Estratti dal calendario catalogo della mostra

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Estratti dal calendario catalogo della mostra
Estratti dal calendario catalogo della mostra
Evocazione e sensualità. I disegni connotativi di Omar Galliani
[…] In questa enigmatica spazialità accade qualcosa di impenetrabile allo sguardo, che sfugge a una spiegazione
esaustiva. Questa spazialità fittizio-immaginaria, oscura, carica di promesse, è il terreno su cui si sviluppano allusioni
ed eventi incontrollabili, che contribuiscono a creare un'atmosfera poetica, quasi irrazionale, e che in effetti sembrano
mal conciliarsi con la trasparente razionalità del puro tratteggio che sottende il disegno. Da questa oscura
tridimensionalità immaginaria affiora un enigma narrativo, che non è espressione della chiara formulazione assertiva del
disegno concettuale, non è la capacità intellettiva propria della ragione di dare forma, ma è la forza evocativa e poetica
dell'immaginazione, che crea nessi incontrollabili, sorprendenti e inquietanti. Queste entità contrapposte, e allo stesso
tempo complementari, vale a dire il tracciato concettuale, classico, architettonico, chiaro, razionale delle linee che si
dispiegano sulla superficie e vanno a definire la forma e l'oscura, impenetrabile ed evocativa spazialità fittizio
immaginaria virtualmente tridimensionale, sono riconducibili all'essenziale e rigoroso orientamento intellettuale di
Omar Galliani, la costante determinante di tutto il suo lavoro […].
Lóránd Hegyi
Desiderata
Galliani rivela una tensione inappagata verso un soggetto, sempre sfuggente, l'aspirazione a un assoluto irraggiungibile,
un desiderio che si tormenta e si compiace della sua stessa inquietudine e, quindi, viene posto al centro della ribalta,
sotto un ustionante fascio di luce proveniente dai riflettori. C'è sempre in tutto ciò una voglia di “poesia”, da leggersi
come nostalgia di “infinito”, come luogo privilegiato in cui il linguaggio lascia trapelare il proprio segreto, generando lo
smarrimento in chi non riesce a pensare questo territorio tanto intrigante perché esso non può segnare il confine del
nostro orizzonte quotidiano, bensì chiede che si vada al di là, che ci si spinga oltre, che ci si sperda nel dolce naufragio
che corrisponde alle rime dell'Infinito di Leopardi.
Guardando queste opere ci accorgiamo che il problema del tempo si sposta di piano, si rompe aprendo fratture e spiragli
tesi verso il futuro; si schiude un ampio varco che, anche se non è ancora uno spazio di totale libertà, è però un terreno
fertile che spinge verso un nuovo dominio, in cui l'armonia è da cercare gnosticamente nei contrari, nell'eterogeneo,
nella mescolanza, nella “porosità dei confini”, nella disponibilità al “contagio” tra le diverse esperienze: è qui e ora, in
questo paesaggio inquietante, che si determina un processo di trasmutazione/metamorfosi degli archetipi, dei simboli, di
cui l'arte si prende con forza un segmento e attraverso esso cerca di raggiungere la forma, che ancora deve venire.
Marisa Vescovo
Neri d'avorio, d'ebano, di Cielo
Nell'antica Cina il colore degli inchiostri era nerofumo da combustione del legno, reso profumato da canfora e incensi e
lucido dalla polvere d'oro. Il nero […] è uno dei colori dominanti nel lavoro di Galliani: risultato di una trama fitta di
segni, i suoi neri costituiscono una partitura musicale, incredibilmente ricca di modulazioni e variazioni. Il colore del
nulla può essere una vera ianua inferni, una porta dell'incognito da cui fa comparire una laica dea in penombra, la dark
lady Anselma, in una tela del 2005 […]. Colore che nasce dalla macerazione, è usato da Galliani per dipingere la
passionalità di un attimo, il fuoco dell'abbraccio di due amanti.
Profondo conoscitore dei giochi ermetici del Parmigianino e di Leonardo, Galliani, che concepisce l'opera d'arte come
un opus alchemico, usa il nero come fosse un ingrediente da manuale iniziatico. Attraverso la fusione delle materie […]
il supporto vegetale, la grafite minerale […] realizza una coniunctio in una concezione dell'opera come percorso
sapienziale che richiama quella dei pittori di icone bizantine. E quanto avviene nei disegni su pioppo, legno non trattato
con imprimiture, lasciato con la polpa allo scoperto, una pelle su cui l'artista posa la mina di grafite. Legno e grafite
spingono le loro radici nel profondo della terra, il vegetale destinato a emergere, il minerale sotterrato nel profondo
strato geologico a contatto con le vene diamantifere. La coniunctio tra i due elementi avviene attraverso il reticolo di
segni che costruisce la superficie specchiante della grafite nera, da cui emergono illuminate le venature del legno bianco
[…].
Gioia Mori
Le “felicissimae nigrae lineae” di Omar Galliani
[…] La tecnica e la sua perfetta sintesi con lo stile diventano nelle sue mani docili strumenti di una visione privata della
densità materica, dove l'ars aemula naturae, dopo aver apparentemente celebrato il suo massimo apogeo attraverso la
restituzione delle sembianze esteriori, cede il passo al sopraggiungere imperioso dell'evocazione, che ha finalmente il
sopravvento sulla descrizione. Insomma, una materia smaterializzata per effetto dello sfumato supera le colonne
d'Ercole imposte dalla verosimiglianza naturalistica e sublima l'oggetto rappresentato, che perde il suo edulcorato
aspetto patinato,
diventando indifeso strumento poetico. Vecchia storia, quella dello sfumato e delle sue straordinarie applicazioni nel
campo del disegno, per una storica dell'arte come me, abituata a spendere il suo tempo tra fogli tracciati, per esempio, a
pietra nera o a pietra rossa naturale da artisti quali Leonardo o Correggio. Cito, intenzionalmente, due maestri del
passato a cui Galliani si è più intensamente rapportato. La tecnica dello sfumato, di consolidata tradizione, serve a
comprendere le radici artistiche di alcune sue lattiginose visioni, ma forse trascura altre radici, questa volta meramente
biografiche ed esistenziali. Mi riferisco all'abitudine che l'artista deve aver sviluppato sin dalla sua prima infanzia a
decifrare le sagome delle figure, i profili di un paesaggio, il tracciato di una strada durante il periodico accanirsi, nei
luoghi della sua vita quotidiana, di quella condizione meteorologica che chiamiamo nebbia. Vero e proprio flagello,
temuto e paventato, la nebbia tuttavia sa riscattarsi, diventando ingrediente poetico essenziale in una certa simbologia
della percezione; la nebbia nasconde e in tal modo salva o tradisce, ma può anche, diradandosi all'improvviso, rivelare
con perspicua chiarezza o, rimanendo ancora in qualche misura addensata nell'aria, suggerire un'apparizione […].
Marzia Faietti
Disegno e desiderio
È indubbio che l'arte sappia convertire l'energia [ossia l'idea] in materia [vale a dire in opera] rilevabile dai nostri sensi.
Nei quadri di Galliani è possibile captare forme in potentia, mentre le forze sono decisamente in actu. Si potrebbe
addirittura classificarle come automatismi appartenenti a un mondo dove le immagini esistono per una sorta di
incongruenza con il reale. Laddove il concetto diventa materia, la fisicità dovrebbe tendere a un maggior grado di
visibilità. In realtà le opere finiscono per assorbire la luce, alla maniera della grafite, e allo stesso tempo a disperderla,
nei modi che sono propri del diamante. Per l'artista la grafite equivale a un graffiare, scalfire, sfregare […] Simile al
cacciatore di immagini, di Jules Renard, che «lascia le armi a casa e si contenta di tenere ben aperti gli occhi, i quali,
come reticelle, lasciano che le immagini vi si impiglino da sole», Galliani si diletta nello scovare le prede-immagini che
si nascondono nella sua personalissima riserva di caccia. Alla magia venatoria di queste immagini bisogna però
associare il sistema vascolare-segnico che scorre nelle vene dell'artista: fluido vivificante e generante, che non attiene al
colore corroborante della sanguigna ma alla torbida cromia della grafite, simile a sangue coagulato. […] Disegno e
desiderio, ductus et dilectus. «Io disegno anche dieci ore al giorno», ci dice l'artista, «e tutte le volte sento che il
soggetto mi guarda e si compiace nel suo essere guardato, del suo essere amato. Amandomi mi restituisce la vita che
ogni giorno perdo un po' alla volta». I quadri di Galliani incarnano l'Eterno Ideale della Bellezza, ma seducente non è il
soggetto posto in effige, bensì l'opera in sé. […] È come se le opere esistessero per provare l'esistenza stessa di Galliani.
Ogni segno lo obbliga a ritrovare le radici in se stesso, permettendogli di risalire a ritroso nel tempo, nella storia e
nell'arte, mediante un processo di sedimentazione temporale e di stratificazione segnica (sviluppo/avviluppo
progressivo, per continua rifrazione e frizione).
Alberto Zanchetta
Omar Galliani. È nella luce che operano i grandi artisti
È nella luce che operano i grandi artisti. Omar Galliani da sempre ha cercato nella luce i segni del suo componimento
artistico, così come il minatore nel buio estrae i suoi minerali preziosi […]. Apparentemente appena percettibili, le
figure di Omar Galliani si distaccano dallo sfondo e si scandiscono con lo stesso ritmo dialettico del pensiero, che
converte ogni affermazione nella sua negazione, per giungere, attraverso l'opposizione, a una determinazione superiore
nella quale i due opposti si uniscono. È un gioco di immagini, che passa dall'antinomia (tesi antitesi) ad una forma di
conciliazione, resa possibile da una nuova proposizione, che risolve la tesi e l'antitesi in un principio superiore,
identificabile con la sintesi, atto con cui molteplici elementi, dapprima analizzati, si uniscono in una totale
comprensione. Dualità, identità, somiglianza, specularità… sono temi che nelle opere di Omar Galliani coesistono, si
incontrano, si intersecano, si snodano. Le verità logiche, basate sui principi di identità e di non contraddizione, sono
essenziali: riguardano, cioè, le pure essenze. Il loro opposto indica contraddizione […].
I suoi ritratti esprimono con acutezza la sottile grazia della fisionomia e la bellezza stereotipata cede il passo ad una
bellezza che non è più il risultato di una semplice perfezione di lineamenti, ma il riflesso di più profonde e intime
emozioni. Il volto diventa la chiave dei sentimenti e delle incertezze, del desiderio di essere e delle ricerche interiori,
che testimoniano la misura di quello spirito che ha segnato i giorni chiari della storia e il buio di tanti smarrimenti. Le
figure appaiono ora eroine salvatrici ora tentatrici, in un'alternante ambivalenza, in un processo del divenire che implica
mutazione, cambiamento, passaggio da uno stato all'altro, dall'essere al non essere. Sembrano emergere da un mondo
ultraterreno, sollevate dal peso della gravità, come generate dallo Spirito divino e non dalla materia, da un soffio, da
quello stesso soffio che ha universalmente il significato di principio della vita e che informa l'universo in un tutt'uno
armonico e ordinato, dove lo spirito, contrapposto alla materia, che è il sostrato del mondo corporeo, è interiorità oltre
lo spazio.
Giuseppe Bacci