dello scorso anno che raggruppa 144 aziende del distretto bresciano e mantovano della calzetteria. Ha varato, in collaborazione col Politecnico di Milano, un vero e proprio piano di rilancio in cinque fasi, presentato nelle scorse settimane alle Camere di Commercio di Mantova e Brescia. Nella foto in alto a destra Luca Bondioli, presidente di Adici Dè Pio: le fiere internazionali un’opportunità da cogliere BOTTICINO Il segreto per vincere la crisi? Non fermarsi mai, viaggiare, partecipare a fiere all’estero, aprire nuove opportunità. Ne è convinto Michael Tolaini, che insieme alla moglie Mary Chiaruttini gestisce lo storico laboratorio Dè Pio di Botticino Sera. «Domani aspetto due nuovi clienti, arrivano dall’Inghilterra, ci hanno visto in fiera a Londra ed hanno apprezzato il nostro prodotto». Trovare la calze firmate Dè Pio in Italia è quasi un’impresa. Non solo perché più dell’80% della produzione viene venduta all’estero, ma soprattutto perché quasi tutti i modelli del piccolo calzificio di via Tito Speri a Botticino Sera sono realizzati su commessa per le grandi griffe o le boutique di mezzo mondo e quindi vengono «brandizzate» e confezionate secondo le esigenze di ogni cliente. I clienti vengono reperiti all’estero. Da gennaio ad oggi Michael Tolaini ha partecipato a otto appuntamenti fieristici internazionali: quelli di Milano e di Firenze, ma anche di Parigi, Londra e Copenhagen. E presto il ritorno a New York. «Ci difendiamo grazie alla scelta fatta qualche anno fa di rivolgerci alla fascia alta di mercato ed alla partecipazione alle fiere internazionali. Abbiamo una clientela estera. I nostri modelli di calze sono molto colorati, una tipologia di prodotto non ancora ben percepita dal cliente italiano - spiega Tolaini -. Anche se qualcosa si sta muovendo, alcuni negozi hanno iniziato a proporre tinte più audaci». Il Calzificio Dè Pio occupa 17 dipendenti, quasi tutte donne con contratto part time. La produzione viene realizzata con macchine elettroniche doppio e mono cilindro che consentono lavorazioni particolari. L’intero ciclo produttivo avviene all’interno dell’azienda e molte operazioni sono ancora manuali.